Vangelo secondo Matteo 06.
6
Matteo
Mia madre e miei fratelli
11,1 - 12,50
(Traduzione CEI 2008)
1 Aspettare un altro? - Mt 11,1-6
2 Il regno dei cieli subisce violenza - Mt 11,7-15
3 Simile ai bambini - Mt 11,16-19
6 Signore del sabato - Mt 12,1-8
7 Ecco il mio servo - Mt 12,9-21
11 Mia madre e miei fratelli - Mt 12,43-50
1 Aspettare un altro? - Mt 11,1-6
1Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città.
2Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò 3a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?».
4Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete:
5i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano,
i lebbrosi sono purificati,
i sordi odono, i morti risuscitano,
ai poveri è annunciato il Vangelo.
6E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
1
Signore Gesù, hai dato istruzioni ai tuoi Dodici sul comportamento da tenere durante la missione, sui pericoli e ostilità che avrebbero potuto incontrare, sulla prudenza con cui custodire l’insegnamento, sulla decisione con cui vigilare per avere sempre te al centro del cuore e al di sopra di ogni altro affetto. Essi però non partono subito, non si allontanano da te: vivranno questi insegnamenti quando tu sarai risorto e non avranno più la tua persona davanti al loro sguardo. Adesso sei tu che parti ancora, in modo che essi vedano i tuoi insegnamenti dal tuo esemplare comportamento.
Tu parti di là e ti rechi nelle loro città. Gesù, le loro città non sono anche tue? Le senti estranee alla tua vita? Veramente le città non sono mai tue: in esse regna ancora “il principe di questo mondo”. Ad esse dovrai predicare la venuta del regno dei cieli. In esse dovrà risuonare la tua voce che proclama beati i poveri e i miti, i perseguitati per la giustizia, i puri di cuore e i misericordiosi. Ad esse dovrai dare l’insegnamento sulla giustizia superiore a quella degli scribi e dei farisei, e sulla solidità rocciosa della tua Parola. Ad esse annuncerai con forza la vicinanza del regno che non ha confini e che non si serve delle armi degli uomini. I tuoi discepoli impareranno ancora da te, e cominceranno a vivere la tua parola.
Ora, prima di questa tua nuova peregrinazione, ecco ancora vicino a te i discepoli di Giovanni. Già ti avevano cercato per sentire una parola sul digiuno e sulla sua osservanza da parte dei tuoi discepoli (9,14). Avevano capito che ti ritenevi lo sposo, colui che ama il popolo fino alla morte. Ora ti cercano per portarti la domanda del loro Maestro, che di te aveva detto: «Colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 12Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile» (3,11-12). È proprio lui, Giovanni, che li manda.
Egli si trova in carcere a causa della Parola di Dio uscita dalla sua bocca davanti ai re. Non può venire ad incontrarti, ma ha una domanda per te, perché ha udito le opere che hai compiuto, tutte opere di amore e tenerezza di Dio verso gli uomini, anche verso i peccatori. Tutti sapevano che “deve venire” il profeta uguale a Mosè (Dt 18,15), il profeta «giusto e vittorioso, umile» (Zc 9,9), che avrà «il bastone del comando», «a cui è dovuta l'obbedienza dei popoli» (Gen 49,10). Egli sapeva che sei tu colui di cui il profeta Isaia disse: «Mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l'anno di grazia del Signore, il giorno di vendetta del nostro Dio» (Is 61,1-2). Ebbene, come mai tu non liberi dal carcere lui, lui che ti ha battezzato nel Giordano, e a cui tu hai detto: «conviene che adempiamo ogni giustizia» (3,15)? Come mai le tue opere non realizzano la «vendetta del nostro Dio»?
Il dubbio di Giovanni era pure nel cuore dei suoi discepoli e di molti altri. La tua risposta aiuterà tutti, e aiuterà anche me a conoscerti e ad accoglierti con tutta la tua testimonianza del nuovo regno che hai annunciato. La domanda, che Giovanni ti fa pervenire dal carcere, ti chiede se dobbiamo aspettare un altro, uno diverso da te, uno che realizzi quelle aspettative che noi abbiamo sempre coltivato. Altrimenti sono queste errate? Abbiamo compreso male le profezie?
Gesù, tu non rispondi come ci saremmo aspettati. Non vuoi che siamo ripetitori, bensì testimoni.
Tu vuoi che noi stessi rispondiamo al nostro dubbio osservando e ascoltando, adoperando i nostri occhi e i nostri orecchi. Tu hai parlato e hai agito. Noi stessi abbiamo la risposta alla domanda che coltiviamo in noi. I nostri occhi e i nostri orecchi possiedono la risposta. Noi stessi possiamo confrontare le parole con i fatti, noi siamo testimoni di ciò che tu fai e perciò anche di ciò che tu sei.
Abbiamo ascoltato le parole dei profeti che dichiarano: «Liberati dall'oscurità e dalle tenebre, gli occhi dei ciechi vedranno» (Is 29,18) e «Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto» (35,5-6). Questi prodigi sono avvenuti per la tua parola e per le tue mani. I nostri occhi, finora chiusi, ora vedono il volto di Dio; le nostre gambe fiacche e svogliate, ora corrono a compiere gesti di amore. Le nostre orecchie incapaci di udire i gemiti, ora odono nella voce degli infelici le chiamate di Dio Padre.
Quando Giovanni udrà i racconti di tutti i segni da te compiuti, egli stesso potrà gioire. Egli allora capirà che la vendetta di Dio è la vendetta dell’amore, che prevale sulle armi del nemico, sui metodi del principe di questo mondo. Tu combatti contro di lui rimediando ai danni che lui compie contro gli uomini. Tu a Malco riattaccherai l’orecchio, perché nel regno dei cieli la spada dovrà rimanere nel fodero (Gv 18,10-11) e l’amore dovrà sostituire ogni altra reazione umana istintiva.
Gesù, tu concludi il tuo messaggio a Giovanni annunciandogli una beatitudine. Lui stesso sarà beato, perché non si scandalizzerà per il tuo modo di vivere, di agire e di parlare. Le tue parole e i tuoi gesti non gli impediranno di amarti né di credere che tu, come lui stesso aveva annunciato, sei davvero l’agnello di Dio (Gv 1,29.36), sei lo sposo di cui lui è amico (Gv 1,27; 3,29).
Quanto tu, Gesù, insegni e operi, non impedisce a Giovanni di credere che tu adempi la giustizia (3,15), cioè realizzi la volontà del Padre, benché misteriosa. I tuoi modi di fare, benché diversi da quanto lui avesse potuto immaginarsi, non sono ostacolo per lui a credere che sei davvero quello che lui stesso ha detto e che la voce del Padre ha testimoniato quando salivi dal Giordano.
2 Il regno dei cieli subisce violenza - Mt 11,7-15
7Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto?
Una canna sbattuta dal vento?
8Allora, che cosa siete andati a vedere?
Un uomo vestito con abiti di lusso?
Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re!
9Ebbene, che cosa siete andati a vedere?
Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta.
10Egli è colui del quale sta scritto:
Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero,
davanti a te egli preparerà la tua via.
11In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. 12Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. 13Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. 14E, se volete comprendere, è lui quell’Elia che deve venire. 15Chi ha orecchi, ascolti!
2
Signore Gesù, i discepoli di Giovanni, con la tua risposta tornano da lui, consapevoli di essere per il loro maestro non solo messaggeri, ma testimoni. Gli daranno testimonianza delle tue opere e delle tue parole che realizzano le promesse messianiche dei profeti.
E Giovanni gioirà di sapere che la sua situazione di incarcerato non è fallimento, non è castigo di Dio per essere stato presuntuoso, bensì conferma dell’autenticità della sua profezia: tutti i veri profeti hanno sofferto il rifiuto e anche la morte da parte dei ‘grandi’ del mondo.
I discepoli parleranno di te a Giovanni, e tu ora parli di lui a chi ti circonda. Chi ha ascoltato Giovanni sa chi sei tu. È perciò importante per tutti conoscere lui, e quale missione ha ricevuto da Dio.
Tu chiedi a tutti di trovare risposta dentro di sé alla domanda: “Chi è Giovanni?”. È una canna che si piega a qualsiasi vento? La domanda che i suoi messaggeri ti hanno portato da parte sua non è segno di ondeggiamento, bensì richiesta di conferma delle sue certezze, affinché diventino certezze anche per i propri discepoli.
Forse Giovanni è uno che appartiene al mondo vanaglorioso e vanitoso, uno che usa vesti di lusso? Questa è abitudine di chi ondeggia sempre e bada alle opinioni degli altri, come sta facendo proprio quell’Erode che lo tiene in carcere e ne ode la voce, ma non lo ascolta. La veste di Giovanni è quella con cui Dio ha coperto la nudità di Adamo e di Eva quando si sono accorti che i loro occhi erano avidi di piacere, e non più capaci di vedere l’altro come dono di Dio e come aiuto a vivere l’amore del Padre e del Figlio. Giovanni non ha cercato un’altra veste, una protezione diversa da quella donata da Dio (Gen 3,21; Mt 3,4).
