ME
NU

Vangelo secondo Matteo 08

8

Matteo

(Traduzione CEI 2008)

  1. Perché? ........................................................................... Mt 15,1-9

2 Ascoltate e comprendete Mt 15,10-20

3 Signore, aiutami! ............................................................ Mt 15,21-28

4 Da tre giorni stanno con me Mt 15,29-39

5 I segni dei tempi ................................................................. Mt 16,1-5

6 Il lievito ......................................................................... Mt 16,5-12

7 Chi dite che io sia? ......................................................... Mt 16,13-16

8 Le chiavi del regno ......................................................... Mt 16,17-20

9 Va’ dietro a me ............................................................... Mt 16,21-23

10 Il Figlio dell’uomo sta per venire .................................. Mt 16,24-28

11 Nessuno, se non Gesù solo ............................................... Mt 17,1-8

Il testo è accompagnato da una spiegazione in forma di preghiera rivolta a Gesù, il Signore risorto che ci rivela se stesso, termine e compimento delle Sacre Scritture, pienezza ed eternità della nostra vita.

Le meditazioni qui scritte, accompagnano il cammino di esercizi spirituali di sei giorni come tentativo di Lectio Divina. Puoi leggere e rileggere adagio il brano del Vangelo, con pace e tranquillità.

Una prima lettura della meditazione può aiutarti a fissare l’attenzione sull’una o sull’altra frase del Vangelo. Ripeterai queste frasi molte volte, con calma, al ritmo del tuo respiro. Gli antichi Padri paragonavano questa ripetizione al ruminare degli animali, “ruminatio”, passaggio necessario al cibo per diventare energia fisica.

La Parola, passando e ripassando dalla nostra mente al cuore, continuamente “rimasticata”, ci allieta e ci nutre con ciò che essa contiene: è pregna dell’amore del Padre, imbevuta di Spirito Santo, quello Spirito che fa risplendere sul tuo volto l’immagine e la gloria del Figlio. Come la spugna imbevuta d’acqua, passando sul tavolo dopo i pasti, lo pulisce e lo bagna, così la Parola, passando e ripassando, purifica la nostra mente dai pensieri mondani e ci riempie il cuore con lo Spirito del Dio vivente!

  

1. Perché? Mt 15,1-9

Mt 15

1In quel tempo alcuni farisei e alcuni scribi, venuti da Gerusalemme, si avvicinarono a Gesù e gli dissero: 2«Perché i tuoi discepoli trasgrediscono la tradizione degli antichi? Infatti quando prendono cibo non si lavano le mani!».

3Ed egli rispose loro: «E voi, perché trasgredite il comandamento di Dio in nome della vostra tradizione? 4Dio ha detto: Onora il padre e la madre e inoltre: Chi maledice il padre o la madre sia messo a morte. 5Voi invece dite: “Chiunque dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è un’offerta a Dio, 6non è più tenuto a onorare suo padre”. Così avete annullato la parola di Dio con la vostra tradizione. 7Ipocriti!

Bene ha profetato di voi Isaia, dicendo:

8Questo popolo mi onora con le labbra,

ma il suo cuore è lontano da me.

9Invano essi mi rendono culto,

insegnando dottrine che sono precetti di uomini».

1

Signore Gesù, molta gente, portando i malati, ti aveva raggiunto a Gennèsaret. Quei malati, toccando il lembo del tuo mantello, furono guariti (14,36)! Chi ha mai visto una cosa simile? Nessuno dubita: sei dono di Dio, sei mandato da lui, che si è sempre presentato come il pastore che si cura della pecora debole e malata (Ez 34,16), o come la madre che insegna al bambino a camminare e se lo avvicina alla guancia (Os 11,3.4) perché riceva il suo bacio affettuoso.

Nessuno dei malati dubita di te, ma alcuni uomini, venuti, o mandati dalle autorità di Gerusalemme a controllarti, non badano ai prodigi che avvengono, perché rimangono aggrappati ai giudizi delle persone ritenute autorevoli. Avevano visto i tuoi discepoli stropicciare delle spighe in quel giorno, che era sabato (12,1), e te l’avevano fatto notare. Oggi vedono i tuoi discepoli mangiare senza lavarsi le mani. È questa disobbedienza ad un comandamento?

Erano stati i farisei, nel loro zelo religioso, a estendere a tutti i membri del popolo le regole cui erano tenuti soltanto i sacerdoti nel tempio (Es 30,12-18; 40, 30-32; Lv 8,6; 16,4): questi, nell’esercizio del loro compito, dovevano fare con l’acqua varie abluzioni al corpo e ai paramenti sacerdotali. Tutti gli altri non avevano quest’obbligo, quindi nemmeno i tuoi discepoli.

Farisei e scribi chiamano queste norme «tradizioni degli antichi». Sono regole stabilite e tramandate da uomini. Essi le consideravano allo stesso modo dei comandamenti, ma non si trovano scritte nella Parola di Dio, quindi non possono essere ritenute un obbligo per chiunque.

Tu non ti soffermi a giustificare i discepoli, a difenderli da quella accusa e relativa condanna. Sai che proprio questi giudici si rendono colpevoli di ben altra disobbedienza, molto più grave. E perciò li aiuti a vedere la trave che sta nel loro occhio (7,3-5). Essi non possono perciò essere in grado di osservare e discernere ciò che fanno altri.

Vuoi aiutarli a vedere e riconoscere la loro disobbedienza a qualcuno dei primi comandamenti di Dio, quelli scritti tra le dieci Parole. Questa sì che è una disobbedienza grave, che merita duro rimprovero e richiede profonda conversione.

Essi trasgrediscono un comandamento di Dio in nome della loro tradizione: rendono, cioè, ciò che hanno stabilito gli uomini, più importante di ciò che l’amore di Dio ritiene indispensabile. Tu, con libertà e sicurezza, fai notare un esempio di queste loro trasgressioni.

Uno dei comandamenti di Dio ci esorta ad onorare i genitori (Es 20,12; Dt 5,16). Onorarli significa vivere in modo da far onore alla loro vita. Quando saranno anziani, avranno bisogno di aiuto, di essere curati e assistiti. Chi li onora non farà loro mancare nulla.

Tu devi aver visto qualche persona ritenuta autorevole, che, pur potendo, non offriva ai genitori quest’aiuto, e si giustificava dicendo di aver promesso al Tempio il proprio denaro. Promettere al Tempio i propri beni è un di più lodevole sì, ma non è comandamento di Dio. Chi lo fa, potrà ritenersi giustificato dal non usare il denaro per le necessità del padre o della madre? Non succede forse in tal modo che l’onore a Dio diverrebbe causa di sofferenza ai genitori? Sarebbe giustificare una disobbedienza a Dio stesso, e rivelare un volto di Dio diverso da quello di Padre. Potrà Dio essere onorato dal disonore riservato ai propri genitori? L’offerta che si dà a Dio potrà essere prelevata da ciò che, secondo Dio, sarebbe dovuto ai genitori?

La parola uscita dalla bocca degli uomini potrà essere ubbidita quando diventa disobbedienza alla Parola uscita dalla bocca di Dio? Tu, Gesù, avevi risposto al tentatore che questa Parola è il tuo vero cibo (4,4), il tuo nutrimento quotidiano!

Il tuo rimprovero a coloro che condannano i tuoi discepoli, è un rimprovero serio e fortemente motivato. Essi hanno la trave sul loro occhio: non sono perciò assolutamente in grado di vedere le motivazioni e neppure di giudicare come iniqui gli altrui comportamenti. Devono correggersi subito, con decisione.

Tu li apostrofi con una parola dalla quale è ben descritto il loro agire: “Ipocriti”, che significa: “siete attori”, “commedianti”; con i vostri giudizi vi fate ritenere osservanti e obbedienti a Dio, e invece nella vostra condotta siete chiaramente disobbedienti.

Gesù, continui il tuo rimprovero con la parola del profeta. Dici loro: “Bene ha profetato di voi Isaia”. Cioè, siete voi quelli che Dio ha duramente apostrofato con la bocca del profeta. Siete voi che parlate in modo da farvi ritenere obbedienti e giusti, ma non lo siete. Le vostre labbra dicono ciò che non è presente nel vostro cuore, cioè nelle decisioni del vostro vivere quotidiano. “Il vostro cuore è lontano da me”, cioè siete già all’inferno. Siete lontani da Dio, infatti volete esser lontani dal Figlio suo.

Voi sostituite ai precetti divini quelli umani. Anche se questi non sono malvagi, lo diventano del tutto quando impediscono l’obbedienza e l’attenzione alla volontà espressa da Dio, quando Dio viene sostituito da interessi, sia di orgoglio che di vanagloria. Dio non riceve onore quando il suo comandamento viene disatteso per osservare regole umane. Il suo volto non è rivelato né onorato, se egli è trattato come un idolo vano, estraneo al nostro cuore.

Farisei e scribi dimenticano i comandamenti di Dio per osservare tradizioni umane, tanto che ignorano te, Gesù, mandato dal Padre: vivranno come se il Padre non parlasse attraverso di te. Per essi Dio non è Padre, ma un’idea di potenza che si onora con l’adulazione, non con l’umiltà. Nelle loro domande intravedi già il rifiuto riservato a te, rifiuto della volontà e della salvezza offerta da Dio anche a loro.

Signore Gesù, cercherò comunione con te: è più importante di tutte le regole belle e utili. Cercherò la comunione con te con l’umiltà e la sottomissione ai fratelli che mi poni accanto ogni giorno!

  

2 Ascoltate e comprendete Mt 15,10-20

10Poi, riunita la folla, disse loro: «Ascoltate e comprendete bene! 11Non ciò che entra nella bocca rende impuro l’uomo; ciò che esce dalla bocca, questo rende impuro l’uomo!».

12Allora i discepoli si avvicinarono per dirgli: «Sai che i farisei, a sentire questa parola, si sono scandalizzati?». 13Ed egli rispose: «Ogni pianta, che non è stata piantata dal Padre mio celeste, verrà sradicata. 14Lasciateli stare! Sono ciechi e guide di ciechi. E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso!».

15Pietro allora gli disse: «Spiegaci questa parabola». 16Ed egli rispose: «Neanche voi siete ancora capaci di comprendere? 17Non capite che tutto ciò che entra nella bocca, passa nel ventre e viene gettato in una fogna? 18Invece ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende impuro l’uomo. 19Dal cuore, infatti, provengono propositi malvagi, omicidi, adultèri, impurità, furti, false testimonianze, calunnie. 20Queste sono le cose che rendono impuro l’uomo; ma il mangiare senza lavarsi le mani non rende impuro l’uomo».

