ME
NU

Sono battezzato

SONO BATTEZZATO

«Non vergognarti della testimonianza da rendere al Signore nostro,...

ma soffri anche tu insieme con me per il Vangelo, aiutato dalla forza di Dio»

(2 Timoteo 1,8)

 

Sono contento d'essere stato battezzato.

Sono contento d'esser stato battezzato fin da piccolo.

Sono contento che i miei genitori mi hanno voluto consegnare subito alla vita di Dio.

Sono contento, anche se non ho ancora vissuto appieno il mio battesimo.

Sono contento che anche tu sia stato battezzato, cosicché una realtà invisibile, ma profonda e concreta, ci unisce in fraternità.

Sono contento che anche tu voglia vivere a fondo il tuo battesimo: così siamo compagni di viaggio.

Sono contento soprattutto che Dio sia contento di avere dei figli che rendono visibile su questo pianeta il suo amore senza confini. Uno di loro sono io, uno di loro sei tu.

Coraggio, nella gioia!

don Vigilio Covi

 

INDICE

1. Fanno tutti così

2. Un palo alla fede

3. Il nome, i padrini, un segno di croce

4. Peccatori santi

5. Peccato originale: fuori moda?

6. Annegare il nemico

7. Un bagno nell'acqua del Padre

8. Immersi nel Figlio

9. Nello Spirito Santo

10. Olio sul volto

11. Una veste da reclamizzare

12. Sei contento?

Una mamma per sempre

Un aiuto alla memoria mia e di Dio

Coinvolgimento

 

1. Fanno tutti così!

 

«Signor Parroco, sono venuto a chiederle il certificato di battesimo per uso matrimonio». Queste parole ritornano dal mio orecchio alla mia mente e da questa al cuore. Il certificato è così semplice: io certifico che il Tal dei Tali, nato il... è stato battezzato il... Semplicissimo, ma... sarà poi vero? Oh, è certamente vero che tu sei stato battezzato, sta scritto qui ed è controfirmato dai padrini. Ma il mio dubbio è ancora più angustiante. Quel che è stato scritto, quel che è avvenuto molti anni fa, è ancor vero?! Vive ancora il tuo battesimo nella tua vita? C'è qualche traccia sicura? Oppure è rimasto un fatto lontano, senza altre conseguenze che il certificato che ora sto redigendo, a fatica, cercando di interpellare il Signore e di invocarlo, perché, se per caso ora il mio certificato fosse una falsità, diventi verità in seguito?

«Oh, io sono cristiano, ho fatto il chierichetto, mia madre va in chiesa tutti i giorni, ho il rosario appeso in macchina, non faccio del male a nessuno, ... ma insomma che cos'è questo battesimo?».

Ecco: che cos'è il battesimo?

«Signor Parroco, domenica prossima vorrei battezzare mio figlio. Dovrebbe essere proprio quella domenica, perché i padrini sono liberi, e abbiamo già fissato l'ora del rinfresco al ristorante».

Tutto preparato.

«Ma - mi azzardo a chiedere - voi genitori vi siete preparati? In che modo?».

«Ma è lei che battezza, signor parroco, mica io. Si prepari lei». E così io vengo «costretto» a battezzare una creatura di Dio venuta alla luce in una famiglia di questo mondo.

A volte mi chiedo: perché mai quella famiglia vorrà far battezzare il proprio figlio? Non vedo mai né papà né mamma in chiesa, anzi sì, ai funerali. Se parlo loro di preghiera, ridono, se parlo di amore, fraintendono, se cerco di avvicinarli, cercano ancor più di evitarmi, l'amicizia col prete viene ritenuta pericolosa e malsana, come il colera.

Perché ora, tutto d'un colpo, vogliono portare il bambino in chiesa per il Battesimo? Ne hanno già fatto battezzare uno: dov'è? Ha imparato il segno della croce dalla maestra dell'asilo, non da sua madre; la preghiera per lui è la cosa più nuova, perché non ha mai visto suo padre pregare. Perché ora mi chiede il battesimo per l'altro figlio?

«Che cos'è per te il battesimo?»

«Fanno tutti così, si usa da sempre: che c'è di male?».

«Bisogna fare una festa per mio figlio e invitare gli amici».

«Se non lo faccio battezzare, mia suocera non mi saluterà più, e invece... talvolta si ha bisogno... sa ... ».

«Quando andrà a scuola, se non è battezzato, qualcuno lo segnerà a dito... ».

Ma il battesimo, che cos'è?

«Signor parroco, tra qualche settimana avremo un figlio. Vogliamo trasmettergli la nostra stessa fede, vogliamo che conosca il Signore e abbia anche lui la gioia che abbiamo noi ad essere cristiani. Lo vorremmo battezzare presto dopo la nascita. Ma prima venga a trovarci, per favore: così ci spiegherà il rito del battesimo, perché vogliamo celebrarlo seriamente, non vogliamo fare una commedia. O, se vuole, veniamo noi da lei, ancora prima che nasca - ci è più facile - anche per chiarire alcuni dubbi che a volte ci vengono sulla fede o su qualche aspetto della morale cristiana. Intanto noi cominciamo a pregare perché il nostro "tesoro" diventi un buon ragazzo, o ragazza, che faccia onore a Gesù Cristo!».

Finalmente! Ecco, sì, vi spiego volentieri che cos'è il battesimo, almeno quel poco che io ho compreso e un po' di quel che ho vissuto. Vi spiego volentieri come si svolge il rito, e anche quali condizioni preliminari debba avere una famiglia per celebrare il battesimo di un figlio, e a quali impegni deve essere preparata ad assumersi.

 

2. Un palo alla fede

 

«Sarebbe meglio attendere quando avrà diciott'anni!» sentenzia un mio amico. Non so se egli abbia pensato seriamente a quel che dice e se abbia valutato tutti gli aspetti. So che sono d'accordo con lui, piuttosto che...

Piuttosto che far battezzare un figlio e non fargli mai vedere con la propria vita come si vive da cristiani, piuttosto che abbandonare a se stessa la fede di un bambino, in modo tale che - nonostante gli incontri di catechesi - sia condotto dai genitori stessi a lasciarla a tredici o quattordici anni, piuttosto che essere falsi al momento del battesimo (e con Dio non si scherza!), è meglio attendere i diciotto anni. Il che significa dire al figlio: arrangiati. Nessuno gli dice così per il nutrimento, per la scuola, per i divertimenti!

Ma forse il mio amico non ha riflettuto seriamente, e s'è lasciato portare dall'istinto, che è sempre egoistico. Lasciare che il figlio s'arrangi, per il padre e per la madre può essere una scelta di comodo: essi sentono che presentare al battesimo un figlio è un impegno con Dio, impegno costante che richiede fedeltà, che richiede una vita vissuta diversamente, che richiede da loro due un'attenzione più coerente ai comandamenti di Dio e alla vita della Chiesa. Un impegno che, al giorno d'oggi, è rischioso: costa caro.

«Non lo battezziamo». Una scelta di comodo, perché così non si sentiranno costretti a mettersi a tu per tu davanti a Dio per rispondere ai suoi richiami, ai suoi desideri.

Pensava - il mio amico - d'essere aggiornato e progressista nell'affermare la sua teoria. Forse non è vero. Il forse però dipende da lui, dal suo coraggio di mettersi in contatto con Dio e cercare di valutare le sue opere, tra cui anche il battesimo.

In ogni modo rimane qualche perplessità. «Chissà se sarò capace di educare mio figlio alla fede?».

Un mio amico missionario in Africa battezza i figli dei cristiani solo se ambedue i genitori frequentano normalmente la chiesa. Se anche uno solo dei due genitori non fosse assiduo alla messa domenicale e capace di vita onesta, il figlio non viene battezzato. Lo deciderà egli stesso a quindici o sedici o più anni, dopo un corso di tre anni di catechismo e dopo che il consiglio di comunità (che è all’incirca come il consiglio parrocchiale) avrà verificato il suo modo di vivere.

