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Vangelo secondo Matteo 05

5

Matteo

Mt 9,13 - 10,42

(Traduzione CEI 2008)

  1. Invitati a nozze ................ 9,13-17
  2. La tua fede ..................... 9,18-26
  3. Secondo la vostra fede ... 9,27-31
  4. Il demonio ....................... 9,32-35
  5. Pregate ....................... 9,36 - 10,6
  6. Gratuitamente ................ 10,7-15
  7. Come pecore ............... 10,16-22a
  8. Come il suo signore .... 10,22b-25
  9. Non abbiate paura ........ 10,26-31
  10. Lo riconoscerò .............. 10,32-36
  11. Degno di me .................. 10,37-42

   

1. Invitati a nozze 9,13-17

   

9,13 “Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

 

14 Allora gli si avvicinarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».

15E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno. 16Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. 17Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano».

1

Signore Gesù Cristo, veniamo da te per imparare non solo il significato della frase che hai citato dal profeta Osea (6,6), ma per imparare a viverla. Tu sai cos’è il vero sacrificio gradito al Padre, quello che ti ha portato sulla croce, e tu hai vissuto: la sua misericordia. I peccatori sono vicini a te da quando sei sceso nel Giordano con loro, e ora sono seduti accanto a te per nutrirsi con te, godendo del tuo amore che non li giudica, ma li vuole salvare. Tu vivi davanti a loro la gioia per il Padre, e la fai loro pregustare.

Ora i discepoli di Giovanni, che ti aveva indicato come l’agnello di Dio, immolato per i peccati del mondo, vengono a sentire la tua voce. Essi continuavano i digiuni, come i farisei. Li vivevano come segno dell’attesa di colui che doveva venire. Non sapevano che eri tu il Messia da Dio promesso attraverso la vita e le parole dei patriarchi e dei profeti. Ti pongono la domanda: Perché noi digiuniamo e i tuoi discepoli no?

Hai fatto bene a non rispondere alla prima loro richiesta: essi devono sapere e ricordare che significato ha il loro digiuno e per quale motivo lo praticano, altrimenti il loro agire è azione vuota, solo conformismo, imitazione dei farisei. Tu rispondi riguardo al comportamento dei tuoi discepoli. Essi vivono con te, che sei lo sposo, come aveva detto anche il loro maestro, che si era definito “amico dello sposo” (Gv 3,29). Essi sanno che il Padre stesso è chiamato sposo dai profeti: “Tuo sposo è il tuo Creatore” (Is 54,5) e “La tua terra avrà uno sposo” (Is 62,4).

Anche il profeta che conosce la misericordia di Dio sa che egli vuole manifestare il suo amore sponsale al popolo d’Israele: “Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nell’amore e nella benevolenza, 22ti farò mia sposa nella fedeltà e tu conoscerai il Signore.” (Os 2,21-22), e il popolo riconoscerà il suo amore: “dirà: «Ritornerò al mio marito di prima, perché stavo meglio di adesso»” (2,9). Dio si manifesta come sposo del popolo inviando te a realizzare le nozze.

In questo momento sei seduto al banchetto, proprio come alle nozze, in casa di Matteo: sei tu infatti che manifesti l’amore del Padre agli uomini che si sono là riuniti. Il banchetto è banchetto di nozze, quello messianico, che tutti attendono con impazienza.

I discepoli del tuo precursore non ti riconoscono e non godono con te l’amore di Dio al popolo, la sposa finora infedele. Essa, dopo aver seguito gli amanti, deve ritornare al marito di prima per godere la pienezza della vita. Ecco infatti che i peccatori vengono, e accettano il tuo amore, Gesù.

I tuoi discepoli fanno festa per la tua presenza, non possono digiunare. Se digiunassero annuncerebbero che non sei tu colui che deve venire. Essi devono testimoniare invece che proprio tu sei lo sposo, proprio tu doni la tua vita per la sposa. Proprio così, doni la vita per la sposa.

Tu lo dici annunciando che anch’essi digiuneranno, quando non ti vedranno, quando per dare la vita verrai tolto di mezzo proprio da quegli uomini che sei venuto ad amare per salvarli. Allora anch’essi saranno afflitti, pur nella beatitudine che hai annunciato per loro. Saranno afflitti per la tua partenza, ma vivranno la certezza che sei proprio tu che manifesti la pienezza dell’amore sulla croce, che ti verrà donata come trono della tua vera regalità.

Digiuneranno anche quando non ti vedranno a causa del loro peccato: saranno afflitti e ti cercheranno di nuovo. Allora il loro digiuno ti sarà gradito, come preghiera e invito a tornare nel loro cuore e a ricucire la loro comunione.

I tuoi discepoli vivono una vita nuova che dipende in tutto da te, dal tuo amore perfetto che offre se stesso. I discepoli di Giovanni vivono una vita vecchia, che non ha più motivo di essere vissuta, dal momento che tu sei qui presente con tutta la tua ricchezza.

Essi sono il vestito vecchio e il vino vecchio: è vestito sì, è vino buono sì, ma sono superati dal vestito nuovo e dal vino nuovo. La vita che si vive con te non ha nulla da spartire con la vita senza di te. Finora la vita era un’obbedienza a regole e precetti, decreti e norme: una vita che somiglia ad una schiavitù. Ora con te la vita è il godimento dell’amore che tu doni e una risposta d’amore all’amore, una gioia infinita. Sono due vite diverse che contemporaneamente nessuno può vivere, come non si può aggiustare il vestito vecchio con stoffa grezza, né si può mettere in otri vecchi il vino nuovo.

Tu, Gesù, stai invitando i discepoli di Giovanni a lasciare le loro abitudini e le loro regole per accogliere il tuo amore come unico motore della loro vita interiore.

Tu sarai accolto in un cuore che ama soltanto te, che vive solo dipendendo da te, che celebra solo la tua vita. Saranno la tua croce e la tua risurrezione a dare le motivazioni per ogni gesto, per ogni azione, per ogni sentimento, per ogni parola che si possa pronunciare. Tu, Gesù, sei lo sposo che ama e che accetta l’amore con cui noi ti risponderemo. Nessun altro che tu.

A te premono anche gli otri vecchi: per conservarli integri e non distruggerli saranno riempiti solo con vino vecchio, fin che ce n’è.

Gesù, tu sei il vino nuovo: sarai tu a dare forme nuove all’amore che manifesta e glorifica il Padre tuo. Tu sei il vestito nuovo con cui il Padre copre di bellezza il figlio peccatore che ritorna pentito, così da non vedere più il suo peccato. Tu sei il vino delle nozze, ottenuto dalla premura della Madre tua e dalla obbedienza dei servi che hanno riempito d’acqua le giare di pietra obbedendo a te (Gv 2,1-12).

Godiamo di te che ci copri e ci riempi, ci copri di bellezza e ci riempi di gioia esultante.

  

2. La tua fede 9,18-26

   

18Mentre diceva loro queste cose, giunse uno dei capi, gli si prostrò dinanzi e disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà». 19Gesù si alzò e lo seguì con i suoi discepoli.

20Ed ecco, una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, gli si avvicinò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. 21Diceva infatti tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata». 22Gesù si voltò, la vide e disse: «Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata». E da quell’istante la donna fu salvata.

23Arrivato poi nella casa del capo e veduti i flautisti e la folla in agitazione, Gesù 24disse: «Andate via! La fanciulla infatti non è morta, ma dorme». E lo deridevano. 25Ma dopo che la folla fu cacciata via, egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò. 26E questa notizia si diffuse in tutta quella regione.

  

2.

Signore Gesù, leggendo questa pagina del tuo evangelista e apostolo Matteo, ci viene da fare il confronto con ciò che hanno scritto Marco e Luca, che ci donano maggior abbondanza di particolari. Noi ci accontentiamo, anzi godiamo per la brevità, che ci aiuta a tenere lo sguardo sempre fisso su te soltanto, senza lasciarci distrarre da altre presenze e altre notizie.

Tu sei seduto a tavola e stai rispondendo alle critiche dei farisei e alla domanda dei discepoli di Giovanni. Hai manifestato la misericordia del Padre che ama, tramite te, il popolo come uno sposo fedele. Ora vieni interpellato per la terza volta. Ti chiama la fede di uno dei capi, di cui Matteo nemmeno ci rivela il nome. Egli ti vuole a casa sua. Ti chiede di intervenire per vincere la morte. Come può quest’uomo pensare che tu hai potere sulla morte? Egli sa che in te è presente l’amore del Padre, e crede che il Padre dona la vita. Lo farà tramite la tua presenza e il gesto della tua mano.

Questa richiesta tu la vedi come segno della volontà di colui che ti ha mandato nel mondo per salvare, come dice il nome che ti è stato dato dall’alto. Ti alzi subito da tavola. Era finito il banchetto? Non importa: la salvezza degli uomini è più importante del pasto. Cammini dietro al capo come i discepoli dietro a te. Essi imparano a non pensare a sé, ma ad essere obbedienti alla volontà amorosa del Padre.