2

Signore Gesù, hai compreso che, a causa del rifiuto di te manifestato dai farisei e dai loro scribi, tutta la gente potrebbe allontanarsi da te. Perciò ora riunisci coloro che erano guariti toccando il lembo del tuo mantello; li chiami per donare loro una parola sicura, che li aiuti a comprendere, a far propria la verità del tuo insegnamento. È necessario non solo ascoltare, cioè aprire le proprie orecchie, ma aprire con esse anche la mente, per accogliere la Parola, la comunicazione di ciò che Dio, il Padre, vuole entri nella vita dei figli attraverso le tue parole. Tu esorti a «comprendere», cioè a sostituire i propri modi di ragionare con il tuo!

L’insegnamento dei farisei è limitato, non aiuta ad avvicinarsi a Dio. Che cosa può essere “impuro”? Che cosa può tenerci lontano dall’amore del Padre nostro? Che cosa può renderci sgraditi a lui? Sono le cose esteriori che tocchiamo con le mani o che facciamo entrare nella bocca? Queste vengono a contatto con il corpo, ma non con il nostro io profondo, con il nostro essere figli di Dio!

Le cose esteriori non potranno renderci nemici di Dio, sgraditi a lui. Sarà ciò che ci muove interiormente, ciò che desideriamo, pensiamo e diciamo, che manifesta semmai la nostra distanza da Dio. È ciò che buttiamo addosso agli altri, con pensieri, parole o opere, che manifesta lontananza da Dio, il Padre di tutti. E soprattutto ciò che pensiamo e diciamo di te, che sei uscito dalla bocca purissima e santa del Padre. Tu sei il «segno di contraddizione»: davanti a te si distingue chi è malvagio da chi è benedetto (Lc 2,34)!

«La bocca parla dalla pienezza del cuore» (12,34) avevi detto. Se nel mio cuore ci sei tu, il mio cuore è puro; se in esso non ci sei tu, allora cosa potrà uscire da esso, se non egoismo con i suoi frutti malvagi?

La tua rivelazione incuriosisce i tuoi discepoli. Anch’essi sono attratti dagli insegnamenti dei farisei, sicuri che sono provenienti da Dio, e quindi da accogliere senza dubitare. Ma stare con te rende tutto nuovo, tutto da reimparare: c’è bisogno di un otre nuovo per accogliere il vino nuovo (Mt 9,17) che tu, vigna nuova piantata dal Padre, doni a coloro che ti ascoltano.

I discepoli sono imbarazzati dalle tue parole. Possono dirtelo? Ti dicono l’imbarazzo dei farisei, o meglio, il loro rifiuto: “Si sono scandalizzati”, cioè hanno rifiutato del tutto la tua Parola, si sono allontanati da te: non sono pronti a cambiare il loro modo di pensare e di agire per accogliere il tuo, e quindi aderire a te. Ritengono che tu impedisci l’obbedienza a Dio. Non sono degni di attenzione i farisei, che hanno sempre insegnato al popolo? Ritengono i tuoi discepoli che questo sia anche per essi un motivo valido per dubitare di te?

Tu ti accorgi, Gesù, che i discepoli non sono ancora stabili. Il tentatore li sta inseguendo. Hanno bisogno di aiuto per discernere e non lasciarsi sedurre dal buon sapore del vino vecchio (Lc 5,39).

Perciò offri loro una breve parabola: la pianta che non è stata piantata dal Padre verrà sradicata. Come non pensare alla vigna piantata sul fertile colle con tanta cura (Is 5,2), ma che ha dato uva acerba (Mt 21,33)? Quelle, che viti erano? Quella vigna non servirà a nessuno, anzi, sarà evitata da tutti. E ancora, come non pensare alla zizzania del nemico seminata in mezzo al seme buono del seminatore (13,25)?

Questi farisei, che non ti accolgono, non potranno dare a nessuno il dono di Dio che sei tu: “Lasciateli stare”, lasciateli. “Sono ciechi e guide di ciechi”: non potete affidarvi alle loro parole, non potete farvi istruire da loro, non dovete nemmeno ascoltarli. Chi non ha te, Gesù, nel cuore, è cieco. Chi non ha te, non ha luce, non vede la strada su cui cammina. E chi si fa accompagnare da un cieco finisce nel fosso con lui.

Gesù, baderò di non essere cieco, per non trarre in rovina nessuno. E nemmeno mi farò guidare da chi non segue te. Terrò te e la tua Parola sempre viva nel mio cuore e nella mia mente: la tua Parola è luce, luce dei miei occhi e luce ai miei passi.

Pietro non ha compreso, e ritiene che nemmeno gli altri abbiano capito la tua rivelazione, quando hai parlato di piante da sradicare e di guide cieche.

Ti meravigli, Gesù, che i discepoli, Pietro compreso, non sappiano trarre una conclusione dal tuo discorso. E che non abbiano dedotto dalla distribuzione dei pani, dai tuoi passi sull’acqua, dalle guarigioni di chi aveva toccato il tuo mantello, che tu vieni dal Padre. Allora non hanno nemmeno imparato a difendersi dall’accusa dei farisei? Quando siamo trasgressori della legge di Dio?

Con libertà e semplicità spieghi che la purezza dell’uomo e la sua impurità non dipendono dalle cose che si toccano o che si mangiano. Queste non toccano l’essenza dell’uomo, non gli cambiano il rapporto con il Padre. Tu stesso avevi toccato il lebbroso e la ragazza dodicenne già morta, e molti altri malati e malate, e persino indemoniati, ritenuti impuri. Il pane distribuito dalle tue mani, rendeva forse impuro chi lo portava alla bocca con mani non lavate? Avrebbe potuto rendere impuro chi lo riceveva dalle mani dei tuoi discepoli?

Ora dici con chiarezza: l’uomo non è impuro perché mangia e quando mangia, ma si dimostra impuro, lontano dal Padre nostro, quando rovina con egoismo e con malizia i suoi rapporti con gli altri uomini. Chi non compie l’amore di Dio per i suoi figli è impuro. Chi uccide, chi commette adulterio, chi ruba e mente, questi sì che è lontano da Dio e indegno di lui. Chi fa soffrire gli uomini amati dal Padre, questi dimora lontano da lui e perciò è impuro.

Tu, Gesù, sei venuto per completare e riempire di amore la Legge, anche la legge del puro e dell’impuro. La completi rivelando ciò che è aborrito dal Padre nostro, e la riempi facendo vedere che essa è amore vissuto.

Ora i discepoli comprendono pure che sei tu la purezza di ogni cosa, di ogni dono, di ogni mano e di ogni bocca. Tu esci dal cuore e dalla bocca del Padre! Chi rifiuta te è impuro davvero, e chi accoglie te è amato da Dio, perché tu sei suo, vieni da lui, e ci porti a lui.

Non possiamo pensare a purezza e impurità senza tener conto di te. Quando ci sei tu nel mio cuore, io sono già nel Padre tuo e mio e nostro. Tu sei l’unico vero cibo che mi purifica e mi santifica.

  

3 Signore, aiutami! Mt 15,21-28

21Partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidone.

22Ed ecco, una donna cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio».

23Ma egli non le rivolse neppure una parola.

Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila (mandala via), perché ci viene dietro gridando!».

24Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele».

25Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!».

26Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini».

27«È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».

28Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

3

Signore Gesù, farisei e scribi ti hanno mostrato inimicizia, tanto che le loro parole avrebbero potuto influire sul cuore e nella mente dei tuoi discepoli. Come altre volte, ti allontani. Discutere continuamente non fa bene a nessuno, soprattutto discutere con chi è del tutto chiuso, con chi ti rifiuta per partito preso.

Ti allontani, abbandoni così chi rende inutile la tua Parola. Ma come altre volte, questa è occasione per ritirarti, per poter così stare solo con i discepoli. Li potrai istruire senza essere disturbato continuamente dall’arrivo di persone che ti cercano per le loro infermità. Ti avvicini alla regione di Tiro e di Sidone. Dalla città di Tiro proveniva la regina Gezabele che s’era dimostrata acerrima nemica del profeta Elia (1Re 19). Questi poi era stato mandato da Dio vicino a Sidone per cercare il pane, e l’aveva trovato grazie alla fede obbediente di una povera vedova (1Re 17,9). Vuoi abituare i discepoli a ricordarsi dei profeti e a non aver ribrezzo dei pagani? Possono essere anche migliori di certi ebrei!

Anche tu in questa regione incontri una donna. È “cananea”, e perciò di certo pagana. È lei che viene a cercarti. Ha udito di te, sa chi sei, sa che a nessuno del suo popolo potrebbe chiedere ciò che ora intende chiedere a te, nonostante la differenza di fede. Nella sua casa è entrato il nemico, il demonio, che tormenta molto sua figlia, facendo soffrire anche lei, la madre. Chi può vincerlo? Ella non si sente più madre: si accorge che non è più lei che le dà la vita. Questa la riceve da colui che l’ammala e l’uccide. Lei, come madre, non può che assistere al suo morire per opera di colui che vuole e opera il male.

Ti chiede di lasciarti muovere a compassione. Sa che tu, essendo il “figlio di Davide”, meriti il titolo di “Signore”, come ti chiamano i tuoi discepoli. Queste parole sante ella le grida a voce alta, tanto che la odono tutti, non soltanto tu. Non nasconde questa sua fede in te: non le importa cosa possono pensare o dire le persone che la conoscono. Crede che tu non fai differenza tra i popoli, perché la sofferenza e il dolore colpiscono gli uomini diversi alla stessa maniera e con la stessa intensità.

Gesù, perché non la esaudisci? Addirittura nemmeno la ritieni degna di ascoltare una tua parola: la lasci gridare e rimani in silenzio. Sei diventato insensibile alle miserie umane, oppure il tuo silenzio ha qualche altro scopo? E qualche altro frutto?

Intervengono i discepoli. E anche stavolta non accogli il loro intervento, come non l’avevi potuto accogliere quando la folla affamata ti seguiva in luogo deserto (14,15). Essi ti supplicano di mandar via quella donna, di congedarla. Sono infastiditi dal suo continuo gridare: non godono della sua fede, che nemmeno vedono. Non riescono nemmeno a pensare che tu possa accontentarla: è cananea, cioè pagana. L’implorazione dei discepoli può essere tradotta anche con la parola «esaudiscila», ma il senso non cambia: ti chiedono di liberarsi da quella donna importuna esaudendola.

Ma tu, Gesù, non hai mai mandato via nessuno: tu sei sempre il pastore che si cura della pecora ferita, anche quando il tuo intervento richiede di pazientare. Hai fatto conoscere il Padre, che è nei cieli, come colui che fa attendere, che gradisce l’insistenza, quella della vedova che va dal giudice privo di timor di Dio (Lc 18,1) o dell’amico che per un amico chiede i tre pani all’altro amico a mezzanotte (Lc 11,5). Se il Padre fa attendere, anche tu: infatti impari tutto da lui!