Io qui non sono così severo, perché - finora - in Italia, c'è anche qualche aiuto al di fuori della famiglia per orientare nella fede i fanciulli e ragazzi: comunità parrocchiale, parentela, catechismo... e perciò mi accontento che almeno uno dei genitori sia un «buon» cristiano: per «buon» cristiano non intendo «senza peccato», e nemmeno «stinco di santo»: intendo che viva in amicizia personale con Gesù Cristo e in rapporto costante con la Sua Chiesa nella parrocchia, frequentando i Sacramenti.

Se i genitori, o almeno uno dei due, mi testimoniano di essere contenti di essere cristiani, se intendono vivere nella fede della Chiesa e amare il prossimo «come Cristo comanda», sono sicuro che anche il loro figlio potrà respirare un'aria (spirituale) che non asfissia, ma che sviluppa una crescita della fede, un rapporto di simpatia con Gesù Cristo e quindi di ubbidienza a Dio Padre.

Chi pianta un melo o un altro albero nell’orto, prepara prima la terra con cura, gli mette vicino un palo e poi segue con altrettanta cura e con fedeltà costante l'andamento della crescita e delle stagioni. L'albero, pur piccolo e senza fiori, ha già la sua vita indipendente, anche se si appoggia al palo; ma se lo pianti e lo abbandoni, o muore, o vivacchia alla meglio senza dar frutto come si desidera.

È un paragone semplice, ma capisci che è vero. La tua fede è cresciuta perché c'è stato qualcuno, e più d'uno, che t'ha aiutato a svilupparla, esercitarla, maturarla, sostenerla. La mia fede è viva oggi grazie a molte persone che ieri hanno pregato davanti a me, per me, insieme con me, e grazie a molti cuori che hanno amato Gesù e non hanno avuto timore a lasciarmi osservare che ne erano innamorati, e grazie a molte mani che ho visto tendersi ai fratelli con generosità perché in loro una fede potente li spingeva a donare se stessi.

 

3. Il nome, i padrini, un segno di croce

 

Io dimentico facilmente i nomi delle persone che incontro. Ho scoperto che li dimentico perché non le amo. Se uno mi dice il suo nome in un momento in cui sono ben disposto ad amarlo, non dimentico più il suo nome. Io dimentico, Dio però non dimentica. I nostri nomi sono scritti in cielo, ebbe a dire Gesù, per rassicurarci che noi siamo conosciuti personalmente dal Padre, che noi non siamo dei numeri.

Al Battesimo io chiamo per nome il bimbo che mi viene presentato, proprio per indicare l'amore di Dio per il suo nuovo figlio. Ogni nome è bello, e quelli che a prima vista non lo sembrano, lo diventano proprio per l'amore che si riversa sulla creatura che lo porta. I genitori cristiani, generalmente, scelgono per i propri figli nomi di santi: il nome così diventa già una benedizione, un invito a Dio affinché guardi al figlio come guarda con compiacimento ai suoi amici che «regnano» in cielo, e un invito agli uomini a ricordarsi degli amici di Dio!

Come desidererei che chi pensa al mio nome, sia portato a pensare agli amici di Dio, e tramite loro a Dio stesso! Noi così diventiamo un richiamo ed un aiuto per i nostri fratelli. Ma più che il nome, evidentemente, a questo scopo giova lo stile di vita.

Il primo incontro dunque tra me, che celebro il battesimo, ed il gruppo formato da genitori e padrini che portano il loro figlio, inizia con la domanda del nome.

Una seconda domanda riguarda le disposizioni interiori dei genitori: vogliono assumersi la responsabilità dell'educazione alla fede del battezzando? Mi dicono sempre di sì, i genitori. Io lo so bene che molte volte i genitori non fanno nulla per approfondire la propria fede in modo da aiutare i figli. Mi lascio imbrogliare.

Ma quando una coppia di sposi, a questo punto del battesimo, vuole essere onesta e non imbrogliare il prete, e tanto meno pensare di farla franca davanti a Dio, allora veramente quel figlio gode ottima probabilità di crescere non solo in statura, ma anche in sapienza e grazia davanti a Dio e davanti agli uomini.

Entrano subito in azione i padrini: «Siete disposti ad aiutare i genitori in questo compito così importante?».

Chi sono i padrini? Contorno? Persone condannate a fare regali? Amici di lavoro di papà? Amiche di gioventù della mamma? Fratelli e sorelle dei genitori che hanno bisogno di sentirsi qualcuno? È così, non raramente.

Chi ricorda che i padrini devono essere persone preparate e disposte ad aiutare i genitori nell'educazione della fede e dell'amore cristiano? Altrimenti sono attori, commedianti, portano nella celebrazione del battesimo e nella vita del battezzato una nota di menzogna, di falsità.

Il padrino deve esser capace e impegnarsi a essere un modello di vita cristiana, un esempio per il bimbo che crescerà e cercherà attorno a sé qualcuno che lo ama, e che con amore gli mostra com'è fatta l'obbedienza a Gesù, l'amore ai nemici, il perdono delle offese, ecc. ecc... Se io dovessi scegliere un padrino non chiederei mai a chi vive disonestamente, disordinatamente o nelle liti, ma nemmeno ad uno che non frequentasse normalmente la Messa domenicale e i santi Sacramenti.

Torniamo al rito.

Il segno di croce in fronte al piccolo neonato deve essere anche da parte dei padrini un segno vero: nessuno può dare ciò che non ha. Quel piccolo segno di croce fatto dal prete e poi dai genitori e padrini è proprio il segno della volontà di dare al nuovo fratello la testimonianza di Gesù Cristo, che ha portato il suo amore fin sulla croce.

Vedi l’opuscolo: “Caro padrino, cara madrina!”.

 

4. Peccatori santi

 

Col gesto del segno di croce in fronte, io, insieme con i genitori e i padrini, ho accolto nella comunità cristiana il battezzando.

È ovvio, non possiamo lasciarlo solo il nuovo battezzato. Non è intenzione di Gesù lasciare soli i suoi amici. Quando egli chiamava i discepoli, essi venivano a trovarsi con lui sì, ma contemporaneamente anche con altri uomini, amici suoi, ma peccatori, fragili, imperfetti, incapaci di essere santi. Il nuovo arrivato trovava subito una croce nel dover vivere insieme con altre persone piene di difetti. Ma il bello era che tutte tendevano a seguire Gesù avendo lui come modello.

Oggi è la stessa cosa, il gruppo degli amici di Gesù lo chiamiamo Chiesa. Egli li ha messi insieme, li ha organizzati, ha distribuito compiti e doni per un servizio reciproco armonico e ordinato. Nessuno può sognarsi di arrangiarsi da solo con Dio: sarebbe un illuso, uno che non bada a ciò che ha fatto lui. Difatti nessuno va al Padre se non per mezzo di Gesù, e Gesù dà le «chiavi», cioè ogni potere e servizio, a degli uomini suoi discepoli, chiamati appositamente per questo. «Chi ascolta voi ascolta Me, chi disprezza voi disprezza me e chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato» (Lc 10, 16).

Dal momento del battesimo il battezzato è membro con tutti i diritti di questa Chiesa. Riceverà le attenzioni degli altri cristiani come un fratello, avrà il beneficio della comunione dei santi, cioè il bene spirituale degli altri cristiani. Tornerà a vantaggio suo il bene compiuto dagli altri, e risentirà sfavorevolmente del peccato e della tiepidezza dei fratelli di fede. A suo tempo anch'egli sarà chiamato a contribuire, con la sua fede e la sua generosità nel rispondere a Dio, a far crescere la santità della Chiesa, ed essere un aiuto per gli altri cristiani a vivere con fedeltà e onestà il rapporto con Dio.

