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Abba Bartolomeo

GesuOrtoR    

   

       

    

   

    

  Abba Bartolomeo

 

 La preghiera

    

  2022

    

  

*0* Abba Bartolomeo

Abba Bartolomeo era uomo di poche parole, ma gli bastavano per aiutare i suoi interlocutori a riflettere anche su realtà importanti. Gioiva del nome che gli era stato dato. Era quello dell’apostolo che, iniziando con la diffidenza, aveva terminato col manifestare una fede decisa nel Signore Gesù. Avrebbe voluto imitarlo, o meglio, avrebbe desiderato essere vero discepolo di Gesù, e anche, se possibile, aiutare le persone che incontrava a conoscere e amare colui di cui era stato detto: “Da Nazareth, può mai venire qualcosa di buono?”. Godiamo del racconto di incontri avuti con lui, incontri che possono aiutare nel cammino spirituale.

  

1 Abba Bartolomeo

Un giovane vide abba Bartolomeo tutto raccolto. Evidentemente stava pregando. Gli chiese a bruciapelo: “Abba, dimmi: a che serve pregare?”. L’abba gli rispose senza tentennare: “A me serve per convertirmi!”.

  

2 Abba Bartolomeo

Una donna udì la risposta dell’abba al giovane indiscreto. Era molto indaffarata e non sapeva come prendersi il tempo per pregare, benché percepisse che per un cristiano sarebbe necessario. Disse all’abba: “Abba, se la preghiera a te serve per convertirti, che ne sarà di me? A cosa serve a me pregare?”. L’abba notò che quella era una donna tuttofare, perciò le suggerì: “Pregare a te servirà a non lasciarti travolgere dalle preoccupazioni di Marta. Per te pregare sarà trovare il silenzio per ascoltare”!

  

3 Abba Bartolomeo

Il discepolo si rivolse all’abba e chiese con umiltà: “Perché, abba, quando qualcuno ti interroga, tu parli così poco? Tutti si aspettano qualche parola in più. La tua voce li aiuta”. L’abba lo guardò con tenerezza. Non avrebbe voluto rispondere con le parole, ma infine lo accontentò: “Non ti sei ancora accorto che «quando uno parla molto, trasmette poco»?”. Il discepolo non comprese e non osò fare altre domande, invece confidò la risposta ad un altro abba. Questi gli disse: “Completa così la frase del tuo abba: «Quando parli molto, trasmetti poco Spirito Santo»”. Il discepolo chinò il capo e ringraziò.

  

4 Abba Bartolomeo

Era facile vedere l’abba assorto. Dicevano tutti: “Sta pregando”, ma nessuno osava imitarlo. Un uomo gli disse: “Abba, insegnami a pregare”. Bartolomeo con prontezza gli sussurrò: “Ripeti: «Grazie». E poi ancora: «grazie». Diventerai preghiera”. Stupito, quell’uomo volle provare.

  

5 Abba Bartolomeo

L’uomo che, pregando, ripeteva “grazie” incontrò l’abba e gli disse: “Abba, è difficile dire sempre grazie. Spesso non riesco. Mi viene da chiedere a Dio di aiutarmi e di intervenire nelle mie preoccupazioni, e non ringraziarlo soltanto”. L’abba gli rispose: “Farai in modo che il tuo amore cresca e la tua fiducia aumenti”.

  

6 Abba Bartolomeo

Abba, quando riesco a ringraziare il Padre sono contento. Spero che anche lui sia contento di me”, disse colui che incontrava volentieri Bartolomeo. “Dio non dovrà essere contento di te. Tu sei sempre peccatore. Egli è contento di amarti”. E quello: “Grazie, abba. La mia preghiera può cambiare, o rimane sempre così?”. L’abba lo fissò, e disse: “Quando avrai ripetuto «Grazie», potrai aggiungere: «Eccomi»”. Si lasciarono in silenzio.

  

PADRE NOSTRO CHE SEI NEI CIELI

7 Abba Bartolomeo

Chissà perché, molti lo interrogavano riguardo al pregare. E lui ne godeva, e mai si rifiutava di rispondere. “Quando preghi, abba, cosa fai?”. “Dico: «Padre», e sto in pace”, rispose. Non aggiunse altro, perché così aveva imparato nientemeno che da Gesù.

  

8 Abba Bartolomeo

Dissero ad abba Bartolomeo: “Che cosa pensi quando, pregando, dici «Padre»? come te lo immagini?”. Li lasciò attendere, poi disse: “Cerco di non pensare, di non immaginarmi nulla. Provo solo ad essere contento del suo amore, e ad amarlo”. Non seppero cos’altro chiedergli.

  

9 Abba Bartolomeo

L’abba appariva triste. Due signore lo avvicinarono, pensando di consolarlo: “Abba, che sofferenza hai? Ti è successo qualcosa di male?”. L’abba le fissò in volto, sorrise, e disse: “Non vedo ancora il mio Dio. So che mi ama, so che mi sostiene, ma non mi mostra il suo volto. Lo tiene nascosto”. Le due donne non seppero che dire, e lui allora: “Non preoccupatevi. Gesù ci ha detto che il Padre nostro è nei cieli. È nascosto in un luogo sicuro”.

  

10 Abba Bartolomeo

“Padre nostro che sei nei cieli”: così ripeteva l’abba, e non proseguiva. Queste parole lo tennero occupato molto tempo. Passò vicino a lui amma Rita. Lui le disse: “Amma, quando tu guardi i cieli cosa vedi?”. Sorpresa, l’amma rispose: “Cosa dovrei vedere? Non vedo nulla. O meglio, a volte le nuvole, a volte l’azzurro, o lo sfrecciare di qualche uccello”. Sospirando, l’abba mormorò: “Proprio così. Sa nascondersi proprio bene il nostro Padre!”.

  

11 Abba Bartolomeo

Amma Rita tornò di proposito dall’abba. Era rimasta scossa: “Abba, tu mi hai detto che il nostro Padre si nasconde. Io lo vedo sempre quando guardo i fiori, le stelle, le montagne, e anche i bambini!”. L’abba la fece attendere. Poi rispose: “Quando ho avuto l’incidente, mentre soffrivo e non potevo far nulla, l’amore del Padre è rimasto nascosto per molto tempo. C’era, ma non lo vedevo. E quando morì la mamma di quei tre bambini che giocano laggiù, l’amore del Padre nessuno lo vedeva. Sapevamo che c’era, ma era nascosto. I cieli che nascondono il suo amore non sono solo quelli azzurri carichi di stelle, ma anche questi che ti ho detto”. Amma Rita rimase pensosa.

  

12 Abba Bartolomeo

“Padre nostro che sei nei cieli”: l’abba ripeteva volentieri queste parole, senza fretta e senza preoccuparsi di aggiungere altro. Sentiva che ogni parola era preziosa, anzi, ogni parola era una miniera di tesori. Tra sé e sé pensava: “Dicendo «Padre» ricordo mio papà. Si sentiva responsabile della mia vita, perché me l’aveva data. E ricordo la mamma, che la vita me la voleva rendere facile e felice. Dicendo «Padre» perciò sento un grande grazie, perché sia l’uno che l’altra erano ispirati da lui, mio vero Dio ricco di amore”.

  

13 Abba Bartolomeo

“Padre nostro che sei nei cieli”: quando l’abba prendeva fiato sentiva quel «nostro» come un mistero. “Perché non «mio»? Sarebbe più facile. Qualche volta quel «nostro» disturba, mi fa pensare come se per lui gli altri fossero più importanti di me!”. Al discepolo chiese: “Quando diciamo «nostro», siamo noi due?”. Il giovane voleva solo imparare dal suo abba, perciò tacque. “«Nostro, nostro, sempre nostro: qui sono compresi anche i nonni e i bisnonni, i vicini di cella e quelli lontani, i sazi e gli affamati, gli oppressi e gli oppressori. È proprio un mistero quel nostro!”.

  

14 Abba Bartolomeo

“Padre nostro che sei nei cieli”: il mistero di quel «nostro» era impegnativo. “Chi c’era quando Gesù ha suggerito queste parole? A chi pensava? Solo ai discepoli? Quelli che oggi s’ammucchiano nelle chiese?”. Abba Bartolomeo volle sentire il suo vicino di cella, ma questi appesantì il mistero: “Potrebbero essere intesi quelli che riuscivano a chiamare Dio «Padre», cioè i discepoli di Gesù. Ma potrebbero essere anche tutti quelli che il Padre desidera siano suoi figli”. Allora Bartolomeo concluse: “Tutti i figli di Eva, sia Abele che Caino?”.

  

15 Abba Bartolomeo

“Padre nostro che sei nei cieli”: abba Bartolomeo continuava a rimuginare. Amava il Padre, godeva di stare con lui, ma capiva pure che i propri pensieri avevano bisogno di conversione. “Sì, perché”, diceva, “pregare è fare passi per entrare nel ‘cuore’ del Padre, un cuore diverso dal mio. Come farò? Chiedo a lui che mi conceda questa grazia, così arriverò ad amare con misericordia tutti, non solo Abele, anche Caino”. E la gioia arrivò nel suo cuore.

  

16 Abba Bartolomeo

La gioia, arrivata insieme con il pensiero di poter amare tutti, sprizzava in ogni dove nel cuore dell’abba, tanto che, senza accorgersi, iniziò a esprimersi: “Padre mio, Padre santo, Padre misericordioso, Padre di Gesù, Padre bello, sono contento di te. Anche se io fossi come Caino, tu non avresti che amore per me. Io sono davvero come Caino, e non me ne accorgo, e tu continui ad essere Padre che non fa preferenze tra i figli. Padre luminoso, sarò capace di lodarti, come ti lodano gli uccelli che abitano il cielo? Sarò in grado di vivere l’amore che mi doni, come lo vive il bambino che cerca la mamma, anche se da lei è stato castigato? Come faccio ad amarti? Posso solo imitarti, donando un briciolo del tuo amore alle creature che incontro e a quelle che passano. Mi darai tu la grazia di riuscirci già oggi? Metterai tu nella mia volontà e nella mia mente la libertà di dare amore a chi pare non lo meriti?”. E abba Bartolomeo avrebbe continuato ancora, se non fosse stato interrotto da chi gli chiese un servizio.

  

17 Abba Bartolomeo

L’abba sapeva che ogni parola, anzi, ogni sillaba pronunciata da Gesù è una miniera dove sono presenti tesori preziosi. Proprio lui, il Signore, ha messo accanto alla Parola «Padre» l’aggettivo «nostro». E sapeva perché lo ha messo. Per entrare nella miniera occorre tempo e pazienza e attenzione. Finalmente l’abba rivelò al discepolo ciò che è arrivato a scoprire: “Sai, quando dico «Padre nostro» capisco che la mia vita non è solo per me. Se il Padre è nostro, la vita che lui mi ha dato non è destinata a me, ma a noi. Io non sono mio. Non posso disporre di me soltanto io, ma anche tu puoi disporre di me”. Ringraziò il Padre e chiese proprio a lui uno spirito generoso.

  

18 Abba Bartolomeo

Io non sono mio” ripeteva l’abba. Sapeva che è necessario ricordarlo spesso, perché le tentazioni d’egoismo sono molte. Glielo disse anche amma Paola: “Abba, vedi quanto male? Ci sono i superbi, i potenti e i ricchi (Lc 1,51-53), tutti specializzati ad opprimere poveri e piccoli. Come mai la nostra Madre, quando appare a persone semplici nella Chiesa, non ci dice cosa fare, se non solo pregare?”. L’abba sospirò: “Io non sono mio. Maria sa che non sono quelli il nemico da vincere; noi non possiamo ribellarci, ed essi non si lasciano convertire. Il nemico da vincere è Beelzebul, Satana, che si fa chiamare col bel nome di Lucifero: è lui che ha afferrato coi suoi artigli superbi potenti e ricchi. Il Signore e Padre nostro ascolta la preghiera umile di chi ha il cuore contrito. Noi preghiamo con gioia, perché saremo ascoltati. Io non sono mio, sono suo!”. E l’amma: “Allora, abba, continuerai ad insegnarci a pregare?”.

  

19 Abba Bartolomeo

L’abba alzava lo sguardo, lo fissava nel cielo, come alla ricerca di qualcosa, o, meglio, di qualcuno: “che sei nei cieli”! E diceva tra sé e sé, anzi no, raggiungeva il Padre nascosto e gli diceva: “Tu sei là. Se io non ti vedo, è forse perché non sei nei cieli sereni pieni di sole? Ti farai vedere meglio nei cieli nuvolosi o bagnati? Oppure è più facile incontrarti nei cieli stellati, anche se tenebrosi?”. Non ebbe risposta.

  

20 Abba Bartolomeo

Abba”, disse un uomo incerto, “qui sopra la tua cella c’è un cielo come quello che sta sopra la mia città, e somiglia a quello che copre il villaggio dov’è nata mia moglie. A quale di essi devo pensare, quando dico «che sei nei cieli»?”. L’abba sorrise amabilmente, e poi: “Tu non pensare. Lascia che pensi lui, colui a cui tu parli. Lui sa, e ti vede da tutt’e tre quei cieli benedetti”. Un sospiro di sollievo uscì dal petto di quell’uomo. Questa risposta gli serviva anche per rispondere ad altre domande che non riusciva a formulare.

  

21 Abba Bartolomeo

Chi visitava abba Bartolomeo aveva l’impressione che pregare fosse un lavoro importante e attraente. A volte è impegnativo e faticoso scoprire Dio nascosto nei cieli. Ma l’abba diceva: “Pregare è un gioco. Quando prego io gioco a nascondino con mio Padre. Egli si nasconde, e io lo cerco finchè non vedo spuntare da qualche parte il suo braccio o un lembo della sua veste. Il gioco lo vinco sempre io!”.

  

22 Abba Bartolomeo

Sentendo parlare di gioco, un bambino si fece attento ed esclamò: “Abba, allora tu sei più bravo di Dio!”. L’abba lo guardò con tenerezza e gli rispose: “Lui si comporta come tuo papà. Quando giochi col papà ti lascia vincere quasi sempre. Tu non sei migliore di lui, ma lui ti lascia vincere perché il suo amore è più grande. Così il nostro Dio mi lascia credere che io sono capace, ma è lui che è umile, perché impari anche questo”. Il piccolo fu soddisfatto e invitò l’abba a giocare a nascondino con lui. Chi vincerà?

  

23 Abba Bartolomeo

Un altro giorno il bambino vide l’abba e, con la sua semplicità, lo interrogò: “Abba, mi hanno detto che il tuo mestiere è pregare. Cosa vuol dire pregare?”. L’abba fu sorpreso dalla domanda così precisa del bimbo, e non volle deluderlo: “Pregare è entrare con Gesù nel cuore del Padre”. Il piccolo fu soddisfatto.

  

24 Abba Bartolomeo

Il bambino curioso volle dire la sua all’abba: “Sai, io quando prego chiedo a Dio, ma non so chi è, gli chiedo le cose che mi servono e quelle che servono alla mamma e al papà e alle mie sorelle. Ne chiedi anche tu?”. L’abba sorrise: “Io so chi è colui che ascolta la mia preghiera. E lui sa cosa mi serve, come tua mamma sa quali vestiti adoperi, e li cerca nell’armadio per darteli, anche se tu non glieli domandi. Allo stesso modo non occorre che io chieda nulla al nostro Padre”. Il bambino rimase pensoso, e sbottò: “Allora io devo ancora imparare a pregare”. E si allontanò per giocare.

  

25 Abba Bartolomeo

Il bambino che desiderava imparare a pregare tornò dall’abba. Appena lo vide gli disse: “Abba, io ti ho chiesto se tu chiedi le cose a Dio, e tu mi hai risposto che non chiedi nulla al Padre. Dio e il Padre sono la stessa cosa?”. L’abba si meravigliò dell’attenzione del suo piccolo interlocutore. Gli disse: “Dio e il Padre non sono la stessa cosa, ma la stessa persona. Chi lo chiama Dio immagina una nebbia, e non lo vede. Io lo chiamo Padre, come Gesù, che sapeva che c’è di mezzo l’amore. La parola Padre rivela l’amore. Dicendo «Padre» è come dicessi: «Tu, o Dio, mi ami come un papà e come una mamma, e desideri il mio amore. Io te lo dono». Stavolta il bambino rimase assorto.

  

26 Abba Bartolomeo

Il bambino non si staccava dall’abba. Lo fissava in volto in silenzio. Dopo un bel momento gli disse: “Abba, sai che quando preghi sei bello?”. Sorrise abba Bartolomeo e avrebbe voluto dirgli: “Dillo a coloro che si colorano e si tingono per apparire belli”, ma si trattenne. Gli disse invece: “Anche a te succederà che, quando pregherai, il tuo volto s’illuminerà. Pregherai sempre, e non diventerai mai brutto!”. La gioia dipinse il volto del bambino.

  

27 Abba Bartolomeo

Quando abba Bartolomeo diceva “Padre” aveva la sensazione di diventare piccolo, un vero bambino. E così quella tentazione di paura che al pensiero di Dio fa tremare le ossa di chiunque, svaniva. Egli diceva alla propria anima: “Se lui è Padre, io sono figlio. Lui è grande e io piccolo, e ci sto sulle sue braccia. Lui mi ama e io imparo”. Chi lo avvicinava aveva l’impressione di trovarsi accanto ad una mamma.

  

28 Abba Bartolomeo

Il bambino che aveva ammirato l’abba in preghiera, tornò: “Abba, mi hanno detto che Dio è il creatore del mondo. Lo sapevi tu?”. La domanda era importante. Doveva esserlo anche la risposta: “Sì, lo sapevo. Dio è il creatore del mondo, ma siccome è Padre, Gesù ha detto che è «Signore del cielo e della terra». Sai la differenza?”. Il bambino, candidamente: “No, spiegamela tu”. E l’abba: “Il ‘creatore’ potrebbe abbandonare ciò che ha creato, come hai fatto tu con il tuo disegno colorato, che hai buttato. Alcuni dicono che Dio fa così. Invece, se colui che ha creato è Padre, egli non abbandona le sue creature, mai, perché le ama. Gesù ha detto che Dio è Signore, perché con il suo amore custodisce e sostiene tutto”. Il bambino ascoltava.

  

29 Abba Bartolomeo

Il bambino era ancora là, in attesa. Allora l’abba: “Attraverso le cose che il Padre, Dio, ha creato, noi possiamo vedere qualche raggio della sua bellezza, della sua luce, del suo amore, della sua sapienza, e così arriviamo a conoscerlo”. “Ho capito: è per questo che quando vedo le montagne, i colori degli alberi e dei fiori, o il mare e le conchiglie, io penso a Dio”, disse con stupore il bambino.

  

30 Abba Bartolomeo

Diceva l’abba: “Quando penso che il Padre è nei cieli, mi viene da alzare lo sguardo. Ma poi mi ricordo che non sono quelli i cieli da guardare”. Una ragazza, che ascoltava, chiese: “Abba, quanti cieli ci sono?”.Quelli veri sono quelli dove risplende l’amore del Padre. Dove c’è amore che costa, dove viene vissuta la fatica di amare senza ricevere un grazie, dove l’amore si nasconde, quelli sono cieli sicuri”. La ragazza non capì del tutto, ma cominciò a riflettere seriamente e a desiderare di imparare ad amare. Comprese che il vero amore non è improvvisato e non può essere intermittente.

  

31 Abba Bartolomeo

L’abba ripeteva sommessamente: “Padre nostro…” e continuava a ripeterlo con pace. Il discepolo chiese: “È più importante la parola «Padre» o la parola «nostro» nella tua preghiera?”. “Perché me lo chiedi?”, rispose l’abba. “Ci sono degli abba che parlano sempre di amore agli altri, di impegno di carità, di impegni sociali. In tal modo pare diano tutta l’importanza al «nostro». Non ti pare che si debba dare maggiore importanza alla parola «Padre»?”. Bartolomeo sospirò: “Certamente. Prima la fede, poi la carità. La fede è la radice della carità. Se non riceve alimento dalla fede, la carità dura poco, si esaurisce. Prima conosciamo il Padre e impostiamo il nostro rapporto con lui, poi di conseguenza viene l’amore verso il prossimo, che sarà gratuito e fedele e ininterrotto come quello del Padre”. Il discepolo ringraziò il suo abba, e ricordò la Parola di Gesù: «Il Figlio dell’uomo, troverà la fede sulla terra?».

  

32 Abba Bartolomeo

Due amma vennero da Bartolomeo, e una gli disse: “Abba, tra noi è sorta una discussione. Ci rivolgiamo a te perché ci aiuti a trovare il vero. È più importante la fede o la carità?”. L’altra amma disse con forza: “I santi dicono che alla fine saremo giudicati sull’amore, perciò più importante è la carità. E anche San Paolo dice: «La più grande di tutte è la carità!»”. Dato che l’abba rimaneva in silenzio, la prima sbottò: “Non ci dici nulla? Sei d’accordo con lei?”. Bartolomeo aprì la sua bocca con dolcezza: “Certo, sono d’accordo con San Paolo e con i santi. Ma dico anche che l’amore vero, quello che riceviamo da Dio Padre, nasce e cresce ed è alimentato dalla fede pura e santa. Quando preghiamo, prima diciamo: «Padre», poi: «nostro»! Prima fissiamo il volto di Dio, poi vediamo la sua luce riflessa sul volto dei fratelli, prima ci piantiamo nella fede, e da essa nasce la carità”. Le due amma rimasero in silenzio, un silenzio che profumava di fede e di carità.

  

33 Abba Bartolomeo

Udivano ancora le due amma quando l’abba sussurrò: “Gesù visse la carità più profonda e più alta sulla croce, quando offrì la vita per noi. L’offrì al Padre, dicendogli: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Non ci avrebbe amato così tanto se la sua fede non fosse stata vissuta pienamente. Là, sulla croce, fede e carità sono tutt’uno, non si distinguono, nessuno le separa”. Poi tacque. Il volto delle amma si rasserenò, e una disse all’altra: “Anche quando noi soffriamo per amore del Signore, fede e carità si rincorrono e si mescolano meravigliosamente”. Perdonami, sorella, per la mia discussione. Volevo aver ragione su di te, segno che non ti amavo e non credevo!”, rispose la seconda. E l’abba aggiunse: “Dalla fede e dalla carità di Gesù sgorgava la speranza, la sua e la nostra!”.

  

34 Abba Bartolomeo

Ripeteva: “Padre nostro…”, e ancora “Padre nostro che sei nei cieli”. Le amma riconciliate e il discepolo ascoltavano stupiti la preghiera dell’abba. Dal tono della sua voce entrava in loro, nel cuore e in tutte le ossa, pace e serenità e un grande desiderio di vedere il volto di quel Padre che vede soltanto uomini da amare: li ama con la tenerezza di una donna e con la fermezza e la fedeltà d’un uomo. Il suo amore è una luce che dà colore a tutti i volti, li rende amabili e familiari. Quella preghiera era un invito a contemplare, a chiudere la bocca e fermare i pensieri, nell’attesa di una voce che viene dall’alto per accarezzare e ristorare: “Padre nostro…”.

