Maestro, insegnaci a pregare
SIGNORE, INSEGNACI A PREGARE!
I N D I C E
Preghiera personale e comunitaria
(Un grazie particolare a don Renato Tamanini e a don Bruno Panizza per avermi fornito i titoli e gentilmente... costretto a svolgerli per i loro gruppi di preghiera).
In copertina: Maria in preghiera.
In Lei vive Gesù: è Lui che parla al Padre
nello Spirito Santo e lo ascolta.
Noi siamo solo cornice alla Presenza di Gesù in noi,
siamo solo luogo della Sua Preghiera.
Questa è la nostra... fortuna
e la nostra gloria!
Dedico questo scritto all’Arcivescovo di Trento Alessandro Maria Gottardi, come segno di riconoscenza per aver voluto la Casa di Preghiera “S. Maria Assunta”, nel primo anniversario della sua inaugurazione.
Tavodo, 10 ottobre 1983
La scuola
Ho trovato un uomo di novantadue anni. Ne avevo appena un terzo di lui. Dopo avergli detto qualcosa, commentò con tono grave e solenne: “C'è sempre qualcosa da imparare”!
Per me quella frase, detta incidentalmente, è stato l'inizio di una scoperta che ancora continua a svilupparsi: la vita è tutta una scuola. La vita è una scuola di lavoro, una scuola di amore, è una scuola di rapporti umani, una scuola per l'uso delle cose, è una scuola di rapporto con Dio. Anzi, proprio quest'ultimo tipo di scuola è quello che sa dare toni diversi e durevoli agli altri, come la luce investe i colori degli oggetti e li fa risplendere nella loro bellezza.
Questa vita, tutta una scuola, avrà un momento unico, che sarà anch'esso scuola: la morte. Imparare a morire può esser visto quindi lo scopo di tutte le forme di scuola della vita. Imparare a morire significa semplicemente imparare a passare da questo mondo al mondo del Padre. Imparare a superare il mondo della materia ed entrare in quello dello spirito, passare dalla materia ribelle che mi fa sentire e credere d'essere padrone, al mondo di Dio dove posso abbandonarmi come figlio alle cure di un Padre buono.
Scuola di vita e scuola di morte si equivalgono. Per imparare a vivere da figlio, devo imparare a morire. Per entrare a pieno titolo nel mondo del Padre ed entrarvi mettendomi al posto giusto, devo imparare ad uscire da questo mondo normale in cui mi trovo immerso come uno che è fuori strada. No, n potrò godere in pienezza la mia vita se non dopo che sarò rimesso sulla via che con certezza mi porta là ove trovo l'affetto e le ricchezze della casa del Padre mio.
Scuola per vivere e scuola per morire trovano perciò il loro punto d'incontro e l'unità nella scuola di... preghiera.
Scuola di preghiera è scuola che insegna e in cui s'impara a lasciare il mondo in cui viviamo, quasi a spiccare il volo interiore, perché nulla più, nessuna cosa e nessuna persona e nemmeno ciò che tocca più da vicino il nostro cuore - i sentimenti interni di gioia e di dolore - nulla più trattenga il nostro spirito. Questo deve entrare in Dio, dove solo può trovarsi a proprio agio.
“Solo in Dio riposa l'anima mia ”, ripeto, sicuro di interpretare le profondità di ogni uomo della terra.
Impariamo ad entrare in Lui, nella Sua Vita.
L'ingresso è aperto: Gesù è la porta, la guida, la strada. Vi entriamo con Lui.
Gesù è il Maestro. Gesù è il Maestro di questa scuola, che chiamiamo della preghiera, cioè dell'incontro con Dio, dell'ingresso in Dio. Questa scuola durerà tutta la vita perché l'ingresso definitivo senza possibilità di ritorno avverrà nel giorno in cui la nostra anima darà l'addio al nostro corpo, con o senza abbracci o strette di mano. Fino a quel giorno la vita ci prepara sorprese e fatti nuovi nei quali ci s'impone di imparare ancora da capo ad uscire ed entrare, a vivere indipendenti da noi e ad essere del tutto figli per il Padre.
Ma abbiamo sempre il Maestro. Il Maestro è con noi, viene con noi, anche dentro di noi.
Gesù è il Maestro che ha inaugurato la scuola della preghiera. Già prima di Lui è stata frequentata da scolari e maestri, ma tutti attendevano il Maestro: era Lui.
E dopo di Lui ancora molti, popoli interi vi si sono recati: e il Maestro era sempre Lui.
Anche noi andiamo a scuola da Lui, da Gesù. Siamo sicuri di imparare bene a pregare, a lasciare ora ciò che lasceremo alla fine ed entrare ora dove alla fine arriveremo, nel cuore del Padre.
Gesù ha inaugurato la scuola della preghiera all'aperto, su di un monte. Non era un monte molto alto, ma sufficientemente per dover fare un po' di fatica ad arrivarci. Come mai su di un monte? Già altre persone chiamate in precedenza ad occupare la cattedra della scuola della preghiera, in attesa del Suo arrivo, avevano scelto il monte per le loro esercitazioni.
Abramo aveva scelto il Moria, Mosè il Sinai, Elia l'Horeb e il Carmelo.
C'era un motivo. Il salmista cantava spesso: “ ... perché invidiate il monte che Dio ha scelto a sua dimora? Il Signore lo abiterà per sempre! ”.
il monte sembrava l'abitazione di Dio: posto sicuro, posto tranquillo, lontano dagli intrighi degli uomini.
E così Abramo vi era salito per offrire il sacrificio a Dio, Mosè per ascoltare la sapienza della Sua volontà tradotta in comandamenti, Elia, senza saperlo, inaspettatamente, lo incontra nella sua solitudine e nel giorno della sua testimonianza di fronte al popolo radunato.
Quando uno dei discepoli lo ha interrogato, Gesù era già sul monte. La scuola era già iniziata. Non a parole, con la vita Gesù insegnava la preghiera, il rapporto con Dio Padre. Il discepolo voleva anche le parole. Il Maestro lo ha accontentato. Ma la vera scuola di preghiera Gesù l'ha continuata con la vita sui monti: Tabor, Calvario, Monte degli Ulivi.
Perché? Perché il Maestro sale i monti?
Il monte è luogo di solitudine, luogo appartato. Chi sale sul monte deve staccarsi dal paese, dalle abitazioni degli uomini, dal posto delle normali occupazioni, dal modo normale di vivere. Il monte è luogo di desiderio; prima d'arrivarci, quanti passi, quanta fatica e costanza! Luogo desiderato a lungo nel sudore.
Il monte è luogo di contemplazione, con visuale di orizzonte amplissimo. Dal monte vedo a grande distanza, e le mie normali realtà, che nelle giornate normali mi occupano totalmente, case, campi, strade, officine, le vedo inserite come piccoli ed insignificanti punti in realtà più grandi e vaste ed infinite. La distanza del monte mi relativizza ciò che ritenevo assoluto ed indispensabile!
Il monte è luogo di silenzio. Le parole degli uomini non vi arrivano e le mie grida non raggiungono orecchi che possano comprendere. Silenzio. Solo nel cuore può gorgogliare un mormorio, che piano piano diventa dialogo. Mi sente colui da cui riceve movimento la mia vita, ed io odo, nel cuore, la pace e la gioia infinita di Colui che - senza nome - mi ama come un padre silenzioso. Pian piano sul monte il mio cuore comprende i moti del cuore di quel padre... e li trasforma in parole per la mente, e la mente ne trae spunto per muovere la volontà.
Il silenzio del monte è tempo d'incontro. Il monte è l'aula della scuola di preghiera.
Chi vuoi vivere questa scuola non potrà ogni giorno, e forse mai, lasciare la casa e salire un'erta montagna. C'è chi, in pianura, non ha mai visto i monti e chi non è più sorretto dalle sue gambe per affrontare i sentieri.
Idealmente però ognuno dovrà salire il monte: staccarsi dalle sue cose e dai legami con le persone che lo occupano normalmente, trovare spazio nel cuore oltre i lavori e le faccende d'ogni giorno, voltar le spalle e chiudere la porta a tutto ciò che preme o pretende di possedere il nostro tempo. Inoltre farà un cammino che procede lentamente, ed avrà pazienza e continuerà con perseveranza senza stancarsi o scoraggiarsi se s'accorgerà che la meta, la vetta, non è ancora raggiunta. Il desiderio d'incontrare il Padre sarà sostegno e spinta e nutrimento continuo.
Man mano che avanza guarderà più lontano e s'accorgerà di vedere le cose in cui è immerso come piccole, leggere, senza forza: non occupano più tutto lo spazio davanti agli occhi, è saranno così grandi da sembrare schiaccianti. Anzi, perderanno del tutto la loro importanza, perché si farà viva, come suono lontano ed incerto, e poi sempre più sicuro e attraente, la voce che penetra le midolla, la voce di Colui da cui viene ogni giorno la vita, la voce di Dio. Finalmente! E se rimango»sul monte", nel silenzio attento a quella voce, essa diverrà la sola, l'unica, che poi prende il posto di quella del mio cuore. E il mio cuore stesso arriverà a sentirla come propria. Gesù, il Maestro, vuole portarmi a divenire una cosa sola col mio Dio, così come Egli è uno coi Padre.
Il Maestro
Il Maestro della nostra scuola è Gesù. Egli tiene conto di cose vecchie, di esperienze già racimolate da noi e dagli uomini prima di noi, addirittura del popolo, e ne introduce di nuove. Sì, perché Egli è nuovo, uomo nuovo, la cui vita ed esperienza è ricca di novità. La scuola per vivere e morire - la scuola di preghiera cioè - l'ha iniziata Lui e l'ha conclusa. i suoi amici e discepoli hanno continuato a pensare e parlare di Lui. Egli è ancora il Maestro, anche se i discepoli sono cambiati. Allora erano pescatori, oggi oltre ai pescatori ci sono molti altri che non conoscono le reti della pesca.
La scuola di Gesù non concede diplomi di riconoscimento, né allora né oggi, né richiede certificati per l'ammissione. E' richiesto solo il desiderio d'imparare, l'umiltà di riconoscere di non essere ancora capace di vivere e di morire, di non essere ancora totalmente passato da questo mondo a quello del Padre.
E' richiesto il desiderio d'imparare a pregare!
Questa scuola non conosce vacanze o ferie. Chi se le concede è uno che marina la scuola: nella sua vita ci saranno come dei vuoti, sarà come una casa incustodita e spalancata, ove ladri e vento mettono disordine e paura.
Non ci sono molte lezioni teoriche: la scuola consiste essenzialmente in esercizi pratici costanti e crescenti d'intensità.
La classe è unica, dove ognuno, mentre impara è anche maestro. Ciò avviene senza accorgersene. Più uno è attento ad imparare, più - senza saperlo - è maestro, o meglio, aiutante del Maestro. Questi rimane invisibile, mentre gli aiutanti sono visibili ... ! La loro visibilità è un aiuto, e nel contempo un freno: chi non tiene gli occhi del cuore fissi sul Maestro e s'accontenta di vedere i suoi aiutanti, sarà attirato e distratto dai loro difetti, da ciò che loro ancora manca. Chi dimentica che gli aiutanti del Maestro sono ancora scolari è illuso e sarà con facilità deluso e difficilmente avrà coraggio e gioia nel continuare la scuola.
Aiutanti validi del Maestro saranno quelli che staranno sempre imparando e camminano con Lui; anche se sono ai primi passi, giovano a molti. Chi si crederà maestro e pensa di esser capace di insegnare, questi è come quella bella automobile, lucida e pulita, che deve però esser trainata da un infangato trattore. E chi siede al suo volante è prigioniero, e gode limitatissima libertà.
Detto questo comprendo come io non posso mettermi ad insegnare a pregare. Mi limiterò a vedere alcuni aspetti di questa scuola di vita e di morte che è la preghiera. Così come io li ho finora percepiti e in parte vissuti, con le limitate capacità che possiedo cercherò di esprimerli. Non vorrei, e sarei spiaciuto, che queste comunicazioni fossero accolte come assoluto e che qualcuno si limitasse a confrontare la propria vita con quel che dico della mia. lo mi permetto di dire quanto dirò solo perché tu possa cominciare a percorrere la strada del Monte su cui il Padre già ti attende.
La tua Guida diretta ed il Tuo unico Maestro che ti sosterrà e ti darà il cibo, e ti porterà - sì, talvolta ti porterà di peso - e sarà la tua sicurezza, è (e non devi cercare altri) Gesù.
Nelle pagine seguenti, dopo aver visto qualche raggio della bellezza della preghiera, vedremo dove sono le sue radici.
Saremo condotti a dare uno sguardo a ciò che la nutre e infine ad alcuni modi concreti nei quali trova la sua espressione ed il suo sviluppo.
Bellezza della preghiera
E' più facile sentir parlare della necessità e dell'obbligo di pregare. E' vero. Se uno non prega, se uno cioè non cerca il contatto con Dio, si priva della vita.