Benché noi stessi siamo peccatori e ogni giorno ci dobbiamo battere il petto, presumiamo di accogliere altri con noi, nella Chiesa. Sappiamo che non siamo noi a renderla santa e a darle merito e valore, ma soltanto Gesù Cristo col suo Sacrificio, con la sua morte e Risurrezione. Affinché i nostri figli possano godere dei misteri della Redenzione ed incontrarsi con il Figlio di Dio e camminare con lui, noi li inseriamo nella Chiesa, popolo nuovo del Dio eterno!

È lui stesso che non solo ci incoraggia a farlo, ma ce lo ordina: «Andate, battezzate... » (cf Mt 28,19). Queste parole risuonano nelle Chiese di tutto il mondo e di tutti i tempi e ad esse noi cerchiamo di ubbidire. Cerchiamo prima di tutto di comprenderle, e a ciò è destinata anche la lettura della Parola di Dio e relativa predica con cui vi intrattengo dopo il rito di accoglienza.

La Parola di Dio, qualche brano della Bibbia (Antico e Nuovo Testamento), è fondamentale per scoprire il significato che Dio stesso attribuisce al nostro battesimo, e non quello che noi uomini - nella nostra ignoranza e superficialità - saremmo portati a dargli. La Parola di Dio indica ai genitori e padrini il modo con cui essi debbono aiutare lo sviluppo della vita di Dio presente col battesimo nel loro bambino. Essa ricorda anche le leggi di crescita di questa vita fino alla sua piena maturazione.

La Parola viene seguita subito dalla preghiera di intercessione. La Parola di Dio ci ha manifestato e ripetuto la sua volontà per noi, la dignità che acquistiamo col battesimo, gli impegni che ci assumiamo. Non basta sapere, bisogna fare. E per fare ci vuole luce, forza, coraggio, decisione: la chiediamo a Dio con la preghiera. Oggi gliela chiediamo tutti insieme, ma poi la famiglia cristiana avrà l'accortezza di pregare ancora per questo scopo. A chi bussa, sarà aperto. A chi chiede con insistenza sarà dato.

I genitori cristiani continueranno a chiedere a Dio non solo salute e intelligenza, ma anzitutto la capacità di vivere e di aiutare i figli a vivere la Parola di Dio, ad essere dei figli che gli somigliano per davvero. In questa preghiera vogliamo coinvolgere anche i Santi, quei nostri fratelli che - battezzati come noi - hanno vissuto l'amore di Dio in modo tale da dare a noi la certezza che sono vivi in Lui e partecipano della sua gloria e della sua santità. Diciamo loro, a Maria prima di tutto, agli Apostoli, ai patroni, di rivolgere ancora la loro preghiera, di bussare anch'essi con noi al cuore di Dio. Io credo che essi sono vivi in Dio, perciò ci ascoltano. Proclamando il loro nome ci ricordiamo che noi pure siamo destinati alla santità: «Ci ha scelti per essere santi» (cf Ef 1,4)! «Siate santi, perché Io sono santo!» (Lev 19,2).

Per il figlio che battezziamo anzitutto ci preoccupiamo della santità. Per te io anzitutto mi preoccupo della santità! E tu, per te stesso, ti sei dimenticato di occupartene?

 

5. Peccato originale: fuori moda?

 

È possibile la santità?

Ma se siamo peccatori fin dal principio, se siamo figli di Adamo ed Eva, in noi regna le legge del peccato, cioè fin dalla giovinezza una calamita ci attira al male. È possibile la santità?

A noi no, a Dio tutto è possibile!

Col battesimo, con ciò che Dio fa nel battesimo, inizia un cammino di santità.

Hai sempre sentito dire che il battesimo toglie il peccato originale, ma non lo hai mai creduto seriamente, perché ti pareva impossibile che una creatura potesse avere un peccato al momento della nascita! Io ho impiegato un bel po' a convincermene, finché con una comprensione migliore delle cose e con un pochino di esperienza ho visto e costatato che è proprio così. Ora cerco di donarti la mia luce.

La parola «peccato» significa «essere fuori strada». Adamo ed Eva sono usciti dalla strada sulla quale camminavano come figli di Dio, allontanandosi da lui. Fuori di questa strada hanno iniziato una serie di atteggiamenti che li portarono al male personale, spirituale e fisico, sociale, familiare, ecologico addirittura: superbia, invidia, avarizia, pigrizia, ira, odio, lussuria (egoismo nella sessualità). E questi atteggiamenti producono i loro frutti con tutta la serie di azioni malvagie che ancora oggi rendono impossibile la vita e la gioia degli uomini.

Ogni figlio che nasce a questo mondo, nasce fuori strada, lontano dalla mèta. Non ne ha colpa, evidentemente. Ma non possiamo lasciarlo fuori strada. Gesù Cristo, con la sua vita, morte e risurrezione, col suo amore giunto al sacrificio supremo, ha voluto rimettere tutti gli uomini nella condizione di rientrare sulla strada dell'amicizia con Dio, della fratellanza con gli altri uomini, della gioia personale.

Il momento in cui l'uomo accetta Gesù come suo Signore e si fa suo amico è il momento in cui egli rientra in strada. Da quel momento, e attraverso il battesimo che lo concretizza anche socialmente, quell'uomo è tornato sulla strada della figliolanza di Dio. Avrà ancora nella sua vita delle manifestazioni parziali del peccato originale con le sue mancanze e peccaminosità, ma saranno come piccoli incidenti di viaggio.

Incontrato e accolto Gesù, il «peccato originale» non c'è più.

La disgrazia peggiore che potrà capitare ad un uomo sarà quella di tornare volutamente, con decisione personale, al di fuori della strada, rifiutando Dio, rinnegando Gesù Cristo. La tentazione esiste ed esiste anche chi la segue. Non ci lasciamo scandalizzare, e nemmeno sottovalutiamo la gravità di questa situazione. Non per nulla incontriamo genitori che desidererebbero la morte del loro figlio, piuttosto che questi abbia a rinnegare la fede.

Il bambino non può decidere a pochi mesi di vita di accettare o meno la signoria di Gesù! Come può quel battesimo toglierli il «peccato originale»? Dio ascolta il desiderio dei genitori e della comunità cristiana e opera i suoi prodigi di amore a favore dei nostri piccoli: il desiderio e il buon volere dei genitori, cui spetta il compito di far camminare insieme con loro il figlio e di tenerlo per mano sulla via della conoscenza e dell'amore di Dio, è sostanziale.

Non potrà mancare però alla nuova creatura l'occasione di rendere personale la decisione di vivere da figlio di Dio: a quindici, sedici, diciotto anni egli passerà attraverso piccole o grandi crisi, finché deciderà. Lo aiuterà nella decisione la qualità dell'aiuto che avrà avuto dai suoi genitori, dai suoi padrini, dagli altri membri della comunità cristiana in cui vive inserito. Ogni cristiano può diventare un aiuto o un impedimento allo sviluppo della fede dei nostri ragazzi e dei nostri giovani che ancora non hanno reso personale la decisione di vivere secondo il battesimo.

Le parole di Gesù a questo riguardo sono tra le più severe: guai a chi ostacola (scandalizza) la fede dei piccoli! Meglio per lui morire di morte violenta (annegato nel lago) (Mc 9,42)!

La strada della santità è personale, ma non isolata. Nessuno può isolarsi. Ognuno viene aiutato dagli altri e ognuno è di stimolo e di incoraggiamento e di aiuto agli altri. Voglia Dio che la mia presenza nella Chiesa non sia mai di freno alla santità dei fratelli, anzi, ne sia un sostegno. Da parte mia sono costretto a riconoscere che i piccoli passi che ho fatto verso il Signore sono merito dei fratelli, che a forza di spinte, correzioni e buon esempio, mi hanno fatto amare la santità.

Vedi anche l’opuscolo: “Sono peccatore”.

 

6. Annegare il nemico

 

Il male, o, meglio, il Maligno continua ad insidiare la vita, la fede, l'amore, la speranza dei cristiani. Con lui non vogliamo aver nulla in comune, perché egli non ha nulla in comune con Dio. Lo diciamo chiaramente: rinuncio a Satana, alle sue opere, alle sue seduzioni.

