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Abba GIOSUE'

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    Il nome rivelato

Gesù

1 Abba Giosuè

Tutti gli abba avevano un grande amore per Gesù. È lui che li ha attirati a sé, lui che li ha ispirati ad amarsi gli uni gli altri con un amore che agli estranei pare persino esagerato, lui che ha dato loro forza per perseverare nell’ascesi necessaria. Essi ritengono che egli stesso, Gesù, si trovi in mezzo a loro, sia quando parlano sia quando tacciono. Conservano il silenzio, offerto dall’ambiente in cui vivono, attirando la curiosità di molti. Egli è al centro di ogni loro attenzione. Perché mai?

2 Domande

Gesù! Chi è costui? Da dove viene? E da dove viene questo suo Nome? Perché il suo Nome è così attraente? Che cosa ci guadagna chi lo vuol conoscere e gli sta vicino, e cosa perde chi lo ignora e gli sta lontano? Domande e domande piovono dai discepoli, da uomini e donne che passano, da chi soffre carenze e anche da chi soffre senza sapere di cosa è carente. Gli abba avvertono la necessità di dare una risposta, benché insufficiente, poiché quella vera verrà per ciascuno dallo Spirito Santo, quando Gesù stesso lo avvicinerà.

3 Abba Importanza di un nome

Il fatto che il Nome «Gesù» sia usato nei libri del Primo Testamento a proposito di un tale «figlio di Sira» e di suo nonno (Sir 1,1; 50,27), e anche di uno dei discepoli di Paolo (Col 4,11), non fa problema. Tutti pensano tranquillamente a Gesù, figlio di Maria di Nazaret. Chi potrebbe pensare a qualcun altro? L’importanza di un nome dipende dalla vita di chi l’ha portato, o realizzato. Se la vita d’un uomo è degna e consona con la vita di Dio, allora il suo nome viene ricordato, amato, pronunciato e tramandato. “Ora viene usato solo per riferirsi a quel Gesù che è morto in croce”, dice a tutti un abba, “e viene usato con amore e riverenza, rispetto e persino adorazione”.

4 Abba Giosuè

Per loro, per gli abba, tutto era evidente, tanto da darlo per scontato: il Nome di Gesù è l’unico Nome che risplende, e non ha bisogno di essere spiegato. Ma il loro silenzio non riusciva a soddisfare chi arrivava con le domande e chi partiva senza aver ricevuto risposta. Decisero allora di conversare su quel Nome santo, Nome che attrae, Nome che sa di mistero, tanto che taluno non riesce nemmeno a pronunciarlo: Gesù!
Si volsero verso abba Giosuè. Egli porta un nome che somiglia, fin quasi a identificarsi, con quel Nome che concentra la loro attenzione. Egli gioì, e iniziò a parlare.

5 Solo rumore

Abba Giosuè sapeva che non basta che le parole risuonino nell’aria: potrebbero far solo rumore e dare fastidio a chi ascolta. Esse edificano quando trasmettono l’amore di Dio: allora sono efficaci. Devono sempre portare in groppa l’amore del Padre, che arrivi insieme al suono delle parole. Lo sapeva, e perciò si raccolse in silenzio. “Rispettiamo il suo silenzio”, disse abba Placido, “perché, come nel silenzio cresce e matura il grano, così nel silenzio maturerà il suo amore a Dio, e dal silenzio scaturiranno le sue parole nutrienti per noi”.

6 Un mistero

Quando tutti gustarono il silenzio, abba Giosuè cominciò: “Gesù! Anche chi non ha mai udito questo Nome, quand’esso risuona, si fa attento: percepisce la presenza di un mistero. Percepisce di essere alla sorgente della vita, al confine dell’eternità, quell’eternità che non ha confini, proprio come l’amore del Padre. Gesù! Chi ode questo Nome riceve fame e sete di conoscere colui che lo porta, anzi, colui che lo realizza”.

7 Nome cercato e fuggito

“Vi dirò il significato di questo Nome, «Gesù», così da comprendere perché è amato e, ahimè, odiato, cercato e fuggito, adorato e calpestato, ricordato e dimenticato. Il Nome “Gesù” in ebraico e aramaico è pronunciato in modo da far riferimento al Dio d’Israele, quel Dio il cui Nome può essere scritto, ma non detto da voce umana. Nella parola ebraica “Gesù” risuona solo la lettera iniziale di quel Nome di Dio. Ecco la sua traduzione: «Dio salva», oppure «Salvezza di Dio». Quale Dio? ti chiederai. Quella lettera iniziale lo rivela: è il Dio che ha liberato il popolo d’Israele dalla schiavitù dell’Egitto, il Dio che ha ispirato i salmi a Davide e ha promesso al popolo un Salvatore”.

8 Dio salva

«Dio salva»! Un uomo che porta questo Nome diventa annuncio di speranza e di gioia, e non solo annuncio. Quest’uomo è lui stesso la salvezza di Dio, del Dio che ama gli uomini e li riempie di santità. Le nostre domande ora si accavalleranno.
Questo Dio chi è? Gesù ce lo mostrerà? Ci darà lui la salvezza di Dio? E la salvezza cos’è? Da che cosa o da chi possiamo essere salvati? Quali pericoli ci sovrastano? Come farà e cosa farà per salvarci? Userà anche la nostra volontà e le nostre energie per salvarci? Ci libererà dai pericoli del corpo che va verso la morte o anche da quelli dell’anima, che non muore? Avrà potere anche sui nemici del nostro spirito? Ci riempirà di vita e di gioia?”.

9 Maria per prima

Mentre Giosuè formulava le sue domande, altre ne sorgevano nel cuore e nella mente degli abba, delle amma, dei loro discepoli e dei giovani attenti. Ci sarà la risposta a tutti gli interrogativi che quel Nome porta con sé? Tutti erano sicuri che lo Spirito Santo illumina e ispira, soprattutto quando qualcuno si avvicina a colui che da lui è stato generato nel grembo di Maria. L’abba continuò: “Maria è la prima persona umana che ha udito il Nome santissimo. Un angelo, anzi, lo stesso Gabriele, gliel’ha fatto udire (Lc1,30), mentre le dava l’ordine di pronunciarlo. Lo avrebbe dovuto pronunciare quando si sarebbe rivolta al figlio che stava per essere concepito in lei. «Gesù»! Lei sapeva che quel Nome significa «Dio salva»”.

10 Amare il Nome

L’abba alzò lo sguardo verso il cielo, e continuò: “Maria di Nazaret cominciò ad amare suo Figlio, un Figlio che aveva già il Nome prima di diventare carne. Amando il Nome amava il figlio, amando il figlio amava il Nome: «Dio salva»! E stupiva, recitando il salmo che nel bel mezzo dice: «A noi Dio porta la salvezza. Il nostro Dio è un Dio che salva» (Sal 68,20-21). Da quel giorno poteva dire: «A noi Dio porta Gesù. Il nostro Dio è Gesù!». Non si è neppure meravigliata quando Elisabetta esclamò: «A che cosa devo che venga a me la madre del mio Signore?» (Lc 1,43), cioè «la madre del mio Dio»? Era la verità, perché «Il nostro Dio è Gesù!».

11 Conoscere Dio

Le amma tenevano fisso lo sguardo sul volto di abba Giosuè e cominciavano ad amare ancor più il Nome santo. E lui proseguì: “Maria, pronunciando il Nome di suo Figlio, dava a tutti la possibilità di conoscere Dio: «Dio salva»! Infatti il nostro Dio non è un Dio che castiga, un Dio che condanna, un Dio da temere. Sei circondato dai nemici? «Dio salva». Sei caduto nella trappola della tentazione e ti trovi nel peccato? «Dio salva». Sei nel dubbio per qualche scelta? O ti ha investito la tristezza come un vortice? «Dio salva». In ognuna di queste situazioni si faceva presente il Nome «Gesù», e questo Nome portava suo Figlio”. Dio salva! Ti salva persino dall’essere uomo fragile e debole, perché ti fa diventare come lui, tutt’uno con lui. Quando ti salva, diventi anche tu amore come lui è amore, diventi pienezza di pace e operatore di pace, diventi luminoso della sua luce e diffusore di gioia. Si potrebbe dire che diventi Dio, come avrebbe desiderato Adamo. Lui imboccò la strada dell’orgoglio e si trovò schiavo di Satana, tu imbocchi la strada dell’umiltà, quella del Figlio, e ti ritrovi nelle braccia del Padre!

12 Gesù sempre presente

Un discepolo si rivolse all’abba per confidargli una sua conquista: “Da quando tu hai detto che il Nome «Gesù» significa «Dio salva», ogni volta che leggo nelle preghiere dei salmi la richiesta di salvezza a Dio, oppure il ringraziamento perché egli ha salvato il popolo o qualche persona da pericoli o da nemici, vedo sempre sullo sfondo il volto di Gesù! Gesù è sempre presente nella preghiera. È sempre davanti al nostro sguardo, dentro ogni invocazione, illumina ogni passo, perché ogni uomo ha sempre bisogno di essere salvato”. L’abba sorrise: “Grazie! Questo è vero. Ogni volta che udiamo o pronunciamo o desideriamo salvezza, Gesù è presente. La sua salvezza rende ogni uomo un uomo vero, completo, immerso nel cuore del Padre, illuminato dal suo Spirito, sazio del suo amore che ci fa beati”.

13 Lo chiamerai Gesù

Giosuè pareva estasiato, nessuno l’avrebbe fermato: “Oltre a Maria, anche a Giuseppe risuonò con voce angelica il Nome che già apparteneva ad un uomo, benché nascosto nel grembo della sua vergine sposa. Anche lui, falegname, ricevette un ordine che gli cambiava dal di dentro la vita e gliela fissava ormai in un ingranaggio divino: «Lo chiamerai Gesù». Questo Nome, fiorendo sulle sue labbra, lo avrebbe reso padre di «Dio salva». Sarebbe entrato anche lui nel mistero della presenza di Dio sulla terra, implicato nella vita degli uomini. Giuseppe, pronunciando quel Nome, avrebbe realizzato il disegno di Dio di far sì che quel figlio diventasse «figlio di Davide», portatore delle promesse eterne, realizzatore delle attese di Abramo, dei suoi discendenti, e delle famiglie dei popoli in lui benedette.

14 Riempito di silenzio

L’umiltà riempì il cuore e illuminò il volto di Giuseppe! Lui, divenuto padre di «Dio salva», poteva essere tentato di sentirsi concorrente di Dio Padre? Il Figlio di Dio è la Parola di Dio, Parola fatta carne: lui, povero carpentiere, «figlio di Davide» sì, ma costretto a tenere questa sua identità nascosta all’ignoranza dei crudeli regnanti, come si presenterà alla sua sposa e agli uomini del villaggio? Non pronuncerà parola, perché la sua non prenda il posto di quella del Padre di colui che sarà anche ritenuto suo figlio! Umiltà, umiltà vera, umiltà gioiosa dovrà coprire Giuseppe, e riempirlo di silenzio”.

