ME
NU

Vangelo secondo Matteo 02

Sono venuto a dare pieno compimento

2

Mt  4,18 - 5,48

(Traduzione CEI 2008) 

    Inizio

  1. Vide due fratelli Mt 4,18-22
  2. Insegnando… annunciando… guarendo Mt 4,23-25
  3. Salì sul monte            Mt 5,1-6
  4. Rallegratevi ed esultate Mt 5,7-10
  5. Voi siete                    Mt 5,13-16
  6. Sono venuto… a dare pieno compimento Mt 5,17-20
  7. Fu detto                    Mt 5,21-26
  8. 8    Il tuo occhio destro     Mt 5,27-32
  9. Il vostro parlare Mt 5,33-37
  10. Se uno ti dà uno schiaffo Mt 5,38-42
  11. 11  Siate figli del Padre vostro      Mt 5,43-48

 

 

1.  Vide due fratelli Mt 4,18-22

 

17Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».

 

***

18Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 19E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». 20Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. 21Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. 22Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.

 

1.

Signore Gesù, tu, Parola del Padre, fai risuonare ora la tua voce agli orecchi degli uomini. Le tue parole cominciano ad entrare nei cuori delle persone stanche, oppresse, sconsolate, incapaci di sognare le gioie dell’amore e della pace. Ed ecco, la tua voce accende la speranza. È vicino “il regno dei cieli”. Noi conosciamo soltanto il regno di uomini violenti, assetati di potere e di denaro, menzogneri ed accaparratori, tanto che la parola “regno” risveglia in noi solo timori e paure e crea diffidenze.

“Il regno dei cieli”? Novità assoluta. Nei cieli abita colui che ha promesso di curarsi del debole e del povero, colui cui è rivolto il canto dei salmi che invitano alla gioia e assicurano la pace. E chi è il re di questo regno nuovo, che non sappiamo come apparirà tra noi? Come lo conosceremo? Tu dici che dovremo convertirci, cambiare i nostri comportamenti, non vivere più seguendo la voce del serpente antico, e cambiare i modi di pensare, di vivere, di attendere. Cercheremo non ciò che è meglio per noi, ma ciò che è meglio per lui e ciò che desidera e vuole lui, il re del regno che viene. Non dovremo più pensare al futuro con rassegnazione e scoraggiamento, ma attenderlo con speranza e con gioia.

 

***

Mentre tutti si interrogano e nessuno trova risposta alle nuove domande che la tua parola suscita, tu cammini lungo il mare, quel “mare di Galilea” che è luogo di vita, sicurezza nella regione assetata, fonte di speranza per i bisogni elementari dell’esistenza.

È luogo di lavoro per uomini pescatori e per i figli di Caino che sanno coltivare la terra quando l’acqua la lambisce. Tu cammini in questo luogo che brulica di persone indaffarate, e di altre sfaccendate. Il tuo sguardo, vigile, attento ai segni del Padre tuo, si posa su due fratelli impegnati nella fatica quotidiana. Sono “fratelli”, e lo sottolinei più volte. È il Padre che te li presenta? Nel regno dei cieli, che tu annunci già vicino, tutti dovranno essere fratelli! In esso tutti vivranno come fratelli gli uni degli altri.

Qui si manifesta ed inizia il regno, nel luogo di lavoro e di vita familiare: perché non nel Tempio santo della santa Città?

Venite”: saranno essi i primi, dai quali anche gli altri potranno imparare a stare insieme come fratelli. “Venite dietro a me”: Gesù, hai scelto tu i tuoi discepoli? Si, i discepoli li scegli tu. Tu non sei un maestro come i rabbi conosciuti e apprezzati dagli uomini. Tu sei mandato dal Padre e cerchi di piacere al Padre, non agli uomini. A questi due, che verranno non ‘con’ te, ma dietro a te, non prometti sapienza e scienza, non prometti nemmeno un avvenire facile. Essi sono pescatori, e pescatori rimarranno. Continueranno a faticare per attirare, non più pesci per la fame degli uomini, bensì gli uomini stessi per farli uscire dal mare, il mare di guai in cui si dibattono e soffrono. Ad essi, che verranno dietro a te, prometti un lavoro nuovo con nuove fatiche e nuove soddisfazioni.

I due fratelli hanno un nome, una precisa identità che li contraddistingue. Uno di essi viene chiamato con il nome di uno dei figli di Giacobbe, Simone. Suo fratello, invece, ha un nome mai risuonato nella storia del popolo eletto da Dio: un nome greco, comune tra i pagani senza Dio. Nel regno dei cieli, cui tu, Gesù, dai inizio, non ci sarà distinzione tra ebrei e pagani: tutti potranno stare “dietro” a te, tutti potranno essere guidati da te per seguire i tuoi passi.

La reazione dei due fratelli non si fa attendere. “Subito” essi lasciano le reti e ti seguono. Lasciano le reti: non le useranno per pescare gli uomini? No, tu vuoi che i due fratelli vengano dietro a te a mani vuote. Vengono come fratelli, quelli di cui parla il salmo: il loro “vivere insieme” è “come l’olio che scende sul capo di Aronne” affinché sia consacrato sacerdote di Dio, e “come la rugiada… che scende sui monti di Sion” (Sal 133), per far godere vita e freschezza. Nel tuo regno tutti saranno sacerdoti, familiari di Dio, tutti avranno vita da offrire a lui, vita traboccante di amore fraterno. Anche tu vivrai come fratello con loro. Da ora non sarai più solo: dovrai misurare i tuoi passi e tutto il tuo procedere con le loro capacità e possibilità. Inizia qui per te una croce, inizi ora a bere un calice di pazienza, che ti farà soffrire.

Tu, Gesù, sei davvero sicuro che nel “regno dei cieli” tutti vivranno come fratelli, tutti saranno consacrati sacerdoti del Padre tuo. Perciò anche i prossimi discepoli saranno fratelli. La testimonianza sicura della verità si basa su doppia deposizione: chiami due volte due fratelli! Anche tutti gli altri uomini che chiamerai a venire dietro a te vivranno come fratelli, tra i fratelli che già trovano! Tutti verranno dietro a te: non saranno insieme a te, ma “dietro” a te: non verranno per insegnarti, ma solo per imparare sempre e tutto da te.

Questi altri due, Giacomo e Giovanni, sono anch’essi impegnati nel lavoro e sono impegnati con il loro padre Zebedeo. La tua voce, Gesù, li raggiunge mentre si preparano ad una nuova notte di fatica sul mare. Alla tua voce lasciano il loro padre, lo lasciano solo. Come mai? Sei tu tanto importante da richiedere l’abbandono del lavoro prezioso e delle persone amate? Tu sei lo sposo per il quale è necessario “lasciare il padre e la madre” per diventare uno con te, “e i due saranno un’unica carne” (Gen 2,24): “voi in me e io in voi” (Gv 14,20). Per te e con te si può vivere arricchiti solo e pienamente del tuo amore, liberi e casti. Così cominci già ora a realizzare la divinizzazione degli uomini.

Ma chi sei tu, Gesù?

Essi lo intuiscono, pur senza chiarezza: tu sei colui che annuncia vicino “il regno dei cieli” e che lo realizza.

 

Gesù, su chi ancora si posa il tuo sguardo? Si posa su di me?

Tu mi guardi mentre io sono impegnato con le cose di questo mondo. In questa mia fatica quotidiana tu osservi la fedeltà, la generosità, il sacrificio e la collaborazione fraterna: ad esse tu offri nuovi contenuti, nuovi significati, nuovo valore. Il regno del tuo Dio e Padre, che lui stesso ti ha mandato a guidare, è luogo di fatica, di fatica vissuta in fraternità. La fatica sarà gioiosa, vissuta con la lode e la benedizione nel cuore e sulle labbra, perché davanti ci sei sempre tu ad attirare con la tua luce.

Tu hai già iniziato “il regno dei cieli”. Esso è già apparso sulla terra!

  


2.  Annunciando… guarendo  Mt 4,23-25 

  

23Gesù percorreva tutta la Galilea,

insegnando nelle loro sinagoghe,

annunciando il vangelo del Regno

e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.

24La sua fama si diffuse per tutta la Siria

e conducevano a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guarì.

25Grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Galilea, dalla Decapoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano.

 

 

2.

Signore Gesù, il tuo evangelista è certo che anche noi ti seguiamo, camminando dietro a te, e ci fa percorrere con te le strade che tu hai percorso perché assistiamo ad ogni tuo gesto e ascoltiamo ogni tua parola.

La Galilea è la regione dove tu sei cresciuto, dove hai imparato a parlare, a lavorare con Giuseppe, a godere la comunione della fede con Maria, tua madre, da cui impari ad ascoltare e a fare la volontà del Padre. Questa regione è da te conosciuta e amata, o, meglio, gli abitanti di questa regione sono da te considerati e desiderati, di essi conosci le sofferenze e anche i peccati, sempre presenti nella vita degli uomini, anche di quelli che Dio si è impegnato ad amare. E per questo anche tu li ami, tanto che vuoi che essi siano i primi a poter partecipare alla benedizione del “regno dei cieli”.

Entri nelle sinagoghe dei villaggi: sei presente, di sabato, alla lettura della Legge, e intervieni nella spiegazione delle intenzioni di Dio e delle parole dei Profeti, tutte orientate all’attesa di colui che deve venire, all’attesa di te. Tu sai che lo Spirito del Signore è sopra di te, perciò i tuoi insegnamenti sono nuovi e preziosi: nessuno ha mai letto e pronunciato come te la Parola di Dio, nessuno ha penetrato così in profondità le sue intenzioni, perché tu sei l’unico che conosci il Padre e il suo amore per il popolo e per ogni persona da lui creata. Tu sai che la Parola è stata scritta in vista di te e che essa in te si realizza pienamente.