Tu, Gesù, non attendi risposta alle tue domande. Chi ti sta ascoltando comprende che esse sono un aiuto a ragionare e comprendere.
La terza domanda è rivelazione piena: Giovanni è profeta? Sapevano che profeta, da Abele a Zaccaria (Mt 23,35), è chi parla di colui che deve venire, ma ne parla come da lontano. Chi ascolta un profeta sa che ciò che egli dice è vero, che il Messia verrà, ma chissà quando? Sono passati secoli infatti da quando la voce dei profeti risuonava. Tu con sicurezza rispondi: sì, Giovanni è profeta. Egli ha parlato di colui che deve venire, anzi, lo ha annunciato già venuto, già presente. Egli è dunque profeta, ma diverso dagli altri profeti, è più che profeta: dopo di lui nessuno farà attendere colui che viene.
Egli stesso è stato profetizzato come colui che precede e prepara la strada al Messia promesso. Malachia (3,1) ha confermato quanto già il grande Mosè (Es 23,20) aveva detto: davanti al Signore ci sarà un messaggero, un araldo che prepara i cuori ad accoglierlo.
Tu, Gesù, parlando di Giovanni, riveli che sei tu stesso il Signore che viene, che cammini sulla strada preparata dal messaggero. Mentre parli di lui tutti comprendono chi sei tu. La sua identità e la sua grandezza sono testimonianza di te. Tu riconosci che Giovanni viene prima di te, che lui, con la sua parola e la sua opera e la sua vita, è necessario a te.
Tu puoi venire dietro a lui: così si adempie la giustizia di Dio (3,15). Egli quindi è grande, più grande di tutti gli uomini di questo mondo, più grande persino di Erode e di Cesare, ritenuti grandi da tutti. La sua grandezza è divina: quella degli uomini è ridicolaggine.
Tu vieni dopo, sei il secondo, “più piccolo”: hai ricevuto da lui il battesimo, ti sei piegato sotto la sua mano, ma da quel momento tutti hanno visto che tu sei il Re del Regno, su cui si è posata la colomba e su cui è risuonata la Voce del compiacimento del Padre. Da quel momento quanto ha detto e fatto Giovanni profeta si è rivelato un servizio a te, quindi tu, il «più piccolo», sei più grande del più grande tra i nati da donna. Tu sei «nel regno dei cieli»: chiunque è nel regno dei cieli vive una vita nuova, poiché è nato dall’alto (Gv 3,3.31), e perciò non può essere paragonato a chi è considerato grande nei regni del mondo.
Da quando Giovanni ha servito te al battesimo, è iniziato il regno dei cieli predicato da te e da lui. È iniziato il regno desiderato e osteggiato. Ne farà parte solo chi fa violenza al mondo che occupa la propria vita. L’accesso al regno, cioè la sua porta, è stretta, lo hai già detto a tutti (7,13). Entreranno quanti vogliono riconoscerti, quanti accettano la tua piccolezza come vera grandezza agli occhi di Dio, quanti ti seguiranno sulla via delle beatitudini e vivranno la giustizia diversa e più grande di quella vissuta e proposta dagli scribi e dai farisei.
Proprio questi, che ritengono di essere giusti senza di te, si opporranno con tutte le forze alla tua regalità. Useranno la violenza, come la sta usando Erode contro Giovanni. La useranno contro di te, Re del regno, e contro tutti quelli che ti obbediscono e ti obbediranno.
Chi fa violenza a se stesso per entrare nel tuo regno, Gesù, dovrà affrontare con mitezza pure la violenza di chi vorrebbe impedirglielo.
Giovanni è colui che doveva venire a preparare il regno cui farà parte chi crede in te, come Elia ha riportato il popolo a credere nel Dio vero.
Non sarà un regno in cui si troverà automaticamente chi ne ha merito. Ci sarà chi vuole esservi presente seguendo te, vincendo se stesso, e ci sarà chi lo vorrà impedire a tutti. Chi vede l’importanza delle tue parole ti ascolterà ancora. Perciò tu ci dici: “Chi ha orecchi, ascolti”.
Gesù, voglio ascoltarti. Voglio decidermi a seguire te con tutte le mie forze, facendo violenza al mondo presente in me. Tu sei vita e pace, gioia e bontà. I miei orecchi sono per te.
3 Simile ai bambini - Mt 11,16-19
16A chi posso paragonare questa generazione?
È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano:
17“Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,
abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!”.
18È venuto Giovanni, che non mangia e non beve,
e dicono: “È indemoniato”.
19È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono:
“Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori”.
Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie».
3
Signore, Gesù, hai parlato di Giovanni, indicandolo come l’Elia che doveva venire ed è venuto davanti a te; sia tu che Giovanni siete mandati dal Padre per annunciare la salvezza di tutti gli uomini, ma essi vi accolgono? Molti sono accorsi ad ascoltare Giovanni e a farsi battezzare da lui, benché predicasse e agisse in luogo deserto. Era un luogo lontano dal tempio, come se questo, e coloro che vi officiavano i sacrifici, fossero divenuti inutili per il popolo. I riti sacri infatti non bastano per l’anima dell’uomo, perché essa viene nutrita dallo Spirito di Dio che è donato dai santi.
Proprio quelli che godevano la vicinanza all’altare e alle istituzioni religiose, proprio essi si tennero distanti dal profeta che «portava una cintura di pelle attorno ai fianchi», tanto che sono stati apostrofati da lui come «razza di vipere» che non fanno «frutto degno della conversione» (c 3). E sono ancora questi che staranno distanti anche da te, da lui annunciato già presente, anzi, già hanno cominciato a manifestarti ostilità (9,11; 10,16).
Sono questi la «generazione» cui tu ora vuoi parlare, che vorresti incontrare, che vuoi convincere del grave errore che li tiene lontani dalla sapienza divina.
Essi non ti ascolteranno, come non hanno saputo ascoltare Giovanni. Tu vuoi almeno evitare che scandalizzino tutti gli altri, i piccoli, che hanno ritenuto Giovanni un profeta e che ora corrono ad ascoltare la tua voce, come le pecore fanno attenzione a quella del loro pastore.
Ti ringraziamo: di solito usi parabole per descriverci il regno dei cieli, e anche stavolta ne formuli una per aiutarci a comprendere quanto hai osservato e stai vedendo. La parabola è semplice, tratta dalle piazze sulle quali giocano i bambini, quindi per tutti facile da comprendere.
I bambini, giocando, si dividono in due squadre. Una squadra sa suonare il flauto, e suona la musica della festa di nozze, che esprime gioia ed esultanza. L’altra squadra dovrebbe danzare al suono del flauto per esprimere la gioia degli sposi e dei loro invitati. Ebbene, che succede se questi non stanno al gioco? Se fingono di non udire i flauti? Sono tanto tristi da non accettare la proposta di danzare? Ad essi non interessa la venuta dello Sposo e il suo amore? Non lo attendono per godere del suo amore? Hanno altri interessi cui badare?
Ancora: la prima squadra canta il lamento funebre, imitando le donne quando la morte toglie la luce e la vita agli uomini. Nemmeno a questo gioco reagisce l’altra squadra: non si batte il petto, non esprime dolore né sgomento. E sarebbe così facile! Questa generazione, questo tipo di gente, non soffrirà per la tua morte?
Signore Gesù, il gioco dei bambini allude alla tua venuta, come la venuta dello sposo che dona l’amore del Padre all’umanità? E prepara a piangere la morte di Giovanni, che preannuncia anche la tua?
La seconda squadra dei ragazzini non sta al gioco, elude le proposte, vuole star chiusa in se stessa, rifiutandosi di prendere sul serio le proposte che riceve.
Ecco, proprio questo sta succedendo. Giovanni è stato trascurato, come fosse stato indemoniato, dagli uomini ritenuti sapienti e devoti, e ora tu stesso da loro vieni ignorato.
Giovanni invitava a conversione con la sua vita austera e le sue parole taglienti e con l’acqua del suo battesimo. Ebbene, coloro che si ritenevano giusti davanti a Dio lo lasciarono fare, senza ascoltarlo. Hanno attribuito al nemico, al demonio, la sua vita e la sua parola. In tal modo hanno ignorato o dichiarato inutile il messaggio che Dio stesso ha voluto dare loro attraverso di lui.
Ora hanno cominciato a dichiarare anche te inutile e dannoso. Quando ti sei seduto a tavola in casa di Matteo con i pubblicani e i peccatori, non hanno capito che portavi nel mondo l’amore di Dio per coloro che non lo avevano ancora conosciuto. Non hanno creduto che tu sei il medico venuto a curare i malati e non i sani (9,12), e che il medico non può evitare di incontrare gli infermi, se li vuole guarire. Quanto essi dicono per accusarti, è vero: tu sei «amico di pubblicani e peccatori», vero amico che li vuoi salvare dal peccato, perché li avvicini al cuore del Padre che ti ha mandato. Ma che tu sia «un mangione e un beone», questo proprio è senza fondamento. È una qualifica terribile e menzognera, quella affibbiata a chi scialacqua i doni di Dio con le prostitute.