Ma ho visto che noi uomini, più o meno siamo fatti così: se uno mi dice che devo fare una cosa, mi sembra che mi si faccia violenza e reagisco in modo da contraddire, quasi a voler difendere la mia libertà a costo di morire.
Mostrami l'utilità e la bellezza di ciò che è necessario, ed io lo sceglierò senza fatica!
Ho provato a far così con la preghiera, ed ho trovato veramente che la preghiera ha una bellezza in sé, ed ha pure una capacità di render belle le cose e le persone.
Non è una mia scoperta! lo sono stato aiutato da molti altri che l'hanno ripetuto nei secoli, a cominciare dal salmista (Sai 92,2) che dice: “E' bello dar lode al Signore e cantare al Tuo Nome, o Altissimo! ”.
Perché pregare è bello?
Vediamo prima di metterci d'accordo su ciò che è la bellezza.
Ho osservato che le cose belle, hanno tutte in comune un principio che le rende gradite agli occhi e al cuore dell'uomo. Tale principio è l'unità dei vari elementi di cui una cosa è composta, unità che diviene armonia di linee o di colori o di suoni.
Un fiore, ad esempio, è bello perché è armonico, ordinato: tutti i petali, i sepali, gli stami ed i pistilli hanno, pur essendo molti e diversi, un unico centro ove confluiscono e da cui partono. Questa unità è armonia ed è percepita da noi come bellezza.
L'unità e l'armonia piace all'uomo perché trova in essa qualcosa di eterno, di sapiente, di consono alle aspirazioni più profonde anche di quelle che non si sanno esprimere e che non si sa di avere.
La preghiera è bella perché - se è vera preghiera - è armonia. E' infatti il momento in cui tutte le facoltà dell'uomo (memoria, intelligenza, affettività, corpo ecc.) e tutte le esperienze della sua vita si armonizzano coi centro di se stessi, si agganciano al punto da cui siamo partiti e a cui tendiamo, Dio, il Padre.
Quando prego, quando cerco il rapporto con Dio, tutte le mie capacità e i fatti della mia vita si agganciano con Gesù e trovano unità.
E siccome Gesù è il cuore del mondo, il centro a cui il Padre vuole sottomettere ogni cosa, il centro cui aspirano i cuori di tutti gli uomini ed il punto d'irradiazione di tutte le cose, la mia preghiera diviene anche il momento in cui la mia vita s'inserisce nel disegno universale di tutti gli elementi del mondo: è perciò il momento più bello, il momento più desiderato dal cuore di Dio, il momento che dovrebbe e che vorrei fosse continuo, ininterrotto, sempre attuale e intenso.
E' la preghiera continua, che dà costanza all'armonia e bellezza della vita.
La preghiera è bella! è il rapporto di chi ama ed è amato, di chi scopre d'esser amato, si meraviglia e ama a sua volta. Essere amati ed amare è bello, è il momento più bello: avviene nella preghiera, che è attenzione all'amore di Dio e risposta d'amore.
La preghiera è bella perché è la piena realizzazione dell'uomo: nella preghiera ci sentiamo realizzati come figli del Padre: siamo quel che dobbiamo essere!
Nella preghiera - a tu per tu col cuore di Dio - si scoprono le ricchezze del Suo e del nostro cuore, tesoro che altrimenti rimarrebbe nascosto.
Anche Gesù ha confidato a Marta che la parte buona e bella della vita è quella in cui Maria si è messa ad ascoltare la Sua Parola per amore. “ Maria ha scelto la parte buona ”! Noi diciamo “ buona ”, ma l'equivalente espressione ebraica intende anche “ bella ”! Maria ha scelto la parte bella e buona!
La preghiera non solo è fatta di bellezza sua intrinseca, ma ha il potere di comunicare la bellezza a ciò che la tocca, persone e cose. “ Guardate a Lui e sarete raggianti ” ci fa ripetere un salmo (34, 6) e Isaia (56,7) scopre nella preghiera anche le radici di questa pianta che è la bellezza, la gioia: “ Li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera! ”.
Un giornalista cecoslovacco, Zverina, ha scritto alcuni anni fa: “ L'uomo più bello è colui che prega ”. La preghiera, l'armonia della preghiera, porta alla luce, sul volto dell'uomo, la sua intima ed intrinseca bellezza. Tu sei più bello quando preghi!
La preghiera rende bello l'uomo che la vive, ma rende bello anche tutto il resto. Tutte le cose, per mezzo della preghiera, si collocano al loro posto nell'infinita varietà dell'universo, ricevendo e donando armonia.
Ho avuto modo di contemplare molte chiese. Sapete quali erano più belle? quelle dove qualcuno seduto o inginocchiamo stava pregando. Ho visto molti mazzi di fiori, ben composti e ben ordinati, preparati dal fioraio per qualche matrimonio. Ma il più bello era quello preparato dalla vecchia sagrestana per amore del suo Signore.
Sono entrato in molte case. Le più belle non erano quelle profumate e coi tappeti appesi alle pareti, ma quelle dove si respirava preghiera: qui il sedere su una dura panca era riposo, più che là su morbide poltrone vellutate.
Tutto viene reso bello dalla preghiera, anche il discorrere dell'uomo con gli altri uomini, anche il suo modo di lavorare, addirittura anche il suo riposo o divertimento!
Il canto di un coro che, cantando, prega, ha una bellezza indicibile e inspiegabile da chi non sa. Il coro preoccupato di far bella figura anche se esegue canti famosi lascia freddezza.
Nulla supera la bellezza del volto di un uomo o di un bambino in preghiera!
Eppure quante persone rifuggono la preghiera! La fuggono come fosse un tormento, non scorgendone la bellezza e l'armonia. E se l'accettano per un senso del dovere, l'accorciano, la riempiono di... cianfrusaglie e parole e pensieri, perché non sia preghiera. E' un'esperienza che in varia misura tutti abbiamo vissuto.
Quando non voglio mettere in discussione la mia vita, quando non voglio cambiare modi di fare o decisioni prese, quando ci sono cose, relazioni, atteggiamenti cui sono attaccato più che alla Volontà di Dio, allora non mi piace pregare: non sento bella la preghiera. Appunto perché pregare è lasciarsi inserire nella Vita, nel disegno di Dio. Per poterlo fare Dio può chiedere cambiamenti, proprio come è necessario, perché una pianta di fiori possa svilupparsi, cambiargli la terra o, come si deve, per accendere una lampada, girarla nel suo supporto! Dio può chiedere cambiamenti, ed allora... la preghiera non piace, e la si esclude dalla vita o ci si illude di pregare formulando parole che cercano di convincere Dio a fare la nostra volontà.
Perché la preghiera sia bella deve essere vera! e per essere vera l'uomo deve avere nel cuore quella parola che salì alle labbra di Maria quando l'Angelo le ha comunicato un modo nuovo di vita per lei: “ Eccomi, sono la serva del Signore”. Eccomi, Signore, fa di me come mi dirai.
Quando una persona è in sincera ricerca della Volontà di Dio e non vuole avere una propria volontà, ma solo lasciarsi dire dal Signore quale è la Sua, allora si cerca la preghiera, che diventa bella, perché è libera da tutto ciò che potrebbe condizionare la nostra relazione con Dio.
La mia preghiera è libera quando di me stesso non sono preoccupato e l'unica persona importante è Gesù. In me non devono “stare in piedi ” i peccati, ma nemmeno le cose buone, le mie doti e le mie
capacità: devo esser pronto a lasciare che il Padre, come viticoltore, faccia la sua potatura su di me. Ogni buon coltivatore pota i rami che portano frutto! Anche le mie buone qualità le lascio a disposizione del Padre, che me le faccia usare o che me le tolga, o non me le faccia adoperare. Egli sa.
Se la mia preghiera è libera sarà pure bella, e semplice, e disinteressata.
Ecco, io vengo, Signore, per fare la Tua volontà!
Questo sarà la base, il punto di partenza di ogni vera preghiera: l'abbandono di sé al cuore sapiente e buono del Padre, in Gesù. Allora la preghiera diverrà una costante del cuore dell'uomo, rinnovato e ringiovanito di bellezza.
Esercizio: fermarsi mezz'ora con Gesù, senza dirgli nulla. Gustare la sua presenza, leggendo all'inizio un breve brano del Vangelo. Lasciare che Lui parli, dica quel che piace a Lui, ciò che Egli cerca e vuole. Stare a vedere quel che Egli fa e in che modo lo fa in quell'episodio che abbiamo letto.
Che cos'è la preghiera?
Spesso non sono nemmeno in grado di definire quelle cose che sono mie, che posseggo, soprattutto se esperienze di vita. Per poter dire che cos'è la preghiera dovrei perlomeno esser sicuro che essa è mia. Ma è proprio mia la preghiera?
Di chi è la preghiera?
Normalmente viene data di essa questa definizione: “ relazione d'amore con Dio”. Traducibile nella frase: “Mi ami - Ti amo”. Tutte le altre parole della preghiera o sono contenute in queste, o sono una preparazione ad esse oppure una conseguenza.
Devo quindi ammettere che la preghiera non è mia, non è perlomeno tutta mia, non è solo mia. E' relazione, relazione d'amore, deve essere quindi di almeno due persone.
La preghiera non è solo mia perché l'amore non è solo mio. Anzi, san Giovanni nella sua prima lettera (4, 10) dice precisamente che “non siamo noi che amiamo Dio, ma è Lui che ha amato noi”. L'iniziativa dell'amore è di Dio. Egli è il Padre: è Lui che ha amato e che dà la capacità di amare.
Possiamo perciò e siamo costretti a dire che la preghiera non è nostra, non è mia, è tutta dì Dio, è opera di Dio!
San Paolo in vari modi e senza tanto ragionare cerca di insegnarci che le cose stanno proprio così.
“ L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito che ci è stato dato” (Rm 5, 5): l'amore che può essere in noi, non è nostro, viene da Dio; noi ne siamo fragili recipienti! “ Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente chiedere, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili ” (8, 26): c'è in noi Qualcuno che tiene il vero rapporto con Dio! “ Nessuno può dire»Gesù è il Signore»se non sotto l'azione dello Spirito Santo ” (1Cor 12, 3): anche l'atteggiamento di obbedienza al Figlio di Dio non è opera nostra. “ Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? ” (1Cor 3, 16-17; 6, 19) e ancora: “ Noi siamo il tempio del Dio vivente! ” (2 Cor 6, 16). Sono parole dell'Apostolo che traducono in vario modo ciò che Gesù aveva detto ai suoi nel cenacolo (Gv 17, 2,3): “ lo in loro e Tu in me”.
Tutte queste parole, confermate peraltro dal nostro spirito, ci fanno concludere che noi siamo solo il luogo della preghiera! La preghiera non è nostra, la preghiera è in noi! è nostra solo in quanto si svolge nel luogo del nostro spirito, della nostra anima, nel nostro corpo. Noi siamo il tempio in cui lo Spirito chiama Gesù: “ vieni, Signore Gesù ” (Ap 22, 17), il tempio in cui Gesù adora il Padre e gli ubbidisce: “Ecco, io vengo a fare la Tua Volontà” (Ebr 10, 9), il tempio in cui il Padre si compiace del proprio Figlio Gesù, il luogo in cui si incontrano Padre, Figlio e Spirito Santo in dialogo d'amore eterno. Ma questo è proprio vero?
Credo che possiamo riscontrarne la verità a vari livelli, con varie prove. Anzitutto l'esperienza di molti santi: hanno trascorso anni ed anni lunghissimi di aridità così oscure da chiamarle addirittura notte dello spirito. Non avevano parole né sentimenti da presentare a Dio. Eppure erano santi, uomini e donne di Dio. La preghiera viveva in loro, senza che essi lo sapessero e la sentissero.
Un'altra controprova è la preghiera in lingue. Vari cristiani hanno fatto e stanno facendo l'esperienza di balbettare con Dio, di non dire nulla pur formulando parole di lingue sconosciute.
La preghiera è in essi, ma non appartiene a loro.
Pietro, Giovanni e Paolo, e molti altri, hanno avuto delle estasi: momenti di assenza da questo mondo e presenza a Dio. Chi agiva in essi in quel momento? Non la loro volontà, né le loro facoltà. La loro preghiera in quelle circostanze non dipendeva da loro.
Anche noi facciamo esperienza, talvolta, che, senza volerlo e senza cercarlo, addirittura controvoglia, sale dal nostro intimo un dialogo con Gesù, o una delle tante orazioni imparate a memoria, o una frase del Vangelo. Chi sta pregando in noi?
lo sono, - soltanto - o fortunatamente, luogo di preghiera, santuario frequentato da Dio. Egli, Dio Trinità, sta dialogando con Amore immenso del Padre per Gesù e di Gesù per il Padre.
Quale grazia per me essere il luogo della preghiera di Dio!
Questa grazia è carica di conseguenze!