La tua parola risuona anche fuori delle sinagoghe, quindi in qualunque giorno della settimana, e nei luoghi occupati dalla gente che viene ad ascoltarti. Là dove si radunano piccole o grandi folle tu apri la bocca per annunciare l’amore del Padre, che infonde speranza a chi ha peccato, dà gioia, incoraggia all’amore, sostiene chi soffre. Tu annunci con solennità il “vangelo del regno”: la buona notizia della novità che Dio ha già iniziato con la tua venuta. Il “regno” è la notizia che dà gioia a tutti.

Tu non hai solo parole da donare, anzi, doni anche la tua attenzione efficace a ciascuno, perché il tuo amore diventa sollievo, cura e liberazione da ogni male. Gli uomini soffrono. La mancanza di speranza li ha privati di energie interiori. Essi hanno, coscientemente o inconsciamente, di proposito o involontariamente, disobbedito alle parole di sapienza, i comandamenti, e in tal modo hanno rovinato se stessi e le relazioni con gli altri. Questi ‘peccati’ hanno generato malattie nei corpi e ignoranze e sofferenze nelle anime. Le tue parole diventano balsamo e guarigione, riportando all’obbedienza amorosa al Dio dell’amore.

Ti chini su tutte le sofferenze, “malattie e infermità”, presenti nel popolo. I tuoi occhi vedono e le tue mani toccano, i tuoi orecchi odono e ascoltano ogni espressione di dolore. Alla tua presenza gli uomini si ritrovano risanati, grazie alla fede che ripongono in te. Essi ti danno fiducia, perché si accorgono che ogni tuo gesto, e persino il tono della tua voce, sono fonte di amore vero e libero, donato gratuitamente.

In ogni luogo giunge la notizia della tua presenza, e la tua presenza diventa notizia bella, “vangelo”! Essa passa di bocca in bocca, tanto che da ogni luogo, dal settentrione al mezzogiorno, dall’oriente all’occidente, dalle città e dalle campagne vengono e ti conducono “tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici”. Sei l’atteso, cercato e goduto quando sei presente. Tu infatti non ti spaventi nè ti meravigli di nessuna sofferenza: sai che tutte vengono dal nemico di Dio che in esse si nasconde e talora pure si manifesta. È proprio per liberare dal suo potere che sei venuto, ascoltando e meditando nel tuo cuore, come tua madre, le parole che ogni sabato udivi risuonare nella sinagoga di Nazaret, e che ora anche tu, avendo compiuto trent’anni, puoi spiegare nell’adunanza.

Ora quelle promesse sicure, perché espresse dai profeti del vero Dio e Padre, si avverano. Davvero i muti aprono la bocca e si fanno comprendere, i sordi odono la tua voce, i ciechi godono al vedere il tuo volto, gli zoppi si alzano e camminano dietro a te, i paralitici si mettono in piedi per indicare a tutti che tu sei degno di essere ascoltato e seguito. E anche chi non è malato, e non è impedito da demoni che bloccano dal di dentro l’ascolto della tua voce, anch’egli corre a vederti, ad ascoltarti. La tua Parola è vita, è fonte di vera gioia, è salvezza. Tu sei riconosciuto come colui che deve venire, il Messia! E anche chi non è consapevole di questo, si comporta come lo sapesse con certezza. Il regno dei cieli è già cominciato!

Gesù, sei contento di queste folle che muovono i loro passi inseguendo le tue orme? Essi vengono da te, non aspettano che tu vada da loro. Ti dà gioia vedere i miracoli che accadono là dove tu sei? A noi viene spontaneo pensare che la tua gioia sia al colmo. Ma di certo non sono la fama nè le guarigioni la fonte della tua gioia. Il tuo sguardo è rivolto in alto, al Padre, che gioisce della gente che ti segue. È lui che ti muove, è di lui che attendi di poter parlare e che godi di annunciare, è a lui che vuoi condurre tutti quelli che ti seguono. Tu conosci il suo grande amore misericordioso. È per lui che prepari il regno, quel “regno dei cieli” che ora tutti cominciano a sognare. Tu godi di lui!

Inizierai a far conoscere e a far provare la bellezza di questo regno a quelli che perseverano nel seguirti, e pur di seguirti si allontanano dalle loro città e villaggi, dalle loro proprietà, dai loro quotidiani impegni o condizionamenti, dalle loro preoccupazioni d’ogni giorno.

Anch’io mi preparo alla novità del tuo annuncio, santo e santificante!

  

3.  Salì sul monte   Mt 5,1-6

 

1Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli.

2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:

3«Beati i poveri in spirito,

perché di essi è il regno dei cieli.

4Beati quelli che sono nel pianto,

perché saranno consolati.

5Beati i miti,

perché avranno in eredità la terra.

6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,

perché saranno saziati.

 

 

3.

Le folle che accorrono con i loro malati e le loro sofferenze, tu, Signore Gesù, le osservi con un amore particolare. Hai guarito, hai risollevato molti, hai dato speranza. Ma tutti hanno bisogno anche di una parola, una parola sicura, luce che illumini i passi, una parola su cui fondare le scelte di ogni giorno, una parola che dia aiuto e verità a formulare i tanti discorsi che ogni giorno occupano gli incontri e gli scontri con parenti, amici, persone conosciute e sconosciute.

Per amare le folle, invece di andar loro incontro, sali sul monte. Il monte è il luogo sul quale Dio, il Dio di Abramo, ha parlato a Mosè con il tuono e ad Elia con il silenzio. Essi, sul monte, non hanno visto Dio, ma hanno ricevuto, Mosè le dieci parole sante e sicure, fonte di vita, ed Elia la forza per riproporle al popolo con decisione.

Tu sali sul monte e ti siedi come un maestro per parlare: sei tu ora la bocca di Dio! Mosè è salito sul monte per udire la voce di Dio, mentre il popolo non poteva avvicinarsi, pena la morte; tu invece sul monte attiri i discepoli perché ascoltino la tua Parola e ricevano vita.

I tuoi discepoli sono soltanto quei quattro che hai chiamato sulla riva del lago? Nascosti tra la folla, accorsa per ascoltarti, ci sono anche molti altri, che ancora non sanno che tu li chiamerai a seguirti. In quella folla mi nascondo anch’io, perché la tua parola è preziosa per tutti, e perciò non voglio lasciarla cadere invano.

La tua bocca si apre per pronunciare parole che danno vita. Cominci ogni frase con “Beati”. La gioia esiste, esiste la vita piena. Otto, anzi nove, dieci volte risuona questa tua gioia! Dieci, come le Parole consegnate a Mosè. Ma tu, da chi hai imparato? Nelle Scritture le parole più belle sono quelle che annunciano la gioia, la gioia per coloro che sono amati da Dio e da lui perdonati: “Beato l’uomo a cui è rimessa la colpa e perdonato il peccato” (Sal 32,1), e la gioia di coloro che con Dio si impegnano a camminare: “Beato l’uomo che non cammina nel consiglio degli empi” (Sal 1,1). Quante volte è risuonata questa Parola nelle letture in sinagoga per gli uomini preoccupati, sofferenti e pensosi, e quante volte è stata cantata dai cantori dei salmi!

Ora tu cominci ogni tua frase con questo annuncio di gioia! Tu sei davvero il vangelo di Dio, tu annunci la buona notizia del Regno.

E cominci a dichiarare “beati” i “poveri in spirito”: i poveri sono stati resi tali dalla prepotenza e dall’avarizia degli uomini. I poveri esistono da quando qualcuno ha voluto essere ricco. Proprio per questo essi sono osservati con amore da Dio, che ha pensato ad ogni uomo come un uomo felice. I poveri ci sono perché qualcuno, ripetendo l’esempio lasciato da Caino, ha rinunciato ad essere fratello e s’è fatto padrone, oppressore. Gli oppressi, non potendo riscattarsi da soli, si affidano a Dio, si mettono sotto il suo sguardo, per lasciarsi proteggere e guidare da lui, che è il “difensore dei poveri” (Sal 140,13), che ascolta il loro grido come ha ascoltato il grido del sangue di Abele.

Essi sono “poveri di fronte a Dio”: non perdono la loro relazione con lui: sono poveri “in spirito”. Questo termine spirito richiama appunto la relazione che essi stanno vivendo col Padre e con i suoi figli: stanno di fronte a tutti come bisognosi, senza la boria tipica di chi si ritiene autosufficiente. Proprio per questo fanno già parte del regno che tu hai annunciato e iniziato. Essi non hanno altro re, non ubbidiscono ad altri che al Re che ha il suo trono nei cieli. Il regno che tu inizi è formato da questi poveri: non cercano ricchezza, non conoscono superbia nè praticano violenza, piuttosto la sopportano, impegnando Dio ad essere vicino a loro per poter mantenere le sue promesse.

Essi sono anche, perciò, sempre afflitti, hanno spesso o sempre motivo di piangere. Non hanno soltanto motivi personali, peccati commessi e sofferenze derivanti dalle ingiustizie subite o che sopportano; soffrono soprattutto al vedere che molti uomini si tengono lontani da un Dio così buono e amabile com’è quello che essi conoscono. Mentre piangono non smettono di stare “di fronte a Dio”, di essere visti da lui. Egli trova il modo di consolarli, di abbracciarli con il suo amore tenero e forte. Il loro pianto non cessa, ma il loro cuore è consolato e rafforzato. Ora che tu, Gesù, sei venuto, si avvera la profezia di Isaia che riguarda proprio te: “Mi ha mandato… per consolare tutti gli afflitti” (Is 61,2). Sei tu colui che consola coloro che piangono.