È vero che i tuoi discepoli non digiunano in tua presenza. Essi sanno che tu sei lo sposo atteso, che inaugura la festa eterna dell’amore di Dio per tutta l’umanità (9,14ss).
Chi non si ritiene bisognoso di salvezza, disprezza tutti i doni di Dio, e quindi anche tutto il tuo e il suo amore. Non ti riconoscono come «il Figlio dell’uomo», l’uomo vero, l’uomo che vive a immagine del Dio dell’amore, Dio fedele e santo. Ora ti fai conoscere con questo titolo profetico: sei l’uomo che vive secondo il cuore del Padre misericordioso e pietoso (Es 34,6; Sal 86,15), e porti la misericordia nelle case degli uomini.
Tu e Giovanni adempite la giustizia di Dio, manifestate la sua sapienza, che vuole salvare gli uomini raggiungendoli là dove si trovano. Sia la vita di Giovanni che la tua sono opera della sapienza del Padre, dono del suo amore. Chi lo ascolta e chi lo ama potranno riconoscere la verità sublime e unica della vita tua e di quella del tuo precursore.
Tu e Giovanni state davvero adempiendo «la giustizia». Il lievito di Erode e quello dei farisei (Mc 8,15), benché riescano l’uno a uccidere il corpo di Giovanni e l’altro il tuo, non riusciranno a portarvi lontano dal cuore di Dio e dal cuore di quanti lo amano come Padre fedele e misericordioso.
4 Guai a te - Mt 11,20-24
20Allora si mise a rimproverare le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano convertite:
21«Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsaida!
Perché, se a Tiro e a Sidone fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite.
22Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidone saranno trattate meno duramente di voi.
23E tu, Cafarnao, sarai forse innalzata fino al cielo?
Fino agli inferi precipiterai!
Perché, se a Sodoma fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a te, oggi essa esisterebbe ancora!
24Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, la terra di Sodoma sarà trattata meno duramente di te!».
Signore Gesù, il gioco dei bambini, gioco proposto e non accolto, che hai descritto come esempio, ti porta a considerare la situazione degli abitanti delle città che tu hai beneficato con molti prodigi, frutto della sapienza e dell’amore del Padre, ma non è avvenuta la conversione che ti attendevi e che le avrebbe salvate. Né gli interventi di Giovanni Battista né i tuoi prodigi sono stati ricevuti e nemmeno le tue parole sono state ascoltate come dono di Dio.
“Allora”, mentre tutti i tuoi ascoltatori sono impegnati a pensare alla delusione del gioco non giocato da una squadra di bambini presente sulla piazza, tu aiuti a comprendere il tuo disappunto.
Hai operato molti prodigi nelle città e nei villaggi della Galilea, prodigi che sono avvenuti sotto gli occhi di tutti. La gente era accorsa a te da ogni dove, accompagnando con fatica gli indemoniati e con fatica portando gli ammalati. Uno di loro era addirittura paralizzato, e tu lo hai fatto tornare a casa con le sue gambe, risanato persino dal peccato grazie alla fede sua e dei suoi amici!
Ebbene, quella gente è ancora affamata di prodigi e miracoli: ma tu ti chiedi se non si accorgono che, dato che la potenza dell’amore di Dio opera in te, tu sei l’inviato di Dio? Non lo vogliono ammettere? Non sanno fare due più due? E non pensano che, se tu sei l’inviato di Dio, essi dovrebbero obbedire a te e offrirti la propria vita? Ritengono forse che sia sufficiente abitare a Corazin o a Betsaida e frequentarne le sinagoghe per essere graditi a Dio?
La tua delusione diventa forte rimprovero per gli abitanti di quella regione. Ti senti costretto a usare la parola “Guai a voi”, parola che dovrebbe risvegliarli da un profondo sonno e scuoterli dall’orgoglio spirituale che li insuperbisce. La tua parola non è di maledizione, bensì di avvertimento. Servirà questo tuo grido? Ti ascolteranno gli abitanti di quelle città?
Tu ne nomini tre, quelle che possono vantarsi di possedere una sinagoga e la scuola rabbinica. Sono proprio i rappresentanti della cultura religiosa che, con orgoglio, ti rifiutano, attribuendo a Beelzebul (9,34) le opere che possono essere solo manifestazione della misericordia del Padre per gli uomini miseri.
Quelle persone non si sono “convertite”, come Giovanni e tu stesso avete chiesto (3,2; 4,17), non hanno visto nulla al di là di quel che vedono gli occhi del corpo, non hanno saputo riconoscere il dono di Dio nella vostra presenza, non hanno usato gli orecchi per ascoltare!
Si sono accorti delle guarigioni, della salute dei loro malati, del benessere dei loro indemoniati, ma non si sono occupati di te, né dei tuoi desideri e nemmeno della tua volontà. Non hanno smesso di proteggere e consolidare i loro interessi materiali, ignorando quelli spirituali. Potrebbero gareggiare con gli abitanti pagani di Gadara: non si sono “convertite”! I loro pensieri sono rimasti concentrati sul benessere materiale, sulla forza del loro orgoglio, sulla certezza di non aver bisogno di salvezza.
Gli abitanti di Corazin e Betsaida hanno visto i prodigi e sono rimasti impassibili. Ti hanno ringraziato? Caso mai nulla di più. Sono rimasti ancora desiderosi di altri prodigi, ma il prodigio della loro conversione non te lo hanno lasciato vedere.
Tu ricordi loro che i pagani delle città di Tiro e di Sidone, se avessero visto gli stessi prodigi, avrebbero cambiato vita, come quelli di Ninive all’udire semplicemente le parole di Giona, il profeta disobbediente che non aveva misericordia. Queste città invece, Corazin e Betsaida, hanno udito anche i tuoi insegnamenti ricchi di sapienza e di rivelazione, ma non li hanno presi sul serio. Li hanno ascoltati per potersene vantare di fronte a te (Lc 13,26). Tiro e Sidone invece, città orgogliose e superbe, ricche e avide, gaudenti e intente a far baldoria (Is 23,1; Ez 26,20; 28,1), se avessero visto i tuoi prodigi, avrebbero fatto penitenza certamente.
Anche la città di Cafarnao, dove tu, Gesù, hai posto la tua dimora con tua madre e i tuoi parenti, città che ha goduto per prima dei tuoi strepitosi miracoli, da suscitare il timore e lo stupore di tutti, anche questa città è rimasta fredda e insensibile alla tua presenza. I suoi farisei ti hanno accusato di essere in combutta col principe dei demoni, e, quando hai risollevato dalla morte la figlia del capo della sinagoga, ti hanno persino deriso (9,24). Ebbene, una città che si ritiene degna del cielo senza di te, non potrà che precipitare agli inferi, come Lucifero (Is 14,13.15).
Gesù, tu metti a confronto con questa città, da te amata, nientemeno che Sodoma, che ha avuto il castigo del fuoco dal cielo (Gen 19). Il suo comportamento, che stravolgeva i disegni di Dio per l’umanità, pur essendo ritenuto molto grave, tuttavia non sarebbe stato tanto pesante da impedire la conversione a te.
Il peccato di Cafarnao è più grave di quello della città che è stata incenerita. La superbia, che ostacola i suoi abitanti a credere e ad affidarsi a te, è talmente grave, che impedisce la loro salvezza. La superbia infatti è il peccato più grave, perché si oppone alla accoglienza di te. Quando Dio dovrà giudicare, oggi o domani o in futuro, non potrà usare misericordia con questa città.
Il giorno del giudizio ci sarà per tutti: tutti verranno giudicati in base all’accoglienza di te, della tua persona, della tua Parola, del tuo amore semplice e misericordioso.
5 Venite a me - Mt 11,25-30
25In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. 26Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza.
27Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
28Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro.
29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita.
30Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
5
Signore Gesù, hai parlato duramente alle città che non ti hanno riconosciuto e accolto come inviato di Dio per essere il salvatore degli uomini. Ora ti accorgi però che coloro che non ti hanno accolto sono le persone che contano agli occhi dei regni del mondo, considerati importanti e presi ad esempio, ma ti hanno invece creduto i piccoli e i poveri: questi saranno in grado di appartenere al regno dei cieli. È successo come ai sapienti del re Nabucodonosor, che avevano dovuto riconoscere la propria ignoranza dinanzi a Daniele e ai tre giovani (Dan 2,47): così scribi e farisei risultano privi di sapienza davanti ai tuoi piccoli.
Ci sono molti che ti stanno seguendo ovunque, molti che ti ascoltano con gioia e attenzione. Essi sono i poveri in spirito, i misericordiosi, i miti, cui hai potuto e dovuto dire “Beati”! Ora, di fronte ad essi, puoi alzare gli occhi per contemplare colui che te li ha posti dinanzi, che ha dato loro il desiderio di te. Essi ora ti stanno ascoltando senza replicare per le invettive contro le città sorde: ciò è dono del Padre tuo. Tu riconosci che egli è degno di lode, di onore, di benedizione, di ringraziamento.