Facciamo presto a dirlo, perché lo conosciamo e non vogliamo fermarci molto con lui. Taluno fa fatica a questo punto del rito del battesimo, perché è arrivato a credere che il diavolo non esiste più. C'era una volta..., ma ora, con tutte le scoperte scientifiche, psicologiche, antropologiche, sociologiche, abbiamo visto che era un modo di dire o un modo di spiegare fenomeni strani...

Magari il diavolo non esistesse! Io ti dico con sicurezza che il diavolo esiste. Di più, ti dico anche che lavora. In molti luoghi lavora indisturbato. Va sconfitto, non col ragionamento, ma con la potenza di Dio. Va scacciato via nel Nome di Gesù, come il Signore stesso ci ha autorizzati a fare.

Se il diavolo prende piede in una persona, la obbliga a fare quel che lui vuole: bestemmia, odio, invidie, impurità, intemperanze, seduzioni al male, ragionamenti falsi e ideologie materialiste, falso modo di vivere insieme, sistematizzato in altre ideologie sociologiche, modi falsi e balordi di intendere la Parola di Dio a proprio vantaggio e di escludere la croce dalla propria vita. È astuto. È seducente.

Il gesto con cui lo scacciamo lo chiamiamo esorcismo. Ma egli, con tentazioni subdole, continua la sua lotta per conquistare i cuori. L'uomo adopera forza e intelligenza di Dio per riconoscerlo e resistere. Queste cose le chiediamo anche per il battezzando, perché, come dice la Scrittura, «chi si mette a servire il Signore, si prepari alla tentazione» (Sir 2,1).

Ed ecco un piccolo gesto del celebrante accompagnato da una bella preghiera.

Ungo il corpo del bambino (simbolicamente sul petto) con l'Olio dei catecumeni, benedetto appositamente dal Vescovo della Diocesi. Di olio si ungevano anticamente gli atleti per aver forza, e i lottatori per sfuggire alla presa del nemico: di olio ungo il battezzando perché abbia forza nella tentazione, e le seduzioni del maligno non abbiano presa su di lui. Anch'io sono stato unto così: e la grazia di Dio ha agito nella mia vita. Non posso vantarmi quindi se sono sfuggito al Maligno.

Eliminare il diavolo è troppo poco. Gesù ha detto che se lo cacci via, ma non metti un nuovo padrone più forte di lui in casa, quello ritorna, e la tua situazione è peggiore di prima. Il padrone da mettere in casa, nella mia anima, è Lui, Gesù. Ed ecco che subito, dopo aver rinunciato al diavolo, pronuncio il mio credo. Non è solo attività della mia intelligenza: credo che c'è un Dio, Padre... È anzitutto attività del cuore: mi fido di Dio Padre, m'affido a Lui, poggio la mia vita, le mie scelte, il mio essere su Dio, sul suo Figlio, sullo Spirito.

Com'è bella una vita liberata dal male e fondata su Dio!

I genitori e i padrini rinnovano la loro scelta cristiana a garanzia per il battezzando: questi vivrà con persone libere dal male e amanti di Dio. Se c'è questa garanzia possiamo procedere.

Un po' d'attenzione ora all'acqua. L'acqua serve per il battesimo come per la farina, se si vuol fare il pane. Essa è una creatura semplice, ma indispensabile alla vita. Senz'acqua non si vive, con l'acqua si pulisce e l’acqua purifica ciò che serve alla vita. L'acqua assume ancora un significato molteplice e profondo per chi conosce la storia del popolo di Dio.

L'acqua del diluvio ha ripulito il mondo dai malvagi e la stessa acqua ha salvato la vita a Mosè. L'acqua del Mar Rosso ha distrutto il nemico, l'esercito del faraone, e ha salvato così Mosè con il suo popolo. L'acqua del Giordano ha lavato la lebbra di Naaman, ufficiale dell’esercito siriano, e ha fatto nascere così in lui la fede nel Dio vero. La stessa acqua del Giordano ha coperto Gesù all'inizio della sua predicazione. E, per finire, Giovanni attesta che dal costato aperto di Gesù sulla croce è uscito sangue ed acqua.

Ce n'è abbastanza per comprendere quanto voglia compiere Dio nel battesimo: lavare, portar via il male, salvare dal nemico, ridare una vita d'amicizia con Lui, mettere l'uomo in comunione profonda col suo Figlio e farlo partecipare alla sua morte, al suo amore che giunge al dono completo di sé: inserirlo in lui per ammirare nel nuovo battezzato un nuovo «figlio di Dio»!

 

7. Un bagno nell'acqua del Padre

 

Non ho mai visto, per il battesimo, immergere un bambino nell'acqua. Io gliela verso sul capo. Ma ci sono cristiani che, per tradizione, continuano il rito del battesimo per immersione, come era d'uso nei primi secoli e come lo attesta la forma dei vari battisteri delle chiese antiche. Anche a me piacerebbe celebrare il battesimo immergendo il battezzando nell'acqua e risollevandolo. Dovrei trovare una coppia di genitori consenzienti.

Mi piacerebbe per un motivo semplice: la parola stessa «battesimo» significa bagno, o, immersione.

Io ti battezzo nel Nome del Padre... significa «ti faccio fare il bagno nel Nome del Padre, ti immergo nel Nome del Padre…».

Uno che viene immerso nell'acqua ne esce bagnato. Chi viene immerso nel nome del Padre, questo nome gli rimane addosso, tanto da cambiargli la vita. Battesimo è entrare in Dio, iniziare a vivere la sua vita, essere immerso in questa vita, portarla dentro di sé.

Un papà si chiama così perché dà la vita, ma ciò comporta il nascere in lui di un amore nuovo: un amore gratuito, tipico: il papà ama il figlio prima ancora di vederlo, prima di riceverne gratitudine, prima di esserne ricompensato. Egli ama anzi il figlio anche se non ne è ricompensato, lo ama anche quando il figlio fa il cattivo, fa i capricci, è ingrato. Dio s'è preso il nome di Padre perché comprendiamo che per noi egli è così: ama per primo, ci ama mentre siamo peccatori, addirittura mentre ci ribelliamo a lui e lo rifiutiamo. Non smette il suo amore. Egli non dipende da noi: non ci ama mentre siamo buoni, ci ama perché lui è buono. Ne combinassimo di grosse, Dio non vuole la nostra morte, ma la conversione, la salvezza. Lo chiamiamo Padre.

Immergere uno nel Nome del Padre significa dargli la possibilità e la capacità di sviluppare in sé per gli altri questo amore tipico paterno, significa prepararsi a riconoscere il Padre, a togliere da noi tutto ciò che ci impedisce di vederlo, e rallegrarcene. Il battezzato viene perciò aiutato ad amare gli altri come se egli fosse per loro un padre, ad amarli per primo anche senza attenderne ricompense o riconoscimenti.

Io amo i fratelli non perché essi sono buoni, non perché fanno cose belle, non perché le loro opere sono ammirevoli, ma perché io sono di Dio, io sono stato «bagnato» nella paternità di Dio.

Gesù esprime questo modo di amare con degli esempi ormai famosi, anche se qualcuno li ritiene esagerati (per sé, non per gli altri!). «Se uno ti percuote su di una guancia, tu porgi anche l'altra. Se uno ti toglie il mantello, tu dagli anche la camicia... » (Mt 5,39s): un amore che non provenga dalla reazione alla bontà o cattiveria di chi ci sta davanti, ma semmai un amore che esca dalla nostra bontà, dalla nostra reazione al continuo amore di Dio per me e per i peccatori.

«Siate perfetti com'è perfetto il Padre vostro che sta nei cieli, il quale fa sorgere il suo sole sul campo dei buoni e dei malvagi, fa piovere sull'orto dei giusti e degli ingiusti» (Mt 5,45).

E san Paolo, che volle farsi imitatore di Dio e vivere le parole di Gesù, scrisse ai cristiani: «Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene» (Rm 12,21). È la stessa cosa: l'amore paterno del battezzato verso gli altri: li considera fratelli, ma per amarli guarda come fa Dio Padre ad amarli e lo imita!