15 Pronunciava il Nome

Prima che abba Giosuè potesse prendere fiato per continuare, un giovane lo prevenne: “Abba, dicci ancora qualcosa di Giuseppe, il santo sposo di Maria!”. Allora l’abba riprese: “Gli evangelisti non riferiscono parole uscite dalla bocca di Giuseppe. Egli era obbediente, lo sappiamo: pronunciava il Nome del figlio di Maria, da lui accolto perché fosse riconosciuto «figlio di Davide». L’unica parola, risuonata di certo con la sua voce, è il Nome: «Gesù»! Lo pronunciava per ubbidire all’angelo di Dio, quindi per vivere la fede e la carità. Lo chiamava per amarlo, per istruirlo, per averlo vicino a sé, per dargli occasioni di imparare ad ubbidire al Padre”.

16 Quel Nome è tutto

L’abba parlò ancora di Giuseppe, e disse: “L’umiltà tenne chiusa la bocca a Giuseppe, perché risuonasse soltanto la Parola da lui custodita e alimentata col sudore quotidiano e col pane guadagnato con le mani callose: «Gesù». Adoperava la voce per far risuonare questo Nome, ubbidendo all’angelo di Dio. Ubbidienza umile e umiltà obbediente sono necessarie per pronunciare il Nome rivelato dall’alto. Quel Nome è tutto, altre parole sarebbero suono vuoto e ormai inutile. Giuseppe, «uomo giusto», godeva del proprio silenzio come di grande pienezza!”.

17 Amati da Gesù

“Giuseppe amava il Nome consegnatogli dall’angelo. Egli percepiva che colui che lo portava, il figlio della sua sposa voluto da Dio, era l’amore più grande che avesse potuto ricevere dal Padre. E l’amore, che era Gesù, riempiva tutta la sua capacità di accogliere amore e di amare. Anche Maria amava Gesù, che sapeva essere la pienezza dell’amore del Padre per lei. Egli le riempiva il cuore, la bellezza del volto e la tenerezza del sorriso. Tutt’e due sapevano d’essere amati da Gesù, dono del Dio dell’amore. Il loro cuore era pieno, compiuto, soddisfatto: non avevano bisogno di niente altro. Maria e Giuseppe erano uniti da Gesù; tra loro c’era lui a formare e a fondere il loro amore reciproco. Si amavano l’un l’altro perché tutt’e due riempiti da Gesù, che irradiava dalla loro vita terrena, e la completava”.

18 Il Nome li univa

L’abba gioiva parlando dei genitori di colui di cui era innamorato: “L’amore, che Giuseppe e Maria ricevevano da Gesù e a lui donavano, bastava per loro: qualsiasi altra realtà, persino un affetto pregevole, lo avrebbe potuto incrinare. Maria apprezzava la verginità scelta da Giuseppe, e Giuseppe gradiva e godeva della verginità voluta da Maria. La propria verginità e quella del coniuge erano dono di Gesù, e divenivano dono a Gesù. Il Nome santo li univa, univa i loro cuori tanto da rendere l’unione dei loro corpi superflua, anzi, spiritualmente dannosa. Ricevevano come dono divino la castità, prima nella loro mente e nella loro volontà, quindi con gioia nella loro carne priva di egoismo”.

19 Unione spirituale

Abba Francesco chiese: “Dicci ancora una parola, abba, sulla purezza dei corpi che è grande dono di Dio, vissuto con libertà e con gioia da Maria e Giuseppe”. L’abba si raccolse in silenzio per ricevere dall’Alto parole sante. Quindi disse: “Gli uomini ricevono da Dio il comando di essere fecondi e moltiplicarsi (Gen 1,28; 9,1.7). È quindi santa e benedetta l’unione dell’uomo con la donna. Quest’unione però soffre tentazione, non essendo libera dalla tendenza all’egoismo: c’è chi la vive infatti al di fuori dell’obbedienza a Dio. Maria e Giuseppe godevano della purezza piena e perfetta che il Padre donò loro quando accolsero «Dio salva» nella loro unione spirituale. Noi benediciamo Maria, liberata dal peccato, e Giuseppe, che lo ha superato con l’obbedienza e con la gioia del dono pieno di sé”. Molti dei presenti si raccolsero in preghiera.

20 Sorgente della castità

Giuseppe e Maria godevano per il fatto che persino il proprio corpo fosse estasiato da «Dio salva», dalla sua presenza accanto a loro e nel loro cuore: pronunciavano con tenerezza il suo Nome. Non rivelavano ad alcuno la sorgente della loro castità: nessuno infatti comprenderebbe, se non chi è piantato nel Regno, se non chi è innamorato di «Gesù». Chi è alla ricerca di un piacere sensuale invece storcerebbe il naso, perché non ancora dentro la vita santa in cui Giuseppe e Maria già si sapevano immersi e salvati”. L’abba s’avvide che le sue parole erano dono al cuore di alcuni sposi credenti.

21 Significato rivelato

Giosuè aggiunse: “A Giuseppe fu rivelato dall’angelo il più intimo e vero significato del Nome che ormai cambiava tanto la sua vita da darle un nuovo destino, un nuovo significato, una nuova finalità. L’angelo, che non aveva peccato, gli disse: «Egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,21). Il falegname di Nazaret, quando pronunciava il Nome del figlio, diceva «Gesù», diceva «Dio salva»: lo diceva a tutti, perché tutti sono peccatori bisognosi di salvezza. La salvezza la riceveranno da lui. È vero che «Dio salva», cioè che Gesù è liberazione dalla vergogna, dalla stanchezza, dal peso e dallo sfinimento causato dai peccati, ed è colui che ci fa veri figli di Dio”.

22 Figlio di Davide

L’abba con gioia diceva ancora: “Il popolo, grazie a quel Bambino, sarà liberato dalle catene che rendono prigionieri gli uomini, anzi, li fanno schiavi. Essi, purtroppo, per liberarsi dal peso e dagli effetti di un peccato, corrono a commetterne un altro. Ne seppe qualcosa proprio Davide, il re che, per vincere la vergogna dell’adulterio, pensò bene di cercare quella dell’omicidio. Giuseppe sa di essere suo «figlio», e sarà chiamato «figlio di Davide» pure Gesù. Questi libererà dai suoi gravi peccati anche il re peccatore, suo antenato, che sarà raggiunto dalla salvezza che quel suo figlio porta nel mondo”.

23 Re del regno

Un’amma timidamente domandò: “Come potrà il Bambino, non ancora o appena nato, «salvare il suo popolo dai suoi peccati»?”. L’abba la ringraziò, e disse: “Giuseppe, dandogli il Nome, gli consegna la dignità e la missione di Re del Regno promesso da Dio tramite i profeti: il regno di Davide. Sarà il Regno di chi ubbidisce al Padre amando il Figlio, che ora Giuseppe custodisce, il Regno di coloro che sono salvati dal peccato. Quel Bambino si lascerà amare, e quelli che lo ameranno gusteranno la salvezza. Egli li amerà tutti, lasciandosi amare. Amando offrirà l’amore del Padre, lo offrirà sempre, anche a chi, non conoscendo l’amore, lo odierà. Ma chi accoglierà il suo amore sarà salvato, come il ladrone sulla croce, sarà reso degno del Paradiso”.

24 Sarà venduto?

“Chissà se Giuseppe comprendeva ciò che stava vivendo! Sapeva che un altro Giuseppe, il figlio di Giacobbe, aveva salvato il popolo dei suoi fratelli dalla fame, dalla carestia, dalla morte. Li aveva salvati con l’amore: amore gratuito, divino, donato a chi lo aveva odiato, venduto come schiavo, consegnato e poi dimenticato. Per salvare il popolo sarà venduto, odiato, consegnato anche l’ormai suo figlio «Gesù»? Egli accompagna Maria, la sposa, a casa propria con questi pensieri che lo riempiono di silenzio. Il Figlio, che chiamerà «Gesù», e Maria, sono ora un tutt’uno per lui. I pensieri e le immagini che nella sua mente circondano il Figlio avvolgono pure la sposa già Madre. Che mistero la salvezza!”. Chi ascoltava l’abba si volse all’icona della Vergine santa.

25 Scontro dei regni

Un abba attempato, Martino, godeva ascoltando abba Giosuè. Lo volle aiutare: “Salvare dai peccati è il compito di colui che porta il Nome santo «Gesù». I peccati sono le vittorie del re di questo mondo contro di noi, uomini deboli”. “Proprio così”, esclamò il nostro abba, e continuò: “Noi viviamo lo scontro dei due regni. Il regno del dio di questo mondo si oppone al Regno dei cieli. Non esiste un regno neutrale, una zona franca. Noi siamo o nell’uno o nell’altro. Il nostro peccato è la vittoria del re di questo mondo sulla nostra volontà, una vittoria che ci vuol sottomettere a lui, nemico giurato degli uomini amati da Dio. È il diavolo, che non vuole la nostra gioia. Ma chi riconosce d’essere stato sconfitto, di essere peccatore, e si umilia, e vuole ricevere l’amore del Padre e del Figlio suo Gesù, viene perdonato. Questo perdono è la vittoria di Gesù, «Dio salva», il Re del Regno che viene, Regno dei cieli!”.

26 Legioni di angeli

Un giovane disse all’abba: “Ogni re può contare su un esercito che combatte per lui. Su quale esercito potrà contare il Re del regno dei cieli? Avrà solo legioni di angeli?”. L’abba apprezzò la domanda, e rispose: “Gli angeli gli ubbidiscono certamente, ma per combattere tra gli uomini, il Re del regno dei cieli, che si è fatto uomo, adopererà soldati in carne ed ossa. Anche tu potrai combattere per lui. Egli ti rivestirà con l’armatura spirituale (Ef 6,11ss), e ti metterà in mano una spada di fuoco. Non combatterai contro uomini, ma contro gli angeli neri del nemico. Preparati alla lotta, indossando tutta l’armatura: corazza, scudo, elmo, cinturone, scarpe, cioè ubbidienza a Dio, fede, verità, volontà decisa di diffondere il vangelo, impugnando la Parola di Dio. Sperimenterai che il Re, il cui Nome è «Gesù», è davvero «salvezza di Dio».