Egli, invisibile, che nasconde nei cieli il suo volto e vede nel segreto dei cuori, è presente e operante. È lui che ti ha inviato, è lui che suscita l’amore per te in quelli che ti ascoltano. Tu lo vedi, non con gli occhi, ma con il tuo cuore. Egli è sì il Signore del cielo e della terra, il Dio creatore che tutto sostiene con la sua Parola, ma è anche colui che ora attira a te quanti ti ascoltano. È lui che ha messo nel cuore dei piccoli il desiderio di vederti. Tu li hai già dichiarati beati, perché vicini al cuore del Padre, anzi, uniti a lui per operare la pace, per donare misericordia, per affidare a lui le afflizioni del mondo, per vivere la sua volontà persino quando sono perseguitati (5,1ss).
I dotti e i sapienti delle città che hanno visto e goduto i tuoi segni prodigiosi si rivelano ora incompetenti e incapaci di cogliere il significato di quegli eventi. Sono invece i piccoli che comprendono, e perciò possono manifestare la bella e buona volontà del Padre. Ciò che tu hai compiuto, “queste cose”, le hanno riconosciute nel loro valore, cioè le hanno colte come segni, le persone semplici. Davvero, come esclami tu, è meraviglioso il Padre e sorprendente la sua sapienza.
Anch’io, anche noi, ci uniamo alla tua lode, Gesù: vogliamo benedire il Padre tuo, che ci hai insegnato a chiamare anche “Padre nostro”.
Noi lo benediciamo pure perché egli ha “dato” “tutto” a te (Dan 7,14). Che cosa può “dare” il Padre, se non se stesso? Egli è amore che vuole comunicarsi: ora tutto il suo amore è tuo, e tu lo vuoi comunicare a noi, poveri e piccoli.
Il Padre ti conosce, perché tu hai solo ciò che è suo: per null’altro c’è spazio in te. E nelle mani del Padre, che ha dato tutto a te, non rimane nulla. No, anzi, al Padre rimani tu, il Figlio. Ora noi ci immergiamo in te per godere l’amore di Dio, il “Signore del cielo e della terra”. Tu ci puoi e ci vuoi avvolgere nel suo amore di Padre, perché anche noi diventiamo amore che si comunica, perché anche noi viviamo la vita divina, completa, santa, vera, eterna, e così realizziamo il suo regno su questa terra.
Anche noi conosciamo il Padre e abbiamo partecipazione alla sua santità, perché tu, accogliendoci in te, ci immergi nel suo amare. Anche noi lo riconosciamo con gioia e continueremo a cantare un canto nuovo: “Ti loderò, Signore, re, e ti canterò, Dio, mio salvatore, loderò il tuo nome” (Sir 51,1).
Tu ci chiami, ci inviti, come già la Sapienza ha chiamato tutti: “Avvicinatevi a me, voi che mi desiderate, e saziatevi dei miei frutti, perché il ricordo di me è più dolce del miele, il possedermi vale più del favo di miele… Chi mi obbedisce non si vergognerà, chi compie le mie opere non peccherà” (Sir 24,19-20.22).
Tu ci chiami, sapendo che noi siamo circondati dal peccato del mondo che ci affatica e stanca, e siamo schiacciati da esso, che è penetrato nelle nostre azioni e nel nostro cuore. Ci inviti con delicatezza, ma anche con decisione, perché sai che da nessun’altra parte e in nessun altro uomo troveremo vita e salute, gioia e salvezza.
Nemmeno ci accorgiamo di essere tristi, perché senza di te nessuno sperimenta e conosce la gioia. Questa è venuta sulla terra al tuo apparire, quando l’angelo ha dovuto dire a Maria, tua madre: “Rallegrati”. E dopo di lei Giovanni, nel grembo di sua madre da sei mesi, ha sgambettato di gioia, sollecitando Elisabetta ad accorgersi della benedizione e a proclamare tua madre beata e benedetta.
Tu ci inviti (Sal 34,12; Is 55,1), e noi veniamo. Ci inviti per ricevere guarigione e vita (Os 6,1), ci inviti con un amore che accoglie e risana ogni nostra povertà.
Veniamo a te, Gesù, veniamo per accogliere il tuo giogo e caricarcelo sulle spalle. Cammineremo al tuo fianco obbedendo a te, con te e come te obbediremo al Padre, come figli, non come servi. Impareremo da te l’umiltà vera e la mitezza. La tua umiltà è vera, non la nostra. La tua è l’umiltà di chi si sottomette volutamente al volere di Dio che vuol salvare tutti. Ti sottometti benché il volere del Padre sia un giogo per te, un lavoro faticoso come quello degli schiavi, ma tu lo vivi con mitezza, come un figlio che sa d’essere amato, e per questo chiamato a portare il peso necessario per salvare gli altri figli.
In tal modo il giogo della Legge, che porteremo camminando al tuo fianco collaborando con te, non sarà per noi né pesante né opprimente, perché tutto il suo peso poggia sulle tue spalle e tutta la fatica sarà tua. Tu osservi la Legge, cioè l’amore che il Padre vuol vedere realizzato in questo mondo, in modo completo e perfetto: noi godremo della tua obbedienza, e sentiremo solo la leggerezza che la croce portata da te ci comunica.
6 Signore del sabato - Mt 12,1-8
12 1In quel tempo Gesù passò, in giorno di sabato, fra campi di grano e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle.
2Vedendo ciò, i farisei gli dissero: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato».
3Ma egli rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? 4Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma ai soli sacerdoti.
5O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio violano il sabato e tuttavia sono senza colpa?
6Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio.
7Se aveste compreso che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrifici, non avreste condannato persone senza colpa.
8Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato».
6
Signore Gesù, con il cuore pieno di gioia e riconoscenza al Padre, ora continui il tuo peregrinare di città in città. È giorno di sabato, e perciò le regole fissate dai maestri della Legge contano i tuoi passi. Stai passando tra campi di grano per raggiungere la sinagoga, e i tuoi discepoli hanno fame. Non è proibito mangiare, ma sarà proibito procurarsi il cibo staccando le spighe dallo stelo e stropicciandole con le mani? Gli scribi ritengono che questo gesto semplice sia pesante come trebbiare il grano. Ai loro occhi questa credenza è importante, più della fame dei discepoli. Giudicando questo uno scandalo, lo denunciano a te, esigendo che tu li rimproveri e impedisca che essi mangino.
Grazie, Gesù: tu non ragioni con l’interpretazione delle leggi, ma con l’intenzione con cui Dio, il Padre, le ha consegnate agli uomini. C’è una Legge che le precede tutte, quella della vita dell’uomo, che è sacra e che va alimentata per mantenerla. Questa è la prima obbedienza a Dio, che, molto tempo prima di dare la Legge, ha dato la vita agli uomini. La Legge del sabato deve dare respiro addirittura anche al bue e all’asino e ai figli degli schiavi (Es 23,12).
Tu sei il Figlio di Davide, e ricordi che anche lui, il grande re consacrato da Dio, ha dato alla Legge della vita precedenza sulla Legge del culto. Non trovando altro pane, ha mangiato quello che, per la Legge, solo ai sacerdoti era lecito mangiare. E non solo lui, ma anche i suoi compagni (1Sam 21,2-7)! Quindi potresti non solo tu, ma anche i tuoi discepoli, nutrirti con le spighe in questo giorno, donato da Dio per la gioia dell’uomo e per la pienezza della sua vita.
Tu sei il Figlio di Davide, ma più grande di lui. Su di te è sceso lo Spirito, la colomba (3,16) venuta insieme alla “voce dal cielo”: da allora sei consacrato Figlio dell’Altissimo di fronte a tutto il popolo. Da allora il tuo corpo battezzato da Giovanni è il tempio del Dio vivente, il santuario dello Spirito di Dio. Tu puoi decidere cosa possono fare i tuoi discepoli, che partecipano della tua vita e si nutrono della tua Parola.
A quei farisei tu ricordi un’altra Legge importante. I sacerdoti del tempio di Gerusalemme devono offrire sacrifici anche in giorno di sabato (Nm 28,9-10), e per questo devono faticare più che negli altri giorni. La Legge del tempio è superiore alla santissima Legge dell’osservanza del sabato. C’è quindi una gerarchia anche per le leggi, che si elidono, nonostante il fatto che tutte vengano da Dio, nonostante la loro santità.
Gesù, quando Matteo scriveva questi fatti e le tue parole, esisteva ancora il tempio? Poteva scrivere con maggior forza ciò che tu hai detto, perché anche il tempio non è eterno, non è la massima espressione di Dio. Tu sei “più grande del tempio”, quindi sei tu la nuova Legge, il nuovo sabato, il luogo dove Dio abita e si manifesta, dove Dio può essere adorato e ubbidito, e puoi perciò approvare quanto stanno facendo i tuoi discepoli e dare loro altre indicazioni, diverse da quelle così opprimenti come sono quelle imposte a tutti dagli scribi. La loro sapienza e la loro obbedienza a Dio è limitata, perché anch’essi sono peccatori e bisognosi di salvezza. Sono peccatori anche quando interpretano la Legge: dovrebbero farlo con maggior umiltà e misericordia.