  

SIA SANTIFICATO IL TUO NOME

  

35 Abba Bartolomeo

Aveva seguito tutti i dialoghi, pertanto, da vero discepolo aperto e attento, di interrogò ancora l’abba: “Abba, dopo aver detto «Padre nostro che sei nei cieli», Gesù ha continuato con altre parole. Tu non continui?”. Rispose Bartolomeo: “Sì, continuo, voglio essergli obbediente. Voglio infatti che anche in me avvenga il trapianto dei desideri”. Il discepolo sgranò gli occhi. L’abba continuò: “I miei desideri, malati e inefficaci, dovranno essere sostituiti da quelli santi e fruttuosi di Dio, mio Padre”.

  

36 Abba Bartolomeo

Dubbioso, il discepolo di abba Bartolomeo riprese: “Che cosa intendi dicendo che i tuoi desideri devono essere sostituiti? Non sono belli i tuoi desideri?”. L’abba raccolse una bella pietra e la pose sulla mano del discepolo. Questi lo guardò in modo interrogativo. L’abba mormorò: “Questa pietra sono i miei desideri, desideri d’uomo. Tu non avresti preferito un buon pezzo di pane? I desideri di Dio Padre sono pane che sazia e nutre. La pietra… non ti serve, non ti fa crescere”. Il discepolo si azzardò a chiedere: “Quali sono i desideri del Padre?”. L’abba: “Sono quelli che Gesù ci fa dire continuando la preghiera. Il primo è «Sia santificato il tuo nome», un desiderio che prepara gli altri”. Tra quelli che ascoltavano con attenzione c’era anche amma Lidia.

  

37 Abba Bartolomeo

Amma Lidia interruppe l’abba: “Questo volevo chiederti, abba: cosa significa «santificare», e qual è «il nome» del Padre?”. L’abba allargò le braccia, e le tenne così stese, come si dice abbia fatto Mosè sul monte. “Amma, mi fai domande serie e impegnative. È necessario ricorrere alla Parola di Dio, interrogare le Sacre Scritture”. Abbassò le braccia e le pose sul libro. “Il nome? Il tuo è Lidia. Quando ti trovi in un gruppo di persone e odi una voce che dice “Lidia”, tu ti giri per scorgere colui che ti chiama. Quando uno cerca la tua attenzione o il tuo aiuto, si serve del tuo nome. Il nome è la parola che tra molte persone ne individua una”. “Ho capito, forse”, rispose Lidia, e aggiunse: “Anche Dio è uno tra molte divinità che gli uomini ritengono esistano, e ci vuole un nome per indicarlo”.

  

38 Abba Bartolomeo

L’abba vide che amma Lidia seguiva il suo pensiero. Allora continuò: “Per individuare Dio Padre tra molte divinità servite dagli uomini, ti pare sia sufficiente una parola, quelle alcune lettere che formano un nome? Dio stesso non ha forse detto a Mosè che il suo nome è «Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe?». Gli disse cioè che non lo conosciamo con una parola, bensì con la vita di alcune persone da lui amate e a lui obbedienti. Per conoscere Dio, guarderai come lo ha manifestato l’obbedienza della fede dei tre Patriarchi. Quello è il Dio del roveto che arde senza bruciare, il Dio che vuole occuparsi della schiavitù dei discendenti di Giacobbe, per benedire tramite loro tutte le famiglie dei popoli, il Dio che si manifesterà come Padre”. Amma Lidia mangiava le parole dell’abba.

  

39 Abba Bartolomeo

Amma Lidia s’avvide che quanto l’abba diceva era importante per lei: “Dimmi, abba, se ho capito bene: non è necessario né utile avere una parola come nome per individuare il nostro Dio. Sarebbe un nome vuoto. Non possiamo pensare a lui se non con la concretezza di uomini a lui obbedienti. Dopo Abramo, Isacco e Giacobbe è venuto Gesù, che ha desiderato, cercato e vissuto fino alla fine la volontà d’amore del Padre nostro. Potremmo dire che la vita o la persona di Gesù è il vero nome di Dio?”. L’abba esclamò, allargando ancora le sue braccia sottili: “Alleluia, benedetto sia il Padre del nostro Signore Gesù Cristo!”.

  

40 Abba Bartolomeo

Ad amma Lidia parve utile continuare il dialogo con abba Bartolomeo. Disse: “Quando Maria Maddalena aveva ancora gli occhi umidi di pianto, Gesù la mandò dai discepoli dicendo: «Va’ dai miei fratelli e dì loro: Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro» (Gv 20,17). Non ha detto ‘Salgo al Dio di Abramo’, ma «al Padre mio e Padre vostro». Può avere un significato?”. L’abba l’ammirò, e rispose: “Certo, amma. Come hai già detto tu, dopo la risurrezione del Signore, chi vuol conoscere Dio non si riferisce ad Abramo, Isacco e Giacobbe, ma al Figlio di Dio, venuto apposta a rivelare il Padre. E si riferirà pure ai suoi apostoli. Da qui comprendiamo quanto sia grande e seria la nostra missione nel mondo! Siamo noi che con la nostra vita obbediente riveliamo agli uomini il volto e l’amore del Padre”. Allora amma Lidia chinò il capo: “Come dovrebbe essere santa la Chiesa!”.

   

41 Abba Bartolomeo

Aveva una domanda anche amma Rita: “Se noi conosciamo Dio tramite Gesù, potremmo dire che il vero nome di Dio è la persona di Gesù?”. L’abba alzò lo sguardo al cielo: “È proprio quanto ha detto amma Lidia. Potremmo dirlo con sicurezza e con gioia. Quando parliamo di Dio infatti facciamo sempre riferimento al Figlio suo, a Gesù. Senza di lui non sapremmo nulla del Padre nostro e senza di lui non potemmo amarlo”. Allora amma Rita riprese: “Gesù è il Santo di Dio (Gv 6,69), come ha detto Pietro. Come mai si dice di santificarlo?”. Bartolomeo disse a bassa voce: “Sia santificato il tuo nome”.

  

42 Abba Bartolomeo

Amma Rita con un sussulto intervenne: “Abba, se è la nostra vita, con la nostra obbedienza, che rivela il nome di Dio, allora santificare il nome del Padre è una cosa che riguarda noi, la nostra trasformazione e la nostra conversione!”. Bartolomeo riprese: “Tutta la preghiera è utile e necessaria a noi, non a Dio. Lui non ne ha bisogno. Siamo noi poveri e deboli, peccatori, smarriti e squilibrati, che abbiamo bisogno di cambiamento. Dire che il Padre santifica il suo nome, significa che lui modella la nostra vita in modo che diventi rivelazione della santità del suo amore”. Tutte le amma presenti si fecero pensose, e anche i discepoli. Cominciarono a intuire che la preghiera è davvero necessaria agli uomini e alle donne di ogni età, è necessaria per convertirsi.

  

43 Abba Bartolomeo

Sia santificato il tuo nome… Il tuo nome…”, diceva adagio l’abba. Lo udì abba Stefano, con ammirazione. E gli confidò: “Abba, mi pare di ricordare che un profeta ripeteva che Dio stesso voleva santificare il suo nome. Come avrà fatto?”. Come risvegliandosi, Bartolomeo rispose: “Proprio questo. È il grande profeta Ezechiele che insiste nel ripeterci il grande desiderio di Dio: «Santificherò il mio nome grande profanato fra le nazioni, profanato da voi in mezzo a loro» (36,23). E diceva anche come Dio avrebbe agito per santificare il proprio nome!”. Stefano sedette per ascoltare ancora.

  

44 Abba Bartolomeo

L’abba continuò: “Per santificare il proprio nome, il nostro Padre, Dio, doveva procedere a tappe, tutte impegnative. Non pensava a se stesso, perché egli non ha bisogno di nulla. Pensava al suo popolo, disperso tra i popoli pagani. Infatti senza accorgersene, gli ebrei ne avevano assimilato le abitudini idolatriche. In tal modo aumentavano per loro le sofferenze tipiche di chi s’abbandona a tutti i vizi supportati dagli idoli. La loro vita quindi non testimoniava la bellezza e la novità del Dio dell’amore e della pace. Non erano più popolo, perché dispersi nella grande Mesopotamia, e vivevano come tutti gli altri. Il loro Dio non poteva essere conosciuto: non c’era chi vivesse in modo da farlo conoscere. Per di più, se qualcuno di loro avesse parlato di lui, se ne sarebbero beffati tutti, dicendo: ‘Basta guardarvi, voi, che siete suoi: siete come noi, se non peggio’!”. Abba Stefano non si distraeva.

  

45 Abba Bartolomeo

Stefano desiderava continuare: “Abba, prima hai detto che Dio doveva procedere a tappe per santificare il suo nome. Quali sono le tappe?”. L’abba non si scompose: “Pazienza, fratello. Le azioni che Dio deve compiere per santificare il suo nome sono finalizzate a rendere degna di lui la vita del suo popolo. Chi incontrava quel popolo avrebbe dovuto poter dire: guarda come il loro Dio li fa vivere saggiamente, guarda l’ordine che il loro Dio insegna loro! Anzi, ancor più: guarda come si amano! Il loro Dio avrebbe dovuto essere conosciuto non solo come intelligente, ma anche sapiente, buono, ricco di misericordia e di amore”. E Stefano: “È difficile formare un popolo che viva una vita talmente saggia da essere attraente!”.

  

46 Abba Bartolomeo

L’abba s’infervorò: “La prima tappa del progetto di Dio prevedeva di «riunire i dispersi», cioè fare in modo che gli ebrei vivessero gli uni vicini agli altri, altrimenti non avrebbero formato un popolo”. Stefano s’illuminò: “Così dev’essere anche oggi. Se i cristiani sono sparsi e non si radunano, non riescono a testimoniare l’amore gli uni per gli altri”. Bartolomeo completò: “Per santificare il nome del Padre, Gesù ha riunito i suoi discepoli per formare la Chiesa. Ha cominciato con i Dodici apostoli e le donne che li servivano, realizzando quanto ha scritto il profeta: «Vi prenderò dalle nazioni, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo» (Ez 36,24)”.

  

47 Abba Bartolomeo

Abba Stefano sfogliava il libro santo. Si fermò: “Per santificare il nome del Padre i cristiani si riuniscono regolarmente. Ecco, proprio questo è scritto qui, nella lettera agli Ebrei: «Non disertiamo le nostre riunioni, come alcuni hanno l'abitudine di fare» (Eb 10,25)”. Bartolomeo approvò: “Già Luca nel suo secondo libro ha raccontato che lo Spirito Santo scendeva su discepoli riuniti, perseveranti nella preghiera e nella comunione fraterna. La Chiesa è come il fuoco di un falò, che arde da tutti i legni, quando sono uniti. Se uno di essi viene staccato dagli altri, si spegne”.

  

48 Abba Bartolomeo

E continuava spiegando: “Dio ha detto: «Vi radunerò da ogni terra». Quando saranno riuniti, i fedeli avranno luce per riconoscere i propri errori e forza per correggerli. Infatti la seconda mossa che Dio realizza è questa: «Io vi purificherò da tutte le vostre impurità e da tutti i vostri idoli»”. A Stefano venne da dire: “Questa sarà dura! Non è subito fatto. Lo vedo per me, com’è difficile abbandonare le abitudini egoistiche, che sono facili e piacevoli. Però è anche necessario: non si riesce a vivere insieme come fratelli quando si cede a vizi che fanno peccare e fanno soffrire gli altri”: Bartolomeo approvò con serietà.

  

49 Abba Bartolomeo

L’abba disse: “La purificazione del popolo non sarà automatica. Dio non la realizzerà senza la partecipazione degli uomini. Questi impegneranno la propria volontà, una volontà illuminata dalla Parola del Signore, in particolare dai comandamenti”. Un discepolo era attento, e intervenne: “Conoscere i comandamenti e osservarli è importante, perché Gesù, a quel tale che desiderava la vita eterna, chiese se conosceva i dieci comandamenti”. L’abba gli disse: “Proprio così. Per essere purificato e così divenire strumento della santificazione del nome del Padre, il popolo, e ora la Chiesa, vive con gioia e generosità le dieci Parole”. Fecero il segno di croce come benedizione per una vita obbediente. 

  

50 Abba Bartolomeo

Per essere purificati, gli uomini, appena si accorgono del proprio peccato, chiedono perdono”, aggiunse il discepolo. “Sì, è il perdono di Dio che purifica e salva”, commentò l’abba. Un altro discepolo si fece coraggio: “Come si fa a chiedere perdono?”. L’abba sospirò: “Il figlio prodigo non ha chiesto a nessuno come fare a domandar perdono a suo padre. Non chiederlo nemmeno tu. C’è chi lo fa con parole umili, ma c’è anche chi lo fa con le opere, opere di carità autentica, che testimoniano una conversione avvenuta”. Il primo discepolo ribatté: “Quando uno ama gli altri gratuitamente e con misericordia, è già perdonato: infatti il suo amore viene dallo Spirito che Dio gli dona! E poi viene reso saldo e pubblico dal perdono della Chiesa”. L’abba concluse: “E il Padre ci perdona perché ricorda le promesse che ha pronunciato: promesse d’amore incondizionato”. E il cuore contrito di un uomo umiliato è aperto a ricevere il perdono: lo può chiedere senza timore anche per i delitti più pesanti”. Tutti guardavano il crocifisso sulla parete.

51 Abba Bartolomeo

Era presente, silenzioso, abba Paolo. Intervenne anche lui: “Quando siamo stati battezzati, prima di professare la fede della Chiesa santa, abbiamo rinunciato a Satana e ai suoi metodi. È anche questo un momento di purificazione necessario?”. Rispose abba Bartolomeo: “Certamente. A meno che queste rinunce non le abbiamo fatte da commedianti, cioè solo a parole”. Il silenzio si diffuse, intensamente.

  

52 Abba Bartolomeo

L’abba continuò: “Chi rinuncia a Satana rinuncia a fomentare discordie e a creare divisioni. Queste sono una delle prove della sua presenza”. Abba Paolo volle assicurarsi d’aver capito: “È per questo motivo che Gesù non ha esaudito quel tale che gli chiedeva di convincere suo fratello a dividere con lui l’eredità?”. “Certamente. Spesso il desiderio di ricchezza favorisce discordie e divisioni, e persino guerre”, rispose Bartolomeo. Paolo riprese: “Chi afferma di rinunciare a Satana, evita anche di avvicinarsi a gruppi satanici e a società segrete o iniziatiche”.Assolutamente sì”, disse con decisione l’abba: “Queste società o gruppi vivono nelle tenebre, e Satana si serve della segretezza per dominare, plagiare e costringere a fare il male”. Convennero tutti sulla necessità di pregare davvero, sia per essere protetti che per aiutare chi viene ingannato.

  

53 Abba Bartolomeo

Continuò l’abba: “E chi rinuncia alle ‘seduzioni’ di Satana sta in guardia da chi dice ‘ti amo’, intendendo ‘mi piace usarti per il mio piacere’. Si rinuncia anche alla ‘seduzione’ di progettare una convivenza matrimoniale senza la benedizione di Dio e degli uomini. Ci sono poi ‘seduzioni’ che riguardano la fede”. Paolo chiese: “Ci puoi fare un esempio?”. Bartolomeo chiuse un attimo gli occhi, poi: “C’è un tale che si ritiene teologo, ma con sussiego sostituisce lo Spirito Santo con la propria intelligenza. Propone i suoi ragionamenti, vuoti d’amore, come verità divina, ma spargono confusione. I suoi argomenti seducenti attirano persone semplici, poco provviste di conoscenze bibliche e catechistiche, che diventeranno superbe e vanagloriose”. Paolo ringraziò: anche lui aveva corso il rischio di cadere in una trappola del genere.

  

54 Abba Bartolomeo

“Le ‘seduzioni’ sono il vestito del lupo che si presenta da agnello: sorrisi, buone azioni, cosiddetti ‘aiuti’, talvolta persino preghiere o canti. Le ‘seduzioni’ possono diventare sessuali, sia da parte di chi dice d’essere cristiano che da chi professa credenze strane: queste raddoppiano il danno”, disse Bartolomeo. Abba”, chiese un discepolo, “ci sono anche seduzioni dalla ricchezza?”. L’abba fu categorico: “Quelle della ricchezza attirano quelle del potere, e sono le più forti e tremende”. Il discepolo: “Si può dire che la cattiveria e l’odio seducono fino a portare all’omicidio?”. “Il Signore Gesù ce le allontani sempre”, concluse l’abba.

  

55 Abba Bartolomeo

L’abba disse ancora: “A cosa pensi di rinunciare, quando rinunci alle ‘opere’ di Satana? Te lo dico io: rifiuti le dottrine e le pratiche panteistiche, anche se appaiono utili, e rinunci a ricorrere a cartomanti, guru e indovini di ogni genere, oroscopi compresi. E rinunci a frodare, a rubare, a ingannare, a calunniare. Rinunci pure decisamente all’abitudine, se l’avessi, di bestemmiare, opera di un demonio sfacciato. Rinunci persino a uccidere un bambino, anche se appena concepito”. Paolo ascoltò con attenzione, poi disse: “Abba, dobbiamo pregare per i nostri fratelli: a molti alcune di queste cose nessuno le ha mai dette”. Si accordarono di offrire a Dio tempi di adorazione e digiuni di vario tipo.

  

56 Abba Bartolomeo

I discepoli, quasi simultaneamente, chiesero: “Come riusciremo noi uomini a rinunciare a tutte queste ‘seduzioni’ e ‘opere’ di Satana? Dove prenderemo il discernimento e la forza?”. Abba Bartolomeo alzò le braccia al cielo: “Chi ama il Padre e il Figlio riceve il santo Timor di Dio. Con il santo Timor di Dio riusciamo a rinunciare davvero a tutto quanto abbiamo detto. Il santo Timor di Dio! Chi ama Dio Padre non vuole deluderlo, e vive sull’esempio di Gesù, in modo da essere un riflesso della sua misericordia e bontà”. Si raccolsero tutti in preghiera.

  

57 Abba Bartolomeo

Un discepolo, risvegliandosi, esclamò: “Ho capito! Le seduzioni sono come il formaggio e il salame che mettiamo nelle trappole per i topi: essi lo mangiano e restano catturati o uccisi!”. L’abba, divertito, confermò: “Proprio così. Sono cose buone, ma, per i topi, al posto sbagliato. Se sapessero che sono trappole le eviterebbero”. E abba Stefano commentò: “Noi non possiamo conoscere tutte le insidie che ci tende il maligno. Ne inventa sempre di nuove: ci presenta cose buone al posto o al momento sbagliato. Ma noi saremo sempre obbedienti alla Parola di Gesù. Quando ubbidisco a Gesù, anche se non so sempre e subito il perché di quanto dice, evito la trappola e rimango salvo”. Tutti ringraziarono il discepolo che parlò dei topi.

  

58 Abba Bartolomeo

Abba Stefano riprese: “Abba, hai detto che Dio, per santificare il suo nome, prima radunerà e poi purificherà il popolo. Qual è la terza tappa per compiere la sua opera?”. L’abba con gioia aprì il Libro e lesse: “«Toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi» (Ez 36,26-27). Finalmente, al popolo riunito e purificato Dio cambia il cuore, gli dona una nuova vita interiore. Il popolo si ritroverà avvolto dall’amore del Padre, riempito del suo Spirito. Senza fatica comincerà a vivere in modo nuovo, a considerare gli altri come fratelli, anzi, figli di Dio, e a vedere e curare le loro sofferenze. È la Pentecoste. È avvenuta per te, abba Stefano?”. L’interpellato rimase di stucco.

  

59 Abba Bartolomeo

Abba Stefano, pensieroso: “Se è avvenuta per me la Pentecoste? Non lo so, abba. Come posso saperlo?”. Bartolomeo con grande tenerezza gli disse: “Sai «parlare altre lingue»? Sai «glorificare Dio»? (cf. At 10,46)”. Stefano fece segno di non capire. Allora l’abba: “Sai ascoltare e comprendere chi ha un’età o una cultura diversa dalla tua, bambini e anziani, operai e impiegati, casalinghe e maestre? Sai parlare loro di Gesù come di un amico e fratello, anche se per essi è cosa nuova? Cerchi di ubbidire con amore alle leggi di Dio?”. Stefano, timidamente: “Mi pare di sì, abba”. “Allora è avvenuta anche per te la Pentecoste: tra te e il Padre c’è amore, e poi parli lingue nuove e, quando parli di Gesù, profetizzi. Hai ricevuto il cuore nuovo. Canterai anche tu l’«alleluia» dei redenti!”, gli disse con gioia abba Bartolomeo.

  

60 Abba Bartolomeo

La santificazione del Nome del Padre sarà completa quando testimonieremo la bellezza e pienezza del suo amore. Avverrà quando lo Spirito Santo ci riempirà il cuore e la mente”. L’abba pareva soddisfatto, ma volle aggiungere ancora: “L’uomo stesso, del resto, sarà completo e maturo quando rivelerà il volto di Dio. Lo farà quando lo Spirito di Dio entrerà nel suo cuore e si effonderà da esso per illuminare e riscaldare il suo ambiente e le persone con cui ha a che fare”. Stefano ringraziò: “Abba, ascoltandoti mi è venuto il desiderio che il nome del Padre sia davvero santificato. Quando ripeterò queste parole di Gesù nella preghiera, ricorderò la bellezza della Chiesa santa”.

  

61 Abba Bartolomeo

Stavolta lo stesso Bartolomeo continuò la preghiera, e lo fece a voce alta: “«Venga il tuo regno», il tuo regno…”. I discepoli, gli abba e le amma rimasero in silenzio. Lo interruppe abba Floriano: “Abba, prima di continuare, ti dico una mia difficoltà. Quando diciamo: «Sia santificato il tuo nome», è necessario pensare a tutto ciò che ha detto il profeta e che tu ci hai spiegato? Ci vorrebbe molto tempo!”. L’abba, con pazienza, disse: “Tu sai che tutto è stato racchiuso da Gesù in quelle poche parole. Il Padre, che ci ascolta, non fa fatica a comprendere tutto, e meglio di quanto noi abbiamo detto. È lui che deve capire. Egli ascolta la preghiera e la esaudisce!”. Tutti si rasserenarono.

VENGA IL TUO REGNO  

62 Abba Bartolomeo

Riprese: “«Venga il tuo regno» …”. Pareva attendessero che Bartolomeo, come aveva illustrato le altre parole, continuasse spiegando anche questa frase. E lui invece taceva, pensando fosse una preghiera dalla comprensione scontata. Ruppe il silenzio abba Paolo: “Chissà cosa intendeva Gesù con questa frase! Egli fin dall’inizio della sua predicazione ha continuato a parlare del regno dei cieli, il regno di Dio. E, proprio all’inizio, la sua lotta nel deserto si concluse col rifiuto dei regni del mondo, che Satana avrebbe voluto consegnargli. Se Gesù avesse accettato, addio regno dei cieli!”. L’abba alzò i suoi occhi luminosi e aprì la bocca: “«Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino»”.

