ME
NU

Abba GIOSUE'

Pantocrator 

 

  

Il nome rivelato

Gesù

  

 

 

 

      

  

  

  

1 Abba Giosuè

Tutti gli abba avevano un grande amore per Gesù. È lui che li ha attirati, lui che ha dato loro forza per perseverare nell’ascesi, lui che li ha ispirati ad amarsi gli uni gli altri con un amore che agli estranei pare persino esagerato. Essi ritengono che egli stesso, Gesù, si trovi in mezzo a loro, sia quando parlano sia quando tacciono. Conservano il silenzio, offerto dall’ambiente in cui vivono, attirando la curiosità di molti. Egli è al centro di ogni loro attenzione. Perché mai?

  

2 Abba Giosuè

Gesù! Chi è costui? Come mai porta questo nome? Da dove viene lui, e da dove viene il suo nome? Perché il suo nome è così attraente? Che cosa ci guadagna chi lo conosce e gli sta vicino, e cosa perde chi lo ignora e gli sta lontano?
Domande e domande piovono dai discepoli, dagli uomini e dalle donne di passaggio, da chi soffre carenze e anche da chi soffre senza sapere di cosa è carente. Gli abba avvertono la necessità di dare una risposta, benché insufficiente, poiché quella vera verrà per ciascuno dallo Spirito Santo, quando Gesù stesso lo avvicinerà!

  

3 Abba Giosuè

Il fatto che il nome «Gesù» sia usato nei libri del Primo Testamento a proposito di un tale «figlio di Sira» e di suo nonno (Sir 1,1; 50,27), e anche di uno dei discepoli di Paolo (Col 4,11), non fa problema. Tutti pensano tranquillamente a Gesù, figlio di Maria di Nazaret. Chi potrebbe pensare a qualcun altro? L’importanza di un nome dipende dalla vita di chi l’ha portato, o realizzato. Se la vita d’un uomo è degna e consona con la vita di Dio, allora il suo nome viene ricordato, amato, pronunciato e tramandato. “Ora viene usato solo per riferirsi a quel Gesù che è morto in croce”, dice a tutti un abba, “e viene usato con amore e riverenza, rispetto e persino adorazione”.

  

4 Abba Giosuè

Per loro, per gli abba, tutto era evidente, tanto da darlo per scontato: il nome di Gesù è l’unico nome che risplende, e non ha bisogno di essere spiegato. Ma il loro silenzio non riusciva a soddisfare chi arrivava con le domande e chi partiva senza aver ricevuto risposta. Decisero allora di conversare su quel nome santo, nome che attrae, nome che sa di mistero, tanto che taluno non riesce nemmeno a pronunciarlo: Gesù!
Si volsero verso abba Giosuè. Egli porta un nome che somiglia, fin quasi a identificarsi, con quel Nome che concentra la loro attenzione. Egli gioì, e iniziò a parlare.

  

5 Abba Giosuè

Abba Giosuè sapeva che non basta che le parole risuonino nell’aria: potrebbero far solo rumore e dare fastidio a chi ascolta. Esse edificano quando trasmettono l’amore di Dio: allora sono efficaci. Devono sempre portare in groppa l’amore del Padre, che arrivi insieme al suono delle parole. Lo sapeva, e perciò si raccolse in silenzio. “Rispettiamo il suo silenzio”, disse abba Placido, “perché, come nel silenzio cresce e matura il grano, così nel silenzio maturerà il suo amore a Dio, e dal silenzio scaturiranno le sue parole nutrienti per noi”.

  

6 Abba Giosuè

Quando tutti gustarono il silenzio, abba Giosuè cominciò: “Gesù! Anche chi non ha mai udito questo nome, quand’esso risuona, si fa attento: percepisce la presenza di un mistero. Percepisce di essere alla sorgente della vita, al confine dell’eternità, quell’eternità che non ha confini, proprio come l’amore del Padre. Gesù! Chi ode questo nome riceve fame e sete di conoscere colui che lo porta, anzi, colui che lo realizza”.

  

7 Abba Giosuè

“Vi dirò il significato di questo nome, «Gesù», così da comprendere perché è amato e, ahimè, odiato, cercato e fuggito, adorato e calpestato, ricordato e dimenticato. Il nome “Gesù” in ebraico e aramaico è pronunciato in modo da far riferimento al Dio d’Israele, quel Dio il cui nome può essere scritto, ma non detto da voce umana. Nella parola ebraica “Gesù” risuona solo la lettera iniziale di quel nome di Dio. Ecco la sua traduzione: «Dio salva», oppure «Salvezza di Dio». Quale Dio? ti chiederai. Quella lettera iniziale lo rivela: è il Dio che ha liberato il popolo d’Israele dalla schiavitù dell’Egitto, il Dio che ha ispirato i salmi a Davide e ha promesso al popolo un Salvatore”.

  

8 Abba Giosuè

«Dio salva»! Un uomo che porta questo nome diventa annuncio di speranza e di gioia, e non solo annuncio. Quest’uomo è lui stesso la salvezza di Dio, del Dio che ama gli uomini. Le nostre domande ora si accavalleranno.
Questo Dio chi è? Gesù ce lo mostrerà? Ci darà lui la salvezza di Dio? E la salvezza cos’è? Da che cosa o da chi possiamo essere salvati? Quali pericoli ci sovrastano? Come farà e cosa farà per salvarci? Userà anche la nostra volontà e le nostre energie per salvarci? Ci libererà dai pericoli del corpo che va verso la morte o anche da quelli dell’anima, che non muore? Avrà potere anche sui nemici del nostro spirito?”.