San Giovanni poi nelle sue lettere non si stanca di raccomandare ai cristiani questo tipo di amore. Altrimenti, direbbe Gesù, cosa fate di speciale? Cosa vi distingue dagli atei, dai pagani, da chi è senza Dio? Anch'essi amano quelli che pagano l'amore con la gratitudine. Tu invita a pranzo chi non è in grado di contraccambiare l'invito. Talvolta godo intimamente quando qualcuno mi confida di soffrire perché riceve solo ingratitudine da coloro che ha beneficato. Non godo per l'ingratitudine - ovviamente - ma perché questo cristiano viene messo nella condizione di provare la propria capacità di amare, di purificare il proprio amore, di verificare la consistenza del proprio battesimo nel nome del Padre.

Il «Padre» (il "papà") non si offende per le colpe dei suoi figli, ma ne soffre perché essi sono imbarcati male, non perché a lui venga a mancare qualcosa. Così il battezzato non si offenderà mai, se qualcuno l'offende. Se soffre, è perché colui da cui è partito il male non è più immerso in Dio, gli manca la vita, si fa comandare dal Maligno. Per lui desidera la salvezza e comincia ad amarlo di più, con l'amore di Dio Padre!

 

8. Immersi nel Figlio

 

Gesù ci ha ordinato di battezzare anche nel Nome del Figlio. Il Figlio è lui stesso, Gesù Cristo. Perché lo chiamiamo figlio? La nostra esperienza ci dice che il figlio è colui che si lascia - e non può farne a meno - condizionare in tutto dai suoi genitori. Mangia quel che gli danno, veste quel che gli mettono addosso, va dove lo portano, si abitua alle loro abitudini, al loro linguaggio, alle loro attenzioni. Il figlio è un «dipendente» nel senso che la sua vita dipende dai suoi genitori.

Perché Gesù si chiama «figlio di Dio» e «figlio dell'uomo»?

Egli stesso ce ne fornisce la spiegazione quando dice che non fa nulla, se non ciò che vede fare dal Padre, non pronuncia parola, se non quella che ode dalla bocca del Padre, fa tutto quello che il Padre vuole: è un «dipendente» volontario del Padre: è un «figlio di Dio» che non smette mai di essere figlio, vuole sempre stargli sotto, amarlo tanto da far proprie le sue iniziative.

È figlio dell'uomo, non solo perché è nato da donna, ma perché ha amato gli uomini così come sono, si è fatto loro «servo», è stato dipendente dalle loro situazioni, e s'è fatto orientare nelle scelte delle parole e delle azioni dai loro bisogni, dal loro bisogno di salvezza.

Essere battezzato nel Nome del Figlio, cosa potrà significare se non assumere nei confronti di Dio la posizione di figlio? Dipendere in tutto dalla Parola di Dio, fare quello che fa Dio, amare e perdonare come Dio, sul modello concreto e vivo che abbiamo in Gesù.

Essere immersi nella vita di Gesù Cristo! Non è una parola, diventa realtà concreta in molte situazioni in cui viviamo a questo mondo. Accogliere la parola e i giudizi di Dio come determinanti e fondamentali, più importanti della logica e della spinta a fare come tutti. Essere bagnati nel Figlio comporta avere un occhio e un orecchio sempre tesi ai cenni di Dio. È difficile, ma è bello ed è pienezza! Dà il senso di essere a questo mondo come dei re, dei principi. Non c'è più nessuno sopra di me, sono figlio di Dio, e lo sono veramente perché ubbidisco a Lui. La mia vita diventa libertà e gioia, e pace profonda. Alleluia!

Essere immersi nel Figlio significa ancora qualcosa, come san Paolo stesso ha voluto spiegarci. Vuol dire entrare nella morte di Cristo e uscire con lui dal sepolcro. L'entrare e l'uscire dall'acqua, se si celebrasse il battesimo per immersione, significherebbe anzitutto questo. Morire, annegare il proprio io, il proprio egoismo, la propria personalità egocentrica, annegare i vizi e le passioni che ci dominano e opprimono, ed uscire nuovi, uscire risorti, con una vita diversa, perché svolta tutta alla luce della fede, una vita strappata ai legami con la terra e con i desideri terrestri, e annodata per sempre alla sorte di Gesù Cristo. Com'egli ha continuato l'amore per tutti mentre veniva inchiodato e ucciso, così il cristiano continuerà l'amore mentre verrà perseguitato.

Il cristiano che esce dall'acqua del battesimo ragiona col cervello di Dio, è cambiato. Lavaggio del cervello? Vero lavaggio, pulizia dai condizionamenti del peccato e dall'egoismo. È una pulizia che dura tutta la vita, non solo del cervello, anche del cuore: il battesimo è l'inizio di un bagno che prosegue senza sosta. La risurrezione di Gesù la si comincia a vivere, ma la si godrà pienamente quando la pulizia - la morte dell'egoismo - sarà terminata. È però una certezza: se io muoio con Cristo, risorgerò con Lui.

È una certezza che mi fa sopportare con gioia le sofferenze della morte del mio egoismo: sono ben poca cosa queste sofferenze, dicono san Pietro e san Paolo - in confronto alla gloria già preparata per noi. Allora coraggio! Gesù stesso non ci lascia soli. Nel giorno in cui egli ha comandato di battezzare, ha anche assicurato la sua presenza. Ed egli è presente con la sua grazia e potenza, con le sue caratteristiche di consolatore e di protettore. «Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo» (Mt 28,20).

Se Tu sei con noi, eccomi pronto a vivere con te la figliolanza a Dio e il servizio degli uomini secondo il loro bisogno di salvezza dai mali del corpo e dello spirito. Che il tuo Nome di Figlio possa essere usato anche per me, senza esserne condannato.

 

9. Nello Spirito Santo

 

«Se tu conoscessi il dono di Dio» (Gv 4,10)!

La samaritana che si prende gioco di Gesù e che evita i suoi interrogativi profondi, non conosce il dono di Dio.

«Bisogna rinascere dall'alto» (cf Gv 3,3).

Nicodemo - intelligente, ma pauroso - non sa che oltre la vita della carne l'uomo vive una vita nello spirito e che anche questa nasce, cresce, raggiunge la maturità oppure si blocca e scompare.

«Chi segue me avrà la luce della vita» (Gv 8,12).

I farisei hanno la luce del sole e delle lampade ad olio; con questa luce studiano e leggono, sanno tutto e se ne vantano. Altra luce non serve loro. E non capiscono quelli che hanno nel cuore una luce che fa capire tutto, anche i segreti delle anime, una luce che fa vedere i veri significati delle cose e dei fatti, la vera posizione dell'uomo nel creato e nella società.

Una vita nuova, un'acqua che disseta le aspirazioni più profonde del cuore, una luce che orienta l'uomo su vie eterne: ecco lo Spirito Santo. Com'è importante per l'uomo vivere nello Spirito santo! Com'è dolce e sicura la vita vissuta nello Spirito Santo! Com'è vera e nuova l'esistenza immersa nello Spirito Santo!

Con lo Spirito Santo comprendo l'amore del Padre per me e riesco ad ubbidire e seguire le orme di Gesù. Con lo Spirito Santo riesco addirittura ad amare i nemici e desiderare per loro il bene, la prosperità, la salvezza. Con lo Spirito Santo sento che la mia vita non vive più su questa terra, ma vi è solo di passaggio; io vivo invece in Dio, nel suo cuore, nella sua eternità e i miei giorni servono solo a ricevere nel tempo e distribuire nei limiti dello spazio l'amore infinito ed eterno di Dio.

«Io ti battezzo nel Nome dello Spirito Santo».

Già la vita piccola e fragile del battezzato gode una nuova possibilità: comprendere Dio, ascoltarlo e parlargli, accogliere il suo amore e rispondergli.