  

63 Abba Bartolomeo

“«Il regno dei cieli è vicino»: così predicò Giovanni Battista e così ripeté Gesù. Così erano incaricati di ripetere gli apostoli mandati a predicare. «È vicino», cioè è alle porte, non è ancora presente, o non è venuto del tutto. Per questo nella preghiera diremo sempre «Venga il tuo regno»”, disse l’abba, e tutti ascoltavano. Un discepolo era interessato: “Ho capito bene la Parola di Gesù: «Il regno dei cieli è vicino», come volesse dire che sta per arrivare il re di questo regno nuovo? Un regno comincia ad esistere quando c’è un re e qualcuno che gli ubbidisce.”. Certamente”, rispose Bartolomeo, “infatti stava per iniziare a regnare Gesù, dopo la sua intronizzazione sulla croce e la sua unzione nel sepolcro e la sua elevazione alla destra del Padre”. Il discepolo rimase pensoso.

  

64 Abba Bartolomeo

Abba Stefano sfogliava il libro santo: “Le parole re e regno sono presenti nei vangeli dalla prima pagina all’ultima: Gabriele ha parlato a Maria dicendo: «Regnerà per sempre… e il suo regno non avrà fine», e Pilato disse: «Ecco il vostro re». Quindi dalla croce il ladrone chiese: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno»”. Abba Benedetto si rallegrò: “Gesù è re per volontà di Dio Padre, non per volontà degli uomini. Essi lo avrebbero voluto acclamare re, ma egli fuggì, perché sapeva di essere re per fare la volontà del Padre e non quella degli uomini”. Abba Stefano si azzardò a dire: “Allora il regno di Gesù non è democratico. È amore e luogo di salvezza per gli uomini, proprio perché è luogo di obbedienza a Dio”. Anche stavolta Bartolomeo si allietò.

  

65 Abba Bartolomeo

Intervenne amma Barbara: “Quante volte Gesù ha parlato del regno! Quante parabole da lui formulate descrivono qualche aspetto del regno!”. Abba Floriano approfittò per far conoscere la sua erudizione: “Sì, Gesù ha paragonato il regno dei cieli alla semina dei semi di grano, al seme che cresce da sé anche quando il seminatore dorme, al seme di senape, quasi invisibile, al campo dove cresce anche la zizzania. Lo ha rivelato come il lievito che lavora invisibile, come il lavoro dei pescatori che fanno la cernita dei pesci, come le dieci ragazze di cui però cinque erano stolte (Mt 25), e poi ancora…”. “Abba, interruppe Stefano: mi sa strano che il regno dei cieli sia abitato da persone stolte”. Bartolomeo ascoltava divertito.

  

66 Abba Bartolomeo

L’affermazione di abba Stefano non sorprese Bartolomeo. Ma prima che lui avesse tempo di rispondere, alzò la voce un discepolo: “La presenza di cinque ragazze stolte nel regno dei cieli dimostra che esso non può essere quel Paradiso in cui Gesù ci prepara il posto. Anche il campo con la zizzania in mezzo al grano ci fa pensare che il regno dei cieli sia qui sulla terra”. L’abba non si aspettava tutto questo, ma non ebbe difficoltà a dire: “Il regno di Dio, o regno dei cieli, come avete detto, non è un regno senza problemi. Anzi, Gesù dice pure che è come la sala della festa di nozze dove uno entra rifiutando l’abito nuziale (Mt 22). Egli stesso poi dice che il regno è qui, in mezzo a noi, a noi che siamo e saremo peccatori. Vi fa problema? A me dà speranza”.

  

67 Abba Bartolomeo

L’abba continuò: “Il regno dei cieli è il nostro modo di vivere qui sulla terra, la nostra politica, quella pensata da Dio Padre e organizzata a misura d’uomo. Quando viviamo obbedienti a Gesù il regno si avvera e diventa persino visibile. Noi però siamo sempre fragili e ogni tanto lasciamo che il peccato s’intrufoli nel regno. Per questo Gesù ci propone come nostra preghiera costante il desiderio: “Venga il tuo regno”. Questo regno, presente qui sulla terra, ci prepara a quello eterno, che chiamiamo Paradiso. Là il regno sarà privo di quei problemi che noi qui gli creiamo”. Furono soddisfatti quelli che avevano dubbi e domande.

  

68 Abba Bartolomeo

Un discepolo era titubante. Gli chiesero: “Vuoi dire qualcosa?”. Non se lo fece ripetere, e disse: “Non so come dire… vorrei chiedere se il Regno dei cieli e la Chiesa sono la stessa cosa”. Gli abba si guardarono. Tutti compresero che la risposta era difficile. Bartolomeo prese la parola: “La Chiesa ha la vocazione di essere regno dei cieli. Molti membri della Chiesa realizzano la politica del regno e lo rendono visibile. Ci sono anche altre persone che vivono gli insegnamenti di Gesù, pur non facendo parte della Chiesa. Anch’essi realizzano il regno di Dio. Ma purtroppo non tutti i battezzati sono fedeli alla propria chiamata. Per questo preghiamo sempre dicendo: «Venga il tuo regno», perché il Signore faccia entrare nella Chiesa chi ancora non ha trovato la porta, e chi vi fa parte si santifichi e diventi testimone”.

  

69 Abba Bartolomeo

L’abba continuò: “Quando i discepoli, ancor privi di Spirito Santo, vedevano Gesù come re del regno di David, egli, per un po’, li accontentò. Si fece prestare un puledro d’asina, vi montò sopra e accettò che essi, con mantelli per terra e fronde in mano, lo acclamassero. Realizzava la profezia di Zaccaria che dice: «Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d'asina» (9,9)”. Uno dei discepoli esclamò: “Abba, non occorre che ci spieghi. Abbiamo capito: se il re è umile, anche i suoi sudditi saranno umili, non si metteranno gli uni sopra gli altri, non si vanteranno, anzi, cercheranno, come dice l’apostolo, di stimare gli altri superiori a se stessi”. Abba Floriano chinò il capo, e sorrise.

  

70 Abba Bartolomeo

Abba Floriano s’accorse che lo guardavano, e allora disse: “A proposito del regno: gli ebrei ritenevano che appartenesse loro di diritto e si mostravano stizziti ogni volta che Gesù lasciava intendere che anche altri uomini avrebbero potuto esservi chiamati”. Bartolomeo attese che qualcuno intervenisse, ma si fece udire solo il silenzio. Allora intervenne: “Proprio per loro Gesù raccontò la parabola dei viticoltori che non stavano ai patti e percuotevano fino a uccidere i servi del padrone della vigna. La concluse dicendo: «A voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti» (Mt 21,43)”. Un discepolo commentò: “Di questo si dovevano preoccupare gli ebrei. Per noi non vale”. “Come no!”, sbottò l’abba: “Abbiamo assistito purtroppo allo svuotarsi delle chiese di popoli che si dicevano cristiani. Il loro posto nel regno di Dio, chi lo occupa?”.

  

71 Abba Bartolomeo

L’abba cambiò discorso: “Quante volte Gesù ha parlato del regno dei cieli! Vi ricordo che ha detto a Pietro: «A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli» (Mt 16,19) e quel che segue. Pietro ha ricevuto quelle chiavi in seguito, sulla riva del lago, quando per tre volte Gesù gli ha ripetuto: «Pasci le mie pecore» (Gv 21,15.16.17)”. Abba Stefano disse la sua: “È quindi sulla terra, è formato dai fedeli e custodito e guidato da Pietro”. Tutti compresero che quando Pietro diceva «Venga il tuo regno», chiedeva al Padre qualcosa di impegnativo per sé, e se lo diciamo noi è impegnativo per noi: ci impegna ad obbedire a Pietro, o chi per lui.

  

72 Abba Bartolomeo

“«Venga il tuo regno»! Ricordiamo quanto è scritto nell’ultimo libro: il regno appartiene a Dio e all’Agnello; infatti, «Nella città vi sarà il trono di Dio e dell'Agnello: i suoi servi lo adoreranno… E regneranno nei secoli dei secoli» (Ap 22,3.5). I servi dell’Agnello regneranno! Vedete quale dono e quale compito ci sarà affidato? Parteciperemo all’amore con cui il Padre e il Figlio servono gli uomini”. Abba Floriano non si trattenne: “Lo ha scritto anche San Paolo: «Se perseveriamo, con lui anche regneremo» (2Tim 2,12), e Gesù ha pronti dodici troni per i suoi apostoli (Mt 19,28)”. Bartolomeo concluse: “La preghiera che Gesù ci consegna è davvero piena, ricca, completa. Essa avvolge tutto il nostro essere, la purificazione del passato, l’impegno del presente e la gioia del futuro. A lui ogni onore e gloria!”. E tutti dissero: “Venga il tuo regno! Amen”.

  

SIA FATTA LA TUA VOLONTÀ COME IN CIELO COSÌ IN TERRA

73 Abba Bartolomeo

“Abba, possiamo continuare la preghiera del Signore? Nel regno dei cieli tutti vivono per realizzare la Volontà del Padre nostro. Questo è il suo desiderio permanente. Se ha il desiderio, può significare che esso non sia ancora realizzato?”, propose abba Stefano. “«Sia fatta la tua volontà»: la volontà del Padre! Come dev’essere bella la volontà del Padre! Noi ne possiamo intuire qualche aspetto, ma essa per noi rimane sempre un mistero”, affermò l’abba. Si avvicinò in quel momento amma Agnese. Aveva appena terminato un servizio impegnativo e pesante. Udendo le ultime parole dell’abba, si permise di intervenire: “Abba, la volontà di Dio è anche faticosa. Quando però so che è sua volontà, offro la fatica e mi si riempie il cuore di gioia!”.

  

74 Abba Bartolomeo

Hai detto bene, amma Agnese. La volontà del Padre è bella anche se faticosa, più bella della nostra. La nostra volontà subisce l’influsso del peccato del mondo, è tentata dagli egoismi, dalla sete dei piaceri, dagli istinti che rifiutano la fatica e la sofferenza. La nostra volontà ci fa soffrire mentre la immaginiamo, mentre la realizziamo e mentre ne viviamo le conseguenze. Ringraziamo e benediciamo Gesù che ci fa dire: «Sia fatta la tua volontà»”, disse a voce alta l’abba. Agnese ripeté: “La volontà del Padre, benché faticosa, è bella, e, quando la conosciamo e la realizziamo, porta frutto per la gioia di tutti”.

  

75 Abba Bartolomeo

Era ancora presente amma Barbara, che sussurrò: “È per questo che aggiungiamo «come in cielo così in terra»”! Abba Paolo gioì: “In cielo c’è la gioia, arriverà anche sulla terra, quando desideriamo e realizziamo la volontà del Padre”. Il nostro abba stavolta interrogò tutti: “Sai tu qual è la volontà del Padre? Se ti preme che essa si realizzi, significa che sai che cosa il Padre vuole!”. Le amma e gli abba rimasero muti. Un discepolo osò dire: “Io mi fido del Padre. Anche se non so qual è la sua volontà, la desidero”. E poi volle comunicare la sua esperienza: “Mia nonna diceva: «Sia fatta la tua volontà», anche quando succedeva una disgrazia”. Alcuni dissero: “Anche mia nonna”, “anche mia zia”.

  

76 Abba Bartolomeo

Dopo qualche istante di silenzio l’abba intervenne con delicatezza: “Le nonne sapevano che tutto ciò che succede è nelle mani di Dio, e perciò erano abituate ad accogliere ogni evento con fede. Erano pure esercitate a vivere ubbidendo a tutti i comandamenti del Signore”. Amma Barbara approvava: “Sì, mia nonna mi ha insegnato a pregare e mi ha abituata a salutare Gesù mattina e sera con amore vero. Non avrebbe mai offeso il Signore per tutto l’oro del mondo”. Abba Paolo, scettico, continuò il discorso iniziato dal discepolo: “Chi oggi chiama volontà di Dio le disgrazie, pare lo faccia per incolpare Dio e giudicarlo. Talvolta sembra che intenda così giustificare i propri errori e peccati”. Tacevano tutti: non intervenivano volentieri, benché fosse necessario avere chiarezza su questo argomento.

  

77 Abba Bartolomeo

All’abba premeva che tutti avessero luce, perché dalla luce si sprigiona la gioia e l’amore a Dio e agli uomini. Disse: “Volontà di Dio non sono le disgrazie, questo è sicuro. Quando queste avvengono, o per il peccato o per distrazione di qualcuno, lui le tiene in mano, con la sua sapienza e pazienza, e le adopera per l’edificazione del suo regno e per la salvezza sia dei fedeli che di tutti. È necessario che noi sappiamo con certezza che volontà di Dio è «che tutti gli uomini siano salvi», come dice l’apostolo”.

  

78 Abba Bartolomeo

“Sappiamo ancora che Dio dice: «Misericordia io voglio». Lo ha detto Gesù citando un profeta (Mt 9,13; Os 6,6). Volontà di Dio è che anche noi esercitiamo la misericordia, cioè l’amore per l’uomo che si perde. Gesù sa d’essere venuto per salvare chi è perduto, perché questo è il volere del Padre”. Amma Agnese era attenta, e disse: “Questa parola di Gesù è bella. La misericordia è voluta da Dio, sia quella che io cerco di donare che quella che ricevo da te, abba”. Rimasero tutti convinti che gli uomini sono santi, portatori della somiglianza a Dio, quando vivono la misericordia, quando cioè hanno un amore sempre attento e vivo, capace di vedere gli sbagli e i peccati degli altri come occasioni per amarli di più.

  

79 Abba Bartolomeo

Amma Monica aveva presente l’esperienza della sua santa, mamma di uno sbandato: non lo aveva mai voluto abbandonare. Intervenne: “La Santa, di cui ho ricevuto il nome, ha continuato ad amare il Signore pregando per suo figlio, anche quando questi lo abbandonava. Poteva solo pregare, e lo faceva con fede, sicura che l’amore del Padre per lui era molto più forte e più bello del suo”. “La tua santa faceva la volontà di Dio. Condivideva la sua misericordia!”, rispose l’abba, e continuò: “Quando diciamo «sia fatta la tua volontà» desideriamo sempre la salvezza, desideriamo che gli uomini escano dal peccato che oscura e distrugge il mondo. Ricorderemo di aiutare tutti a conoscere il nostro Dio, a fissare lo sguardo su Gesù e a seguire i suoi insegnamenti. La misericordia pioverà dal cielo e ci sarà pace”.

  

80 Abba Bartolomeo

L’abba non poteva continuare la preghiera, perché tutti avevano delle domande: “Che significa «come in cielo», abba?”. Questi era lieto di rispondere, perché le domande gli davano l’occasione di far conoscere il suo Signore. “Dire «Come in cielo» è come suonare un campanello. Quando ripeti questa parola o la odi dalle labbra di un fratello, sei costretto ad alzare lo sguardo, a immergerlo oltre tutte le cose che i tuoi occhi vedono. In cielo tu vedi Gesù. Lui è là, là vive, là siede alla destra del Padre, là egli ti aspetta, là viene esaltato, e il suo nome cantato, là egli continua a realizzare la volontà del Padre, cioè la santificazione e la salvezza tua e di tutti”.

  

81 Abba Bartolomeo

Davide ha dato voce al Figlio di Dio nel suo salmo: «Allora ho detto: "Ecco, io vengo. Nel rotolo del libro su di me è scritto di fare la tua volontà: mio Dio, questo io desidero» (Sal 40,8-9). Nel cielo continuano a risuonare queste parole, e risuonano con la voce del bambino di Betlemme, del ragazzo di Nazaret, del maestro di Galilea, del crocifisso sul Calvario, del risorto a Gerusalemme, del Re del regno dei cieli”, disse a voce alta l’abba. Un discepolo si rivolse a lui timidamente per dire: “Ricordo che Gesù svelava la volontà del Padre parlando della sua carne da mangiare come del pane di vita che avrebbe donato”. Prima dell’abba intervenne amma Agnese.

  

82 Abba Bartolomeo

Amma Agnese ricordava a memoria le parole che Gesù disse a Cafarnao. Le udiva di frequente quando il popolo pregava per i credenti defunti. Le ripeté: “«Sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno» (Gv 6,38-40)”. “Grazie, amma”, disse Bartolomeo: “E poi, come ha detto il discepolo, Gesù aggiunse: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno» (Gv 6,54). Quindi è sicura volontà del Padre che noi mangiamo e beviamo il dono che Gesù ci porge con tutto il suo amore”.

  

83 Abba Bartolomeo

E continuò: “Le parole di Gesù sono sicure. Volontà del Padre è che noi abbiamo la vita eterna, la vita fondata nell’amore e da cui zampilla amore, e questa vita l’avremo osservando il Figlio e credendo in lui. Cercheremo quindi di mai dimenticare Gesù, anzi, di conoscerlo sempre meglio nella sua umanità e nella sua divinità, e non più alla maniera umana (2Cor 5,16). Per conoscerlo ci riuniremo là dove ci viene donato il pane che è la carne, e il vino che è il sangue del Figlio dell’uomo. Terremo il nostro cuore e il nostro corpo sempre puri e pronti per ricevere il dono che per noi è vita, e vita eterna, cioè divina. Il Padre potrà così realizzare per noi e con noi la sua santissima Volontà”. L’amma voleva continuare.

  

84 Abba Bartolomeo

Amma Agnese, sicura come un raggio di sole, disse: “Grazie, abba, che ci inviti a conoscere sempre di più Gesù: anche l’apostolo Paolo pregava perché i fedeli avessero una conoscenza sempre più profonda della vita, della morte e della risurrezione del Signore. Anche lui diceva che questa è volontà di Dio”. Abba Stefano, molto attento alla conversazione, disse: “L’apostolo scrisse: «Il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui» (Ef 1,17). Non c’è quindi volontà di Dio in cui Gesù Cristo non sia presente. Quando diciamo al Padre: «Sia fatta la tua volontà», esprimiamo il desiderio che Gesù sia al centro di ogni nostro pensiero e di ogni nostra azione e lo scopo di ogni nostro anche piccolo progetto”.

  

85 Abba Bartolomeo

L’abba non intendeva concludere il discorso, così ricco e proficuo. Aggiunse: “Dicendo: «Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra», è come ripetessimo il desiderio del Padre, che è «Ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra» (Ef 1,10). È il «il mistero della sua volontà». Avremo perciò Gesù sempre davanti ai nostri occhi, come ben due volte ci raccomanda colui che ha scritto una lettera ai credenti Ebrei (3,1; 12,2)”. E il discepolo che era intervenuto per primo, si permise di riprendere ciò che gli stava a cuore: le parole di sua nonna, che accostava le disgrazie alla volontà di Dio. “Abba, dovrò dire qualcosa a mia nonna? Che cosa potrò suggerirle?”.

  

86 Abba Bartolomeo

L’abba si avvolse nel manto del silenzio. Doveva attendere la risposta dallo Spirito Santo. Se ne accorsero tutti e si disposero ad ascoltare raccolti. Finalmente l’abba aprì la bocca: “Non rispondo a tua nonna: lei non ha bisogno di altra luce oltre quella che già illumina il suo cuore. Rispondo a te. Un proverbio antico dice: ‘Non cade foglia che Dio non voglia’, ed è un proverbio poggiato sul Vangelo, dove Gesù vede passeri che cadono a terra (Mt 10,29; Lc 12,6). Tutto e tutta la storia è nelle mani di Dio: lo si dice in greco con la parola «Pantocrator» (Ap 4,8), tradotto nella nostra lingua con «onnipotente». I fatti dolorosi o incresciosi, apportatori di sofferenza, che noi chiamiamo disgrazie, il più delle volte sono frutto del peccato degli uomini. Non sono volere di Dio, eppure Dio, con il suo amore, li ricupera nel suo progetto di salvezza, ne fa tessere preziose del mosaico del suo amore per la nostra vita”.

  

87 Abba Bartolomeo

L’abba continuò, aiutato dal silenzio di tutti: “Quando a te succederà qualcosa che ti fa soffrire, cosa farai? Prima di tutto ti umilierai, dicendo: ‘Signore, perdona il mio peccato e il peccato del mondo’. E poi ringrazierai dicendo: ‘Gesù, ciò che è avvenuto fa parte della passione e della croce con cui tu salvi il mondo. Come tu hai accolto dalle mani del Padre la tua croce, e, portandola, sapevi di fare la sua volontà, così ora tu mi aiuterai a unirmi a te. Ti ringrazio. Partecipo anch’io alla volontà del Padre, quella volontà che salva il mondo con la tua croce’. Così sulla terra si compie la volontà del Padre come in cielo”. Si udirono dei sospiri, si vide qualche fazzoletto accostarsi agli occhi, apparvero molti volti distesi.

  

88 Abba Bartolomeo

Quando d’allora in poi pregavano insieme, le parole «Sia fatta la tua volontà…» venivano pronunciate lentamente, e non si sentiva dal tono di voce né rassegnazione né preoccupazione, bensì gioia e letizia e pace. “Abba, com’è bello adesso dire al Padre: «Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra». Mi pare di dirgli «eccomi», e di udire anche da parte sua lo stesso «eccomi»: lui c’è, sempre Padre buono e previdente e provvidente, misericordioso e fedele! Grazie anche a te, abba: col tuo aiuto abbiamo visto un aspetto nuovo della gloria di Dio”: così si espresse un discepolo, approvato, con sorrisi e segni del capo, dalle amma e da tutti gli abba.

  

89 Abba Bartolomeo

Abba, dal momento che «Dio è amore», credo che la sua volontà non possa essere che amore”, disse amma Rita. L’abba confermò: “Proprio così. Dio è amore e perciò tutto ciò che gli appartiene è amore, anche la sua volontà. Noi la chiamiamo «benevolenza». E quando diciamo: «Sia fatta la tua volontà…», è come dicessimo: ‘Si compia il tuo amore, con tutti i suoi colori e le sue sfumature. La tua volontà porti il cielo qui sulla terra e il tuo amore trasformerà la terra in cielo’. Noi nasconderemo la nostra volontà, anzi, vi rinunceremo, perché essa si mescola e si colora di vanità e di orgoglio”. Amma Rita e le altre amma alzarono le braccia come Mosè sul colle durante la battaglia guidata da Giosuè (Es 18).

  

90 Abba Bartolomeo

Le braccia delle amma, alzate verso il cielo, risvegliarono la memoria di abba Bartolomeo, che confidò: “Vedendo le vostre mani alzate al cielo, vedevo quelle di Gesù in croce. Egli le teneva alzate, aiutato dai chiodi, per fare la volontà del Padre, per amare e salvare tutti gli uomini che guardavano e guarderanno a lui con fede. Così gli ebrei guardavano il serpente di rame per essere guariti dal morso dei serpenti (Nm 21,9). Pregando la preghiera che Gesù ci ha messo e ci mette nel cuore, alzeremo sempre le mani per essere conformati a lui (Fil 3,10). Verremo anche noi crocifissi e otterremo guarigione e salvezza per i peccati di tutto il mondo”.