Non mandi via la donna insistente, ma spieghi ai discepoli perché non la esaudisci: tu sei in continuo ascolto del Padre. È a lui che ubbidisci: egli non ti ha «mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele».

I discepoli imparano così ad agire solo obbedendo, cioè a vivere la volontà di Dio. Avevi già detto loro che anch’essi avrebbero dovuto cercare anzitutto le “pecore perdute della casa d’Israele” (10,6). Tu stesso ora dai l’esempio. Non metti davanti alla volontà del Padre una tua compassione, un amore diverso dal suo.

E la donna insiste: si avvicina, e si prostra davanti a te. Sa infatti che in te agisce l’amore divino, la sua potenza che vince quella terribile del demonio, ospite non invitato, in casa sua. Con nuova confidenza per la seconda volta ti chiama «Signore», e chiede l’aiuto per se stessa: ella soffre ancor più della figlia, come vera madre che, come Dio, non abbandona e non dimentica i propri figli (Is 49,15).

Anche a lei ripeti, in altro modo e con parole che possa comprendere, ciò che avevi detto ai discepoli. I figli mangiano il pane del loro padre; figli di Dio sono i figli di Abramo. Ai cani non si dà il pane dei figli. “Non è bene”, cioè non è divino, non è volontà di Dio. I pagani, come quella donna, venivano chiamati “cani”, ma tu addolcisci la parola che potrebbe essere udita come offesa: “cagnolini”, cioè cani che vivono in casa e che ricevono anche le carezze dai loro padroni.

La donna Cananea non si offende. Accetta d’essere ritenuta esclusa e indegna di accogliere i doni di salvezza del popolo di Dio, ma ritiene pur sempre Dio capace di compassione anche per lei. Per la terza volta ti chiama «Signore», e continuando il linguaggio usato da te, Gesù, ella ti ricorda che i cagnolini, se non ricevono il pane, godono tuttavia delle briciole che finiscono sotto il tavolo degli uomini. E così qualche briciola del tuo amore ci sarà anche per lei!

Veniamo preparati così da te a godere che il tuo pane, quello che benedirai alla cena della pasqua, sia mangiato anche da coloro che, provenienti dal mondo pagano, crederanno in te e saranno battezzati!

Gesù, il tuo silenzio a noi pare durezza. Era invece amore, amore al Padre cui volevi essere unito, con umiltà, superando tutti i sentimenti umani, anche quelli di pietà e compassione. Finora manifestavi durezza, ora invece grande e improvvisa gioia. Quella cananea ha la statura interiore delle sante donne del tuo popolo.

Ella merita il titolo di «Donna», come tua Madre a Cana e ai piedi della tua croce, e come Maria di Magdala al sepolcro vuoto. La sua fede è di esempio per i discepoli e per i santi di ogni tempo. Questa «Donna» non è una delle «pecore perdute della casa d’Israele», ma è già una pecora del tuo gregge! L’umiltà e l’insistenza della sua fede testimonia che questa «Donna» sofferente è già unita a Dio, tanto da essere divenuta dono del Padre per l’umanità intera. È una fede tanto umile che Dio la deve esaudire.

Il nemico non riesce più a dimorare nella sua casa, non può più tormentare sua figlia: la sua superbia è vinta, egli deve fuggire, per permettere ai figli dell’uomo di essere dimora di Dio. La fede insistente, impastata di umiltà vera e semplice, permette a Dio di manifestare e realizzare il suo amore di Padre.

È di questa fede che dovrà arricchirsi il tuo regno. Sarà questa fede il segno distintivo dei membri del tuo nuovo popolo. Essi non saranno più ebrei o pagani, ma credenti o non credenti: essi si rivolgeranno a te chiamandoti «Signore», e non avranno nessun altro cui rivolgere la propria richiesta e la propria fiducia! Chi era pagano non lo è più, perché ci sei tu nella sua vita.

  

4 Da tre giorni stanno con me Mt 15,29-39

29Gesù si allontanò di là, giunse presso il mare di Galilea e, salito sul monte, lì si fermò. 30Attorno a lui si radunò molta folla, recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì, 31tanto che la folla era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli storpi guariti, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E lodava il Dio d’Israele.

32Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: «Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano meno lungo il cammino». 33E i discepoli gli dissero: «Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?». 34Gesù domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette, e pochi pesciolini». 35Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra, 36prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò e li dava ai discepoli, e i discepoli alla folla. 37Tutti mangiarono a sazietà. Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene. 38Quelli che avevano mangiato erano quattromila uomini, senza contare le donne e i bambini. 39Congedata la folla, Gesù salì sulla barca e andò nella regione di Magadan.

4

Signore Gesù, dalla regione di Tiro e Sidone ritorni in Galilea: i tuoi discepoli hanno ricevuto una lezione profonda dalle parole che hai rivolto a quella donna cananea sofferente. Ora di nuovo sali sul monte, il luogo del tuo incontro con il Padre, luogo della tua preghiera e della sua rivelazione!

E di nuovo si radunano attorno a te le folle, come quando hai annunciato la beatitudine dei mendicanti di Spirito. Da dove vengono queste folle? Vengono dalle regioni pagane che avevi raggiunto per godere di essere solo con i discepoli? Hanno visto il prodigio della liberazione della figlia della Cananea? In ogni caso hanno camminato tre giorni pur di stare con te. E hanno portato con sé i loro infermi: «zoppi, storpi, ciechi, sordi», quelli la cui guarigione doveva essere segno sicuro e profetico per Giovanni e i suoi discepoli. Tutti gli uomini sono sempre accompagnati dalla sofferenza e dai sofferenti, esito del peccato presente nel mondo, da cui solo tu potrai liberare e salvare.

Tu, Gesù, li vedi ai tuoi piedi e li guarisci tutti, come già altre volte. Questa volta non insegni. Dato che quella gente veniva dalla cultura pagana, non potevi parlare loro dei profeti e delle promesse divine ai patriarchi. Non ti avrebbero compreso. Essi comprendono il linguaggio dei prodigi che permettono a tutti di camminare, di seguirti, di vederti e di udirti. Comprendono che tu agisci con la potenza di Dio, e lodano tutti «il Dio d’Israele». È lui che si manifesta attraverso di te: da te riceve gloria, da te vien fatto conoscere, grazie a te può ricevere lode e adorazione da tutti. Grazie a te tutti si avvicineranno a lui, lo chiameranno Padre iniziando la conversione. Lodano «il Dio di Israele» come Naaman il siro, quando Eliseo lo ha liberato dalla lebbra (2Re 5).

Lodare Dio è vera vita, è festa gioiosa, è essere in mezzo agli angeli!

Ora chiami i discepoli: confidi loro la compassione che provi per tutta questa gente, come quando vedevi quelli che erano «come pecore senza pastore» (9,36), o quando ti seguivano a piedi dalle città (14,14). La tua compassione non è per la sofferenza causata dalle infermità, ma perché non hanno da mangiare, sono senza vita,

Questa volta fai notare loro che la folla «Da tre giorni stanno con me». Hai detto «stanno con me», e non hai detto “con noi”: i discepoli infatti non sono in grado di dare vita e sapienza. La loro sapienza infatti è solo terrena e scandalizzante: lo si è visto quando ti consigliarono di mandar via la donna sofferente per la figlia. È solo da te che la folla riceve novità, luce, Parola divina, forza per stare in piedi e camminare. Tu dici loro quello che intendi fare: «Non voglio rimandarli digiuni». La tua volontà è una volontà decisa, che manifesta ciò che Dio stesso vuole. Egli è il Dio della vita: egli vuol donare agli uomini il nutrimento necessario, come lo dona agli uccelli del cielo. Chi ascolta te non verrà «meno lungo il cammino»: tu doni il pane della vita, come Dio l’ha donato a Elia per prepararlo al suo cammino «per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio» (1Re 19,8)!

Anche stavolta i tuoi discepoli dimostrano di non saperti consigliare: siamo in un deserto, e, come con Mosè, la folla è numerosa. Anche stavolta proprio a loro chiedi: «Quanti pani avete?». Offriranno tutto ciò di cui essi stessi dispongono, anche se poco: «Sette pani e pochi pesciolini». Dio si servirà di ciò che già c’è.

Tu ora dai un comando. Mangerà il tuo pane chi sarà obbediente a te. Ma obbedire a te è un giogo dolce e leggero (11,30): ordini a tutti infatti soltanto di «sedersi per terra», come per mettersi a tavola.

Finalmente i sette pani sono nelle tue mani con i pesciolini: dalla tua bocca esce il rendimento di grazie, che tutti, - anche coloro che, per stare con te, hanno abbandonato gli idoli, - possono comprendere. Il grazie è rivolto a quel Dio che ora non è difficile chiamare “Padre”.

I pani li spezzi con le tue mani: tutti si abituano così a riconoscere la tua presenza quando saranno i discepoli a spezzare il pane su cui avranno reso grazie. E i pezzi di pane li consegni anche stavolta ai discepoli.

Chi non comprende che ti vuoi servire di loro per nutrire sempre la vita di chi crede in te e cammina sulla via della tua santità?

Ognuno riceve il tuo pane dalle mani dei tuoi discepoli. Nessuno si chiede se quel discepolo che glielo offre è degno o indegno. Tutti ringraziano te per il pezzo di pane che ricevono. La fatica dei discepoli è per essi gioia, ed è anche per essi meraviglia, fonte di stupore. È una fatica che dà significato nuovo alla loro vita: sarà una vita di servizio.

Ora tutti sono saziati. Chi ti ascolta non verrà meno lungo la via del ritorno a casa, anzi sarà occupato a raccontare la gioia che ha ricevuto mangiando insieme come ad una festa, come alle feste più belle, mai così belle, nemmeno nel Tempio. Nel Tempio non mangiavano tutti assieme, ma a gruppi e gruppetti familiari separati.

Sono davvero tutti saziati? Si, sono avanzate «sette sporte piene». Quel pane avanzato non l’hai lasciato a coloro che hanno mangiato, ma ora si trova nelle mani dei discepoli, ed è ancora a disposizione per essere distribuito a chi segue te, Gesù, per ascoltarti.

Anche questa volta sei tu a congedare la folla. Andranno via sì, ma in obbedienza a te. Così i discepoli congederanno le comunità che si riuniranno per mangiare il tuo Pane, quello che diverrà il tuo Corpo.

Tutti rifletteranno su quanto hanno visto, su come hanno mangiato, e, riflettendo, riconosceranno chi tu sei per Dio, e chi tu sei per loro. Ti allontani sulla barca per arrivare in un luogo dal nome sconosciuto, un luogo che potrebbe essere quello dove ora io mi trovo. Abbiamo però ricevuto un segno per riconoscere che tu ci hai dato un pane dal cielo, come quello, anzi, più di quello trovato dal popolo in cammino con Mosè nel deserto.