Chi può comprendere queste cose? Io sono vissuto per molti anni credendo fossero un mistero nascosto, un qualcosa che solo Dio sa cos'è. Nemmeno il mal di denti sapevo quel che fosse, fin che non l'ho provato. Anche la gioia del cuore era incomprensibile fino al giorno in cui è arrivata. Così lo Spirito Santo è incomprensibile fino al giorno in cui egli stesso non si fa conoscere e sentire. Egli si comunica a chi ubbidisce con amore a Gesù e gli resta sottomesso con perseveranza: perché Gesù è pieno di Spirito Santo, e chi gli sta vicino sempre, lo riceve. Chi lo riceve se ne accorge dai frutti che maturano in lui: pace, amore, gioia, comprensione, benignità, mitezza, pazienza, fedeltà, dominio di sé.

Non sei il primo che mi chiede: ma cos'è lo Spirito Santo? Quante volte me lo sono chiesto anch'io! Posso dirti qualcosa ora, ma solo lui ti si può svelare.

Tu t'accorgi quando ti prende la rabbia, o la vendetta, o la vanità, o la superbia, o l'impurità. Chiama queste cose spirito di rabbia, spirito di vanità, ecc... Comprendi? Ora chiama «spirito» qualche altro atteggiamento, dei giorni felici: mitezza, comprensione, perdono, adattamento, semplicità...: spirito di mitezza, spirito di perdono...

Chi sarà lo Spirito Santo? È quello Spirito posseduto in pieno da Gesù e che noi vediamo in lui, e che chiamiamo amore, perdono, dolcezza, pazienza, fermezza, preghiera, purezza, povertà, obbedienza al Padre, ecc...

Queste sono tutte manifestazioni di santità, di vita vissuta in dipendenza da Dio e non da ciò che avviene sulla terra. Santo vuol appunto dire «superiore alla terra», indipendente dal mondo. Per farcelo comprendere lo Spirito Santo, persona divina, prende l'immagine della colomba che vola: è staccata da tutto, come il cristiano che non s'attacca alle cose, che non dispera nel dolore e non s'entusiasma delle sue fortune, che agisce sempre in sintonia col cuore di Dio, che non reagisce agli umori degli uomini, ma solo alla parola del Signore.

Esser battezzato nello Spirito Santo è un’esperienza veramente travolgente, che cambia le relazioni con gli altri uomini e le fa diventare sempre occasioni di amore vero, profondo, divino, amore che sa arrivare a morire per gli altri e a chiedere agli altri di soffrire e morire per i fratelli.

 

10. Olio sul volto

 

Qualcuno non ha ancora digerito il fatto che il nostro Dio sia uno in tre Persone. Molti dicono: è un mistero! e con ciò si esonerano dal riflettere, dal chiedere, e - spesso - dal pregare. Dio si fa conoscere com'è, anche se il cervello dell'uomo, abituato alle sue «scoperte», non riesce ad afferrare tale rivelazione. Noi chiamiamo «Dio» una famiglia, una comunione d'amore: Padre, Figlio, Spirito Santo. Io te lo posso dire solo perché Gesù l'ha detto, e te lo dico non con la mia, ma con la sua sapienza, conoscenza ed autorità: io gli credo e ora credo anche, e so, che Dio non potrebbe essere diverso. Solo così posso concepire come «Dio» possa essere «amore», amore infinito. Se non fosse Trinità, prima di creare il mondo egli non avrebbe avuto nessuno da amare, non poteva essere Amore.

Potrei dire ancora molte cose, ma non so se ti interessano o se le sopporteresti soltanto. La cosa più bella e che tu non puoi ignorare è che dal momento del battesimo fai parte della famiglia di Dio: non sei più straniero, né ospite, ma familiare di Dio. Sei immerso nella vita del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Non ti dico altro che di goderne, ringraziare, meravigliarti di questa realtà. E poi parla con le Tre Persone e prova a sentire - origliando nel tuo cuore - cosa possa dire o chiedere il Padre al Figlio Gesù sul tuo conto.

L'hai scoperto?

Ora ti dico cosa risponde Gesù al Padre: ormai questa creatura è mia, è nostra; io la consacro perché faccia parte della mia vita, affinché tu, Padre, guardandola, possa vedere un riflesso della mia figliolanza, e godere.

Il significato dell'unzione col s. Crisma (olio consacrato dal Vescovo con i suoi preti il Giovedì santo mattina) vuole esprimere questa realtà. Il battezzato riceve un altro segno di croce in fronte, con l'olio.

Un segno che indica l'appartenenza, come fosse un marchio: «Ora tu appartieni a Gesù Cristo, crocifisso e risorto: sei suo, sii suo, e di nessun altro. Servi e ubbidisci a lui solo. Egli non è un padrone che sfrutta, è un Signore che ti ama fino a morire per te». E l'olio con cui viene impresso il segno è consacrazione: come anticamente ogni consacrazione avveniva versando l'olio sul capo, così dopo il battesimo la nuova creatura immersa in Dio riceve la consacrazione: in Gesù Cristo sei segnato sacerdote, re e profeta.

Sei sacerdote anche tu: sei sacerdote nel senso che sei uno che può e deve offrire a Dio il sacrificio della lode, della tua vita; tu offri a Dio il lavoro e la gioia, le sofferenze e il tempo. Partecipi al sacerdozio di Cristo. Non sei sacerdote nel senso di «prete» (presbitero), che è un servizio specifico nella comunità cristiana. Partecipi al sacerdozio universale dei fedeli: ce lo hanno ricordato i Vescovi durante l'ultimo Concilio (Vaticano II).

Siamo consacrati anche «re». Non ci interessano i regni di questo mondo! Siamo re al modo con cui Gesù è re! Un re che comanda a se stesso e serve gli altri. Un re superiore ai desideri e alle passioni degli uomini, anche alla passione di voler dominare e possedere. Siamo re in quanto chiamati ad una libertà, sempre crescente, da ogni forma di schiavitù o condizionamento psicologico e spirituale. Siamo chiamati ad influire sul mondo e sul cuore degli uomini allo stesso modo di Gesù, che regna sui nostri cuori senza violenza, li possiede arricchendoli di ogni bene, e aumenta la nostra libertà. «I miti possederanno la terra» (Mt 5,5)!

Siamo «re e regine d'amore», come ebbe a dire l'arcivescovo di Canterbury anche ai regnanti d'Inghilterra in occasione del loro matrimonio.

Il battezzato è anche profeta. Profeta non vuol dire mago! Profeta significa «uomo che parla al posto di un altro», uno che presta la voce a Dio per farsi sentire dagli orecchi dell'uomo. Profeta sei tu quando mi doni parole di Dio, quando - per es. - mi inviti al perdono, alla speranza, alla fede, all'amore!

Ma noi siamo profeti anche nel senso che prediciamo il futuro, il vero Futuro, che nessuno potrà chiamare passato. Non prediciamo ciò che capiterà domani o l'anno prossimo, ma invece, con la nostra vita, col comportamento onesto e santo, con la nostra amicizia a Dio e alla Chiesa annunciamo il Futuro: c'è una vita oltre questa vita, c'è un Padre che mi aspetta, c'è un regno per me dopo che avrò lottato e vinto l'egoismo del mio cuore, c'è una gloria e una gioia destinata a me per sempre nel Regno eterno di Dio!

Mi piace tanto l'unzione in fronte col Sacro Crisma!

 

11. Una veste da reclamizzare

 

«Ti consiglio di comperare da me vesti bianche per coprirti»... (Ap 3,18). Sono parole profetiche che leggiamo nel libro dell'Apocalisse, l'ultimo della Bibbia. Queste parole hanno un seguito proprio nella celebrazione del battesimo. Una simbolica veste bianca viene consegnata al battezzato. Il vestito indica molte cose, rivela la personalità o i compiti o la dignità di chi lo porta. Il battezzato ha la dignità divina, una personalità nuova, non più orientata alla terra, ma al cielo, un servizio nel mondo come il servizio di Gesù; tutto ciò lo vogliamo significare esteriormente con il vestito: simbolicamente.