Anche lungo la strada sei servo dell’amore di Dio. Non ci sono momenti inutili e vuoti: la pienezza ti avvolge e ti riempie sempre. La frangia del tuo mantello, che ricorda perennemente la tua obbedienza all’amore di colui che ha dato le Dieci Parole, viene toccata di nascosto da una mano tremante. Quel gesto esprime e manifesta una fede semplice sì, ma vera. La donna vuole toccare proprio la tua frangia, non quella del mantello di altre persone, del capo o dei tuoi discepoli. Come te ne sei accorto, Gesù? La fede in te è Spirito Santo, ed esso sempre si muove in te. Non puoi non accorgerti e non muoverti a tua volta. Ti volti, e i tuoi occhi scorgono la donna che fino a questo momento ha sofferto il continuo lento prosciugamento della fonte della vita; ella si sentiva in continuo procedere verso la morte.

Quella donna ha sofferto e atteso questo momento di liberazione anche dall’emarginazione per molto tempo, dodici anni, tanto quanto tu hai atteso il momento di manifestare la tua volontà di occuparti del Padre e di essere libero dai legami degli affetti terreni.

Tu, solo tu sei salvezza. Quella donna tu la chiami “figlia”: infatti ella riceve vita da te. Ora ti ha incontrato, i tuoi occhi sono entrati nei suoi, e così ella ha cominciato una vita nuova, salvata, cioè messa in relazione con te e promossa a portare te, il Salvatore. Ora ella non perde più il sangue, la sua vita, perché la tua vita con il tuo sangue prezioso è entrata in lei. Ella non sarà più preda della timidezza, non dovrà più tenersi nascosta: avrà coraggio, quel coraggio che la tua Parola infonde nel cuore e nelle membra finora sofferenti per l’avvicinarsi della morte ed ora esultanti per l’arrivo di una vita vera.

Il capo attende e gode e riceve fermezza e saldezza nella sua fede. La Parola tua sarà anche per la sua figlioletta fonte di vita, e di vita nuova. Gli altri non possono comprendere, perché la fede in te non segue le esperienze umane e gli umani ragionamenti.

Ci sono già i flautisti pronti ad accompagnare il lamento e il pianto per la morte, ed è già presente la folla pronta alla sepoltura: nessuno pensa né prepara il tuo arrivo. È arrivata la morte, e tutti le danno importanza e si fanno condizionare da essa.

Tu però hai visto la fede del capo che ti ha chiamato, e questa fede supera il potere della morte.

Come suona bene il tuo ordine “Andate via!”. Chi piange e si dispera non è degno di stare alla tua presenza, di vedere il tuo intervento. “Andate via”! Come fossero demoni, come fossero il tentatore che hai cacciato via da te nel deserto. Non li vuoi come testimoni del tuo amore e della tua obbedienza alla misericordia del Padre. Non riuscirebbero a comprenderla e a farla propria. Infatti essi sanno solo deriderti, disprezzandoti con lo stesso disprezzo con cui ti disprezzeranno e ti derideranno i capi e i soldati e i malfattori quando sarai sulla croce per vivere l’amore più grande anche per loro, l’amore che potrà dare anche a loro salvezza.

Essi disturbano il sonno della ragazza, che non si sveglierà per il loro trambusto. Il loro gridare non è amore, ma solo prodotto della morte, nemica dell’uomo e della vita voluta da Dio. La ragazza si sveglierà solo al contatto con la tua mano che dona amore.

La fede del padre della ragazza è già esaudita: sua figlia non è morta, ma dorme. Gesù conosce il sonno, dal quale anche lui era stato svegliato quando stava con i discepoli impauriti sulla barca (8,25). Essi allora vedevano se stessi e lui già preda della morte, ma erano solo preda della paura, segno di mancanza di fede.

Egli ora, prendendo la mano della ragazza, non diviene immondo, perché ella non è assente al cuore del Padre. La fede in te manifestata da suo padre ha già ottenuto il prodigio, la vittoria sulla morte. Ora tu completi e rendi stabile l’opera della sua fede con un tuo intervento, con il tocco della tua mano santa e benedetta.

Solo alcuni discepoli e i genitori hanno visto con i loro occhi quanto è avvenuto. La fanciulla ora è in piedi, può muoversi e camminare, può uscire a consolare, testimoniando, senza parole, che tu sei datore di vita, e che tu e il Padre siete una cosa sola.

Tutta la folla presente viene così raggiunta da questa manifestazione dell’amore di Dio che opera attraverso di te. È lui che dà la vita ora e dopo la morte.

La vittoria sulla morte la porti in te: quel che è avvenuto qui ora è solo profezia. Tu puoi cominciare a guardare senza paura al tuo futuro, alla tua passione e morte, con fiducia e speranza, con la certezza che il Padre non ti lascerà in suo potere.

  

3. Secondo la vostra fede 9,27-31

 

27Mentre Gesù si allontanava di là, due ciechi lo seguirono gridando: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi!».

28Entrato in casa, i ciechi gli si avvicinarono e Gesù disse loro: «Credete che io possa fare questo?».

Gli risposero: «Sì, o Signore!».

29Allora toccò loro gli occhi e disse: «Avvenga per voi secondo la vostra fede». 30E si aprirono loro gli occhi.

Quindi Gesù li ammonì dicendo: «Badate che nessuno lo sappia!». 31Ma essi, appena usciti, ne diffusero la notizia in tutta quella regione.

  

3

Gesù, stai andando via dalla casa del capo. Nessuno ti accompagna? Non voglio saperlo: tengo i miei occhi fissi su di te. Ci fosse anche una folla che ti attornia, tu solo sei interessante per me, per la mia fede e per la mia gioia. Gli altri accontenterebbero solo la mia curiosa superficialità

Ti seguono due ciechi: ovviamente sono accompagnati da qualcuno che ti segue nel cammino. Sono due, come i cherubini sul coperchio dell’arca nel tempio santo, testimoni della gloria di Dio (Es 25,18). Due, come le tavole dell’alleanza (Es 31,18); due, come le spie mandate da Giosuè a Gerico (Gs 2,1). Due, come i regni che formano la pienezza del popolo di Dio, il popolo d’Israele (1Re 11,30). Due, così la loro testimonianza sarà credibile, senza bisogno di altri. I ciechi non vedono con i loro occhi, ma odono e parlano. Tu sai che questi ciechi sono qui dietro a te perché si realizzino le profezie di Isaia (29,18; 35,5; 42,7). Grazie a loro tu potrai manifestarti come il Messia promesso, come colui che realizza l’amore del Padre per tutto il popolo e per tutti i popoli.

Essi sanno chi sei. Ti chiamano con il nome con cui l’evangelista ti ha già presentato all’inizio del vangelo: «Figlio di Davide». Figlio di Davide significa che sei re, re atteso da tutti, re di una regalità divina. Gli uomini non possono comprendere, o meglio comprendono alla maniera mondana.

Gli uomini infatti ti vorrebbero vedere seduto su di un trono a comandare, a dominare, ad essere tu stesso dominato dai piaceri che l’egoismo fornisce a tutti i re (1Sam 8,11; 10,19).

Ma i due ciechi, che gridano e continuano a gridare questa tua gloria, aggiungono l’invocazione che non rivolgerebbero a nessun re di questo mondo: “Abbi pietà di noi!”. Questa invocazione lascia intuire che essi sanno che tu sei di Dio, che la tua regalità è a servizio dell’uomo che soffre, che tu realizzi un amore nuovo, mai visto finora, un amore che diventa prodigio.

Che questi ciechi già vedano più di coloro che vedono? Essi gridano la preghiera che gli uomini rivolgono solo a Dio, quando da lui desiderano e attendono perdono e vita nuova. Vedono forse già che tu sei il loro Dio?

Pare che tu non li voglia ascoltare. Là, dove tutta la folla assiste, non è il luogo adatto per il tuo amore, che è come quello del Padre, nascosto, delicato e umile. Entri nell’intimità e nel segreto di una casa, dove anche i due ciechi ti raggiungono. Tu intuisci certamente cosa vogliono i due poveretti. Che cosa li spinge a disturbarti dentro la riservatezza di quella casa? È vera fede in te? Chiedi loro che manifestino il loro desiderio. Potrebbero desiderare da te soltanto un’elemosina per i loro bisogni materiali…

E invece, rispondendo alla tua domanda: «Credete che io possa fare questo?», con tutta semplicità affermano la loro fede, chiamandoti Signore!