  

5 I segni dei tempi Mt 16,1-5

Mt 16

1I farisei e i sadducei si avvicinarono per metterlo alla prova e gli chiesero che mostrasse loro un segno dal cielo.

2Ma egli rispose loro: «Quando si fa sera, voi dite: “Bel tempo, perché il cielo rosseggia”; 3e al mattino: “Oggi burrasca, perché il cielo è rosso cupo”.

Sapete dunque interpretare l’aspetto del cielo e non siete capaci di interpretare i segni dei tempi?

4Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona».

Li lasciò e se ne andò.

5

Signore Gesù, là dove sei arrivato con la barca, e quindi con i discepoli, si avvicinano a te i farisei, che si erano già dimostrati ostili alla tua rivelazione e al tuo ministero. Ad essi si uniscono «i sadducei», che detengono l’autorità nel tempio a Gerusalemme. Come mai sono qui sulla riva del lago in Galilea? Sono venuti appositamente (15,1) anch’essi per esaminare il tuo operato, per spiare il tuo insegnamento e cercare di screditarti di fronte alle folle che ti seguono da ogni dove?

Essi percepiscono che la tua presenza e l’amore che dimostri con l’attenzione per poveri e malati, i rifiuti della società, tolgono credibilità alla loro autorità e potrebbero conseguire un allontanamento delle folle dal tempio, mettendo in pericolo il loro potere e la loro ricchezza.

Eccoli: si avvicinano a te come s’erano avvicinati a Giovanni presso il Giordano. Egli aveva riconosciuto la loro doppiezza e aveva intuito che la loro presenza era veleno per le folle, tanto da apostrofarli «razza di vipere» (3,7). Si facevano battezzare da lui, ma senza fare passi di conversione, senza accettare cioè di prepararsi ad accogliere colui che veniva per battezzare «in Spirito Santo e fuoco» (3,11), e che egli presentava al popolo, e Dio rivelava come suo Figlio su cui dimorerà sempre la colomba discesa dal cielo: la colomba che annuncia vita nuova nel mondo finora teatro di iniquità (Gn 8,11).

Questi farisei e sadducei ti vogliono mettere alla prova, ti vogliono tentare. Non hanno intenzione di imparare, interrogando Dio, ma vogliono distogliere te, Gesù, dal tuo dovere di rivelare il vero volto del Padre che dona vita e vita eterna. Qui, nel luogo solitario dove approdi, essi prendono il posto che si era arrogato il tentatore quando sei stato condotto nel deserto: ti chiedono di mostrar loro «un segno dal cielo». Te lo avevano già chiesto dopo una serie di prodigi di amore per l’uomo (12,38) e avevi già risposto con chiarezza.

Poco prima avevano visto i sette pani distribuiti con le mani dei discepoli a «quattromila uomini, senza contare le donne e i bambini», pane che chiaramente veniva dal cielo, frutto della tua unione col Padre e del tuo rendimento di grazie a lui. Era un segno più significativo di quello della manna che Mosè aveva ricevuto come dono per il popolo (Es 16,4). Vogliono ancora un segno dal cielo, ma si dimostrano incapaci di capire come segno ciò che succede, di vedere gli interventi dell’amore di Dio nella nostra storia.

Tu, Gesù, hai pazienza. Li fai ragionare riflettendo su ciò che vedono quotidianamente. A sera, se il cielo è rosseggiante, pronosticano il bel tempo del giorno seguente, e così avviene. Lo stesso al mattino: sanno dire, se vedono che il cielo si fa rosso cupo, che durante la giornata ci sarà qualche burrasca. Alcune cose quindi le sanno vedere come segno, come avvertimento di un futuro vicino.

La capacità di discernimento per le realtà naturali non li aiuta ad essere attenti all’interpretazione delle realtà spirituali. E sì che queste sono più importanti e dovrebbero impegnare maggior attenzione. Tu le chiami «segni dei tempi». Il tempo atmosferico ha i suoi segni, ma anche i tempi spirituali, che impegnano la nostra vita interiore a relazionarsi con Dio, anch’essi sono preannunciati da segni inequivocabili.

I profeti avevano parlato con chiarezza per aiutarci a discernere i modi di intervenire di Dio nella nostra storia. Essi hanno previsto i segni che avrebbero accompagnato e annunciato la presenza del Messia in mezzo al popolo (Is 29,18; 35,5; Sal 146,8). Tu li hai già ricordati ai discepoli inviati da Giovanni, quando essi ti hanno interrogato circa il dubbio che aveva riguardo a te (11,3). Avevi risposto con le parole dei profeti, in particolare Isaia. I segni, che tu doni e hai donato, sono amore del Padre ai sofferenti, sono misericordia divina all’uomo oppresso e rovinato dal peccato che regna nel mondo. I ciechi che vedono e i sordi che odono sono davvero segni dal cielo: nessun uomo ne ha mai realizzati di simili. I ciechi (9,30; 12,22), che finalmente vedono il volto dei fratelli, immagine di Dio, e i sordi (11,5), che riescono ad ascoltare la Parola di Dio annunciata, e i muti (9,33; 12,22), che possono donare la Parola al proprio prossimo e unirsi al canto della lode di Dio, e gli storpi e zoppi che finalmente possono camminare con i paralitici (9,7) e varcare la porta del tempio santo, e persino i morti che riprendono quel dono di Dio che è la vita con cui relazionarsi con i genitori (9,25)! Hanno visto indemoniati liberati, tanto che tu hai potuto rivelare: «Se io scaccio i demoni per mezzo dello Spirito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio» (12,28).

Essi, con la loro richiesta, si fanno riconoscere «generazione malvagia e adultera», ricchi di una volontà di male che si allontana da Dio e dalla alleanza con lui, preoccupati di servire il vitello d’oro, cioè gli idoli della ricchezza e del potere. Pretendono segni, ma non li sanno leggere, né li vogliono interpretare secondo le sante Scritture.

Ripeti loro quanto avevi già rivelato: avranno “il segno di Giona” (12,39). Giona si è convertito dalla disobbedienza all’obbedienza, e si deve convertire ad esercitare la misericordia di quel Dio che vuol rivelarsi anche ai pagani come Padre. All’udire Giona i pagani si sono ravveduti (Gio 3,5): la tua Parola sarà accolta dai pagani senza le pretese con cui questi invece giustificano la propria infedeltà. La donna cananea (15,22), come il centurione (8,5), ne sono già stati l’anticipo. Hai distribuito alla folla, proveniente dai territori pagani, il pane del rendimento di grazie: quella folla ti ha ascoltato per tre giorni lodando «il Dio d’Israele», dimostrando così di essere partecipi del tuo popolo, invitati al tuo regno.

Segno di Giona è quindi l’invito a convertirci dalla disobbedienza all’obbedienza a Dio, e non solo obbedienza esteriore, ma a far nostri i desideri di Dio, la sua misericordia per tutti. Segno di Giona è l’amore di Dio per i pagani iniqui, quindi per tutti i peccatori. Il segno di Giona ci dice che abbiamo sempre bisogno di conversione profonda, continua, com’è detto: “Il santo si santifichi ancora” (Ap 22,11).

Tra poco chiamerai Simon Pietro «figlio di Giona»: sarà egli, con la Chiesa edificata su di lui, il segno che darai ai farisei e sadducei? La Chiesa che avrà le chiavi del regno tolte a loro?

Ti accorgi che, essendo essi così induriti, è inutile parlare con loro: non sono disposti ad accoglierti, perciò li abbandoni e ti allontani. Tu fai come avevi consigliato ai discepoli: se non sono ascoltati, escano «da quella casa o da quella città» (10,14) scotendo la polvere dei piedi.

Gesù, riscontri anche in me una durezza di cuore simile a quella dei farisei e dei sadducei? Ti prego, salvami.

 

6 Il lievito Mt 16,5-12

5Nel passare all’altra riva, i discepoli avevano dimenticato di prendere del pane.

6Gesù disse loro: «Fate attenzione e guardatevi dal lievito dei farisei e dei sadducei».

7Ma essi parlavano tra loro e dicevano: «Non abbiamo preso del pane!».

8Gesù se ne accorse e disse: «Gente di poca fede, perché andate dicendo tra voi che non avete pane? 9Non capite ancora e non ricordate i cinque pani per i cinquemila, e quante ceste avete portato via? 10E neppure i sette pani per i quattromila, e quante sporte avete raccolto?

11Come mai non capite che non vi parlavo di pane? Guardatevi invece dal lievito dei farisei e dei sadducei».

12Allora essi compresero che egli non aveva detto di guardarsi dal lievito del pane, ma dall’insegnamento dei farisei e dei sadducei.

6

Signore Gesù, hai abbandonato farisei e sadducei, benché personaggi influenti. Li hai lasciati senza accontentare la loro pretesa di un segno dal cielo. Non erano disposti a vedere te come mandato dal Padre.

Ora ti trovi sulla barca con i discepoli, o sei già arrivato al di là del lago, sull’altra riva, in territorio pagano.

I discepoli si accorgono di essersi dimenticati di fare provviste, e qui sarà difficile trovarne, essendo luogo poco abitato. Per di più sarà difficile trovare cibo preparato con le regole della purità legale, perché qui gli abitanti sono pagani.

Ti accorgi del loro imbarazzo. Vuoi aiutarli, distogliendoli dalla loro preoccupazione.

Farisei e scribi avevano criticato il fatto del mangiare senza lavarsi le mani (15,2), con i sadducei poi pretendevano da te un segno dal cielo, un segno diverso cioè da quelli che avevano visto. Avevano assistito ad un segno dal cielo più esplicito di quello della manna. Si trovavano in luogo deserto e hanno mangiato tutti a sazietà il pane, senza doverlo raccogliere, come si doveva invece fare con la manna, ognuno per sé o famiglia per famiglia (Es 16,14-26).

E sono avanzati molti pezzi di pane che dovevano essere custoditi: infatti non andavano a male, come invece la manna.

Senza preamboli inviti i discepoli a difendersi «dal lievito dei farisei e dei sadducei». Tu non pensi al cibo, ma ai modi di pensare e di fare, al modo con cui quelle persone ti rifiutano. Esse danno grande importanza alle regole della purità esteriore, non a quella del cuore. E sono mossi dal desiderio di un Messia che si dimostri potente, che sia capace di presentarsi con segni inconfondibili tanto da obbligare tutti ad accettarlo e credere in lui. Prevedono un messianismo facile, che non richiede a nessuno conversione, che non prevede sofferenze e umiliazioni. Il loro Messia dovrà sbaragliare gli eserciti dei romani e spaventare quelli di Erode. Così essi, Farisei e Sadducei, potrebbero rimanere nei posti di potere e di prestigio, continuando, praticamente, ad adorare il vitello d’oro: dimostrano davvero di essere una generazione adultera.