  

91 Abba Bartolomeo

Amma Agnese si permise di interrompere l’abba: “Abba, quando Gesù ha detto «come in cielo così in terra», a cosa pensava? Hai già detto che la Parola «in cielo» ci fa rivolgere lo sguardo a Gesù obbediente fino alla morte in croce. E dicendo «in terra» a cosa devo pensare?”. Bartolomeo sorrise: “Non è difficile: intendi ‘qui, a casa mia’, oppure ‘qui, dove mi trovo adesso’, e anche ‘nel luogo dove sto andando’. La nostra preghiera, nel cuore del Padre che ascolta, è concreta, e lo sarà pure per noi”. L’amma ringraziò: “Gesù vuol far sì che ci ricordiamo di essere sempre avvolti dall’amore del Padre nostro”.

   

92 Abba Bartolomeo

Intervenne per la prima volta amma Mariam: “Abba, noi facciamo la volontà del Padre. Perché talvolta ci sono liti tra noi?”. L’abba sorrise: “Le liti ci sono quando qualcuno non sostituisce i propri desideri con quelli di Dio, e quindi non rinuncia alla propria volontà. La nostra volontà si occupa e mette al centro dell’attenzione le cose passeggere e quelle personali materiali, oppure il desiderio di essere considerati, approvati, obbediti. Quando io voglio realizzare i miei desideri, diversi dai tuoi, arriviamo a litigare: non rinneghiamo noi stessi. Le discordie sono il frutto dello scontro di due volontà umane. Quando accogliamo come nostra la volontà del Padre, allora potrà esserci comunione, armonia e pace”.

  

93 Abba Bartolomeo

Abba Miriam, con stupore, replicò: “Chi fa la volontà del Padre, come ci insegna Gesù, considera l’altro superiore a se stesso (Fil 2,3): allora sparisce la voglia di litigare”. “E arriva la pace”, continuò l’abba, “Vale la pena rinnegare se stessi (Mt 16,24): ci si arricchisce di concordia, comunione, serenità e gioia!”. L’amma riprese: “Hai detto che, tendendo ai beni passeggeri, le nostre volontà sono diverse per ogni persona. La volontà del Padre invece è una per tutti, perché mira ai beni eterni. Coloro che cercano la volontà del Padre avranno un’unica volontà e si aiuteranno gli uni gli altri a realizzarla”. L’abba approvò col suo silenzio.

  

94 Abba Bartolomeo

Un discepolo propose una sua interpretazione: “Abba, talvolta penso che dire «Sia fatta la tua volontà», corrisponda a dire: ‘Realizza tu la tua volontà’!”. “No, non diciamo al Padre: Arrangiati a realizzare il tuo volere, il tuo amore! Intendiamo invece, come Maria a Nazaret: «Eccomi», oppure, come il Figlio dall’eternità «Ecco, io vengo», cioè adoperami, perché la tua volontà la faccio mia. Così la terra diventa prolungamento del cielo. Come in cielo il Figlio, da vero figlio, si offre all’amore del Padre, così in terra noi, figli, ci offriamo a voler amare, portando la presenza dell’amore del Padre sulla terra abitata da noi peccatori”:

  

95 Abba Bartolomeo

Amma Caterina disse la sua: “Quando si parla di volontà, corro a pensare all’obbedienza”. L’abba sorrise: “La vita dei cristiani è tutta vita di obbedienza, e la santità è figlia dell’obbedienza. Dicendo «Sia fatta la tua volontà…» ci prepariamo all’obbedienza, che è vera e salutare benedizione, fonte di libertà. Tu, amma, hai fatto voto di umile obbedienza, come lo fanno gli sposi, come chi chiede di essere battezzato”. L’amma ascoltava più attenta del solito, mente l’abba continuava: “Noi obbediamo al Padre, cercando e accogliendo i segni della sua volontà nelle persone che egli ci mette vicino: o il coniuge, o il superiore, o i genitori, o un abba amante di Gesù, il figlio sottomesso” (Lc 2,51). Tutti alzarono lo sguardo al cielo, lieti di poter somigliare al Figlio di Dio.

  

96 Abba Bartolomeo

L’abba aggiunse ancora: “Ogni momento della nostra giornata compiremo la volontà del Padre, come diciamo nella preghiera. Quando ci troviamo al bivio di grandi o anche piccole scelte, talora ci pare difficile sapere qual è la volontà del Padre. E non solo pare difficile, ma è difficile davvero. Raccoglierci in silenzio per richiamarci qualche parola del Signore ci potrà aiutare. Altre volte sarà necessario elemosinare il soccorso da un fratello o da una sorella radicati nella fede”. Tutti erano attenti, in particolare i giovani. Questi dovevano imparare a vincere quella loro buona dose d’orgoglio che li fa ritenere di essere, anche spiritualmente, autosufficienti.

  

97 Abba Bartolomeo

“Per conoscere la volontà del Padre, dicevo, cercheremo un fratello o una sorella timorati di Dio. Gli apriremo il cuore senza paura e senza pudori. Lo faremo come amore a Gesù: è lui che intendiamo servire anche con questo atto di umiltà. In qualche situazione particolare sarà opportuno cercare luce interrogando un padre spirituale: se non ne avremo uno stabile, ne cercheremo uno provvisorio, facendoci consigliare per trovarlo”. Gli abba acconsentirono e le amma ringraziarono con gioia. Avevano ricevuto già altre volte la proposta di trovare un abba cui aprire costantemente e regolarmente il cuore. Chi aveva accolto l’invito ha ricevuto una pace interiore nuova e una serenità ben visibile nello sguardo.

  

98 Abba Bartolomeo

Un discepolo aveva assistito altrove a qualche discussione, e disse: “Abba, non sarebbe più opportuno, invece di un padre spirituale, cercare un consigliere o un accompagnatore, oppure direttore? Sempre spirituale, ben s’intende”. L’abba lo fissò con una certa severità: “Dev’essere uno che ti trasmette vita, vita divina. I consigli li puoi ricevere ovunque, anche da chi ha fede debole o malata. L’accompagnatore fa quello che fai tu. Un padre invece ti dona vita, perché vive con Dio, ti partorisce, come dice l’apostolo. Noi abbiamo bisogno di questo”. Quel discepolo dovette cancellare dalla memoria le dissertazioni che aveva ascoltato. Fu convinto che il suo abba vedeva più in profondità e aveva un amore vero per il Padre e per i suoi figli!

  

99 Abba Bartolomeo

Una delle amma sospirò: “Nella Liturgia talvolta preghiamo così: «O Dio, nostro Padre, che raccogli gli animi dei tuoi fedeli in un solo volere, concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi e desiderare ciò che prometti...». Anche col pregare Gesù vuole convertirci. Ci fa contemplare il Padre che ci vuole uniti in un solo volere, e ci fa assumere i suoi stessi desideri”. E l’abba aggiunse: “Ci fa dimenticare il nostro io per abbandonare le preoccupazioni di Marta e farci entrare nella sua vita divina: questa è conversione! Ci fa lasciare tutto ciò che soddisferebbe il nostro orgoglio e la nostra vanagloria, e così ci converte! Con le sue parole egli ci rende umili, fiduciosi e coraggiosi! Chissà quale conversione ancora ci aspetta, continuando la preghiera!”.

  

100 Abba Bartolomeo

Il discepolo offrì un ulteriore interrogativo: “«Come in cielo così in terra» si riferisce solo al fare la volontà del Padre, o anche alla venuta del suo regno e alla santificazione del suo nome?”. L’abba sorrise: “Lo hai detto tu stesso: la terra si unisce al cielo per realizzare la volontà del Padre, ma anche per la venuta del Regno e per la santificazione del suo Nome. La frase «Come in cielo così in terra» congiunge la contemplazione di Dio alla vita degli uomini, a cui Gesù ci orienterà poi continuando la preghiera. È una frase ‘cerniera’, che unisce il tu del Padre al noi, il Padre generoso e misericordioso ai figli bisognosi di pane e di perdono, il Regno eterno, luminoso e santo, ai regni tenebrosi del mondo dominati dal maligno, la volontà d’amore del Padre a quelle misere, indegne e sofferenti degli uomini”.

  

101 Abba Bartolomeo

Bartolomeo, vedendo tutti attenti, proseguì: “Ricordate ciò che avvenne quando il Signore si trovava al pozzo in Samaria? La donna, abbandonata da cinque mariti, si allontanò per recarsi in città. La luce, ricevuta da Gesù riguardo alla relazione con il sesto uomo, la spinse e la guidò a tornare con lui e con tutta la gente. In quel mentre fu raggiunto dai discepoli. Ad essi, preoccupati per il cibo, e tornati da soli, confidò: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato» (Gv 4,34). Evidentemente voleva che anch’essi non avessero altra preoccupazione che questa: obbedire al Padre, e quindi cercare la sua Volontà, realizzando il suo regno. Il vero nutrimento che sostiene la vita è questo”. Abba Paolo ricordò e disse ad alta voce: “Infatti Gesù, davanti alle pietre, aveva risposto al tentatore: «Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4)”. Tutti esclamarono: “Sia fatta la tua volontà. Amen!”.

  

DACCI OGGI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO

102 Abba Bartolomeo

Le parole pronunciate da abba Paolo aiutarono Bartolomeo a continuare: “«Dacci oggi il nostro pane quotidiano». «Dacci…» potrebbe sembrare una richiesta pretenziosa! No di certo! Gesù ha pronunciato questa parola con tono confidenziale, come farebbe un bambino con la mamma o col papà”. Tutti si disposero al silenzio per ascoltare una rivelazione. E la rivelazione arrivò: “Quando arrivo a questa frase della preghiera, talvolta vorrei cambiarla, se non ce l’avesse consegnata così Gesù stesso. Vorrei dire un grazie meraviglioso al Padre per il pane che già mi ha donato tutti i giorni della vita, fino ad oggi, fino alla mia vecchiaia. Se così non fosse, non sarei vivo e non sarei qui ora a rivolgergli la preghiera insieme a voi. Vorrei dirgli: ‘Tu ci dai e ci hai già dato il pane quotidiano, tu, nostro Padre provvidente’!”. L’ascolto si fece palpabile.

  

103 Abba Bartolomeo

“Quel «dacci» è lo stesso che dire: ‘Grazie, Padre, di ciò che hai sempre fatto! E come hai sempre fatto, siamo certi che ci donerai ancora il pane. È la riconoscenza per la vita ricevuta fino ad oggi che ci dà la spinta a chiedere ancora, sicuri che volontà del Padre è che noi continuiamo a vivere. E questa richiesta viene dal riconoscere la bontà e la fedeltà del suo amore, da cui siamo costantemente avvolti e sostenuti”. Le amma, i discepoli e gli abba approvavano in silenzio. Bartolomeo continuò: “Domandare è segno di fiducia. È segno della fiducia che noi abbiamo nel Padre, e anche dimostrazione che siamo riconoscenti e sicuri che lui ha stima di noi. Perché dovrebbe darci il necessario per vivere, se non avesse fiducia che noi usiamo la vita secondo i suoi desideri? (Is 43,4)”.

  

104 Abba Bartolomeo

La brevissima richiesta «Dacci oggi…» è ricchissima di nutrimento per la nostra anima”. Uno dei discepoli si intromise: “Abba, spiegaci il significato di ogni parola di questa frase”. L’abba apprezzò la richiesta del discepolo, e iniziò: “Dicendo «dacci» noi riconosciamo che il pane che ci è necessario è nelle sue mani. È nelle mani del Padre, e non in quelle degli uomini, nemmeno se cercano di appropriarsene. Sì, purtroppo pochi uomini dispongono dei beni della terra e li usano per sottomettere a sé, talora come schiavi, i loro fratelli. Ma «A Dio tutto è possibile», è possibile anche trasformare i loro cuori, rendendoli capaci di condividere, come è successo a Zaccheo di Gerico (Lc 19,8). Questa domanda perciò non la rivolgiamo mai a loro, ma sempre e solo al Padre nostro”.

  

105 Abba Bartolomeo

Davide nei Salmi canta: «Del Signore è la terra e quanto contiene» (Sal 24,4), e «dà il pane agli affamati» (146,7). Osserviamo purtroppo che gli uomini sanno usare il pane come arma di guerra, ma lui riesce a far sì che essi forgino «le loro lance in falci». Siamo certi inoltre che il Padre si comporta sempre come un papà, e non accetta che noi ci avviciniamo a lui con l’intento di comprargli il pane. Gesù non ci fa dire mai nella preghiera: vendici il pane. Con cosa potremmo pagarlo? Dio non è commerciante, e Gesù lo sa bene. Ce lo fece capire con modi bruschi, quando vide il recinto del tempio trasformato in mercato (Gv 2,15). E noi lo ricordiamo ogni volta che ci sediamo a tavola”.

  

106 Abba Bartolomeo

“Ogni volta che iniziamo un pasto benediciamo il Padre per il cibo. E lo ringraziamo pure ogni volta che ci alziamo dal letto al mattino, perché anche la salute del nostro corpo è dono ricevuto. Siamo mantenuti in forma proprio da quel pane che riceviamo, e che riceviamo anche se e quando ci dimentichiamo di chiederlo”. Un discepolo di nuovo interrupe l’abba: “È vero, io dimentico spesso di chiedere e di ringraziare per il pane. Tuttavia non mi è mancato”. Allora l’abba continuò: “Il Padre non attende la nostra domanda, si accontenta del nostro desiderio anche se inespresso, anzi, neppure di quello. Egli vede la nostra necessità, come vede quella dei passeri e dei corvi” (Lc 12,6.24). Nessuno contestò: a tutti è capitato talvolta di essere ingrati e di non avere col Padre familiarità continua.

  

107 Abba Bartolomeo

Un discepolo arrischiò una domanda semplice, ma utile per la comprensione della preghiera, tanto che l’abba lo ringraziò: “Abba, dicendo «dà a noi», chi intendeva Gesù? «Noi» chi? La mia famiglia? Tutta l’umanità?”. Rispose l’abba: “Rispondi tu stesso: chi sono quelli che pregano la preghiera di Gesù? Chi sono quelli che desiderano la santificazione del nome del Padre e attendono il suo regno e si dispongono a realizzare la sua volontà?”. “Sono i discepoli di Gesù”, rispose il giovane. E l’abba: “Esatto. È la Chiesa che prega così, ma non solo per se stessa. La Chiesa sa di essere benedizione per tutte le famiglie dei popoli. La sua preghiera non viene rivolta al Padre egoisticamente: non verrebbe accolta da lui. Chiediamo il pane perciò per tutti quelli che il Padre ama come figli, quindi per tutti gli uomini”.

  

108 Abba Bartolomeo

Un altro discepolo ragionava ad alta voce: “E il pane che chiediamo, è il pane che abbiamo mangiato questa mattina?”. L’abba disse così: “Quand’ero bambino e la mamma recitava con me la preghiera, io pensavo solo a quel pane che vedevo in tavola a colazione e prima del pranzo e che dopo non c’era più. Crescendo, da giovane, iniziavo a capire che per crescere non mi era servito solo il cibo, ma anche l’affetto della famiglia e della parentela, e gli insegnamenti della scuola e l’amicizia dei vicini di casa. Cominciai a intendere anche questo come oggetto della preghiera al Padre, e per questo a ringraziarlo. Mi pareva di capire la Parola: «Lo nutrirà con il pane dell'intelligenza e lo disseterà con l'acqua della sapienza» (Sir 15,3)”.

  

109 Abba Bartolomeo

L’abba, con gioia, continuò: “Divenuto adulto mi sono accorto che il pane della tavola e quello dell’intelligenza non sono sufficienti. Per essere discepoli di Gesù e Chiesa santa, a «noi» occorre un’energia spirituale formidabile. Come riusciremmo, con i difetti e peccati che ci portiamo addosso, e con tutte le tentazioni che ci arrivano ogni giorno, a rimanere uniti e a svolgere la missione che il Signore ci affida nel mondo (Gv 20,21)? La Chiesa, da quale pane riceverà l’energia necessaria per essere quel che deve essere?”. Tutti i presenti affondarono nel silenzio.

  

110 Abba Bartolomeo

L’energia o la fortezza e la grazia necessaria perché la Chiesa resti unita, concorde, umile e disponibile, e perché sia saggia, sapiente e adeguata alla sua missione preziosa nel mondo, non le viene dal cibo materiale (Gv 6,27), nemmeno se raffinato o perfettamente biologico. Essa, anzi, ogni suo membro, si nutrirà con quel pane che le può trasmettere energia spirituale”. E disse ancora: “Voi sapete che l’energia indispensabile per il cristiano e per tutta la Chiesa è lo Spirito Santo! È lo Spirito Santo che tiene in salute la Chiesa e la rende dono di Dio per gli uomini di tutto il mondo. È lo Spirito Santo che fa di ogni cristiano un membro sano della comunità dei credenti, adatto a formare il regno dei cieli, capace di realizzare la volontà del Padre e di santificare il suo nome!”.

  

111 Abba Bartolomeo

Il solito discepolo intervenne: “Come mai Gesù non ci fa chiedere il pane che dona l’energia spirituale?”. L’abba sospirò: “Gesù? Siamo noi che non siamo in grado di comprendere. Egli ha detto «pane quotidiano» usando una parola che intende molto più di come è stata tradotta. L’evangelista ce l’ha donata, nella lingua in cui ha scritto il vangelo, con un termine per noi inusuale: il nostro linguaggio non ne possiede uno equivalente. Il suo significato sarebbe: «che è al di sopra della materia». Sta a noi usare intelligenza spirituale per comprendere. Infatti, quando amiamo Gesù e riceviamo il suo Spirito, riusciamo a capire da soli, anche se nessuno ce lo spiega”.

  

112 Abba Bartolomeo

Continuò: “Allora, ditemi voi: qual è il pane, superiore alle cose materiali, che può donarci energia spirituale?”. L’abba attese la risposta. Amma Barbara, visto che nessuno parlava, disse con sicurezza: “Quel pane è quello di cui Gesù ha detto: «Questo è il mio corpo». Quel pane Gesù l’ha definito: «pane dal cielo», «che dà la vita» e «pane vero»”. L’abba confermò: “Il pane che chiediamo al Padre è soprattutto questo. È «nostro pane», cioè il pane che alimenta la Chiesa perché sia presenza divina nel mondo. È il nutrimento necessario ogni giorno, senza interruzione. È pane nutriente per la vita spirituale: infatti non lo mangio da solo a casa mia, ma insieme a tutti i fratelli e sorelle. Lo mangio pregando, adorando e cantando con loro, ascoltando la Parola di Dio e godendo della sua efficacia nel cuore dei fratelli”.

  

113 Abba Bartolomeo

Il «nostro pane quotidiano» è il Corpo di Cristo! Al Padre chiediamo perciò di darci il Figlio, di donarcelo come alimento, nutrimento, sostegno, sia per il nostro corpo che per la nostra anima e per il nostro spirito: tutto «nostro»! Il mio «io» scompare nella mia preghiera, e così scompare dalle mie attenzioni. Sarò attento che il mio io sia inserito nel «noi» che è la Chiesa santa di Dio, il suo edificio, il suo popolo. Mangio il Corpo di Cristo e divento Corpo di Cristo. La preghiera che Gesù ci mette nel cuore tende a farci diventare tutti una cosa sola con Dio, con quel Dio che è amore santo e puro, libero e unificante. Questo è il sogno del nostro Padre: noi nutriti e trasformati dal Figlio, divenuti un solo Figlio per lui”.

  

114 Abba Bartolomeo

Pareva voler continuare l’abba, ma amma Monica chiese: “È per questo che noi chiamiamo questo pane ‘comunione’?”. L’abba con gioia, disse: “Proprio per questo. Chi lo mangia, lo mangia per accogliere e assumere Gesù come vita propria. È in piena comunione con lui, e quindi anche con tutti coloro che se ne sono nutriti e se ne nutrono. La comunione così è spirituale e materiale insieme, è perfetta. Il Padre è, se posso dire, contento per ognuno che partecipa al Pane della comunione, perché si ritrova immedesimato in Cristo Gesù, e forma un’unica famiglia o un unico corpo con gli altri. Diremo perciò con sicurezza e con gioia: «Dacci oggi il nostro pane quotidiano»!

  

116 Abba Bartolomeo

Abba, esordì abba Paolo, “quando prego questa parola di Gesù, mi vien da pensare anche ad altre pagine delle Scritture Sante. Il sacerdote Melchisedek ha offerto in sacrificio al suo Dio a favore di Abramo del pane e del vino (Gen 14,18). Abramo in seguito incaricò Sara di preparare il pane da offrire ai tre personaggi passati da lui per manifestargli la volontà di Dio; in quell’occasione Dio ha accettato il pane dalle mani dell’uomo e lo ha mangiato (Gen 18,6). Il pane di Sara ricordava a Gesù quello preparato per lui da Maria, sua madre! Il pane che chiediamo al Padre è quello che potremo offrirgli come sacrificio, e come segno di amore”. Bartolomeo godeva nell’ascoltare questi riferimenti a fatti della storia della nostra salvezza.

  

Dono di Natale ad abba Bartolomeo

Il cameriere passava e ripassava con sette piattini sul braccio per porgere la torta ai numerosi ospiti. Chi rifiutava il piatto rimaneva anche senza la torta. 
Non ho visto nessuno degli ospiti mangiare il piattino: tutti mangiavano solo la torta. E se qualche piatto era quadrato invece che rotondo, o ovale invece che quadrato, o qualcuno persino sbeccato o incrinato, tutti erano contenti della torta e nessuno si lamentava per il piattino. 
Questa strana osservazione mi ha aiutato a leggere alcune righe delle mie Scritture. San Paolo scriveva: Uno di voi dice “Io sono di Paolo”, un altro dice “Io sono di Apollo” e un altro ancora “Io sono di Cefa”, cioè di Pietro. E lui aggiunse: “Io invece sono di Cristo”! Così fece capire: “Il piatto è utile, ma io non lo mangio, mangio solo la torta, anche se non è sempre al cioccolato”.
Chi rifiuta il piatto non mangia, rimane affamato. Mi corre il pensiero a chi condanna papa Francesco, sì, a colui che lo rifiuta. Costui, nel suo presepio, la notte di Natale rischierà di trovare nella mangiatoia solo la paglia. E il Bambino? Non ci sarà. Infatti “l’accusatore dei fratelli è stato precipitato” (Ap 12,10): non godrà la presenza di Dio, né del Padre né del Figlio. Chi accusa finisce per condannare, usurpando il posto di Dio, come Lucifero, e diventa suo seguace. In lui non troverai benevolenza né gioia né carità, neppure santità, quindi nemmeno la Verità, cui tiene tanto.
Così succede anche a chi vuole Gesù senza Maria: troverà un Gesù senza pannolini, o i pannolini senza Gesù? Cosa farà? E chi vuole Gesù senza la Chiesa? Troverà un Gesù senza parole: dovrà inventarsele, rischiando di udire soltanto il proprio bla bla.

Dicendo “Buon Natale” diciamo: Gesù sia nel tuo cuore e sul tuo braccio. Ringrazierai chi te lo porge, chi custodisce la sua grotta, e chi te la indica, fosse pure una stella o un dito con le unghie annerite.
Buon Natale a te, alla tua casa, alla tua Chiesa tutta intera senza esclusioni!