  

9 Abba Giosuè

Mentre Giosuè formulava le sue domande, altre ne sorgevano nel cuore e nella mente degli abba, delle amma, dei loro discepoli e dei giovani attenti. Ci sarà la risposta a tutti gli interrogativi che quel Nome porta con sé? Tutti erano sicuri che lo Spirito Santo illumina e ispira, soprattutto quando qualcuno si avvicina a colui che da lui è stato generato nel grembo di Maria. L’abba continuò: “Maria è la prima persona umana che ha udito il nome santissimo. Un angelo, anzi, lo stesso Gabriele, gliel’ha fatto udire (Lc1,30), mentre le dava l’ordine di pronunciarlo. Lo avrebbe dovuto pronunciare quando si sarebbe rivolta al figlio che stava per essere concepito in lei. «Gesù»! Lei sapeva che quel nome significa «Dio salva»”.

  

10 Abba Giosuè

L’abba alzò lo sguardo verso il cielo, e continuò: “Maria di Nazaret cominciò ad amare suo Figlio, un Figlio che aveva già il Nome prima di diventare carne. Amando il Nome amava il figlio, amando il figlio amava il Nome: «Dio salva»! E stupiva, recitando il salmo che nel bel mezzo dice: «A noi Dio porta la salvezza. Il nostro Dio è un Dio che salva» (Sal 68,20-21). Da quel giorno poteva dire: «A noi Dio porta Gesù. Il nostro Dio è Gesù!». Non si è neppure meravigliata quando Elisabetta esclamò: «A che cosa devo che venga a me la madre del mio Signore?» (Lc 1,43), cioè «la madre del mio Dio»? Era la verità, perché «Il nostro Dio è Gesù!».

  

11 Abba Giosuè

Le amma tenevano fisso lo sguardo sul volto di abba Giosuè e cominciavano ad amare ancor più il Nome santo. E lui proseguì: “Maria, pronunciando il Nome di suo Figlio, dava a tutti la possibilità di conoscere Dio: «Dio salva»! Infatti il nostro Dio non è un Dio che castiga, un Dio che condanna, un Dio da temere. Sei circondato dai nemici? «Dio salva». Sei caduto nella trappola della tentazione e ti trovi nel peccato? «Dio salva». Sei nel dubbio per qualche scelta? «Dio salva». In ognuna di queste situazioni si faceva presente il Nome «Gesù», e questo Nome portava suo Figlio”.

  

12 Abba Giosuè

Un discepolo si rivolse all’abba per confidargli una sua conquista: “Da quando tu hai detto che il nome «Gesù» significa «Dio salva», ogni volta che leggo nelle preghiere dei salmi la richiesta di salvezza a Dio, oppure il ringraziamento perché egli ha salvato il popolo o qualche persona da pericoli o da nemici, vedo sempre sullo sfondo il volto di Gesù! Gesù è sempre presente nella preghiera. È sempre davanti al nostro sguardo, dentro ogni invocazione, illumina ogni passo, perché ogni uomo ha sempre bisogno di essere salvato”. L’abba sorrise: “Grazie! Questo è vero. Ogni volta che udiamo o pronunciamo o desideriamo salvezza, Gesù è presente!”.

  

13 Abba Giosuè

Giosuè pareva estasiato, nessuno l’avrebbe fermato: “Oltre a Maria, anche a Giuseppe risuonò con voce angelica il Nome che già apparteneva ad un uomo, benché nascosto nel grembo della sua vergine sposa. Anche lui, falegname, ricevette un ordine che gli cambiava dal di dentro la vita e gliela fissava ormai in un ingranaggio divino: «Lo chiamerai Gesù». Questo Nome, fiorendo sulle sue labbra, lo avrebbe reso padre di «Dio salva». Sarebbe entrato anche lui nel mistero della presenza di Dio sulla terra, implicato nella vita degli uomini. Giuseppe, pronunciando quel Nome, avrebbe realizzato il disegno di Dio di far sì che quel figlio diventasse «figlio di Davide», portatore delle promesse eterne, realizzatore delle attese di Abramo, dei suoi discendenti, e delle famiglie dei popoli in lui benedette.

  

14 Abba Giosuè

L’umiltà riempì il cuore e illuminò il volto di Giuseppe! Lui, divenuto padre di «Dio salva», poteva essere tentato di sentirsi concorrente di Dio Padre? Il Figlio di Dio è la Parola di Dio, Parola fatta carne: lui, povero carpentiere, «figlio di Davide» sì, ma costretto a tenere nascosta questa sua identità, come si presenterà alla sua sposa e agli uomini del villaggio? Non pronuncerà parola, perché la sua non prenda il posto di quella del Padre di colui che sarà anche ritenuto suo figlio! Umiltà, umiltà vera, umiltà gioiosa dovrà coprire Giuseppe, e riempirlo di silenzio”.