Sono ancora essi che vivono la mitezza, proclamata dal salmo: “I miti avranno in eredità la terra e godranno di una grande pace” (37,11). Tu ripeti questa promessa; i miti perciò godono la benedizione della terra promessa da Dio, sono “beati”. Anche su questa terra essi conoscono e vivono la pace del cuore e la pace nelle relazioni con gli altri poveri di Dio, cui si offrono con generosa disponibilità. Chi è superbo e prepotente conosce invece solo paura, preoccupazione e solitudine, amarezza e incapacità a godere sia delle piccole che delle grandi gioie del vivere insieme. Chi non è mite non è nel regno dei cieli; infatti deve sempre mostrarsi obbediente ai potenti della terra, succube dei loro arbitrii imprevedibili.

Presentandoti a Giovanni, quando battezzava nel Giordano, tu, Gesù, gli hai chiesto di adempiere insieme a te “ogni giustizia” (3,15). Volevi realizzare con lui ogni piccolo particolare della volontà del Padre. Per questa tua volontà tu sei senza peccato, anche se ti sei collocato tra i peccatori. Perciò tu vedi la beatitudine nel cuore e sul volto di chi desidera sempre e soltanto essere giusto agli occhi di Dio: “Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia”. Il Padre ascolta e soddisfa questa loro fame e sete, esaudisce il loro grande desiderio, perché è anche il suo. “Hanno fame e sete della giustizia”: sono coloro che nella loro preghiera non cesseranno di dire: “Sia fatta la tua volontà” (6,10), proprio come tu insegni e continui a ripetere. E sono coloro che tu, Gesù, potrai riconoscere come tuoi “fratelli, sorelle e madre” (12,50), perché ti ascolteranno e realizzeranno la volontà di Dio. Persino nel giardino del Getsemani tu hai voluto ardentemente esprimere la tua fame e sete di giustizia dicendo: “Padre mio, non come voglio io, ma come vuoi tu!” (26,39), e sulla croce hai potuto riconoscere d’averla compiuta per la nostra salvezza gridando: “È compiuto!” (Gv 19,30).

A te mi voglio unire, Gesù. Unito a te potrò vincere le frequenti e forti insidie che si oppongono all’amore che il Padre vuole realizzare anche nella mia vita e attraverso la mia vita qui sulla terra. Ho fame e sete di te, Gesù. Voglio fare la volontà del Padre, quella che tu hai realizzato, amando la croce come tu l’hai amata. La tua presenza mi sazia, l’unione con te mi rende giusto agli occhi del Padre, la tua forza mi permette di donare a tutte le persone i segni del tuo regno già presente qui, dove sei tu. Mangerò e berrò la tua carne e il tuo sangue, e sarò beato!

  

  1. Rallegratevi ed esultate Mt 5,7-10

 

7Beati i misericordiosi,

perché troveranno misericordia.

8Beati i puri di cuore,

perché vedranno Dio.

9Beati gli operatori di pace,

perché saranno chiamati figli di Dio.

10Beati i perseguitati per la giustizia,

perché di essi è il regno dei cieli.

11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.

12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.

 

 

4.

Signore Gesù, noi comprendiamo che tu stai raccontando chi sono e come saranno i tuoi discepoli, coloro che formano il “regno dei cieli”. Essi, i poveri, sono afflitti, ma vivono l’afflizione con mitezza e con il desiderio deciso di fare sempre la volontà del Padre. Anzi, osano addirittura cercare di imitarlo. Nonostante si riconoscano peccatori e fragili, osano guardare il volto di Dio per vivere i suoi stessi modi di fare. Dio è misericordioso: lo dicono tutte le Scritture. La sua misericordia è tale perché perdona i peccatori e perché ha pietà delle loro sofferenze, indigenze e fragilità. Egli soltanto è misericordioso. Infatti le sante Scritture non attribuiscono mai la misericordia agli uomini, ma solo al Padre. E tu, Gesù, nella casa di Cafarnao ci mostrerai le due facce della sua misericordia: il perdono dei peccati al paralitico e la guarigione della paralisi del peccatore (9,1-6).

Ora che tu sei con noi, tu l’Emmanuele, tu, il Dio con noi, anche noi possiamo provare, - e ci riusciremo, - a vivere la sua stessa misericordia. Perdoneremo i peccati ai nostri debitori, come tu hai insegnato con insistenza, e apriremo il cuore a chi è oppresso, come il buon samaritano che ci hai proposto come esempio (Lc 10,30). In tal modo vivremo la vita divina, la sua santità, la perfezione del suo amore. E noi stessi ci troveremo immersi nel cuore del Padre, privi del peccato che ci teneva lontani da lui. Avremo gioia nel visitare gli infermi, nel dar cibo agli affamati e acqua agli assetati, nel vestire gli ignudi.

Con la misericordia comincia la purezza del cuore. La misericordia tiene lontani da noi gli idoli, ogni abitudine ingannevole, ogni amore distorto. Il nostro cuore sarà reso puro, come chiediamo nel salmo: “Crea in me, o Dio, un cuore puro” (Sal 51,12). Egli purifica il nostro cuore rendendolo misericordioso verso gli afflitti, verso i poveri, verso chi soffre per il peccato. La misericordia diventa capacità e impegno ad istruire coloro che non conoscono le vie di Dio: “Insegnerò ai ribelli le tue vie” (id.15). Le tue parole, Gesù, sono misericordia, proprio come queste tue affermazioni che riscaldano il cuore.

Il cuore puro, libero da ogni sozzura e idolatria, come diceva il profeta Ezechiele (36,27), è pronto a ricevere lo Spirito nuovo, lo Spirito di Dio. In esso non ci sono più impedimenti; esso può contemplare il volto del Padre. Il Padre è amore e soltanto l’amore lo può vedere, perciò chi ha il cuore puro ne vede la presenza in ogni luogo, anche là dove nessuno è in grado di vederlo, là dove tutti percepiscono un evento soltanto come disgrazia.

Tu proclami beati pure quelli che fanno pace, che portano nelle relazioni umane la comunione. Sei tu la pace, il dono che il Padre fa a noi per unirci a sé. Coloro che portano te tra gli uomini sono quelli che davvero fanno la pace. Essi uniscono gli uomini come fratelli, perché tu sei portatore dello Spirito di unità e comunione. Gli uomini non sanno cos’è la pace fin che non ci sei tu in mezzo a loro. Beati quelli che portano te tra marito e moglie, tra genitori e figli, tra fratelli e sorelle, tra gli amici e tra i nemici: costoro fanno vera pace, e sono in tal modo figli del Dio della pace!

Nel mondo, vedendo i tuoi discepoli, gli uomini dicono: “Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d’incomodo e si oppone alle nostre azioni; ci rimprovera le colpe contro la legge e ci rinfaccia le trasgressioni contro l’educazione ricevuta. Proclama di possedere la conoscenza di Dio e chiama se stesso figlio del Signore. È diventato per noi una condanna dei nostri pensieri; ci è insopportabile solo al vederlo perché la sua vita non è come quella degli altri, e del tutto diverse sono le sue strade” (Sap 2,12-14). Nessuno si meraviglia perciò delle persecuzioni che si abbattono su coloro che ti seguono e ti amano, Gesù, anzi, che vengono ritenute necessarie. Proseguono infatti: “Mettiamolo alla prova con violenze e tormenti, per conoscere la sua mitezza e saggiare il suo spirito di sopportazione. Condanniamolo a una morte infamante, perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà» (19-20). Beati, beati davvero!

Chi è figlio di Dio non deve vergognarsi di esserlo. Chi è figlio di Dio lo fa vedere proprio quando si trova nelle difficoltà, nelle tentazioni e riceve disprezzo. Egli reagisce a insulti e provocazioni con mitezza, con misericordia, con pace. Egli reagisce continuando a vivere la sua vita di amore e di purezza. Egli non smette di essere quello che è: tu, Gesù, infatti, dirai a tutti che colui che riceve uno schiaffo su una guancia può continuare a sorridere porgendo l’altra (5,40), nascondendo la lesione ricevuta persino a colui che l’ha inflitta. Nel regno dei cieli ci sono queste persone, che non reagiscono al male con altro male, bensì soltanto con l’amore di Dio. Essi sono la tua Chiesa: tu la interpelli dicendo con amore, e con gioia: “Voi”! Tu esclami: “Beati voi”, ed è la nona volta che risuona questa parola!

Coloro che, a causa del tuo nome accolto e amato, ricevono insulti e persino calunnie, possono rallegrarsi. Devono anzi essere contenti, come lo furono gli apostoli usciti dal carcere a Gerusalemme (At 5,41), dove erano stati rinchiusi per aver pronunciato il tuo nome santo davanti al popolo. E per il tuo nome furono fustigati. Si rallegravano non per essere stati rimessi in libertà, ma per aver avuto l’occasione di testimoniare la bellezza del tuo nome, Gesù. Essi non si sono rifiutati di entrare nelle sofferenze della morte insieme con te e “per causa” tua, partecipando così alla tua gloria: essi parteciperanno pure alla gioia della tua risurrezione. Questa la “grande” ricompensa che il Padre tuo non lascerà mancare. Egli non vede solo nel segreto dei cuori, egli vede anche le sofferenze e fatiche che pubblicamente vengono affrontate da chi è chiamato al tuo regno.