27 Salvatore sempre

“Abba, hai detto che «Gesù» significa che “Dio salva” in particolare dai peccati. Intendi dire da quelli già commessi o dalla volontà di commetterli?”, chiese ancora il giovane. E l’abba: “Il peccato è nostro nemico quando, una volta commesso, ci pesa sulla coscienza, ma anche quando attira a sé la nostra volontà. Quando cominci a sentire simpatia per il peccato, sei già conquistato da esso, ed esso già ti possiede e ti danneggia. Per questo Gesù disse che se guardi una donna per desiderarla, hai già commesso adulterio contro di lei. Gesù è salvatore sempre, ogni volta che preferisci lui ad ogni desiderio. Quando fissi il tuo sguardo su di lui, conquistato dalla sua bellezza, sei salvato”. Il giovane ringraziò, rimanendo pensieroso.

28 Gesù sapeva?

Un altro giovane intervenne: “Gesù sapeva che avrebbe salvato gli uomini dai peccati? L’angelo lo disse solo a Giuseppe, ma gli altri lo sapevano?”. L’abba guardò il volume delle Sacre Scritture, lo accarezzò, poi osservò: “Dio rivelò anche a Zaccaria, padre di Giovanni Battista, e poi a Simeone, il suo segreto. Zaccaria infatti, disse che suo figlio, che era appena nato, avrebbe dato «al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati», cioè la conoscenza del salvatore che era in grembo a Maria! E Simeone, tenendo in braccio il Bambino, pregò Dio dicendo: «I miei occhi hanno visto la tua salvezza». E la salvezza è vera quando libera dal peccato, che è la radice di ogni male che colpisce l’umanità, e quando dona la ricchezza dell’amore del Padre”. L’abba terminò, ma non aveva risposto a tutti gli interrogativi.

29 A dodici anni

Al giovane rimaneva ancora il dubbio, che ripeté: “Gesù sapeva che sarebbe diventato lui il salvatore?”. Giosuè, con semplicità disse: “Lo sapeva anche Gesù. Infatti, quando a dodici anni si trattene nel tempio a Gerusalemme, dove si era recato con i genitori per la festa di Pasqua, intendeva approfondire le Scritture. Ed esse, a partire da Adamo e da Abele, da quando non esistevano ancora né Erode né Pilato, preannunciavano che Dio vuole salvare proprio dal male in cui erano incappati sia Adamo che Caino. Ed è evidente che per salvare ci vuole un salvatore. Adamo bramava la salvezza dal proprio peccato e Abele da quello del fratello. Lui, Gesù, voleva realizzare ogni volontà del Padre: salvando dal peccato donava vita e gioia!”.

30 Attraverso sangue versato

Come c’entra Adamo?”, chiese il giovane desideroso di comprendere. L’abba lo fissò con simpatia: “Adamo? Quando si nascose, si sentì chiamare: «Dove sei?» (Gen 3,9); allora comprese che Dio lo voleva salvare sia dal peccato commesso che dalle sue conseguenze, a cominciare dalla paura. E quando Caino venne interpellato riguardo a suo fratello, noi stessi comprendiamo che Dio volle arrivare al suo cuore tramite il sangue di Abele. Gesù quindi conosceva la volontà di salvezza del Padre, e che la salvezza dal peccato sarebbe arrivata attraverso sangue versato (Gen 4,9). Gesù sapeva pure che era necessario che qualcuno realizzasse la profezia di Isacco, che qualcuno cioè si offrisse come agnello, e amasse i peccatori, come Giuseppe venduto amò i suoi fratelli”. L’abba respirò, prima di continuare.

31 Voleva offrirsi

L’abba aggiunse: “Parlando con i dottori della Legge Gesù esaminava i disegni di Dio annunciati dai profeti. Dalla vita di Elia seppe che è necessario, nonostante tutti avessero peccato di idolatria, che qualcuno rimanga fedele a Dio, a costo di affrontare l’inimicizia mortale dei regnanti. La vita di Geremia profetizzava la stessa cosa. E Isaia diceva chiaramente, di colui che deve venire: «Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui» (Is 53,5). Gesù, dicendo ai genitori: «Io devo occuparmi delle cose del Padre mio», lasciava capire che non solo sapeva, ma che voleva offrirsi a realizzare la salvezza degli uomini nei modi previsti dall’amore del Padre, cioè ad essere «percosso da Dio e umiliato» e a venir «trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità» (Is 53,2.3)”.

32 Sottomissione

Gesù visse la sottomissione a Maria e Giuseppe a Nazaret come obbedienza al Padre suo, sempre intenzionato a salvare gli uomini attraverso di lui. Egli prese sul serio il proprio Nome! Appena arrivato a Cafarnao, vide alcuni uomini che avevano fede in lui, «Dio salva», e sapeva che questa salvezza era anzitutto la gioia del perdono: lo disse al paralitico deposto davanti a lui. Poi, passando per Gerico, vide Zaccheo, che ad ogni costo voleva incontrarlo con i propri occhi: cercava salvezza dai suoi molti peccati. Gesù fu per lui liberazione dall’avidità, dalle frodi commesse, dall’amore al denaro, salario del principe di questo mondo, arma che ferisce gli altri e uccide chi la possiede. E Gesù fu per lui gioia e consolazione e rinnovamento di tutta la vita fin dalle radici”. L’abba continuava ad accarezzare il Libro dei Libri.

33 Non peccare più

Il Nome di Gesù divenne realtà sul piazzale del tempio, sia per gli accusatori che per la donna da loro condannata (Gv 8,7). Era vera peccatrice, ed essi veri peccatori. Là Gesù si rivelò «Dio salva», impedendo che gli accusatori divenissero omicidi e che lei venisse uccisa. In questa occasione, egli manifestò la salvezza, oltre che come liberazione dalla morte, salario del peccato, anche proponendo se stesso come dono di Dio per lei, dicendole: «Non peccare più», cioè non allontanarti da quel Dio di cui hai visto il volto nel mio amore misericordioso. Gesù e il suo Nome sono tutt’uno!”.

34 Non salvi te stesso?

Abba Giosuè, tenendo la mano sul libro delle Scritture, rivolto a tutti continuò: “Ti sei mai soffermato sul Calvario? Ti hanno scandalizzato le parole rivolte a Gesù? Disprezzavano il suo Nome, dicendo: ‘Ti chiami «Dio salva» e non salvi te stesso?’. Lo gridavano i capi, lo ripetevano i soldati, e lo diceva uno dei due crocifissi con lui: «Salva te stesso». Era bestemmia! ‘Se «Dio salva», è Dio che salva, non io salvo me stesso’: «Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà», aveva detto proprio lui (Mt 16,25) in varie occasioni. Il termine «salvezza» viene usato oggi anche da chi lo intende come rifiuto della croce, quindi rifiuto di stare con Gesù. C’è chi lo usa come sinonimo della ricerca del piacere, del benessere del corpo, del rifiuto della missione che ci è affidata da Dio, e che a volte è faticosa. La parola «salvare» in questi casi è usata dal nemico per mandarci in perdizione”.

35 Come renderti grazie?

Poi l’abba chiuse gli occhi per un momento, li alzò al cielo e disse: “Padre santo, ti adoriamo e ti glorifichiamo perché hai visto come siamo deboli, fragili, tanto da diventare spesso peccatori. Ti ringraziamo di aver mandato per noi Gesù. È lui che ci permette di riconoscerci debitori verso di te, ed è ancora lui che ci libera e ci salva riportandoci a te. Egli, accolto da noi, prende su di sé il nostro peccato, così tu non lo vedi più in noi, ma su di lui, affisso alla sua croce. Egli è la tua salvezza per noi, e il suo Spirito la tua santificazione. Come renderti grazie? Ti benediciamo, Padre nostro. Il Nome santo del tuo Figlio rimanga stampato sul nostro volto: tu lo vedrai e non ti dimenticherai di noi; rimanga impresso nel nostro cuore, così lo sentiremo noi per non dimenticarci di te”.

36 La Chiesa

Amma Fedeltà non aveva mai parlato. Dopo la preghiera dell’abba si sentì spinta a farlo: “Abba, Gesù significa «Dio salva»: e la Chiesa, che è il suo Corpo santo e vivo? La salvezza ci arriva anche da essa?”. Giosuè godette dell’inaspettata domanda. “Certo, la Chiesa è il Corpo di Cristo, e quindi quanto si dice di lui lo diciamo pure della sua Chiesa, perché egli ne è il Capo. È la Chiesa che ci dona la Parola e il Corpo del Salvatore. Per questo gli antichi Padri dicevano che la salvezza ci raggiunge attraverso la Chiesa, e che fuori di essa non la si trova. Nessuno fuori della Chiesa ci offre Gesù, il Salvatore. È vero che egli agisce in tutti gli uomini, e li attira alla sua Chiesa, ma solo essa ci può donare la carne del Corpo di Cristo che ci salva dal peccato”.

37 Salvezza dalla Chiesa?

E continuò: “Anche tutti i componenti della Chiesa devono essere salvati, perché tutti sono peccatori, eredi di Adamo e di Caino. Se della Chiesa guardiamo gli uomini, non comprendiamo come da essa possa venirci la salvezza: sono essi che ne hanno bisogno. Ma quando osserviamo e contempliamo il suo Capo, allora anche questo mistero s’illumina. Gesù è la salvezza che la Chiesa riceve, ed essa ci dona il Signore, l’unico Salvatore. Chi dice che la Chiesa ti salva e chi dice che essa non ti può salvare, dicono lo stesso mistero: unico Salvatore dal peccato è Gesù, unico salvatore che dona vita eterna! Il suo Nome brilla nella Chiesa. Ogni ginocchio si piega davanti al suo Nome, nei cieli, sulla terra e sotto terra, anche le ginocchia della Chiesa, prima di tutti (Fil 2,10)”.

38 Fuori della Chiesa

Abba Filippo, per chiarire meglio la verità accennata, disse: “I santi Padri hanno predicato e scritto che «al di fuori della Chiesa non c’è salvezza». Ma oggi c’è chi afferma che c’è salvezza anche fuori della Chiesa. Forse i Padri avevano della salvezza e della Chiesa una visione diversa da quella che noi pensiamo”. Abba Giosuè si fece serio, e disse: “I Padri erano abituati a contemplare. Noi, come hai detto, pensiamo, cioè mettiamo i ragionamenti, spesso incompleti o inquinati, davanti a tutto. Dicendo «Dio salva», pronunciamo il Nome santo di Gesù, capo della Chiesa. Dicendo ‘Chiesa’, affermiamo che «Essa è il corpo di lui, la pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose» (Ef 1,23). Quale salvezza potrà arrivare all’uomo peccatore senza la Chiesa, corpo di Cristo? Al di fuori di lui non ci è dato altro salvatore, altra pienezza di vita”. Filippo fu soddisfatto da queste parole.