  

15 Abba Giosuè

Prima che abba Giosuè potesse prendere fiato per continuare, un giovane lo prevenne: “Abba, dicci ancora qualcosa di Giuseppe, il santo sposo di Maria!”. Allora l’abba riprese: “Gli evangelisti non riferiscono parole uscite dalla bocca di Giuseppe. Egli era obbediente, lo sappiamo: pronunciava il Nome del figlio di Maria, da lui accolto perché fosse riconosciuto «figlio di Davide». L’unica parola, risuonata di certo con la sua voce, è il Nome: «Gesù»! Lo pronunciava per ubbidire all’angelo di Dio, quindi per vivere la fede e la carità. Lo chiamava per amarlo, per istruirlo, per averlo vicino a sé, per dargli occasioni di imparare ad ubbidire al Padre”.

  

16 Abba Giosuè

L’abba parlò ancora di Giuseppe, e disse: “L’umiltà tenne chiusa la bocca a Giuseppe, perché risuonasse soltanto la Parola da lui custodita e alimentata col sudore quotidiano e col pane guadagnato con le mani callose: «Gesù». Adoperava la voce per far risuonare questo Nome, ubbidendo all’angelo di Dio. Ubbidienza umile e umiltà obbediente sono necessarie per pronunciare il Nome rivelato dall’alto. Quel Nome è tutto, altre parole sarebbero suono vuoto e ormai inutile. Giuseppe, «uomo giusto», godeva del proprio silenzio come di grande pienezza!”.

  

17 Abba Giosuè

“Giuseppe amava il Nome consegnatogli dall’angelo. Egli percepiva che colui che lo portava, il figlio della sua sposa voluto da Dio, era l’amore più grande che avesse potuto ricevere dal Padre. E l’amore, che era Gesù, riempiva tutta la sua capacità di accogliere amore e di amare. Anche Maria amava Gesù, che sapeva essere la pienezza dell’amore del Padre per lei. Egli le riempiva il cuore, la bellezza del volto e la tenerezza del sorriso. Tutt’e due sapevano d’essere amati da Gesù, dono del Dio dell’amore. Il loro cuore era pieno, compiuto, soddisfatto: non avevano bisogno di niente altro. Maria e Giuseppe erano uniti da Gesù; tra loro c’era lui a formare e a fondere il loro amore reciproco. Si amavano l’un l’altro perché tutt’e due riempiti da Gesù, che irradiava dalla loro vita terrena, e la completava”.

  

18 Abba Giosuè

L’abba gioiva parlando dei genitori di colui di cui era innamorato: “L’amore, che Giuseppe e Maria ricevevano da Gesù e a lui donavano, bastava per loro: qualsiasi altra realtà, persino un affetto pregevole, lo avrebbe potuto incrinare. Maria apprezzava la verginità scelta da Giuseppe, e Giuseppe gradiva e godeva della verginità voluta da Maria. La propria verginità e quella del coniuge erano dono di Gesù, e divenivano dono a Gesù. Il Nome santo li univa, univa i loro cuori tanto da rendere l’unione dei loro corpi superflua, anzi, spiritualmente dannosa. Ricevevano come dono divino la castità, prima nella loro mente e nella loro volontà, quindi con gioia nella loro carne priva di egoismo”.

  

19 Abba Giosuè

Abba Francesco chiese: “Dicci ancora una parola, abba, sulla purezza dei corpi che è grande dono di Dio, vissuto con libertà e con gioia da Maria e Giuseppe”. L’abba si raccolse in silenzio per ricevere dall’Alto parole sante. Quindi disse: “Gli uomini ricevono da Dio il comando di essere fecondi e moltiplicarsi (Gen 1,28; 9,1.7). È quindi santa e benedetta l’unione dell’uomo con la donna. Quest’unione però soffre tentazione, non essendo libera dalla tendenza all’egoismo: c’è chi la vive infatti al di fuori dell’obbedienza a Dio. Maria e Giuseppe godevano della purezza piena e perfetta che il Padre donò loro quando accolsero «Dio salva» nella loro unione spirituale. Noi benediciamo Maria, liberata dal peccato, e Giuseppe, che lo ha superato con l’obbedienza e con la gioia del dono pieno di sé”. Molti dei presenti si raccolsero in preghiera.

  

20 Abba Giosuè

Giuseppe e Maria godevano per il fatto che persino il proprio corpo fosse estasiato da «Dio salva», dalla sua presenza accanto a loro e nel loro cuore: pronunciavano con tenerezza il suo Nome. Non rivelavano ad alcuno la sorgente della loro castità: nessuno infatti comprenderebbe, se non chi è piantato nel Regno, se non chi è innamorato di «Gesù». Chi è alla ricerca di un piacere sensuale storcerebbe il naso, perché non ancora dentro la vita santa in cui Giuseppe e Maria già si sapevano immersi e salvati”. L’abba s’avvide che le sue parole erano dono al cuore di molti sposi credenti.