Tu, a nostro incoraggiamento, dato che anche noi siamo tentati di fuggire e nasconderci, ci ricordi la sorte dei profeti di Dio. Quante prove sopportò Elia, quante sono state le sofferenze di Isaia e di Geremia, quante le offese subite da Daniele e da tutti coloro che hanno portato la Parola sulle piazze. Essa ostacolava i vizi degli uomini, che non riconoscevano i profeti come propri benefattori, ma li colpivano come malfattori, come hanno colpito te, nostro Signore e Maestro. Sì, grazie, Gesù: fedeli a te siamo tuoi profeti, e quindi siamo la tua gioia: e noi stessi ne veniamo contagiati!

La decima volta non dici la parola “Beati”, ma riveli ciò che questa parola significa: “Rallegratevi ed esultate”. E così il tuo Decalogo perfeziona quello ricevuto da Mosè: è completo, perfetto!

  


5.  Voi siete  Mt 5,13-16

 

13Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.

14Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, 15né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa.

16Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli.

 

 

5.

Signore Gesù, ti rivolgi ai discepoli, quelli che erano presenti ad ascoltarti sul monte e tu hai riconosciuto “beati” e già si rallegrano ed esultano, e quelli che ti ascoltano oggi. Anch’io sto attento alla tua parola e all’amore che con essa esprimi.

Voi”, quelli che si rallegrano di essere oltraggiati e perseguitati a causa del tuo nome, quelli che esultano per essere anche calunniati a causa del loro amore per te, per il fatto che accettano la tua chiamata ad essere tuoi discepoli e condividono la sorte dei santi e coraggiosi profeti di Dio…

Voi siete”: vediamo la gioia sul tuo volto, Gesù. Chi siamo noi per ricevere da te così tanta fiducia e consolazione? Siamo i poveri e i miti, siamo gli afflitti e i misericordiosi, siamo anche i puri di cuore e i costruttori di pace e volutamente desiderosi di compiere la volontà del Padre!

Voi siete il sale della terra”: abbiamo un ruolo importante in questo mondo? Il sale viene usato sempre a piccole dosi per essere nascosto, mescolandolo, in modo che, amalgamandosi, doni sapore ad una grande misura di cibo. Il sale non è il cibo, ma quel pizzico che in esso è scomparso per dargli gusto. E il sale non trasforma un cibo in un altro, lo lascia tale e quale, soltanto esalta il suo già buon sapore.

Voi siete il sale della terra”: la terra che cos’è? A cosa stai pensando, Gesù? La terra è il luogo in cui tu sei venuto, mandato dal Padre, per salvarla dal peccato degli uomini. La terra è il luogo dove gli uomini vivono soffrendo. Essi soffrono perché mancano di sapienza, non conoscono la parola che dà speranza e guida i pensieri e le azioni per una vita di comunione e di pace, soffrono perché il peccato degli uni opprime la vita degli altri. Il sale si mescola a queste continue fatiche e sofferenze e offre a tutte una motivazione che le rende sopportabili.

Siamo noi il sale che fa questo? Dobbiamo noi dare sapore alle realtà umane, dare sapienza ai popoli che non sanno vivere la pace?

No, tu non dici che dobbiamo fare qualcosa: tu dici solo “Voi siete il sale della terra”. Noi siamo già, per il fatto che ci siamo, un dono per tutti, siamo il sapore per le convivenze umane, siamo servi della sapienza. Sì, lo siamo, se conserviamo il nostro sapore, se restiamo sale, se restiamo cioè uniti a te! Il pericolo di perdere il sapore è reale, quando, per distrazione o per ambizione, smettiamo di essere tuoi, di portare il tuo nome. Se tu esci dalla mia vita, io non sono più sale, divento inutile, anzi, nessuno sa cosa fare col sale che non è più sale, lo butta e lo calpesta. Gesù, tu parli chiaramente. Ci trasmetti sì la tua gioia, ma ci avvisi pure del pericolo in cui i nostri egoismi ci potrebbero far cadere. Allontanandoci da te ci priveremmo di tutto, della preziosità della nostra vita e dell’utilità della nostra presenza.

E continui: “Voi siete la luce del mondo”! Noi sappiamo dai salmi che “Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino” (Sal 119,105), e che tu eri atteso come “sole che sorge dall’alto” (Lc 1,78). Ora tu affermi che siamo noi luce, luce perché lampade su cui brilla la fiamma della tua luce, lampade che portano te, fiamma viva e luminosa!

Siamo come la santa città Gerusalemme che sta in alto sul monte, ed è luce che attira tutti i pellegrini che vogliono arrivare a stare alla presenza di Dio e godere del suo amore. La città posta in alto nessuno la può nascondere! Così il tuo discepolo non dovrà e non potrà rimanere nascosto. Tutti possono vedere e godere la novità del suo amore, la bellezza della sua vita animata dall’amore del Padre, lo splendore della misericordia divina e la gioia presente sia nella buona che nella cattiva sorte. I tuoi discepoli sono lampada che illumina i volti di tutti. Grazie a loro gli uomini scopriranno il proprio valore, la propria dignità, la bellezza e la ricchezza delle differenze. Grazie a loro gli uomini vedranno cos’è bene e cos’è male nel proprio comportamento, e scopriranno pure il vero valore delle creature che li circondano.

Quando la lampada arde, “tutti quelli che sono nella casa” non sono più disorientati. Essa non dovrà fare qualcosa, ma soltanto essere accesa, portare la fiamma ed essere posta in alto, alla vista di tutti. Così i tuoi discepoli non si preoccuperanno di fare cose speciali, ma saranno gioiosi di esserci come discepoli, di continuare ad essere tuoi, di portare te nella mente e nel cuore, di seguire te sulla via che hai tracciato proclamandoli “beati”.

Tu dirai loro: “Chi rimane in me porta molto frutto” (Gv 15). Infatti, se uno non rimane in te sarà come il tralcio staccato dalla vite: bisognerà bruciarlo. Il tralcio sarà utile e prezioso quando non farà null’altro che rimanere unito alla vite, perché allora porterà frutto per tutti e per tutti sarà fonte di nutrimento e di gioia.

Voi siete la luce del mondo”: starò sempre con te, e “tutti quelli che sono nella casa”, cioè nella Chiesa, grazie a me unito a te avranno luce, e tutti vedranno ogni cosa come dono del Padre, e gli uni potranno vedere i volti degli altri e vivere il tuo comandamento nuovo, accogliendosi gli uni gli altri e donandosi gli uni agli altri.

Tutti gli uomini godranno della visione di questa inaspettata novità, ne rimarranno stupiti e saranno attratti a venire a te. Il mondo potrà finalmente convertirsi accogliendoti, perché vedrà i tuoi discepoli ardere insieme e diffondere insieme la stessa luce. “Le loro opere buone” saranno proprio quelle che hanno visto nella comunità a Gerusalemme, quando tutti si amavano gli uni gli altri e facevano a gara ad aiutare i loro poveri con quanto ciascuno possedeva (At 2 e 4).

La vita dei discepoli continuerà ad accendere e intonare nel mondo il canto di lode al Padre: egli sarà benedetto e adorato, ubbidito e amato da molti, da quelli che vedono il segno dei discepoli tuoi che fanno a gara ad essere tuoi discepoli. Nessuno dei tuoi cercherà la propria gloria, nessuno aspirerà ad essere onorato dagli uomini, anzi, essi godranno che il Padre sia onorato, lodato, adorato, desiderato e cercato, ubbidito, soprattutto amato, lui solo glorificato.

La sua gloria sei tu, nostro Signore Gesù! E anche la nostra gloria sei ancora tu: ci basta vivere con te!

  


6. Sono venuto… a dare pieno compimento         Mt 5,17-20  

 

17Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento.

18In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.

19Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli.

20Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.

 

 

6.

Signore Gesù, il pensiero che tu voglia rivoluzionare il mondo può venire ancora a varie persone, a quelle che poco conoscono il valore e la benedizione dell’obbedienza. Tu rivoluzioni sì il mondo, ma non con una rivoluzione esteriore, che creerebbe nuove sofferenze a sé e agli altri, bensì con una rivoluzione interiore. Tu sei obbediente al Padre, di cui conosci l’amore, e sai che nei suoi comandamenti è presente solo amore. Il mondo infatti non ha bisogno di persone disobbedienti, perché gli uomini, proprio con la disobbedienza, hanno creato le situazioni di povertà, le afflizioni, le divisioni, le sopraffazioni di cui tutti soffrono. Tu sei venuto per rimediare a questi disordini: in che modo? Vivendo in modo nuovo e perfetto l’obbedienza alle parole di Dio, e per questo ti vuoi avvalere pure dei discepoli che hai già chiamato e di quelli che chiamerai. Essi ubbidiranno come te, e insegneranno agli altri la novità di questo nuovo modo di vivere.

Ai discepoli, che sono luce del mondo e sale della terra, e perché lo siano ancora e sempre, ora annunci qual’è la volontà del Padre, quella volontà che realizza il suo amore per la gioia di tutti.

Anzitutto presenti la tua opera come piena obbedienza alla Parola di Dio, Legge e Profeti: infatti quanto è stato rivelato dalle Scritture, la vita dei Patriarchi e la vita con i messaggi dei Profeti, sono stati preparazione alla tua venuta.

Tu sei “venuto” per realizzare ciò che è stato preparato, annunciato e promesso dal Dio dell’amore che ama gli uomini, benché peccatori. Tu sei il suo amore, non farai nulla senza di lui. Tu ascolti i desideri di Dio, e li porti a compimento; la tua opera e le tue parole illuminano le sue promesse, difficili da comprendere, difficili perché l’uomo, quando ascolta la Parola, è impedito dai desideri superficiali e materiali presenti nel proprio cuore egoista.