«Quanti siete battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo» dice san Paolo (Gal 3,27) e, ancora, definisce il battesimo così: «Vi siete spogliati dell'uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine del suo Creatore» (Col 3, 10). Una piccola veste simbolica perciò può dire tante cose, anche l'impegno che il battezzato avrà per sviluppare e manifestare col suo comportamento ciò che è diventato: «Rivestitevi dunque, come amati di Dio, santi e diletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza» (Col 3,12).

Con la veste bianca si è presentato Gesù ai suoi amici sul monte Tabor, vestito di bianco l'ha visto in visione san Giovanni, che ce lo descrive nel libro dell'Apocalisse, bianco è perciò il vestito del cristiano, perché ormai egli è un tutt'uno col suo Signore e Salvatore. Ciò che fai in bene e in male ad un cristiano, “ad uno di questi piccoli perché è mio discepolo” (Mt 10,42), lo fai a Gesù Cristo stesso! Un vestito è un riconoscimento, un dovere, ma anche una difesa e una garanzia!

Per lo stesso motivo vengono rivestiti di una veste bianca i bambini nel giorno della prima Comunione, il sacerdote nella celebrazione della s. Messa, la sposa il giorno del matrimonio!

Dopo questo semplice gesto io consegno al padre un cero: è un altro simbolo. Simbolico è anche il gesto del papà di andare ad accendere questo piccolo cero sul grande Cero pasquale, quello che la notte di Pasqua è stato portato trionfalmente in chiesa, a ricordare che Cristo è la luce del mondo, l'unica luce vera. L'aveva detto lui, Gesù: Io sono la luce del mondo, chi cammina dietro a me non è nelle tenebre. La luce è ciò che dà significato e rende utile tutto. Immaginati di essere senza luce: a che cosa ti servono tutte le cose che hai a portata di mano? Divengono inutili, oppure addirittura ostacoli. Una persona che vive senza Gesù non trova il significato di molte cose e di moltissimi avvenimenti, forse nemmeno della propria storia o del proprio futuro. Chi vive con Gesù ha una luce immensa, che illumina «tutto», che fa trovare il significato di ogni cosa.

«Ricevi la luce di Cristo»!

I genitori avranno cura di vivere secondo il modello Gesù, di riferirsi a lui per interpretare le loro vicende familiari e quelle sociali, ed allora il loro figlio cristiano sarà illuminato concretamente da Cristo e avrà una base per orientarsi nel groviglio delle idee e delle provocazioni sempre mutevoli del mondo. Il cristiano, che vive con un orientamento chiaro e stabile, che segue la luce, diviene egli stesso scia luminosa, riflesso della luce vera e aiuto agli uomini immersi nella tenebra: «Voi siete la luce del mondo» (Mt 5,14). Quando c'è un vero cristiano in una parrocchia, in un paese, non è egli forse punto di riferimento per molti, soprattutto nei momenti difficili di sofferenza? Dio è la luce, e chi vive in Dio è nella luce. Chi è nella luce lo si vede!

Chi vive nella tenebra passa inosservato, sa solo urtare e dar fastidio. Ti auguro di vivere sempre nella luce!

Concludo i riti con un gesto ricopiato da Gesù. Egli ha guarito un sordomuto toccandogli l'orecchio e la bocca dicendo «Effatà», cioè «apriti» (Mc 7,34). Io apro gli orecchi del battezzato perché possano udire e comprendere la parola di Dio, e gli apro la bocca perché possa professare la sua fede apertamente. Un bel gesto, che vorrei ripetere a molti cristiani che hanno già richiuso timpani e labbra; ma non tutti! Non aver paura a dire che sei cristiano, che Gesù è buono, che Gesù è vera luce, che tu vuoi vivere rivestito di lui.

Non aver paura a far reclame dell'unica persona che può saziare e dissetare il cuore di tutti gli uomini, anche i più inariditi! Non fargli reclame soltanto con le parole, ma ancor più col tuo nuovo vestito bianco, che si chiama bontà, misericordia, pazienza, umiltà, mansuetudine, che è il vestito di Gesù Cristo stesso!

 

12. Sei contento?

 

La celebrazione del battesimo si conclude con la consegna del Padre Nostro e la benedizione.

La preghiera del Padre nostro è la preghiera del cristiano, dei figli di Dio, è una traccia per gli atteggiamenti che il figlio di Dio deve coltivare tutti i giorni della sua vita. La recitiamo insieme quasi per volerla consegnare al nuovo battezzato come un tesoro prezioso. Un tesoro lo è: quando la reciti, adagio, con coscienza e con fede, ti riempie il cuore e te lo trasforma pian piano, te lo pervade di pace, ti convince d'essere un piccolo figlio unito a molti altri figli di Dio, da lui amati, e perciò anche da te.

Non ti spiego ora la preghiera del Padre nostro: puoi trovare altri «libri» veri sull'argomento *, soprattutto puoi chiedere a Dio stesso di dartene sempre maggior comprensione e puoi meditarla frase per frase lungo le ore del giorno. Soprattutto fatti l'abitudine di recitarla spesso e con calma, da solo e in famiglia: anche il figlio o figlioccio cui la consegni il giorno del suo battesimo ha il diritto di vederti assorto in preghiera, di contemplare le tue labbra muoversi e di udire quelle parole sante uscire dalla tua bocca e insieme dal cuore.

Non sei solo; io non ti lascio solo in questo compito difficile. So che è difficile, perché richiede, da una parte, essere disposto a comprometterti con Dio, d'altro canto, a non violentare la libertà degli altri, figli compresi. Non si deve forzare la fede di nessuno, ma nemmeno lasciar mancare ad alcuno l'appoggio della nostra fede e del nostro incoraggiamento.

Non ti lascio solo: basta che tu lo voglia, ti aiuto. Nemmeno Dio vuol lasciarti a te stesso: lo sai, ma egli vuole confermartelo ancora durante lo svolgimento del Battesimo, con una benedizione apposita.

La benedizione, pronunciata e accolta con fede, è una grande forza.

Ogni benedizione che il sacerdote, rappresentando tutta la Chiesa, impartisce nel nome di Dio, è un'effusione di grazia e di coraggio, di consolazione e di sicura speranza. Quella destinata ai genitori dei battezzati è particolarmente solenne e forte. È una benedizione che dona gioia, riconoscenza a Dio, coraggio per la testimonianza e per l'appartenenza responsabile al popolo di Dio. Una benedizione, i cui effetti sono destinati a crescere e portare frutto per lunghi anni.

Io trovo sempre gioia nel donare questa benedizione, e sento che i genitori e i padrini, quasi gravati dal peso della loro responsabilità, si risollevano e godono, perché l'affrontano nella fiducia che Dio stesso è con loro e che Dio stesso darà loro, al momento opportuno, la grazia necessaria. Quando i genitori poi, lungo gli anni della crescita dei loro figli, ancora chiedono di essere benedetti e aiutati, la mia gioia cresce e si approfondisce. Ma la mia gioia non è importante. Sono chiamato e destinato ad essere il servitore della fede e della gioia dei fratelli. Per questo sono pronto quando vorrai continuare l'opera di Dio nella vita del figlio battezzato: confessione dei peccati, partecipazione alla s.Comunione del Corpo del Signore, s.Cresima...

Mi troverai pronto ad aiutarti, non che sia io a dover far tutto da solo! Sarebbe imbrogliare il fanciullo o ragazzo. Egli deve trovare te, papà e mamma, e me prete, uniti, molto uniti. Deve vedere con continuità che abbiamo la stessa fede, la stessa speranza, gli stessi scopi fondamentali della vita, deve poter vedere che c'è un'amicizia profonda che ci lega, l'amicizia non del gioco, non del prestigio, meno che meno del denaro, ma solo l'amicizia di Dio! Tu ed io siamo amici perché battezzati nella stessa acqua, immersi nello stesso Dio. Lo siamo anche se non ci sono di mezzo figli da educare! Io sono contento di questo nostro legame.