  

21 Abba Giosuè

Giosuè aggiunse: “A Giuseppe fu rivelato dall’angelo il più intimo e vero significato del Nome che ormai cambiava tanto la sua vita da darle un nuovo destino, un nuovo significato, una nuova finalità. L’angelo, che non aveva peccato, gli disse: «Egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,21). Il falegname di Nazaret, quando pronunciava il Nome del figlio, diceva «Gesù», diceva «Dio salva»: lo diceva a tutti, perché tutti sono peccatori bisognosi di salvezza. La salvezza la riceveranno da lui. È vero che «Dio salva», cioè che Gesù è liberazione dalla vergogna, dalla stanchezza, dal peso e dallo sfinimento causato dai peccati”.

  

22 Abba Giosuè

L’abba con gioia diceva ancora: “Il popolo, grazie a quel Bambino, sarà liberato dalle catene che rendono prigionieri gli uomini, anzi, li fanno schiavi. Essi, purtroppo, per liberarsi dal peso e dagli effetti di un peccato, corrono a commetterne un altro. Ne seppe qualcosa proprio Davide, il re che, per vincere la vergogna dell’adulterio, pensò bene di cercare quella dell’omicidio. Giuseppe sa di essere suo «figlio», e sarà chiamato «figlio di Davide» pure Gesù. Questi libererà dai suoi gravi peccati anche il re peccatore, suo antenato, che sarà raggiunto dalla salvezza che quel suo figlio porta nel mondo”.

  

23 Abba Giosuè

Un’amma timidamente domandò: “Come potrà il Bambino, non ancora o appena nato, «salvare il suo popolo dai suoi peccati»?”. L’abba la ringraziò, e disse: “Giuseppe, dandogli il Nome, gli consegna la dignità e la missione di Re del Regno promesso da Dio tramite i profeti: il regno di Davide. Sarà il Regno di chi ubbidisce al Padre amando il Figlio, che ora Giuseppe custodisce, il Regno di coloro che sono salvati dal peccato. Quel Bambino si lascerà amare, e quelli che lo ameranno gusteranno la salvezza. Egli li amerà tutti, lasciandosi amare. Amando offrirà l’amore del Padre, lo offrirà sempre, anche a chi, non conoscendo l’amore, lo odierà. Ma chi accoglierà il suo amore sarà salvato, come il ladrone sulla croce”.

  

24 Abba Giosuè

“Chissà se Giuseppe comprendeva ciò che stava vivendo! Sapeva che un altro Giuseppe, il figlio di Giacobbe, aveva salvato il popolo dei suoi fratelli dalla fame, dalla carestia, dalla morte. Li aveva salvati con l’amore: amore gratuito, divino, donato a chi lo aveva venduto come schiavo, odiato, consegnato e poi dimenticato. Per salvare il popolo sarà venduto, odiato, consegnato anche l’ormai suo figlio «Gesù»? Egli accompagna Maria, la sposa, a casa propria con questi pensieri che lo riempiono di silenzio. Il Figlio, che chiamerà «Gesù», e Maria, sono ora un tutt’uno per lui. I pensieri e le immagini che nella sua mente circondano il Figlio avvolgono pure la sposa già Madre. Che mistero la salvezza!”. Chi ascoltava l’abba si volse all’icona della Vergine santa.

  

25 Abba Giosuè

Un abba attempato, Martino, godeva ascoltando abba Giosuè. Lo volle aiutare: “Salvare dai peccati è il compito di colui che porta il Nome santo «Gesù». I peccati sono le vittorie del re di questo mondo contro di noi, uomini deboli”. “Proprio così”, esclamò il nostro abba, e continuò: “Noi viviamo lo scontro dei due regni. Il regno del dio di questo mondo si oppone al Regno dei cieli. Non esiste un regno neutrale, una zona franca. Noi siamo o nell’uno o nell’altro. Il nostro peccato è la vittoria del re di questo mondo sulla nostra volontà, una vittoria che ci vuol sottomettere a lui, nemico giurato degli uomini amati da Dio: non vuole la nostra gioia. Ma chi riconosce d’essere stato sconfitto, di essere peccatore, e si umilia, e vuole ricevere l’amore del Padre e del Figlio suo Gesù, viene perdonato. Questo perdono è la vittoria di Gesù, «Dio salva», il Re del Regno che viene, Regno dei cieli!”.

  

26 Abba Giosuè

Un giovane disse all’abba: “Ogni re può contare su un esercito che combatte per lui. Su quale esercito potrà contare il Re del regno dei cieli? Avrà solo legioni di angeli?”. L’abba apprezzò la domanda, e rispose: “Gli angeli gli ubbidiscono certamente, ma per combattere tra gli uomini, il Re del regno dei cieli, che si è fatto uomo, adopererà soldati in carne ed ossa. Anche tu potrai combattere per lui. Egli ti rivestirà con l’armatura spirituale (Ef 6,11ss), e ti metterà in mano una spada di fuoco. Non combatterai contro uomini, ma contro gli angeli neri del nemico. Preparati alla lotta, indossando tutta l’armatura: corazza, scudo, elmo, cinturone, scarpe, cioè ubbidienza a Dio, fede, verità, volontà decisa di diffondere il vangelo, impugnando la Parola di Dio. Sperimenterai che il Re, il cui nome è «Gesù», è davvero «salvezza di Dio».