Essi credono che tu sei la luce dei loro occhi, credono che tu sei colui che il profeta ha annunciato, e sono contenti di diventare essi stessi strumento della tua manifestazione e della gloria di Dio. In tal modo anche la sofferenza vissuta per molti anni riceve un significato, il significato di testimonianza, con un valore grande agli occhi di Dio. E non solo la loro sofferenza e privazione, ma anche la diuturna fatica di coloro che li hanno aiutati e accompagnati.

Gesù, a te basta così. La loro fede muove la tua mano, sorregge le tue dita fino ad arrivare ai loro occhi opachi. E dalla tua bocca escono le parole divine che danno significato e valore eterno alle loro parole umane: “Avvenga per voi secondo la vostra fede”.

Tu non hai nulla da aggiungere. La loro fede è prodigiosa. La loro fede è già luce che riscalda e rivela i colori delle grandi opere di Dio Padre. La fede dell’uomo in te è apertura dello sguardo, è certezza, è forza per camminare da soli, senza bisogno che qualcuno ci tenga per mano. La fede in te è già penetrare nella tua vita per vivere insieme con te. Gesù, la fede in te è salvezza, è vita nuova, divina ed eterna, è capacità di muoversi senza paura per realizzare l’amore che ogni cuore desidera poter donare.

Ed eccoli ora liberi e forti. Chi li teneva per mano li può lasciare e si può ritirare, lieti di averli accompagnati da te.

I loro occhi sono aperti e fissano il tuo volto, il volto del Figlio di Davide. Vedono un volto mite e umile, il volto di un povero e di un puro di cuore, misericordioso e portatore di pace, il volto di u no che è beato. La luce del tuo volto li illumina e fa risplendere il loro volto.

Ora puoi anche dire loro una parola che li impegna: «Badate che nessuno lo sappia!». Lo sapranno certamente tutti, infatti lo abbiamo saputo anche noi. Ma essi devono esercitarsi a tenere nel cuore il segreto dell’incontro con te. Facciamo presto ad usare le parole per raccontare, ma raccontando non diciamo ciò che è essenziale, e raccontando ci esimiamo dal vivere poi le conseguenze dell’incontro con la tua santità. Chi racconta fa spazio, anche senza saperlo e volerlo, alla vanagloria, e quindi all’orgoglio. Il tacere aiuta a vivere dentro di noi l’amore per te, a custodirlo, a fargli portare frutto con l’umiltà. Il silenzio lascia spazio alla vita interiore, quella che è costantemente in relazione con te.

Con amarezza l’evangelista ci dice la tua sofferenza: i ciechi non ti hanno ubbidito. Nel loro cuore non è entrato il silenzio, quel silenzio che permette al seme di morire perché nasca e cresca la vita, e così non sono diventati inizio del regno, né vestito nuovo né vino nuovo.

   

4. Il demonio 9,32-35

 

32Usciti costoro, gli presentarono un muto indemoniato. 33E dopo che il demonio fu scacciato, quel muto cominciò a parlare. E le folle, prese da stupore, dicevano: «Non si è mai vista una cosa simile in Israele!».

34Ma i farisei dicevano: «Egli scaccia i demoni per opera del principe dei demoni».

35Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità.

   

4  

Signore Gesù, tu rimani nella casa, e i ciechi, che ormai hanno visto il tuo volto, escono per la prima volta senza essere tenuti per mano. Sperimentano la libertà. La vivranno tenendo sempre stretto nel cuore il ricordo di te per non cadere in una schiavitù peggiore di quella di prima?

Già il profeta Isaia aveva detto che oltre a dare la vista ai ciechi, il Servo di Dio avrebbe fatto “gridare di gioia la lingua del muto” (Is 35,5). Il tuo evangelista ci racconta subito anche questo prodigio.

Ti presentano un muto, muto perché il demonio gli chiude la bocca. Il muto non può pronunciare la Parola di Dio, non può partecipare alla sua lode, non può obbedire nemmeno al comando: “Cantate inni al Signore, cantate inni” (Sal 47,7). Il muto non può raccontare le grandi opere di Dio, non può comunicare la sua esperienza di essere stato amato dal Padre e da te. Essere muto, è maledizione? È essere sotto l’influsso dei demoni nemici della gloria di Dio.

Tu lo vedi questo muto, vedi la sua impossibilità a comunicare, a benedire, ad arricchire con la sua sapienza la vita degli uomini. Egli non può nemmeno chiederti nulla, non può esprimersi, non può far arrivare ai tuoi orecchi la sua fede, non può gridare come i ciechi il tuo nome. Tu intuisci che quei ciechi hanno parlato anche per lui, e hai pietà della sua sofferenza.

Ora scacci il demonio. È quel demonio che impedisce all’uomo di vivere la comunione, quindi la somiglianza con Dio. Ora l’evangelista non ci dice come hai fatto. Lo sappiamo già da altre volte. Questo non è importante. Che importa è che tu puoi anche questo, che i demoni non possano resistere alla tua parola e al tuo comando. Quel demonio tu lo scacci: con lui non hai delicatezza. Non è sua proprietà l’uomo, egli non è il suo posto, non è fatto per lui, né la bocca dell’uomo deve ubbidirgli; egli ha usurpato il tuo posto, Gesù, deve perciò fuggire.

Sei deciso, Gesù. Quando si tratta di ridare all’uomo la somiglianza con Dio e ricuperare in lui l’immagine del suo creatore, hai gesti e parole sicure. Ora il muto può parlare: la voce gli esce dalla bocca. Che cosa dice? Matteo non ce lo riferisce. Non è importante conoscere le sue parole. Oggi sono importanti quelle che io posso esprimere per ringraziarti di avermi dato la possibilità di esprimere sia la fede che l’amore, la gioia e la sofferenza, i dubbi e le certezze e lo stupore.

Userò parole di meraviglia, di benedizione e di lode. Proclamerò le parole che tu stesso poni sulle mie labbra. “Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto meraviglie… Cantate inni al Signore con la cetra!” (Sal 98,1.5). Ogni giorno troverò parole nuove per cantare il tuo amore per gli uomini, che tu vuoi liberi e gioiosi.

Mi unirò alle folle, che esprimevano la loro meraviglia. Le folle avevi dovuto scacciarle dalla casa del capo, ma ora invece pare capiscano che tu sei la Parola. Hanno udito dalla bocca di un muto e indemoniato parole sagge, parole divine. Un indemoniato non è libero, è imprevedibile, come il serpente: non usa la ragione per le azioni che compie. L’uomo che tu hai incontrato nella casa era afflitto da questa sofferenza terribile. Tu lo hai liberato. Le folle perciò dicevano che «Non si è mai vista una cosa simile in Israele!». Tu sei una novità assoluta, e ciò che tu fai non è compiuto da un uomo, ma da Dio stesso. Tu rinnovi il mondo, lo rendi come il Padre lo aveva sognato, un mondo dove gli uomini sono liberi e capaci di amare.

Gesù, tu sei sempre segno di contraddizione. Non ci sono soltanto coloro che riconoscono la tua sapienza divina e la tua potenza volta a salvarli, ma ci sono anche coloro che, mossi da gelosia o da invidia, odiano i tuoi modi di fare che mostrano e donano la misericordia del Padre nostro. Questi, che si vantano della loro osservanza della legge, interpretano i tuoi gesti e le tue parole di amore per i ciechi e per il muto come dettate dal “principe dei demoni”.

È un’assurdità evidente: questa volta tu non ti difendi da una simile insensata accusa, lo farai più avanti, quando questa si ripeterà con maggior virulenza.

Non ti lasci fermare dalle accuse tanto ingiuste e inconsistenti e menzognere. Gli uomini sofferenti ti aspettano ovunque. Per questo tu percorri città e villaggi, tutti i luoghi abitati, abitati da persone che soffrono per il peccato del mondo, per incontrare gli uomini che sognano e aspettano il regno dei cieli.

Il vangelo del Regno lo fai sperimentare anche con le guarigioni che danno sollievo alle sofferenze che gli uomini devono sopportare a causa della loro condizione di peccatori che vivono in un mondo succube del peccato.

Tu insegni, annunci e guarisci: con l’insegnamento salvi gli uomini dall’ignoranza che dimentica i messaggi dei profeti. Nelle sinagoghe al sabato spieghi la Parola del Padre: nessuno ha mai ricevuto tanta sapienza ascoltando le Sacre Scritture.

Con l’annuncio del Regno fai conoscere l’amore del Padre, quell’amore che si è fatto carne in te. Ti fai banditore, araldo, sulle strade e sulle piazze. Non hai notizie che incutono paura, come gli araldi dei re, ma presenti te stesso come il re che ama gli uomini e li vuole liberare dalle loro paure e dai loro timori. Lo annunci e lo incominci, man mano che qualcuno ti ascolta e vive i tuoi insegnamenti.

Guarendo, fai sperimentare l’amore del Padre a tutti nella sua pienezza e misericordia: tutti infatti soffrono o malattie o infermità, o le loro drammatiche conseguenze nelle famiglie e nella società.