Vorrei farti una domanda: e tu, ne sei contento?

* Ho scritto tre quaderni per questo. Li puoi richiedere, se vuoi (Padre nostro, 1 - 2- 3 ).

 

Una mamma per sempre

Ho visto talvolta i genitori, dopo il battesimo del loro figlio, accostarsi all'immagine di Maria, e bisbigliare una preghiera: un grazie, una lode, una supplica, un'offerta, forse, chissà, un desiderio grande e segreto, che il figlio o figlia arrivi a consacrarsi del tutto a Dio e al servizio della Chiesa come sacerdote o religioso o missionario! Hanno voluto ricordare alla Madre di Gesù che ora ella ha un nuovo figlio! Hanno voluto metterlo sotto la sua protezione, affidarlo alle sue cure spirituali di Madre.

Non basta all'uomo la maternità della propria mamma: è troppo fragile e imperfetta. Le mamme stesse se n'accorgono e lo dicono. Sono contento di pensare che anche i miei genitori abbiano fatto così per me, probabilmente anche per te. Difatti la vita di ogni cristiano è accompagnata dallo sguardo delicato e discreto di Maria. Se ripenso alla mia storia spirituale, alla storia della mia fede, riconosco che nei momenti principali, nelle svolte più importanti c'era lei, la Madre. Sono sicuro che è così anche per te.

E se desideri nella tua vita interiore una crescita, un rafforzamento, un salto di qualità, prega con fede il Signore, e tendi la mano alla sua Madre per farti presentare da lei al suo trono di grazia e misericordia.

È aiuto dei cristiani, è Vergine potente, è specchio della santità divina, è madre della Chiesa, è Regina dei veri cristiani.

Accostarti a lei t'aiuta ad addolcire il cuore, a sciogliere le tue durezze, a rivestire umiltà. E questa è la condizione che Dio vuol vedere per poterti riversare in grembo la pienezza traboccante della sua grazia:

«Ha rovesciato i potenti dai troni,

ha innalzato gli umili;

ha ricolmato di beni gli affamati,

ha rimandato i ricchi a mani vuote».

 

Un aiuto alla memoria mia e di Dio

L'acqua del battesimo me la ritrovo spesso sotto gli occhi a ricordarmi la dignità di figlio di Dio e l'impegno che ho con lui, e che lui ha con me. Ogni volta che entro in chiesa bagno le dita nell'acqua e con essa la fronte, il petto, le spalle, per ricordarmi, con quel gesto semplice e strano, che la mia vita è ancora immersa nel Padre, nel Figlio, nello Spirito Santo. È quella un'acqua che mi fa memoria della mia nascita alla realtà divina, mi ricorda che io vivo nella fede in Dio e che le cose più semplici di questo mondo, come l'acqua, possono essermi segno e strumento della grazia di Dio e della mia unione con Lui.

Ci sono dei cristiani che si portano in casa quell'acqua e con essa si segnano al mattino e alla sera: un'usanza lodevole, che aiuta a vivere nell'umiltà e nell'unità con Dio le ore del giorno e della notte.

Quando morrò poi, anche tu forse spruzzerai dell'acqua sul mio corpo e sulla mia bara. Con quel gesto vorrai partecipare al mio battesimo, un battesimo durato - spero - tutta la vita; quel gesto sarà preghiera, supplica a Dio di ricordarsi che sono suo, che lo sono stato in vita e che lo sono ancora nella morte. Quell'acqua spruzzata sul mio corpo sarà il segno che tu vuoi partecipare al perdono di Dio dei miei peccati e che vuoi essere in comunione con me per quel bene che – con l'aiuto e la preghiera di tutti - avrò fatto. Così la mia vita battezzata per opera del sacerdote all'inizio, sarà consegnata alla fine, ancora bagnata dalla stessa acqua per opera di tutta la comunità, alla misericordia del Padre, al giudizio del Figlio, alla santificazione dello Spirito Santo!

 

Coinvolgimento

«Soffri anche tu insieme con me per il Vangelo ... » (2Tm 1,8).

Il comando di battezzare i popoli, di «immergerli» cioè nella vita di Dio Padre, Figlio, Spirito Santo è dato a tutta la Chiesa. E se il gesto del Battesimo viene celebrato da me prete, ciò non vuol dire che tu non sia ugualmente obbligato a proclamare il Vangelo con la tua vita, a rendere visibile l'obbedienza alla Parola di Dio, a contribuire alla trasformazione del mondo secondo i progetti e la Volontà di Dio, ad immergere tutta la realtà nell'amore di Dio.

«Soffri anche tu insieme con me per il Vangelo... ». Non accontentarti del contributo dei tuoi dieci euro che metti nella cassetta delle elemosine alle giornate missionarie: nemmeno t'accorgi che mancano dal tuo portafoglio. Gesù si attende e si merita qualcosa di più dalle persone che ha salvato e redento e santificato!

«Non vergognarti della testimonianza

da rendere al Signore nostro,

ma soffri anche tu insieme con me per il Vangelo,

aiutato dalla forza di Dio!».

(2 Tim 1, 8)

 

Nulla osta: don Iginio Rogger, cens eccl. - Trento, 4 settembre 1981

 

Copertina: Casa di Preghiera S.Maria Assunta, Tavodo - tempera, Lab. Ss. Martiri, 1996

Gli Angeli, custodi delle vesti di Gesù, adorano e contemplano il mistero, un mistero d’amore ancora mai visto sulla terra. È un mistero solo preannunciato dalla storia compiuta da Dio col popolo d’Israele, ricordata qui dai due piccoli personaggi immersi nelle acque, ai piedi di Gesù. Essi sono il “Mare” e il “Giordano”, testimoni attivi e partecipi della liberazione del popolo di Dio dalla schiavitù d’Egitto: “il Mare vide e si ritrasse, il Giordano si volse indietro”, canta il salmo 114!

Quella meravigliosa e miracolosa liberazione era solo il preannuncio e la prefigurazione dell’amore del Padre per gli uomini che ora, qui, al Giordano, trova compimento: Gesù, il Figlio di Dio, prende su di sé il peccato degli uomini, che lo hanno riconosciuto e depositato nelle acque del fiume con l’aiuto di Giovanni.

Queste acque sono diventate nere, amare, acque di morte. Giovanni stesso è stupito: non comprende come mai egli debba trattare il Figlio di Dio come tutti i peccatori!

Ora il Figlio, innocente e santo, che si umilia come fosse un peccatore, porta in quelle acque la luce e la grazia dello Spirito di Dio, che le muove col suo soffio e le prepara ad essere acque di Vita e di santità!

Lo Spirito scende su di Lui, come colomba che aleggia su queste acque come all’inizio della creazione. Quella colomba che allora non poteva ancora posarsi, ora rimane su Gesù, uomo veramente Figlio di Dio: uomo che non partecipa alla ribellione di Adamo, uomo che tratta Dio sempre come Padre, con fiducia e con fiduciosa obbedienza, uomo che partecipa all’amore del Padre per tutti gli uomini, tutti peccatori, e li ama prendendo su di sé la responsabilità del loro peccato.

Questo è il mistero che fa stupire gli angeli, il mistero che rivela la grandezza della profezia del Mare e del Giordano, quando hanno lasciato passare sull’asciutto il Popolo d’Israele incamminato verso le Promesse del suo Dio.

Questo il mistero che fa ascoltare anche a me con attenzione la voce del Padre: “Tu sei il mio Figlio prediletto: in te mi sono compiaciuto.”

Ora rispondo: «Grazie, Padre: mi incammino verso di te, salvato e guidato dal tuo Figlio! Il battesimo con cui io sono stato battezzato mi unisce pienamente a Gesù, alla sua vita, morte e risurrezione: anch’io partecipo alla sua missione di portare il peccato del mondo, dato che il mio pesa ormai solo sulle sue spalle!»