39 Gesù senza la Chiesa?

Il nostro abba continuò: “Nella Chiesa tutti cantano le lodi del suo Capo, che è Agnello immolato, è Pastore, è custode, è lampada, è Principio ed è Compimento! Tutti godono di lui, perché il suo amore per tutti è arrivato a loro in modo meraviglioso e incomprensibile. La Chiesa vive di lui e sa che senza di lui non ci sarebbe vita degna di essere vissuta. Egli è morto perché la Chiesa potesse esistere, è risorto perché essa potesse portarlo a tutto il mondo. Non puoi contemplare Gesù senza vedere la Chiesa, non lo puoi amare senza amare la Chiesa, non lo puoi mangiare se la Chiesa non te lo porge. E ancora, non gli sai ubbidire se ignori che il servizio della sua autorità è ancora la Chiesa che te lo offre. Il Nome «Gesù» è inizio e fine della Chiesa, e della tua santità!”.

40 Preghiera continua

Abba Giosuè riprese, lentamente: “Il Nome di Gesù, sia per Giuseppe che per Maria, diventava preghiera, ed era la loro preghiera più frequente. Pronunciando il Nome, essi entravano in relazione con lui, e quindi con «Dio salva». Pregavano ogni volta che dicevano «Gesù», anche se lo chiamavano per dargli da mangiare o per metterlo a letto. Nei loro pensieri il Nome «Gesù» era immancabile, quindi la loro preghiera era continua, senza sosta! Posso pure io imitare Maria e Giuseppe. Infatti la mia vita è stata fatta «per mezzo di lui e in vista di lui» (Col 1,16). Quando il Padre mi ha creato, voleva che io trovi la mia pienezza e la mia gioia in lui. Che grazia!”.

41 Spezza le divisioni

L’abba ebbe un sussulto, non pareva più sulla terra: “Il Nome «Gesù» è la preghiera più bella, non solo per Maria e per Giuseppe: essa riempie il cuore. Riempie il mio cuore quando lo pronuncio, e riempie il cuore del Padre quando la mia voce raggiunge il suo orecchio! Il Nome «Gesù» unisce il mio cuore di peccatore a quello di Dio: in questo Nome i nostri cuori si fondono, diventano tutt’uno, un unico amore che si riversa su tutti, sui vicini e sui lontani. Il Nome «Gesù» spezza le divisioni, ricupera i pezzi separati e unisce le varie parti del mondo. Illumina i volti bui dei peccatori preparandoli a ricevere il perdono. I volti dei santi li rende ancora più umili, miti e amabili, tanto da attirare su di loro lo sguardo e il desiderio di grandi e piccoli per imitarli!”.

42 Grazie gradito

“Il Nome «Gesù», pronunciato con amore, è un grazie gradito al Padre che ce lo ha mandato, una lode al suo cuore, che non poteva concepire dono più bello. Noi lo conosciamo come Padre attraverso la vita del Figlio, vissuta tra Betlemme e il Calvario, attraverso i suoi passi mossi sui sentieri di questa terra che anche noi calpestiamo. Quando prego il Nome «Gesù», non so cosa succeda in cielo. So che qui sulla terra arriva serenità e pace, luce e forza, santità e gioia. Il Nome «Gesù» è preghiera senza distrazioni, senza controindicazioni e senza pericoli, è preghiera che non richiede concentrazione né luoghi silenziosi né tempi particolari. È la preghiera che riempie la vita e la storia dei santi e dei piccoli. Gesù! Gesù! Gesù!”. Il volto dell’abba divenne luminoso: tutti se ne accorsero.

43 La loro profezia

Giosuè continuò: “Il Nome «Gesù» pronunciato da Maria e da Giuseppe diventava anche la loro profezia. Parlando di lui, o chiamandolo, annunciavano la buona notizia che Dio è colui che salva gli uomini. Se qualcuno avesse pensato che Dio castiga, o che è attento a cogliere gli uomini in fallo, quel Nome gli avrebbe cambiato idea e avrebbe fatto sgorgare in lui la gioia. Chiunque pronuncia il Nome santo di Gesù fa un atto gradito al Padre, che da quel Nome viene fatto conoscere nella sua più profonda identità, quella di un Dio che ama gli uomini, e li cerca, ovunque si siano nascosti, per salvarli attirandoli a sè”.

44 Il Paradiso qui

Il solito discepolo rischiava di disturbare con i suoi interventi: “Godo a sentir parlare di queste meraviglie semplici di Dio! Dicci ancora qualcosa, abba!”. E Giosuè: “Maria e Giuseppe, pronunciando il Nome «Gesù», facevano entrare nel buio del mondo la luce, la spargevano, la lasciavano risplendere. Con quel Nome annunciavano il mistero del Dio amante degli uomini che si è incarnato, e dell’uomo che è assunto in Dio. Essi, con il Nome «Gesù», portavano il Paradiso qui, vicino a noi, in casa e in tutti i luoghi, quelli del lavoro e quelli della preghiera”.

45 Cielo aperto

Disse ancora Giosuè: “Con il Nome «Gesù», «Dio salva», Maria e Giuseppe lasciavano intuire che il Paradiso è arrivato qui in terra, che il cielo è aperto e non separa più l’umanità dalla divinità, il sacro dal profano, il santo dal peccatore. Tutto questo, e ancora di più, lo annunciamo anche noi quando pronunciamo il Nome benedetto di quel Bambino che cresceva adagio, che somigliava a tutti i suoi coetanei, tanto da dare anche lui ai suoi genitori preoccupazioni e consolazioni. Sia Maria che Giuseppe non potevano che tenere quel Nome avvolto dal silenzio delle altre parole”.

46 I pastori di Betlemme

Amma Federica, pensosa, ad un certo momento proruppe: “Anche i pastori e i Magi a Betlemme conobbero il Nome santo del Bambino che stavano osservando. Che impressione avrà fatto a loro quel Nome?”. L’abba fu sorpreso dalla domanda, tuttavia non espresse alcuna meraviglia: “Quando i pastori furono davanti a Maria col Bambino, già conoscevano il significato del suo Nome. L’angelo infatti aveva annunciato loro: «Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore» (Lc 2,11). Non si stupirono perciò del Nome del Bambino che Maria ha rivelato loro. Benché la loro condizione materiale e sociale non fosse per nulla cambiata, quel Nome li fece tornare alle proprie pecore con la profonda gioia di essere graditi a Dio”.

47 I Magi

“Nemmeno i Magi si meravigliarono del Nome del Re che avevano a lungo desiderato incontrare. La stella che li precedeva e li guidava fece sperimentare loro una vita nuova; infatti «Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima» (Mt 2,10). Quella gioia era il frutto del Nome di quel Bambino: egli fu vera e profonda e inaspettata salvezza, che li trasse fuori dal vuoto e dalla tristezza che avevano sempre visto attorno a sé e sopportato dentro di sé”. Ad amma Federica pareva di odorare le mani di Maria, profumate dal contatto con l’incenso offertole dai Magi.

48 Anticipo di Paradiso

Un’altra amma ricordò a tutti «l’uomo giusto e pio che aspettava la consolazione d'Israele». L’abba si espresse: “Anticipo di Paradiso fu per Simeone l’incontro con il bambino Gesù, nascosto nelle fasce da Maria. Giuseppe assisteva in silenzio e ascoltava con sorpresa le parole dell’anziano: «I miei occhi hanno visto la tua salvezza» (Lc 2,30). Lo sposo di Maria comprese così quelle parole: «I miei occhi hanno visto Gesù»! Quel Giusto gioioso si sapeva salvato. Tutte le lacrime versate per il suo popolo sparirono come bolle di sapone. Il Bambino era la risposta di Dio ai desideri di tutta la sua vita, che in quel momento giungeva a pienezza ed entrava nella dimensione dell’eternità”. L’abba godeva come Simeone e come Anna, l’ottantaquattrenne che, con la sua preghiera continua, rivelava il vero significato del tempio.

49 Emmanuele

Un altro discepolo non avrebbe voluto mettere in imbarazzo l’abba, ma poi ritenne importante sciogliere il proprio dubbio: “Abba, come mai Matteo, dopo averci riferito il comando dell’angelo a Giuseppe: «Tu lo chiamerai Gesù», ci ricorda la profezia di Isaia che dice: «A lui sarà dato il Nome di Emmanuele» (Mt 1,23)? L’angelo non conosceva il nome annunciato dal profeta, o Isaia s’era sbagliato?”. L’abba lo guardò stupito e in silenzio. Eravamo nel tempo pasquale. Chiamò un’amma, le sussurrò qualcosa; ella andò, e tornò con una ciotola piena di uova sode colorate. Egli ne prese una, la fece vedere a tutti e chiese al giovane: “Che cosa vedi?”. Quello rispose: “Un uovo colorato di verde”. L’abba ne prese un altro di color rosso e ripeté la domanda.

50 Non mangio il guscio

L’abba, con l’uovo rosso in mano, disse ancora: “Preferisci l’uovo dal guscio verde o quello col guscio rosso?”. Il giovane di rimando: “Fa lo stesso, tanto io non mangio il guscio!”. Allora l’abba sorrise: “Proprio così. Tu non mangi il guscio, bensì ciò che il guscio nasconde. Il nutrimento è ciò che rimane nascosto. La stessa cosa vale per i nomi: non ti nutrono le lettere o i suoni di un nome, ma ciò che esso nasconde. Il Nome «Emmanuele» nasconde «Dio con noi» e «Gesù» nasconde «Dio salva». Che differenza c’è?”. Il giovane non sapeva che dire. Allora l’abba concluse: “Se «Dio è con noi», non temiamo nessuno e nulla, siamo salvi. Se «Dio salva», egli è impegnato nella nostra vita, è con noi. Il profeta e l’angelo non si sono contraddetti”.

51 Jesu, dulcis memoria

“Quando senti parlare di Dio, ti tocca pensare all’Emmanuele, a Gesù, perché Dio è sempre «con noi»! E ogni volta che odi la parola «salvezza» oppure «salvare», di nuovo sei costretto a guardare a Gesù, perché è lui «salvezza di Dio»”. L’abba era lieto: in lui cresceva l’amore a Gesù. E tutti erano sorpresi, senza parole, finchè amma Federica non disse: “È bello anche il mistero dei Nomi, bello proprio perché Gesù è il più bello dei figli dell’uomo” (Sal 44,3)! E amma Serafina volle intonare un canto: «Jesu, dulcis memoria». Si udì con dolce melodia: «Nil canitur suavius, Nil auditur iucundius. Nil cogitatur dulcius Quam Jesus Dei Filius». “Che cosa vuol dire, abba?”, chiese uno dei giovani. Rispose subito: “Nulla si canta di più soave, Nulla si ode di più gioioso, Nulla di più dolce si può pensare Che Gesù, Figlio di Dio”!