Una prima è questa: non mi sforzo di pregare, di trovare parole da dire a Dio, come se il dialogo con Lui fosse un'attività che dipende da me. E' invece una passività. Mi lascio usare da Dio per la Sua preghiera, il Suo dialogo: lo accolgo in me!
Un'altra conseguenza sta nel fatto che non conosco più luoghi e momenti riservati alla preghiera, perché sempre e dovunque sono io il luogo di preghiera e il tempo della mia vita è tempo di preghiera. In ogni momento della giornata Padre e Figlio si amano e in ogni luogo ove io mi trovi possono scegliere me per dimostrarsi fiducia e obbedienza.
La vita intera, così, diventa luogo della preghiera eterna e continua unione con Dio, in Dio.
Ed io? La mia intelligenza, la mia volontà, la mia memoria, la mia carica d'amore restano escluse? No, anzi: proprio esse in misura sempre crescente possono rendersi attente a ciò che si svolge in me ed esserne coinvolte. La volontà può far smettere le altre facoltà di occuparsi con se stesse e con le cose esteriori affinché la memoria possa ricevere comunicazione delle Parole del Padre e di Gesù e l’intelligenza ne sia coinvolta a tradurle in atteggiamenti del cuore e del corpo, e la capacità di amore si orienti ad immedesimarsi e fondersi in quello di Dio.
La preghiera nascosta in me, mi diviene così esplicita, tanto che corro il rischio di crederla mia.
Per poter essere completamente immerso da questa Preghiera e viverla passivamente, devo anche darmi da fare per trovare spazi di luogo e di tempo in cui l'azione dello Spirito Santo (la preghiera) divenga percepibile alla mia anima e cosciente.
Li devo cercare perché sono peccatore, incline al male, e vivo in un ,mondo che dà molto spazio al male.
Cerco perciò il luogo adatto, senza rumori, senza distrazioni per gli occhi, senza oggetti che mi portino via la memoria a dover ricordare impegni, lavori, persone...
Cerco il tempo più adatto alla mia attenzione: non sarà il tempo in cui ... non so fare altro per la stanchezza! Sarà un tempo in cui sono ancora riposato. Sarà un tempo sufficientemente lungo, misurato sui miei ritmi personali interiori. Se per... depositare preoccupazioni e ricordi e immagini mi ci vuole mezz'ora, il tempo della vera Preghiera comincia dopo quella mezz'ora.
Voglio infatti che il Dialogo d'amore di Dio non rimanga sottinteso e inconscio, ma che mi prenda tutto!
Quando sono sicuro di... sentire la Preghiera di Dio in me?
Quella preghiera che comincia con la parola “ io ” è iniziativa mia.
Spesso mi inganna, non è vera Preghiera.
Quella che comincia coi “Tu ” ha garanzia d'esser vera Preghiera: Tu Padre!
Tu Gesù sei degno...
Tu Spirito Santo...
Così la preghiera di quei due che sono saliti al tempio a pregare: l'uno diceva: io non sono come... e l'altro: Tu, abbi pietà di me!
Questa era preghiera! è la preghiera che Gesù, annoverato tra i peccatori, rivolge al Padre. L'altra non era preghiera, era solo illusione.
Sto attento e accolgo la preghiera che comincia col “ Tu ”! Infatti Gesù e il Padre sono sempre attenti l'Uno all'Altro!
Esercizio: dopo un po' di silenzio, provare ad osservare Gesù unito al Padre: il Padre è contento di Gesù, perché?
e provare, lentamente, a iniziare frasi con queste parole: Tu, Gesù, sei degno di onore, perché...
Tu, Gesù, sei degno di...
Tu, Gesù, sei...
Preghiera e vita
Mi sono sentito spesso rimproverare... come se il pregare o la preghiera fosse un perditempo della vita, un qualcosa, un'occupazione che aliena l'uomo dalla vita. Questa concezione è sufficientemente diffusa!
Ma che cos'è la vita? quale il suo rapporto con la preghiera?
La vita, in pratica, è fatta di una lunga lista di azioni: la vita è alzarsi, lavarsi, bere, mangiare, camminare, lavorare, parlare, ascoltare, incontrare..., leggere, guardare, maneggiare pentole, aspettare, giocare, osservare, non saper che dire, sbuffare, sdraiarsi...
Tutte queste azioni, più alcune altre, formano la vita o meglio, la riempiono. La preghiera è una cosa a parte? Molti la mettono in elenco con tutte queste occupazioni, o all'inizio o alla fine. Così la lista si allunga: si aggiunge la preghiera una o due volte, qualcuno addirittura tre volte! Altri trovano che la vita è vita anche senza aggiungere la preghiera, e sono a posto.
La vita è qui, la preghiera è là. Un modo di pensare che trova sostegno nella diffusa credenza che Dio sia un Qualcuno distante, lontano abbastanza dalle nostre porte, in cielo, sopra le nubi. L'incontro se voglio, quando voglio io, quante volte decido io. Stando così le cose la vita può correre spedita senza la preghiera, come un camion va addirittura meglio se è senza rimorchio!
Qualcuno giustifica questi pensieri sulla lontananza di Dio con la preghiera di Gesù “ Padre nostro, che sei nei cieli... ”, come se “ nei cieli ” significasse assenza, oppure bisogno d'esser svegliato. Non ci si rende conto che quella frase vuol significare invece il fatto che il Padre è presente a tutti come padre. Chi sta sulla terra è presente solo a pochi, solo a chi gli sta intorno. Chi è nei cieli può esser presente a tutti in ogni momento, come il cielo è presente agli africani e ai cinesi nello stesso istante. Inoltre essere nei cieli significa la non dipendenza dalle cose della terra, spesso malvagie. Ha lo stesso significato della parola “ santo ”, che non si lascia influenzare dalle cose, dagli avvenimenti della terra. Il suo cuore è sempre paterno. Egli dunque non è lontano. I cieli penetrano addirittura i miei polmoni! Dio ha esteso la Sua Vita e Presenza fino nell'intimo della mia persona. Io sono suo figlio, sono chiamato con questo nome che ricorda continuamente che la mia esistenza ha le origini in Lui. La vita del figlio è talmente legata a quella del padre, tanto da essere la prova della Sua esistenza e della Sua opera.
Non c'è figlio senza padre. Se sono chiamato figlio di Dio, la mia vita ha legami forti con la Sua, ne dipende in continuazione: il seme della Sua Vita s'è sviluppato nella mia. Sono figlio di Dio. C'è in me presenza di Dio.
Vita e preghiera sono perciò una sola cosa, indivisibile.
La preghiera è solo la luce con cui vedo la mia vita, la più profonda realtà della mia vita. E la vita diventa ed è il supporto debole e fragile e momentaneo della preghiera eterna e potente, perché Dio in me sta pregando, come abbiamo cercato di intuire nell'articolo precedente.
La preghiera è il colore, il calore, il respiro della vita. Senza preghiera la vita non è piena, solo scheletro, morta, vuota, come una cassettina da registrare, una radio senza sintonizzatore, una noce senza gheriglio.
La preghiera di Gesù in me orienta in modo nuovo tutto quel che faccio, anche quel che faccio senza pensarci assume un ruolo nuovo. La preghiera di Dio in me dà un significato vero, divino ed eterno ad ogni avvenimento. L'alzarmi del mattino diventa un rendermi disponibile a Dio per amare, il mangiare diventa ringraziamento, incontrare persone diventa occasione per dare speranza e coraggio ecc... Tutto diviene segno del nostro rapporto con Dio così come Gesù riuscì a vedere e comunicarci attraverso molte parabole: cose, persone e azioni degli uomini divennero altrettanti messaggi di Dio che ci coinvolge nella sua Presenza e nella sua azione nel mondo.
San Paolo ha sintetizzato questo aspetto con l'invito: “ Tutto quel che fate, in parole e in opere, fatelo come per il Signore ” (Coi 3, 23-24), “ Sia che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio” (1Cor 10, 31-33). I primissimi cristiani di Gerusalemme hanno vissuto la loro prima persecuzione, per la quale sono dovuti fuggire dalla città, come l'occasione per portare il messaggio evangelico e la fede nuova nelle molte zone e paesi in cui si sono rifugiati: significato nuovo e bello di un triste e doloroso evento. Solo la preghiera è luce che concede di vedere il significato delle cose secondo Dio: la preghiera - colloquio che Dio Trinità svolge nei nostri cuori.
Taluno teme di rendere la vita artificiosa e artificiale e quindi noiosa e fanatica nel continuare a vedere significati religiosi nelle cose ed eventi. Preoccupazione sana. Talvolta però ci si può anche sforzare di vedere le cose con la luce della fede, ed allora ci si accorgerà che esse diventano più vere e ritrovano armonia nella loro collocazione eterna. Fino al punto che questa luce diviene l'unica, senza sforzi particolari e stonati, e senza fanatismi: con gioia serena che non ha bisogno di dar spiegazione di sé.
Preghiera e vita quindi sono due realtà? Non può essere. Se la preghiera è fuori della vita normale, un angolo, qualcosa di esterno, anche se appiccicato bene, non è vera preghiera: un'anima senza corpo non è un uomo, il vino senza alcool non è vino! E se la vita è fuori della preghiera non è vita piena, sviluppata, come sale senza sapore, fuoco senza calore, manca qualcosa, qualcosa di essenziale.
Come posso unire vita e preghiera tanto che esse si compenetrino, fino al punto che non si distinguano più, tanto da non sapere più cos'è vita e cos'è preghiera? perché tutto è diventato preghiera e tutto è vita!
Questo è dono dello Spirito Santo. Non è conquista dell'uomo. E' un dono che però non è negato ad alcuno. Se uno segue le piccole ispirazioni che riceve ogni giorno verrà condotto in breve tempo a questa unità.
Per accendere un gran fuoco si comincia con piccoli pezzetti di legno e di carta leggera!
Sarà necessario solo fare attenzione ai piccoli suggerimenti dello Spirito Santo che invita a lodare, a ringraziare Dio, ad offrirgli il lavoro, momenti di vita, i passi che si fanno, ecc... Lo Spirito Santo, il suggeritore, continuerà a suggerire sempre più, quando vede che ciò che dice viene accolto con serietà.
Il dono dello Spirito Santo, dono di unità tra vita mia e preghiera di Dio in me, ha le caratteristiche dei doni vivi: sono doni, regali, ma per essere conservati tali devono venire nutriti da chi li riceve. Proprio come l'uccellino che mi è stato regalato. E' un dono, ma se ogni giorno non gli do acqua e cibo, poverino, mi muore.
L'unità tra preghiera e vita è un dono vivo: richiede attenzione e nutrimento quotidiano. Se viene... coltivato, cresce, fino al punto che si potrà dire:»non sono più io che vivo.......
Mi accorgo che non ho più una volontà mia, se non quella del Padre, non ho più amore, se non per Gesù, non ho più memoria, se non quella dello Spirito Santo. Non sono più io, io non mi conosco più, come fossi morto e in me vivesse un altro. “ Non sono più io che vivo, Cristo vive in me” (Gai 2, 20).
Allora la vita è vita, e la preghiera è preghiera. E l'una e l'altra si illuminano e sostengono e si identificano.
L'amore di Gesù al Padre rimane sempre presente, tanto che io coinvolto - vivo costantemente come figlio: i miei interessi sono quelli del Padre...
Scoprirò, al limite dell'assurdità umana, che il Padre vuole portare pace nel mondo, anche attraverso di me. Gli consegnerò perciò le “ doverose ” preoccupazioni che mi tormentano e rimango nella pace. I miei interessi sono quelli del Padre.
La mia vita diventa solo (!) un'occasione per far presente Dio nel mondo! Ciò presuppone il “ non più io vivo ”, presuppone l'aver rinunciato ai propri interessi, a costruirsi un proprio progetto, l'aver accettato il piano di Dio che mi si manifesta giorno per giorno, momento per momento, anche con bruschi cambiamenti.
Così non ci saranno più confini tra vita e preghiera! Penso ad alcune persone, Abramo, Samuele, Maria, san Francesco: in essi la preghiera - il rapporto d'amore con Dio - era l'anima della vita. Ricordando il loro nome ricordo quello di Dio. Vorrei arrivare al punto che chi pensa a me sia obbligato a ricordarsi di Gesù e del Padre! La mia vita memoria di Dio, come una spugna impregnata d'acqua, come un pesce nel mare; chi pensa al pesce ricorda il mare!
La mia vita e quella di Dio non si distinguono più.
Pregare la Parola
Strumento di comunione e di comunicazione è la parola. Anche l'amore si comunica spesso tramite parole. La parola può divenire come veicolo carico del dono dell'amore. Padre e Figlio si comunicano l'amore senza bisogno di parole, ma quell'amore diviene cosciente in noi e ci coinvolge per mezzo delle parole.
Dio coltiva il suo rapporto d'amore con noi tramite parole, suoni che giungono ai nostri orecchi: “ Beati gli orecchi che odono ciò che udite”! “Chi ascolta Me ascolta Colui che mi ha mandato”.