Con forza e sicurezza tu dici ai discepoli: «Fate attenzione e guardatevi», cioè usate il vostro discernimento per evitarli, difendetevi dal loro inganno. Nei prossimi insegnamenti dirai che il vero Messia, quello annunciato e presentato dai profeti, dovrà invece soffrire ed essere messo a morte dagli uomini, e quelli che lo seguono e lo amano dovranno rinnegare se stessi per percorrere la sua stessa via.

I discepoli sono preoccupati per la mancanza di pane, e non riescono ad ascoltare questo tuo avvertimento. Non pensano sia importante comprenderti. Continuano a lamentare il fatto che non hanno nulla da mangiare. Essi «parlavano tra loro»: evitavano di parlare con te. Si dimenticano che ci sei tu e che tu sei la sapienza divina. Si accontentano della sapienza umana, dei loro ragionamenti. La fede in te non è ancora sbocciata e presente nei loro cuori.

Devi intervenire ancora, e stavolta per rinfrescare loro la memoria. Se tu sei con loro, di che devono preoccuparsi? Quando dormivi nella barca sul lago in tempesta si sono spaventati e preoccupati inutilmente. E, per quanto riguarda il pane, per ben due volte hai provveduto a sfamare cinquemila e quattromila uomini, rispettivamente con cinque e sette pani. Non riescono ad affidarsi a te, a confidare che tu possa saziare anche soltanto dodici uomini?

Lo devi ripetere con forza, con domande che risvegliano un’altra memoria, così da ravvivare anche una fede che in essi è ancora debole e fragile: «Gente di poca fede», dici, come altre volte avevi già detto loro, e una volta persino personalmente a Pietro.

La loro fede non si può nemmeno mettere a paragone con quella della donna Cananea, pagana, da loro disprezzata e rifiutata.

Da cosa deduci che la loro fede è poca? Dalla loro preoccupazione. Non tengono conto che sono figli di un Padre che sa ciò di cui abbiamo bisogno (6,8), che provvede a mantenere in vita gli uccelli del cielo (6,26), e che ci toglie ogni preoccupazione (6,33) affinché possiamo occuparci soltanto del suo regno e della sua giustizia! In cima ai loro pensieri e al loro affetto non c’è il Padre con la sua potenza d’amore, che si impegna persino per i passeri.

I discepoli dimenticano anche che il Padre aveva provveduto con larghezza, tanto da far avanzare ceste e sporte di pezzi di pane.

Queste ceste e queste sporte le dimentico anch’io, Gesù! Non posso rimproverare i tuoi discepoli di allora. Ma posso, e devo, sentire rivolte a me le domande che tu hai rivolto a loro, e molte di più!

Ci fai notare, con questi interrogativi, l’importanza del capire e del ricordare, e soprattutto del fare attenzione alle tue esortazioni o ammonizioni. Ci esorti a vedere ogni fatto come segno, segno dei tempi nuovi! Hai messo in guardia i discepoli dal dare importanza a quegli uomini che hai lasciato e da cui ti sei allontanato con decisione. Siccome essi non ti hanno ascoltato, non hanno nulla di santo da dirci. Ad essi non dovremo dar retta, altrimenti rimarremo ingannati e ci allontaneremo da te.

Per questo ripeti ancora: «Guardatevi invece dal lievito dei farisei e dei sadducei». Questi non hanno nulla di divino e nulla di eterno da insegnare. Distogliendoci da te, ci distolgono dalla via che porta al Padre, dalla verità del suo amore che sei tu, dalla vita di comunione e di gioia che tu solo ci puoi donare. Essi sono solo preoccupati per la propria posizione sociale ed economica: diverranno perciò oppressori e omicidi. Per questo volevano screditarti davanti ai discepoli e alle folle.

Chi non accoglie te, non accoglie il dono di Dio, e rimane vuoto.

Rimango con te, e mi sazio della tua presenza e della tua sapienza!

  

7 Chi dite che io sia? Mt 16,13-16

13Gesù, giunto nella regione di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?».

14Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti».

15Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?».

16Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».

7

Signore Gesù, arrivi in una nuova località, non attraversando il lago, ma a piedi, allontanandoti da quei villaggi dove sei conosciuto e cercato per le guarigioni o per il pane.

Sono con te soltanto i discepoli: le folle le avevi congedate. Ora giungi nei pressi della città ricostruita da uno dei figli di Erode, Filippo, che le ha cambiato il nome con quello dell’imperatore di Roma. Nei pressi di questa città sorge un grande tempio, incastonato in una parete rocciosa, dalla cui base sgorga una delle principali sorgenti del fiume Giordano, il fiume testimone della fede del popolo guidato da Giosuè (Gesù 3,13) e dei profeti Elia ed Eliseo (2Re 2,6ss).

Proprio sopra la sorgente sorge il tempio che attira i devoti del dio Pan. Dai romani è chiamato ‘dio dei boschi’, ma con il suo nome greco vuol far credere non solo che lui è tutto, ma anche che tutto è dio: ogni cosa che vedo e che tocco sarebbe realtà divina. Se tutto fosse dio, anch’io sarei un pezzo di quel tutto, una parte di dio! Se fosse vero che io sono dio, tutti i miei pensieri e progetti sarebbero divini, e tutto ciò che faccio sarebbe bene. Nulla più sarebbe da considerarsi tentazione, e nessuna azione sarebbe peccato. Il suo nome, Pan, significando infatti ‘tutto’; esigerebbe anche tutto dall’uomo, e si proporrebbe di spiegare tutto, di essere all’origine di tutto, persino dei pensieri e delle azioni dell’uomo.

Pan, è così radice di tutti gli idoli nemici della fede vera, porta del regno della morte, origine e giustificazione di ogni manifestazione del peccato: ha qui il suo tempio, sopra la sorgente del fiume in cui tu, Gesù, sei stato battezzato da Giovanni.

Arrivi in questo luogo, Gesù, spartiacque e confine tra il regno di Davide e i regni della terra, e tra questi e il regno dei cieli. Tu, che sei «segno di contraddizione» (Lc 2,34) fai risuonare in questo luogo ora la tua voce agli orecchi dei discepoli. Qui vedono come è il mondo in cui essi si recheranno per annunciare il tuo nome.

Qui tu li interroghi, per conoscere il loro cuore e la loro mente, e perché sappiano che di te è detto che sei «qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele».

Tutto quello che tu hai annunciato loro in privato, o in loro presenza hai detto a tutti, quello che tu hai fatto per obbedire al Padre che è nei cieli, e i prodigi avvenuti per la tua parola e i tuoi gesti, è sufficiente perché essi sappiano chi tu sei e rimangano ancorati a te come a roccia sicura e come alla loro radice?

È come un esame il tuo, una verifica. Bastano due domande. ‘Sapete chi è individuato dagli uomini come «il Figlio dell’uomo» e cosa vien detto di lui nel mondo?’.

Non li interroghi per sapere da loro ciò che tu già conosci, ma per sapere se essi si rendono conto in che mondo vivono, cioè come ti considera la gente a cui saranno inviati da te. Conoscono il cuore degli uomini cui annunceranno il tuo nome e la tua Parola? Sapranno correggere dagli errori le persone istruite dai farisei e dai sadducei? Sapranno difendersi dalle seduzioni delle divinità pagane e delle ideologie attraenti che costruiscono templi maestosi, come quello presente in questo luogo per appoggiare e giustificare tutti i vizi deli uomini?

I tuoi discepoli ti rispondono. Sanno che la gente dice che «Figlio dell’uomo», cioè il Messia, è Giovanni il battezzatore. Ma non tutti sono d’accordo. C’è chi attribuisce questa missione ad Elia. Anche gli scribi dicevano che Elia sarebbe tornato. Chi conosce le Scritture parla pure di Geremia, il profeta che ha sofferto persecuzioni, come dovrà affrontarle il Servo di Dio, annunciato da Isaia (52,14). E c’è chi dice che sarà uno degli antichi profeti, a svolgere la missione di Messia di Dio.

Se qualcuno attribuisce a te il compito del Messia, pensa che tu non sia altro che uno tornato dal regno dei morti. Per essi il Messia «Figlio dell’uomo» saresti tu, quindi saresti Giovanni: accoglie questa credenza persino Erode, che l’aveva fatto uccidere (14,2). Per altri tu saresti Elia o Geremia, o uno dei profeti. Non si aspettano novità da te, perché sanno già cos’hanno fatto e detto i profeti, Geremia, Elia e Giovanni. Dato che sei ritenuto uno di questi, non porterai nessuna novità alla loro vita. Tutti potranno continuare a comportarsi come sempre, a osservare le regole di purità, a vivere come insegnano i farisei e i sadducei. Saranno sempre orientati al passato, non crederanno che Dio possa far nuove tutte le cose!

Così rispondono i tuoi discepoli, quindi sono preparati: conoscono il mondo in cui vivono, e sanno quale relazione la gente è disposta a stabilire con te.

Ma adesso, Gesù, desideri vedere se i tuoi discepoli si distinguono dalla gente e dai discepoli dei farisei e dei sadducei. Ecco la nuova domanda che completa il tuo esame: «Ma voi, chi dite che io sia?». Credete anche voi che io non sono il Messia, il Figlio dell’uomo? Oppure dite anche voi che io sono un Messia che vengo dal passato? Che non vi porto nulla di nuovo? Che già conoscete tutto di me? Che ho esperienza del regno dei morti e che vi parlerò di quello?

Gesù, noi sappiamo molte cose di te. Ti abbiamo visto aprire gli occhi ai ciechi, la bocca ai muti, gli orecchi ai sordi, ti abbiamo visto dare vita ai morti, abbiamo visto aderire a te piccoli e poveri, persone del popolo e persino pagani. Abbiamo ascoltato da te insegnamenti di amore nuovo e pieno, persino verso persecutori e nemici. Tu non vieni dal passato. Tu ci hai parlato e ci parli di un Dio che è Padre, che ascolta le preghiere degli uomini e delle donne, che si rivela ai piccoli e ai poveri, mentre rimane nascosto ai sapienti e a chi si ritiene intelligente: un Dio che non solo è venuto, ma viene e verrà.

Tu fai e farai nuova e diversa la nostra vita. Ci fai attendere cose nuove: realizzi un regno nuovo, regno dei cieli, in cui, tra il resto, non si parla di tasse e di soldati, di prigioni e schiavitù, ma solo di pace e di bontà, di umiltà e mitezza.