Ti ringraziamo, Signore Gesù, per la tua presenza e per il continuo amore che semini sulle strade del mondo.

   

5. Pregate 9,36 - 10,6

 

36Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. 37Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! 38Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».

10,1 Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità. 2I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello; 3Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; 4Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì. 5Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; 6rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele».

5

I tuoi occhi, Signore Gesù, non sono freddi. Essi ti fanno vedere con il cuore. Le folle davanti a te non sono folle, ma persone, spinte a cercarti dalla loro sofferenza, dall’ignoranza, dalla mancanza di una guida e di un aiuto. Non godi perché sono molti quelli che ti cercano, ma soffri perché tutti ti cercano perché sono sofferenti. Tu vedi con il cuore, un cuore compassionevole come quello del Padre, che ascolta il grido afflitto degli uomini, come è stato ascoltato quello del sangue di Abele, quello del popolo in Egitto, quando Mosè è stato salvato dalle acque, quello sempre attento agli orfani e alle vedove.

I tuoi occhi sono illuminati da quelli di Dio, Padre di tutti. È per questo che il tuo cuore sente compassione. Le tue viscere fremono. Gli uomini che ti seguono e ti cercano non hanno riferimenti sicuri, non hanno chi doni loro nutrimento per la vita, luce per il cammino, gioia e forza e motivazioni per le loro fatiche quotidiane.

Le pecore senza pastore vagano incerte, camminano senza arrivare ad un pascolo o ad una fonte, corrono sempre il pericolo di essere raggiunte dal lupo o dal “leone ruggente che va in giro cercando chi divorare” (1Pt 5,8). Così gli uomini lasciati a se stessi, sono stanchi e oppressi. Essi hanno intuito che tu sei il vero e buon pastore, e accorrono. Quanti sono? Non solo quelli che tu vedi ora, ma le moltitudini dei popoli della terra. Perciò tu dici: “La messe è abbondante”. Questa è una bella notizia. Molti sono pronti ad entrare nel tuo regno. Ma sei solo tu il pastore, e da solo non li puoi raggiungere tutti. Tu sei l’unico pastore, ma come già Mosè si circondò di settanta uomini saggi, anche tu hai bisogno di chi collabori con te. I tuoi operai sono lì davanti a te, e tu ti accorgi subito che il loro numero non è sufficiente per raggiungere tutti i villaggi, tutte le città, tutti gli uomini del mondo. Come mai tu, Gesù, ne hai scelto così pochi e non ne cerchi altri? Come mai non dici ai tuoi discepoli di cercare chi si metta a tua disposizione? Perché non fai appello a quella folla per vedere se qualcuno si offre? Tu dici soltanto “Pregate il signore della messe”: è lui che cerca, lui che forma, lui che chiama. È lui che manderà qualcuno altro a collaborare con te, vero unico e grande pastore.

Il signore della messe è il Padre tuo: tu sei il mietitore che raccoglie con le mani degli operai. Le pecore che non hanno pastore sono ‘la messe’ da raccogliere!

Questo lo dici ai tuoi discepoli. Essi ci sono, sono a tua disposizione. Ora saranno essi gli oranti che ottengono dal Padre che altri li aiutino a raccogliere nel Regno di Dio gli uomini perduti. Li chiami tutti e dodici, pronti, senza gelosie, a collaborare con altri ancora. Li chiami a te, che ti stiano vicino perché il compito che affidi loro è lo stesso che tu stai esercitando: hai scacciato spiriti impuri, spiriti che non amano e non ascoltano te, Figlio di Davide; tu hai guarito malattie e infermità, hai risanato il lebbroso e il servo del centurione, la suocera di Pietro e molti abitanti di Cafarnao, gli indemoniati di Gadara e il paralitico peccatore, l’emorroissa e la figlia del capo, i ciechi e il muto. Ora i dodici continueranno a dare agli uomini i segni della tua presenza, della misericordia del Padre, della novità del Regno.

Il tuo evangelista ci presenta i dodici con il loro nome, quello con cui anche tu li chiamavi, facendo percepire loro quanto li amavi. Il primo è Simone “chiamato Pietro”. Egli è primo, e sarà sempre vicino a te, davanti agli altri. Di lui è detto che è “primo”, come se anche questo fosse un nome suo. Lo ameremo anche noi come il primo e amiamo come primo colui che oggi occupa il suo posto nella tua Chiesa.

Suo fratello ha un nome greco: tu non disdegni il suo nome straniero: seguendo te anche il suo nome diverrà santo, primo di molti che chiamerai dai popoli pagani. Anche i figli di Zebedeo sono nominati insieme come fratelli. Essere fratelli è un dono grande, un esempio per tutti quelli che ti seguono, che nel regno vivranno come fratelli. Poi ancora Filippo, con il nome pure straniero: anche la sua presenza prepara tutti ad accogliere nella Chiesa i popoli pagani. Anch’essi ti possono amare e ascoltare. Poi tutti gli altri con le loro particolarità personali, familiari o sociali. Di Simone il Cananeo si ricorda l’appartenenza politica. Di Matteo è detto il mestiere che aveva quando lo hai chiamato: mestiere disprezzato e assimilato ai peccatori. Tu Gesù non guardi il passato: non ti lasci condizionare da quanto è avvenuto nella loro vita vissuta senza di te. Matteo ama te e perciò è creatura nuova, vive la santità del suo nome, dono di Dio. Egli sarà un dono per te, ma anche per noi, dal momento che ci trasmette tutte queste pagine che raccontano la tua obbedienza al Padre.

Ultimo dei dodici è Giuda, l’Iscariota: questi è il menzognero, colui che ti tradirà. Anche a lui tu, Gesù, hai dato il potere sugli spiriti e l’amore per guarire le malattie. Anche a lui hai dato te stesso. Ci chiediamo: come mai arriverà a tradirti?

La sua presenza in mezzo agli altri è per me invito ad una continua vigilanza su me stesso. Come lui, se non ti seguirò in modo da rinnegare me stesso, anch’io potrei rinnegare te, e preferire i beni del mondo al posto di donarmi tutto a te.

Non sono i dodici discepoli che scelgono di andare. Tu li mandi con un ordine ben preciso: il Regno dei cieli inizierà in mezzo al popolo chiamato a portare la benedizione di Abramo agli altri popoli. Per il momento proibisci ai tuoi discepoli di andare là dove li manderai dopo la tua risurrezione dai morti. Solo allora non ci saranno più confini, non più le limitazioni che la terra e la storia e il mondo pongono alla vita dell’uomo. Allora il popolo, la casa d’Israele, darà compimento alla sua missione e sarà esempio a tutti gli altri, pagani e samaritani. È il popolo che ha ricevuto le promesse, il popolo che conosce la volontà del Padre e il suo amore costante e fedele con cui questi lo ha sempre accompagnato, dalla liberazione dall’Egitto alla sua ricostituzione dopo l’esilio. Dopo la tua morte e risurrezione, quando le “pecore perdute della casa d’Israele” avranno cominciato a ricevere il tuo santo Spirito, allora i tuoi apostoli si recheranno anche tra le nazioni.

  

6. Gratuitamente 10,7-15

 

7Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. 8Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. 9Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, 10né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento.

11In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. 12Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. 13Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi.

14Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. 15In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sodoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città.

 

6

Coloro che tu, Gesù, mandi, i dodici, continueranno come te a camminare. “Strada facendo” raccomandi loro. Continueranno ad andare, non si fermeranno in un luogo e non avranno tana o nido, come avevi già detto. Affidi loro il compito di “predicare”, di donare una notizia solenne, un annuncio che toccherà la vita di tutti, cambiandola. La notizia non è nuova: è la stessa che già Giovanni il Battista aveva gridato nel deserto, la stessa di cui poi tu hai riempito le strade e le piazze dei villaggi. È un annuncio di gioia, che non appartiene ai regni di questo mondo con le loro ambiguità, bensì riguarda la vicinanza e la presenza del regno dei cieli. Se è vicino il regno dei cieli significa che il re è già venuto, lo si può vedere, amare, ascoltare, accogliere, seguire e servire. I tuoi discepoli annunceranno te, Signore Gesù, come vero unico re.

Il regno dei cieli ha leggi stabilite da Dio e non dagli uomini. È un regno senza confini. Tu non vuoi che i discepoli si limitino a dire la presenza del re e quindi del suo regno, ma essi dovranno anche farlo vedere e gustare. Il regno dei cieli manifesterà le grandi opere dell’amore e della misericordia del Padre. Anche i tuoi apostoli perciò faranno ciò che tu hai iniziato: guarire le sofferenze di chi piange, di chi è malato: in tal modo saranno attenti alle singole persone. Daranno la vita dove è arrivata la morte, quindi speranza a chi è disperato, purificheranno tutto ciò e tutti quelli che sono macchiati dal male, libereranno gli uomini dalle catene del nemico che vuole impedir loro di vivere da figli del Dio della pace e li costringono ad allontanarsi da lui. Questo nemico, il demonio menzognero, va scacciato con decisione dai cuori e dalle case dove si è installato.