Ora tu affermi d’essere venuto a “dare compimento” ad ogni Parola, ad ogni rivelazione di Dio annunciata dalla storia del popolo eletto, dai suoi patriarchi e dalla predicazione dei profeti. Tu riempirai ogni Parola con il tuo amore, amore divino, e così sarà completata la rivelazione del Padre. Anche i comandamenti, come recipienti non ancora riempiti, tu li ricolmerai con l’amore e con la luce della sapienza del Padre, così che diventino occasione per vivere il suo amore in tutti gli ambiti della vita, in tutte le nostre relazioni. Tu sei il compimento: ce ne renderemo conto soprattutto quando sarai sulla croce, dove hai ‘riempito’ persino la legge della morte con il tuo amore. La tua morte è diventata l’occasione del tuo amore più grande, l’amore con cui hai offerto la vita per noi. Là ci hai detto appunto: “È compiuto” (Gv 19,30).

Con solennità ci dici che nella storia dell’umanità, “finché non siano passati il cielo e la terra”, nessun particolare dell’amore del Padre sarà disatteso da te. Tu sei il Figlio, l’obbediente, che trovi la tua gioia nel realizzare ogni segno della volontà espressa da Dio nelle Scritture!

E perciò anche i tuoi discepoli impareranno questa obbedienza. La impareranno e la insegneranno. Nel “regno dei cieli”, che tu stai già guidando come re, ci saranno uomini grandi e piccoli, anzi, “minimi”. Questi saranno quelli che non sanno rinunciare alla propria volontà, al proprio sentire e ai propri ragionamenti, e in tal modo ignoreranno, trasgredendoli, i precetti del Padre che essi giudicano secondari, trascurabili. Giudicano l’amore di Dio, espresso dai precetti ritenuti ‘piccoli’, come fosse un amore inutile: senza accorgersi, giudicano Dio. Ma l’amore è sempre un dono grande, quando si riceve e quando si dà, anche quando si esprime con gesti apparentemente piccoli. Questi discepoli non avranno autorevolezza nel tuo regno.

In esso, “nel regno dei cieli”, sarà invece considerato “grande”, cioè approvato da Dio, colui che ritiene ogni obbedienza come benedizione: di lui il Padre può compiacersi. Tu consideri “grande” chi ti somiglierà, chi condividerà con te ogni sfumatura dell’amore al Padre tuo. I tuoi discepoli proprio questo devono sapere, preparandosi così a non usare mai l’espressione «secondo me», quando parlano della volontà di Dio, e a non dare importanza alle abitudini degli uomini del mondo. Saranno impegnati ad imparare e a insegnare l’ubbidienza ad ogni tua Parola, per essere immersi nella benedizione della tua vita.

Tu prepari gli orecchi e il cuore dei discepoli a prestare attenzione amorosa agli insegnamenti che darai là sul monte, e agli esempi di vera e piena obbedienza a Dio che formulerai, mentre proprio essi, i discepoli, tenuti d’occhio dalle folle, ti ascolteranno con attenzione.

Essi non dovranno prendere esempio dall’obbedienza “degli scribi e dei farisei”, obbedienza con cui questi ritengono di osservare la Legge in modo da sentirsi a posto con Dio. Come altri personaggi influenti e ritenuti importanti oggi dagli uomini, essi ubbidiscono ritenendo Dio un padrone, non come invece egli è, Padre! Chi ubbidirà in tal modo, come servi e non come figli amati, non edificherà il tuo regno, non contribuirà alla pace e alla gioia nuova degli uomini.

I tuoi discepoli non devono avere altri maestri che te, nè altri esempi che il tuo. Sei tu che insegnerai come si riempiono con l’amore i vari comandamenti del Padre: ci insegnerai e ci donerai lo Spirito che ci rende capaci di viverli.

La gente attribuisce importanza agli scribi e ai farisei, perché essi insegnano, sono riveriti, e persino comandano. I membri del tuo regno non impareranno da loro, non ubbidiranno alla Legge in modo letterale e minimale come quelli fanno e insegnano, perché non sono intenzionati a comprendere e realizzare l’amore del Padre.

La “giustizia” dei tuoi discepoli, cioè il loro impegno di obbedienza a Dio, sarà sempre più illuminata e guidata dall’amore al Padre. “Nel regno dei cieli” gli uomini vivranno in modo del tutto nuovo, daranno importanza all’amore di Dio, cercheranno le sue profonde intenzioni, non vivranno l’obbedienza come costrizione da subire, ma la cercheranno come grande benedizione.

Tu, Re del regno dei cieli, infatti, sei il Figlio ubbidiente, lieto di essere sottomesso, e godi di realizzare quanto il Padre ha promesso agli uomini. Chi entra nel tuo regno imparerà da te.

  

7.  Fu detto            Mt 5,21-26

 

21Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio.

22Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio;

e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.

 

23Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, 24lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.

 

25Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. 26In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo! 

 

7.

Signore Gesù, tu cominci a dirci con esempi concreti come sarà la “giustizia” che “supererà quella degli scribi e dei farisei”: essi non sono di esempio a chi entra nel regno dei cieli. Ci comunichi perciò le intenzioni che aveva il Padre nel donarci i suoi comandamenti: riempi le sue brevi frasi con il suo amore.

 “Avete inteso”: sì, abbiamo udito, ma con quali orecchi e, soprattutto, con quale cuore abbiamo inteso? Chi ha trasmesso ciò che fu “detto agli antichi”, con quale bocca lo ha detto? Lo ha detto aggiustandolo alla propria interpretazione egocentrica. E noi pure lo abbiamo ascoltato con orecchi che non smettono di prestare attenzione all’egoismo, adattandoli alle brame del nostro cuore.

Non ucciderai”, è il primo esempio che ci proponi. Cominci dal quinto comandamento, che è costantemente sollecitato nelle nostre relazioni. Esso proibisce ciò che ha fatto Caino, che, prendendo lo spunto dalla religione, cioè dal sacrificio offerto a Dio, ha ucciso Abele. In tal modo Caino ha rinunciato ad essere figlio di quel Dio che dà la vita. Gli scribi e i farisei di certo non uccidono, però si permettono di criticare, di giudicare, e persino di affermare a voce alta che chi non conosce la Legge, come essi la conoscono, è maledetto. Fanno i primi passi che sfociano in un omicidio sociale, e potrebbero poi progredire fino all’omicidio vero e proprio, come faranno con te.

Ma che cosa intendeva il Padre dicendo: “Non ucciderai”? Egli di certo voleva che gli uomini vivessero come fratelli, che Caino e Abele si amassero godendo l’uno dei beni dell’altro, l’uno dell’amore dell’altro. Non intendeva lasciar adito a invidie, gelosie e bramosie, che avrebbero, prima o poi, portato all’omicidio. Molti ancora non comprendono la volontà di Dio espressa da questa parola, perciò tu ora dici: «Io però aggiungo…»; «Ora per voi spiego infatti…»; «Vi indico come va riempito con l’amore del Padre questo comandamento…»; «Vi dico dove comincia l’azione dell’uccidere…».

Grazie, Gesù: tu sai che quando un fratello “si adira con il proprio fratello”, lo fa perché non ha stima di lui: lo ritiene infatti meno importante della faccenda o dell’oggetto per cui si adira. E così non vive la propria figliolanza verso Dio, che è Padre dell’uno e dell’altro. Anche se, chi si adira, non porta in tribunale il fratello, tuttavia il tribunale di Dio non rimane nè indifferente nè inoperoso.

E quando uno rivolge al fratello un titolo ingiurioso, - “stupido”, cioè senza testa, - forse che non lo umilia, non lo scoraggia, e non lo sconforta? Di certo non gli rende bella la vita, anzi... La loro fraternità non è più gioiosa, non è costruttiva, non realizza e non manifesta il “regno dei cieli”, anzi, lo fa scomparire. Dio, che ama e l’uno e l’altro, considera quell’offesa grave come quella che richiede l’intervento del tribunale superiore del Sinedrio, perché “il regno dei cieli” da essa viene compromesso.

E se uno pronuncia una valutazione del fratello che lo priva della reputazione sociale o religiosa, chiamandolo, ad esempio, “pazzo” – cioèeretico o senza Dio”, non arriva forse a privarlo di quella stima che è necessaria alla vita, che è già come privarlo delle relazioni essenziali alla vita? Un tale comportamento non è da fratello, e chi agisce così non entra nel regno, oppure, se finora vi ha fatto parte, ne esce sconfitto: egli somiglia a chi è nemico del Padre. Per lui a nessun tribunale umano è consentito intervenire, perché è già in azione il tribunale di Dio, che lo giudica degno del fuoco eterno, della Geenna.

Gesù, le tue parole sono chiare, e anche dure: i tuoi discepoli le hanno ricordate con precisione. Tu poni basi sicure, precise e stabili per il tuo regno, in cui la fraternità deve essere visibile e deve portare frutto; perciò non avranno posto in esso nè litigi nè screzi, altrimenti sarebbe uguale ai regni di questa terra. Nel tuo regno la giustizia dei discepoli deve superare quella dei farisei, che si limita a tener la spada nel fodero! Nel regno dei cieli si dovrà e si potrà sempre vivere e cantare l’inno alla carità (1Cor 13)!

I comportamenti, che tu disapprovi, già sono presenti nella vita dei tuoi amici. E quante volte ancora essi saranno ingannati dalla propria superficialità e dai propri impulsi incontrollati! Nonostante ciò essi compiono le loro pratiche religiose, presentandosi a Dio per lodarlo e benedirlo, e per offrirgli i doni di cui è degno. Grazie Gesù, che mi istruisci: quando nella mia memoria compare il ricordo di un’offesa «omicida» non ancora riparata, o quando avessi provocato una divisione, o emarginato un fratello, corro a riconciliarmi, perché il tuo regno non sia impedito e io non perda il suo sale. Il Padre accoglierà allora la mia lode e il dono della mia presenza davanti al suo altare.