  

Natale

di Abba Bartolomeo

Anche per abba Bartolomeo giunse Natale. Non c’era giorno più gioioso nella sua vita: “Oggi è venuto Gesù, proprio lui. Anche se dorme e anche se non parla, io lo voglio vedere e toccare”. Anche lui dovette chiedere il permesso a Giuseppe per entrare, e a Maria, la madre, per avvicinarsi. Un abba non è diverso dagli altri, anzi, deve cedere il posto ai pastori, benché sporchi, e attendere il proprio turno. A differenza degli altri dovette attendere pure che Maria finisse di dargli il latte. Solo allora Giuseppe gli aprì. Finalmente: eccolo! “Gesù, non mi dici nulla?”. Silenzio. Persino un rigurgito di latte: e nuova attesa, che Maria lo pulisse. Ancora silenzio. “Ti parlo io: grazie, mi basta sapere che ci sei. Già il nome che riceverai tra otto giorni mi dice tutto quello che devo sapere. “Dio salva”, che è come dire “Dio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva”, Dio ama me e custodisce la mia vita. Vorrebbe anche cambiare qualcosa di essa: me lo dirai tu da grande”. L’abba si inginocchiò.

  

117 Abba Bartolomeo

Abba Paolo aggiunse ancora: “Giuseppe, divenuto viceré del faraone in Egitto, procurò il pane ai suoi fratelli, proprio quelli che l’avevano venduto come schiavo (Gen 47,12): divenne il pane del perdono. E poi pane significativo fu senz’altro quello preparato in fretta dal popolo ebreo nella notte in cui fuggì dall’Egitto, il pane azzimo che lo sostenne in quella drammatica fatica (Es 12,18). A quel pane faceva riferimento quello che Gesù ha spezzato per i discepoli nella notte in cui fu consegnato. Lo mangiarono, in silenzio, con un raccoglimento particolare. Non capivano del tutto ciò che facevano, ma in loro avveniva un cambiamento. Ricevevano Spirito Santo, lo Spirito di Gesù, con tutto il suo frutto di pace, fortezza e umiltà”.

  

118 Abba Bartolomeo

Amma Caterina godeva per i ricordi di abba Paolo. Le pareva che il pane di quel giorno diventasse più saporito! Anch’essa volle intervenire: “Dove sono finite le dodici ceste dei pezzi di pane, avanzati là dove l’erba faceva da cuscino ai cinquemila uomini seduti e sazi? Ogni apostolo ne ebbe una cesta da custodire. Me ne daranno? Potessi mangiare uno di quei pezzi!”. Nessuno si aspettava una simile domanda, ma il nostro abba non ebbe dubbi: “Non hai compreso nemmeno tu? Il pane che custodiscono gli apostoli è proprio quello che Gesù ci fa chiedere e che il Padre vuole donarci «oggi» per ravvivare la nostra fede, rafforzare la nostra speranza e alimentare la nostra carità. È il pane «che rimane per la vita eterna» e «che discende dal cielo e dà la vita al mondo» (Gv 6,32)”.

  

119 Abba Bartolomeo

E Bartolomeo commentò: “Ancora più saporito, anzi, luminoso, quel pane azzimo che Gesù spezzò a Emmaus. Faceva memoria della sua passione e della sua morte in croce, e anche della sua vita risorta. E quella vita da risorto noi non la vediamo con i nostri occhi, ma solo sappiamo con certezza che è presente. Infatti, mentre le sue mani sante e forate spezzavano quel Pane, gli occhi dei due discepoli non le videro più, e si aprirono alla sua nuova presenza nascosta. Tutto divenne mistero, mistero della fede. E rimane tuttora mistero che ci rallegra, ci unisce, ci rende divini, ci fa correre a cercare i fratelli per dir loro la grande novità”. Gioia e stupore divennero l’atmosfera che avvolse tutti.

  

120 Abba Bartolomeo

L’abba continuò il discorso di abba Paolo: “Dio dà il pane a noi, e noi, come Abramo e come Melchisedek, diamo il pane a Dio. Uomo e Dio sono uniti dal pane. Pane dell’uomo e pane di Dio, pane materiale e pane spirituale! Il pane, quello che Gesù, con semplicità, ci fa chiedere nella preghiera, è uno, sia materiale che spirituale, un grande mistero. Mangiamo quello materiale per poter mangiare quello spirituale, e mangiando questo riceve significato e valore quello. È il mistero della comunione degli uomini con Dio e della nostra comunione tra fratelli, fratelli che si perdonano gli uni gli altri”. Tutti ascoltavano in silenzio, meditando. Gli abba, riconoscenti, meditavano con nuovi stimoli le parole: «Dacci oggi il nostro pane quotidiano», parole che introducono all’eternità, presente già nelle brevi giornate che si susseguono.

  

121 Abba Bartolomeo

Uno dei discepoli, mai finora intervenuto, chiese: “Abba, perché Gesù nella preghiera ci fa dire «oggi»? Non è una parola superflua?”. Bartolomeo sospirò: “Nessuna parola uscita dalle labbra di Gesù è superflua, anzi è un dono grande per noi. Dicendo «oggi» siamo aiutati ad apprezzare la povertà, a non desiderare di accumulare dei beni della terra, a non bramare di diventare ricchi. Gesù non ci fa chiedere il pane per domani e per dopodomani o per l’anno prossimo, come il pensiero e la preoccupazione del mondo ci farebbe sognare. Oggi siamo qui a servire il Signore. Non sappiamo se domani avremo bisogno di mangiare: potremmo essere già salpati per l’al di là! Oggi viviamo, il futuro non è nostro”. L’abba si ripromise di completare la risposta.

  

122 Abba Bartolomeo

La Parola «oggi» ci annuncia che veniamo saziati quando incontriamo Gesù, perché questa parola è usata per annunciare salvezza. Gli angeli hanno detto ai pastori di Betlemme: «Oggi è nato per voi un Salvatore» (Lc 2,11). A Zaccheo Gesù ha detto: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza» (Lc 19,9), e al ladro malfattore che l’ha chiamato per nome ha risposto: «Oggi con me sarai» nel mio regno (Lc 23,43). La salvezza avviene ogni giorno, ogni «oggi» che passa. Il pane del Padre nostro che mangiamo «oggi», ci comunica la salvezza, la comunione con il Padre che ci accoglie nel suo regno. Anche noi siamo salvati «oggi»! Ogni volta che mangiamo il pane materiale e quello spirituale, ci nutriamo per godere e per partecipare la salvezza”.

  

Dono di Capodanno 2023

ad abba Bartolomeo

Ubbidendo all’angelo, oggi lo chiamano “Gesù”. Era un nome già noto, ma dato che sono stati scomodati gli angeli per consegnarlo a una giovane sveglia e a un uomo addormentato, è divenuto un nome importante. È importante perché è vero il suo significato: “Dio salva”. Quel bambino ci dirà che Dio non è colui che castiga e si vendica, come pensavamo noi, ma colui che vuole il bene di chi soffre, dell’uomo e della donna oppressi, dei popoli ignoranti e deboli, di ognuno che grida con o senza voce. Riuscirà quel bambino a convincerci che Dio vuole salvezza per coloro che si lamentano e lo bestemmiano e non sono capaci di ubbidirgli? “Dio salva”! Come farà questo bambino a persuaderci? Gli crederemo? Basterà che ce lo insegni, o dovrà soffrire e morire perché gli crediamo?
Abba Bartolomeo tutto quest’anno terrà nel cuore il nome “Gesù”, come fanno i suoi genitori, e lo pronuncerà davanti a tutti con sicurezza come Giuseppe e con tenerezza come la Madre, Maria!

  

123 Abba Bartolomeo

Tutti ripeterono adagio «Dacci oggi il nostro pane quotidiano», una richiesta che pare più ringraziamento che supplica. Amma Monica propose un suo pensiero: “Questa frase noi la diciamo in un batter d’occhio, mentre il Padre, per ascoltarla, adopera la sua eternità, cioè il suo amore eterno. Egli vede sia il pane che ci nutre che quello di cui la nostra anima ha bisogno per fiorire e maturare e pure quello che verserà nella nostra vita lo Spirito Santo che raduna e santifica la Chiesa”. “Dici bene, amma”, approvò Bartolomeo: “Il Padre ascolta ed esaudisce ciascuno secondo la necessità della sua persona, della sua famiglia, della sua piccola società, della sua comunità cristiana, della Chiesa intera. È «quotidiano» il pane della salvezza”.

  

124 Abba Bartolomeo

L’abba concluse: “«Quotidiano», e «oggi»: con queste parole due volte sono menzionati i nostri giorni, e due volte si fa accenno alla dimensione spirituale. La Chiesa ha deciso perciò di offrire ai fedeli tutti i giorni, proprio ogni giorno della settimana, il «Pane Quotidiano». Ci sono dei fedeli che ogni «oggi» fanno il possibile per mangiare il pane chiesto nella preghiera. C’è chi ogni giorno impiega dieci minuti per andare a lavorare, e ne viaggia sette o diciassette per ricevere il dono dell’eternità che custodisce e santifica il suo lavoro e conserva la sua salute, anche quella fisica. Ogni giorno mangi il pane «che non dura»: non mangerai anche quello «che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà» (Gv 6,27)?”. Il silenzio aiutò tutti a fissare una decisione duratura.

  

125 Abba Bartolomeo

Uno dei discepoli, timidamente, disse: “Abba, conosco un uomo che non mangia il Pane della comunione. Che cosa posso pensare?”. L’abba si trattenne per un po’, poi non volle far mistero della verità: “Puoi pregare, non pensare. Quell’uomo potrebbe non aver conosciuto Gesù né aver esperienza della sua salvezza. Potrebbe averlo conosciuto e aver deciso di ignorarlo. Potrebbe essere credente, ma non intende abbandonare qualche partecipazione al peccato del mondo. In queste situazioni non può prender parte al Pane della benedizione, come dice l’apostolo, «perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna» (1Cor 11,29)”.

  

126 Abba Bartolomeo

“È necessario «riconoscere il corpo del Signore», quando chiediamo «Dacci oggi il nostro pane quotidiano»?”. Parlò così un abba che finora non aveva aperto bocca. Bartolomeo spiegò: “Quando preghiamo, sappiamo chi ascolta la preghiera. Se è il Padre, lo conosciamo come Padre del Figlio, e conosciamo anche il Figlio suo Gesù, che ci sta insegnando a pregare. È il Figlio, nato a Betlemme, morto e risorto, che ha parlato ai discepoli da lui riuniti, e che ha dato loro il pane dal cielo. Che preghiera è quella di chi non lo riconosce come Signore? E non sa che è morto e risorto per lui?”. Rimasero tutti seri e compunti, finchè l’abba continuò: “È vero, la preghiera di chi non conosce Gesù è povera e poco influente, ma la misericordia del Padre la può accogliere. Quando l’accoglie, farà conoscere Gesù anche a chi prega in modo incompleto!”.

  

127 Abba Bartolomeo

E il discepolo: “Cosa succede se uno non mangia il Pane santo?”. L’abba rivelò: “Quando una persona non mangia il pane per il corpo materiale, questo si indebolisce, si ammala e muore. Perché questo non succeda lo chiediamo ogni giorno al Padre. Quando uno non mangia il pane per il suo corpo spirituale, questo si indebolisce, si ammala e va in coma. Si indebolisce la sua fede, che diventa anemica: solo foglie senza frutto. Si ammala la sua carità, che, se rimane, rimane viva solo per gli aspetti materiali della vita, e non si accorge delle necessità spirituali dei fratelli: non dà loro testimonianza di Gesù e non trasmette loro il vangelo. Costui frena la forza evangelizzatrice della Chiesa”. Abba Bartolomeo parlava con santa tristezza.

  

128 Abba Bartolomeo

L’abba continuò: “Chi non nutre la propria vita spirituale con il pane santo non vive comunione vera con i fratelli e la cercherà invece con chi, come lui, rimane ai margini o fuori della Chiesa santa. Cercherà una comunione basata non su Gesù crocifisso e risorto, ma sui ‘valori’ che chiama cristiani. Riterrà di essere un ‘buon’ credente, anche migliore degli altri, dimenticando quanto scrisse San Paolo: «Non lasciatevi legare al giogo estraneo dei non credenti. Quale rapporto infatti può esservi fra giustizia e iniquità, o quale comunione fra luce e tenebre? Quale intesa fra Cristo e Bèliar, o quale collaborazione fra credente e non credente? Quale accordo fra tempio di Dio e idoli? Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente» (2Cor 6,14-16)”. Il discepolo era attento, e anche gli altri non si distraevano.

  

129 Abba Bartolomeo

Amma Monica aveva sentito parlare di digiuno eucaristico, ma non sapeva cosa significasse e se fosse opportuno. Lo chiese all’abba, che rispose: “Talvolta il medico consiglia al malato di digiunare per uno o più giorni, perché il corpo potrebbe trarne vantaggio. Allo stesso modo potresti essere afflitta da una malattia spirituale, e aver bisogno di renderti conto che qualche spirito mondano è entrato in te a sostituire lo Spirito Santo. Il tuo medico spirituale allora ti consiglierà il digiuno dal pane spirituale, perché da questa privazione potresti avere stimolo a convertirti, ricuperando la solidità del tuo orientamento a Gesù”. L’amma ringraziò e si dispose ad ascoltare ancora.

  

130 Abba Bartolomeo

Intervenne di nuovo amma Caterina: “Per me sarebbe un castigo essere privata del Pane nostro che il Padre ci dona dal cielo. La mia comunione con lui e con i fratelli e le sorelle ha bisogno della concretezza del segno sicuro, del sacramento santo”. Anche gli altri espressero il loro accordo, e abba Giuseppe: “Non vive la Chiesa senza questo dono. Se in un territorio dovesse esserne privata per lungo tempo, rischierebbe di scomparire da quel luogo. E i fedeli cederebbero facilmente alla tentazione di accordarsi coi fedeli di Beliar, il ‘nulla-di-nulla’. Per questo Gesù ci ha esortato a dire: «Dacci oggi il nostro pane quotidiano». Pregheremo perciò questa richiesta con vera e santa e fiduciosa fede”.

  

131 Abba Bartolomeo

La preghiera del Signore inizia rivolgendoci al «Padre nostro», e continua desiderando il «nostro Pane». Il volto del Padre introduce la nostra contemplazione, e il desiderio di essere assimilati al Figlio completa il nostro pregare, cioè il nostro immergerci nell’amore divino”. L’abba intuiva che si sarebbe potuto continuare a sondare le profondità delle parole che Gesù ci ha suggerito per il nostro pregare. Lasciò che ciascuno, nel raccoglimento e con le capacità proprie ad ogni mente, continuasse a ruminarle per trarne un sapore via via più gradito e un alimento utile per il proprio cuore.

  

132 Abba Bartolomeo

L’abba continuò sommessamente “«Le lacrime sono il mio pane giorno e notte» (Sal 42,4; 80,6). C’è anche questo pane, quello di lacrime. Che pane è questo? È un pane prezioso, che testimonia che siamo peccatori, ma anche capaci di pentirci. Il peccato ci butta nella sofferenza che ci accompagna ogni giorno. Le lacrime però irrorano il nostro desiderio di tornare a Dio, di ricevere di nuovo l’amore del Padre, di rituffarci ancora nello Spirito Santo ed essere nutriti di Cristo. Le lacrime sono un pane che alimenta la nostra conversione”. Nessuno dei presenti poteva obiettare, anzi, tutti avevano già esperienza e avevano assaporato questo pane.

  

133 Abba Bartolomeo

Amma Barbara provò a esporre un suo pensiero: “Abba, mi fai venire alla mente le lacrime di Pietro nel cortile di Anna e Caifa. Quelle lacrime furono un pane prezioso, che ha nutrito la vita di Pietro in modo nuovo”. E amma Linda continuò: “E pensare che quelle lacrime vennero dopo che Pietro aveva mangiato con Gesù il pane spezzato!”. Il lungo silenzio costrinse l’abba a prendere la parola: “Che proprio Pietro abbia rinnegato il Maestro, e l’abbia fatto dopo essersi nutrito del Pane della benedizione, è un grande mistero, mistero di misericordia. Lo sguardo di Gesù verso Pietro, nel cortile, è indescrivibile. Lo comprendiamo quando lo scopriamo rivolto a noi dopo una nostra infedeltà. È lo sguardo che ci permette di intendere che Gesù è «l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo» mentre ci nutriamo del suo Pane”:

  

134 Abba Bartolomeo

Un giovane, molto attento, propose un suo problema: “Ho udito che un abba ha buttato dalla finestra il pane che un discepolo aveva infornato disobbedendo. Diceva: ‘Non posso mangiare né porgere ai fratelli pane di disubbidienza e di vanagloria’. Buttare il pane non è disdicevole?”. L’abba si raccolse e rispose: “Certo, non si butta mai il pane, ma in quel caso l’abba volle dare una lezione alla vanagloria che si manifestava con la disobbedienza. Quel discepolo voleva far bella figura, compiendo ciò che esulava dai suoi compiti. «Qualunque cosa facciate, fatela di buon animo, come per il Signore e non per gli uomini» (Col 3,23), scrive l’apostolo. Frutto di ogni nostra fatica sarà pane di umiltà e di ubbidienza, che nutrirà noi e i fratelli con ogni benedizione spirituale e santa”. Il giovane comprese, e si ripromise di essere maggiormente attento a se stesso.

  

135 Abba Bartolomeo

Amma Teresa sprizzava gioia ed esultanza, esclamando: “Signore Gesù Cristo, nostro Dio, tu sei pane vero e vivente! Benedizione a te, che sei cresciuto mangiando il pane di obbedienza e di umiltà dalle mani di Maria, tua Madre! Gloria a te, che ti lasci mangiare da noi, poveri peccatori, per renderci tuo Corpo santo. Lode a te, perché offrendoti a noi come pane, ci mostri e ci trasmetti l’umiltà di Dio e la sua bontà. E grazie a te, Padre nostro, che ascolti la preghiera e ci doni ogni sorta di pane benedetto, quello che sostiene il corpo e quello che ristora l’anima, e pure quello che riempie di amore la Chiesa tutta custodendola nell’unità”. La gioia dell’amma contagiò tutti, tanto che Bartolomeo li poté esortare a pregare sempre con consapevolezza: “Il Padre vi ascolta e vi esaudisce con la ricchezza della sua santità, riversando in voi i tesori preziosi della sua vita divina, eterna, gloriosa”.

  

RIMETTI A NOI I NOSTRI DEBITI

COME ANCHE NOI LI RIMETTIAMO AI NOSTRI DEBITORI

136 Abba Bartolomeo

Amma Margherita, finora in silenzio, disse a voce alta: “Abba, hai detto che il pane del cielo è dato a noi che siamo ‘fratelli che si perdonano gli uni gli altri’. Ciò significa che siamo fratelli e sorelle che peccano gli uni contro gli altri”. Alcuni occhi si aprirono come fiori profumati. Bartolomeo si raccolse e lasciò che tutti si abituassero al silenzio. Poi disse: “Tu lo sai: quando mai siamo senza peccato? Siamo tentati di giudicare Pietro per il suo comportamento nel cortile di Caifa, ma quando mai il nostro amore per Gesù è perfetto? Ogni giorno arrivano a tutte le amma tentazioni, quelle della gelosia e quelle della vanità, della vanagloria e dell’orgoglio, dell’impudicizia e della sbadataggine. E per gli abba le cose non sono diverse. Non sempre possiamo cantare vittoria! Canteremo vittoria solo ricevendo il perdono!”.

  

137 Abba Bartolomeo

L’abba proseguì: “Pietro chiese a Gesù: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?» (Mt 17,21-22). Tu conosci la risposta, una risposta esagerata, volutamente esagerata. Ciò significa che Gesù sa che siamo deboli, peccatori, benché suoi discepoli. Cosa diresti tu se avesse risposto: ‘Sì, perdonagli sette volte’? Non ti chiederesti forse: ‘E l’ottava volta cosa farò? Per sette volte vivo la misericordia del Padre, l’ottava volta non più?’. Il peccato ha uno scopo nella nostra vita e nella vita della Chiesa: è presente perché si manifesti ogni giorno la misericordia, quella del Padre, accesa continuamente dai figli”.

  

138 Abba Bartolomeo

“«Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori». Dopo la richiesta del pane ecco che Gesù ci propone quest’altra. Avete notato come la parola «noi» in questa frase risuona ben quattro volte? Che debiti abbiamo noi verso il Padre? E chi sono i nostri debitori?”. L’abba provava a far riflettere i suoi discepoli. Voleva che capissero che non possono pensare solo ai debiti e peccati personali, ma a quelli presenti in tutta la Chiesa. La Chiesa ha debiti di cui chiedere la remissione e debitori cui rimetterli. “Perché Gesù parla di debiti e non di peccati?”, fu la prima domanda che risuonò, e nessuno s’accorse quale bocca la proferì.

  

139 Abba Bartolomeo

Rispondigli tu, abba Paolo”, disse Bartolomeo. E Paolo non si fece ripetere la richiesta. Ormai la preghiera di Gesù lo aveva conquistato. Disse: “Abbiamo appena domandato il pane quotidiano, che il Padre ci dona gratuitamente. È un debito. Se poi penso al pane di tutta la vita e alla vita stessa, devo dire anch’io: «Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato?» (Sal 116,12) e «Ti renderò azioni di grazie, perché mi hai liberato dalla morte» (Sal 56,12-14). Sarà possibile sdebitarci con Dio? Non è forse vero che «L’uomo non può riscattare se stesso né pagare a Dio il proprio prezzo. Troppo caro sarebbe il riscatto di una vita: non sarà mai sufficiente» (Sal 49,8-9)?”.

  

140 Abba Bartolomeo

Abba Paolo continuò: “Gesù ci ha detto: «Rendete a Dio quel che è di Dio» (Mc 12,7). Abbiamo qualcosa che non sia di Dio? I nostri debiti sono molti, ma ancora più pesanti se ricordiamo quante volte siamo stati perdonati. Terminando la preghiera che ci sta insegnando, Gesù dice: «Se voi perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro perdonerà a voi» (Mt 6,14). È chiaro quindi che nella parola «debiti» Gesù include anche le nostre colpe, i nostri peccati. Gesù aveva risposto a Pietro di perdonare «settanta volte sette» perché così ha già agito il Padre nella nostra vita. Noi glielo chiediamo, perché sappiamo che già lo ha fatto e che ancora vuole rivelarsi in questo modo: «Rimetti a noi i nostri debiti»”. Abba Paolo terminò.

  

141 Abba Bartolomeo

L’abba, desideroso di istruire i suoi discepoli e tutti i convenuti, disse: “Pregando un salmo diciamo: «Egli sa bene di che siamo plasmati, ricorda che siamo polvere» (Sal 103,4). Il Padre nostro sa che siamo figli di Adamo e tentati come Caino, e come i costruttori della torre di Babele. Come è intervenuto a fornire della veste la vergogna di Adamo e a custodire dalla vendetta Caino, così continua ad avere pietà di noi: «Non ci tratta secondo i nostri peccati, non ci ripaga secondo le nostre colpe… La sua misericordia è potente» (10-11). Egli continua ad esercitare la misericordia, continua a dimenticare i nostri debiti. Noi tuttavia glielo chiediamo con fiducia. Gli chiediamo misericordia per tutta la Chiesa. In essa tutti siamo peccatori, tutti fragili, e tutti già beneficati chissà quante volte!”.