Essi stessi, gli apostoli, hanno ricevuto gratuitamente da te i benefici di salvezza, salute del corpo e vita vera, da te, senza meritarlo, sono stati purificati e liberati dalle catene e dalle prigioni interiori.

Gratuitamente. Se essi non agiranno gratuitamente è segno che non imparano da te, e non annunciano te: hanno altri interessi, un altro signore che vive nel loro cuore. Se essi non agiranno gratuitamente non annunceranno e nemmeno realizzeranno il tuo regno. Il tuo regno permette ed esige di essere vissuto liberamente, libero da interessi terreni, libero in particolare dal denaro. In tal modo esso produrrà la gioia e con essa si distinguerà. Già il profeta Eliseo aveva donato del tutto gratuitamente la guarigione a Naaman il Siro, perché è Dio che agisce con il suo amore gratuito. Il suo servo che desiderava ricompensa è stato duramente punito (2Re 5,20-27).

Essi sperimenteranno che tu sei un padrone che ama non solo chi riceve il tuo annuncio, ma anche chi lo dona. Perciò essi si mettono in cammino con totale fiducia, affidando al Padre ogni preoccupazione per il proprio corpo e per la propria anima. Le ricchezze del mondo non occupano il loro cuore, né il loro corpo sarà appesantito da cibo e vestito. Colui che nutre gli uccelli del cielo e veste i gigli del campo è capace di occuparsi molto più del cibo e del vestito, e anche della difesa degli operai che sono impegnati per lui. L’operaio riceverà il nutrimento, come dice la Parola: “Non metterai la museruola al bue, mentre sta trebbiando” (Dt 25,4; 1Cor 9,9).

E ora aiuti i tuoi inviati ad essere attenti e prudenti. Potranno entrare in tutti i villaggi e in tutte le città d’Israele, ma dovranno rispettare precauzioni e prendere informazioni sicure. Non potranno fidarsi di tutti, ma solo di chi fa tesoro della tua pace, di chi cioè dimostra amore per te. Altrimenti saranno impediti nella loro obbedienza al tuo mandato.

Sarà “degno” chi è tutt’uno con te, e questi può essere tuo dono e valido aiuto alla missione dei tuoi missionari. Chi, con la sua fede e il suo amore aiuta un tuo discepolo, riceve la pace, che è il saluto, cioè l’aggancio che unisce le varie persone nel tuo regno. La pace, cioè la comunione e condivisione della fede in te e delle tue ricchezze, Gesù, coprirà sempre il tuo discepolo, ma anche chi lo accoglie proprio come discepolo tuo. Chi non accoglie te non può essere collaboratore dei tuoi inviati, anzi, sarà per loro impedimento. “Se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi”: la casa che non vuole essere tua dimora sarà abbandonata dal discepolo. Essa impedirebbe all’inviato di essere del tutto tuo: egli non può condividere i tuoi beni con chi non li sa e non li vuole apprezzare, né tantomeno con chi non ti vuole conoscere. Avevi già detto che non vanno date “le cose sante ai cani” (7,6).

Sei deciso, Signore Gesù, su questo punto. Quanta vigilanza è richiesta! Tu conosci la debolezza dell’uomo, sempre tentato di appoggiarsi sull’approvazione degli uomini, persino di quelli del mondo. I tuoi discepoli potranno essere succubi di questa tentazione.

Dovranno fare attenzione quando, per compiere opere buone, si uniranno con chi si dimostra tuo nemico o con chi ti vorrebbe ignorare. Infatti, chi è tuo nemico potrebbe ostacolare i tuoi discepoli ad annunciare te e a costruire il tuo regno. A lungo andare i tuoi discepoli stessi potrebbero dimenticarsi di te, scordando che sei tu colui che dona a tutti l’ispirazione e la luce dello Spirito del Padre.

Se qualcuno poi non … dà ascolto alle vostre parole”, chi è costui? Se qualcuno non ascolta dal discepolo il tuo nome santo, Gesù, non è “degno”: il tuo discepolo non può essere in comunione con lui. Questo tuo insegnamento tu lo doni con sicurezza, tanto che lo fai oggetto quasi di giuramento: “In verità io vi dico”. E non solo, ma ci vuoi aiutare ancora a dar peso alle tue parole paragonando coloro che non ascoltano l’annuncio dei tuoi discepoli con le città di Sodoma e Gomorra. Queste città sono state castigate con il fuoco dal cielo, tanto che di esse non rimane che il ricordo della loro perversione. Ma è peggio di loro chi non accoglie i tuoi inviati, Gesù, quando annunciano te, unico salvatore del mondo.

Grazie, Gesù, che arricchisci la tua Chiesa con la tua prudenza, con la tua vigilanza, con i tuoi preziosi consigli!

   

7. Come pecore 10,16-22a

  

16Ecco: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. 17Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; 18e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. 19Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: 20infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi. 21Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. 22Sarete odiati da tutti a causa del mio nome.

 

7

Signore Gesù, continui a parlare agli apostoli che stai inviando a donare la tua parola. Li vuoi preparare in modo che vivano la loro missione con consapevolezza, preparati a tutte le possibili reazioni che avranno coloro che li ascolteranno. Dici un “ecco” che sa di sorpresa. Infatti nessuno si aspetterebbe che tu annunci sofferenze e fatiche grandi. “Vi mando come pecore in mezzo a lupi”: che cosa dobbiamo comprendere, Gesù? Le pecore vengono sbranate dai lupi: mandi i tuoi a morire, ad essere uccisi, a soffrire persecuzione? Oppure li mandi in modo che si realizzi la profezia di Isaia, che dice: “Il lupo e l'agnello pascoleranno insieme” (Is 65,25)?

In ogni caso la pecora rimane pecora, non diventa lupo, non assume atteggiamenti aggressivi, non si preoccupa di difendersi con le proprie forze né con la propria voce. Il discepolo tuo, Gesù, avrà coraggio di presentarsi a chi lo odia e lo aggredisce, come pure a chi, capace solo di modi di agire violenti, potrà imparare e divenire mite e pacifico. Coloro che riceveranno la tua Parola sono tutti abituati ai modi di fare del mondo, ai modi di vivere nei regni della terra, ma il loro cuore cambierà come è cambiato il cuore di Zaccheo (Lc 19,8) e quello di tutti coloro che ti hanno seguito. Il regno dei cieli potrà crescere in modo imprevisto e imprevedibile, proprio grazie alla conversione di chi è conosciuto come lupo. Tu non perdi la speranza per nessuno.

Le pecore che tu mandi saranno come il serpente e come la colomba. Il serpente sa nascondersi per evitare i pericoli, e per questo usa astuzia o saggezza. Non saranno ingenui i tuoi discepoli, perché ora tu li avvisi che saranno sempre osteggiati e perseguitati, dal momento che portano il tuo nome santo, odiato sempre dagli uomini dominati da mammona.

Ma essi saranno anche come la colomba, che si fida di chi l’avvicina con mitezza, di chi le porge il suo cibo, di chi la ospita per fare il nido.

Queste tue parole, Gesù, saranno preziose sempre per la tua Chiesa. Essa vivrà nel mondo con prudenza, ma anche con la fiducia che chi è lontano da te può essere conquistato dalla tua mitezza e dal tuo perdono e dalla tua voce, come il centurione romano che sul Calvario ti ha visto morire e ha ascoltato il tuo amore privo di ogni risentimento (Mt 27,54; Mc 15,39). La persecuzione perciò sarà necessaria perché la vita del discepolo diventi testimonianza per te.

La saggezza prudente del serpente dovrà essere sempre vigile. Gli uomini sono già inclini a seguire i metodi di Caino. Dove tu non sei ancora arrivato e dove non sei accolto, raramente si manifesta la misericordia e la bontà disinteressata. Il discepolo non deve illudersi che gli uomini che egli incontra siano già liberi dall’egoismo che li rende dispotici, violenti e prepotenti. Diventeranno liberi dal male solo quando saranno raggiunti dalla luce che si sprigiona dal tuo Calvario e dal tuo sepolcro. Ora essi sono mossi dagli spiriti del mondo contrari a te, e non possono vivere e pensare in modo diverso. Infatti gli uomini hanno le loro leggi, che non sono quelle del regno dei cieli. Quelle loro leggi possono prevedere persino la morte per chi ama il tuo nome: così succederà a te. I tribunali delle sinagoghe dei Giudei e quelli dei governatori pagani andranno d’accordo, come i membri del Sinedrio che consegneranno te a Pilato e a Erode. Quella è l’occasione per essere testimoni di te, un’occasione che diventa l’annuncio più forte e convincente del tuo Vangelo e del tuo Regno.