52 Altre parole

Abba Simplicio, che aveva udito i sussurri di alcune persone arrivate dalla città, esclamò: “Da che cosa o da chi salva Gesù? Varie persone, influenzate da filosofie per noi nuove e seducenti, dichiarate falsamente verità, oggi non capiscono la parola ‘salvare’ e ‘salvezza’!”. Un giovane continuò: “Persino qualche abba dice che si dovrebbero trovare altre parole per tradurre nei linguaggi moderni il termine salvezza. A loro pare che anche le preghiere in cui risuona questa parola non siano comprese, e quindi nemmeno amate. Perché si continua a dire che Dio ‘salva’?”.

53 Acqua alla gola

Abba Giosuè rispose con sicurezza: “È strano quel che dite. Quante volte i salmi, senza difficoltà, ci mettono in bocca questa parola, e quante generazioni di cristiani l’hanno fatta risuonare nelle preghiere e nei canti! Solo chi non ha mai avuto l’acqua alla gola non sa che significa salvezza. Chi non è stato accerchiato da nemici, non la comprende. Chi non ha mai ricevuto un’offesa o non è stato calunniato, si permette di ridere all’udire questa parola. Chi non ha mai bevuto veleno non si rende conto che è necessario un salvatore. Chi non ha sensibilità per i propri peccati e per le sofferenze altrui, non chiede aiuto. E chi non ha mai provato la gioia profonda e la pace con tutti, nemmeno costui sa desiderare la salvezza”. Pareva che tutti capissero. Ognuno sapeva cosa significa aver l’acqua alla gola. Molti erano persino riconoscenti a qualcuno di essere stati aiutati a superare una malattia o una difficoltà o a scongiurare un pericolo.

54 Fiume del peccato

L’abba continuò: “Avete di certo udito di quell’uomo caduto nel fiume, che veniva portato via dalla corrente. Gridava: salvatemi! Chi l’ha udito gli ha lanciato il capo di una corda, egli l’ha afferrato, e così ha potuto esser tirato a riva. È ancora vivo! Noi siamo trascinati dalla corrente nel fiume del peccato del mondo, le cui onde vorticose sono fatte di odio, di invidia, di impudicizia, di avidità, di ribellioni, di superbia e di cattiveria. Chi ci può salvare? Solo Dio, il Dio della pace e dell’amore. Egli ci lancia Gesù, «Dio salva», e noi ci aggrappiamo a lui. È la salvezza che non solo ci libera dai mali, ma ci fa vivere una vita gioiosa!”. Per tutti il Nome «Gesù» cominciava a diventare familiare.

55 Il diavolo

Allora l’abba si permise di spiegare ancora: “Chi non conosce il diavolo o lo ritiene innocuo, chi non sa come lavora, chi dubita della sua presenza, costui non parlerà di salvezza. Anche chi è impregnato di panteismo, cioè ritiene di essere una parte di dio, usa la parola salvezza a modo suo. Vuole essere ‘salvato’ caso mai dal portare qualche croce. A chi va tutto bene perché ama il mondo e lo accontenta, non parlare di salvezza: gli pare di non averne bisogno. Per queste persone Gesù dovrà soffrire ancora molto nel suo Corpo che è la Chiesa, per aiutarli a comprendere, per salvarli anche dall’ignoranza, per essere per loro veramente «Gesù», cioè «salvezza di Dio», pienezza della ricchezza di vita che scaturisce dal suo amore”.

56 Santità

“Chi non conosce Gesù, o si rifiuta di conoscerlo, chi non mangia la carne di Cristo, chi desidera la morte per evitare le croci della vita, costui non può sapere cos’è salvezza, e non la desidera. Costui non sa nemmeno cos’è santità, e non ne vuol sentir parlare. La santità infatti è del Dio che ama, del Figlio amato che risponde col rinnegare se stesso per amare portando la croce. Santi sono uomini e donne, di qualsiasi età, anche bambini, che si sono riempiti mente e cuore, pensieri e affetti, con il Nome di Gesù! Il suo Nome è diventato la loro preghiera continua”. L’abba avrebbe continuato ancora, ma volle lasciare il tempo a tutti di fissare queste sue ultime parole.

57 Dio e l’idolo

L’abba disse ancora: “Non puoi pensare a Dio né rivolgerti a lui se non ami Gesù e se non riesci a pronunciarne il Nome. Che Padre sarebbe quello che vuoi incontrare senza suo Figlio? C’è chi si fa chiamare ‘teologo’, ma non ha stabile riferimento a Gesù. Puoi dire che è esperto di un dio confezionato, scolpito e rifinito dalla sua mente, intelligente sì, ma ignorante. Dato che ignora il dono dell’amore di Dio Padre, cioè il Figlio, fa i conti senza l’oste! Il dio che ti presenta è un idolo. Infatti con la sua immagine di Dio ti allontana dalla Chiesa di Gesù per formare un gruppo dove egli è al centro, la sua mente al di sopra, le sue idee le uniche. Quando non c’è il Nome di Gesù, sii quindi vigilante e attento per non essere ingannato e rovinato. L’unico Dio e Padre nostro è il Padre di Gesù Cristo”. Il silenzio avvolse tutti di serietà e di pace.

58 Io Sono

Abba Martino disse a Giosuè: “Gesù ha anche un altro Nome? Egli stesso di fronte ai Giudei ha affermato: «Se non credete che ‘Io sono’, morirete nei vostri peccati» (Gv 8,24). Pare proprio che dicendo «Io sono», cioè il nome di Dio, abbia inteso pronunciare il proprio Nome”. Giosuè, con aria soddisfatta, si mise a sfogliare i Vangeli e si fermò sulle pagine di quello di Giovanni. Disse: “Sì, alcune volte il Signore pronunciò «Io sono» come se fosse il suo nome più appropriato. «Io sono» è la parola con cui Dio si rivelò a Mosè dal fuoco del roveto, dicendo «Io sono colui che sono», intendendo ‘Io ci sono per voi, per salvarvi’. E Gesù sa di esser mandato dal Padre per essere l’Emmanuele, il «Dio con noi»: la sua presenza è salvezza”.

59 Invano

L’abba continuò: “Gesù, dicendo «Io sono», non ha indicato un Nome con cui potrebbe essere chiamato, ma ha rivelato la propria identità. È lui il «Dio con noi», la presenza dell’amore potente del Padre. Disse ancora: «In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono» (Gv 8,58). Egli è presente della stessa presenza di Dio. Quando pronunciamo il Nome rivelato a Maria e a Giuseppe noi pronunciamo il Nome di Dio, e pronunciandolo lo rendiamo presente. Proprio per questo qualcuno fa fatica a pronunciarlo. Sa che non lo si può nominare «invano», cioè senza amore. Il Nome dell’amore che salva sarebbe bestemmiato se fosse pronunciato senza amore”.

60 Imparare da Maria

Abba”, chiese un discepolo, “dovremmo imparare sempre da Maria a pronunciare il Nome «Gesù»!”. “Proprio così” rispose l’abba, “anche non riuscissi a pronunciarlo come lei, non rinunciare a provare. Quel Nome non può essere taciuto, né nascosto e nemmeno sottinteso. È il Nome sempre presente, dato che colui che lo porta è ovunque operante. Sta scritto infatti che «tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste» (Gv 1,3). Ovunque volgi lo sguardo vedi il frutto del suo amore, vedi l’opera divina realizzata per mezzo di lui. Egli stesso ha voluto aiutarci ad aprire i nostri occhi sulla presenza del suo amore per noi”.

61 Gli aspetti del suo amore

Il discepolo attento replicò: “Immagino ciò cui ti riferisci, abba. Quando Gesù dice: «Io sono il buon pastore», completa il Nome di Dio «Io sono» con uno degli aspetti del suo amore, quello appunto di essere il custode, la guida, il sostegno e la difesa di noi tutti”. L’abba con lo sguardo rassicurò il giovane, e aggiunse: “E anche Giovanni Battista, quando esclamò «Ecco l’Agnello di Dio», diede un contenuto pieno al Nome di colui che passava: «Dio salva», infatti, dal peso e dal veleno dei peccati, tutti i peccatori che lo guardano con amore”. Tutti avrebbero desiderato intervenire, perché tutti scoprirono la bellezza delle parole unite da Gesù al Nome di Dio «Io sono».

62 Il buon pastore

L’abba vide e ascoltò con gioia i sussurri, e si accinse a dar loro voce. “Quando Gesù ha detto: «Io sono il buon pastore» sapeva che il Padre stesso è raffigurato nei salmi di Davide come il pastore che conduce ai pascoli le pecore, le difende dai pericoli, le custodisce se camminano in una valle tenebrosa (Sal 23). Quindi non solo il Nome «Io sono» è quello di Dio, ma anche l’immagine usata. Così in due modi Gesù si sente partecipe dell’amore del Padre per tutti i suoi figli. Godiamo anche noi di questa abbondanza di riferimenti per esultare per il nostro Signore e Maestro e per poterlo chiamare per Nome!”.

63 La porta

Gesù conosceva le pecore, o, meglio, i pastori, tanto da dire, per aiutarci ad avere con lui un rapporto di fiducia e di libertà: «Io sono la porta delle pecore» (Gv 10,7.9). Un altro aspetto con cui ci fa conoscere l’amore di «Io sono»! Chi si avvicina alle pecore passa per la porta dell’ovile. Da quest’immagine da lui usata comprendo che posso accogliere senza sospetti chi si avvicina a me attraverso il cuore amabile e amante di Gesù. E comprendo anche che io stesso avrò accesso, veritiero e non menzognero, fruttuoso ed efficace per il Regno di Dio, al cuore degli altri uomini, quando mi avvicino a loro con lo Spirito di Gesù!”.

64 Abbiano la vita

“«Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato»: il Nome del nostro Signore e Dio è pronunciato all’inizio e alla fine di questa frase. «Io sono» e «sarà salvato»: Dio e Gesù sono «uno», e a noi si presentano offrendoci il loro amore. L’amore di Dio è Gesù, salvezza per noi, e l’amore di Gesù è l’essere del Padre che ci accoglie tra le sue braccia, nella sua dimora. La porta di questa dimora si apre per noi, e si chiude dietro a noi per custodirci da ogni possibile nemico, ladro o brigante che sia (Gv 10,8). E aggiunge: «Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza»: così Gesù ci fa conoscere lo scopo del suo venire come mandato dal Padre. Il suo Nome è veramente pane, e pane nutriente”.

65 Sul lago

Dopo breve pausa, l’abba riprese: “Immaginatevi di essere sul lago, di notte, col vento che fa dondolare la barca e comincia a riversare dentro le onde! Ebbene è successo ai discepoli di Gesù. Avvolti dalla paura, vedono qualcuno camminare sull’acqua. La paura raddoppia. Un fantasma? Odono la sua voce: «Io sono, non temete» (Mc 6,50; Gv 6,20). Risuona il Nome di Dio, quello udito da Mosè al roveto. Se Dio è con noi, non si può aver paura, sarebbe grave peccato di sfiducia e di disprezzo di Dio. A lui il salmista disse: «Costruisci sulle acque la tua dimora» (Sal 103:3). Gesù si presenta come il Dio dei Padri, che ama con la potenza che vince i pericoli e salva dai flutti. Gesù, mio Signore, nessuna tempesta mi spaventerà: tu sei salvezza!”.