Tu parli del tuo regno e dei rapporti tra i fratelli del regno. Certamente non ti riferisci alle offese che un fratello subisce da parte di chi è fuori del tuo regno. Quello può avere qualcosa contro di me perché gli ho annunciato una tua parola, che lui rifiuta, o perché l’ho ammonito per la sua superbia. Tu stesso non sei andato a riconciliarti con i farisei che, da te rimproverati, non ti sopportavano e ti odiavano. Non hai pensato a riconciliarti nemmeno con gli abitanti di Nazaret, che ti avevano scacciato, nè con Anna e Caifa dopo le loro calunnie e la loro condanna: li hai amati offrendoti al Padre per loro.

E ancora ci offri un altro insegnamento. Ci sono questioni e discussioni che creano discordie a causa dei beni materiali: anche questi possono dividere i cuori dei fratelli in modo da introdurre invidie e odio nel regno di Dio, vanificandolo e annientandolo. Devo cercare un avvocato per farmi accompagnare dal giudice? La divisione diventerebbe irreparabile. Che cosa farà un figlio del Padre? Troverà il modo di mettersi d’accordo senza scomodare altre persone, nè giudice nè guardie, o si farà aiutare da qualche amico di Dio (1Cor 6,4ss). Oppure - come tu, Gesù, ci dirai in altra occasione (Lc 12,13), - rinuncerà persino all’eredità di cui, secondo le consuetudini umane, ha diritto sulla terra, pur di non perdere l’eredità del “regno dei cieli”!

Come hai detto, Gesù, “i miti erediteranno la terra”, e sono beati. E nel tuo regno solo i “beati” entrano cantando con gioia.

  

8.  Il tuo occhio destro     Mt 5,27-32

 

27Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. 28Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.

 

29Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna.

30E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna.

 

31Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. 32Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.

 

8.

Signore Gesù, hai ‘riempito’ il quinto comandamento e ora ci offri un altro esempio perché impariamo come vanno ‘riempiti’ tutti i comandamenti di Dio. Consideri il sesto, perché riusciamo a comprendere le parole di Dio come rivelazione del suo amore: “Non commetterai adulterio”. Come va vissuto questo comandamento? Con esso il Padre ci vuole aiutare a vivere con sapienza i rapporti famigliari. Marito e moglie nel regno dei cieli saranno immagine e somiglianza di Dio, vivranno l’unità d’amore che contempliamo tra te e il Padre.

Il comandamento è prezioso: esso intende difendere gli sposi dalle tentazioni ricorrenti di trasformare gli atti più grandi dell’amore in atti di egoismo e di infedeltà, rendendoli fontane di sofferenze prolungate per molte persone e per l’intera società.

L’adulterio è stato ritenuto grave ingiustizia persino dai popoli pagani che ritenevano la donna proprietà dell’uomo. Ma noi sappiamo che esso è disobbedienza verso Dio, che ha previsto che i due saranno una carne sola, e verso di lui anche ingiustizia, che ha pensato l’unione sponsale come segno del suo amore per il suo popolo, secondo la profezia di Osea: “Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nell’amore e nella benevolenza” (2,21): l’adulterio infatti falsifica il segno. È poi ingiustizia verso il marito della donna, perché la sua «comunione» viene violata. È ingiustizia verso la donna stessa, usata come strumento di piacere e di soddisfazione egoistica. È ingiustizia verso i figli, o dell’uno o dell’altro o di entrambi, privati dell’esempio di fedeltà e di stabilità dei genitori. È fonte di sofferenza per tutta la parentela, costretta a sopportare e a instaurare nuove relazioni a causa dell’egoismo di uno. Grave, gravissimo peccato l’adulterio.

Che cosa aggiungi tu, Gesù, a questo comando? Tu vuoi che ragioniamo: quand’è che comincia un’azione tanto grave come l’adulterio? Quali sono le sue radici? Essa è sollecitata dagli occhi, quando si lasciano sedurre e subito a loro volta seducono il cuore. Se il cuore sedotto non è deciso e pronto all’ubbidienza al Dio del vero amore, esso può muovere anche i piedi e le mani a correre per impossessarsi di ciò che non gli appartiene.

L’adulterio comincia negli occhi e nel cuore. Eserciteremo perciò il nostro sguardo e il nostro cuore alla purezza, ci educheremo al dominio di noi stessi, al dominio dei sentimenti, degli affetti e dei moti del cuore, e domineremo pure gli istinti sessuali. Staremo anche attenti a non sedurre gli altri con i nostri modi di vestirci o svestirci, di addobbarci, di atteggiarci, di usare modi o mode provocanti. Giustamente tu ci dici che chi non domina il cuore, si ritroverà in balia del tentatore, si farà suo servo e diverrà con lui strumento di divisione, lacerando anime, famiglie e l’intera società.

Grazie, Gesù, che ci aiuti a comprendere che nel regno dei cieli non ha posto l’adulterio: Dio, nostro Padre, non lo ha previsto per nessuno. Perciò non possiamo sopportare che l’occhio non sappia dominarsi, e nemmeno che la mano non resista dall’allungarsi a toccare, accarezzare, prendere. Tale gesto della mano verso una donna sarebbe peggiore di un furto: non s’appropria di un oggetto, ma ruba il cuore di una persona, e il suo corpo; lo ruba a Dio, a suo marito, ai suoi figli, ai suoi parenti.

Il tuo discepolo, che è beato perché puro di cuore e operatore di pace, non crea divisione nè si abbandona all’impudicizia. Il tuo discepolo rinuncia ad accontentare il proprio occhio e la propria mano, perché vuole usarli per te, è deciso a mantenerli santi, per tenere te nel suo cuore. Egli è deciso a lasciare insoddisfatti il proprio occhio e la propria mano, piuttosto che meritarsi il rifiuto da parte di Dio. Occhio destro e mano destra sono preziosi, ma non tanto quanto la vita intera. Le soddisfazioni affettive, sentimentali e sessuali sono gradevoli, ma non più quando il loro prezzo è la rinuncia alla vita eterna e la disfatta del tuo regno.

Nel regno dei cieli le relazioni famigliari saranno come Dio le ha stabilite fin dal principio per il bene di tutti. L’uomo e sua moglie saranno uno, non solo nell’unione dei corpi, bensì ancor più con l’unione dei cuori. Povertà e mitezza, purezza e misericordia risplenderanno e faranno pace anche nella vita sponsale.

È davvero uno “scandalo”, ostacolo al regno dei cieli, il disordine della vita matrimoniale, come pure della vita sessuale. Tu infatti hai da aggiungere e spiegare qualcosa anche riguardo a quanto fu sì riferito, ma non scritto nella Legge. C’è “chi ripudia la propria moglie” con o senza motivo: ma quale motivo può essere valido di fronte al dono e alla sapienza di Dio? Chi ripudia la moglie, la espone alla tentazione dell’adulterio, e, agli occhi di Dio, si rende responsabile dell’adulterio di chi la potrebbe prendere in moglie. Egli stesso poi, unendosi con un’altra donna, diventerà adultero. Il disordine e l’ingiustizia diventano generali, si diffondono a macchia d’olio. No, nel regno dei cieli non possono entrare nè svilupparsi sentimenti impuri e criteri di rottura del legame coniugale. Solo nel caso in cui, chi si fosse convertito dal paganesimo trovandosi già sposato, - come in quell’ambiente era concesso, - con una donna parente stretta, allora sì la deve ripudiare; in tal modo rimedierà ad una grave disobbedienza alla Legge di Dio. L’incesto, infatti, Dio non l’ha previsto, bensì severamente vietato. Anche altri casi “di unione illegittima” dovranno essere risanati.

Il regno dei cieli sarà presente e operante anche nella famiglia. Qui la vita sarà guidata dall’amore del Padre e dall’obbedienza del Figlio, dall’umiltà e dalla purezza dello Spirito, e diventerà luogo di armonia, di comunione e di gioia. Tutti i membri della famiglia nel tuo regno ameranno te, Gesù, prima e al di sopra di tutti. Allora gli affetti familiari saranno ben ordinati e procureranno pace e gioia alla famiglia stessa e alla società.

Tutto ciò è e sarà possibile perché tu, Gesù, porti la croce davanti a noi e ci parli dalla croce: così anche noi, seguendoti e imitandoti, avremo forza e gioia di reggere fedelmente le piccole o grandi croci che la vita, vissuta insieme come famiglia, potrà comportare.

  

9.  Il vostro parlare          Mt 5,33-37

 

33Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”.

34Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, 35né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re.

36Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello.

37Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”, “No, no”; il di più viene dal Maligno

 

9.

Signore Gesù, anche nel regno dei cieli come in ogni regno di questo mondo, gli uomini comunicano tra di loro attraverso la parola. Nel mondo essi parlano mossi dal proprio amore imperfetto o dal proprio egoismo, dai propri istinti, dalle intenzioni spesso malvagie. Nel mondo la parola serve per soddisfare la propria ambizione, per conquistare o mantenere potere sugli altri, per sedurre, per avvantaggiarsi, per riuscire a frodare, per calunniare, per vantarsi, e per raggirare persino le divinità. Nel mondo, in tal modo, nessuno può essere sicuro delle parole che ode, e la diffidenza gli uni verso gli altri aumenta. In un tale ambiente chi vuole essere creduto ricorre al giuramento. Giurare: pensiamo con questo termine di servirci della testimonianza della divinità! Ma chi può credere al giuramento di una persona che normalmente usa le proprie parole per affermarsi anche mentendo? Non sarà costui capace pure di ignorare il valore della parola ‘giurare’? “Ponendo fiducia in idoli inanimati, non si aspettano un castigo per aver giurato il falso” (Sap 14,29).