Saranno perciò prudenti sì i tuoi apostoli, ma senza paura. La paura non li travolgerà, perché ci sarai tu accanto a loro, e con te il Padre stesso che ama te e loro con lo stesso amore.

La paura sarebbe solo mancanza di fede e darebbe contro testimonianza. Ma la paura non verrà, perché il Padre, che difende i passeri dal freddo e dal gelo, è impegnato per i suoi figli, i tuoi discepoli. Egli metterà loro in bocca le parole e darà al loro volto gli atteggiamenti santi, mossi dallo Spirito Santo, perché anche in quei momenti la loro vita sia testimonianza di te, del tuo vangelo, del tuo regno. Così avverrà per Stefano, così per l’apostolo Paolo, così per le moltitudini dei martiri che da secoli rendono la tua Chiesa luminosa e ricca, rivelatrice dell’amore di Dio.

Il desiderio dei tuoi apostoli e discepoli infatti è il desiderio che tu hai portato a noi: che venga il regno del Padre, che sia santificato il suo nome, che si compia la volontà d’amore del Padre nostro e tuo. Tu hai sostituito nel loro e nel nostro cuore le bramosie egoistiche con i desideri divini, il cuore di pietra con quello di carne. I discepoli tuoi non tendono a vivere a lungo su questa terra, ma ad essere su questa terra i testimoni di te, che sei il Figlio di Dio, la presenza visibile e tangibile del Padre.

Tu Gesù dici di più ancora ai tuoi, affermi che la loro via somiglierà alla tua. Gli abitanti del villaggio di Nazaret, dove tu sei vissuto, hanno cercato di gettarti dal dirupo, e i tuoi parenti ti hanno trattato come pazzo e indemoniato, da portar via e nascondere agli occhi delle folle. Così potrà avvenire ai tuoi. Essi potranno avere in casa propria il tuo nemico. Coloro che essi amano come genitori e come fratelli o amici potranno rivelarsi persecutori. Anche da essi bisognerà guardarsi, come tu hai raccomandato (Mt 10,17). L’amore umano ha bisogno di un salto di qualità, di una grazia particolare dello Spirito Santo per trasformarsi in amore divino. Il cosiddetto amore dei parenti potrebbe rivelarsi capace di gelosia, di odio, di disprezzo, tanto da arrivare ad uccidere.

Davvero i tuoi apostoli saranno pecore in mezzo a lupi, sempre. Sarai tu l’agnello che dà loro certezza di essere vivi, di essere radicati nel cuore del Padre, e tu darai loro lo Spirito che concederà loro di amare tutti per rivelare il volto del Padre tuo e loro. Così proprio dall’odio saranno aiutati ad essere beati, e in quel momento saranno per davvero il sale della terra e la luce per il mondo.

   

8. Come il suo signore 10,22b-25

 

Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato. 23Quando sarete perseguitati in una città, fuggite in un’altra; in verità io vi dico: non avrete finito di percorrere le città d’Israele, prima che venga il Figlio dell’uomo.

24Un discepolo non è più grande del maestro, né un servo è più grande del suo signore; 25è sufficiente per il discepolo diventare come il suo maestro e per il servo come il suo signore. Se hanno chiamato Beelzebùl il padrone di casa, quanto più quelli della sua famiglia!

 

8

Perseverare! Signore Gesù, mandi i tuoi come pecore, ed essi dovranno perseverare nell’essere pecore inermi, nonostante possano incontrare odio, persecuzioni e discriminazioni. Vivranno “in mezzo a lupi”, avranno quindi la tentazione di diventare lupi coi lupi, di confondersi con essi, di ritenersi in diritto di comportarsi come loro. Tu però ci aiuti con la tua Parola. Sarà salvato chi resterà fedele al tuo mandato. Dio, il Padre, salverà coloro che continuano l’obbedienza nonostante i pericoli e le sofferenze che ne derivano. Perseverare quando siamo perseguitati a causa del tuo nome, anche quando saremo disprezzati, quando saremo calunniati e odiati da coloro che abbiamo sempre amato e dai quali siamo abituati ad aspettarci amore.

La tua salvezza arriva alla fine: alla fine di ogni atto di pazienza, alla fine di ogni giorno di sopportazione, alla fine di ogni sofferenza affrontata e sopportata con la mitezza “dell’agnello condotto al macello, come pecora muta… che non aprì la sua bocca” (Is 53,7; At 8,32; Rm 8,36). Tu hai amato “fino alla fine”: ci uniremo a te!

Ogni volta potremo ripetere la parola che tu, Gesù, hai fatto risuonare ai nostri orecchi: “Rallegratevi ed esultate”, “quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia” (Mt 5,11).

La salvezza sarà liberazione dal nostro egoismo, dalla ignoranza dell’amore di Dio, dal diventare strumento della violenza del mondo. Persevereremo, con l’aiuto della tua grazia, della tua Parola, del dono della tua presenza costante.

Non persevereremo nel rimanere fermi, quasi ostinati, nel luogo o nella condizione dove l’ostilità ci trova, per attendere i colpi o la morte. Tu non vuoi questo. Tu stesso ti sei allontanato da Nazaret quando ti volevano gettare dal precipizio (Lc 4,29), sei fuggito a Betania al di là del Giordano (Gv 10,40) e ti sei nascosto al limitare del deserto a Efraim (Gv 11,54) quando i Giudei cercavano di lapidarti.

Così dovranno usare prudenza i tuoi apostoli, fuggendo dalle città in cui saranno perseguitati. Così si comporteranno infatti anche i tuoi apostoli Paolo e Barnaba, quando vedranno che la loro presenza in una città diverrà pericolosa per la loro incolumità (Atti 14).

Fuggiranno… ma saranno perseveranti: continueranno ad annunciare il tuo Regno, a far conoscere te, Re del regno dei cieli e vero Uomo amato dal Padre, che ti ha voluto risorto dai morti.

Non riusciamo a comprendere, Gesù, la tua profezia: “Non avrete finito di percorrere le città d’Israele…”. Vuoi dire che il lavoro di diffondere il tuo vangelo non sarà mai completato? Vuoi dirci che potremo morire prima di vedere tutto il tuo popolo salvato? Vuoi dirci che i tuoi missionari dovranno rivolgersi ai pagani per donare loro la stupenda notizia dell’amore del Padre vissuto da te fino alla morte?

Tu tornerai a rallegrarci con la tua presenza, prima ancora che il tuo Vangelo sia accolto ovunque. Tu manterrai la tua promessa di venire a donarci il tuo premio.

Anche se saremo perseveranti ad essere come pecore non potremo vantarci. Tu sarai sempre il vero agnello di Dio, che non riusciremo mai ad imitare del tutto.

Non saremo mai uguali di te. Porteremo la Parola, ma sempre cercando di raggiungere la tua statura di maestro, pur essendo tu sempre impareggiabile. Cercheremo di vivere la tua Parola diventando servitori dei fratelli, ma guarderemo sempre a te per avere esempio, forza e motivazione.

Sarai sempre tu davanti al nostro sguardo, sempre tu davanti ai nostri passi, sempre tu sarai luce e fondamento di ogni nostro atto di amore divino.

Tu dici che è sufficiente cercare di diventare grande come il maestro e servo come il signore. Noi però sappiamo che mai saremo come te, né per la sapienza né per la conoscenza del Padre, né per la conoscenza del cuore dei fratelli, né per l’amore umile concreto e servizievole che doneremo agli uomini. Guardando te, Signore, vivremo come servi gli uni degli altri, riempiendo il mondo di gioia.

Tu sei stato disprezzato e sei stato accusato persino di essere alleato del diavolo, di essere addirittura Beelzebul, il capo dei demoni. Hai sopportato quest’accusa: anch’essa sarà condivisa da chi ti porta nel cuore, da chi ti annuncia con le labbra e da chi ti imita nel donare l’amore del Padre ai fratelli. Non si spaventeranno se avranno ingratitudine, invece di applausi di riconoscenza. Hanno invece la consolazione di essere ritenuti da te della tua famiglia. Tu li consideri tuoi fratello, sorella e madre (12,50).

Signore Gesù, quante sofferenze, quante croci dovranno portare i tuoi apostoli! Ad essi non saranno risparmiati i chiodi, le spine, i colpi di flagello che hanno colpito il tuo corpo benedetto. Tu stesso glielo vuoi annunciare. Così, sapendolo da te, non si lasceranno deprimere, e le sofferenze non diverranno tentazione per rinunciare alla perseveranza. Saranno invece garanzia di essere sulla tua strada, di condividere la tua vita nei vari aspetti della sua santità.

Signore Gesù, grazie perché ci fai partecipare del tutto alla tua vita di obbedienza e di amore al Padre.