Noi abbiamo l'organo dell'udito per mantenere relazioni con altri. Le parole di Dio, per il significato e per il tono di voce, toccano la nostra mente ed il nostro cuore dopo essere passate per gli orecchi! Ma la Parola di Dio è una sola. Siamo noi ad aver bisogno di sentirne tante, per ogni momento, per ogni situazione, per ogni età, per ogni stato d'animo: e Dio, con pazienza, ci sminuzza la Sua Parola secondo i nostri bisogni in tante parole. La sua Parola è il “ Verbo ”, che noi - usando i termini comprensibili alla nostra esperienza umana e familiare - chiamiamo Figlio. La Parola di Dio è il Figlio, è Gesù: una parola molto espressiva e ricca di suggestioni, una persona, un uomo vero che viene dal cuore di Dio, e quindi adorabile in quanto porta in sé Divinità: è Dio!
Gesù è la Parola. In Lui trovano meta, completezza, scopo, sia le parole dei profeti di Dio, sia i gesti “ profetici ” del popolo di Dio, sia la vita degli uomini di Dio. Dio è il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe, la cui vita e testimonianza e il cui messaggio di fede trovano il culmine e coronamento in Gesù.
Gesù è la Parola che dà significato e vita al passato ed è la Parola per ogni ora del futuro. San Pietro ha sintetizzato così: “ la Sua Potenza divina ci ha fatto dono d'ogni bene per quanto riguarda la vita e la pietà, mediante la conoscenza di Colui che ci ha chiamati ” (2 Pt 1, 3). Gesù è la parola che Dio ci rivolge, con cui Egli ci fa pervenire il Suo Amore di Padre.
Così Dio inizia e continua e termina il suo rapporto d'amore con noi, donandoci Gesù. E continua il suo dialogo con Gesù nei nostri cuori, finché anche noi veniamo coinvolti.
Noi riceviamo la comunicazione di Dio con gli orecchi - in quanto Gesù parla -, con gli occhi - in quanto Gesù agisce, sorride, si muove -, con il cuore - in quanto Gesù ama e si dona
Riceviamo la Parola di Dio attraverso gesti e parole di Gesù. Dopo esser toccati dalla parola o sollecitati dalla vista delle azioni reagiamo ad esse. Parole e azioni ci scuotono, ci danno gioia, ci rimproverano, ci spingono, ci rianimano, ci aprono gli occhi, ci danno luce... Ci fanno “ toccare” Dio!
La parola di Gesù è Dio che ci tocca, ... ci ricrea, ci guarisce, ci salva, ci fa vedere Dio come interlocutore del nostro cuore!
Come rispondiamo? Reagiamo, generalmente, rispondendo con parole o con sentimenti o con azioni.
Quali parole e quali sentimenti e quali azioni troverò per rispondere all'amore che Dio mi dà in Cristo Gesù? Che parole userò con Lui? Egli sa già le mie parole prima che la lingua le pronunci! Nessun sentimento del mio cuore Gli è nascosto. Quali mie parole potranno toccare il suo Cuore? E quali possono colpire la sua Sapienza? Con quali parole sono degno di stare davanti a Lui? Poiché le mie parole d'uomo sono povere, incomplete, insufficienti ad esprimere quel che vorrei. E anche ciò che vorrei esprimere è poco, incompleto, non degno di Dio.
Prenderò le Sue: mi rivolgerò al Padre usando le stesse parole del Figlio Suo, quelle di Gesù e quelle che il Suo Spirito ha suggerito ai profeti e ai santi. Queste gli saranno gradite, perché sono per il Padre un ricordo del Suo Figlio, di Colui in cui trova la Sua gioia.
In tal modo... gli permetto attraverso di me di continuare il Suo dialogo eterno!
In tal modo sono certo che mi ascolta, è attirato a me perché è attento al Figlio!
Non devo vergognarmi o arrossire per quel che dico!
Trovo, nelle parole del Verbo, ciò che può esprimere tutti i miei sentimenti, perché Egli è stato uomo e si è addossato le conseguenze dei peccati (cfr. i salmi).
Parlargli con le sue Parole obbliga me stesso ad uscire dai miei limiti e da quei sentimenti che non sarebbero in accordo con Dio stesso.
Parlargli con le Sue Parole mi salva dal monologo, dall'illusione cioè di parlare con Lui e invece è solo rigirarmi nei miei sentimenti e decisioni; mi salva da discorsi inutili.
Se prendo la sua Parola vado dritto nel Suo Cuore da cui essa è partita. Evito ancora di essere egoista, di fermarmi a considerare me stesso, perché la Parola di Dio tiene presenti tutti gli uomini, tutte le creature. Non potrò ad esempio, con la Parola di Dio, chiedere il “ mio ” pane. Potrò solo chiedere il “ nostro ” pane. In tal modo è Gesù che parla al Padre, è la sua Parola che torna a Lui dopo esser penetrata nel mio cuore e averlo... modificato!
In pratica, come posso fare?
Posso, ad es., leggere uno o più salmi, cercando di immedesimarmi nella persona di Gesù che si rivolge al Padre.
Oppure leggo un brano di Vangelo. Lo rileggo ancora. Provo ad immaginarmi la scena o a rivivere dalla parte di Gesù quel che Lui dice, come se io lo dicessi in vece sua. Oppure prendo un solo versetto di un Salmo o del Vangelo e lo imparo a memoria e cerco di percepire il significato di ogni parola.
Così questa preghiera diventa occasione perché Dio manifesti se stesso presente in me. lo sono solo luogo un po' cosciente del Suo dialogo.
La Chiesa non ha trovato finora preghiera migliore da suggerire ai fedeli di quella dei Salmi o di brani della Scrittura o della risonanza che essi hanno avuto nella vita dei santi e nella propria storia (inni, responsorii, orazioni, ...). Già san Paolo diceva queste cose ai cristiani che amava: “ la Parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente. Cantate salmi, inni e cantici spirituali ” (Coi 13, 16). “ Siate ricolmi di Spirito, intrattenendovi a vicenda con salmi, inni e cantici spirituali ” (Ef 5, 18). “ Attingi sempre forza nella grazia che è in Cristo Gesù ” (2 Tim 2, 1).
E Maria, quando ha voluto lodare Dio ha solo ripetuto parole di Salmi e inni che le fiorivano alla memoria con abbondanza e con gioia! Gesù in croce non ha trovato nulla di meglio che intonare il Salmo “ Dio mio, Dio mio ”, sia per esprimere la sua sofferenza che la sua speranza “ nelle tue mani consegno la mia vita ”.
I cristiani, lungo i secoli, hanno sempre cercato il pregare la Parola, modo molto sicuro dogmaticamente e spiritualmente. Ad es.: il santo Rosario è la contemplazione di Gesù nella sua vita terrena, con la ripetizione della parola che Dio, tramite l'angelo, ha rivolto a Maria. Un modo di... ruminare parola di Dio e di rivivere lo sviluppo della storia di Gesù Verbo di Dio alla luce del suo povero e mite e nascosto inizio: Ave Maria!
Un altro modo semplice che i cristiani si sono... conquistati è quello della celebrazione della Via Crucis. Ci si ferma un bel momento a considerare le profezie e i fatti e le conseguenze che rispettivamente riguardano e derivano dalle ore della Passione di Gesù: una “ parola ” di Dio estremamente toccante e che sollecita una risposta radicale dell'uomo.
C'è stato in voga per vari anni un altro modo di pregare la Parola: era chiamato “ Coroncina del sacro Cuore ”. La “ parola ” ivi ruminata era la frase di san Paolo (Coi 13, 12): “ rivestitevi come amati di Dio, santi. e diletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, dì pazienza ”.
E le varie litanie sono pure un modo semplice, un aiuto ai semplici, perché la nostra preghiera sia alimentata e formata dalla Parola di Dio: litanie del Nome di Gesù, dei sacro Cuore, del Sangue di Gesù, litanie mariane ecc.
Spesso le intenzioni originarie di questi aiuti popolari per pregare la parola non corrispondono più alla realtà e ce ne convinciamo se pensiamo alla diffusa fretta p. es. della recita del Rosario: questa è diventata per molti solo una formula invece che contemplazione e immersione nei misteri di Dio.
Esercizio: leggo un brano della vita di Gesù, lo rileggo. Lo trasformo in preghiera iniziando così: “Ti ringrazio Gesù, perché... ”
oppure: “Sei stato bravo, Gesù, perché... ”.
Ripeto, ad occhi chiusi, in un momento di assoluta pace, il Nome di Gesù, col ritmo del respiro, così mi unisco al Padre che pronuncia la “Sua” Parola. Dopo cinque minuti mi unisco a Gesù per chiamare il Padre: “Padre ”, sempre ritmato dal respiro naturale.
Preghiera personale e comunitaria
La vita dell'uomo esiste grazie ad una relazione. Nasce da una relazione, prima della nascita è strettamente dipendente dalla madre, e dopo la nascita continua a dipendere dal cuore e dalle mani di altre persone. La vita dell'uomo può dirsi autonoma, ma non indipendente. Anche nell'età adulta il cuore dell'uomo è costantemente rapportato agli altri. Il mio cuore di oggi, cioè la parte più intima di me stesso, è frutto di rapporti-relazioni che ho avuto nel passato.
La vita dell'uomo è un continuo annodare, disfare, riagganciare relazioni. Sia che io viva con gli altri o senza di loro, la loro presenza è sempre condizionante: li cerco o li evito, gli altri.
il rapporto dell'uomo con Dio risente di questa situazione.
L'uomo che si presenta a Dio si presenta con tutte le sue relazioni positive o negative e con una vita frutto di relazioni. Ogni volta che un uomo si presenta a Dio, Dio vede avvicinarsi il rappresentante di una buona fetta di umanità. Quando un uomo si immerge in Dio trascina con sé tutte le sue relazioni con gli uomini. La sua relazione d'amore con Dio è personale, personalissima e tuttavia comunitaria. Nei rapporti con gli uomini io mi presento loro così come sono diventato e come sono trasformato dalla relazione con Dio ed entro in comunicazione e comunione con Dio con i miei legami agli altri uomini.
Se Dio prega in me, mi coinvolge anche in quanto io sono legato alla vita degli altri.
Parlare di preghiera personale e di preghiera comunitaria significa solamente mettere in luce due aspetti di una stessa realtà, aspetti peraltro inscindibili, come le due facce di una medaglia, come il suono al colpo di campana, come il peso ad un sasso.
Per mia fortuna, grazie a Dio, io appartengo in maniera inscindibile al Corpo di Cristo che è la Chiesa, quel Corpo di cui il Capo è Cristo Gesù. Il mio rapporto con Dio, la mia preghiera, è tutto intriso delle relazioni che si sono stabilite e che vengono continuamente rinnovate e approfondite nel Corpo di Cristo.
Gesù, il Capo del Corpo, prega incessantemente il Padre, è in continuo rapporto con Lui, essendo assiso alla Sua destra. Il Corpo, e tutte le membra del Corpo, io compreso, riceve il beneficio e la garanzia di questa Preghiera!
Fino a che io sono membro vivo del Corpo di Cristo che è la Chiesa, io sono assicurato nel rapporto con Dio, perché perlomeno Gesù porta nel cuore del Padre quella relazione che ha con me tramite i legami miei al Suo Corpo.
Ma tutto il Corpo - la Chiesa - se vuole conservare unità al suo Capo, dovrà unirsi a Lui nel momento della Sua Preghiera, che è incessante. Non solo le singole membra, ma tutto il Corpo, in quanto tale, dovrà unirsi al Capo nel suo rapporto coi Padre.
E le membra del Corpo realizzano e manifestano la loro unione al Capo con l'unione reciproca realizzata nella carità e nei Sacramenti. Per questo lo Spirito Santo stesso - con la parola della lettera agli Ebrei 10, 24 - quando parla di queste realtà raccomanda: “ Senza disertare le nostre riunioni, come alcuni hanno l'abitudine di fare, ma invece esortandovi a vicenda ”. Se non mi unisco alla preghiera dei fratelli di fede, la mia unione al Corpo di Cristo, e quindi al Capo stesso, è quanto meno incompleta e sicuramente precaria e incerta.
La Chiesa vuole realizzare questa unione costante e incessante al Capo, Cristo, che prega incessantemente, assicurando attraverso vari suoi membri che ne hanno il compito, la preghiera continua, una preghiera fatta di Salmi e Parola di Dio, gli stessi pregati da Gesù. Questa preghiera è detta liturgica, perché è proprio quella del popolo di Dio, quella che assicura l'unità del popolo di Dio con la preghiera di Cristo Gesù nei cieli.
lo, membro del Corpo di Cristo, sono presente al Padre in ogni momento mediante il mio santo legame alla Chiesa, che ha sempre alcuni dei suoi membri in unione alla preghiera del suo Capo, Cristo. Alcune volte al giorno, o almeno qualche volta alla settimana, io stesso sono colui che assicura questa unità, quando insieme ad altri cristiani prego la preghiera liturgica.