Tutti i discepoli sanno questo, ma solo Simone, chiamato Pietro (4,18), apre la bocca. È sicuro di quel che dice: stavolta non lo rimprovererai e non lo correggerai. Ecco la sua risposta, rivelazione della sua fede: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».

Finora era stato detto di te che sei il «Maestro» (8,19), il «Figlio di Davide» (9,27; 15,22), il «Signore» (8,2.6.8.21), oppure «colui che deve venire» e anche «Figlio di Dio» (14,33).

Ora Pietro dichiara solennemente che «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Proclama che sei il Messia, l’uomo vero inviato da Dio, colui che deve venire, quello promesso da sempre agli uomini, da quando hanno scoperto di essere peccatori lontani da te. Ti conosce anche come «il Figlio del Dio vivente», colui che vive in mezzo a noi la pienezza della misericordia e dell’attenzione di Dio al suo popolo, il Dio vivo e vero, nostro Padre.

Come ha potuto giungere a questa certezza? No, non è una certezza proveniente dal suo ragionamento e nemmeno dalla sua esperienza di pescatore provetto. Glielo dirai tu stesso, Gesù!

  

8 Le chiavi del regno Mt 16,17-20

17E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli.

18E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa.

19A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

20Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

8

Signore Gesù, tu stesso mostri meraviglia per le parole pronunciate da Simone, e ti chiedi come egli possa aver compreso il tuo mistero. Avevi già detto che il Padre stesso si fa conoscere ai piccoli (11,25). Simone è uno di questi, e perciò nella sua mente e nel suo cuore ha agito il Padre tuo. Glielo devi dire: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona»!

Avevi già detto pure che erano beati gli occhi che vedono ciò che i tuoi discepoli vedevano (13,16). Simone ha visto che sei tu che compi le opere di Dio con la sua potenza, e perciò gli puoi dire «Beato»: è lo stesso titolo rivolto da Elisabetta a tua Madre, quando ella ti portava in grembo per aver creduto alla Parola che veniva dal cielo. Pietro porta te in sé nella sua fede!

È «Beato». Tu lo affermi con decisione. Egli è beato come sono beati i «poveri in spirito» o i «puri di cuore», i misericordiosi e gli afflitti, tutti quelli che erediteranno il regno dei cieli.

«Simone, figlio di Giona»: è un uomo, Simone, figlio di un uomo. Dicendo «figlio di Giona» intendevi solo dire che fa parte dell’umanità? O anche che Simone somiglia a Giona, uomo di questo mondo con carisma profetico, pur non essendo prontamente obbediente e nemmeno portatore dell’amore misericordioso di Dio Padre? In questo senso sono anch’io «figlio di Giona»?

Simone ha proclamato la tua identità non perché l’ha scoperta con deduzioni o ragionamenti basati sulla sua esperienza, ma perché è intervenuto il Padre stesso a rivelargliela, ed egli non ha posto impedimento. Allo stesso modo aveva agito e reagito Maria, tua Madre, quando è arrivata a lei la Parola da Gabriele.

Così noi saremo attenti al Padre più che alle deduzioni della nostra mente, utili, ma da considerare sempre limitate.

Ora a Simone fai notare che quel Dio che lui ha ascoltato è «il Padre mio che è nei cieli». È lo stesso Dio che avevi già chiamato «Padre nostro» (6,9) e poi anche «Padre tuo, che vede nel segreto» e «Padre vostro» (6,6). Ora tu dai importanza al fatto che condividi la vita che viene dal Padre, e che il Padre appartiene a te, come tu a lui.

Sei davvero il Figlio, che vive lo stesso amore di Dio, e quindi anche tu sei partecipe della divinità. Perciò possiamo chiamare pure te: «Dio»! Anche tu, con il Padre, sei «nei cieli», nell’ambiente nascosto a tutti eppure presente a tutti, credenti e non credenti. Colui che è «nei cieli» infatti non è legato alla materia che passa, non è solo quello che i nostri occhi vedono e i nostri orecchi odono e le nostre dita toccano. Sei nascosto ai nostri sensi, eppur sempre e ovunque partecipe della vita degli uomini. Sei al di sopra e al di fuori di tutto e di tutti, senza esserci estraneo.

Dopo aver chiamati beati i tuoi discepoli, il primo di quelli che ti hanno seguito, e ora il primo che proclama la tua vera identità, «il Cristo», cioè la tua divinità oltre la tua vera umanità consacrata da Dio, ora ancora a lui doni la tua parola di certezza: «E io a te dico». La tua parola è sicura, una parola divina, dato che tu sei Dio. Avevi già usato questo modo di dire, quando parlavi a tutti sul monte: “E io vi dico”: allora riversavi la vera e piena luce nuova sui comandamenti di Dio, ora sulla tua piena umanità e divinità.

Che cosa devi dire a Simone? Lui ha detto chi sei tu, e tu manifesti a lui chi egli è: «Tu sei Pietro», tu, con questa fede in me.

Siete vicini alla parete rocciosa su cui si erge il tempio idolatra, luogo del nemico di Dio e degli uomini. Simone comprende che tu vuoi edificare sulla roccia una dimora al Dio vero, il Padre che è nei cieli. In essa egli potrà accogliere gli uomini che credono in te e renderli popolo nuovo, assemblea santa, Chiesa purificata, adatta per la festa preparata per i figli prodighi che torneranno pentiti delle loro ribellioni.

E tu continui: «E su questa pietra edificherò la mia Chiesa”. Su quest’altro masso roccioso, la pietra che è la fede proclamata da Simone, si salderà l’edificio santo, la Chiesa nuova. Tu la chiami “mia Chiesa”: è l’assemblea di coloro che hai ‘chiamato’ e si sono radunati. È Assemblea del popolo nuovo, tuo, che si riunisce ad ascoltare te, a lodare te, a celebrare l’alleanza con te nel tuo Sangue. Appoggiata sulla roccia della fede in te, “il Cristo, Figlio del Dio vivente”, essa starà salda. A Simone hai dato il nome nuovo, nome che indica la sua nuova identità e il suo ruolo. Per Dio lui adesso è «pietra», invito a ricordare «la roccia da cui siete stati tagliati» (Is 51,1) e a contemplarla per somigliargli. Quella «roccia» sei tu, il Figlio di Dio, Gesù.

«Le potenze degli inferi non prevarranno su di essa»: queste potenze nemiche sono sempre scatenate, dentro e fuori del cuore degli uomini, contro di te e la tua Chiesa: esse sono qui davanti agli occhi dei discepoli, radunate attorno al tempio del dio Pan!

«Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti» (7,25) avevi detto. Beelzebul è presente e continuerà a infierire, come sta facendo, contro di te. Cercherà di porre inciampi alla tua Chiesa che sorgerà su pietre vive; essa però è fondata saldamente e non potrà crollare, come tu hai già profetizzato per la casa costruita sulla roccia della tua Parola. La pioggia, i fiumi e i venti non potranno farla crollare. «Le potenze degli inferi» imperverseranno, ma senza prevalere.

Gesù, tu continui a parlare a Simone, ora da te chiamato Pietro, e gli prometti: «A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Quando gliele darai? Dopo la tua risurrezione, quando tu avrai vinto del tutto le «potenze degli inferi». Allora «le chiavi del regno» saranno consegnate a lui. Egli aprirà le porte quando arriveranno coloro che tu chiami, e saranno molti a credere in te. Egli le chiuderà a chi non è beato, perché non è povero in spirito. Le chiuderà dietro a chi uscirà, perché tu, il re del regno, lo farai gettare fuori, essendo entrato «senz’abito nuziale» (22,12).

A Simone Pietro tu affidi autorità «nei cieli», perché là sarà legato e sciolto ciò che lui, seguendo te, legherà e scioglierà.

Tu avevi fatto rialzare il paralitico a Cafarnao perché noi crediamo che sulla terra, agli uomini, è dato il potere di perdonare i peccati (9,6); ora questa facoltà la prometti a Pietro, e la consegnerai a tutti gli Apostoli, quando soffierai su di loro il tuo Spirito (Gv 20,23).

È il tuo Spirito che farà loro comprendere a chi potranno rimettere e a chi non potranno rimettere i peccati. Allo stesso modo lo Spirito suggerirà loro cosa legare e cosa sciogliere. Con la sua luce e la sua forza avranno autorità divina: Dio agirà per mezzo di Pietro e di chi riceverà il tuo Spirito Santo.

I tuoi discepoli dovranno tenere segreto, custodendolo nel proprio cuore, quanto oggi hanno udito. La tua identità divina, il fatto che tu sei «il Cristo», e «il Figlio del Dio vivente», non sarebbe compreso da chi ti aspetta come liberatore politico o nemmeno ti aspetta. Nemmeno essi ti hanno compreso rettamente. Gli uomini dovranno attendere la rivelazione dal Padre.

Il comando di tacere lo hai rivolto anche ai demoni (Mc 1,34). I discepoli non sono ancora testimoni della tua morte e della tua risurrezione. Sarà il Padre a rivelare la tua identità profonda a chi ti conoscerà. I discepoli non l’anticiperanno: darebbero la notizia senza interiore partecipazione, rischiando di essere o apparire fanatici. E rischiando che venga accolta come notizia da sapere e non rivelazione che cambia la vita.

Gesù, tu stesso a Pietro e agli altri non hai mai detto d’essere «il Cristo, il Figlio del Dio vivente», ma gliel’hai fatto vedere con la vita. Così i discepoli faranno vedere con la loro vita umile, fedele, paziente, ricca di amore, che tu sei Dio e che Dio è anche in loro come in te.

 

9 Va’ dietro a me Mt 16,21-23

21Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che

doveva andare a Gerusalemme e

soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi,

e venire ucciso

e risorgere il terzo giorno.

22Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai».

23Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».

9

Signore Gesù, ora che i discepoli sanno chi sei, tu ti senti in dovere di spiegare loro la tua missione. Hai atteso fino ad ora con pazienza il segnale da Dio. Adesso non insegni più, ma spieghi ciò che tu hai già insegnato e non è stato pienamente compreso da loro. Essi dovranno conoscere con chiarezza il motivo e il significato di ciò che stai per fare e di ciò che stai per vivere.

Andrai a Gerusalemme, ma non sarà un viaggio facoltativo proposto da te come un normale pellegrinaggio. È il Padre che ha tracciato questo programma per il suo Messia, per il suo Servo. Tu vuoi ciò che è deciso dal Padre; perciò, per compiere il suo amore, “devi” andare a Gerusalemme. È la città dove i profeti hanno profetizzato e dove essi hanno sofferto il rifiuto da parte dei capi del popolo e dei sacerdoti, e anche da parte di quelli che conoscono sì le Scritture, ma non le comprendono secondo la luce di Dio.