  

142 Abba Bartolomeo

Amma Caterina manifestò il suo stupore: “Quante cose avrebbe potuto farci chiedere Gesù nella preghiera che ci insegnava! Dopo la richiesta del pane per continuare a vivere, mise questa per la remissione dei debiti. È vero infatti: il perdono è necessario per vivere, necessario come il pane, e fondamentale per mangiare in pace il pane: ricevere il perdono e dare perdono!”. Anche amma Ester aprì bocca, per la prima volta: “Chi riceve il perdono impara a donarlo, e lo dona con gioia, perché ha sperimentato la gioia e desidera diffonderla”. Parlare di perdono non è facile per nessuno, perché questa parola richiama alla mente peccati e sofferenze, peccati sopportati o peccati commessi, sofferenze inflitte o sofferenze subite.

  

143 Abba Bartolomeo

Un’amma volle ricordare: “«Come è tenero un padre verso i figli, così il Signore è tenero verso quelli che lo temono» (Sal 103,13); questo salmo ci fa ricordare il padre del figlio prodigo e di suo fratello, orgoglioso e pretenzioso. È per questo che Gesù ci fa chiedere al Padre di rimetterci i debiti, piccoli e grandi? Siamo figli amati, benché peccatori”. Bartolomeo sospirò: “Siamo tutti peccatori, e qualcuno in modo più evidente. Gesù non dice a me di chiedere al Padre di rimettere i miei debiti, ma i nostri, cioè quelli di coloro che fanno soffrire anche me. E ce lo fa chiedere in un modo che prevede la nostra conversione: «Come anche noi li rimettiamo»! Siamo responsabili dell’amore che chiediamo, al punto da impegnarci di usarlo a nostra volta”.

  

144 Abba Bartolomeo

Un discepolo chiese all’abba di che tipo possono essere i nostri debiti o i nostri peccati di cui chiediamo la remissione. Era giovane, e non ancora istruito. L’abba fece cenno ad abba Giovanni per rispondere. E questi: “Tutti i peccati che scopri quando fai l’esame di coscienza”. E il giovane chiese: “Come si fa a fare l’esame di coscienza?”. Rispose: “Entra nella tua memoria e vedi se e quando hai trattato Dio Padre come fosse assente. Se poi, invece di avvicinarti a lui, hai cercato maghi, cartomanti, medium, e chi progetta la vita senza Gesù, hai messo la tua vita nelle mani del nemico di Dio. Allora il tuo debito è davvero enorme”.

  

145 Abba Bartolomeo

Abba Giovanni continuò: “La tua memoria ti presenta lo scorrere dei tuoi giorni sempre uguali? Non è il giorno del Signore che li scandisce e dà significato al tempo che vivi? Puoi dire che quel giorno è del Signore, o devi ammettere che lo dedichi agli idoli, benché moderni e benché divertenti? È un tempo in cui il tuo spirito si rinnova e la tua comunione con i fratelli si ravviva?”. Il giovane era attento, e due o tre volte abbassò lo sguardo. “Gli altri uomini sono per te fratelli da amare o persone che ti devono accontentare? E questo a cominciare dai famigliari stretti. La tua memoria individua momenti in cui hai usato il corpo per cercare il piacere? La frase «Beati i puri di cuore» ti fa arrossire? E l’altra: «Beati i misericordiosi», ti appartiene?”

  

146 Abba Bartolomeo

Abba Giovanni non smetteva: “Quando si parla di denaro o di case e campi, la tua memoria ti fa vedere queste realtà illuminate dalla luce di Gesù, oppure lui ne rimane distante? Interrogherai poi la memoria per vedere dove i desideri più frequenti sono piantati”. Abba Bartolomeo intervenne: “Abba Giovanni, basta così. Adesso il giovane ha capito e continuerà da solo. Ora sa quali possono essere i debiti di cui chiediamo remissione o perdono. Pare talvolta che la memoria riesca a dimenticare o rimuovere involontariamente un gran numero di fatti. Essi però sono presenti al cuore tenero del Padre. Se gli chiedi perdono di uno per amore di Gesù, te li condona tutti”. “Grazie, abba. Ho capito. Di alcune cose ti parlerò a tu per tu, se permetterai”, disse timidamente il giovane.

  

147 Abba Bartolomeo

Sorridendo l’abba riprese la parola: “Noi abbiamo ricevuto dal Padre, attraverso lo Spirito di Gesù, la capacità di amare, di servire con umiltà, di essere misericordiosi. Abbiamo ricevuto doni, che ci permettiamo di chiamare carismi, tanto sono carichi della grazia di Dio. Ebbene, siamo debitori anche per aver ricevuto questi doni: non riusciamo a pagarli, tentiamo solo di ringraziare. Anche per essi diciamo: «Rimetti a noi i nostri debiti»”. Tutti sorrisero e si commossero. Tra noi e Dio non ci sono solo i peccati, ma anche i suoi doni gratuiti!

  

148 Abba Bartolomeo

Amma Rita, sorridendo, comunicò una sua esperienza: “Amma Felicita riesce a dire sempre grazie a tutti, e pare dimentichi le offese e i torti che riceve. Talvolta mi pare esagerata, ma la sua vicinanza sempre mi consola e mi attrae”. L’abba commentò: “Amma Felicita ha il tesoro in bocca!”. Amma Rita non comprese. Allora l’abba: “Sì, amma Felicita tiene in bocca il carisma più grande di tutti. Le sue parole sono condite di carità, il carisma che copre una moltitudine di peccati”. Il silenzio occupò tutto l’ambiente, e lo rese amabile.

 

149 Abba Bartolomeo

Noi e nostri ben due volte:”, disse Bartolomeo, “a noi sono rimessi e noi rimettiamo; i debiti sono nostri e nostri i debitori. Qui io sono in causa anch’io: qualora non mi sentissi direttamente debitore, tuttavia lo sarei in quanto membro della Chiesa. Essa è santa, perché il suo capo è Gesù, ma le sue membra siamo noi, i credenti, tutti peccatori. Talvolta qualcuno lo rinnega perché io non gli ho dato felice testimonianza. La mia tiepidezza o superficialità nella fede e nella carità può essere stata scandalo per qualcuno: non lo ho aiutato con il mio esempio ad essere obbediente. In qualche modo sono partecipe di gravi peccati commessi da qualche nostro fratello. Per questi peccati chiedo il perdono, e questi perdono, grazie alla misericordia che il Padre mi mette nel cuore”.

  

150 Abba Bartolomeo

Continuò: “I peccati, sia personali che sociali, commessi o non disapprovati, indeboliscono la missione dei credenti. A causa di essi la Chiesa diventa sale senza sapore, lampada spenta, lievito senza forza, corpo malato, edificio pericolante, gregge disperso, vite senza frutto. A causa del peccato dei credenti il Vangelo non si diffonde e non incide nella storia dell’umanità. A causa del peccato le divisioni e discordie dilaniano il Corpo di Cristo. Abbiamo speranza che la nostra preghiera per l’unità dei credenti venga ascoltata dal Padre nostro”. Due discepoli si cercarono con lo sguardo: poco prima avevano litigato e non si parlavano.

  

151 Abba Bartolomeo

Intervenne ancora Giovanni, con delicatezza: “Abba, è vero, la testimonianza della Chiesa spesso incide poco o nulla nella storia e nei singoli cuori a causa dei peccati dei cristiani. Dobbiamo dire che questi sono di ostacolo alla conversione a Gesù. «La messe è molta», ma se essa riceve scandalo, andrà perduta”. Abba Paolo stava per ricordare le parabole raccontate da Gesù durante il pranzo in casa di Levi ai peccatori per rincuorarli, e a quelli che si ritenevano a posto per convincerli di essere invece lontani dai desideri del Padre nostro (Lc 15). Gli venne in mente anche la parabola del servo capace di chiedere il condono del suo debito, e incapace di offrirlo a chi lo chiedeva a lui (Mt 18,24). Ma gli venne a galla un nuovo interrogativo.

  

152 Abba Bartolomeo

Ed ecco il problema di abba Paolo: “Perché Gesù ci ha suggerito di pregare: «Come anche noi li rimettiamo»? Sembrerebbe che Dio impari da noi”. Giovanni rispose: “Gesù ha osservato molte volte che gli uomini sanno perdonare. Se così non fosse sarebbe impossibile la vita nelle famiglie e nei villaggi. Il Padre ha donato questa capacità agli uomini, come è raccontato dell’incontro di Giuseppe con i fratelli che l’avevano venduto (Gen 50,20-21). Persino Esaù era stato capace di perdonare l’inganno a Giacobbe (Gen 33,4). Il dono, già ricevuto e che adoperiamo, ci dà il coraggio di chiedere che il Padre continui a esercitarlo verso di noi”. Le amma si dimostrarono soddisfatte. Anch’esse avevano perdonato spontaneamente, molte volte, anche se con fatica, come fosse una cosa naturale. S’accorsero che il dono di Dio era vivo in loro.

  

153 Abba Bartolomeo

“Se diciamo a Dio che noi perdoniamo, dovrà sentirsi in dovere di farlo anche lui, per non essere da meno di noi!”, così sbottò uno dei discepoli. E l’abba non lo redarguì, ma continuò: “Pare che Gesù voglia aiutarci a perdere ogni soggezione che abbiamo verso Dio, proprio perché è Padre davvero. Ci lascia credere che abbiamo qualcosa da insegnare al Padre nostro. E il Padre gode che noi, suoi figli, facciamo anche noi ciò che chiediamo a lui. Quante volte ci ha perdonato senza che noi ce ne accorgiamo! Quante volte ci ha rimesso i debiti prima ancora che noi ci riconoscessimo debitori! E quanti peccati ci perdona ancora, peccati che non siamo capaci di distinguere come tali! E quanti doni ci elargisce gratuitamente, senza chiederci di restituirglieli!”.

  

154 Abba Bartolomeo

Amma Caterina, attenta e interessata, chiese: “Come faremo a rimettere i peccati? Dicendo «come anche noi li rimettiamo», dichiariamo di farlo”. Si fece un silenzio profondo. L’abba gioiva di questo silenzio. Poi disse: “C’è un perdono sottinteso, e un perdono espresso con le parole. Quello sottinteso e silenzioso lo dai a chi ti offende, ma non ti chiede perdono. Tu spesso fai come nulla fosse accaduto, come non fossi stata offesa. A chi invece apre la bocca per chiederti il perdono, glielo esprimi con le parole, quelle che ti dona lo Spirito Santo. Il perdono più vero arriverà al cuore di chi te lo chiede quando farai risuonare il nome di Gesù: ‘Ti perdono nel nome di Gesù’, oppure ‘Ti perdono perché anche Gesù ti perdona’. Con questo nome il perdono arriva a cambiare il cuore della sorella o del fratello che lo riceve. E anche il tuo cuore ne gioirà”. Il silenzio pareva incantato.

  

155 Abba Bartolomeo

Abba, non riesco a perdonare alcune persone. Me le hanno combinate grosse e continuano a danneggiarmi in modo pesante”, confidò la nipote di amma Filomena. “Ti capisco”, rispose abba Benedetto, “è difficile perdonare chi non chiede perdono. Puoi solo disporre il tuo cuore a non tener conto dei danni ricevuti e a considerare quella persona come vittima del nemico. Non le puoi nemmeno dire che la perdoni: non avresti grandi risultati. Però c’è un modo perfetto di perdonare: fare come Gesù! Egli chiese al Padre che sia lui a perdonare chi lo ha consegnato a Pilato e chi lo ha crocifisso. Se il Padre perdona, quel perdono sarà efficace, sarà fonte di conversione, di cambiamento, di salvezza per chi lo riceve”. Queste parole furono una rivelazione e un gran sollievo per molti, che ringraziarono l’abba.

  

156 Abba Bartolomeo

La preghiera di Gesù, con le parole «Rimetti a noi…», ci ricorda che siamo peccatori. Ci fa memoria di una realtà importante. Somigliamo anche noi al re Davide: il profeta Natan gli ha dovuto ricordare l’adulterio e l’omicidio di cui si era reso colpevole e con cui aveva scandalizzato tutto il popolo, che prendeva esempio da lui. Il nostro passato, anche quello recente, è inzuppato del peccato del mondo. Quando non ricordiamo di essere peccatori possiamo diventare pericolosi per noi stessi e per molti. Per non far danni ai fratelli e a tutto il popolo, è necessario che ci riconosciamo fragili e bisognosi di misericordia e di perdono, sia da parte di Dio che dei fratelli”.

  

157 Abba Bartolomeo

L’abba continuò, godendo dell’attenzione di tutti: “Riconoscere che siamo bisognosi di perdono e di misericordia ci rende umili. Ci ricorda l’umiliazione ricevuta dal nostro peccato, umiliazione profonda e anche utile. Chiamiamo compunzione l’atteggiamento di chi tiene presente la propria situazione di peccatore. I nostri fratelli santi ce ne danno esempio costante. Quando diciamo a Gesù: «Agnello di Dio che togli i peccati del mondo» ricorderemo che quei peccati sono i nostri, anche quelli che nemmeno ci accorgiamo di commettere. Sono pure quelli che avvengono quando approviamo con indifferenza letture, comportamenti, discorsi, divertimenti, viaggi, passatempi e omissioni di preghiera, di istruzione, di opere di carità. La compunzione ci rende umili e rispettosi di tutti”. Amma Filomena stava già preparando una nuova domanda.

  

158 Abba Bartolomeo

Ecco la domanda di amma Filomena: “Da quanto ci hai detto mi sono convinta di essere sempre peccatrice, anche dopo che ho confessato i miei peccati. Sono peccatrice, benché non mi sembri d’aver commesso qualcosa di grave. Dovrò confessarmi di frequente, abba, anche se non so cosa dire?”. L’abba le sorrise, poi, rivolto ad abba Mansueto: “Abba, raccontale la tua esperienza”. L’abba interpellato, schivo, ma sincero, confidò: “Quando arriva il giorno stabilito per confessarmi, talvolta non ricordo d’aver commesso alcun peccato. So però che il Padre vede molti peccati nei miei pensieri e nelle mie parole, peccati che egli non mi fa riconoscere perché io non rischi di deprimermi. Allora dico al confessore: Chiedo perdono perché so di essere peccatore”. L’amma ringraziò, commossa.

  

159 Abba Bartolomeo

Abba, è importante che io dica tutti i miei peccati al confessore? Se me ne dimentico qualcuno, come comportarmi?”. È la domanda di un giovane preoccupato. L’abba lo volle consolare, e istruire: “Ciò che importa di più nella confessione non sono i peccati. Non essi ci salvano! È importante Gesù. Il perdono del Padre entra nel tuo cuore quando entra Gesù. Alla donna, che gli lavava i piedi con le lacrime, egli ha potuto dire: «I tuoi peccati sono perdonati» (Lc 7,48), non perché li avesse manifestati, ma perché ha dimostrato amore per lui, come ha detto a Simone (47). C’è chi racconta i peccati con molti particolari, ma non riceve il perdono, perché non accoglie Gesù nel cuore. È lui il perdono!”. Una brezza di silenzio avvolse tutti, profumando i loro volti.

  

160 Abba Bartolomeo

Quando un credente riceve il battesimo, riceve partecipazione alla vita di Dio e perciò è perdonato dai peccati di tutto il suo passato. Non occorre che li confessi. Gesù entra in lui, che, grazie all’acqua del Sacramento, viene purificato, e si ritrova nella luce e nella pace del mondo nuovo, quello di Gesù risorto. La sua vita è nuova. Se cade in qualche peccato, se si macchia di qualche colpa, ha la possibilità di pentirsi e di chiedere perdono e di ottenerlo, come Pietro l’ottenne nel cortile di Caifa per il suo rinnegamento. Lo farà appunto rivolgendosi alla Chiesa santa, dove Gesù è presente, vivo e operante tramite il suo Spirito. Il battesimo continua la sua efficacia per l’azione della Chiesa quando uno chiede e riceve il perdono da essa”.

  

161 Abba Bartolomeo

L’abba riprese: “Il perdono è Gesù: quando accogli lui sei perdonato. Sarà utile manifestare i peccati perché il perdono penetri le tue ossa e le tue relazioni con i fratelli”. E continuò: “Mettere alla luce i peccati, cioè chiedere perdono a Dio consegnandoli ad un ministro della Chiesa, è una grazia. Quando li manifesti, fai posto nel cuore e nella mente allo Spirito di Gesù. Mettere alla luce tutto sarà impossibile, come ho già detto, perché di molte disobbedienze non siamo nemmeno consapevoli. Faremo attenzione almeno a non nascondere nulla. Tener nascosto qualcosa significa dare ospitalità al maligno, padre della menzogna e delle tenebre (Gv 8,44; Lc 22,53; 1Ts 5,5). Nella tua eventuale tenebra egli riceve forza e si ritiene in diritto di possedere o di disturbare la tua anima e il tuo corpo”.

  

162 Abba Bartolomeo

Disse ancora: “Quando ti confessi e non vuoi tenere nascosto nessun peccato, il Signore apprezza il tuo amore per Gesù e il tuo buon volere, tanto che, se ne dimentichi qualcuno, ti perdona anche quello. È importante pure sapere che non è peccato solo ciò che noi pensiamo lo sia, ma tutto ciò che il Signore ritiene disobbedienza a lui. Spesso noi ignoriamo qualche Parola di Dio o siamo superficiali nel comprenderla. Per questo cercherai con attenzione gli insegnamenti della Chiesa santa. L’umiltà ti condurrà anche in questo ascolto. Quando gli abba della Chiesa parlano nello Spirito Santo, non lo fanno per ingannare. Essi ti possono istruire su ciò che è gradito o contrario all’amore del Padre nostro che è nei cieli”.

  

163 Abba Bartolomeo

Un uomo presente al dialogo degli abba non esitò a intervenire con la sua sicumera: “Mi pare che parlate di raccontare i propri peccati ad un altro uomo. State scherzando? Dire i peccati ad un uomo? Non sia mai! Forse quell’uomo è più peccatore di me, e io dovrei umiliarmi a tal punto?”. Abba Paolo ricevette un’occhiata da Bartolomeo, come invito a intervenire: “Fratello, umiliarsi raccontando i peccati? Ti sei umiliato molto di più commettendoli. Allora hai ubbidito al diavolo: non è questa un’umiliazione terribile? La Chiesa e tutti gli uomini ne hanno avuto danno. Sarebbe una gloria per te riconoscerlo, aprendo il tuo cuore ad un altro peccatore, per di più incaricato dalla Chiesa di Dio a donarti la parola del suo perdono nel nome di Gesù!”.

  

164 Abba Bartolomeo

Un anziano abba intervenne per la prima volta: “Cinquant’anni fa, da giovane, mi trovavo in una città del Nord Europa. Alcuni uomini chiacchieravano con un pastore. Ricordo che questi domandò: «Perché nei nostri reparti psichiatrici il novanta per cento dei malati sono protestanti?»”. Nessuno rispose. Allora continuò: I cattolici praticano la confessione dei peccati con frequenza”. Lo stesso pastore poi riferì che egli stesso avrebbe desiderato «formare persone per offrire anche ai protestanti la possibilità di confidare i propri peccati per consegnarli a Gesù. Ne guadagnerebbero in salute. Occorrono persone in grado di ascoltare e di avvicinare al Signore e alla sua Parola quanti sono alla ricerca del perdono di Dio»”. Le parole, pronunciate dal pastore cinquant’anni fa, fecero riflettere molti dei presenti.

  

165 Abba Bartolomeo

Amma Ester osò un’ulteriore domanda: “Alcuni peccati si ripetono di frequente: mi fanno arrossire di vergogna. Anche qualche mio conoscente non riesce a liberarsi da ricadute, per esempio, nell’ira, nella bestemmia, o in piccoli furti, o nella lamentela, nella curiosità, e anche nello scrupolo. Che deve fare chi è afflitto da questi eventi?”. L’abba ringraziò l’amma per questa domanda, poi disse: “È il diavolo tentatore e seduttore che deve arrossire di vergogna! È vero, in molti peccati si ricade quasi senza accorgersene. Alcune volte, oltre domandare perdono, sarebbe utile ricevere una preghiera di liberazione da un eventuale spirito immondo. Sarà opportuno chiedere all’abba di frequente una benedizione a questo scopo”.

  

166 Abba Bartolomeo

L’amma, soddisfatta, ma non del tutto, riprese: “Abba, credevo che la vergogna fosse cosa buona, la prova che ci accorgiamo di aver peccato”. L’abba si raccolse, e riprese: “Prima di peccare la vergogna ci aiuta. È un sentimento che ci sollecita a resistere alle tentazioni. Purtroppo non l’avevano Eva e Adamo ascoltando il serpente (Gen 3,6). Dopo aver peccato invece la vergogna ci può chiudere la bocca per impedirci di chiedere perdono o cercare consiglio. Perciò utilizzeremo la vergogna per evitare ciò che è male agli occhi di Dio, ma dopo il peccato, con tutte le forze, metteremo impegno per tornare ad essere testimoni di Gesù. Chiederemo subito perdono e ci prepareremo a confessare i peccati vivendo nella gioia dell’amore del Signore. Sarai gioiosa, mentre vai incontro al Pastore che cerca la pecora (Lc 15,7.10.23).

  

167 Abba Bartolomeo

“«Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo…»”, proseguì l’abba: “Sostituisci, o Padre, la memoria del nostro peccato con il ricordo e la presenza di Gesù. Quando lui è in noi, noi siamo in te, bell’e perdonati. Il tuo Figlio Gesù arriva in noi presente nel suo corpo, nella Chiesa, che è santa della tua santità. Egli arriva nella concretezza delle relazioni con i tuoi figli e i tuoi ministri, anch’essi peccatori. Mai tu, o Padre, ci mandi un Gesù volatilizzato come fantasma o come angelo lontano dal nostro mondo. Noi stessi, peccatori, rimettiamo con gioia i debiti ai fratelli, lieti che tu tieni conto del nostro debole amore. Sei un Padre meraviglioso, che confermi e stabilisci nei cieli ciò che noi facciamo sulla terra (Mt 16,19; Gv 20,23). Amen, alleluia!”. E tutti i presenti esclamarono: “Amen. Alleluia!”.

  

E NON ABBANDONARCI ALLA TENTAZIONE,

MA LIBERACI DAL MALE.

168 Abba Bartolomeo

“«E non abbandonarci alla tentazione»”, continuò l’abba alzando gli occhi con umiltà: “Sappiamo che il Padre non ci abbandona mai, lo dice lui stesso tramite i profeti e nei salmi. Non ci ha mai abbandonati, come non ha abbandonato Gesù sulla croce. Siamo scritti, scolpiti, sul palmo delle sue mani! (Is 49,16)”. Tutti ascoltavano in silenzio, finchè un giovane candidamente chiese: “Abba, che cos’è la tentazione?”. Il silenzio si coprì di curiosità. Tutti, o quasi, ritenevano di sapere cos’è la tentazione, ma non avrebbero saputo dirlo. La tentazione? Per alcuni era addirittura una parola sconosciuta. Dato che in molti ambienti non si parla mai di peccato, a nessuno capita di immaginare la tentazione.