Tu conosci un’altra Legge che le supera tutte. Lo avevi già ricordato durante il pranzo in casa di Levi (9,13), quando ancora i farisei interrogarono i tuoi discepoli sul tuo comportamento. Allora hai ricordato ciò che essi non avevano ancora imparato: li hai invitati a tornare a scuola per imparare ciò che disse con forza il profeta Osea (6,6): “Voglio l’amore e non il sacrificio”.
Il sacrificio può ingannare, perché può essere offerto da mani sacrileghe, può nascondere il volto di Dio, sempre misericordioso verso gli orfani e le vedove, verso i sofferenti e i forestieri. La Legge del sacrificio può essere osservata solo da chi osserva l’altra Legge, quella dell’amore misericordioso. Soltanto l’amore aiuta a conoscere Dio (Os 6,3.6), il vero Dio che ha dato anche le altre leggi che fanno vivere l’uomo.
“Misericordia io voglio e non sacrifici”, questa è la Legge che guida le altre leggi. Chi non osserva questa Legge diventa colpevole, perché può cedere alla tentazione di giudicare, cioè di mettersi al posto di Dio. Chi invece la osserva non può essere giudicato colpevole da nessun’altra Legge: chi è misericordioso ottiene misericordia lui stesso dal Padre. Tu, Gesù, lo affermi giustificando così i tuoi discepoli, che ami e che vuoi siano amati con lo stesso amore con cui tu sei amato da lui.
La tua Parola è autorevole. Puoi ripetere di essere il Figlio dell’uomo, cioè il vero uomo che realizza e manifesta il volto e il cuore di Dio: sei sua immagine e somiglianza. Egli stesso ha detto che sei suo Figlio, la sua gioia completa. Sei solo tu il vero uomo: noi lo saremo man mano che la nostra ubbidienza a te ci trasformerà e realizzerà in noi la tua immagine. Chi vede te vede il Padre, chi ascolta te e ti ubbidisce, ubbidisce a lui. Sei tu il nuovo sabato di Dio, la sua vera gioia, il suo riposo.
7 Ecco il mio servo - Mt 12,9-21
9Allontanatosi di là, andò nella loro sinagoga; 10ed ecco un uomo che aveva una mano paralizzata. Per accusarlo, domandarono a Gesù: «È lecito guarire in giorno di sabato?». 11Ed egli rispose loro: «Chi di voi, se possiede una pecora e questa, in giorno di sabato, cade in un fosso, non l’afferra e la tira fuori? 12Ora, un uomo vale ben più di una pecora! Perciò è lecito in giorno di sabato fare del bene». 13E disse all’uomo: «Tendi la tua mano». Egli la tese e quella ritornò sana come l’altra. 14Allora i farisei uscirono e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.
15Gesù però, avendolo saputo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli li guarì tutti 16e impose loro di non divulgarlo, 17perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:
18Ecco il mio servo, che io ho scelto;
il mio amato, nel quale ho posto il mio compiacimento.
Porrò il mio spirito sopra di lui
e annuncerà alle nazioni la giustizia.
19Non contesterà né griderà
né si udrà nelle piazze la sua voce.
20Non spezzerà una canna già incrinata,
non spegnerà una fiamma smorta,
finché non abbia fatto trionfare la giustizia;
21nel suo nome spereranno le nazioni.
7
Signore Gesù, dal sentiero nel campo di grano entri nella sinagoga. È la “loro” sinagoga: non la senti tua, e nemmeno i tuoi discepoli la percepiscono più come loro casa. Tu vi entri ugualmente, perché è il luogo dove si radunano coloro che hanno bisogno di essere liberati dal giogo pesante e opprimente di un’interpretazione fredda della Legge, che dovrebbe essere espressione dell’amore del Padre. Tu ti sei accorto che essa, la volontà buona di Dio, può venire mal compresa da chi dimentica la misericordia, e così Dio verrà visto come giudice freddo, invece che Padre buono, come tu lo conosci in verità.
Nella sinagoga ti attende un uomo con la mano bloccata, senza forza. Egli non può più adoperarla per lavorare, nemmeno per accarezzare. Con questa infermità l’uomo non è libero. Tu lo noti: come mai nessuno l’ha guarito nei giorni in cui per tutti è possibile lavorare? La sua infermità rappresenta quella di tutto il popolo, impedito a fare il bene nel giorno santo da una interpretazione senza cuore della Legge. Oggi è sabato, e tu hai già affermato che il Figlio dell’uomo può nel giorno di sabato compiere le opere di Dio. Opera di Dio è fare il bene, cioè realizzare il suo amore per l’uomo che soffre ed è limitato.
Qui, ora, nella sinagoga ci sono quelli che hanno denunciato i tuoi discepoli di disobbedienza a Dio per aver colto delle spighe di grano. Sono pronti ad accusare anche te. Ti interrogano per vedere se dichiari che è anche possibile guarire in questo giorno santissimo: avrebbero motivo per accusarti e giudicarti.
Il tuo pensiero corre all’uomo che soffre. Guarire significa amare, compiere il bene, completare l’opera di Dio che ha creato l’uomo e lo ha voluto perfetto. Il male, e con esso la malattia, è entrato nella vita degli uomini: è stato portato dal peccato, che Dio aborrisce, è il frutto di quel male da cui tutti devono purificarsi prima di entrare nella sinagoga. Ma se l’uomo non ama non è uomo: non solo colui che non può usare la mano è malato, ma lo sono ancor più quelli che ora non amano lui e non amano te.
Ti interrogano, ma la risposta è già data dal comportamento che essi stessi vivono: se una loro pecora di sabato cadesse in un fosso, tutti sarebbero pronti a salvarla, anche con fatica: lo farebbero perché essa sostenta la vita dell’uomo. Non è l’amore alla pecora, ma l’amore all’uomo, che da essa riceve aiuti a vivere, il criterio del loro agire, benché essi non lo ricordino. È all’uomo che Dio era attento, quando gli ha dato la Legge del sabato, perché la sua vita sia completa, perfetta, gioiosa, nutrita della sua Parola e dell’amore di tutta la comunità dei figli del Dio santo e misericordioso.
Tu perciò interroghi quegli uomini, che si vantano d’essere fedeli e giusti: li interroghi perché dicano come si sviluppa l’amore di colui che ha creato l’uomo. Ha dato il sabato per fare il bene o per sopportare o, addirittura, per fare il male?
Non attendi la loro risposta. Non ti occorre, perché tu ubbidisci al Padre e non agli uomini. Non compi nessun gesto che possa essere ritenuto fatica o lavoro. Apri solo la bocca per dire all’uomo sofferente che può usare di nuovo la sua mano e il suo braccio. La tua parola è amore del Padre, dono, guarigione, è gioia di Dio per la vittoria sul peccato del mondo che opprime l’uomo, tanto da impedirgli di essere gloria di Dio.
Quegli uomini religiosi si rivelano nemici, nemici tuoi, dell’uomo e anche di quel Dio che ha dato alla tua parola il potere di guarire. In giorno di sabato decidono la tua morte. Ognuno, anche le persone più semplici, comprendono che la loro accusa è menzognera, e la loro condanna assurda e iniqua.
Tu ascolti la Parola di Dio. Essa descrive te, Figlio di Dio, come un servo che non reagisce al male col male. La voce dall’alto, al tuo battesimo, ti ha descritto come l’amato di cui il Padre si compiace e che porta nel mondo il suo Spirito (Is 42,1-4).
La Parola, che hai pronunciato per l’uomo, ha autorità divina, perché tu stesso sei ubbidiente alla Parola che ti annuncia mite e arrendevole, silenzioso e rispettoso, ritirato e nascosto, senza violenza e senza contestazione.
Ti allontani per prudenza da quella sinagoga e da quel villaggio, da quei nemici che usano il sabato per decidere opere di morte contro di te. Non tutti sono nemici per te, infatti molti, in silenzio, seguono te, abbandonando il modo di essere e di agire che si manifesta grave commedia, ipocrisia piena: dare la morte per servire il Dio della vita.
Tutti quelli che ti seguono guariscono: tu li liberi dall’influsso del potere del peccato, che obbliga l’uomo a stare sulla via della morte.
Anche ad essi chiedi di essere miti, silenziosi, di non fare udire sulle piazze la loro voce. Partecipano in tal modo alla tua vita di Servo amato del Dio altissimo, e così la giustizia, cioè la volontà del Padre, si manifesterà a tutti i popoli, che saranno liberati dalla violenza del principe di questo mondo. Le tue opere continuano a manifestare che la tua sapienza è giusta, cioè divina, e quindi che ogni altra opinione, anche se ritenuta religiosamente vera, è invece diabolica, menzognera.
La speranza del regno dei cieli, che nasce e cresce grazie al tuo nome, si diffonderà per conquistare il mondo intero.
8 I due regni - Mt 12,22-32
22In quel tempo fu portato a Gesù un indemoniato, cieco e muto, ed egli lo guarì, sicché il muto parlava e vedeva.
23Tutta la folla era sbalordita e diceva: «Che non sia costui il figlio di Davide?». 24Ma i farisei, udendo questo, dissero: «Costui non scaccia i demòni se non per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni».