  

27 Abba Giosuè

“Abba, hai detto che «Gesù» significa che “Dio salva” in particolare dai peccati. Intendi dire da quelli già commessi o dalla volontà di commetterli?”, chiese ancora il giovane. E l’abba: “Il peccato è nostro nemico quando, una volta commesso, ci pesa sulla coscienza, ma anche quando attira a sé la nostra volontà. Quando cominci a sentire simpatia per il peccato, sei già conquistato da esso, ed esso già ti possiede e ti danneggia. Per questo Gesù disse che se guardi una donna per desiderarla, hai già commesso adulterio contro di lei. Gesù è salvatore sempre, ogni volta che preferisci lui ad ogni desiderio”. Il giovane ringraziò, rimanendo pensieroso.

 

28 Abba Giosuè

Un altro giovane intervenne: “Gesù sapeva che avrebbe salvato gli uomini dai peccati? L’angelo lo disse solo a Giuseppe, ma gli altri lo sapevano?”. L’abba guardò il volume delle Sacre Scritture, lo accarezzò, poi osservò: “Dio rivelò anche a Zaccaria, padre di Giovanni Battista, e poi a Simeone il suo segreto. Zaccaria infatti, disse che suo figlio, che era appena nato, avrebbe dato «al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati», cioè la conoscenza del salvatore che era in grembo a Maria! E Simeone, tenendo in braccio il Bambino, pregò Dio dicendo: «I miei occhi hanno visto la tua salvezza». E la salvezza è vera quando libera dal peccato, che è la radice di ogni male che colpisce l’umanità”. L’abba terminò, ma non aveva risposto a tutti gli interrogativi.

  

30 Abba Giosuè

Come c’entra Adamo?”, chiese il giovane desideroso di comprendere. L’abba lo fissò con simpatia: “Adamo? Quando si nascose, si sentì chiamare: «Dove sei?» (Gen 3,9); allora comprese che Dio lo voleva salvare sia dal peccato commesso che dalle sue conseguenze, a cominciare dalla paura. E quando Caino venne interpellato riguardo a suo fratello, noi stessi comprendiamo che Dio volle arrivare al suo cuore tramite il sangue di Abele. Gesù quindi conosceva la volontà di salvezza del Padre, e che la salvezza dal peccato sarebbe arrivata attraverso sangue versato (Gen 4,9). Gesù sapeva pure che era necessario che qualcuno realizzasse la profezia di Isacco, che qualcuno cioè si offrisse come agnello, e amasse i peccatori, come Giuseppe venduto amò i suoi fratelli”. L’abba respirò, prima di continuare.

  

31 Abba Giosuè

L’abba aggiunse: “Parlando con i dottori della Legge Gesù esaminava i disegni di Dio annunciati dai profeti. Dalla vita di Elia seppe che è necessario, nonostante tutti avessero peccato di idolatria, che qualcuno rimanga fedele a Dio, a costo di affrontare l’inimicizia mortale dei regnanti. La vita di Geremia profetizzava la stessa cosa. E Isaia diceva chiaramente, di colui che deve venire: «Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui» (Is 53,5). Gesù, dicendo ai genitori: «Io devo occuparmi delle cose del Padre mio», lasciava capire che non solo sapeva, ma che voleva offrirsi a realizzare la salvezza degli uomini nei modi previsti dall’amore del Padre, cioè ad essere «percosso da Dio e umiliato» e a venir «trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità» (Is 53,2.3)”.

  

32 Abba Giosuè

Gesù visse la sottomissione a Maria e Giuseppe a Nazaret come obbedienza al Padre suo, sempre intenzionato a salvare gli uomini attraverso di lui. Egli prese sul serio il proprio Nome! Appena arrivato a Cafarnao, vide alcuni uomini che avevano fede in lui, «Dio salva», e sapeva che questa salvezza era anzitutto il perdono: lo disse al paralitico deposto davanti a lui. Poi, passando per Gerico, vide Zaccheo, che ad ogni costo voleva incontrarlo con i propri occhi: cercava salvezza dai suoi molti peccati. Gesù fu per lui liberazione dall’avidità, dalle frodi commesse, dall’amore al denaro, salario del principe di questo mondo, arma che ferisce gli altri e uccide chi la possiede”. L’abba continuava ad accarezzare il Libro dei Libri.

  

33 Abba Giosuè

Il Nome di Gesù divenne realtà sul piazzale del tempio, sia per gli accusatori che per la donna da loro condannata (Gv 8,7). Era vera peccatrice, ed essi veri peccatori. Là Gesù si rivelò «Dio salva», impedendo che gli accusatori divenissero omicidi e che lei venisse uccisa. In questa occasione, egli manifestò la salvezza, oltre che come liberazione dalla morte, salario del peccato, anche proponendo se stesso come dono di Dio per lei, dicendole: «Non peccare più», cioè non allontanarti da quel Dio di cui hai visto il volto nel mio amore misericordioso. Gesù e il suo Nome sono tutt’uno!”.