   

9. Non abbiate paura 10,26-31

  

26Non abbiate dunque paura di loro, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. 27Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze.

28E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo.

29Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. 30Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati.

31Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!

  

9

Gesù, hai parlato di persecuzioni reali e vicine, persino in famiglia. Ora insisti nell’esortarci a non avere paura. La paura è il primo sentimento che ci coglie quando si avvicina la sofferenza che potrebbe portare alla morte. La paura viene da sola, senza cercarla. Non ci sono altri sentimenti che possano vincerla.

Già Adamo ha vissuto per primo la paura, a causa della sua sfiducia in Dio, Padre. L’ha introdotta nel mondo e l’hanno poi sofferta anche i suoi figli, e poi Giacobbe, Mosè e Davide, e tutti gli altri. I discepoli di Gesù ebbero paura sulla barca durante la tempesta e svegliarono Gesù. E lui ha detto chiaramente che unico modo per vincerla è la fede in lui. Lontano da lui c’è la solitudine e nella solitudine siamo senza difesa e senza aiuto, senza amore. Solo la fede, la fiducia nel Padre che ci ama e ci può proteggere, e che dà significato, valore e speranza anche alla morte, riesce a vincere la paura che prende tutte le fibre del nostro essere. La nostra attenzione non andrà rivolta a quelli che si impongono a noi come nemici, ma rimarrà posata su di te, Gesù, e sul Padre tuo e nostro, che ti ha mandato a noi. La paura non potrà né dovrà impedirci di continuare ad annunciare te, il tuo regno e il tuo vangelo.

Tu hai parlato ai discepoli nell’intimità. Hai rivelato loro i disegni del Padre, li hai illuminati sui misteri del regno. Questo insegnamento lo davi loro quand’eri in casa, o quando li accompagnavi in luoghi solitari. Per parlare loro di queste profondità c’era bisogno di silenzio, di solitudine. Quando essi avranno non solo compreso, ma anche vissuto il mistero della tua vita, potranno, anzi, dovranno annunciarlo a tutti quelli che vogliono conoscerti.

Tu doni loro coraggio: “Quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze”. Quando lo faranno? Quando riceveranno lo Spirito, e tu non sarai più visibilmente con loro: per questo dirai loro che lo Spirito verrà quando tu te ne sarai andato (Gv 16,7). La predicazione del tuo vangelo non sarà bloccata dagli ostacoli. La paura non ostacolerà il cammino della bella notizia. Lo vedremo già il giorno di Pentecoste, quando i tuoi apostoli apriranno le porte tenute sbarrate dalla loro paura.

La tua Parola che viene svelata e conosciuta, che sarà annunciata in pubblico dai tuoi apostoli, sei tu stesso, Gesù, Parola eterna del Padre. La paura sarà vinta, perché sappiamo che “la tua grazia vale più della vita” (Sal 62,4).

Di nuovo ci comandi di non aver paura nemmeno “di coloro che uccidono il corpo”. Questi ci sono, ma anche se riescono ad ucciderci, non possono eliminarci dal cuore del Padre che ha stabilito con noi un rapporto di amore. Questo è eterno, non può venir meno né cancellato da nessuno. È questa la nostra vita, è questa la nostra forza e la nostra stabilità, non la vita fisica, come vorrebbe farci credere il principe di questo mondo.

Noi temiamo, ovviamente senza paura, proprio il Padre. Se perdessimo il contatto con lui, quello che abbiamo acquisito attraverso di te, Gesù, allora saremmo davvero morti, privi della vera vita. Temiamo, cioè abbiamo paura, di allontanarci da lui. Saremmo già nella Geenna, nella perdizione. Il desiderio di essere continuamente abbracciati dal Padre ci difende dalla paura. Il suo amore è vita e garanzia di vita.

Il Padre ci ama. Egli ha attenzione per i passeri che cinguettano attorno a noi: quanto maggior amore impegna egli per noi, che siamo uniti a te, Gesù! Tu stesso dici che noi valiamo più di tutti i passeri, che sono pur sue creature. Ma noi siamo suoi figli. Noi siamo portatori di te, il Figlio, portatori e annunciatori della tua Parola, che rivela la sapienza e la bellezza e la bontà e la tenerezza del Padre tuo.

Vuoi assicurarci ancora dell’amore tenero del Padre tuo per noi: egli tiene d’occhio persino le cose più piccole, come i capelli del nostro capo. Come ti preme che noi ci fidiamo di lui! Continueremo a predicare, ad annunciare la tua presenza, la bellezza del tuo regno, la tenerezza delle tue beatitudini, la pienezza del tuo amore che riempie e completa le parole della Legge e dei profeti.

Ogni paura sarà superabile dal nostro cuore, perché ci sei e ci sarai sempre tu, come bastone, come luce, sicurezza e difesa anche quando attraverseremo una valle che agli occhi umani pare oscura.

Ci ricorderemo di te, Gesù, che, pur provando la paura, l’hai vinta, sapendo di essere nelle mani del Padre (Mc 14,33.34 Gv 12,27; Eb 5,7). Con Giuseppe sei fuggito lontano, tenuto in braccio da Maria. Sei fuggito anche quando Erode ha imprigionato Giovanni, il tuo precursore. E le sue minacce non ti hanno spaventato, quando ancora Erode voleva che tu ti allontanassi dal suo territorio. Tu sapevi che i tuoi giorni sono contati dal Padre tuo (Lc 13,31-33). Ebbene, noi siamo tuoi. Di chi avremo paura?

  

10. Lo riconoscerò 10,32-36

 

32Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; 33chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.

34Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. 35Sono infatti venuto a separare l’uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; 36e nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa.

 

10

Tuoi discepoli, Signore Gesù, sono coloro che non hanno paura, che hanno vinto ogni timore con la fede in te e nel Padre tuo. Non hanno perciò paura di riconoscerti “davanti agli uomini”.

Perché dici questo, mio Signore? Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo (Sal 44,3), tu sei colui che ha guarito gli ammalati, fatto udire i sordi, liberato gli indemoniati dal potere del nemico forte, istruito i poveri e rallegrato i tristi: perché dovremmo aver paura di riconoscerti davanti agli uomini?

Tu sai come sono gli uomini. Anche tra coloro che hanno visto i tuoi prodigi e udito la tua sapienza e assaporato il tuo amore al Padre che è nei cieli, anche tra di loro c’è chi mantiene un morboso legame alla terra e alle sue ricchezze: questo legame, che diventa schiavitù, rifiuta il legame con te. Lo hai detto tu stesso che nessuno è in grado di servire a due padroni, Dio e mammona (Mt 6,24; Lc 16,13).

Chi continua a preferire quest’ultimo padrone si fa tuo nemico e ostacola chi riconosce te come proprio amico e signore. Per vivere uniti a te siamo continuamente messi alla prova. L’amore agli uomini, che vogliamo tenere nel cuore, sarà sempre stimolato a rimanere un amore dipendente da te, un amore spirituale, libero dalle attrattive di mammona, cioè di tutti gli interessi terreni.

Quando il nostro cuore vince legami egoistici e le inimicizie per rimanere unito a te ad ogni costo, ecco, allora tu ci assicuri che noi siamo approvati dal Padre che è nei cieli. Nulla è più bello di questo riconoscimento. Tu sei stato riconosciuto dal Padre quando egli ti ha glorificato facendo uscire Lazzaro dal suo sepolcro e quando ha rivolto a te il cuore del ladrone con te crocifisso, e quando ha mandato l’angelo a rotolare la pietra sigillata per mostrare il sepolcro vuoto. Sono stati riconosciuti dal Padre i tuoi apostoli quando ancora l’angelo ha aperto le porte del carcere del Sinedrio dove erano rinchiusi. È stato riconosciuto Pietro dal Padre, quando anch’egli, grazie alle preghiere della Chiesa, è uscito dal carcere di Erode Agrippa. Sono stati riconosciuti dal Padre i martiri e i santi che hanno riempito di prodigi la storia della tua Chiesa santa. Siamo riconosciuti anche noi dal Padre quando ci concede di portare con te la croce che in ogni tempo pesa sulle tue spalle, quelle spalle che tolgono il peccato del mondo.

Gesù, tu non dimentichi l’altra possibilità che abbiamo, e che qualcuno dei tuoi ha scelto, quella di rinnegarti davanti agli uomini: lo ha fatto Pietro davanti alla serva e alle guardie nel cortile di Anna. Tu con il tuo sguardo d’amore lo hai risvegliato, grazie al triplice canto del gallo, e così, con il pianto, ti ha nuovamente riconosciuto. Ti ha rinnegato Giuda Iscariota quando ti ha dato il bacio menzognero. Ti hanno rinnegato davanti agli uomini le persone da te beneficate e salvate che poi, dimenticando i tuoi benefici, hanno preferito gli onori mondani e le ricchezze della terra alla vita. Ti ho rinnegato io davanti agli uomini, quando nella preghiera o nel parlare di te ho cercato la lode degli uomini e non la verità del tuo vangelo.