A Gerusalemme c’è l’altare, a Gerusalemme i sacerdoti che offrono il sacrificio. E dato che tu ti offri per tutti gli uomini, i sacerdoti si serviranno delle mani dei pagani per compiere la tua offerta, che sarà per tutti salvezza.

Là, nella città santa, soffrirai molto. Lo spieghi ai discepoli. Quali Scritture hai ricordato loro? Certamente quelle dei profeti, ma anche quelle che raccontano la vita di Mosè e di Elia, che con grandi sofferenze procurate loro da parte del popolo, lo hanno servito perché sia fedele al Dio dell’alleanza.

Le profezie annunciano la morte del Servo di Dio (Is 53,8-9): a questo si riferisce pure il sacrificio dell’agnello trovato nel cespuglio da Abramo sul monte (Gen 22,13).

Ricordano i discepoli che Giovanni ha detto di te che sei l’agnello di Dio (Gv 1,29. 36), quello che con la sua morte e il suo sangue porta via il peccato del mondo?

I profeti hanno pure affermato che Dio ascolterà la preghiera: «Non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la fossa» (Sal 16,10). Sono certi che Dio, dopo la morte, ridarà vita al suo Servo il terzo giorno (Os 6,2; Is 53,11).

I discepoli avevano del tuo parlare una comprensione condizionata dai loro sogni e desideri, sostenuta dal pensare comune di tutti, del popolo e dei capi. Ora però capiscono che parli della tua morte violenta, ma pensano che ti sia sbagliato. Pietro, che ha ricevuto la promessa delle chiavi ed è stato dichiarato da te ispirato dall’alto, ritiene di dover intervenire. Lo fa con decisione, come fosse diventato tuo maestro. Ti prende in disparte. Gli preme non farti fare brutta figura di fronte agli altri undici, ma ritiene suo dovere rimproverarti.

Ti rimprovera davvero, iniziando col farti notare che egli conosce la volontà di Dio meglio di te: «Dio non voglia, Signore, questo non ti accadrà mai». Le parole che Pietro pronuncia, lasciano intuire che addirittura intende esorcizzare te, Gesù. Per lui non può essere volontà di Dio la morte del re del regno dei cieli. Sarebbe una sconfitta impensabile. Così egli dimostra di essere falso profeta.

Gesù, tu reagisci, voltandoti. Vuoi avere davanti al tuo sguardo anche gli altri discepoli: devono udire ciò che adesso dirai a Pietro. Sono parole che valgono per tutti quelli che pensano e ragionano, prima di convertirsi, prima di accogliere pienamente la volontà del Padre: «Va’ dietro a me, Satana!».

Sono parole durissime: le avevi usate nel deserto all’ultima tentazione che ti proponeva di diventare re alla maniera intesa dagli uomini, re che domina e opprime, re che ubbidisce al principe di questo mondo facendo uso dei suoi metodi. Pietro infatti, sgridando te, Gesù, ha preso il posto del tentatore, di colui che vuole impedirti il compimento della volontà del Padre, il compimento del suo amore perfetto.

Pietro è ancora discepolo, perciò tu, Gesù, non gli dici «Vattene» (4, 10), come allora a Satana. Gli ingiungi però con decisione di riprendere il posto di discepolo, di colui che sta dietro a te e non si mette davanti al maestro per insegnargli, per criticarlo, per far sì che ubbidisca a lui invece che al disegno eterno di Dio. Avevi già detto che il discepolo non è da più del maestro (10,24). Perché sia chiara a tutti l’identità di chi si oppone al volere del Padre, lo chiami, senza paura che si offenda, con il nome dell’avversario: «Satana!». E aggiungi: «Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».

Gli uomini vedono ogni sofferenza e ogni croce, ogni fatica, anche quella che realizza l’amore vero, la vedono come realtà da evitare a tutti i costi. Essi pensano che la vita in questo mondo debba essere facile, solo piacere, leggerezza, assenza di problemi. Essi non si accorgono che l’amore costa, e che quando costa è ancora più prezioso e bello. E non si accorgono che solo l’amore ispirato da Dio riempie il cuore e le membra di vita vera. Pietro sta ragionando ancora come fanno gli uomini dei regni del mondo, e non ha iniziato a pensare e ragionare e decidere come è doveroso nel regno dei cieli. Questo lo potrà imparare solo da te, se sta dietro a te, attento ad ogni tua Parola, pronto a vedere come tu agisci nelle varie circostanze e come tu obbedisci “ad ogni Parola che esce dalla bocca di Dio» (4,4).

E la beatitudine di Pietro, pronunciata da te, Gesù? No, non sarà cancellata: egli rimane «beato», perché ha professato la fede vera, ma deve essere ancora attento ad ogni tua istruzione e correzione.

Pietro è ancora la roccia su cui s’innalzerà l’edificio di Dio, la Chiesa, il popolo del nuovo Israele? Se ha meritato il titolo di «Satana», non ha perso tutto? No, la Parola di Gesù è Parola di Dio, e perciò rimane. Ma Pietro non deve dimenticare di essere uomo fragile, e quindi di essere sempre umile e vigilante.

Quest’episodio ci aiuta a comprendere meglio il significato delle tue parole, Gesù. La pietra d’angolo, il fondamento sei soltanto tu, Gesù. La roccia su cui s’appoggia l’edificio è sì la fede in te espressa da Pietro, ma vissuta come tu stesso, Gesù, la vivi e gli insegnerai. Anche se «beato», Pietro dovrà ancora e sempre imparare dal suo Maestro e sempre obbedire a te, suo Signore.

E «le chiavi»? Anch’esse arriveranno nelle sue mani: per usarle, Pietro avrà bisogno dello Spirito Santo. Lo riceverà insieme agli altri, quando tu, risorto, li incontrerai, li rimprovererai per l’incredulità, e aliterai su di loro il tuo soffio. Allora Pietro, illuminato e reso sapiente dal tuo Spirito, sostenuto dalla fede e dall’amore dei tuoi fratelli, praticando l’ascolto umile, potrà aprire e chiudere le porte del regno, a gloria tua e del Padre!

 

10 Il Figlio dell’uomo sta per venire Mt 16,24-28

24Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 25Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.

26Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?

27Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni.

28In verità io vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non moriranno, prima di aver visto venire il Figlio dell’uomo con il suo regno».

10

Signore Gesù, sei ancora solo con i discepoli nel luogo della decisione, dove si deve scegliere tra la schiavitù alle divinità pagane e la fede nel Dio d’Israele. Hai rivelato loro la volontà del Padre per te, la strada che dovrai percorrere per manifestare il tuo essere Figlio di Dio e arrivare a vivere la risurrezione che ti sarà data dopo la morte. Tu sarai rifiutato, soffrirai e sarai ucciso. Ed essi, i discepoli? Cosa comporta per loro questo tuo cammino?

Essi hanno deciso e vogliono camminare dietro a te. Che cosa succederà nella loro vita? Dovranno subire le tue stesse sofferenze, o potranno scegliere una vita diversa? Ora inizia una nuova fase del loro essere discepoli.

Tu cominci così: «Se qualcuno vuole venire dietro a me». Finora sono venuti tutti dietro a te, a te che facevi miracoli ed eri cercato da tutti. Adesso invece, che inizierai ad essere rifiutato, perseguitato e ucciso, come faranno a venire ancora dietro a te? Lo vorranno certamente, perché dietro a te hanno sempre trovato luce, sicurezza e pace, armonia tra di loro, confidenza con il Padre. Ecco la tua rivelazione: staranno dietro a te quando rinnegheranno se stessi, prenderanno ciascuno la propria croce e ti seguiranno senza tentennamenti.

Ognuno che ti vuol seguire «Rinneghi se stesso».

Non avranno il proprio io come punto di riferimento, ma il tuo nome e la tua persona, tu morto e risorto. Faranno tacere i propri desideri troppo terreni e umani perché ci saranno i tuoi da soddisfare. Sottoporranno sempre a te le proprie scelte e le proprie decisioni. La tua Parola vincerà sempre. Non dovranno disprezzarsi, no, ma non valutarsi se non per il rapporto che vivono con te. Tu davanti a sé, sempre. Tu presente nel cuore dei tuoi discepoli, tu con il tuo amore per tutti, anche per i nemici, davanti a sé.

«Prenda la sua croce»: come prenderà ognuno la propria croce? Tu hai accolto e portato quella che le mani degli uomini hanno imposto a te. Non quella prenderò, bensì la mia. Chi me la darà? Le mani degli uomini? O gli eventi imprevisti della vita? O io stesso per rinnegarmi?

Come per te, anche la mia croce sarà conseguenza ed espressione dell’amore. Amerò sempre: talvolta le persone che amerò mi faranno soffrire. Amarle comporterà rinnegare me stesso. Per amarle dovrò sopportare, far fatica, scegliere ciò che non vorrei.

«E mi segua»: ti seguirò. Terrò d’occhio le orme che i tuoi piedi lasciano sul terreno, terrò il mio sguardo fisso su di te. Farò piccoli passi, uno per volta, ogni giorno. Terrò la mia mano agganciata alla mano di chi ti segue già con sicurezza.

Avrò la tentazione di salvarmi con le mie forze, di evitare ogni pericolo per la vita fisica, per la salute. Sarà tentazione, perché il badare al mio benessere mi impedirà di guardare il tuo cammino e toglierà forza al mio procedere. La vita che perderò per te diventerà vita eterna, vita vera, relazione con il tuo amore e con la tua santità. La vita in questo mondo è vita passeggera, che si nutre di cose da non usare nel rapporto con te.

Per amor tuo rinuncerò alla mia vanagloria, al mio orgoglio, a volere a tutti i costi godere salute nei pochi anni che mi restano su questa terra. L’amore per te mi darà vita vera, gioia e pace, mi rivestirà di sapienza e mi rafforzerà nella pazienza, mi trasformerà in persona mite, capace di dominare le mie reazioni e i miei impulsi. Per causa tua, o meglio, per merito tuo sarò me stesso: avrò dentro di me vita santa e libera.

Tu me lo dici chiaramente: guadagnassi tutto il mondo, ma non avessi te, sarei nella morte. Tu hai avuto la proposta di possedere tutti i regni del mondo, e non li hai voluti (4,9-10). Perché? Per accoglierli avresti dovuto rinunciare al Padre tuo che è nei cieli. Rinunciando a lui avresti rinunciato ad essere figlio, e quindi ad essere vivo di vita eterna.

Con tutti i beni del mondo non riuscirei ad acquistare la vita che ricevo solo da te, seguendo te. Il salmo mi fa pregare: «L'uomo non può riscattare se stesso né pagare a Dio il proprio prezzo» (49,8). È così: io non ho nulla di così prezioso che possa ripagare il dono, né della vita fisica, tanto meno di quella spirituale. Dio stesso infatti dice: «Tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo» (Is 43,4).