  

169 Abba Bartolomeo

La tua domanda: «Che cos’è la tentazione?» è importante”, disse l’abba al giovane. “Tu, hai un amico? Tu ti fidi di lui perché nei giorni difficili ti è stato vicino faticando o rischiando la sua reputazione. Hai così la prova che è un amico vero, degno di questo nome. Anche Dio mette alla prova i suoi amici. Chiese obbedienze difficili ad Abramo: così noi sappiamo che fu suo vero amico (Gdt 8,26), e pure Giobbe fu messo alla prova (Gb 1,8-11). Il diavolo invece, Satana in persona, usa la prova della fedeltà per far cadere l’amico di Dio nella ribellione e nella bestemmia. In tal modo la prova diviene tentazione”. “Forse ho capito”, rispose il giovane: “La stessa cosa, nelle mani di Dio è una prova, in quelle del diavolo è una tentazione”. Approvò anche abba Paolo.

  

170 Abba Bartolomeo

La parola tentazione occupava ancora la mente e l’attenzione di tutti. “Il diavolo vuole trascinare tutti lontano da Dio, per far perdere loro la vita. Egli stesso infatti esiste senza vita, vita che è Gesù, il dono di Dio, e vuole toglierlo a tutti. Egli è diviso in se stesso, in lotta tra vivere e non vivere: infatti il vivere senza Gesù, che è il suo amore, è non vivere. La vita lontana da Dio è esistenza senza amore, non è vita: in questo vuoto il nemico vuol gettare gli uomini (cf. Lc 8,29). Egli approfitta di ogni occasione di fedeltà a Dio per sedurre e ingannare, come fece il serpente con Eva e Adamo (Gen 3,1). Egli sta accovacciato alla porta come alla porta di Caino (Gen 4,7). Il figlio di Dio perciò sta sempre in guardia e chiede aiuto per riuscire vittorioso”. Così l’abba cercava di spiegarsi.

  

171 Abba Bartolomeo

Un’amma disse ad alta voce: “A cosa mira la tentazione? A farci peccare? E se io non sapessi che una mia azione è peccato, sarei ugualmente colpevole?”. Tutti si girarono verso di lei, e l’abba rispose deciso: “Un peccato, anche se tu non sai che è peccato, danneggerà e lacererà la tua anima, e anche il tuo corpo. Anzi, se non sai che è peccato, il danno sarà peggiore, perché non ti convertirai e non correrai a chiedere perdono, così che il frutto di quel peccato si protrarrà nel tempo e nelle relazioni con gli altri, diventando anche scandalo per lungo tempo”. Alcuni dei presenti rimasero quasi inebetiti. Pensavano che se uno non sa che un’azione è peccato, faccia bene a compierla.

  

172 Abba Bartolomeo

L’abba allora continuò: “Vedo la vostra insicurezza. Il peccato, anche se non sai che è peccato, produce il suo danno a chi lo commette, e ne rovina le relazioni. Posso farvi un esempio?”. Varie voci si levarono: “Si, abba, ti ascoltiamo”. E lui: “Quando andate a raccogliere funghi, raccogliete tutti quelli che vedete?”. Un discepolo rispose: “No, abba. Io raccolgo solo quelli che conosco. Ce ne sono anche di velenosi”. Sorridendo l’abba: “Proprio così". Sorridendo l’abba: “Proprio così. Se non li conosci, t’informi da chi li conosce meglio di te, altrimenti li lasci nel bosco. Sai infatti che se ne raccogli anche uno solo velenoso, questo non perde il veleno per il fatto che tu non sai che ce l’ha; se tu lo mangiassi ti danneggerebbe la salute o ti avvierebbe alla tomba”.

  

173 Abba Bartolomeo

I funghi attirarono l’attenzione di tutti. “Le nostre azioni sono come i funghi? Proprio così”, continuò l’abba. “È necessario saper distinguere le tentazioni dalle ispirazioni di Dio. Un cristiano deve individuarle per non commettere peccati senza saperlo. I peccati infatti danneggiano la vita, la propria, e spesso quella altrui. Fanno danni anche i peccati sessuali, che qualcuno ritiene siano solo divertimenti giovanili, desiderabili anche dagli anziani. Quante persone poi devono correre a farsi curare dagli psichiatri, e non pensano di cercare un abba per chiedere perdono e convertirsi! Chi non conosce le tentazioni, non conosce i peccati, e quindi nemmeno il medico e la medicina adatti per i danni che quelli causano alla sua anima e al suo corpo”.

  

174 Abba Bartolomeo

Abba Giovanni ascoltava in silenzio. Intuendo che le sue parole avrebbero giovato, intervenne: “Come ci comportiamo con i funghi, dovremmo comportarci con molte altre realtà: libri, romanzi, giochi, feste, riviste, ambienti, club, spettacoli, film, siti web, corsi di vario genere… In essi possono nascondersi molte tentazioni. Di essi userai solo quelli che sai non essere dannosi per la fede e per la comunione nella Chiesa. Se non sai, ti informerai. Chi non è attento rischia di venir incantato, sedotto e tentato di tradire il nostro Signore Gesù Cristo in vari modi, fino a farsi plagiare e irretire in eresie o fino a cadere nella trappola del panteismo”. Tutti erano attenti. Alcuni arrossirono, già infettati da qualcuna delle realtà menzionate, e la loro fede rosicchiata. I dubbi laceravano la serenità e la pace del loro cuore.

  

175 Abba Bartolomeo

Amma Caterina era attenta, e sussurrò: “Quali saranno le tentazioni peggiori? Arriveranno anche a me?”. La udì abba Bartolomeo, che disse: “Certo, arriveranno anche per te. Sono arrivate persino per il Figlio di Dio, per Gesù, quindi non meravigliarti. A lui sono arrivate le tentazioni più insidiose: Gesù è stato «condotto nel deserto» (Mt 4,1) per manifestare la sua fedeltà al Padre (Os 2,16), e là il tentatore trasformò le prove in tentazioni. Gli disse: «Se sei Figlio di Dio, di’…», buttandogli là l’idea che Dio è il potente, e quindi lui, suo figlio, potrebbe fare miracoli senza chiedere il permesso a nessuno, a vantaggio del proprio egoismo. La tentazione sta nel guardare Dio non come è, cioè Padre che ama, ma come uno che ha poteri, e quindi se stesso non come figlio che per amore ubbidisce, ma come uno che ha ricevuto dei poteri per dominare le cose e le persone”.

    

176 Abba Bartolomeo

Era sottile questa tentazione”, disse abba Paolo, “ma Gesù si è appoggiato alla Parola della Scrittura ed è rimasto fedele. Deve aver pensato così: Dato che io sono Figlio di Dio, gli ubbidisco: attendo le sue indicazioni, e non faccio nulla da me stesso. Il pane necessario alla mia vita è la volontà del Padre mio: mi nutrirò delle sue parole”. Bartolomeo continuò: “Impareremo da Gesù: rimarremo saldi nella certezza che essere figli di Dio non significa essere padroni del mondo, e non significa fare quel che si vuole. Essere figli di Dio significa essere amati da lui, e perciò decisi a cercare e ascoltare ogni sua Parola: essa è il vero bene per noi e per tutti. Nulla diverrà tentazione: daremo a Dio ogni giorno e in ogni occasione prova di fedeltà”.

  

177 Abba Bartolomeo

Abba Paolo volle continuare: “Dev’essere stata avvincente per Gesù la terza tentazione: ‘Nessun re sarà capace di regnare nel mondo come saresti in grado tu, dato che sei Figlio di Dio. Pensa che vantaggio e che fortuna per gli uomini se fossi tu il re di tutti i regni! Cosa aspetti? Non ami gli uomini tanto sofferenti per il dominio di uomini dispotici? Allora inginocchiati e fa’ ciò che ti dico io’. È terribile!”. Amma Caterina disse a voce alta: “Gesù aveva nel cuore la Parola: «Dio solo adorerai» (Mt 4,10). Ubbidendo ad essa diede prova d’essere davvero Figlio del vero Dio: il Padre gli avrebbe concesso di amare gli uomini in un modo ancor più sublime e concreto, offrendo la propria vita. Chiunque avesse conosciuto questo suo amore, avrebbe poi scelto lui come proprio re”.

  

178 Abba Bartolomeo

Abba, vorrei dire ad amma Caterina che io so qual è la tentazione peggiore”, disse una signora venuta dalla città. Parlò a voce alta per farsi udire da tutti: “È quella che s’impone per farmi tacere i peccati in confessione. Mi convince che non sono da dire, soprattutto i peccati di fornicazione e adulterio. Quando, la settimana scorsa, con grande fatica, ho manifestato all’abba quel genere di peccati, mi sono sentita molto sollevata. Da allora ho iniziato a guarire dalla malinconia e dall’ansia, che i medici non capivano da dove venisse. I miei famigliari mi dicono addirittura che ho cambiato volto”. L’abba annuì: sapeva che le cose stanno così. Nel suo cuore ringraziò Gesù e davanti a tutti ringraziò l’amma per questa confidenza affidata a tutti con libertà: molti ne ricevettero stimolo per vincere quella tentazione strisciante e nascosta, presente ovunque nella Chiesa.

  

179 Abba Bartolomeo

Un giovane dai capelli lunghi prese coraggio: “Abba, anch’io dopo la confessione dei peccati e il perdono di Gesù sono rinato. Vorrei che tutti sapessero quale grande dono è questo sacramento. E vorrei che tutti trovino un abba cui confidare le proprie disobbedienze al Padre, mettendo alla luce le menzogne che li hanno fatti cadere nelle trappole delle tentazioni. Oltre al perdono, riceveranno anche consigli e benedizione per ricuperare forza interiore, lucidità di vedute e gioia di vivere”. L’abba ascoltava benedicendo il Signore Gesù, che continua a dare salvezza, proprio in questo mondo divenuto perverso e malvagio, come ha scritto l’apostolo (Gal 1,4; Fil 2,15).

  

180 Abba Bartolomeo

Il giovane si sentì incoraggiato: “Abba, pare che i potenti progettino di guidare il mondo con la tecnica detta ‘intelligenza globale’. Di certo in essa non ci saranno le tentazioni del Maligno!”. L’abba divenne serio: “Un’intelligenza? Sarà artificiale, opera dell’uomo, avido ed egoista, un qualcosa che ignora il Padre e il suo amore. Non sarà forse quella di Lucifero, che progettò Babele? (Gen 11,4-6)”. Il pensiero di tutti andò a Dio, che ha dato all’uomo intelligenza, e, grazie al suo santo Spirito, lo ha persino arricchito del dono dell’intelletto. Questi doni non serviranno più? Gesù stesso aveva detto alla gente, tentata di non pensare e di non ragionare per affidarsi alle conclusioni degli scribi: “«E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?» (Lc 12:57)”.

  

181 Abba Bartolomeo

Il giovane, meravigliato, disse allora: “Un’invenzione così grande, una tecnica che sostituirà gli uomini, spesso incerti nel prendere decisioni importanti e quotidiane, non potrà che essere un bene per l’umanità!”. Serio, l’abba gli rispose: “Quando essa terrà conto del buon senso e di attenuanti per eccezioni motivate, quando soprattutto dimostrerà di usare misericordia, allora mi ricrederò. Temo sia una tremenda tentazione del maligno, che scaverà la fossa a chi l’ha inventata e a chi la userà, e renderà schiavo chi da essa si farà guidare. Padre santo e buono, non abbandonarci a questa tentazione, strappaci da essa!”. Si udì un coro di “Abbi pietà di noi, Signore Gesù! Buon pastore, vieni tu a guidare gli uomini!”.

  

182 Abba Bartolomeo

Un abba anziano disse: “Nelle Scritture leggi queste parole: «Figlio, se ti presenti per servire il Signore, preparati alla tentazione» (Sir 2,1). Tutti i figli di Dio avranno tentazioni da affrontare. Quelle più dure saranno per loro. Sta scritto infatti: «Accetta quanto ti capita e sii paziente nelle vicende dolorose, perché l'oro si prova con il fuoco e gli uomini ben accetti nel crogiuolo del dolore. Affidati a lui ed egli ti aiuterà, raddrizza le tue vie e spera in lui» (Sir 2,4-5). La tentazione è preziosa, è occasione di purificazione del cuore e dell’anima, come il fuoco per l’oro. Il figlio di Dio, quando sarà tentato, non si spaventerà: vedrà Gesù accanto a sé”. Il silenzio avvolse l’ambiente, invitando tutti a pregare.

  

183 Abba Bartolomeo

Bartolomeo continuò: “«E non abbandonarci alla tentazione». Il Padre non ci abbandona nel momento in cui mette alla prova la nostra fedeltà: ci darà lo Spirito Santo che ci ricorderà la Parola utile a ravvivare in noi il discernimento e ci fornirà fortezza per difenderci. Realizzeremo il suggerimento del Salmo: «Come potrà un giovane tenere pura la sua via? Custodendo le tue parole (Sal 118,9)». Il Padre non ci ha abbandonati mai, e mai lo farà, dato che glielo chiediamo con insistenza ogni volta che preghiamo”. L’abba guardandosi attorno vide molti volti attenti.

  

184 Abba Bartolomeo

Amma Rita espresse un dubbio: “Mia zia preferisce pregare in latino, soprattutto per via della frase: «Et ne nos inducas in tentationem». Dice che «non abbandonarci» sia una traduzione non corretta delle parole di Gesù. È convinta che si debba dire al Padre: «Non indurci in tentazione»”. L’abba le disse: “Tua zia teme forse che Dio faccia cadere nelle tentazioni chi non dice così? Dille che non si preoccupi. Ci ha già promesso di non abbandonarci (Dt 31,6.8), ma, come scrive l’apostolo Giacomo, ci ha anche assicurato che non ci tenterà: «Nessuno, quando è tentato, dica: "Sono tentato da Dio"; perché Dio non può essere tentato al male ed egli non tenta nessuno. Ciascuno piuttosto è tentato dalle proprie passioni, che lo attraggono e lo seducono» (Gc 1,13-14). Ti dirò di più”.

  

185 Abba Bartolomeo

“A proposito del pregare in italiano o in latino, che ve ne pare? Quale traduzione delle parole di Gesù è migliore? Se fosse più esatta in cinese o in lingala, dovremmo… imparare queste lingue per pregare? Di’ a tua zia, e alle sue amiche, che Dio Padre non bada alle lingue da noi usate, ma soltanto alla sua: lo Spirito Santo, lingua come di fuoco (Ap 2,3). Gesù parlava in questa lingua! Il Padre infatti comprende i gemiti dello Spirito, come scrive l’apostolo: «Lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili, e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio» (Rm 8,26-27). Il Padre ascolta «i gemiti dello Spirito» presente in noi. I nostri discorsi li traduce sempre nella lingua dello Spirito”.

  

186 Abba Bartolomeo

Amma Rita ascoltava con attenzione, per portare alla zia parole di consolazione. L’abba se ne accorse, e disse: “Di’ pure a tua zia che Dio le ha dato una mamma per insegnarle a parlare e ad ascoltare. Il Padre e Gesù, quando vorranno manifestarle il loro amore e le loro volontà, useranno quella lingua: di certo non le parleranno in latino, e si aspettano che usi quella lingua anche per parlare con loro. Se lei volesse usare una lingua diversa dalla propria, che impressione farebbe a Dio? Che fa sfoggio di cultura? O che sta giocando? O che non desidera ascoltarlo? Con nessun linguaggio riuscirà a dar voce ai «gemiti inesprimibili» dello Spirito”. Si udirono sospiri di sollievo, e una voce: “Grazie, Signore Gesù Cristo! Anche tu hai parlato e pregato con la lingua che ti ha insegnato la tua santissima Madre!”.

  

187 Abba Bartolomeo

Un giovane, che pareva distratto, sorprese tutti: “Abba, se il Padre ascolta «i gemiti dello Spirito» e non le nostre parole, sarà inutile che noi preghiamo. Inutile che trascorriamo del tempo nelle chiese.”. L’abba, osservandolo con simpatia, si rivolse a tutti: “No, assolutamente! Se il Padre ascolta lo Spirito che è in noi, noi cercheremo con ogni impegno di accoglierlo, di custodirlo, di non rattristarlo (Ef 4,30). A questo mira il nostro pregare e il tempo trascorso in chiesa. Per questo Gesù ci ha donato le parole della preghiera del Padre nostro, che sono pure la chiave di lettura dei Salmi, e sono l’avvio alla preghiera che ci sgorgherà dal cuore e fiorirà sulle nostre labbra. Pregando riceveremo lo Spirito Santo che Gesù ha promesso (Lc 11,13) e che il Padre ascolta”. Anche la tentazione del non pregare è così venuta alla luce.

188 Abba Bartolomeo

Amma Caterina desiderava porre ancora qualche domanda: “Dato che le tentazioni ci sono e ci saranno per tutti, mi chiedo: come le affronteremo? Temo di non riuscire a vincerle”. L’abba, con decisione: “Perché temi, amma? Gesù ci ha dato le parole per chiedere al Padre di non abbandonarci ad esse, vuoi che colui che ci ama non ci ascolti? Il Padre darà forse pietre a chi chiede pane e serpi a chi chiede pesce (Lc 11,11)? Egli ci darà prudenza e semplicità, luce e discernimento per riconoscerle, e forza per superarle e vincerle trasformandole in occasioni per esercitare la nostra fedeltà. Quando preghiamo, pregheremo con la fiducia e la gioia di chi ha già ottenuto (Mc 11,24)”.

  

189 Abba Bartolomeo

Abba Paolo, leggendo il profeta Isaia , fu colpito dalle parole: «Ascoltate la parola del Signore, capi di Sodoma; prestate orecchio all'insegnamento del nostro Dio, popolo di Gomorra!» (Is 1,10). Disse a tutti: “Quando diciamo: «E non abbandonarci alla tentazione», penso ai profeti, che riassumono con poche parole gli ambiti in cui agisce il maligno per tentare il suo popolo. Usa i nomi delle città di Sodoma e Gomorra, distrutte da secoli. Le tentazioni più facili da usare per il nemico erano, e sono ancora oggi, quelle con cui sottomise a sè quelle due città: la tentazione di impudicizia e perversione sessuale, e quella dell’avarizia accompagnata dalla cattiveria, che genera ingiustizie sociali. Da queste chiediamo a Dio che ci protegga con forza”:

  

190 Abba Bartolomeo

Amma Caterina continuò: “Anche quest’ultima richiesta riguardo alle tentazioni è per il «noi». «Non abbandonare noi…», la Chiesa santa”. L’abba si fece serio: “Sì, supplichiamo il Padre che non abbandoni la Chiesa. Ci saranno per essa le tempeste che la faranno vacillare, come la barca sul lago (Mt 8,24), ma Gesù stesso prega con insistenza perché non si insinui tra i discepoli e gli apostoli il Maligno che divide (Gv 17,11.15). Purtroppo discordie e divisioni lacerano la Chiesa e le tolgono la grazia di essere il segno che attira i cuori degli uomini a Gesù per essere da lui salvati. Le tentazioni molte volte lungo i secoli ci hanno trovati deboli e privi di Spirito Santo, e la Chiesa ha sofferto e soffre separazioni e diffidenze tra i figli di Dio”.

  

191 Abba Bartolomeo

Un discepolo intervenne: “Nella Chiesa qualcuno mette dubbi sull’operato di altri fedeli o di qualche pastore. E se avesse ragione?”. “Le ragioni potrebbero esserci”, rispose l’abba. “Ci sono ragioni qua e ce ne sono là, ma dov’è lo Spirito Santo? Noi cercheremo anzitutto lo Spirito Santo, senza dimenticare le ragioni. Se non lo vedrò nelle ragioni, guarderò i frutti. Quando qualcuno, sicuro delle ragioni, diventa giudice e accusatore, strazia le anime e divide la Chiesa. Ne vorrebbe un’altra, pura e senza difetti, ma sarà senza carità e superba. Chi giudica e accusa saprà solo parlar male, e finirà per non annunciare Gesù. E rifiuterà il dialogo, proprio come chi è plagiato. Nascerà una setta. Invece delle ragioni cercheremo sempre lo Spirito Santo, il dono che fa esultare di gioia Gesù, il dono che ci rende veri figli del Padre!”.

  

192 Abba Bartolomeo

Bartolomeo proseguì: “Gesù aveva previsto l’arrivo delle tentazioni per i discepoli: per questo ha incaricato Pietro di confermare i fratelli nella fede (Lc 22,32), dopo che si sarebbe riavuto dal peccato d’infedeltà. Pietro così avrebbe svolto il suo compito con compunzione e umiltà, sapendo d’essere stato egli stesso per primo fragile nella prova. Con dolcezza e umiltà avrebbe tenuto unita la Chiesa. Se essa si dividesse, sarebbe danno terribile: impedirebbe al mondo di vedere il miracolo dell’unità. Quando la Chiesa è divisa, il mondo è scandalizzato e non si converte, non accoglie Gesù come proprio Salvatore. Il Divisore tenta di suscitare tra i credenti peccati di orgoglio, di vanagloria, talvolta anche di impudicizia, per togliere spazio allo Spirito Santo e impedirgli di donare comunione, unità e pace”.

193 Abba Bartolomeo

Mentre il silenzio aiutava tutti a riflettere, l’abba aggiunse: “Tra i discepoli del Signore prese posto una tentazione particolare. Ricordate Tommaso? Non credette agli altri dieci. Questi gli dicevano, con gioia, di aver incontrato Gesù risorto, ma lui si ostinava a dire che avrebbe creduto soltanto ai propri occhi e alle proprie dita (Gv 20,25). E sì che i suoi occhi stavano già vedendo la gioia dei dieci, ma il suo orgoglio gli impediva di prenderla sul serio. Tentazione pericolosa l’orgoglio!”. Si udì qualche sospiro, e amma Rita intervenne: “Per comprendere i messaggi di Dio dovrei tener conto degli uomini?”. Bartolomeo alzò lo sguardo: “Certo, da quando Dio disse d’aver creato l’uomo «a sua immagine e somiglianza», non possiamo ignorare gli uomini: sono sempre presenti nella nostra relazione con il Padre”.

  

194 Abba Bartolomeo

E continuò: “La Parola del perdono di Dio viene pronunciata dalla bocca di uomini, come l’amore del Padre per i malati usa la mano dell’uomo, e la sua benedizione arriva a ciascuno ancora con voce umana. Dio talora si serve di angeli, ma solo per dare avvio a qualche suo intervento o per svegliare qualcuno dal sonno. Anche il perdono di Dio arriva ad un uomo quando questi cerca Gesù, e lo trova incontrando coloro che lui ha mandato. Quando chiedi perdono, Dio ti perdona, ma tu ne sei assicurato solo quando te lo dice una voce d’uomo. Lo ha dichiarato anche San Paolo: «Dio ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione» (2Cor 5,18)”.