Signore Gesù, come usano la parola i tuoi discepoli? Essi, beati perché puri di cuore, come parlano? Nel regno dei cieli si dovrà dubitare di ciò che i propri orecchi odono? Dovranno anche gli abitanti del regno dei cieli ricorrere al giuramento per rendersi credibili?

Già le sacre Scritture invitano con forza a non giurare il falso, cioè a non richiamare la testimonianza di Dio per far credere agli altri ciò che non è: “Non giurerete il falso servendovi del mio nome: profaneresti il nome del tuo Dio. Io sono il Signore” (Lev 19,12). Una regola questa che si rende necessaria per coloro che non escludono del tutto la falsità dalla propria vita.

Altro invece, come hai ricordato tu, Gesù, è il giuramento rivolto a Dio per promettergli un dono, o il dono di un diverso comportamento: questo è il voto, legittimo, addirittura gradito a Dio, quando viene mantenuto: “Adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Su questo argomento non hai nulla da obiettare o da aggiungere.

Gesù, ora tu ci fai entrare nel regno dei cieli con un’attenzione nuova. Dio non inganna, la sua Parola è verità, è amore santo! I suoi figli gli somigliano ed esprimono con ogni loro parola la sua santità, la sua verità e il suo amore. Perciò tu ora puoi dire: “Non giurate affatto”.

Quando una persona giura per sostenere che quanto dice è vero, mi costringe a ritenere che di solito di lei non ci si può fidare. I figli di Dio sono sempre alla presenza del loro Padre, anzi sono fatti della sua stessa pasta. Essi non possono mentire mai, non possono essere falsi. Non hanno bisogno perciò di giurare. Essi sanno che tutto ciò che ci circonda è testimonianza della presenza di Dio, che vede tutto e adopera tutto con il suo amore: il cielo e la terra e persino la città, abitata dagli uomini, sono creature in cui agisce l’amore e la potenza creatrice del Padre. Nulla è privo di relazione con lui.

C’è chi ritiene, giurando, di non fare riferimento direttamente a Dio, ma semplicemente alle sue creature. Ma esse vengono dalle sue mani e portano a lui. Il cielo “è il trono di Dio”, la terra “è lo sgabello dei suoi piedi” e la santa città di Gerusalemme “è la città del grande Re”. Ogni realtà, ogni creatura, è testimone dell’amore di Dio, e anche io stesso lo sono. Perciò tu, Gesù, ci convinci a non illuderci di essere padroni nemmeno della nostra propria vita, anch’essa creatura di Dio, posta ogni momento nelle sue mani: “Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello”.

Il discepolo è beato, e lo è per l’intervento di Dio nella sua vita, intervento di consolazione, di misericordia, di comunione con lui. Egli perciò vede ovunque e in ogni momento il volto del Padre, lo ama al punto da temere di rattristarlo, di divenirne falso testimone. Egli sa di essere figlio di Dio, e quindi cerca in ogni modo di farsi specchio della sua gloria, riflesso della sua verità, ripetitore dei suoi modi di fare e anche dei suoi modi di parlare. Nel “regno dei cieli” non può esserci posto per la menzogna, per la falsità. In esso nessuno quindi ha bisogno di giurare. Dio è sempre testimone di quello che noi diciamo, perché egli è sempre presente e sempre attento. Ogni parola di un figlio di Dio vale quanto un giuramento!

Quando una persona sente il bisogno di giurare, essa vive nel regno dei cieli allo stesso modo di chi vive nei regni della terra, e perciò lo rende vano, lo svuota della sua bellezza, lo disgrega.

Nel regno dei cieli posso fidarmi di tutti, perché in esso nessuno imita il serpente. Questi è il mentitore: egli parla a proprio vantaggio e non per la gloria di Dio, non per promuovere l’ubbidienza a lui. È il serpente antico che, come ha agito con Eva e Adamo, vuole seminare quei sentimenti e quelle brame che portano gli uomini a dover mentire. Invece dove ci sei tu, Signore Gesù, quello viene messo alla luce e vinto. Per questo i tuoi discepoli, quando dicono “”, non devono aggiungere altro, e così pure quando dicono “no”. È il menzognero che usa molte parole per eludere o nascondere la verità, per integrare, in ciò che è conosciuto come volontà di Dio, i sentimenti e i desideri del nostro egoismo; egli si mette così al posto di Dio.

 

Tutta la nostra vita deve dare testimonianza a te, Signore Gesù, in tutti i particolari. Quando io parlo con autosufficienza o con orgoglio, con pretesa o lamentela, con tono di accusa o di difesa, con ironia o con superficialità, il mio parlare ti dà falsa testimonianza, benché io sia convinto d’essere sincero e ‘veritiero’! Il tono della mia voce lascerebbe trasparire sentimenti e atteggiamenti che non sono i tuoi, che non provengono dal tuo Spirito e che non sono previsti da te per il tuo regno.

Grazie, Signore nostro: tu ci fai gustare la bellezza del vivere nel regno dei cieli con la verità di ogni tua Parola, riflesso dell’amore del Padre. La tua Parola ci difende dal maligno e dalla menzogna della sua voce. Grazie che rendi anche noi capaci di un amore bello come il tuo, che si manifesta anche tramite le nostre parole, provenienti dal tesoro del tuo cuore! Nel mio cuore infatti ci sei tu come tesoro: le mie parole lo manifesteranno, anche con il tono della voce! Il regno che hai iniziato è davvero una meraviglia sorprendente e desiderabile!

  

10.  Se uno ti dà uno schiaffo  Mt 5,38-42

 

38Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente.

 

39Ma io vi dico di non opporvi al malvagio;

anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra,

40e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello.

41E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due.

42Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.

 

10.

Signore Gesù, tu continui il tuo insegnamento ai discepoli, quelli che hai scelto e quelli che vorrebbero essere con te. Essi diventeranno edificatori del regno dei cieli, e saranno riconosciuti nientemeno che figli di Dio. Ora, nel modo di vivere insieme nei regni di questo mondo, cioè nella nostra società, vengono perpetrate offese, sopraffazioni e violenze. Anche le persone che finora hanno voluto essere degne di Dio, si sono trovate in situazioni difficili di sofferenza per l’avidità e la violenza di chi ha imitato Caino e Lamech. Questi si vantava di voler essere vendicato settanta volte più di Caino: Caino sette volte, lui settantasette (Gen 4,24). La malvagità degli uomini arriva a vendicare una semplice offesa addirittura con l’uccisione di chi l’ha perpetrata. Siamo capaci poi di giustificare le cosiddette leggi marziali quando tira aria di guerra. In un ambiente simile fu un grande passo la legge del taglione: quella che tu ricordi ora: “occhio per occhio e dente per dente”. Essa è stata formulata per porre un limite alle reazioni al male da noi difficilmente gestibili e impossibili da eliminare e persino da controllare. Su questa legge sono state poi formulate le pene previste in ogni società umana, anche nelle nazioni la cui convivenza vuol essere retta da strutture democratiche. Così i regni del mondo.

Tu, Gesù, vedi il regno dei cieli del tutto diverso. Esso sarà abitato da figli di Dio, che vivono quindi l’amore del Padre. Se uno di essi cede alla violenza della tentazione e colpisce un fratello, che cosa farà il fratello colpito e offeso?

Grazie che ci aiuti a osservare e affrontare anche queste situazioni di sofferenza con uno sguardo nuovo, e quindi con metodi assolutamente nuovi. Tu, come regola per tutti i casi possibili, ci proponi degli esempi, cinque, come le dita della mano, come i libri della Legge, come i ciottoli del torrente raccolti da Davide per correre contro il gigante Golia, nemico del popolo.

La tua Parola, Parola sicura e ben fondata, è questa: “Non opporvi al malvagio”. Certamente i tuoi discepoli si oppongono al male, non lo accettano nella propria vita, perché non fa parte della vita d’amore del Padre. Proprio perché si oppongono al male, non lo accolgono nemmeno per contrastare il malvagio. È novità assoluta: il malvagio si accorgerà di non trovarsi di fronte a nemici, ma a persone disposte a sopportare la sua cattiveria. I tuoi discepoli, come “agnelli in mezzo a lupi” (Lc 10,3), parteciperanno alla tua opera di “Agnello che toglie il peccato del mondo” (Gv 1,29), agnello che porta su di sé il peso del male. Così il male nel regno dei cieli non entrerà.

Il secondo esempio riguarda chi riceve “uno schiaffo sulla guancia destra”: una grave offesa alla dignità dell’uomo, come quando lo schiaffo è stato dato a te proprio di fronte al Sinedrio riunito. Tu hai reagito amando la guardia che ti ha colpito, rivolgendogli la tua parola per aiutarlo a riflettere sulla sua azione (Gv 18,22-23). Hai offerto così l’altra guancia, quella non offesa, dimostrandogli di non esserti risentito e offrendoti ad aiutarlo ad eliminare il male dalla sua vita.

Il terzo esempio che ci proponi riguarda il male dell’avidità: se uno mi vuol portar via la tunica lasciandomi nudo, certo mi priva della mia dignità e intimità, dei miei diritti fondamentali. Che farò? La legge mi garantirebbe il possesso del mantello per non essere privato della coperta per la notte (Dt 24,13), ma io ho te come Signore e Maestro, che sei stato spogliato per salire sulla croce (27,35), dove hai vissuto l’amore più grande. Là hai pregato per coloro che ti hanno spogliato. Nel regno dei cieli i figli di Dio cercano di somigliare a te, suo Figlio!