66 La via

“«Io sono la via, la verità e la vita». Gesù sta rispondendo così ai dubbi degli apostoli per farsi conoscere in un modo più profondo e vero. Il suo Nome è pienezza, descrive e contiene la pienezza dell’amore divino. È l’amore che ci fa arrivare a destinazione per godere la tenerezza del Padre, senza tema di trovarci errabondi e fuggiaschi nel mondo, come Caino (Gen 4,14). «Io sono la via»: non ne troverete un’altra per godere la comunione dei figli di Dio. Vi parleranno di Buddha, vi parleranno di Maometto e di altri personaggi ammirati dagli uomini, ma nessuno di loro conosce il Padre di tutti. Vi doneranno qualche bell’idea, ma vi lasceranno per strada, perduti e sperduti. La via di Dio è lui, Gesù”. L’abba parlava con decisione.

67 La verità

Con decisione l’abba disse: “Gesù afferma: «Io sono la verità»: voi, dove cercate la verità? Se la cercate senza sapere com’è, non la troverete mai. Oppure troverete qualche idea che vi piace o soddisfa le vostre esigenze passeggere: la verità è ben altro! Gesù, con le sue parole dolci e autorevoli, ci assicura che verità è la pienezza dell’amore di Dio, il volto davvero buono del Padre. È il suo amore che soddisfa la nostra ricerca, raddrizza le tortuosità della nostra vita e la salva dagli inganni. E il volto del Padre è il suo, il volto di «Io sono», il volto di «Dio salva». La verità è il volto di Gesù, che deve dirci: «Chi ha visto me, ha visto il Padre». Quando pronunciamo il Nome di Gesù, indichiamo la via e comunichiamo la verità che non inganna, non delude, anzi trasmette vita vera e santa”.

68 La vita

L’abba s’infervorava. Era consapevole dell’importanza di rivelare agli abba e alle amma, ai giovani e agli anziani, la gioia di Dio. “«Io sono la vita»: così Gesù concluse la frase che poi ha cercato di spezzare, come si spezza una noce per mangiare il gheriglio, o di sminuzzare, come si sminuzza il pane duro ai bambini, altrimenti non ne possono godere. E sapete cos’ha detto? La «vita» è nel cuore del Padre, anzi è il Padre, e per noi viene dal Padre, che ha creato cielo e terra e con le sue mani ha plasmato l’uomo, e col suo soffio lo ha reso vivente come lui (Gen 2,7). «Io sono nel Padre e il Padre è in me», questo ha detto Gesù. Questa è «la vita», l’amore del Padre che incorpora Gesù e lo riempie”.

69 Il pane

E Giosuè continuò: “«Io sono il pane», diceva con insistenza il Signore a chi aveva mangiato i pezzi dei cinque pani d’orzo e a quelli che ne avrebbero voluto ancora. Egli completava il Nome «Io sono» con l’immagine del nostro nutrimento quotidiano. Che cosa comprendete voi? Io comprendo che Gesù ci dice che lui è necessario tutti i giorni, come il pane. Egli ha completato l’immagine del pane con le parole «di Dio» e «vivo», oppure «della vita» o ancora «che discende dal cielo». È necessario tutti i giorni, perché senza di lui il nostro vivere sarebbe solo biologico, e non divino, non immerso nella pienezza dell’amore del Padre”.

70 Mangiare

Sapete cosa succede quando mangiate il Pane su cui sono state pronunciate le parole della benedizione: «Questo è il mio corpo»? In quel momento Gesù è tutt’uno con voi, e voi siete divinizzati. Da quel momento potete anche voi dire «Io sono», come il cieco che, ubbidendo a Gesù, s’è lavato gli occhi alla piscina di Siloe (Gv 9,9), si è dichiarato suo discepolo e, per questo, escluso dalla sinagoga. Da quando mangi il Pane, Gesù è in te, tu sei Dio, quel Dio che è pane, pastore, via, vita, verità, quel Dio che è amore. Quando avrai mangiato il pane «di Dio» infatti sarai capace di amare chiunque abbia bisogno di essere salvato dal peccato del mondo”. L’abba si commosse nel dire queste verità sante.

71 È bello

Abba Giosuè non avrebbe più smesso di parlare di Gesù, perché il suo Nome è così bello e ricco, da non riuscire mai a rivelarne tutta la bellezza. Diceva: “Perché il Nome di Gesù è bello? È bello perché Gesù è amabile, attira l’amore di tutti. E, dato che «tutto è stato fatto per mezzo di lui», quando vedi una qualunque cosa, non puoi che pensare a lui. Il fiore sbocciato stamattina è stato fatto per mezzo di lui, la montagna su cui sono salito è stata formata per mezzo di lui, il frutto che ho raccolto ed ho gustato, è stato fatto per mezzo di lui! E anche tu sei stato fatto per mezzo di lui!”.

72 In vista di lui

E aggiunse: “«E tutto è stato fatto in vista di lui», quindi anche quando bevo il vino penso a lui, Gesù, che l’ha bevuto benedicendo il Padre e pensando al proprio sangue: vedeva il palazzo di Pilato, le strade di Gerusalemme e la roccia del Calvario insanguinati. Anche la casa dove abito, e il letto dove dormo, sono stati fatti «in vista di lui». Quando pulisco la casa quindi, o rifaccio il letto, non posso che vedere lui, Gesù, «salvezza di Dio». Ogni piccolo lavoro o breve servizio sarà per la sua gloria”. Così l’abba confidava i suoi piccoli, ma preziosi segreti.

73 Tutto come Dio

E disse ancora: “Quando San Paolo scriveva ai cristiani di Colossi: «Tutto quello che fate fatelo come per il Signore e non per gli uomini» (Col 4,23), aveva nel cuore e nella mente quel «tutto è stato fatto in vista di lui». Anch’io dunque voglio fare tutto come Dio, «in vista di lui», cioè in vista di Gesù. Se quel che faccio non lo faccio per lui, come testimonianza della sua presenza e della sua santità, ogni mia fatica e tutto il mio lavoro sarà senza profondo significato, privo di eternità, vuoto, in fin dei conti inutile: non susciterà gioia né a Dio né agli uomini, suoi figli. Il Nome di Gesù sarà all’inizio e alla fine di ogni ora e di ogni giorno”.

74 Fondamento

L’abba, rivolto ad uno dei giovani, l’ultimo che aveva parlato, riprese: “«Gesù», «Dio salva», è fondamento della mia esistenza. Lo dico a voi, non perché io sia qualcuno, ma perché voi diventiate qualcuno mettendo Gesù in ogni angolo dei vostri pensieri, in ogni anfratto dei vostri sentimenti, in ogni procedere dei vostri discorsi e sullo sfondo dei vostri sguardi. Quando vedo Gesù nei tuoi occhi, tu diventi mio, mio amico, mio fratello, mio sostegno, mio conforto. Se non lo vedessi, non potrei darti molta fiducia e non avrei molto beneficio dalla tua amicizia e vicinanza. Gesù in te realizza la tua vita, ti costruisce come dimora accogliente, ti fa essere attraente come l’arcobaleno di Noè”.

75 Il Primo e l’Ultimo

Amma Rosa ascoltava con attenzione e con gioia. Interruppe l’abba: “Abba, e Gesù come si presenta a noi?”. Giosuè disse: “Volete sapere cosa dice Gesù di se stesso? Giovanni lo presenta così: «Il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra» (Ap 1,5), e lui aggiunge: «Io sono il Primo e l'Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi» (Ap 1,17-18). Io gioisco di queste parole. Gesù, umile di cuore, e figlio dell’umile ancella del Signore, sa di essere importante. Per questo disse anche: «Attirerò tutti a me» (Gv 12,32). La sua umiltà è bella, proprio perché conosce la ricchezza della propria persona e la grandezza del proprio compito e la preziosità di coloro per i quali dona la vita. La sua importanza, quella che lui stesso ci fa conoscere, è in riferimento al Padre suo, dal quale sa di essere stato mandato. Ebbene…”.

76 Testimone fedele

Ebbene… Gesù è «il testimone fedele». La sua presenza è testimonianza della vita del Padre, dell’amore sconfinato di Dio, della sua volontà di abbracciare tutti come un papà che ritrova i figli dopo averli perduti o ritenuti morti. Quando Gesù prendeva per mano malati o sordi o muti o ciechi o storpi o addirittura morti, ci faceva vedere come ognuno di noi è prezioso agli occhi del Padre, ognuno di noi, benché dagli altri uomini fosse considerato un relitto o addirittura un cadavere. È «testimone fedele» di quel Dio di cui non possiamo fare a meno, perché da lui dipende ogni momento la nostra vita. Davvero ci salva dal considerarci inutili o falliti, ci impedisce di dar peso al giudizio di chi ci disprezza”.

77 Primogenito dei morti

“È «il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra»! Paiono parole che si contraddicono: «primogenito» fa pensare alla nascita, «dei morti», ci trasporta alla risurrezione. «Sovrano dei re» è pure qualcosa di esagerato, anzi no, di sublime. «Io sono il Primo e l'Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi»: anche queste parole ci fanno comprendere che non siamo più nel mondo conosciuto. Con Gesù siamo in un al di là dove tutto è unito: il primo e l’ultimo sono uno solo, quindi in lui e con lui non ci sono divisioni e fratture. Colui che è morto è «il Vivente»! Fratelli, esultate, sorelle, cantate! «Le chiavi della morte» sono in buone mani! La paura è sostituita dalla gioia!”.

78 Amato

L’abba con gioia continuava a parlare di Gesù, del suo Gesù, il Gesù di tutti: “Gesù è chiamato da Dio stesso «Amato». Questa parola è risuonata sul monte, quando dalla nube la voce disse: «Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo» (Mt 17,7). Quella voce ci ha riportati sul monte su cui Abramo saliva col figlio Isacco. Alla domanda del figlio, Abramo rispose: «Eccomi, figlio mio» (Gen 22,7). ‘Amato’ è il figlio che viene offerto in sacrificio come agnello per compiere il volere di Dio, il volere di salvare gli uomini dalla distruzione operata dal loro peccato. Gesù è l’«amato», il vaso che raccoglie tutto l’amore del Padre, e lo porta in sé per versarlo sulla terra. Egli stesso gode di essere «amato», cioè sacrificato”.