  

195 Abba Bartolomeo

L’abba si guardò attorno. Vedendo i giovani ancora desiderosi di ascoltare, continuò: “Il maligno sa che noi siamo fragili e che da soli non riusciamo a difenderci, perciò cerca di seminare discordie e contrasti, così da dividerci gli uni dagli altri. Quando siamo divisi siamo deboli e incapaci di resistere alle sue tentazioni”. Amma Teresa chiese: “È per questo che Gesù ci fa continuare la preghiera dicendo: «Liberaci dal male»?”. L’abba riprese: “Anche per questo. Da soli non riusciamo a difenderci dal potere devastante del Maligno. Questi è astuto, intelligente e forte. Se non intervenisse il Padre con la potenza del suo amore, noi soccomberemmo”.

  

196 Abba Bartolomeo

Abba Paolo desiderava condividere le sue conoscenze bibliche: “«Liberaci dal male» è la traduzione delle parole scritte da Matteo in lingua greca. Potrebbero suonare anche così: «Strappaci dal Maligno». È una traduzione cruda, ma renderebbe meglio l’idea. I peccati sono segno che il diavolo, «come leone ruggente» (1Pt 5,8), ha già piantato i suoi unghioni nella nostra carne. È necessario che qualcuno, con forza, ci allontani da lui, pur rischiando di strapparci qualche brandello di carne. È certamente meglio soffrire un po’ che perdere la vita, che rimetterci la salvezza e la santità”. L’intervento di Paolo ha aiutato tutti a comprendere come la nostra vita è preziosa per Gesù.

  

197 Abba Bartolomeo

Come farà il Padre a strapparci, a liberarci dal Maligno?”, chiese un discepolo. Bartolomeo ringraziò anzitutto abba Paolo: “Le tue parole ci fanno comprendere che siamo preziosi per Dio. Gesù, nella sua preghiera, aveva chiesto al Padre: «Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal maligno» (Gv 17,15). Il Padre di certo ascolta Gesù!”. E poi al discepolo disse: “Come farà il Padre a liberarci da lui? Ci mette vicini a Gesù: egli, vero pastore delle pecore, con esse è dolce, ma col Maligno è deciso. Anzi, lui stesso si mette in mezzo offrendo la propria vita”. Abba Paolo intervenne di nuovo: “Quando Gesù nel deserto si trovò di fronte al tentatore, tre volte pronunciò una frase dei libri santi (Mt 4,4.7.10). Ogni volta quella Parola bastò a far tacere e ad allontanare il Maligno”.

  

198 Abba Bartolomeo

L’abba continuò: “Dicendo al Padre «strappaci dal Maligno» è come gli dessimo l’autorizzazione a trattarci come fa il chirurgo, che, anche a costo di far soffrire, taglia, e procede senza ascoltare i lamenti del paziente: lo sta salvando. Il Padre sa che nessun altro può intervenire a liberare l’uomo, impotente di fronte al potere malvagio. Meglio un occhio solo, un piede solo, una mano sola, ma con Dio, piuttosto che un giorno solo nelle mani del nemico. Gesù ce l’ha detto con sufficiente chiarezza” (Mc 9,43ss).

  

199 Abba Bartolomeo

L’abba aggiunse: “Anche in questa frase Gesù usa il “noi”: «strappa noi, libera noi». Non solo io, ma tutta la Chiesa è in pericolo, la Chiesa ha bisogno di essere liberata dagli artigli. Preghiamo perciò con forza e con fiducia: «Liberaci dal male». Libera, o Padre, la tua Chiesa dalla forza e dall’inganno della tentazione, liberala dal maligno menzognero che circola nel mondo, liberala dalle idolatrie piacevoli e facili. Quest’ultima espressione della preghiera del Signore è la richiesta di un esorcismo continuo. Il Padre lo realizza con la croce di Gesù: essa è sempre presente nella vita dei cristiani, e il maligno la fugge. Il maligno non sopporta la croce accolta e offerta come atto di amore. Anche il segno di croce che tracciamo sul nostro corpo spaventa il nemico”.

  

200 Abba Bartolomeo

Abba”, disse uno dei giovani, “odo spesso critiche contro la Chiesa. Vien detto che gli uomini che la rappresentano non sono coerenti, non vivono il Vangelo, ma cercano i propri interessi mondani. Cosi si sente giustificato chi dice che possiamo vivere ignorando Dio”. L’abba si fece triste, ma disse: “Amico, vai per un momento nel Getsemani. Tutti gli apostoli sono scappati. Gesù è incatenato e soffre al vedersi solo, abbandonato dai suoi (Mc 14,50). Lo abbandoneresti anche tu? Pietro lo ha seguito, sì, ma per rinnegarlo poco dopo (Gv 18,17). Gesù, risorto dai morti, proprio a lui ha detto: «Pascola le mie pecore» (Gv 21,16). E a tutti gli apostoli fuggiti: «Come il Padre ha mandato me, così io mando voi. A chi rimetterete i peccati saranno rimessi» (Gv 20,21.23). Tu con chi stai?”. Il giovane rimase confuso, e tacque. Aveva di che riflettere, e decidere. Gli venne in mente la parola: «Vinci il male con il bene» (Rm 12,21). Nonostante tutto Gesù è stato fedele alle sue promesse.

  

201 Abba Bartolomeo

“Padre, «Liberaci dal male»”, continuò l’abba, “e perdonaci. Sappiamo che quando cerchiamo con tutte le forze Gesù, tu ci liberi. Hai liberato il paralitico che scendeva dal soffitto, lo hai liberato dal peccato e dalla sua forza malefica, proprio perché ad ogni costo voleva incontrare tuo Figlio che già riconosceva come suo salvatore”. Un’amma disse alla sua vicina: “Chi fa passi per amare Gesù non è più nel peccato,lontano dal Padre; il suo peccato non esiste più e non rattrista più la sua anima. Infatti Gesù ha dovuto dire a quel paralitico: «I tuoi peccati sono perdonati» (Mc 2,5). Quando io cerco un abba per chiedere perdono a Dio, prima di dire i peccati, faccio qualcosa per accogliere Gesù e amarlo, come quell’uomo calato dal soffitto con l’ascensore manuale”. Chi era vicino e ha udito, rise di gusto.

  

202 Abba Bartolomeo

Poi l’abba aggiunse: “Padre, «Liberaci dal male»: il drago rosso, che Giovanni vide (Ap 12,3.15), continua a insidiare la Chiesa per divorare il Figlio che essa, come madre, offre al mondo. Il drago si infuria contro la donna, la Chiesa, per impedirle di compiere la missione che Dio le ha dato. Farà guerra «contro i santi» e si farà adorare da «tutti gli abitanti della terra» (Ap 13,8). In ogni epoca, e anche nella nostra, si compie questo mistero, per cui chi è avviato al regno dei cieli soffre violenza (Mt 11,12), vera persecuzione. Continueremo perciò a dire al Padre: «Liberaci dal male». Le nostre forze non bastano: abbiamo bisogno della Parola e della presenza di Gesù, il Figlio, l’unico «forte» che vince il nemico e libera l’uomo e la terra dalla sua malvagità”.

  

203 Abba Bartolomeo

Mentre parlava, l’abba notò la prepotente reazione di un discepolo ad una parola o ad una dimenticanza di un altro giovane. L’abba rimase colpito. Volendo custodire quel discepolo dal Maligno, disse: “Gesù non si difende. Noi impariamo da lui!”. Ma quello tenne il broncio, la durezza sul volto. Perciò l’abba gli disse: “Vedo che abiti all’estero”. Amma Violetta, sorpresa, chiese all’abba: “Cosa gli hai detto? Che significa?”. Bartolomeo le rispose: “Il discepolo di Gesù che si offende o che si difende ha abbandonato la patria, non vive con Gesù. Egli è in esilio dalla sua vera patria, che è il regno dei cieli”. Amma Violetta e tutte le amma gioirono per le parole dell’abba: davano luce ad alcuni comportamenti, quelli che le portano fuori dal cuore del Padre.

  

204 Abba Bartolomeo

“«Liberaci dal male»”, continuò l’abba. “Il Maligno trova fessure attraverso cui entrare nella mente, nella volontà, negli affetti dei figli di Dio. Noi chiediamo al Padre di liberarci: questa richiesta ci impegna a fare attenzione per non remare contro quanto noi stessi gli chiediamo. Cercheremo perciò di discernere ciò che è da Gesù da ciò che non può provenire da lui. Pregare è importante, ma altrettanto importanti le decisioni, le parole, le azioni che facciamo: baderemo che queste siano accordate alla preghiera. Preghiera e vita saranno un tutt’uno”.

  

205 Abba Bartolomeo

Un discepolo chiese: “Abba, quando diciamo «liberaci dal male» chiediamo anche di liberare qualcuno come Maria di Magdala dai sette demoni (Lc 8,2), o come la donna di Filippi, schiava degli uomini e schiava dello spirito indovino (At 16,16-18)?”. L’abba si fece serio: “Con questa invocazione chiediamo al Padre l’esorcismo per tutta la Chiesa. In essa talora ci sono persone che soffrono in modo speciale il peso e il frutto del peccato del mondo. Sono possedute dal maligno, pur non avendo peccato più degli altri. Offrendo a Dio tale sofferenza, esercitano la santità. Ad essi è affidata una missione particolare, manifestare a tutti la presenza del nemico e quant’esso sia pericoloso e nocivo per l’uomo. La loro sofferenza è un avvertimento di Dio per coloro che cedono facilmente alle tentazioni e per chi si consegna a Satana e lavora con lui. Con la loro croce invitano tutti a tenersi uniti e vicini al Signore Gesù”. Tutti mormorarono: «Liberaci dal male»!

  

206 Abba Bartolomeo

Un giovane, quasi vergognandosi, disse: “Nel mio villaggio, in una villa detta ‘dei fantasmi’, di notte si odono strani rumori e si muovono ombre e figure spaventose. Dicendo «liberaci dal maligno» intendiamo chiedere la liberazione anche delle case o di altri luoghi da quelle cose?”. Abba Bartolomeo sorrise: “Noi non sappiamo di cosa sia capace il nemico! Quello che hai detto tu non è il peggio: in certe case non si sentono rumori, ma vi soffia un’aria di discordia che fa litigare chi vi abita. In altre sorge curiosità per tutto ciò che sa di orrore, di sesso e di occulto. Al Padre chiediamo di essere liberati da ogni opera del maligno e da ogni sua presenza. Alcuni credenti ogni anno invitano l’abba a benedire la casa e invocare in essa il santo nome di Gesù, che la illumini e la protegga e la riempia con la luce del suo santo Spirito”. Il giovane ebbe un sospiro di sollievo.

  

207 Abba Bartolomeo

Amma Lucia esclamò: “Quando la Chiesa sarà libera dagli artigli del maligno, in essa risplenderà in tutto il suo fulgore il Regno dei cieli!”. Abba Bartolomeo disse a tutti: “Ne siamo certi! Quando la Chiesa non è libera dal male, è sale senza sapore e candelabro spento. Guai se la Chiesa non si distinguesse dal mondo: «A null'altro servirebbe che ad essere gettata via e calpestata dalla gente» (cfr. Mt 5,13). Per questo eleviamo spesso al Padre con speranza e con fede questa supplica: «Liberaci dal male». Quando la Chiesa è libera dal male, è lievito che trasforma la società per rendere possibile la vita sulla terra. Questa preghiera la eleveremo sempre, perché il Maligno «come leone ruggente» continua ad andare «in giro cercando chi divorare» (1Pt 5,8)”. Gesù è con noi, e noi saremo salvi”, disse a voce alta abba Filippo, risollevando il cuore di tutti!

  

208 Abba Bartolomeo

Amma Francesca, che ascoltava in silenzio, intervenne: “Abba, la preghiera di Gesù finisce con questa richiesta al Padre, di strapparci dal potere del Maligno. Sarebbe bello terminarla ringraziando, oppure lodando il nostro Dio per la bellezza e grandezza del suo amore e per la potenza con cui ci libera dal male e ci salva. Non è possibile?”. L’abba sorrise: “Questo è ciò che hanno fatto già i credenti santi delle prime comunità. Essi concludevano il canto o la recita delle parole di Gesù, che la memoria di Matteo ci ha trasmesso, aggiungendo: «Poiché tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli. Amen!» (Liturgia). Non abbiamo infatti mai parole sufficienti per ringraziare Gesù di averci insegnato a pregare, né parole e fiato sufficienti per onorare e adorare il Padre nostro!”.

  

209 Abba Bartolomeo

E aggiunse: “«Liberaci, strappaci dal Maligno», o Padre. Custodiscici perché non ti abbandoniamo, perché non siamo di impedimento al tuo regno. La tua mano e la tua luce distruggano le opere e le seduzioni del Maligno. Vogliamo solo te con noi e il tuo Figlio Gesù! Riceveremo il tuo santo Spirito per portarlo ovunque. Che non entri nella nostra vita la divisione e la discordia, l’impurità e la bestemmia, l’idolatria e l’avidità, la menzogna e la superbia (Ef 5,3). Rimani tu in noi, saldo e forte, santo e misericordioso. La tua luce risplenda sul nostro volto per renderci tuoi testimoni. Tu, Padre, con il tuo Figlio Gesù!”.

  

210 Abba Bartolomeo

Agli abba e alle amma spiaceva terminare la conversazione. Abba Marco disse: “I bambini che pregano sono esemplari. Sono innocenti, quindi sono certamente ascoltati dal Padre”. Bartolomeo sussurrò: “Noi consideriamo i bambini innocenti. Ricordo però che io da bambino avevo degli impulsi a ribellarmi, a fare da solo, ad essere ambizioso, a tenere i giocattoli per me. Evidentemente ero figlio di Adamo e la mia innocenza era già guastata. Anche la mia preghiera era egocentrica, quindi anche se bambino avevo bisogno di imparare a pregare”. Nessuno poté contraddire. Marco tuttavia continuò: “È bella la preghiera dei bambini quando pronunciano il nome santo di Gesù: quel nome è salvezza per loro, ed è fonte di gioia anche per tutti quelli che li ascoltano!”.

  

211 Abba Bartolomeo

L’abba riprese: “Quanto Gesù diceva, vale per tutti, anche per i bambini. Egli affermava che, prima di imparare a pregare come lui pregava, è necessario disimparare il pregare che ognuno ritiene di sapere o di saper fare”. Un discepolo intervenne: “Puoi farci un esempio, abba?”. Certamente”, rispose: “Il pregare dei farisei non piaceva a Gesù (Mt 6,5; Lc 18,11), tanto che non lo proponeva come esempio a nessuno. Essi si vantavano di essere migliori degli altri, di aver diritto ad essere considerati superiori. Si mettevano davanti a Dio con questi atteggiamenti. Ritenevano di non aver bisogno di misericordia, tanto da dare l’impressione che per loro Dio fosse inutile”.

  

212 Abba Bartolomeo

Abba Bartolomeo continuò ricordando che Gesù raccontò: “Il fariseo che pregava nel tempio ringraziava Dio, ma solo apparentemente; in effetti elogiava se stesso, raccontando a Dio le proprie azioni come fossero meriti. Così Dio gli serviva per autocompiacersi, per vantarsi. Si sentiva persino in diritto di giudicare il pubblicano, il cui pregare pentito e umile invece era gradito al Padre” (Lc 18,10). Intervenne abba Gregorio dicendo: “«Salvami, Signore! Non c’è più un uomo giusto; sono scomparsi i fedeli tra i figli dell’uomo» (Sal 12,2). Così ci viene insegnato a pregare, perché nessuno è giusto, nemmeno noi. Solo Gesù è giusto. Da lui impariamo!”. Gli abba tacevano. Ognuno vedeva dentro di sé i residui del peccato del mondo che lo impegnava quotidianamente a lottare.

  

213 Abba Bartolomeo

Abba Teodoro stimolò i presenti: “E che dire della preghiera dei pagani? Gesù ci mette in guardia dall’imitarla (Mt 6,7)”. Abba Zaccaria si sentì invitato ad aprir bocca: “Sono stato per anni pagano: pregavo solo quando mi pareva d’avere qualche bisogno, quando avevo l’acqua alla gola. Chiedevo cose materiali o interventi per evitare la sofferenza, la croce. Vedevo Dio come colui che può tutto, e volevo convincerlo ad intervenire là dove io ero impotente. Non mi occupavo del regno dei cieli e dell’edificazione della Chiesa, e nemmeno di dare testimonianza al Signore. Il mio pregare era attenzione a me, a ciò che ritenevo miei bisogni. Se non ottenevo, smettevo di pregare, dicendo che era inutile. Quando mi pareva di non aver bisogno di nulla, non pregavo”. Nessuno giudicò Zaccaria, perché tutti conoscevano quel pregare, che non è pregare.

  

214 Abba Bartolomeo

Abba Bartolomeo richiamò un passo della Scrittura Santa: “Ricordate, fratelli, il profeta Elia? Sul monte Carmelo, mentre i sacerdoti di Baal chiedevano inutilmente al loro Dio che mandasse il fuoco per il sacrificio, si prese gioco di loro, dicendo: «Gridate a gran voce, perché è un dio! È occupato, è in affari o è in viaggio; forse dorme, ma si sveglierà» (1Re 18,27)”. Teodoro aggiunse: “Solo Gesù ci rivela il vero volto e il cuore di Dio che è Padre, e come Padre conosce le necessità dei figli, tanto che non occorre che lo teniamo informato dei nostri problemi”. In tutti crebbe la riconoscenza al Signore Gesù, che ci mette nel cuore ogni giorno lo Spirito Santo per dire: «Padre nostro che sei nei cieli»!

  

215 Abba Bartolomeo

Un giovane si fece coraggio ed esclamò: “Queste cose non andavano dette all’inizio, prima di spiegare la preghiera, come ha fatto Gesù?”. Abba Zaccaria, il cui nome significa ‘Dio ricorda’, intervenne di nuovo, non per scusare gli abba per la dimenticanza, ma per aiutare tutti: “Sì, i pericoli della falsità nella preghiera si potevano dire all’inizio della nostra conversazione. Detti adesso, sono ancora all’inizio del pregare che tu e noi continueremo, riempiendo le giornate con l’amore al nostro Dio e Padre, con l’ascolto del suo Figlio amato, e con i «gemiti dello Spirito» ascoltati ed esauditi da Dio. Quando tu preghi, il tuo pregare non ha un inizio e una fine, perché ti trovi nel cuore di colui che è eterno e ti accoglie nella sua eternità!”.

  

216 Abba Bartolomeo

Abba Bartolomeo esortò tutti a rimanere sempre in preghiera: “«Come è tenero un padre verso i figli, così il Signore è tenero verso quelli che lo temono, perché egli sa bene di che siamo plasmati, ricorda che noi siamo polvere» (Sal 103,13-14). Dio Padre ci conosce molto bene e ci ama. Gesù lo sapeva, e per questo ci aiutò e ci aiuta, con la preghiera che ci ha suggerito, a immergerci nel suo amore. Vivremo ogni momento nascosti nel suo cuore, sì da venire impregnati della sua pazienza e sapienza, della sua mitezza e fedeltà, della sua benevolenza e misericordia. La sua pace e la sua gioia ci renderanno testimoni della sua gloriosa presenza”.

  

217 Abba Bartolomeo

L’abba concluse: “Padre nostro, con tutti i tuoi santi ti vogliamo lodare e benedire. Tu sei degno di ricevere onore e gloria da tutti gli uomini. La tua fedeltà paterna e la tua tenerezza materna ci avvolgono e ci penetrano le ossa per renderci simili a te. La tua immagine serena e santa viene riprodotta in noi, grazie al tuo Figlio Gesù. E il tuo santo Spirito ci fa somiglianti a te. Benedizione e gloria a te, che regni nei cieli e sulla terra. Tu, Padre nostro che sei nei cieli, trovi sulla terra il luogo della tua dimora nei cuori di noi, poveri peccatori, ma pur sempre figli tuoi. Osanna nell’alto dei cieli”. L’abba terminò così comunicando serenità e gioia a tutti gli abba, le amma, i discepoli e gli altri convenuti, che insieme cantarono: “Osanna nell’alto dei cieli”.

  

218 Abba Bartolomeo

Amma Margherita espresse il desiderio di pregare pure lei a voce alta, e l’abba si raccolse per ascoltare, sapendo che quella sarebbe stata la conclusione: “Padre nostro, santo e misericordioso, che ci guardi dal cielo e là ci attendi, ti ringraziamo! Tu ci hai fatto conoscere la tua volontà, annunciare a tutti gli uomini il tuo Figlio Gesù, così da esercitare il suo ministero profetico. Ci hai resi tuoi sacerdoti, perché con Gesù, Capo del Corpo che è la Chiesa, ti offriamo la lode santificando il tuo nome. E hai fatto di noi stirpe regale nel tuo regno che viene. In esso viviamo come dei re, rifiutando pensieri, parole e azioni che non si addicono alla dignità regale. Sarà nostra invece la libertà del re, la sua magnanimità, la sua sicurezza. Tu, o Padre, ci nutri e ci perdoni, ci difendi e ci rallegri col tuo abbraccio accogliente e ci adoperi per santificare il mondo. Benedetto sei tu, oggi e sempre!”. Tutti esclamarono: “Osanna nell’alto dei cieli”.

  

219 Abba Bartolomeo

L’abba pregava senza parole. Sapeva che in cielo i Santi e i Viventi s’immergono nel silenzio contemplando il Trono e l’Agnello immolato (Ap 8,1). Tutti lo imitarono, e si diffuse la gioia serena, quella che risplende sempre sul volto di Maria, la Madre (Lc 1,46). Quando infatti il Padre ci libera dal male e ci strappa al Maligno, la paura della morte svanisce e diveniamo beati, come disse Gesù: «Beati i puri di cuore». I puri di cuore vedono Dio (Mt 5,8): lo vedono faccia a faccia «così com’egli è» (1Gv 3,2) e partecipano alla gioia e alla gloria della Città che scende dal cielo, dove non vi è più notte (Ap 21,25) perché «la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello» (Ap 21,23).

  

220 Abba Bartolomeo

Tutti gli abba e le amma e i discepoli che pregavano «Padre nostro che sei nei cieli» avevano il volto luminoso, riflesso di quello di Gesù quando pregava sul monte. Nel loro cuore c’era un continuo grazie, quel grazie disinteressato che è fonte di salvezza. Gesù stesso, il Risorto dai morti, effondeva su di loro il suo Spirito, acqua che dà vita, rugiada e profumo delicato, doni che rendevano tutti liberi e attenti gli uni agli altri.
E nel cuore di tutti rimaneva, come tappeto su cui camminare, e mantello con cui avvolgersi, e cuscino su cui riposare, l’esclamazione: «Padre nostro che sei nei cieli!».

***  

Gli abba, d’accordo con le amma, decisero di rimanere in silenzio per qualche tempo, un silenzio adorante. Dicevano: “È una grazia ripetere nel silenzio “Padre nostro”, senza nulla aggiungere”. Erano certi che sarebbe arrivato lo Spirito Santo, quello promesso da Gesù.

Detti dei padri del nuovo deserto 01 - 02 - 03 - Abba, Benedici!

Sentinella vigile  -  Messa - Sono credente? - Credo