Il quarto ciottolo di cui tu ci vuoi vedere armati è un atteggiamento libero di fronte alle angherie. Queste sono imposte dall’angario, l’araldo del re, autorizzato a pretendere anche con la violenza lavori faticosi gratuitamente. Il discepolo tuo, Gesù, sa che ogni uomo è amato da Dio, il gran Re, e quindi si offrirà a portare il peso di chiunque, anzi, lo riterrà proprio dovere. Portando il peso che il fratello chiede o pretende che io porti, mi ritrovo al posto di Simone di Cirene sulla via del Calvario (27,32). Non è desiderabile? Così nel regno dei cieli tutti faranno a gara a portare i pesi gli uni degli altri (Gal 6,2). L’apostolo Pietro, nella sua lettera, ci esorta a vivere con gioia tutti i momenti di persecuzione per amore di Gesù, come lui stesso li ha vissuti nel carcere a Gerusalemme (1Pt 1,6; 2,12.19; 3,14; 4,12; At 12,3).

Il quinto dito della mano ci ricorda poi quest’altra regola del regno: “Da’ a chi ti chiede”! Possiamo dare cose materiali, che non porteremo con noi quando ci presenteremo al giudizio finale, ricchezze che addirittura ci ostacolerebbero quando volessimo passare la porta stretta (7,13). Potessimo “dare” anche la nostra fede in te, Gesù, e la nostra conoscenza del tuo grande amore! Tu hai “dato” il tuo Corpo per noi (Lc 22,15)! Non daremo le cose che a noi impediscono di essere come te e con te, tu che non hai dove posare il capo? “E a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle”: le cose del mondo non sono essenziali nel regno dei cieli, possiamo privarcene con libertà. Ma “daremo” anche quanto gli uomini sofferenti chiedono senza volerlo: il sorriso, parole di incoraggiamento, e soprattutto parole di fede e di amore a te, che sei la vera ricchezza, la consolazione e la speranza dei cuori. Baderemo alle richieste inespresse di chi ha bisogno di amore, di conoscenza, di Spirito Santo. Doneremo atti di carità materiale, culturale e spirituale (B. Antonio Rosmini) per essere tuoi veri discepoli.

Il tuo regno è davvero novità perché libero da violenze, libero dal male, quindi libero dalle sofferenze che sono pane quotidiano nei regni della terra, che fanno ‘bagnare di lacrime le strade del mondo’ (B. Mario Borzaga), nel quale dobbiamo vivere. Dentro questi regni viviamo come profeti e come martiri, profeti vivendo la tua Parola, e martiri testimoniando la bellezza del regno dei cieli e la grandezza della tua gloria, tu che sei il suo Re libero e forte!


  

11.  Siate figli del Padre vostro  Mt 5,43-48

 

43Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico.

44Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, 45affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.

46Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani?

47E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?

48Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.

    

11.

Signore Gesù, hai ancora qualcosa da aggiungere al tuo insegnamento sulla vera “giustizia”, perché essa superi quella degli scribi e dei farisei, giustizia che permette loro di vantarsi col dire: ‘l’abbiamo osservata, noi siamo a posto davanti a Dio’! Nel regno dei cieli invece nessuno potrà gloriarsi, ma tutti avranno da vantarsi di Dio, che è Padre ricco di amore fedele e misericordioso per tutti.

Il comando positivo e bello della Legge, quello di amare il prossimo, è stato accompagnato dall’interpretazione data dagli uomini, mai del tutto liberi dal loro egoismo e dalle loro tentazioni. Essi intendono la parola ‘prossimo’ in modo restrittivo e l’attribuiscono o ai parenti o a coloro con cui si condivide l’osservanza della Legge o anche a chi appartiene alla propria nazione. Questo comando di amare il prossimo è stato inteso in modo da poter ignorare il nemico, metterlo in secondo piano, lasciarlo a se stesso. Non si è mai insegnato ad odiare nessuno, è vero, - infatti la Legge prevedeva di amare anche i forestieri, evidentemente pagani: “Tu l’amerai come te stesso” (Lv 19,34), - ma tutti istintivamente siamo portati a preferire chi fa parte del gruppo della nostra provenienza. Persino gli apostoli a Gerusalemme, dopo la Pentecoste, servivano prima le vedove del gruppo dei cristiani di lingua ebraica, e non restava loro tempo per servire quelle provenienti dal gruppo di lingua greca (At 6,1).

Ora tu ci fai osservare come ci si comporta nel “regno dei cieli”, come si comportano quelli che sono “beati” e come vivono i figli di Dio.

Nel loro cuore, sempre puro, non ci sono posti riservati. Essi vedono tutti gli uomini creati da Dio con lo stesso occhio, con la stessa luce, con la stessa bontà. In tutte le loro relazioni, comprese quelle con i cosiddetti nemici, non useranno altri strumenti che l’amore. L’amore, e uno dei frutti pregiati dell’amore, cioè la preghiera, non fa distinzioni nè preferenze. Quindi i nemici e i persecutori, i persecutori della fede e della Chiesa, occupano, caso mai, il primo posto, perché hanno maggior urgenza di incontrare il Dio dell’amore. Se questo incontro non lo favoriscono i figli di Dio, chi lo potrà assicurare loro? Gesù, tu ce ne hai dato l’esempio proprio sulla croce: là non hai pregato esplicitamente per noi, ma per i tuoi nemici sì!

Tu, Gesù, vuoi che il nostro cuore sia sempre animato dal tuo soffio, dal tuo Spirito, e perciò ci regali questa norma: “Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano”. Facendo questo saremo sicuri che vive in noi lo Spirito Santo.

Se non amiamo i nemici non è in noi la tua vita, il tuo amore, il tuo santo Spirito! E se non c’è in noi lo Spirito Santo ci manca davvero la parte essenziale della vita. Il Padre infatti, che è la sorgente dello Spirito, “fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti”. Tu vedi il suo agire nella creazione, là dove tutti lo possono contemplare quotidianamente senza difficoltà. Tutti godono l’amore del Padre: i buoni e i giusti, impegnati a realizzare la sua volontà, ne avranno motivo di riconoscenza e di lode gioiosa, mentre i cattivi e gli ingiusti, che gli disubbidiscono o lo ignorano, avranno occasione per conoscere il cuore di Dio e ravvedersi, arrivando anch’essi alla vera vita, a diventare veri uomini completi.

Amare i nemici è per noi difficile, anche perché essi stessi non si lasceranno amare da noi. Tu ci dici che li potremo amare pregando per loro, cioè riversando su di loro l’amore del Padre, anche se ci stanno perseguitando a causa del nostro amore per te. È grande novità per tutti gli uomini, di qualsiasi religione, portare addirittura i nemici nel proprio rapporto con Dio! Con la preghiera, la difficoltà dell’amarli viene doppiamente superata. Infatti, pregando per loro, già li amiamo, perché li portiamo al Padre che li benedice e li trasforma; inoltre noi stessi ci convertiamo, perché l’amore, che si sviluppa in noi con il pregare, avvolge il nostro sentimento, e viene vinto il nostro impulso a rifiutarli e a odiarli.

La “giustizia” dei farisei viene così superata, ma deve venir superata anche quella che maggiormente resiste in noi, quella dei pubblicani e quella dei pagani. Questi sanno amare chi ha dato segni di amore per loro: rispondono all’amore ricevuto. Ma è questo l’amore del Padre? Non è questo un atteggiamento interessato che serve per attirare nuovi gesti che mi fanno piacere? È manifestazione di egoismo! È amore non dell’altro, ma di quanto l’altro mi dà.

Amore degno di essere chiamato amore è soltanto quello del Padre, e quindi il tuo, di Figlio. Ce lo hai mostrato quando eri sulla croce: là era veramente divino il tuo amore, testimone perfetto di quello del Padre. E noi, che desideriamo essere chiamati figli di Dio, aspiriamo a questo modo di amare, sempre e soltanto disinteressato e gratuito. Saremo sicuri di essere figli di Dio, animati dal suo Spirito, quando avremo in noi l’amore per chi si fa nostro nemico e persecutore.

Gesù, tu concludi questo prezioso e necessario insegnamento con una frase che riecheggia quella già udita nella Legge: “Siate santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo” (Lv 19,2). Quel Dio che ci ha dato la vita, ce la vuole dare proprio tutta. Fin che non avremo accolto la sua ‘santità’ in noi, non saremo uomini completi, non sarà completata la creazione della nostra vita. Ci mancherà un aspetto essenziale. Per essere completi, “perfetti”, è necessario lo stesso amore che perfeziona la vita del Padre. Dall’inizio egli è perfetto, essendo il suo amore misericordia. Il suo amore è rivolto a noi, che siamo stati e siamo ancora peccatori, cioè ribelli a lui, quindi mancanti, ancor privi dell’essenziale.

Continueremo a pregare, intensificheremo la preghiera alimentandola con la contemplazione del Padre. Guardando il nostro Padre saremo trasformati e diventeremo come lui realmente è (cf 1Gv 3,1s), diventeremo uomini completi, riempiti della sua stessa capacità di riversare doni di amore “sui cattivi e sui buoni, … sui giusti e sugli ingiusti”.

Grazie al tuo esempio non cercheremo di far bella figura davanti agli uomini, non cercheremo i nostri interessi, ma solo di vivere in modo che il Padre sia glorificato e tu amato e cercato da tutti.

Saremo veramente “beati”, saremo “figli del Padre” nostro, “perfetti” testimoni di te, Gesù, ed edificatori del “regno dei cieli” per gli uomini che soffrono prigionia nei regni del mondo.

 

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