Quando tu sei costretto a rinnegarmi, ecco la tristezza nel cuore, ecco la vanagloria e l’orgoglio prendere il posto dell’umiltà e della dolcezza. Se posso, Gesù, ti chiedo di non rinnegarmi mai: mandami piuttosto chi mi richiama, chi mi corregge, chi mi risveglia perché io riconosca la tua verità e la bellezza unica del tuo volto.

Tu continui il tuo insegnamento in modo da sconcertarci. I profeti ci hanno annunciato che tu sei il “principe della pace” (Is 9,5), mandato dal “Dio della pace” (Rm 15,32 …; Eb 13,20).

Ora tu affermi che non sei “venuto a portare pace sulla terra”. Tu sei venuto, e la tua pace l’hanno ricevuta molti poveri e afflitti, oppressi e affamati, malati e indemoniati. Ma gli uomini che non ti hanno accolto percepiscono come nemici coloro che ti accolgono, e li combattono. Così tu stesso sei stato combattuto a Nazaret, così a Gadara, dove gli abitanti hanno preferito l’incolumità dei porci alla guarigione dei loro indemoniati, così sul piazzale del tempio, dove molti ti provocavano con domande tendenziose, così nel Sinedrio, dove quasi tutti volevano la tua morte. La pace l’hai portata nei cuori dei piccoli e in quelle piccole realtà di due o tre persone che ti hanno accolto, come nella casa di Betania, dove Marta, Maria e Lazzaro ti ospitavano con i tuoi discepoli.

Il mondo ha preso in mano la spada contro di te, e poi contro i tuoi, contro coloro che portavano e porteranno nel cuore e sulle labbra il tuo nome. Lo aveva già detto il profeta Michea (7,6): “nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa”, compresi amici e compagni (7,5). Questa inimicizia l’aveva vissuta Giuseppe, da parte dei suoi fratelli. Ed egli è stato davvero un agnello, che ha impegnato tutto il suo amore e le sue capacità per loro, per donare loro vita e onore.

Tu ci hai mandato come agnelli, miti e indifesi. Noi, fedeli a te, abbiamo trovato, vicino ai sofferenti in attesa del tuo vangelo, annunciato con opere e parole, anche lupi pronti ad approfittare della bontà che tu hai seminato in noi, pronti a riversare su di noi l’odio con cui il maligno vuole ostacolare te e il cammino della tua Parola.

Ce l’avevi preannunciato, quando hai proclamato: “Beati i perseguitati per la giustizia” e poi “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia” (5,10-11).

La pace non verrà mai dal mondo: quella che potrebbe dare il mondo è solo un risolvere un conflitto di interessi tra contendenti, che può durare fino al sorgere di nuovi egoismi. La pace data dal mondo non è mai interiore. Tu invece, Gesù, ai tuoi dirai con sicurezza e con gioia, e lo ripeterai nella tua vita nuova ed eterna: “Pace a voi” (Gv 20,19.21.26), mantenendo la promessa solenne rivolta ai tuoi nel cenacolo: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” (Gv14,27). La tua pace è perdono, è comunione, è vita santa e divina.

Grazie, Signore Gesù, che ci doni una pace che genera pacificazione nel mondo tra gli uomini oppressi e stanchi.

  

11. Degno di me 10,37-42

 

37Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me;

chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me;

38chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me.

39Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.

40Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.

41Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto.

42Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa.

 

11

Signore Gesù, stai concludendo l’insegnamento ai discepoli che hai mandato “come agnelli in mezzo a lupi”. Hai lasciato comprendere quanta sofferenza può arrivare nella vita di chi ti è fedele, persino da parte dei propri familiari. Ora ci aiuti ad avere un amore vero e santo proprio verso le persone, già beneficiarie del nostro amore, benché si ribellino al nostro amore per te.

L’amore, che ci unisce a chi ci è caro, diventa bello, vero, duraturo, profondo e semplice, quando proviene dalla comunione che viviamo con te. Tu sei l’amore del Padre, quindi soltanto tu puoi e sai riempire di verità e pienezza di vita i rapporti che viviamo qui sulla terra. Per questo tu affermi che per riuscire ad amare veramente, cioè a donare l’amore di Dio ad un uomo, è necessario che tu sia entrato in noi.

Davanti a tutti ci sei tu nel mio cuore. Allora anche gli altri ci stanno come a casa propria. Chi ti pospone a qualcuno, invece, non è portatore del tuo amore, e tu devi dirgli “non è degno di me”. Chi non è degno di te non ha quel rapporto che tu vivi con il Padre, non ha vita vera, e quindi non comunicherà a nessuno vero amore.

Ha fatto quest’esperienza Gionata, figlio di Saul (1Sam 19,4): egli ha amato Davide più di se stesso, lo ha considerato migliore di sé e lo ha difeso dalle ire del re. Questo suo amore è riuscito a far sì che suo padre non diventi omicida commettendo una grave ingiustizia.

Il padre e la madre, il figlio e la figlia, cui è dovuta l’attenzione e la cura, attendono ciò che completa la loro esistenza. Essi vengono serviti veramente e divinamente, quando, chi li serve, agisce con te e da te. Chi è degno di te è carico di quell’amore caritatevole, misericordioso e divino che fa crescere gli uomini, riempie i loro spazi vuoti, aggiusta le loro carenze, stimola le loro capacità, forma la loro somiglianza al Padre ed evidenzia il loro essere immagine di Dio.

Essere degni di te è un dono così grande, un tesoro così prezioso, una perla così costosa, che merita abbandonare tutto, persino la propria vita. Lo dici usando per la prima volta una parola che anticipa il momento del tuo amore perfetto per tutti gli uomini: croce. Vuoi che anche coloro che ti seguono si abituino ad usare questa parola, per non scandalizzarsi, per non cedere alla paura. Prendere la propria croce e seguirti: per essere degni di te, per vivere una vita simile alla tua, l’amore che tu vivi con noi, porteremo la croce. È già una prima allusione alla morte con cui glorificherai il Padre e con cui darai a noi la vera vita.

Ci avvisi subito della tentazione che si presenta ai tuoi discepoli: quella di resistere, di allontanarsi dalla via della tua croce per “tenere per sé la propria vita”. Questo è il modo per rinunciare a seguirti, per non essere degni di te. In tal modo non condivideremmo il tuo amore e la tua missione. E rimarremmo privi della vita, quindi della capacità di amare veramente, di gioire, di cambiare il mondo in regno dei cieli. Non saremmo agnelli, saremmo simili ai lupi.

Al contrario, seguendoti con la nostra croce, rinunciando ad essere forti e ambiziosi, superbi e ricchi come ci stimolerebbe l’egoismo, rinunciando ad essere i primi come i lupi che ci circondano, cioè perdendo la vita, e questo per avere te come unico appoggio e unica motivazione, te come vita, allora vivremo.

Com’è bello, Gesù, vivere in te e con te! È una vita che ripaga da ogni fatica e da ogni sofferenza procurata dalle rinunce e dalle persecuzioni.

Ma tu aggiungi ancora che altre consolazioni sono preparate per coloro che ti seguono veramente portando la propria croce. Essi sono equiparati a te davanti al Padre. Tu ti riconosci accolto da chi accoglie i discepoli! E ancor più, il Padre stesso che ti ha mandato vivrà nella loro vita. I discepoli così vedranno moltiplicarsi il numero dei tuoi discepoli, e il numero dei figli di Dio. Consolazione più grande non c’è per chi è degno di te, per chi vive come agnello mandato da te.

E ancora di più: anche coloro che apprezzano il ministero che tu affidi ai discepoli, ministero profetico e ministero della giustizia, saranno beati, amati dal Padre che è nei cieli. Coloro che ameranno la tua parola annunciata dai tuoi discepoli e coloro che apprezzeranno la loro vita di obbedienza a te, anch’essi saranno premiati e vivranno vita e comunione santa.

E ancora: anche i discepoli “piccoli”, che non si notano, che vivono all’ombra di quelli divenuti importanti, anch’essi sono grandi per il Padre tuo: chi offre loro “un bicchier d’acqua fresca”, chi fa loro un piccolo favore, viene considerato da Dio come tuo discepolo.

Coloro che ti amano, Gesù, diffondono a macchia d’olio il regno dei cieli, che cresce fino a diventare albero grande, come ci racconterai con le tue parabole.

Vale la pena davvero perdere la vita per causa tua: saremo equiparati a te, veri figli, dal nostro Padre, che si fa attento fino a contare i capelli del nostro capo.

  

  

Nihil obstat: Mons. Lorenzo Zani, Cens. Eccl., Trento, 19/11/2021