Affinché la preghiera comunitaria sia vera preghiera, dovrò stare in essa a Tu per Tu coi cuore del Padre! e affinché anche la preghiera personale sia preghiera vera, devo portare gli altri, tutti, nel cuore di Dio. Se ne odio qualcuno, ... la mia preghiera è illusione e menzogna i
La mia preghiera «personale» dà valore e nutrimento alla preghiera comunitaria. Una comunità che prega «vale» in quanto i singoli membri sono personalmente uniti a Dio. Così, d'altra parte, una persona che prega «vale» in quanto membro di una comunità di Dio.
Due semplici paragoni possono essere d'aiuto alla nostra fantasia e intelligenza per comprendere meglio. Guardiamo i pilastri di un ponte: i pilastri sono come i momenti di preghiera comunitaria che sostengono la continuità della preghiera personale. Se non c'è preghiera personale anche quella comunitaria non dà frutto, è inutile. I pilastri senza ponte, a che servirebbero? D'altronde la preghiera personale ha bisogno del sostegno dei momenti di preghiera comunitaria.
Guardiamo la ruota di un mulino ad acqua: ogni paia riceve un colpo d'acqua che aiuta le altre a portarsi in posizione per riceverlo a propria volta. Se una pala non fosse unita alla ruota, inutile sarebbe per lei l'acqua! Non servono spiegazioni.
Molti altri paragoni li potremmo trovare nella natura, ma più autorevoli per noi sono gli esempi della vita di Gesù e dei suoi.
Gesù lo vediamo pregare da solo, e anche con i suoi discepoli più volte, e con tutti - nelle sinagoghe e nel tempio.
Degli apostoli è ricordato che si riunivano «assidui» nel Cenacolo e salivano al tempio a pregare con gli altri. Ma di Pietro è ricordato che all'ora del pranzo era solo in terrazza a pregare e Paolo raccomanda che gli uomini preghino “ ovunque si trovino ”.
La preghiera personale forma in me l'uomo nuovo, l'uomo interiore, che è destinato a crescere alla statura di Cristo Gesù: sono trasformato, poiché le mie facoltà si orientano a Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. La mia vita, il mio essere interiore si trova così ad avere un'altra forma, come gli spilli sparsi sul tavolo si orientano diversamente in presenza di una calamita. La mia presenza diventa un dono nuovo, dono santo per i fratelli, gradito a Dia e derivante da Lui.
Nella preghiera comunitaria ricevo l'aiuto del rapporto con Dio degli altri: aiuto che è sostegno, conforto, incoraggiamento, esempio ecc. Ed essi ricevono l'aiuto del mio rapporto con Dio.
Così nella preghiera comune la mia fede e quella dei fratelli si unisce e cresce l'unità e la stabilità del Regno di Dio. Non è più uno solo che dà testimonianza a Gesù, ma più di due o tre, e quindi Gesù stesso, secondo la Sua promessa (Mt 18,20).
La relazione di fede tra noi è la relazione di Spirito Santo e quindi dà vita ad una Presenza del Figlio di Dio!
Preghiera comune è dunque gloria di Dio! è spazio e tempo riempito da Lui, padre e creatore!
La mia preghiera personale è un atto della fede. Dio è presente e operante sempre: gli do fiducia e l'ascolto e lo lodo sempre, sto con Lui ogni momento. E' Lui il mio Dio, con Lui ho relazione personale a Tu per Tu.
E' Lui il Dio che ama me, come il pastore si cura di ogni sua pecora, e che ama anche tutti gli altri, li chiama, li salva, li manda.
Quando guardo il cuore di Dio, vi scorgo le altre persone, i suoi figli. Dal mio vero rapporto personale coi Padre sgorga quindi la necessità di unirmi a quelli che Egli ama per lodarlo e ubbidirgli insieme. Nel cuore del mio Dio, nelle Sue attenzioni vedo i miei fratelli, nei suoi pensieri vedo la volontà di salvarli, di accoglierli, di riunirli. Mi unisco a loro perciò per vivere insieme la lode di Dio.
Come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, come un pastore riunisce le pecore nell'ovile e va a cercare quella rimasta sola per rimetterla con le altre, come il pescatore raccoglie i pesci in una rete come il contadino raccoglie il grano in un granaio, come il muratore unisce i mattoni, così il Signore vuole riunire i suoi figli per difenderli, per nutrirli, per rallegrarli, perché diventino cibo, per costruire il Suo regno.
Non posso ignorare questa Volontà del mio Dio e Padre. Sarei ingrato e non figlio se disattendessi questo suo chiaro volere, se pretendessi vivere da solo il mio rapporto con Lui. Il Padre, quando vede i figli uniti, riconosce tra essi il Figlio: se sono uniti è segno che gli sono ubbidienti!
Preghiera personale e preghiera comunitaria non si contrappongono, si compenetrano e completano. Gesù ebbe a dire sia “ Prega il Padre tuo nel segreto ” sia “ Pregate così: Padre nostro... ”.
La preghiera è di Dio, ed Egli prega nel cuore di ciascuno che gli è sottomesso e prega nel cuore del popolo, famiglia, comunità che gli ubbidisce.
Esercizi:- mantenere particolare raccoglimento nella preghiera liturgica
- nella preghiera personale diventare bocca di tutti (con i salmi)
- vivere nell'umiltà la domanda di perdono (è personale ma dà frutti comunitari!).
Pregare l'Eucaristia
In che modo l'Eucaristia è preghiera? Come vivere la Messa? Qualcuno si lamenta perché durante la Messa non può fare le sue devozioni, è disturbato nel suo raccoglimento. E' proprio quello il modo di vivere la Messa?
L'Eucaristia è il momento più profondo della preghiera di Dio: nell'Ultima Cena Gesù si è offerto al Padre volontariamente prima che gli uomini gli mettano addosso le mani e lo costringano. Nella Cena Egli decide il suo dono d'amore liberamente: “ Il mio Corpo dato ”, “ Il mio sangue sparso”.
Gesù ha donato sé al Padre e il Padre ha accolto Gesù.
Lo Spirito Santo rende attuale per noi, oggi, questo rapporto d'amore tra Padre e Figlio.
Invochiamo infatti lo Spirito Santo sul pane e sul vino con l'imposizione delle mani e lo invochiamo su tutta l'assemblea che si dispone a consumarlo. Lo Spirito Santo ci accoglie così corporalmente nel rapporto Padre e Figlio e Figlio-Padre. Siamo inseriti nelle dimensioni più profonde della vita di Dio.
L'Eucaristia, così come viene celebrata, è il dono di Dio all'uomo e la possibilità per l'uomo di donarsi a Dio.
E' la preghiera più grande e più completa perché concretamente e corporalmente essa ci inserisce nel Corpo di Cristo e il Corpo di Cristo viene accolto dal Padre.
E' la preghiera più completa perché coinvolge anima e corpo, individui e comunità cristiana, e in una misura almeno inconscia l'umanità intera, tramite almeno la sua partecipazione alla confezione del pane e del vino e degli altri oggetti che vengono usati. E' la preghiera di Dio, del Dio umile che ubbidisce agli uomini (è celebrata quando gli uomini lo vogliono ... !), la preghiera di Dio, cui mi associo. Vi prendo parte coi corpo, coi cuore, con la mente, per quel tanto che posso. Diventa così la “ mia ” preghiera.
Come viverla? In modo da trasformarla in un momento di personale incontro con Dio? Sarebbe un disattendere il desiderio di Gesù. Essere raccolti e compresi di ciò che Gesù compie è certamente indispensabile. Ma il protagonista di questa “ preghiera ” è il Corpo di Cristo, la Chiesa, unita al Suo Capo. Vi partecipo quindi come membro di un'assemblea di fratelli, che manifestano e realizzano la propria reciproca appartenenza, e che in quanto uniti gli uni agli altri si presentano a Dio per riceverne i doni.
La domanda di perdono iniziale è un momento di particolare importanza: voglio deporre il peccato e sottoporlo alla misericordia di Dio e dei fratelli, per non portarlo nel Corpo di Cristo! Il peccato comunque non entrerebbe, piuttosto io ne rimarrei escluso!
L'ascolto della parola di Dio è scuola, è momento di formazione: la Parola creatrice Plasma nuovamente l'uomo secondo il modello del Padre che è il Suo Figlio, Gesù! Il Corpo di Cristo deve essere formato secondo la parola di Dio. Questa è paragonabile alle mani di Dio che plasmano l'uomo nuovo, il Corpo di Cristo: ogni suo membro deve essere toccato e formato dalle mani di Dio!
Mangiare il pane e il vino della benedizione, su cui è stata pronunciata la benedizione a Dio e su cui è effuso lo Spirito Santo, è come il soffio di vita che Dio alitò in Adamo: ora, attraverso i suoi membri che se ne nutrono, il Corpo di Cristo riceve vita, quella di Dio. Vita vera, pane di vita, calice di salvezza, eternità di Dio nella carne mortale.
Vita piena e vera ricevono quei cristiani che mangiano il Corpo di Cristo. Questa è la vera partecipazione all'Eucaristia. Pane e vino su cui è effuso lo Spirito Santo non sono avvelenati, come taluno fa credere dato il suo ostinato rifiuto. Sì, a pensarci bene, sono avvelenati, ma per il peccato. Sono veleno che fa morire la nostra superbia ,e il nostro egoismo. Difatti l'invito a mangiare e bere è un invito che mi obbliga a costante revisione del mio vivere in Gesù, per Gesù, con Gesù! E' l'invito ad una festa che richiede la preparazione della pulizia! E' l'invito che mi obbliga a rivedere gli orientamenti della mia vita: sono dipendenti da Gesù o lo ignorano?
Questa celebrazione-preghiera è allo stesso tempo uno sguardo al passato e al futuro: vedo la Cena di Gesù, l'ultima, nella quale Egli ha preso nutrimento per vivere il suo passaggio da questo mondo al Padre (morte e risurrezione): è l'unico fatto rilevante del passato. Vedo il Banchetto di festa eterna cui tutti gli uomini sono attesi: ed è l'unico fatto rilevante del futuro.
Guardo al passato e guardo al futuro per vivere il presente come figlio di Dio, salvato (dal fatto del passato) e proteso (al fatto del futuro) nella speranza e nell'amore.
Questa celebrazione, che può esser vissuta solo comunitariamente (il fatto che ci deve essere il presbitero me lo garantisce!), è un atto della mia fede personale, che viene impegnata completamente: credo in Gesù, Figlio di Dio!
E' un'azione della mia speranza: anticipo ora la comunione eterna con Dio e coi suoi santi (che ora chiamo solo fratelli) che avrò in eredità! E' un'opera del mio amore: condivido la presenza di Gesù con i fratelli e dono loro la mia vita consacrata a Gesù.
E' il culmine della preghiera - e della vita - perché è unione “ nel ” Corpo di Cristo (la Chiesa) al Capo del Corpo. E' come per gli organi di un corpo il momento in cui ricevono il flusso di sangue che li fa vivere e li rende utili gli uni per gli altri.
E' il momento in cui mi nascondo. Chi mi vuoi trovare deve cercarmi nel cuore del Padre insieme a Gesù! E' la fonte della preghiera e della vita: Gesù Cristo si fa corporalmente unito a me per gridare al Padre con la voce dello Spirito: Abbà, e per godere delle sue opere attraverso la gioia che io sento.
Molti cristiani apprezzano solo l'Eucaristia della domenica. Come mai? C'è sempre la tendenza di badare non a Colui che viene, ma al numero di coloro che vanno! Oppure l'egoismo di badare al proprio sentimento (me la sento - non me la sento) fa declinare l'attenzione dell'invito chiaro e forte: venite a me! La voglia di fare quel che piace (a volte un po' di sonno o un paio di chiacchiere di amici) fa perdere la volontà dell'obbedienza! Non posso né voglio fare obblighi di partecipare alla Messa anche i giorni feriali. Propongo solo di non fermarsi a consultare la legge (si deve solo la domenica), ma consultare l'amore: l'amore di Gesù per noi e il nostro per Lui.
La partecipazione all'Eucaristia è una “ preghiera ” che mi tiene impegnato tutto il giorno. Mangiare il “ pane ” è partecipare all'effusione dello Spirito Santo che è invocato su di esso. Dio prende dimora in noi ad ogni livello. Gli presentiamo un terreno preparato, un cuore libero, perché il mangiare non sia solo opera della bocca, ma di tutta l'anima e dello spirito. Ciò esige attenzione e impegno continuo. Esige che io non obbedisco ad altri in nessun aspetto della vita, perché tutta intera vuole essere posseduta dallo Spirito del Signore, tanto da esser destinato a divenire “ tempio ” di Dio: “ Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? ” (1Cor 3, 16).