25Egli però, conosciuti i loro pensieri, disse loro: «Ogni regno diviso in se stesso cade in rovina e nessuna città o famiglia divisa in se stessa potrà restare in piedi. 26Ora, se Satana scaccia Satana, è diviso in se stesso; come dunque il suo regno potrà restare in piedi? 27E se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. 28Ma, se io scaccio i demòni per mezzo dello Spirito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.
29Come può uno entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega? Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa. 30Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me disperde.
31Perciò io vi dico: qualunque peccato e bestemmia verrà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non verrà perdonata. 32A chi parlerà contro il Figlio dell’uomo, sarà perdonato; ma a chi parlerà contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato, né in questo mondo né in quello futuro.
8
Signore Gesù, da dove viene l’inimicizia contro di te? Non può venire che dal nemico dell’uomo, che vuole tenere in suo potere anche i figli di Dio. Le persone che riconoscono la tua autorità divina vengono a te accompagnando qualcuno che è stato conquistato e danneggiato dal nemico. Ecco davanti a te un uomo “cieco e muto”. Così si manifesta l’opera del demonio: rendere ciechi gli uomini e incapaci di comunicare tra loro. Non solo in lui si manifesta quest’opera nefasta, ma in molte persone del tuo popolo: ne dovremo anche noi soffrire e lo dovremo costatare.
Chi è sotto l’influsso del maligno non vede la realtà, non riconosce le opere di Dio, non s’accorge della bellezza e della bontà di ciò che Dio ha creato e di ciò che sta operando. Chi è cieco soprattutto non vede te, Gesù, e non ti riconosce come Figlio dell’uomo. Questa è la situazione delle persone che ti hanno giudicato e accusato. Lo hanno fatto perché sono ciechi: sono dominati dal nemico? E sono pure incapaci di parlare, cioè di pronunciare la Parola del Padre, di essere tramite tra Dio e l’uomo. La loro voce è suono senza significato, rumore fastidioso, e non dono che edifica la vita che scaturisce dal tuo amore. Per questo le folle non vanno in cerca di loro.
L’uomo cieco e muto, dominato dal demonio è davanti a te: tu lo togli al suo dominio, lo risani. Non ti preoccupi nemmeno di scacciare colui che si è impadronito dell’uomo, che non è stato creato per lui: guarisci le sue infermità, gli ridai il dono della parola e quello della luce, e così quell’uomo è liberato dagli artigli del nemico: “parlava e vedeva”. Prima gli doni la capacità di parlare e comunicare: è con la Parola infatti che Dio all’inizio ha creato la luce (Gen 1,3.6.9.14.20.24.26). Poi gli doni pure la capacità di godere della luce. È la tua Parola infatti “lampada per i miei passi” (Sal 119,105)!
La folla ha capito e tenta di esprimere la sua certezza. Non ha coraggio di affermarlo con chiarezza: intuisce che potrebbe essere pericoloso. Si interroga però: colui che compie questa liberazione dell’uomo non è forse colui che è stato promesso da Dio tramite i profeti, “il figlio di Davide”, che regnerà per sempre? Infatti apre gli occhi ai ciechi e fa “gridare di gioia la lingua del muto” (Is 35,5-6). La risposta sicura dovrebbero darla coloro che sono riconosciuti autorevoli. Proprio essi invece negano decisamente, ma senza convincere nessuno.
Essi ti accusano di essere d’accordo col nemico, col “padrone del palazzo” o “re delle mosche”, “Beelzebul”, come già avevano detto (9,34). Questa volta tu, giustamente, fai notare l’assurdità di tale affermazione: se l’autore di ogni discordia e divisione avesse dei nemici nella propria casa, il suo potere sarebbe finito. Quindi, in ogni caso, anche fosse vero quel che dicono, la tua presenza dev’essere riconosciuta come vittoria sul regno del principe di questo mondo.
Tutti sapevano che anche alcuni farisei erano impegnati ad operare esorcismi. Saranno essi a dire se occorre essere indemoniati per vincere il demonio, oppure se questa battaglia viene vinta con le armi di Dio. Anch’essi concorderanno che solo la potenza dello Spirito di Dio vince Satana e i suoi alleati. Tutti perciò dovranno ammettere ciò che la folla ha già intuito: in te agisce lo Spirito di Dio.
È arrivato davvero il regno di Davide, quello voluto da Dio. Tu avevi iniziato a predicare, come Giovanni, che “il regno dei cieli è vicino”: ecco, ora esso è iniziato, ci si può già decidere per esso.
Tu hai già dato battaglia a colui che in tutto il mondo si è fatto “padrone di casa”, per legarlo: stai già portandogli via coloro che lui possiede e danneggia: gli hai strappato il paralitico, la donna sanguinante, la figlia del capo priva di vita, i due ciechi, e il muto (9,32). Ora non fai che continuare a “saccheggiare la casa” dell’uomo forte, legato dalla tua parola, perché tu sei più forte di lui. Perciò chi è con te è salvo, e tu puoi affermare: “Chi non è con me è contro di me”. Con questa chiarezza tu ci ami davvero.
Ora sappiamo con chi dobbiamo schierarci per non perderci, per non rendere inutile ogni nostro respiro, perché: “chi non raccoglie con me disperde”. “Raccogliere” è godere del frutto del lavoro faticoso di tutta una stagione (Dt 11,14), o della chiamata di uomini a combattere (1Mac 10,6) o a formare il popolo del regno (Mt 23,37). Chi non fatica con te e per te, Gesù, lavora per il nemico, e danneggia se stesso, dandosi la zappa sui piedi.
Gesù, tu sai che noi siamo immersi nel peccato che ci rende ignoranti, e, nell’ignoranza, tuoi bestemmiatori. Ti riconosciamo solo quando vediamo qualcuno dei tuoi prodigi. Ma troveremo nella tua misericordia il perdono, quando alzeremo lo sguardo a te.
Tu ci avvisi però che se ci ostineremo, come i farisei che ti stanno spiando, a rifiutare la tua salvezza, attribuendo a Beelzebul l’opera di salvezza che può venire invece solo dallo Spirito Santo, da chi potremo essere salvati? Sei tu l’unico «Gesù», l’unico ‘Salvatore’ che Dio ha mandato a noi uomini. Se rifiutiamo te, chi ci perdonerà? Quale altro salvatore troveremo? Non ci resterebbe che la condanna e la perdizione, già ora, qui, e anche nel mondo futuro.
Diremo perciò con Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (Gv 6,68-69).
Signore Gesù, grazie che mi doni il tuo santo Spirito, affinché io ti lodi sempre, ti faccia conoscere a tutti come il vero e unico Salvatore dal peccato, dall’ignoranza, dal vivere egoisticamente, dal vivere nel vuoto! Signore Gesù, la tua Parola sia la radice di tutte le mie parole!
9 Buon tesoro - Mt 12,33-37
33Prendete un albero buono, anche il suo frutto sarà buono.
Prendete un albero cattivo, anche il suo frutto sarà cattivo: dal frutto infatti si conosce l’albero.
34Razza di vipere, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi?
La bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.
35L’uomo buono dal suo buon tesoro trae fuori cose buone, mentre l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori cose cattive.
36Ma io vi dico: di ogni parola vana che gli uomini diranno, dovranno rendere conto nel giorno del giudizio; 37infatti in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato».
9
Signore Gesù, con la tua vita ci riveli la bellezza e la potenza dello Spirito Santo. E sei proprio tu che ce lo doni senza misura, con abbondanza, perché anche noi ne siamo riempiti e quindi trasformati. Conoscendo te non potremo mai parlar male del tuo Spirito, che porta frutto di ogni bontà e sapienza ovunque tu sei e operi. Uniti a te non bestemmieremo mai lo Spirito che il Padre riversa nel cuore dei figli.
Ci dici: “Prendete” cioè fate crescere, coltivate “un albero buono” così potremo godere di frutti buoni. Tu sei albero buono, albero bello, l’unico albero veramente buono che conosciamo e che ci nutre con i suoi frutti di santità. Le tue opere sono un bene grande per gli uomini, come la guarigione e la liberazione dell’uomo «indemoniato, cieco e muto», cui tu hai sciolto la lingua e aperto gli occhi, e che ora può pronunciare e donare le parole di Dio e vedere te e le opere del Padre. Tu sei «l’albero della vita in mezzo al giardino» (Gen 2,9) e sei il suo frutto buono: noi mangiamo te per avere vita e divenire albero buono che dà frutti di vita per il mondo.
Se è vero che “dal frutto si conosce l’albero”, noi ora sappiamo con certezza che tu non sei un alleato di Satana, il nemico di Dio e dell’uomo, come è stato detto proprio da coloro che ora ti stanno ascoltando. E se essi ti accusano, ti condannano e ti calunniano, questo sì è “frutto cattivo”, menzogna, proprio quella che “viene dal maligno” (5,37). È lui che ha sedotto i progenitori a mangiare «dell’albero della conoscenza del bene e del male» (Gen 2,17), il cui frutto porta alla morte, il frutto cattivo che viene dalla superbia, che provoca la disobbedienza alla Parola di Dio.