79 L’umiltà

Amma Caterina, leggendo la Sacra Scrittura, più volte aveva trovato quella riga che dice: «Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato» (Gl 3,5; At 2,21; Rm 10,13). Le pareva una Parola importante. Pensava volentieri al Paradiso e a quanti saranno chiamati a condividerne le gioie. Disse, rivolta all’abba: “È facile essere salvati: chi invoca «il nome del Signore» è già compagno del ladrone che chiamò Gesù per nome”. L’abba Giosuè annuì. “È proprio così”, disse, “quando uno invoca il nome del Signore si fa umile: riconosce d’aver bisogno, di non essere autosufficiente e si affida alla bontà di Dio. L’umiltà attira la simpatia e quindi le grazie del Padre”. Lasciò intuire che avrebbe continuato.

80 Una noce?

Giosuè proseguì: “C’è chi invoca il nome del Signore con umiltà e fiducia, come il ladrone. Sappiamo che Dio guarda il cuore di chi lo invoca. Se uno invocasse il Nome di Gesù con la pretesa di essere ascoltato, o lo facesse in continuazione perché ripone fiducia nella ripetizione delle parole più che nella bontà di Dio, questi non può essere salvato: confida in se stesso. Anche questa preghiera possiamo paragonarla alle noci”. Il giovane discepolo non capiva e voleva interrogare l’abba. Questi immaginò la domanda: “Chi mangia il guscio di una noce? Quel che vedi della noce non ti nutre, ti rompe i denti. Così è della preghiera. Dio non sa che farsene del suono della voce. Pregherai, anche a lungo, ma sapendo che le tue parole dovranno cambiare il tuo cuore; egli guarda ciò che avviene nel cuore di chi prega: diventa umile? Dà fiducia a lui o a se stesso?”.

81 Un piede in Paradiso

“Chi invoca il nome del Signore Gesù con umiltà e fiducia riceverà la risposta che ha ricevuto il ladrone. Il fatto di essere stato un malfattore dà forza e credibilità alla sua testimonianza. Egli ha già un piede in Paradiso: glielo dice Gesù”. Il solito giovane intervenne ancora: “Abba, cos’è il Paradiso? Non ne parla nessuno: tu credi che esista?”. L’abba non perse tempo: “Dato che Gesù ne parla, non posso e non voglio dubitare. Inoltre, se esiste Dio, esiste il Paradiso. Se esisto io, esiste pure il Paradiso. Se esisti tu, esiste di certo il Paradiso.”. Tutti sprofondarono in un silenzio inaspettato. Era un silenzio interrogativo.

82 Cos’è il Paradiso?

L’abba ruppe quel silenzio che lo interpellava: “Il nome di Gesù risuonato sulle labbra del malfattore, udito da tutti, era pronunciato con umiltà e fiducia. Quell’umiltà e quella fiducia rivelarono l’esistenza del Paradiso. Cos’è il Paradiso? È l’incontro di Gesù con il Padre suo quando emise lo spirito. In quell’incontro entrò pure il ladrone, ormai santificato dall’aver pronunciato il Nome con umiltà e fiducia. Io assisterò all’incontro di Gesù col Padre, e anche tu non potrai farne a meno. La mia vita e la tua sono destinate al Paradiso. La nostra esistenza dimostra che il Paradiso non solo esiste, ma ci attende. Il Nome «Gesù» ne è garante”. Il giovane volle sapere di più: “E c’è anche l’inferno?”.

83 L’Inferno

Quasi mai l’abba ebbe a che fare con una domanda riguardante l’inferno. Non gli piaceva parlare né del diavolo, per non dargli importanza, né dell’inferno, perché troppo misterioso. Si ricordò però di Gesù: “In alcune parabole Gesù ha parlato dell’inferno, ma al ladrone che lo bestemmiava non ha detto nulla: conosceva la sua ignoranza. Mentre all’altro ha promesso il Paradiso, a lui non ha annunciato l’inferno, benché lo meritasse, a nostro parere. Ciò non significa che l’uomo non abbia la possibilità di rifiutare l’amore del Padre, e perciò di rifiutare il Paradiso. Chi non partecipa alla gioia del Paradiso, cosa farà? Se esiste il rifiuto dell’amore del Padre, cioè il rifiuto di Gesù, allora faremo pure i conti con l’Inferno”.

84 Mette paura

L’abba continuò: “Non parlo volentieri dell’Inferno, perché parlarne mette paura. E nessuno dovrà amare il Signore per paura. Sarebbe un amore povero povero, piatto, scarso e patologico. Giovanni ci ha scritto che «l’amore perfetto scaccia il timore» (1Gv 4,18). La nostra attenzione sarà tutta rivolta a Gesù, il cui Nome dice proprio che «Dio salva», anche dall’Inferno. Chi ha Gesù nel cuore e nella mente non ha bisogno di pensare all’Inferno, e tanto meno al diavolo. Questi va disprezzato e ignorato, come ci ha detto qualche santo abba. Se lo disprezzi ti sta lontano, perché, essendo orgoglioso e superbo, non sopporta di essere disprezzato (cf. san Porfirio)”.

85 Lontana dai malvagi

Uno dei giovani, con sicurezza, disse: “Abba, dell’Inferno non parla nessuno, anzi ho sentito persone istruite dire che non esiste, e se esistesse sarebbe inutile, perché vuoto. Dicono che Dio, che è amore, non può volere nella sua creazione un luogo che fa soffrire”. L’abba si fece pensoso: “Ci sono misteri che restano nel cuore di Dio, e l’uomo non può metterci mano e nemmeno il naso. Io so che un salmo, quindi Parola di Dio, dice: «Lontana dai malvagi è la salvezza, perché essi non ricercano i tuoi decreti» (Sal 119,155). Se da chi non cerca la volontà di Dio la salvezza è lontana, essi non la potranno godere. Lontano dai malvagi è Gesù, il Salvatore. E ti dirò di più…”.

86 Il turbamento

Al giovane, certo che l’inferno non è una realtà, l’abba disse: “Sai cosa scrive Giovanni, l’apostolo che ha rivelato che «Dio è amore» (1Gv 4,8)? Proprio lui disse: «Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: “In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà”» (Gv 13,21). Perché Gesù fu «profondamente turbato»? Aveva annunciato il tradimento di un apostolo. Cosa vedi nel turbamento profondo di Gesù? Io vedo il buio dell’inferno che voleva ingoiare Giuda. E non rimani turbato anche tu all’udire: «Meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!» (Mc 14,21)? Il turbamento si impadronì di tutti, tanto che il Signore ha dovuto esortarli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me» (Gv 14,1). Giosuè tacque e non aggiunse spiegazioni.

87 Il Giudizio

Abba, hai parlato di Paradiso e di Inferno. Quale porta li separa l’uno dall’altro?”. Il giovane espose così la sua ignoranza. Giosuè, mosso da compassione, insegnò: “La porta che fa la differenza si chiama Giudizio. È una porta formata di varie formelle, come alcuni antichi portali di bronzo. Le formelle sono le Parole di Gesù. Alla fine ci troveremo davanti a questa porta: chi è vissuto amando Gesù concretamente, obbedendo alle sue parole, entrerà e passerà al suo Regno. Chi ha scelto il disprezzo di lui, delle sue parole e della sua morte, rimarrà nella tristezza e amarezza della propria arroganza e verrà portato via dal diavolo. Il Giudizio lo passiamo alla morte: la scelta potrà avvenire anche all’ultimo minuto, come fu per il ladrone sul Calvario: proprio alla fine del suo vivere qui sulla terra, mise con fiducia il Nome «Gesù» sulle proprie labbra, e si trovò in Paradiso”.

88 Vedere il diavolo

Un altro giovane chiese: “Ma tu, abba, credi ancora che esista il diavolo? Lo hai visto?”. L’abba non si indispose, e continuò: “Non sai che Gesù è venuto apposta per beneficare e risanare «tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui» (At 10,38)? Tu non vedi il diavolo, perché ti fai un’idea di lui; allo stesso modo che non vedi Dio, perché te lo immagini, cioè te ne fai un’immagine. Ma come di Dio puoi vedere le opere e i segni della sua presenza amorosa (Rom 1,20), così puoi vedere il diavolo attraverso le opere e i segni della sua superbia e della sua cattiveria. «I demoni si sottomettono a noi nel tuo Nome» (Lc 10,17), dissero i discepoli a Gesù. Lo hanno detto perché avevano visto qualcosa. Il Nome di Gesù è salvezza anche da questi nemici! È una salvezza che ci riempie di gioia e di amore per tutti, cattivi e buoni. Porterai il Nome di Gesù con te, e anche i tuoi occhi si apriranno”.

89 Molto frutto

Un uomo, dal volto triste, disse: “Abba, io non ho nemici, nessuno mi calunnia, non ho malattie, non ho sofferenze, perciò non ho bisogno di salvezza. So solo che non ha senso vivere, perché la mia vita non vale nulla, io non servo a nessuno, sono inutile”. L’abba lo fissò con compassione: “Non hai forse bisogno di essere salvato dal ritenere inutile la tua vita? Gesù è salvatore anche per te. Egli dice: «Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto» (Gv 15,5). Quando sei unito a Gesù, la tua vita è dono di Dio. Senza di lui invece, anche tu fossi un genio, saresti un cieco che tira nel fosso chi s’appoggia a te. Unito a Gesù, sarai fontana di gioia e di pace, anche se non te ne accorgi. Gesù è la tua salvezza: la tua vita con lui ha senso, ha un significato prodigioso, è utile a molti.”. Per la prima volta si vide il sorriso sul volto dell’uomo malato di tristezza cronica.

90 Nel mio Nome

Amma Angelica ascoltava in silenzio. Intervenne per suggerire un nuovo argomento: “Abba, gli apostoli hanno usato, come hai detto, l’espressione «nel tuo Nome», e in varie occasioni Gesù stesso ha ripetuto «nel mio Nome», e altre volte leggiamo «nel Nome di Gesù». Cosa possiamo pensare?”. E l’abba: “Invece che pensare, affidati. Gesù significa, come sai già, «Dio salva». Il suo Nome ti abitua ad affidarti alle mani del Padre, ad amare la persona di Gesù con piena fiducia, ad obbedire ad ogni sua Parola. Con l’espressione «nel Nome di Gesù» indichiamo il desiderio e la volontà di essere un tutt’uno con il suo cuore, fino a morire a noi stessi pur di stare con lui”.

91 Se c’è umiltà…

L’abba si accorse che qualcuno non comprendeva, e allora continuò: “Quando Gesù dice «nel mio Nome», non intende dire che basta ripetere la parola «Gesù». Per esempio: quando dice «dove sono due o tre riuniti nel mio Nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20), chi è riunito lo è per ubbidire a lui, non alla propria comodità o al bisogno di compagnia. Ebbene «lì» è Gesù stesso! Quando dice «chiunque vi darà da bere un bicchier d’acqua nel mio Nome» (Mc 9,41), dice che il gesto di amore è compiuto per fede e per amor suo, e non per il proprio buon cuore. Quando dice «nel mio nome scacceranno demoni» (Mc 16,17), i demoni se ne andranno se ci sarà l’umiltà di Gesù nel cuore di quei discepoli”.