E così, misteriosamente, in modi che superano e lasciano a bocca aperta le nostre capacità di comprensione, si realizza sempre più, con intensità insospettate, la nostra “ divinizzazione ” o l'“inabitazione ” di Dio in noi, la conformazione all'immagine di Cristo, fino a diventare noi stessi corpo dato e sangue sparso perché gli uomini di oggi ricevano l'amore del Padre e ritrovino la strada per essere suoi figli. La nostra vita cioè in tanti modi, a seconda dei carismi molteplici dello Spirito, diviene pane e vino, nutrimento e bevanda per i cuori affamati e assetati: fame e sete di comprensione, di amore, di giustizia, di perdono, di vera sapienza, di consiglio, di chiarezza potranno venire saziate dalla nostra vita plasmata dalla Parola di Dio e riempita del Suo Spirito e trasformata dal Corpo e Sangue di Gesù.
Pregare l'Eucaristia è più che semplice preghiera.
E' mettere il nostro corpo, la nostra vita, da un'altra parte. E' impegnare la vita in Gesù Cristo, nel Regno di Dio. E' dir grazie ed è offrirsi a Dio perché ci trasformi e ci adoperi. Se molti non vanno o non vanno più a Messa, il motivo c'è ed è profondo: non accettano di lasciarsi fare da Dio né di essere adoperati da Lui per il Suo Regno. Non dire loro: “ Va' a Messa ”. Dì piuttosto: “ Lasciati plasmare dalle mani di Dio, ti fa più bello, più gioioso, più sereno, più utile agli uomini, ti porta a realizzare in pieno la tua personalità nell'amore ”. Con questi desideri scopriranno che la Messa è l'unico vero grande aiuto per realizzarli. E' il momento in cui l'uomo entra già nell'eternità.
Preghiera di lode
Quando l'uomo fa qualcosa, agisce impegnando tutte le sue facoltà, anche se non vi pensa direttamente.
Addirittura succede che mentre i suoi occhi vedono e osservano e gli orecchi odono e ascoltano, una parte, la più profonda e impercettibile, sente oltre il materiale, oltre il visibile, oltre ciò che è scientificamente verificabile.
Non sempre questo “ sentire” è esatto, perché condizionato da credenze, talvolta superstizioni; spesso però è illuminato dalla fede vera. E' così che l'uomo si interroga e si dà risposte sulle cause e sugli scopi di avvenimenti piccoli e grandi e intravede spesso la “ mano ” che ha plasmato e sta guidando tutto con una Sapienza misteriosa e meravigliosa.
L'uomo intelligente e... furbo cerca questa sapienza per adeguarvisi, e anche quando non la scorge sa che esiste e si abbandona fiducioso. Ogni cosa visibile e palpabile, per l'uomo “ sapiente ”, è e diviene un richiamo all'invisibile, o un messaggio dell'invisibile, del Padre di ogni creatura, da cui viene ogni dono perfetto.
Ogni cosa diviene occasione di stupore, di ammirazione e di ringraziamento. Come l'opera d'arte suscita il riconoscimento dell'artista e poi l'ammirazione per l'opera eseguita e quindi riconoscenza se l'opera ci viene donata, così ciò che ci circonda suscita ammirazione per il Padre creatore. E quando si giunge a scoprire la destinazione delle creature, tutte finalizzate al bene dell'uomo, l'ammirazione si tramuta in riconoscenza. Tutto è dono, tutto occasione per dir grazie.
Il grazie viene manifestato in vari modi: il più semplice e immediato è la gioia d'aver ricevuto. Questa gioia è seguita dalle parole rivolte al donatore. Un episodio evangelico ci mostra i dieci lebbrosi guariti da Gesù, tutti contenti della guarigione, ma uno solo ha parole di riconoscenza. Ancora il grazie del cuore diventa forza e spinta per compiere azioni d'amore disinteressato. L'episodio successo a Zaccheo ce ne dà ampia riprova: per la gioia della propria conversione riesce ad aprire la sua... cassaforte e a svuotarla a favore dei poveri, tra lo stupore generale e certamente anche con propria sorpresa, data la fama di avaro e strozzino che s'era fino allora guadagnata.
La gioia dello scoprire di essere oggetto dell'amore di Dio ha conseguenze molto grandi e innovatrici nella vita. Anzitutto questa gioia fa nascere il desiderio di essere come colui che ama, come colui che dona con così grande generosità, tanto da imitarne il cuore!
La vedova che al tempio ha lasciato tutto quel che aveva, poco, in confronto al resto, ma tutto ciò che possedeva, ha potuto fare quel gesto pratico di abbandono della propria vita proprio perché nel suo cuore c'era la gioia di sapere che Dio Padre ha fatto così verso di lei e verso il popolo!
Se la gioia dello scoprire d'essere amati non provoca questo slancio continuo di generosità, è indice di un grosso ostacolo, di un cuore vuoto di Dio e pieno solo di egoismo, come quel servo che non seppe condonare quattro spiccioli, lui a cui erano stati condonati fior di milioni.
La Parola di Dio continua a chiedere all'uomo di far l'elemosina, non solo come gesto di umanità, ma soprattutto come espressione di gioia, di imitazione di Colui da cui abbiamo la vita e tutto il resto. E a chi vuoi fare qualche passo più sicuro Gesù propone addirittura di lasciare tutto: “ vendi tutto e dallo ai poveri ”, come segno della gioia di chi ha trovato non solo i doni di Dio, ma Dio stesso nella persona di Gesù.
Chi lascia tutto permette a Dio di mostrargli ogni giorno nuovo tutto il Suo grande amore di Padre provvidente!
E' una gioia per il Padre mantenere coloro che hanno dato via tutto per amore di Gesù! La gioia dei figli per l'amore del Padre rallegra il cuore del Padre e lo tiene aperto a riversare le sue ricchezze sui figli.
Con la gioia e oltre alla gioia viene il coraggio di aprire la bocca per esprimere la riconoscenza, ma anche per lodare direttamente il donatore! “ Ti loderò in mezzo all'assemblea ” è la promessa dell'uomo che vuoi rendere pubblica la bontà di Dio, perché anche gli altri siano aiutati a riconoscerla. Viene superata la contemplazione del dono, e dell'utilità a proprio vantaggio del dono, per vedere e fissare l'attenzione sulla grandezza, sapienza, fedeltà del Padre Creatore.
Così ha inizio la lode. Pur suscitata dalla riconoscenza per le cose che ci hanno positivamente toccato, si stacca da esse, si rende indipendente e va direttamente alla persona.
Lodo Dio per quel che è! i suoi doni sono stati e sono soltanto come il dito che indica la luna: vedo il dito ma guardo la luna! vedo i doni di Dio, ma godo di Lui! Lodo Dio per quel che Lui è, non più per ciò che Egli mi dà!
La lode è disinteressata. E' sentire del cuore e agire dell'intelletto che magnifica il Padre e il Figlio per la loro presenza, il loro amore reciproco, il loro esistere. La lode viene dalla gioia, oppure provoca la gioia! La gioia è manifestazione della lode, è l'atmosfera in cui si svolge la vera lode, è lo strascico che la lode lascia. Le parole di Maria SS.ma nei suo cantico ne sono un chiaro esempio: “ L'anima mia magnifica il Signore ” (lode) “ e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore” (gioia!).
La lode è l'azione dell'anima e la gioia è l'atteggiamento concomitante dello spirito.
Ed il corpo? il corpo generalmente si lascia trascinare... e così, trascinato dalla gioia dello spirito,... da noi freddi nordici e paurosi non fa nulla, ma, in luoghi più... caldi, partecipa con la danza, coi suono, col cibo e la bevanda!
“ Alzerò le mani ai tuoi precetti che amo! ” (Salmo 119,48).
“ Finché vivo canterò inni al mio Dio” (Salmo 146,2).
“ Lodino il suo nome con danze” (Salmo 149,3).
“ Esultino i fedeli nella gloria ” (Salmo 149,5). “ Lodatelo con squilli di tromba lodatelo con arpa e cetra lodatelo con timpani e danze, lodatelo sulle corde e sui flauti ” (Salmo 150,3-4).
Per esprimere la lode in modo adeguato e renderla più completa la si partecipa con altri, ed ecco la festa!
Tutta la famiglia, tutto il popolo celebra!
Allora bisogna esprimere la lode con le parole, con gesti e questi trovano espressione nelle motivazioni che hanno originato la lode: le opere di Dio quali la creazione e la provvidenza, la redenzione e la salvezza. Cosi la lode assume e assorbe anche la riconoscenza, perché tra noi e Dio ci sono sempre le sue opere come aiuto ad accorgerci di Lui costantemente.
La lode produce alcuni effetti positivi, quasi a dimostrare non solo che essa è gradita a Dio, ma che è addirittura opera sua nei nostri cuori.
Anzitutto chi loda gratuitamente il Signore godrà di una liberazione profonda dall'attenzione a se stesso. Tale attenzione generalmente è più presente di quanto non si pensi e fa della preghiera un ripiegamento su di sé, addirittura ostacolo alla grande preghiera di Dio in noi.
Inoltre la lode obbliga alla contemplazione pura, a “ vedere ” o “ osservare ” Dio prescindendo da noi stessi, dai nostri interessi o programmi e preoccupazioni.
E' ancora un aiuto all'abbandono: chi vede Dio nella sua grandezza e bontà gli si abbandona con fiducia e decisione.
La vita di chi loda il Signore è immersa nello Spirito Santo: è Lui infatti che dà testimonianza a Gesù e che riconosce il Padre! La lode ci porta nel mondo di Dio, nel clima del suo Amore santo e disinteressato!
La lode sincera ha anche la proprietà di trasformare il cuore dell'uomo: egli non è più uno che si guarda allo specchio per vedere com'è... ma, tenendo fisso lo sguardo sul Padre e su Gesù, viene trasformato secondo Dio, come succede ai bambini che osservando i loro genitori con amore ne imitano spontaneamente gesti e parola, senza accorgersene.
Esercizio: Trovare motivi di riconoscenza a Dio e poi, in un secondo tempo, lodarlo, non tanto per quel che fa, ma per quel che è!
Formulare in questo modo una litania di lodi!
L'uomo s'accorge assai presto di essere fragile creatura! Ancora prima di saper formulare pensieri egli sa di aver bisogno di qualcuno più grande e sicuro di sé. Il bambino non può vivere senza l'adulto! Ma l'uomo rimane sempre in qualche misura bambino. Anche da adulto egli sente la propria impotenza, l'incapacità a superare ostacoli grandi quali le forze della natura, i condizionamenti della società e le sofferenze del proprio corpo.
la presenza di Dio diviene importante e... provvidenziale per l'uomo in difficoltà trova finalmente qualcuno a cui rivolgersi, da cui implorare aiuto, senza il pericolo che la sua onnipotenza abbia limiti, come ce l'ha quella dei genitori, presunta tale dai bambini.
Questa è un'esperienza universale, di tutti gli uomini, anche di quelli che chiamiamo pagani. Dio viene visto e accostato come l'aiutante dell'uomo.
Anche tra i cristiani molti confessano onestamente di ricorrere a Dio quando - e solo quando - le cose vanno male! Essi stessi ne provano dispiacere, perché in fondo sentono che così non sono figli del Padre. Piuttosto con questo atteggiamento si rischia di voler passare padroni delle iniziative di Dio e perciò di essere fuori del posto “ giusto ”, fuori della “ giustizia ”. Difatti ci accorgiamo facilmente che se la preghiera del cristiano è tutta assorbita dalla domanda, dalla richiesta, quel cristiano sarà ben presto poco differente dal pagano.
Tuttavia la preghiera di domanda, di intercessione per sé e per altri è legittima, doverosa e raccomandata dal Signore stesso. E' anzi una delle opere dello Spirito Santo in noi che (Rm 8,26d) “ intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili ”, “ Egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio ”.
Questa forma particolare dì preghiera è infatti un riconoscere la nostra debolezza e il bisogno che abbiamo del Padre per essere uomini, e riconoscere l'onnipotenza di Dio, è riconoscere che Dio ha cuore di Padre, capace di intenerirsi davanti ai figli, è riconoscere che la nostra vita si svolge sotto i suoi occhi.
Il fatto che sia necessaria e doverosa non dice ancora che noi ne siamo capaci! Gesù vuole infatti orientarci anche in questa forma del nostro rapporto con Dio affinché non sia preghiera di schiavi, ma preghiera di figli, affinché cioè il Padre la possa riconoscere come preghiera del Figlio!
Ecco alcuni suggerimenti di Gesù.
I pagani fanno molte parole. Essi devono convincere e commuovere le loro divinità, le devono informare, come se non conoscessero il presente né il futuro.
Voi avete un Padre, ricorda Gesù. Egli sa già tutto: non occorre informarlo, né convincerlo, né commuoverlo. Occorre solo presentargli le mani vuote e libere.