  

34 Abba Giosuè

Abba Giosuè, tenendo la mano sul libro delle Scritture, rivolto a tutti continuò: “Ti sei mai soffermato sul Calvario? Ti hanno scandalizzato le parole rivolte a Gesù? Disprezzavano il suo Nome, dicendo: ‘Ti chiami «Dio salva» e non salvi te stesso?’. Lo gridavano i capi, lo ripetevano i soldati, e lo diceva uno dei due crocifissi con lui: «Salva te stesso». Era bestemmia! ‘Se «Dio salva», è Dio che salva, non io salvo me stesso’: «Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà», aveva detto proprio lui (Mt 16,25) in varie occasioni. Il termine salvezza viene usato oggi anche da chi lo intende come rifiuto della croce, quindi rifiuto di stare con Gesù. C’è chi lo usa come sinonimo della ricerca del piacere, del benessere del corpo, del rifiuto della missione che ci è affidata da Dio, e che a volte è faticosa. La parola salvare in questi casi è usata dal nemico per mandarci in perdizione”.

  

35 Abba Giosuè

Poi l’abba chiuse gli occhi per un momento, li alzò al cielo e disse: “Padre santo, ti adoriamo e ti glorifichiamo perché hai visto come siamo deboli, fragili, tanto da diventare spesso peccatori. Ti ringraziamo di aver mandato per noi Gesù. È lui che ci permette di riconoscerci debitori verso di te, ed è ancora lui che ci libera e ci salva riportandoci a te. Egli, accolto da noi, prende su di sé il nostro peccato, così tu non lo vedi più in noi, ma su di lui, affisso alla sua croce. Egli è la tua salvezza per noi, e il suo Spirito la tua santificazione. Come renderti grazie? Ti benediciamo, Padre nostro. Il Nome santo del tuo Figlio rimanga stampato sul nostro volto: tu lo vedrai e non ti dimenticherai di noi; rimanga impresso nel nostro cuore, così lo sentiremo noi per non dimenticarci di te”.

  

36 Abba Giosuè

Amma Fedeltà non aveva mai parlato. Dopo la preghiera dell’abba si sentì spinta a farlo: “Abba, Gesù significa «Dio salva»: e la Chiesa, che è il suo Corpo santo e vivo? La salvezza ci arriva anche da essa?”. Giosuè godette dell’inaspettata domanda. “Certo, la Chiesa è il Corpo di Cristo, e quindi quanto si dice di lui lo diciamo pure della sua Chiesa, perché egli ne è il Capo. È la Chiesa che ci dona la Parola e il Corpo del Salvatore. Per questo gli antichi Padri dicevano che la salvezza ci raggiunge attraverso la Chiesa, e che fuori di essa non la si trova. Nessuno fuori della Chiesa ci offre Gesù, il Salvatore. È vero che egli agisce in tutti gli uomini, e li attira alla sua Chiesa, ma solo essa ci può donare la carne del Corpo di Cristo che ci salva dal peccato”.

  

37 Abba Giosuè

E continuò: “Anche tutti i componenti della Chiesa devono essere salvati, perché tutti sono peccatori, eredi di Adamo e di Caino. Se della Chiesa guardiamo gli uomini, non comprendiamo come da essa possa venirci la salvezza: sono essi che ne hanno bisogno. Ma quando osserviamo e contempliamo il suo Capo, allora anche questo mistero s’illumina. Gesù è la salvezza che la Chiesa riceve, ed essa ci dona il Salvatore, l’unico Salvatore. Chi dice che la Chiesa ti salva e chi dice che essa non ti può salvare, dicono lo stesso mistero: unico Salvatore dal peccato è Gesù! Il suo Nome brilla nella Chiesa. Ogni ginocchio si piega davanti al suo Nome, nei cieli, sulla terra e sotto terra, anche le ginocchia della Chiesa, prima di tutti (Fil 2,10)”.

  

38 Abba Giosuè

Abba Filippo, per chiarire meglio la verità accennata, disse: “I santi Padri hanno predicato e scritto che «al di fuori della Chiesa non c’è salvezza». Ma oggi c’è chi afferma che c’è salvezza anche fuori della Chiesa. Forse i Padri avevano della salvezza e della Chiesa una visione diversa da quella che noi pensiamo”. Abba Giosuè si fece serio, e disse: “I Padri erano abituati a contemplare. Noi, come hai detto, pensiamo, cioè mettiamo i ragionamenti, spesso incompleti o inquinati, davanti a tutto. Dicendo «Dio salva», pronunciamo il Nome santo di Gesù, capo della Chiesa. Dicendo ‘Chiesa’, affermiamo che «Essa è il corpo di lui, la pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose» (Ef 1,23). Quale salvezza potrà arrivare all’uomo peccatore senza la Chiesa? Aldi fuori di lui non ci è dato altro salvatore”. Filippo fu soddisfatto da queste parole.

  

39 Abba Giosuè

Il nostro abba continuò: “Nella Chiesa tutti cantano le lodi del suo Capo, che è Agnello immolato, è Pastore, è custode, è lampada, è Principio ed è Compimento! Tutti godono di lui, perché il suo amore per tutti è arrivato a loro in modo meraviglioso e incomprensibile. La Chiesa vive di lui e sa che senza di lui non ci sarebbe vita degna di essere vissuta. Egli è morto perché la Chiesa potesse esistere, è risorto perché essa potesse portarlo a tutto il mondo. Non puoi contemplare Gesù senza vedere la Chiesa, non lo puoi amare senza amare la Chiesa, non lo puoi mangiare se la Chiesa non te lo porge. E ancora, non gli sai ubbidire se ignori che il servizio della sua autorità è ancora la Chiesa che te lo offre. Il Nome «Gesù» è inizio e fine della Chiesa, e della tua santità!”.