Quelli che ti hanno accusato di agire con la potenza di Beelzebul sono albero i cui frutti sono veleno, albero cattivo. Da quest’albero sarà necessario tenersi lontani. Non sono le foglie dell’albero o il rigoglio dei suoi rami che rivelano la sua bontà o malvagità, ma i suoi frutti. Quelli che ti ascoltano, Gesù, compresi i tuoi discepoli, sono, da queste tue parole, difesi dall’inganno e dalla tentazione di bestemmiare contro lo Spirito Santo.
Signore Gesù, ti ringrazio, perché so che tu sei albero buono e io il suo frutto buono! Quando ti tengo nel cuore e ti ascolto, quando ti seguo in verità e amo tutti con il tuo amore divento frutto buono, così che chi mi avvicina può riconoscere che tu sei albero buono!
Tu parli con ancora maggior chiarezza, usando un’espressione che tutto il popolo ha già udito dalla bocca di Giovanni il Battista. Egli, rivolgendosi ai farisei e agli scribi, che andavano sì da lui, ma per spiarlo invece che per convertirsi per accoglierti, diceva: «Razza di vipere» (3,7).
Chi non ti ascolta con amore, ma per giudicarti, deve essere riconosciuto come generato dal serpente velenoso, quello che ha sedotto Eva e trascinato Adamo a vedere Dio non come Padre, ma come nemico, e nascondersi al suo sguardo, rifiutando di incontrarlo. Questi rifiuta il suo amore e si rifiuta di amarlo e di amare i suoi figli.
Chi si pone davanti a te come uno che dubita di te e ti giudica, ha una vita interiore avvelenata, e per questo le sue parole sono menzogna. Da lui non ci si può aspettare Parola di Dio, né che dica parole che rivelano la bellezza e la luce dell’amore del Padre. Chi non ama te, Gesù, sarà sempre frutto cattivo generato dall’albero che produce frutti che devono essere gettati, come i pesci cattivi della rete tirata a riva dai pescatori (13,48), e come la zizzania cresciuta in mezzo al grano, destinata al fuoco (13,40).
Se qualcuno ha il cuore avvelenato, anche ciò che viene dalla sua bocca sarà veleno. Per tutti è chiaro che chi ha giudicato la tua opera come maligna, ed invece era evidentemente divina, perché completava l’opera d’amore di Dio creatore dell’uomo, costui è da riconoscere come albero cattivo. Dal suo cuore sovrabbondano parole false: è lui che proviene da Satana.
E tu continui ad illuminarci, affinché siamo svegli e attenti a discernere sia quanto entra nel nostro cuore che quanto esce dal cuore di ognuno che parla ai nostri orecchi. Le cose buone che vengono dal buon tesoro del cuore sono quelle che ti riconoscono proveniente da Dio. Chi non ti riconosce Figlio di Dio, e per questo non ti ascolta e non ti ama, costui ha nel cuore un cattivo tesoro. È menzognero, è ingannatore, è «razza di vipere».
Ora tu parli a tutti, non solo ai farisei. Ci avvisi che è necessario che facciamo attenzione al nostro parlare. Tutte le nostre parole sono opere che dovranno essere giudicate. Nel giorno del Giudizio, davanti al cuore del nostro Padre, comparirà anche ogni fatica delle nostre labbra, ogni parola pronunciata. Da esse si saprà se nel cuore era stato coltivato un buon tesoro o uno cattivo. «Ogni parola vana» sarà causa di condanna per l’uomo che l’avrà pronunciata.
Che cosa intendi, Gesù, dicendo «parola vana?». Sono le parole con cui ci intratteniamo parlando del più e del meno, del sole e della pioggia, dei monti e del mare? Queste sono sì parole che apparentemente non edificano santità. Esse tuttavia ci aiutano a essere semplici, a rimanere uniti, a gioire dell’amicizia, a sentirci fratelli, a esprimere amore, a vivere in pace e serenità; sono parole che, dette con benevolenza, rivelano la bellezza e la bontà del regno dei cieli. No, tu non intendi questo.
Parola veramente «vana» trasmette ciò che è menzogna, l’idolo, il dio di questo mondo che inganna e allontana da quel Dio che è Padre e da te, che da lui sei mandato. Ogni idolo è vano, vuoto, ha bocca e non parla, occhi e non vede, orecchi e non sente, mani e non accarezza, piedi e non cammina. Se la mia parola fosse orgogliosa, superba, impura, vanagloriosa, invidiosa, adirata, manifesterebbe adesione o attaccamento a qualcuno degli idoli del mondo, sarebbe parola che inganna i fratelli, che disprezza la tua santità, che nasconde la tua presenza e ti allontana dal cuore di chi ascolta. Quella sì sarebbe parola «vana», opera cattiva che disturba e danneggia i tuoi figli. Gesù, voglio che sia tu il tesoro del mio cuore!
10 Un segno - Mt 12,38-42
38Allora alcuni scribi e farisei gli dissero: «Maestro, da te vogliamo vedere un segno».
39Ed egli rispose loro: «Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona il profeta. 40Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra.
41Nel giorno del giudizio, quelli di Ninive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona!
42Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro questa generazione e la condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone!».
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Signore Gesù, le tue parole riguardanti l’albero buono e l’albero cattivo sono chiare e convincenti. Tu dimostri d’essere «albero buono»: infatti le guarigioni da te operate, sono frutto evidentemente divino. Ma i tuoi interlocutori farisei, in mala fede, sono prevenuti. Essi sono albero cattivo, infatti hanno deciso la tua morte. Fingono di apprezzarti: ti avevano accusato di essere alleato del nemico, e adesso ti chiamano «Maestro». E ti chiedono «un segno», un gesto credenziale per poterti ritenere davvero Maestro che viene da Dio. Con questa domanda dimostrano perciò di non essere sinceri: ti danno un titolo vero e buono, ma con adulazione, non accettando ancora che la guarigione dell’uomo «cieco e muto» sia stata compiuta tramite la potenza dell’amore del Padre, ma, com’essi avevano detto, con il potere di Beelzebul. Continuano il terribile peccato contro lo Spirito Santo, peccato che impedisce di cercare in te salvezza.
Noi diciamo grazie a te, che rispondi senza tentennamenti. Sai chi essi sono: «una generazione malvagia e adultera». Non solo essi, ma anche quelli che li seguono, cioè ‘questo tipo di gente’, hanno un cuore malvagio con cui si allontanano dal Dio vero per seguire i propri interessi, gli idoli malvagi, un amore fittizio, come il popolo che il profeta Geremia aveva dovuto rimproverare (Ger 3,1): prometteva di tornare a Dio, ma tutte le sue lodi e promesse erano menzognere.
Ti meravigli che questi farisei con i loro seguaci ti chiedano un segno: hai già offerto molti segni e non li hanno voluti riconoscere come tali. Se tu ne dessi uno nuovo, non lo riconoscerebbero come segno. Quelli che hai dato non erano segni di una potenza che supera solo le leggi della natura, ma erano pure rivelazione del cuore di Dio, un cuore che ha misericordia vera per tutti, come cuore di padre.
Dato che non sono capaci o non vogliono cogliere i segni già ricevuti, Dio non gliene darà un altro, non ne riceveranno alcuno, tranne quello definitivo. Questo sarà «il segno di Giona» (Giona 1-4). Giona era profeta, disobbediente prima, senza misericordia poi. Anche quanto gli è occorso senza che lui l’avesse voluto, il rimanere «tre giorni e tre notti nel ventre del pesce» ed essere vomitato dopo la conversione, fu profetico, manifestazione cioè del Messia, che uscirà dal buio del «cuore della terra», lui, obbediente fino alla morte, il terzo giorno. Allora avranno il segno chiaro e definitivo: uscendo lui dal «cuore della terra» cui ha dato vita nuova, e rigettato dal potere della morte, essi dovranno riconoscere che davvero egli viene da Dio. Questo segno però non avverrà subito e non sarai tu, Gesù, a donarlo, ma il Padre stesso.
Saranno proprio essi, i farisei cui tu stai rispondendo, che ti faranno entrare nel buio da cui uscirai vittorioso. E da quella tenebra di morte risorgerai per far vedere a tutto il mondo che tu sei il Salvatore, che dona salvezza anche a tutti i pagani, come Giona con la sua predicazione agli iniqui pagani di Ninive. Tu sei più di Giona, perché quello predicava senza misericordia, mentre tu non solo annunci, ma approvi la misericordia del Padre e la stai pure donando con gesti e segni concreti.
Gesù, tu stai rivelando ai farisei il loro peccato, perché anch’essi possano convertirsi: questa è la tua vera misericordia di profeta vero, che non vuole lasciare nessuno nell’inganno del nemico. I Niniviti si convertirono ascoltando la dura e impietosa predicazione di Giona: essi invece, ascoltando e vedendo l’annuncio della tenerezza del Padre per gli uomini che soffrono per il loro peccato, non credono e non si convertono: continuano a giudicare e condannare come fosse un nemico colui che il Padre ha mandato per manifestarlo.
I pagani convertiti di Ninive presenti al Giudizio, metteranno ancor più in evidenza il peccato di «questa generazione».