Chiedete con insistenza! L'insistenza non è segno della sordità di Dio, ma è il segno che tu apprezzi ciò che chiedi e che sei convinto che solo Dio può dartelo.
Dio dà a chi sa apprezzare ciò che esce dalle sue mani! non si danno perle ai porci, che non le apprezzano!
L'insistenza ancora è segno di perseveranza e serietà. Hai valutato bene quel che chiedi, sai che è veramente necessario se occupi il tuo tempo a continuare a supplicare il Padre. “ Non pensi di ricevere qualche cosa dal Signore un uomo che ha l'animo oscillante e instabile in tutte le sue azioni ” ammonisce san Giacomo (1,7-8). “ Molto vale la preghiera del giusto fatta con insistenza ” (Gc 5,16).
Gesù insegna anche quali sono le cose da chiedere a Dio perché veramente importanti per noi e preparate già dal Padre. Questo è il punto più difficile della preghiera di domanda. Difatti ciò che io domando rivela dove è il mio cuore, rivela se io sono in contemplazione di Dio oppure solo di me stesso o del mondo.
Con facilità chiediamo a Dio come materiali, cose o eventi utili alla vita terrena, interventi che escludano le nostra fatica o l'impegno della nostra pazienza: salute, benessere, promozione scolastica o di carriera, moglie o, rispettivamente, marito ecc... Queste cose le chiediamo prima ancora di sapere se sono proprio necessarie alla salvezza! dimenticandoci di tendere ad essa in primo luogo.
Lasciamoci guidare da Gesù: Egli anzitutto raccomanda di chiedere lo Spirito Santo (Lc 11, 13): è lo Spirito Santo che rende la nostra vita perfetta e la forma a somiglianza di quella di Gesù!
Vita umana veramente realizzata non la si trova fuori dello Spirito Santo. Quante frustrazioni! e gli psichiatri non ne possono nulla, nemmeno spiegarle, se non sanno quello che so io e che ora t'ho detto!
Ancora Gesù ci indica di chiedere... “ Venga il Tuo Regno ”, “ Sia fatta la tua volontà ” ... ! I suoi occhi erano veramente rivolti a Dio! “ Dacci il nostro pane” soprasostanziale»”! Un pane per quella vita che dura oltre il mio funerale! “ Cercate il Regno di Dio, tutto il resto vi sarà dato in più ” (Mt 6, 3). “ Se uno manca di sapienza la domandi a Dio” (Gc 1,5).
Ecco le cose che Gesù vorrebbe che prendessero valore ai nostri occhi, quelle stesse che a Dio preme darci: ciò che vale per il suo cuore, che ci desidera figli, non servi; ciò che dura per sempre; ciò che rende preziosa la vita interiore.
Inoltre ecco ciò che Gli piace udire da noi: “ Signore, aumenta la nostra fede ”! “ Maestro, insegnaci a pregare ”, “ Che sia glorificato il Figlio! ”.
Se nostra premura costante è dar gloria a Lui, allora possiamo chiedere qualunque cosa!
“Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò” (Gv 14, 14), “Se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, Egli ve la darà ” (16, 23). “ Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena ” (16, 24).
I discepoli che hanno come scopo di tutta la vita servire il Padre in Gesù verranno accontentati, perché non sono guidati da egoismo, ma dall'amore!
Invece a chi chiede ricchezze per sé (come se la nostra vita trovasse realizzazione nel possedere) Gesù dice: “ Non accumulatevi tesori sulla terra... ” (Mt 6, 19-24).
A chi chiede sicurezza Egli dice: “ Non affannatevi; il Padre sa ” (Mt 6,1 22).
A chi chiede comodità Gesù dice: “ Entrate per la porta stretta ” (Mt 7,13).
A chi chiede salute Gesù dà il perdono del peccati. Sono questi la causa di molti mali e della perdita della pace e serenità e della gioia! A chi chiede casa Gesù dice: “ Il Figlio dell'Uomo non ha dove posare il capo”.
A chi chiede salvezza Gesù dice: “ Perché avete paura, uomini di poca fede? ”.
A chi chiede benessere... piuttosto si lascia mandar via (Mt 8, 34).
Tutte queste cose le dà, anzi il centuplo, a chi ha lasciato tutto e si fida ciecamente di Lui e del Padre! E anche queste cose possono essere domandate, se servono al Regno di Dio!
Prima di chiedere, perciò, è più che utile ascoltare! ascoltare la voce dello Spirito Santo ed esaminare nella sua luce se ciò che si chiede è necessario al Regno di Dio. E ascoltando è importante essere disponibili a cambiare le proprie vedute e la propria vita per il Regno di Dio!
Anche Dio stesso può chiedere infatti qualcosa ai suoi figli. Ci potrebbe chiedere povertà, ci può chiedere obbedienza, ci può chiedere sofferenza, ci può chiedere castità!
La preghiera di intercessione è più difficile di quanto sembri. Essa deve seguire - non precedere - il ringraziamento, la lode, l'adorazione, la domanda di perdono, altrimenti diventa vuoto giro di parole, contemplazione di sé e dei mali del mondo.
Qualcuno s'è fatto schiavo di questa diceria, che prima di pregare bisogna leggere il giornale! per poter informare il Padre di ciò che succede! A me sembra che Gesù ci insegni che per pregare bisogna contemplare il Padre. Egli ci darà la luce e la forza perché la nostra presenza sia utile al mondo come qualcosa di nuovo che viene dal di fuori di esso e del suo marciume. Gli occhi rivolti al male del mondo ne rifletteranno la tenebra e non riusciranno ad illuminarlo. Gli occhi rivolti al Signore rifletteranno la sua luce sul mondo, che ne godrà!
Gli Apostoli, quando esortano a pregare per sé o per gli altri, chiedono solo di pregare per l'avvento del Regno di Dio! “ Pregate anche per noi, perché il Signore ci apra le porte della predicazione! ” (Ef 6, 18).
La preghiera di intercessione è, perciò, doverosa, attesa dal Padre, portata a compimento da Gesù, nostro Mediatore e Sommo Sacerdote, formulata dallo Spirito Santo con... gemiti a noi inesprimibili.
Non è occasione per contemplare l'uomo, ma sgorgante a contemplazione di Dio!
Esercizio: Prima di chiedere qualcosa al Padre, ascoltare la voce interiore di Gesù e chiedersi se quella cosa è necessaria al Regno di Dio, se dà gloria a Lui.
Chi ha occhi aperti si accorge dove si trova. Colui che tiene d'occhio la propria meta, sa se si trova sulla direzione giusta, se s'avvicina o se se ne allontana.
L'uomo che vive tenendo d'occhio il suo Signore s'accorge della propria posizione in rapporto a Lui, e generalmente si trova difettoso, e ancora distante: riconosce cioè il proprio stato di peccato. Questo può essersi rivelato anche solo con qualche azione o omissione d'azione oppure con i soli pensieri presenti nel cuore.
Allora dal cuore sorge il desiderio di ristabilire l'unità con il cuore di Dio, o di raddrizzare il proprio cammino, o di accorciare le distanze! Viene cioè la preghiera penitenziale. Anche questa forma di preghiera è preghiera di Dio in noi. E' Gesù che parla al Padre. Gesù non ha peccato, ma Egli in noi desidera che la nostra vita - ormai legata a Lui - si orienti nuovamente al Padre.
A Gesù appartengono le membra del Suo Corpo, e queste membra sono peccatori: Egli si fa “ peccato per noi ”, perché noi siamo guardati con benevolenza dal Padre: perciò anch'Egli chiede perdono.
Difficilmente l'uomo sa riconoscere la propria distanza da Dio. Le azioni di peccato ne sono la manifestazione, e diventano così occasione preziosa per il proprio risveglio. Davide non s'accorgeva che il suo cuore si stava allontanando da Dio. Il peccato di adulterio e omicidio in cui tutto ad un tratto s'è scoperto è divenuto bruscamente occasione per accorgersi in quale burrone stava precipitando. Il fariseo che pregava nel tempio non aveva peccati e così non era capace di riconoscere il proprio debito con Dio, come invece ciò risultava possibile al pubblicano peccatore.
I nostri peccati non ci scoraggino: sono per noi come campanelli d'allarme che indicano l'allontanamento del nostro cuore da quello del Padre.
La preghiera penitenziale, cioè la domanda di perdono, ci aiuta a riconoscere che siamo sì figli di Dio, ma solo per grazia Sua! Ci fa stare umili davanti al prossimo: non siamo migliori di nessuno.
E' un aiuto a farci stare al nostro posto, noi che siamo sempre tentanti di alzare la cresta sopra gli altri.
E' una preghiera che porta al sacramento della riconciliazione, alla Confessione, perché con chiarezza Gesù ha dato il compito di perdonare agli Apostoli e ha chiarito ancora che il perdono di Dio è sottomesso al loro ministero. Anche il figlio prodigo, quando s'è accorto della sua situazione, ha deciso di andare a confessare al padre il proprio peccato commesso sia contro di lui che contro Dio.
E' una preghiera che rende l'uomo vero: egli cercherebbe sempre la propria gloria. Con la preghiera penitenziale dobbiamo riconoscere “Non a noi, Signore, non a noi, ma al Tuo Nome dà gloria! ”. E' una preghiera che avvicina agli uomini, e perciò è stata messa all'inizio della santa Messa, appena i cristiani si incontrano, ed è una preghiera che avvicina a Dio: “ Tornò a casa sua giustificato ”: aveva ritrovato il giusto posto, ha detto Gesù del pubblicano che aveva chiesto perdono.
Mentre il peccato divide da Dio (Adamo, appena scopre di essere stato disobbediente, cerca di nascondersi da Dio) e dagli uomini (Adamo accusa Eva) e dal creato (Caino fugge tutto e tutti e non trova più un luogo adatto) e disgrega la società (Babele! e oggi!), la preghiera penitenziale invece ristabilisce l'armonia con Dio, con se stessi, con gli altri, con il creato.
Questa preghiera è un pratico riconoscimento della paternità di Dio, della sua bontà e misericordia, è un permettergli di dimostrare la sua benevolenza e la ricchezza del suo cuore. E' dargli gloria, ammettendo che se c'è qualcosa di buono in noi viene da Lui. Il nostro cuore, con questa preghiera, si apre alla Grazia di Dio.
Affinché non ci inganniamo, e crediamo di averlo aperto mentre non lo è, Gesù ci indica un segno: se il cuore è aperto a donare il perdono significa che è aperto anche a riceverlo, anzi che l'ha già ottenuto da Dio.
Perché mi perdona il Padre? Egli riconosce che la mia cattiveria non è mia, ma essa è invece un mio fallimento, un mio cedimento al nemico. Mi perdona, perché mi riconosce vittima del Maligno e vuole salvarmi dal mio nemico, rivestendomi nuovamente del Suo amore.
lo perdonerò per lo stesso motivo. Riconosco che il mio fratello, quella che mi ha fatto dei torti, che mi ha offeso, che ha rovinato la mia reputazione, non è mio nemico. Egli invece è stato vittima del Nemico. Ha bisogno di esserne liberato. Con la sua ostilità mi ha fatto dolorosamente accorrere del suo bisogno di salvezza, tanto più urgente quanto meno egli se ne rende conto! Mi ha fatto notare la sua debolezza e incapacità a difendersi dalla tentazione. E' un fratello caduto: non lo alzerò?
La domanda di perdono perciò mi porta a perdonare. Altrimenti non posso avere certezza del perdono di Dio per me.
L'armonia del cuore o c'è con Dio e con tutti, o non c'è affatto!
Il salmo 51 (Miserere) è un bell'esempio di preghiera penitenziale, riconoscimento del proprio stato di peccatore e desiderio di dar gloria a Dio nella propria vita.
La promessa “ Dio fa grazia agli umili, resiste invece ai superbi ” ci dà coraggio ad obbedire a san Pietro (1 Pt 5, 6): “ Umiliatevi sotto la potente mano di Dio, ed Egli vi esalterà ”. Questa umiliazione può arrivare al punto da fare quel che dice Giacomo “ Confessatevi l'un l'altro i vostri peccati ” (5, 16): non abbiate paura a riconoscervi peccatori. Gli altri li vedono fin troppo bene i nostri peccati, anche meglio di noi! Riconosciamoli. Questa umiltà è un distacco dall'atteggiamento peccaminoso e desiderio che in noi cresca solo ciò che viene da Dio.
Chi non trova forza per perdonare guardi la Croce di Gesù e ricordi le sue parole pronunciate mentre i chiodi, per mano d'uomo, laceravano le sue mani: “ Padre, perdona loro: non sanno quel che fanno ”. Arriverà la forza di perdonare, vincendo così col perdono il Maligno che lacera i cuori.
Chi non trova coraggio per chiedere perdono guardi la Croce di Gesù e ricordi le Sue Parole: “Oggi sarai con Me in Paradiso”. Arriverà il coraggio, perché la speranza e la gioia dell'amicizia e armonia con Dio (il Paradiso!) sono beni più grandi e fanno sparire la paura o vergogna di ammettere e poi manifestare il proprio peccato.