Ci fai un’altra rivelazione: tu stesso, «Figlio dell’uomo» verrai a vivere presso di noi. Verrai nella gloria del Padre tuo, con i tuoi angeli, verrai mandato dal Padre tuo, che è anche nostro, accompagnato dagli angeli che lo servono e serviranno anche noi. Sarai tu a farci godere la gloria luminosa e bella del Padre.

Egli ci premierà, perché abbiamo seguito te, suo Figlio amato. Egli «renderà a ciascuno secondo le sue azioni». Le nostre azioni saranno appunto queste: ti seguiamo con la nostra croce rinnegando noi stessi. Il Padre non potrà non vedere ogni momento di questa nostra vita. In tal modo premierà anche te, perché sei tu che ci avrai sostenuto e dato forza e libertà, sapienza e gioia in questa fatica quotidiana.

Quando con solennità affermi: «Vi sono alcuni tra i presenti che non moriranno, prima di aver visto venire il Figlio dell’uomo con il suo regno», noi vorremmo comprendere di chi stai parlando. Ci lasci nel dubbio? No, è qualcuno di noi «tra i presenti»: presenti ora a te che ci istruisci. Sono io che durante la mia vita posso vedere te venire con il tuo regno. Il tuo regno viene, come chiediamo nella preghiera al Padre tuo e nostro: anch’io ne godo profondamente la presenza, perché ti sto seguendo a Gerusalemme, con la mia croce. Godo la vita con i tuoi fratelli, ne sperimento l’amore: essi lo offrono a te e a tutti attorno a loro. È una vita nuova, diversa da quella dei regni del mondo. Attorno a te e ai tuoi non compare l’odio né la vendetta. Le invidie e le gelosie si smorzano subito, le cattiverie sono sconosciute.

Il regno che viene con te è desiderabile, perché non conosce schiavitù né oppressione. È un regno dove tutti fanno a gara a rinnegare se stessi e a portare la propria croce, tenendo te, Gesù, al di sopra di tutto e di tutti, sempre davanti a sé. Il regno che hai annunciato all’inizio della tua missione, il regno che accompagna la nostra conversione, ora mi accoglie, ora comincia ad essere visibile.

 

11 Gesù solo Mt 17,1-8

C 17

1Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte.

2E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce.

3Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.

4Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia».

5Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra.

Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».

6All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore.

7Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete».

8Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.

11

Signore Gesù, hai annunciato ai discepoli la tua morte e risurrezione e hai rivelato che il loro vivere sarà sempre una testimonianza di questo mistero. Rinnegheranno se stessi e porteranno la propria croce con l’amore con cui tu porti la tua. Hai dato loro tempo di riflettere su queste parole per sei giorni. Sei, furono i giorni della creazione. Siamo al sesto giorno. L’uomo voluto da Dio lo si conosce oggi: è quello che, entrato nell’attesa della passione e morte, riceve dal Padre la glorificazione: manifesterà la sua presenza, la sua luce, la sua sapienza.

Come Mosè allora, così oggi tu prendi con te tre discepoli, solo tre, e sali su un alto monte. Mosè con Aronne, Nadab e Abiu suoi figli, era salito sul monte (Es 24,9), che la nube coprì per sei giorni (Es 24,16).

E cosa succede? Quando gli Israeliti videro Mosè scendere dal monte, «la pelle del suo viso era raggiante» (Es 34,30), così ora il tuo volto brilla «come il sole» e anche le tue vesti divengono «candide come la luce». I tre discepoli non ti vedono più come prima: non sanno, non comprendono, ma vedono. Sei trasfigurato, sei ancora tu, ma diverso, nuovo, luminoso. Sei immerso nella gloria di Dio, anzi, sei diventato gloria di Dio. Che cosa possono pensare? Sei tu Mosè? Sei tu Elia sul carro di fuoco? No, ecco, sia Mosè che Elia sono qui con te, e parlano con te. Mosè, il capo del popolo in cammino, Elia, il capo carismatico del popolo guidato da re disobbedienti a Dio. Tutt’e due guidavano il popolo ad attenderti e ad incontrarti.

Conoscono essi i pensieri che occupano il tuo cuore? Avevano desiderato e profetizzato la salvezza per il popolo e per l’umanità, salvezza che Dio Padre avrebbe realizzato attraverso di te. Di essa tu avevi parlato con i discepoli sei giorni prima: questo occupa la tua mente e i tuoi desideri.

Mosè ed Elia conversano con te, non con i tre discepoli. E anche tu ai tre non dici nulla, solo permetti che assistano come testimoni silenziosi.

Pietro non riesce a stare in silenzio e, come altre volte, interviene in modo inopportuno. Non sono i tuoi pensieri e le tue parole che orientano la sua attenzione, ma le emozioni e le abitudini, che seguono il pensare alla maniera del mondo. Com’è difficile la conversione! Non è stata sufficiente la strigliata di sei giorni prima (16,23)!

Egli ti distrae dal colloquio con i due esponenti della storia della salvezza: Mosè infatti richiama la Legge e l’istituzione gerarchica nel popolo, ed Elia rievoca l’autorevolezza carismatica dei profeti e l’adesione del cuore alla Parola e alla Presenza del Dio dei padri. Pietro si propone di preparare per voi, abitanti del cielo, una dimora qui sulla terra, proprio mentre tu invece sei impegnato a preparare per noi, abitanti della terra, una dimora nei cieli. Tu non gli rispondi. Nemmeno ripeti il rimprovero che lo ha umiliato davanti a tutti gli altri. Imparerà da solo, assistendo a ciò che avviene, senza bisogno di parole.

Ecco una «nube luminosa», una nube che illumina, e nello stesso tempo nasconde te e i due testimoni santi. Quella è la vera «capanna», dono per te, una sola, la stessa che ospita pure Mosè ed Elia. Ed è preparata da Dio, non dagli uomini. La nube luminosa è quella che copriva la tenda del convegno e guidava il popolo verso la Terra promessa da Dio al suo popolo, la nube che riempiva il Santo dei santi nel tempio di Gerusalemme, la nube che porterà nel mondo il Figlio dell’uomo alla fine dei tempi (Dn 7,13).

Proprio da quella nube viene la risposta a Pietro, una voce udita come l’udivano Mosè ed Elia sul monte. Questa voce pronuncia parole brevi, illuminanti: riassumono tutte le Scritture. La odono i tre discepoli, avvolti sensibilmente dall’ombra nella nube.

«Questi è il Figlio mio»: già al Giordano, presente Giovanni (3,17), è risuonato il salmo secondo (Sal 2,7) per far conoscere colui che è stato battezzato insieme ai peccatori. Questa voce rivela pure l’identità di colui che parla: è Padre! È dalla nube luminosa, che viene la voce divina per convincere i tre discepoli che Dio è Padre, non solo Giudice, e che tu sei suo, suo Figlio, che vivi la sua stessa vita, com’era stato rivelato a Pietro sei giorni prima.

«L’amato»: amato era il figlio di Abramo (Gen 22,7.8), figlio della promessa, donato da Dio al suo amico. Era anch’egli, Isacco, profezia del figlio di Dio. A lui Dio ha risparmiato la vita, accettando l’agnello in vece sua. Non era amato solo da Abramo, ma anzitutto da Dio, che l’ha voluto nonostante i ragionamenti di Sara, cui Abramo stesso aveva ceduto. «L’amato» è figura della missione di Abramo e di tutta la sua discendenza, chiamata ad essere benedizione per tutte le famiglie dei popoli. “Amato” da Dio Padre e da Abramo, e quindi da tutti i suoi discendenti. Questi sei tu, Gesù!

«In lui ho posto il mio compiacimento»: questa rivelazione riassume i profeti (Is 42,1) e le aspirazioni che essi trasmettevano al popolo. Il Figlio è la gioia di Dio: quindi a te tendono le profezie. E chi ubbidisce alle profezie ottiene te! I tre discepoli, vedendo te, Gesù, vedono la gioia del Padre! Quale grazia hanno ricevuto e stanno ricevendo!

«Ascoltatelo»: l’ultima parola che esce dalla nube. Da essa non viene l’invito, come in passato, ad ascoltare l’invisibile Dio (Dt 4,1; 5,1; 6,3…). Essi ascolteranno te, loro Maestro. Non si preoccuperanno più di ascoltare Mosè per ascoltare Dio. Non si accontenteranno delle profezie di Elia. Inizia un’era nuova, nella quale solo la tua voce, Gesù, sarà riconosciuta Parola di Dio.

Chi vuole ascoltare Dio ora ascolta te, Gesù. Chi vuole ubbidire a Dio ubbidirà a te.

I tuoi discepoli cadono a terra pieni di paura.

Hanno capito di essere alla presenza di Dio, e quindi temono di morire, perché nessuno davanti a lui può stare in piedi e vivere. Persino a Daniele mancava il respiro quando udiva la voce di Dio (Nm 17,28; Dn 10,17).

Tu ti avvicini a loro e li tocchi, come toccavi i malati e i morti che ti venivano portati: essi sperimentano così la tua forza di vita, di vita nuova, la sperimentano ubbidendo al tuo comando: «Alzatevi», ossia «Risorgete»! Ora vivono una vita del tutto nuova: vedono te, vedono che sei tu, quello di sempre, ma essi non sono più quelli di prima. Vedono te, con occhi diversi, con uno sguardo libero dalle cose del mondo.

Vedono te solo, non vedono più Mosè e nemmeno Elia. Ma ognuno di loro non vede più come prima nemmeno gli altri due discepoli: ognuno di essi è illuminato dalla tua luce, e la tua luce è dentro gli occhi di ciascuno. Non possono più vedere come vedevano, tutto è diventato nuovo, tutto ora è immerso nel mondo di Dio Padre e del Figlio suo amato e glorificato!

Signore Gesù, tu solo! Tu, gioia di Dio, riempi di gioia i discepoli che vedono solo te. Essi sono usciti da questo mondo e vivono nella luce della nube divina.

Hanno iniziato un’estasi da questo mondo al tuo, che è quello del Padre che ama te ed è da te amato. Sono entrati nell’amore eterno, e non potranno più uscire, fin che vivono e vivranno con te nel cuore. Non hanno più bisogno nemmeno di fare le tre capanne: hanno una gioia più viva e completa e duratura. Ci saranno sì tre capanne, tutte e tre per te, e saranno il cuore di ciascuno di loro. Ora infatti vedono solo te: «Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo». Tu solo davanti al nostro sguardo, tu solo doni bellezza ai fratelli e alle cose create, tu solo sei nostro traguardo! Signore Gesù, tu solo, solo tu!

____________________________________________________

Nihil obstat: Mons. Lorenzo Zani, cens. eccl., Trento, 27/11/2024