  

40 Abba Giosuè

Abba Giosuè riprese, lentamente: “Il nome di Gesù, sia per Giuseppe che per Maria, diventava preghiera, ed era la loro preghiera più frequente. Pronunciando il Nome, essi entravano in relazione con lui, e quindi con «Dio salva». Pregavano ogni volta che dicevano «Gesù», anche se lo chiamavano per dargli da mangiare o per metterlo a letto. Nei loro pensieri il nome «Gesù» era immancabile, quindi la loro preghiera era continua, senza sosta! Posso pure io imitare Maria e Giuseppe. Infatti la mia vita è stata fatta «per mezzo di lui e in vista di lui» (Col 1,16). Quando il Padre mi ha creato, voleva che io trovi la mia pienezza e la mia gioia in lui. Che grazia!”

  

41 Abba Giosuè

L’abba ebbe un sussulto, non pareva più sulla terra: “Il Nome «Gesù» è la preghiera più bella, non solo per Maria e per Giuseppe: essa riempie il cuore. Riempie il mio cuore quando lo pronuncio, e riempie il cuore del Padre quando la mia voce raggiunge il suo orecchio! Il Nome «Gesù» unisce il mio cuore di peccatore a quello di Dio: in questo Nome i nostri cuori si fondono, diventano tutt’uno, un unico amore che si riversa su tutti, sui vicini e sui lontani. Il Nome «Gesù» spezza le divisioni, ricupera i pezzi separati e unisce le varie parti del mondo. Illumina i volti bui dei peccatori preparandoli a ricevere il perdono. I volti dei santi li rende ancora più umili, miti e amabili, tanto da attirare su di loro lo sguardo e il desiderio di grandi e piccoli per imitarli!”.

  

42 Abba Giosuè

“Il Nome «Gesù», pronunciato con amore, è un grazie gradito al Padre che ce lo ha mandato, una lode al suo cuore, che non poteva concepire dono più bello. Noi lo conosciamo come Padre attraverso la vita del Figlio, vissuta tra Betlemme e il Calvario, attraverso i suoi passi mossi sui sentieri di questa terra che anche noi calpestiamo. Quando prego il Nome «Gesù», non so cosa succeda in cielo. So che qui sulla terra arriva serenità e pace, luce e forza, santità e gioia. Il Nome «Gesù» è preghiera senza distrazioni, senza controindicazioni e senza pericoli, è preghiera che non richiede concentrazione né luoghi silenziosi né tempi particolari. È la preghiera che riempie la vita e la storia dei santi e dei piccoli. Gesù! Gesù! Gesù!”. Il volto dell’abba divenne luminoso: tutti se ne accorsero.

  

43 Abba Giosuè

Giosuè continuò: “Il Nome «Gesù» pronunciato da Maria e da Giuseppe diventava anche la loro profezia. Parlando di lui, o chiamandolo, annunciavano la buona notizia che Dio è colui che salva gli uomini. Se qualcuno avesse pensato che Dio castiga, o che è attento a cogliere gli uomini in fallo, quel Nome gli avrebbe cambiato idea e avrebbe fatto sgorgare in lui la gioia. Chiunque pronuncia il Nome santo di Gesù fa un atto gradito al Padre, che da quel Nome viene fatto conoscere nella sua più profonda identità, quella di un Dio che ama gli uomini, e li cerca, ovunque si siano nascosti, per salvarli”.

  

44 Abba Giosuè

Il solito discepolo rischiava di disturbare con i suoi interventi: “Godo a sentir parlare di queste meraviglie semplici di Dio! Dicci ancora qualcosa, abba!”. E Giosuè: “Maria e Giuseppe, pronunciando il Nome «Gesù», facevano entrare nel buio del mondo la luce, la spargevano, la lasciavano risplendere. Con quel Nome annunciavano il mistero del Dio amante degli uomini che si è incarnato, e dell’uomo che è assunto in Dio. Essi, con il Nome «Gesù», portavano il Paradiso qui, vicino a noi, in casa e in tutti i luoghi, quelli del lavoro e quelli della preghiera”.

  

45 Abba Giosuè

Disse ancora Giosuè: “Con il Nome «Gesù», «Dio salva», Maria e Giuseppe lasciavano intuire che il Paradiso è arrivato qui in terra, che il cielo è aperto e non separa più l’umanità dalla divinità, il sacro dal profano, il santo dal peccatore. Tutto questo, e ancora di più, lo annunciamo anche noi quando pronunciamo il Nome benedetto di quel Bambino che cresceva adagio, che somigliava a tutti i suoi coetanei, tanto da dare anche lui ai suoi genitori preoccupazioni e consolazioni. Sia Maria che Giuseppe non potevano che tenere quel Nome avvolto dal silenzio delle altre parole”.