Chi nella propria vita non trova tracce di peccato e si crede giusto, guardi alla Croce di Gesù e ricordi le sue parole: “ Padre, nelle tue mani consegna il mio spirito”. Si accorgerà che la sua vita non è ancora tutta di Dio, che ci sono ancora azioni e pensieri non suggeriti dallo Spirito del Padre. Arriverà a scoprire il proprio peccato. Nelle piaghe di Gesù noi siamo guariti (1Pt 2, 25).
Lo sguardo a Gesù innalzato in Croce è sguardo di salvezza. Esso viene da un atteggiamento penitenziale e forma un cuore penitente. Qualcuno poi completa la preghiera di perdono facendo partecipare anche il corpo. Come la preghiera di lode si accompagna alla danza, o al suono di campane e di organo e chitarre e al batter le mani, così la preghiera penitenziale si accompagna con qualche azione che faccia partecipare anche il corpo: stare in ginocchio, sopportare caldo o freddo, rinunciare a qualcosa che piace alla gola, bevande, dolciumi, fumo ecc. - saltare un pasto a due... - e questo senza altro scopo che quello di vivere in modo completo la preghiera di pentimento. Come il corpo partecipa a commettere il peccato, così partecipi pure al ritorno al Padre in modo che se ne debba accorgere.
Un cuore penitente è un cuore umile. Dio lo potrà adoperare come sua dimora stabile.
Molti maestri di vita spirituale ci insegnano perciò a ripetere in continuazione, fino a farla diventare automatica, la preghiera del cieco di Gerico:
“ Signore Gesù Cristo, Figlio del Dio vivente, abbi pietà di me peccatore ”.
Esercizio: Ricordarmi chi mi ha offeso, considerarlo come un figlio di Dio caduto nella tentazione, e perdonarlo.
Ricordarmi i miei peccati, vederli come vittorie del Maligno, desiderare la vittoria di Dio.
Guardare Gesù crocifisso, ripetendo la preghiera del cieco. Rileggere il salmo 51 (50) Miserere, pietà di me, o Dio!
Preghiera di adorazione
Chi legge il libro dell'Apocalisse, l'ultimo della Bibbia, rimane sorpreso dalla frequenza con cui è usata la parola»adorare",»adorazione»! “ E i vegliardi sì prostrarono in adorazione ” (5,14). “ Si prostrarono davanti a Colui che siede sul trono e adorarono Colui che vive nei secoli dei secoli ” (4,10). “ Si prostrarono e adorarono Dio dicendo: Amen, alleluia! ” (19,4) ecc...
Questa parola indica un atteggiamento che si può avere solo davanti a Dio, e bisogna star bene attenti a non assumerlo per le creature: significherebbe far di esse un dio, un idolo! “ E' Dio che devi adorare! ” (19,10 e 22,9).
L'adorazione la pretenderebbe anche il Nemico di Dio, Satana, proprio perché non accetta di essere da meno di Dio. Qualcuno, chi serve mammona, il denaro, gliela là. A Gesù stesso era stata fatta la proposta: “ Tutte queste cose io ti darò, se prostrandoti mi adorerai ”. Il denaro e il potere sono la promessa e lo stipendio del Maligno a chi lo adora. Conosciamo la semplice e netta risposta del Figlio, vero figlio dell'uomo che vive da figlio di Dio e così dà gloria anche alla vera umanità: “ vattene, Satana! sta scritto: adora il Signore Dio tuo e a Lui solo rendi culto ” (Mt 4,10).
Il termine»adorare»deriva dal latino. Con molta probabilità è un termine che vuoi significare un gesto semplice, quello del portare la mano alla bocca: “ ad os ”.
Questo movimento della mano può esprimere diversi sentimenti interiori: la meraviglia o stupore, o la volontà decisa di tacere, oppure anche l'affetto di chi vuoi mandare un bacio! L'adorazione è accompagnata dalla “ prostrazione ”, atteggiamento del corpo che si inginocchia o si inchina profondamente o si getta al suolo. E' un gesto che indica sottomissione completa, attenzione assoluta alla presenza dell'altro e alla sua Volontà.
Questi gesti del corpo - silenzio, prostrazione - vengono da un cuore che riconosce a Dio tutto! e il cuore dà al corpo atteggiamenti adeguati, come si volesse affermare:
“ lo non ho nulla da dire, non voglio proferire desideri o volontà, non voglio occupare spazio né con la mia voce né con la mia presenza, perché voglio lasciare tutto lo spazio alla presenza di Dio, tutta l'importanza a Lui, tutta l'attenzione mia e degli altri alla sua Parola, il mio corpo e la mia vita non provochino spazi d'ombra o impedimento alla Sua luce! ”.
“Tutto è nulla all'infuori di Te”!
“Senza di Te io sarei nulla, sei Tu il creatore mio e di tutto! Tu sei degno di ogni onore e potenza e gloria!”.
Questo atteggiamento è così importante che dovrebbe impregnare tutta l'esistenza, lavoro e riposo, occupazione e tempo libero, relazioni umane e solitudine. E' un atteggiamento del cuore che trasforma veramente la vita. Ma per abituare e alienare il nostro cuore ad adorare il Padre ovunque e sempre, “ in spirito e verità ” (Gv 4, 24), è più che mai utile e necessario che troviamo del momenti forti ove l'adorazione occupi totalmente il nostro tempo e il nostro spazio, la mente e il corpo. Ci sono necessari esercizi di adorazione sia individuali che comunitari: esercitazioni a dare a Dio tutto lo spazio personale e sociale, tutto il tempo, tutto l'amore, tutta l'attenzione, tutta la gloria. Chiamiamo questi esercizi semplicemente “ ora di adorazione ”.
La parola»ora»non significa qui “ sessanta minuti ”, ma solo»tempo». Questo tempo deve però essere sufficientemente lungo perché il nostro cuore arrivi ad accorgersi che non ha proprio nulla da dire né da desiderare, che tutto spetta a Dio. Sembra addirittura di perder tempo, ma è necessario anche questo, abituarsi a regalare il nostro tempo a Dio... finché ci accorgiamo che anche quello è Suo, suo dono. Per questo generalmente sono proprio necessari sessanta minuti, o anche più!
Per l'esercizio di adorazione è necessario trovare anche uno spazio che ci aiuti. Certamente l'adorazione è di tutta la vita e ogni luogo è perciò luogo di adorazione (“ né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre ”), ma per esercitarsi ci è utile un luogo dove ci sia rammentata la presenza di Dio. La chiesa ove ci sia un Tabernacolo è perciò il luogo più indicato, sia per il silenzio e clima pregno di preghiera che per la presenza del Corpo di Cristo, l'unico uomo che adora il Padre in maniera perfetta!
Anche la posizione del corpo sarà quella che aiuti sì la dimenticanza di se stessi, il riposo interiore, l'abbandono, e quindi non una posizione dolorosa, ma che significhi anche la nostra piccolezza, che indichi concretamente sottomissione e attesa. Ricordiamo come Mosè ha voluto esprimere i sentimenti del suo cuore prostrandosi con la faccia a terra e addirittura togliendosi i sandali, o i Magi che alla presenza di Gesù, presenza muta e semplice, si sono prostrati e hanno svuotato i loro scrigni preziosi.
Durante l'esercizio di adorazione non farò nulla di speciale. Solo il silenzio, senza pretendere che il Signore dica qualcosa, e senza desiderare emozioni esteriori, gioie del cuore, sensazioni strane ... ! Nulla. “ Sono qui con Te... Tu sei qui con me. Mi basta ”. Mamma e bambino stanno insieme senza dirsi nulla: c'è l'amare!
Se le distrazioni sono troppe e frequenti ci si dovrà aiutare ancora con altri accorgimenti: lettura di qualche breve brano del Vangelo, in modo che i nostri occhi siano portati a fissare Gesù ed il Padre. Se l'ora di adorazione è comunitaria dovrà esserci ascolto della Parola di Dio intercalata da momenti lunghi di silenzio, e da momenti di ringraziamento e lode e canti. La Presenza di Dio sarà allora resa più cosciente dalla Sua Parola che occupa il tempo e lo spazio.
L'esercizio potrà terminare (o occupare anche tutto il tempo) con l'offerta della propria vita a Dio: sottoporre alla Sua Volontà e Sapienza le ore, i giorni, le iniziative, le opere, aperti e pronti a lasciarsi cambiare tutto da Lui! Ciò significa abbandono di se stessi al Padre. Si raggiunge così lo scopo dell'adorazione continua. La mia vita nelle mani del Padre vale molto di più: nelle sue mani la mia vita è veramente realizzata in pieno, ed è l'unico modo perché sia di aiuto ai fratelli, al mondo!
Questo è il frutto più prezioso di una vita in adorazione costante. Essa diviene proprietà del Padre che la userà secondo il suo amore universale! Non sarà sprecata!
Ritroviamo così il nostro posto nel cuore e nelle mani di Dio. Il tempo dell'esercizio di adorazione è anche un dare al Padre l'occasione per riempirci del Suo Spirito Santo. Egli lo desidera, ma proprio noi, riempiendoci mente e cuore con le occupazioni materiali, non gliene diamo il tempo. L'ora di adorazione diventa ancora una possibilità per verificare il nostro grado di amore per il Signore. Spesso un periodo di tempo così lungo trascorre nell'aridità. Solo l'amore può farmi perseverare a non accorciarlo, a non scappare. L'amore e la fede si purificano dal sentimentalismo. Spesso riteniamo di essere in vera preghiera solo se proviamo sensazioni di piacere spirituale o di devozione. Fede e amore devono vivere anche... senza queste foglie. Più ne sono purificate, più sono stabili e forti. L'ora di adorazione è buon aiuto a eliminare ciò che non è indispensabile o che addirittura potrebbe deviare.
Il tempo dell'adorazione è anche buona occasione perché possano venire a galla alla nostra coscienza i nostri peccati. Buon per noi, che così possiamo eliminare ciò che è in noi, ma non è di Dio!
Infine, buon frutto delle ore di adorazione è il fatto che viene relativizzata l'azione. Di solito questa gode di simpatia anche se non ha radici nel cuore di Dio, anche se non viene dalla Sua Volontà e non ha nutrimento nella contemplazione.
Qualcuno rischia di essere condotto a convincersi, anche tramite le prediche nelle nostre chiese, che ciò che vale è il fare, il lavorare per Dio più addirittura dell'essere di Dio. Anzi, molti dimenticano che essere di Dio è la vera natura dell'uomo. L'ora di adorazione è grosso aiuto per questa coscientizzazione e vera promozione umana! Ci aiuta a valutare prima l'essere che il fare, o l'avere o il sapere: e ciò non solo per gli altri, ma anche per sé.
Il tempo che diamo all'adorazione assume grande importanza nel regno di Dio. Anzitutto io, diventando più pacifico e attento a Dio, offro al Suo Regno un operaio... qualificato, non solo un manovale o un robot!
Dio stesso agisce con particolare cura là dove viene adorato: Egli non occupa il primo posto invano!
Il Regno di Dio viene annunciato con maggior forza e persuasione (non persuasione culturale, ma di vita!), perché dall’adorazione viene evidenziato il Re!
L'esercizio di adorazione è il luogo privilegiato delle “ buone ” e sante ispirazioni, cioè della chiarezza di iniziative per il Regno di Dio!
Le distrazioni sono molte durante l'ora di adorazione! anche questo è buon segno: Dio gradisce molto questa forma di rapporto con Lui, perciò il Tentatore si fa in quattro per impedirlo. Ma le tentazioni, se uno è furbo, diventano occasioni preziose. Ogni volta che me n'accorgo e torno con il cuore a Dio è un atto d'amore e di fedeltà a Lui. E ciò che Egli gradisce di più e che forma la vera preghiera è proprio l'amore. Non tutto il male viene per nuocere. Anzi, in questo senso, benvenute distrazioni: mi esercitano nell'amore!
Gli esercizi di adorazione, se sono frequenti, quotidiani, formano una vita di adorazione.
Ed una vita di adorazione è una vita occupata da Dio! una presenza di Dio nel mondo.
CONCLUSIONE
“Venne un altro angelo e si fermò davanti all'altare, reggendo un incensiere d'oro. Gli furono dati molti profumi perché li offrisse insieme con le preghiere di tutti i santi bruciandoli sull'altare d'oro, posto davanti al trono. E dalla mano dell'angelo il fumo degli aromi salì davanti a Dio, insieme con le preghiere dei santi ” (Ap 8,3-4).
Le nostre preghiere, il nostro cuore stesso riempito di preghiera salga davanti a Dio.
E la sua gloria si poserà su di noi.
Il nostro Maestro continui a guidarci e a perfezionare la nostra vita come luogo di preghiera, del Suo colloquio d'Amore coi Padre. Anch'io glielo chiederò per te. Tu per me. Grazie.
don Vigilio Covi
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