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OMELIE / Omelie IT

29 apr 2018
29/04/2018  5ª Domenica di Pasqua - B 

29/04/2018  5ª Domenica di Pasqua - B 

1ª lettura At 9,26-31 * dal Salmo 21 * 2ª lettura 1Gv 3,18-24 * Vangelo Gv 15,1-8

 

Dopo aver considerato domenica scorsa l’immagine del buon pastore, ascoltiamo oggi da Gesù un’altra immagine che lui stesso usa per farsi conoscere. Egli comincia dicendo: “Io sono…”. Questa espressione non è un modo di dire per presentarsi, bensì con essa si rivela come Dio. Chi conosce la Bibbia non può non ricordare l’espressione con cui Dio si è rivelato a Mosè: “Io sono colui che c’è”! “Io sono” è il nome di Dio, e Gesù molte volte adopera questa frase parlando di se stesso, unendola ad un’immagine attraverso cui ci manifesta com’è il suo rapporto con noi, come si sviluppa il suo amore per gli uomini.

Oggi ci dice “Io sono la vera vite”. Un ebreo comprende al volo. La vite e la vigna sono immagini molto usate nelle Sacre Scritture per parlare del popolo d’Israele e descrivere il suo rapporto d’amore con Dio. Profeti e salmi usano pure questa immagine per dare l’idea della delusione di Dio quando il popolo non risponde ai suoi desideri e richiami. Dio infatti è come il vignaiolo che, al tempo dei frutti, s’aspetta uva matura, e trova invece uva selvatica e acerba. Quella vigna sarà abbandonata. E non sarà sostituita da un’altra vigna, ma da una sola vite, solamente una.

Io sono la vera vite”: la vite che soddisfa le attese del Padre, la vite che porta frutto utile per fare il vino del Regno, la vite che potrà godere delle attenzioni e cure di Dio è Gesù. Ma non Gesù da solo: egli è ormai talmente unito ai discepoli, che anch’essi fanno parte della stessa pianta, come i tralci della vite, e quindi godono dello stesso gradimento da parte del Padre. “Voi siete i tralci”. I tralci portano il frutto della vite, sono perciò un tutt’uno con essa, ad essa indispensabili. Gesù ora vuole confortare e incoraggiare i discepoli, ma anche esortarli a essere davvero uniti a lui. Essi non dovranno preoccuparsi del frutto della loro esistenza, dovranno occuparsi solo della loro unità con lui, il Figlio di Dio: il frutto allora senza dubbio ci sarà. Non basterà chiamarsi cristiani, e nemmeno ritenersi tali, bisognerà invece che il discepolo sia per davvero unito a Gesù, altrimenti corre il rischio di diventare inutile, o, addirittura, un peso nella comunità e nella Chiesa, e senza significato nel mondo, come il sale senza sapore.

Questo è pure il richiamo che l’apostolo Giovanni ci rivolge nella sua prima lettera: “Non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità”. Che cosa vuol dire amare con i fatti? Credo significhi essere a servizio, disponibile, pronto a farmi carico della necessità del fratello o della comunità. Ci sono molti cristiani che non sanno formulare discorsi, e nemmeno preghiere, ma sono sempre presenti quando chiedo un favore, quando occorre svolgere un lavoro. Ci sono cristiani che si prendono l’impegno di continuare un servizio settimana per settimana, tutto l’anno o per molti anni, e non si fanno notare. Essi sanno anche cosa significhi “amare nella verità”, perché tutto ciò che fanno, lo fanno come per il Signore, contenti che solo lui li veda, che solo lui li ricompensi. Giovanni ci dà anche un’altra parola di conforto: se il nostro cuore ci rimprovera qualche cosa, possiamo affidarci a Dio, che ci ama tanto da dimorare in noi. Noi, per essergli graditi e per amarlo, ci impegniamo ad osservare i suoi comandamenti. Il suo Spirito allora abita in noi e ci illumina e ci dà forza per il nostro cammino sulla terra.

Anche per i discepoli ci sono situazioni difficili all’interno stesso della Chiesa, incomprensioni e diffidenze. Le ha sperimentate San Paolo a Gerusalemme dopo la sua conversione. Luca negli Atti ci riferisce i primi passi del neo-convertito Saulo, il suo coraggio, il suo zelo e il pericolo in cui venne a trovarsi. Egli era disposto anche a morire per il suo Signore, cosciente com’era, infatti, che Gesù è morto in croce per lui. La sua vita portava molto frutto perché unito alla Vera Vite, e questo frutto era un grande amore per gli uomini, un amore che lo portava ad annunciare il Signore a tutti, un amore che poteva ben dirsi attuato “con i fatti e nella verità”.

Oggi, stimolati da Gesù stesso, promettiamo di rimanere in lui, di coltivare nel nostro cuore l’intima unione ai suoi desideri, alla sua volontà, al suo sacrificio, al suo cuore abbandonato al Padre. Ci eserciteremo in ogni momento della nostra giornata, e così la nostra vita sarà sempre una benedizione, per noi anzitutto, ma anche per tutti i fratelli che ci incontrano e per tutte le persone già amate dal Padre.

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