  

46 Abba Giosuè

Amma Federica pensosa, ad un certo momento proruppe: “Anche i pastori e i Magi a Betlemme conobbero il Nome santo del Bambino che stavano osservando. Che impressione avrà fatto a loro quel Nome?”. L’abba fu sorpreso dalla domanda, tuttavia non espresse alcuna meraviglia: “Quando i pastori furono davanti a Maria col Bambino, già conoscevano il significato del suo Nome. L’angelo infatti aveva annunciato loro: «Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore» (Lc 2,11). Non si stupirono perciò del Nome del Bambino che Maria ha rivelato loro. Benché la loro condizione materiale e sociale non fosse per nulla cambiata, quel Nome li fece tornare alle proprie pecore con la profonda gioia di essere graditi a Dio”.

  

47 Abba Giosuè

“Nemmeno i Magi si meravigliarono del Nome del Re che avevano a lungo desiderato incontrare. La stella che li precedeva e li guidava fece sperimentare loro una vita nuova: infatti «Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima» (Mt 2,10). Quella gioia era il frutto del Nome di quel Bambino: egli fu vera e profonda e inaspettata salvezza, che li trasse fuori dal vuoto e dalla tristezza che avevano sempre visto attorno a sé e sopportato dentro di sé”. Ad amma Federica pareva di odorare le mani di Maria, profumate dal contatto con l’incenso offertole dai Magi.

  

48 Abba Giosuè

Un’altra amma ricordò a tutti «l’uomo giusto e pio che aspettava la consolazione d'Israele». L’abba si espresse: “Anticipo di Paradiso fu per Simeone l’incontro con il bambino Gesù, nascosto nelle fasce da Maria. Giuseppe assisteva in silenzio e ascoltava con sorpresa le parole dell’anziano: «I miei occhi hanno visto la tua salvezza» (Lc 2,30). Lo sposo di Maria comprese così quelle parole: «I miei occhi hanno visto Gesù»! Quel Giusto gioioso si sapeva salvato. Tutte le lacrime versate per il suo popolo sparirono come bolle di sapone. Il Bambino era la risposta di Dio ai desideri di tutta la sua vita, che in quel momento giungeva a pienezza ed entrava nella dimensione dell’eternità”. L’abba godeva come Simeone e come Anna, l’ottantaquattrenne che, con la sua preghiera continua, rivelava il vero significato del tempio.

  

49 Abba Giosuè

Un altro discepolo non avrebbe voluto mettere in imbarazzo l’abba, ma poi ritenne importante sciogliere il proprio dubbio: “Abba, come mai Matteo, dopo averci riferito il comando dell’angelo a Giuseppe: «Tu lo chiamerai Gesù», ci ricorda la profezia di Isaia che dice: «A lui sarà dato il Nome di Emmanuele» (Mt 1,23)? L’angelo non conosceva il nome annunciato dal profeta, o Isaia s’era sbagliato?”. L’abba lo guardò stupito e in silenzio. Eravamo nel tempo pasquale. Chiamò un’amma, le sussurrò qualcosa; ella andò, e tornò con una ciotola piena di uova sode colorate. Egli ne prese una, la fece vedere a tutti e chiese al giovane: “Che cosa vedi?”. Quello rispose: “Un uovo colorato di verde”. L’abba ne prese un altro di color rosso e ripeté la domanda.

  

50 Abba Giosuè

L’abba, con l’uovo rosso in mano, disse ancora: “Preferisci l’uovo dal guscio verde o quello col guscio rosso?”. Il giovane di rimando: “Fa lo stesso, tanto io non mangio il guscio!”. Allora l’abba sorrise: “Proprio così. Tu non mangi il guscio, bensì ciò che il guscio nasconde. Il nutrimento è ciò che rimane nascosto. La stessa cosa vale per i nomi: non ti nutrono le lettere o i suoni di un nome, ma ciò che esso nasconde. Il Nome «Emmanuele» nasconde «Dio con noi» e «Gesù» nasconde «Dio salva». Che differenza c’è?”. Il giovane non sapeva che dire. Allora l’abba concluse: “Se «Dio è con noi», non temiamo nessuno e nulla, siamo salvi. Se «Dio salva», egli è impegnato nella nostra vita, è con noi. Il profeta e l’angelo non si sono contraddetti”.

 

51 Abba Giosuè

“Quando senti parlare di Dio, ti tocca pensare all’Emmanuele, a Gesù, perché Dio è sempre «con noi»! E ogni volta che odi la parola «salvezza» oppure «salvare», di nuovo sei costretto a guardare a Gesù, perché è lui «salvezza di Dio»”. L’abba era lieto: in lui cresceva l’amore a Gesù. E tutti erano sorpresi, senza parole, finchè amma Federica non disse: “È bello anche il mistero dei Nomi, bello proprio perché Gesù è il più bello dei figli dell’uomo” (Sal 44,3)! E amma Serafina volle intonare un canto: «Jesu, dulcis memoria». Si udì con dolce melodia: « Nil canitur suavius, Nil auditur iucundius. Nil cogitatur dulcius Quam Jesus Dei Filius». “Che cosa vuol dire, abba?”, chiese uno dei giovani. Rispose subito: “Nulla si canta di più soave, Nulla si ode di più gioioso, Nulla di più dolce si può pensare Che Gesù, Figlio di Dio”!

  

  

Detti dei padri del nuovo deserto 01 - 02 - 03 - Abba, Benedici!  -  Abba Bartolomeo (Padre nostro)

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