92 I figli di Sceva

Abba Samuele espresse un dubbio: “Come mai i sette figli di Sceva a Efeso non solo non hanno scacciato lo spirito cattivo, ma esso li ha aggrediti? Eppure invocavano il nome di Gesù!” (At 19,13-17). L’abba sorridendo rispose: “Quegli esorcisti usavano il nome di Gesù come si usa un mantra o una parola magica. Ti pare rispettoso ridurre il Nome «Gesù» a un amuleto? Essi non avevano con lui alcuna relazione, non lo avevano né amato né accolto nella propria vita, non gli ubbidivano, e perciò il demonio poté dimostrare la sua forza di male con violenza, li ferì, li spogliò, tanto che dovettero fuggire via nudi. Il Padre ci ha rivelato il Nome del Figlio suo perché lo amiamo e ci consegniamo a lui. Possiamo confidare nella sua potenza d’amore e nella sua vittoria sul male e sul maligno quando viviamo la sua Parola”.

93 Nel Nome mio

E disse ancora: “Quando Gesù dice: «Qualunque cosa chiederete nel Nome mio, la farò» (Gv 14,13), intende dire che chiederemo al Padre quanto serve perché il Figlio sia glorificato e il suo regno si diffonda, e non per ottenere ciò che soddisfa l’egoismo. E ancora: dicendo «si fecero battezzare nel nome del Signore Gesù» (At 19,5), si intende che d’ora in poi la vita di quelle persone manifesterà l’amore e la pace, la sapienza e la presenza di Gesù nel mondo. Il Nome di Gesù è lui, la sua vita, la sua Persona divina e umana”. Quante altre Parole avrebbe voluto commentare l’abba, ma pensò di concludere. Desiderava godere nel silenzio la bellezza e la forza del Nome santo, e invocarlo sul mondo intero.

94 Operatori d’iniquità

L’abba si soffermò ancora: “È mio dovere ricordare che il Signore Gesù ha detto: «In quel giorno molti mi diranno: "Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi? … Io dichiarerò loro: "Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l'iniquità!”» (Mt 7,22.23). Egli sa che non siamo salvi per il fatto che avvengono miracoli pronunciando il suo Nome. Infatti «Non chiunque mi dice: "Signore, Signore", entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Mt 7,21). Realizzare la volontà del Padre è tutto, e la sua volontà è sempre amare. Potrei infatti usare il Nome di Gesù per mettermi in mostra, cioè per fare commedia. È ciò che non voglio, né per me né per voi”.

95 Dio nostra salvezza

Un discepolo intervenne per la prima volta: “Abba, le tue rivelazioni sul Nome santo di Gesù mi hanno reso più attento alle parole dei Salmi. Ieri cantai: «Aiutaci, o Dio, nostra salvezza, per la gloria del tuo nome; liberaci e perdona i nostri peccati a motivo del tuo nome» (Sal 79,9). Dicendo «o Dio nostra salvezza», pensavo a Gesù, il Salvatore, e così pure al dire «per la gloria del tuo Nome». Gesù è il Nome sempre unito come ingranaggio a Dio, al Padre: la gloria del Padre è Gesù, e la gloria di Gesù è il Padre! Dicendo poi «perdona… a motivo del tuo Nome», ricordavo le parole di Giovanni Battista: «Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati» (Gv 1,29). Dio ci perdona grazie al sacrificio di Gesù!”. L’abba non ebbe nulla da aggiungere. Il discepolo aveva imparato.

96 La tua via

Il discepolo attento si espresse ancora: “Oggi il salmo diceva: «Si conosca sulla terra la tua via, la tua salvezza fra tutte le genti» (Sal 67,3). La via di Dio è Gesù, che ha detto «Io sono la via», e la «salvezza» di Dio è ancora Gesù, vita vera. Gesù quindi è sempre presente nella preghiera. È per questo che i santi raccomandano di pregare i salmi? Ci parlano sempre di Gesù, ce lo ricordano tutti i momenti, ce lo fanno amare e lodare”. Amma Rosa gioiva all’udire questi riferimenti ai salmi, tanto che aggiunse: “Il salmo che hai ricordato dice: «Si conosca la tua via»: Gesù dev’essere fatto conoscere. Anche il salmo ci esorta ad evangelizzare!”. Amma Viola completò: “«A chi cammina per la retta via mostrerò la salvezza di Dio» (Sal 50,23), cioè, chi cammina con Gesù, riceverà il dono di vedere Gesù!”.

97 La gloria del suo Nome

Quasi danzando l’amma cantò: «Cantate la gloria del suo Nome, dategli gloria con la lode» (Sal 66,2). E poi chiese: “Che s’intende, abba, dicendo «la gloria del suo Nome»?”. L’abba dovette raccogliersi e invocare lo Spirito Santo nell’intimo: “Il Nome di Dio, già lo sai, è ciò che individua Dio tra molte realtà. Il Dio pregato con i Salmi è il «Dio con noi», identificato dalla persona di Gesù, «Io Sono», l’Emmanuele, Salvezza di Dio! La gloria del suo Nome è ogni gesto che manifesta la bontà, la bellezza, la grazia, la forza, la gioia di Gesù. La nostra vita convertita è sua gloria e pure la nostra lode, anche quella che eleviamo con il canto”. L’amma cantò ancora: «Benedica ogni vivente il suo santo Nome» (Sal 145,21) e poi: «Lodino il Nome del Signore, perché al suo comando sono stati creati» (Sal 148,5)!.

98 I Salmi

Un abba dalla voce canora fece udire queste parole: «In lui gioisce il nostro cuore e confidiamo nel suo santo Nome» (Sal 33,6; 32,21). E un’altra continuò: «Benedetto il suo Nome glorioso per sempre: della sua gloria sia piena tutta la terra. Amen, amen» (Sal 72,19). Abba Giosuè gioiva: era certo che tutti avrebbero pregato con frutto i salmi, dono di Dio. Esclamò: “I Salmi portano continuamente il nostro cuore a Gesù, donato dal Padre come tesoro del suo amore. Essi ci invitano a benedire Gesù, «Dio salva», la nostra volontà ad obbedirgli, il nostro sonno ad accoglierlo. Un’infinità di espressioni dei salmi evidenziano la salvezza, cioè la libertà che Gesù ci offre, e moltissime volte ci mettono in bocca la lode che egli merita da parte di tutti”.

99 Ogni ginocchio

Abba ed amma gareggiavano nel proclamare righe di salmi per glorificare e lodare il Signore Gesù. Si udì: «Il suo Nome duri in eterno, davanti al sole persista il suo Nome» (Sal 72,19). Nessuno abbandonava il Nome santissimo di Gesù! Ci fu chi cantò: «Invocando il tuo Nome, raccontiamo le tue meraviglie» (Sal 74,1). E la lode gioiosa si concluse con le parole che invitarono al silenzio profondo: «Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: “Gesù Cristo è Signore!” a gloria di Dio Padre» (Fil 2,10-11). Il Nome di Gesù rese tutti i presenti assidui adoratori, e Dio Padre manifestò la sua gioia facendo cinguettare gli uccellini e brillare il sole come non mai!

100 Vieni, Signore Gesù

L’abba aveva concluso, ma un’amma intervenne ancora: “Abba, la Bibbia termina con due menzioni del Nome santo di Gesù: «Colui che attesta queste cose dice: "Sì, vengo presto!". Amen. Vieni, Signore Gesù. La grazia del Signore Gesù sia con tutti» (Ap 22,20-21). Gesù stesso promette di venire senza indugio. Anch’io lo posso chiamare per Nome: «Vieni, Signore Gesù»”. L’abba ringraziò l’amma di aver ricordato questa rivelazione, e concluse: “Vieni, Signore Gesù! Tu da bambino obbedivi a Maria e a Giuseppe quando ti chiamavano, ascolta anche la nostra voce. Non riusciamo ad amarti com’essi ti amavano e ti servivano, ma noi abbiamo più bisogno di loro che tu venga. Vieni, tu che sei «salvezza di Dio» da ogni sofferenza, da ogni paura, da ogni ignoranza, pericolo e tentazione della nostra anima. Tu ci salvi, cioè ci rendi dono di Dio per il mondo, ci fai sale e luce e lievito per l’umanità. «Vieni, Signore Gesù»”.

101 La gioia

La gioia s’impadronì di tutti i presenti, anzi, pareva infuocasse il mondo intero. Il mondo intero vive di Gesù, con Gesù, per Gesù. Anche chi non lo sa vive grazie a lui, e testimonia la bellezza del suo Nome. Si raggela chi lo ode pronunciare come bestemmia. I bambini, quando lo odono, ci fanno caso, l’anziano ringiovanisce, il malato si rincuora, il disperato si tranquillizza. Il Nome di Gesù rende saggio il semplice, riveste di speranza l’emarginato e il bullizzato, abbellisce il giovane. È il Nome rivelato a Maria di giorno e a Giuseppe di notte, pronunciato alla prima goccia di sangue da lui versato, quello della circoncisione, gridato dal cieco, e sussurrato sul Calvario dal malfattore. È sollievo per i martiri e per i poveri nel momento della morte. Tutti cantano volentieri: Gesù! Gesù! Con te vivrò! Gesù, Gesù! Te amerò! Gesù, Gesù!

Amen

Pareva di vedere i Cherubini agitare le loro ali con esultanza cantando: «Il suo nome duri in eterno, davanti al sole germogli il suo nome». E i Serafini, disposti tutt’attorno, rispondevano danzando: «E benedetto il suo nome glorioso per sempre: della sua gloria sia piena tutta la terra» (Sal 72,17.19). Il loro canto entrava nel cuore e si impresse nella mente, soprattutto dei giovani. Esplosero in un «Amen, amen», riecheggiante da destra e da sinistra. Sapevano infatti che «Amen» appartiene a Gesù come un nome, lui che è «il Testimone degno di fede e veritiero, il Principio della creazione di Dio» (Ap 3,14). L’«Amen», vero e solido come la roccia, accompagna il canto degli angeli in cielo, e dei credenti nella liturgia della Chiesa sulla terra per tutti i secoli: “Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te Dio Padre onnipotente ogni onore e gloria nei secoli: Amen! Amen! Amen!»”.

  

  

Detti dei padri del nuovo deserto 01 - 02 - 03 - Abba, Benedici!  -  Abba Bartolomeo (Padre nostro)

Sentinella vigile  -  Messa - Sono credente? - Credo