«Nel giorno del giudizio» sarà presente pure «la regina del Sud», (1Re 10,1ss; 2Cr 9,1ss) anch’essa pagana, che, nonostante fosse adoratrice di idoli, è stata umile da riconoscere la profonda e illuminata sapienza del re Salomone. Anzi, ella ha addirittura affrontato la fatica di un lungo viaggio «dagli estremi confini della terra» per venire a conoscere ed ascoltare il saggio re. Manifestò così la sua accoglienza del Dio vero e santo, adorato dal popolo eletto. Essi, i farisei, invece, non sanno riconoscere colui che non solo è sapiente e saggio, ma che è la stessa Sapienza divina, e lo accusano di esserne invece la negazione.
È dura, Gesù, la tua parola, ma vera e senza finzioni: i pagani sono più illuminati e più obbedienti a Dio di coloro che dovrebbero esserne esempio per tutto il mondo.
Noi non leggiamo queste tue espressioni come nubi lontane, perché il giorno del Giudizio è arrivato: oggi infatti ci troviamo davanti al Padre per lasciarci illuminare e giudicare dalla sua Parola, che sei tu, Gesù.
Di certo il tuo evangelista Matteo notava, tra i cristiani della comunità per cui scriveva il tuo vangelo, la tentazione di ritenersi giusti e arrivati, veri credenti, pur permettendosi di giudicare quelli che provenivano dal paganesimo con fatica e con frequenti cadute nei vizi cui erano stati sempre abituati a cedere.
Signore Gesù, tu ci hai dato già molti segni da cui comprendo che sei tu l’inviato dal Padre. Egli ti ha mandato per rivelarci il suo volto e il suo cuore, la sua sapienza d’amore fedele e la sua misericordia. Voglio, con la tua grazia e la forza che tu stesso mi darai, essere anch’io fedele agli insegnamenti della tua sapienza e portatore della tua misericordia per quanti ancora sono in cammino, da vicino o da lontano, per arrivare a godere l’abbraccio del Padre tuo e nostro!
11 Mia madre e miei fratelli - Mt 12,43-50
«43Quando lo spirito impuro esce dall’uomo, si aggira per luoghi deserti cercando sollievo, ma non ne trova. 44Allora dice: “Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito”. E, venuto, la trova vuota, spazzata e adorna. 45Allora va, prende con sé altri sette spiriti peggiori di lui, vi entrano e vi prendono dimora; e l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima. Così avverrà anche a questa generazione malvagia».
46Mentre egli parlava ancora alla folla, ecco, sua madre e i suoi fratelli stavano fuori e cercavano di parlargli. 47Qualcuno gli disse: «Ecco, tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e cercano di parlarti». 48Ed egli, rispondendo a chi gli parlava, disse: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». 49Poi, tendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! 50Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre».
11
Signore Gesù, tu stai ancora rispondendo all’accusa che ti è stata mossa dai farisei, di agire con il potere del nemico. Essi ti hanno chiesto un segno che giustifichi quanto hai rivelato riguardo a te stesso (8.28.32): infatti non vogliono crederti. Non sono forse essi i nemici del disegno di Dio, nemici di Dio stesso, e quindi i veri alleati di Beelzebul? Somigliano a quell’uomo da cui è uscito «lo spirito impuro», che non vedeva e non parlava: i loro occhi non vedono te e le loro labbra non pronunciano la Parola di Dio.
Essi credono che attraverso le ripetute abluzioni del corpo ogni spirito immondo sia uscito da loro. Anche fosse uscito, non sono al sicuro, perché quello spirito non trova un altro luogo dove abitare. Nei luoghi aridi, senz’acqua, senza vita, dove viene cacciato, non si trova a suo agio, perché in essi non può realizzare quel male che brama, dividere gli uomini in se stessi e gli uni dagli altri. Egli cerca di rientrare negli uomini da cui è uscito. Non sono questi proprio i farisei che fingono di avvicinarsi a Gesù per poi allontanarsi con intenzioni malvagie?
Basta che lo spirito impuro trovi che «la casa» da cui è uscito sia «vuota, spazzata e adorna», e si sente attratto a occuparla nuovamente, con maggior forza, perché essa non è abitata da un nuovo padrone. Troverà facilmente altri aiutanti per forzare le porte e rientrare.
Quanti ti ascoltano, Gesù, comprendono che sarà necessario fare in modo da non lasciare la propria casa «vuota», bensì abitata da uno «più forte di lui» (3,11) che la difenda. Solo tu lo puoi fare.
Ma i farisei non ti hanno accolto, quindi la loro casa è «vuota», in grave pericolo di venir nuovamente occupata dallo «spirito impuro» e da altri «sette peggiori di lui». Non se ne libereranno più. Lo spirito che rifiuta te ospiterà in sé con menzogna lo spirito di superbia, con insaziabilità la gola, con cattiveria l’invidia, con tristezza e vanità l’accidia, senza vergogna la lussuria, con violenza l’ira e senza carità l’avarizia: «sette peggiori di lui».
E tu, Gesù, aggiungi che questa è la condizione della «generazione malvagia» cui parlavi, quella gente che ti rifiutava, ti accusava, e meritava d’esser chiamata «razza di vipere».
Sei tu che hai «saccheggiato» la casa di Beelzebul, il popolo di Israele infedele, portando via come bottino le opere del nemico, cecità e sordità, mano inerte, mutismo e morte (11,5; 12,10.22). Se tu non sarai accolto in maniera stabile da questo popolo, rientrerà in esso quello con i suoi alleati, e la situazione certamente «diventa peggiore della prima».
Gesù, vieni tu, che sei il salvatore, l’unico che può darmi sicurezza, tu che hai aperto gli occhi e gli orecchi e sciolto la lingua e ci hai resi capaci di usare le mani per aiutarci, gli occhi per riconoscerci figli di Dio e fratelli, le orecchie per ascoltarci con amore e la lingua per donarci la Parola del Padre, quella Parola che tu per la prima volta ci fai udire e comprendere come parola sapiente e vivificante.
Mentre la tua parola raggiunge la folla radunata nella casa che ti ospita, sono «fuori» i tuoi famigliari, tua madre e i tuoi fratelli. Essi ti vogliono parlare: che cosa desiderano dirti? Non lo vuoi nemmeno sapere. Dato che essi non vengono per ascoltarti, per ricevere la Parola del Padre dalla tua bocca, la loro parola non può essere importante per te; sarà parola senza valore per il tuo regno. Anche per loro è decisiva la tua Parola, che trasmette la volontà del Padre tuo «che è nei cieli».
Tu ora fai parte di una famiglia nuova, non basata sulla provenienza dallo stesso sangue e sui ricordi di infanzia, sull’amore umano e sulla condivisione dei beni materiali.
La tua nuova famiglia è formata da coloro che amano e adorano il Padre tuo che è nei cieli, che ascoltano e ricevono da te la sua Parola, che ascoltano te, che sei venuto perché mandato da lui per dar inizio al regno dei cieli, per comunicare agli uomini la capacità di vivere in terra la vita di Dio, la fraternità, l’amore santo e fedele, gratuito e ricco di misericordia.
Questa tua nuova famiglia è già cominciata, e continuerà ad essere arricchita da nuovi fratelli e sorelle: verso di loro tendi la mano benedicente. Dalla tua mano verrà su di loro forza di unità, gioia di comunione e coraggio per l’annuncio della tua pace a tutto il mondo. La loro presenza ti dà gioia e speranza, anche se in essi la fede non è ancora stabile e sicura.
La tua famiglia di sangue e questa nuova famiglia, che condivide il tuo Spirito, hanno però in comune la medesima madre. La madre è «fuori» con la prima famiglia, povera e bisognosa di te: ma lei è madre tua e madre dei tuoi nuovi fratelli e delle tue nuove sorelle: infatti è divenuta madre per te quando ha ascoltato e realizzato la volontà del Padre nella casa di Nazaret. Lei è madre di tutti, di chi è dentro e di chi è «fuori» del «regno dei cieli», di chi ti ascolta e di chi ancora non sa dar peso divino alle tue parole. Lei accompagna presso di te anche quanti di te conoscono solo l’esteriorità, quanti conoscono solo affetto umano per te: li accompagna perché anch’essi comincino a donarti insieme a lei le primizie del loro amore.
Ella li terrà uniti e presenti anche quando verrà lo Spirito (Atti 1,14), e allora diverranno tutti fratelli tuoi nel regno.
Quale sicurezza e forza di unità porta tua Madre nel mondo! Ella unisce cuori divisi, figli maturi e figli che stanno arrivando alla Vita. Ella accompagnerà a te gli uni e gli altri (es. Guadalupe!).
Anch’io mi faccio accompagnare da lei ad amare te e a donare il tuo amore a chi non ti conosce o, perché non ti conosce, nemmeno ti vuole vicino. La Madre è accompagnatrice sicura e fedele, e corregge lo sguardo degli uni e degli altri perché, grazie a lei, si riconoscano fratelli.
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Nihil obstat : Mons. Lorenzo Zani, cens. eccl., Trento, 24/04/2023
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