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OMELIE / Omelie IT

14 set 2025
14/09/2025 - Esaltazione della S.Croce 

14/09/2025 - Esaltazione della S.Croce 

(domenica 24ª del T.O.)

Prima lettura Nm 21,4b-9 dal Salmo 77 Seconda lettura Fil 2,6-11 Vangelo Gv 3,13-17

La festa di oggi ha origine dalla dedicazione delle basiliche fatte costruire dall’imperatore Costantino, sollecitato da sua madre Sant’Elena, sul Calvario e sul S. Sepolcro a Gerusalemme. Tali basiliche sono state edificate per custodire e onorare i luoghi più significativi per la nostra fede. Gesù è morto sul Calvario ed è stato deposto in un sepolcro nuovo del giardino accanto, sepolcro dal quale il terzo giorno è risorto. Oggi ci rechiamo spiritualmente in quel luogo per rimeditare quei fatti, comprenderli, e goderne il frutto, per lasciarci istruire dal Signore stesso che li ha vissuti.

La prima lettura ci riporta nel deserto del Sinai: tutto quanto avvenne durante l’esodo del popolo d’Israele è segno, figura e profezia delle realtà che riguardano il Figlio dell’uomo, il Signore Gesù.

Là il popolo, a causa della stanchezza, della fame e della sete, mormora contro Dio e contro Mosè, suo servo. In tal modo mostra di non apprezzare il dono della libertà, e di non aver fiducia in quel Dio che, in vari modi, gli aveva dimostrato di accompagnarlo e proteggerlo. La mormorazione lascia intuire che il popolo non vede Dio come un padre che lo ama ed è intento a guidarlo alla salvezza, ma come servo del proprio progresso e benessere terreno. La morte, provocata dai serpenti, viene da loro vista quindi come punizione, conseguenza del peccato di mormorazione e di sfiducia. Sapendo d’essere peccatore, il popolo non si sente degno di pregare per ottenere salvezza, e chiede a Mosè stesso di intercedere. Dio ascolta la supplica del suo amico, e la esaudisce. La salvezza arriva, ma non in maniera magica: a chi vuol essere salvato egli propone un atto di obbedienza, cioè di fede, anche se molto facile. Basta che chi, morso da un serpente, guardi l’immagine di un serpente di rame posto su un’asta, per restare in vita.

Gesù, nel vangelo, spiega la profezia di questo fatto. Chi di noi non è stato morso dal serpente, quello che ha ingannato Adamo? Tutti gli uomini sono peccatori, tutti abbiamo ereditato dal progenitore la tendenza all’incredulità, a non dar fiducia a Dio, a nasconderci al suo sguardo, a disubbidirgli. Le conseguenze di questa sfiducia sono fonte di sofferenza e di scontento per tutti, e rovinano le nostre relazioni quotidiane. Tutti abbiamo quindi bisogno di salvezza. Tutti portiamo i segni della morte dentro di noi a causa del serpente antico, il diavolo. Chi può salvarsi? Siamo condannati per sempre? Come possiamo fare?

Ecco, Dio ci offre una possibilità. Egli ci indica un’obbedienza facile e gioiosa che ci può salvare. Guardiamo a colui che si è lasciato innalzare, leviamo lo sguardo al legno da cui pende il Figlio dell’uomo, e saremo salvati. Gesù innalzato è la nostra salvezza. Egli, dalla croce, attira il nostro sguardo; lo ameremo, ascolteremo la sua Parola, obbediremo ai suoi desideri, seguiremo il suo esempio, e ci troveremo nella gioia, capaci di servire, di guardare gli altri come fratelli. Colui che è stato innalzato come il serpente di rame, è il dono che Dio ci ha dato perché possiamo fare qualcosa per salvarci. Possiamo guardarlo con amore, e, contemplandolo, lasciar entrare il suo Spirito in noi. Questa è l’obbedienza che ci salva.

Anche San Paolo ci aiuta a vedere nella morte di Gesù il suo grande amore per noi peccatori: per amore nostro rinunciò a tutti i vantaggi dell’essere Dio, ha assunto la debolezza e la sofferenza dell’uomo, ha accolto l’umiliazione della morte. Per questo suo grande amore, Dio lo ha esaltato, lo ha posto davanti al nostro sguardo perché lo adoriamo, lo amiamo, lo lodiamo con le nostre voci. Dio lo ha esaltato, e noi lo accogliamo come Signore e Dio della nostra vita.

Oggi continuiamo a ringraziare perché siamo stati salvati grazie al sangue di Gesù. Il suo amore per noi, amore che arriva a donare la vita, è la dimostrazione più grande e più bella che il Padre ci ama. È stato Dio stesso, il Padre, a mandare Gesù; lo ha mandato come possibilità di salvezza sicura: aggrappandoci a lui veniamo perdonati e accolti nella vita divina.

L’immagine di ogni croce, da quella che portiamo al collo a quella che appendiamo all’ingresso della nostra casa, ci fa memoria dell’amore di Dio che a Gesù è costato donarsi nell’umiliazione della morte. Questa memoria è per noi aiuto a sopportare le nostre sofferenze per continuare l’offerta di Gesù al Padre, come dono con cui anche noi collaboriamo alla salvezza dell’umanità. Il ricordo poi della sua risurrezione ci riempie di gioia, alimenta la nostra speranza di ricevere anche noi in premio la vita e la gloria eterna! 03

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