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Le radici dell'amore

LE RADICI DELL'AMORE

« Chi ama è generato da Dio» (1 Gv. 4, 7)

 

INDICE

Il deserto...

Vedere l’amore

«Amerai il Signore Dio tuo... », comando o fortuna?

L'amore: debito e credito

I confini dell'amore

L'amore e la paura

 

In queste pagine c'è solo qualcosa di ciò che potrebbe esser detto sull'amore. Chi potrebbe dire tutto? L'amore ha dimensioni infinite che combaciano con le dimensioni di Dio.

Ciò che è scritto qui vorrebbe essere... un atto d'amore, uno di quei piccoli atti d’amore che costano poco, ma che pure possono rallegrare la vita di qualcuno e accompagnarla per un momento. Se, leggendo, scopri che sai amare, ringrazia la Fonte del tuo amore. Se, tra le righe, scopri invece che il tuo amore è ancora infante, nutrilo pazientemente con fede, con sacrifici, con preghiere: Dio ti ascolterà, perché è lui che vuole amare stando in te.

Ricorderai sempre che scoraggiarsi non è amore, che temere non è amare, perché Dio non si scoraggia d'amare, né teme l'amore che costa.

L'amore non è un risultato dei tuoi sforzi. Anche. Ma innanzi tutto è un dono di Dio. Come tutti i doni di Dio è un seme da lasciar crescere e una promessa da compiere.

don Vigilio Covi

 

IL DESERTO, VIVAIO PURIFICATORE DELL'AMORE

«Lo Spirito spinse Gesù nel deserto. Vi rimase quaranta giorni tentato da Satana. Stava con le fiere e gli angeli lo servivano» (Mc. 1,12).

Nel deserto nessuno ti ascolta. Non puoi parlare con nessuno e nessuno ti parla. Nel deserto vai, se vuoi, per ascoltare Dio, per parlare con lui. È il luogo dove Dio è l’unica persona presente alla tua vita, alle tue parole, ai tuoi occhi, alle tue orecchie, al tuo cuore.

Senza di lui il deserto è la morte.

Il deserto è il luogo d’abitazione delle forze contrarie a Dio, perché dove Dio può agire nel modo più forte, là più caparbio il suo nemico attacca, allo scoperto, ormai senza oggetti dietro cui camuffare la sua astuzia.

Il deserto è il campo di battaglia. Tu che entri nel deserto diventi il campo di battaglia tra Dio e il suo nemico. Il deserto, luogo senza vita, è il luogo dove, contro ogni evidenza, nasce la vita che viene da Dio, perché Dio la vuole e la chiama dal nulla.

Il popolo di Dio, quello che è entrato nella terra promessa, è nato tutto nel deserto.

La vita, che viene da Dio, nasce nel deserto: così può venire evidenziata con chiarezza la fonte di quella vita. Nessun'altra forza ha potuto intervenire in quella nascita, se non la forza di Dio.

Il deserto, luogo straordinario, luogo fuggito dagli uomini, è il luogo dove lo Spirito di Dio spinge gli uomini, e li spinge là perché vuole che essi si incontrino a faccia a faccia con Dio, come Mosè, che nel deserto ha incontrato la voce di Dio che parlava nel roveto ardente; come Elia, che nel deserto ha camminato per quaranta giorni; come Gesù, che vi rimane, anch’egli spinto dallo Spirito, per quaranta giorni.

È luogo di nascita, luogo di crescita. Nel deserto, niente davanti ai tuoi occhi se non il tuo Dio. Il tuo Dio nel deserto diventa grande ai tuoi occhi: diventa la pienezza. Ora il tuo Dio può crescere davanti a te. Può crescere a dismisura perché nessun altro può togliergli un po' di posto, fargli un po' di ombra (Gv. 3,30).

Il deserto è necessario alla vita. È il luogo dove tu devi passare. È il momento della tua vita dove tu non senti più nessuna voce di uomo: nessuna voce di uomo tocca il tuo cuore; è il luogo dove nessun orecchio umano ascolta le tue parole. È un momento della vita che devi passare. Se non viene da sé lo devi cercare.

Nel deserto che ti viene donato è messa a dura prova la tua fede, perché per nessun altro motivo potresti restare in questa situazione se non credessi alla presenza di Dio, al suo amore, nonostante il deserto. Nel deserto infatti scompare anche ogni tua immagine di Dio, tutto quel che credevi Dio fosse, ogni tua aspettativa riguardo al suo amore, tutto quel che immaginavi di lui, e resta solo in verità chi è Dio. Il deserto è il luogo della verità.

Nel deserto che tu cerchi vuoi mettere in atto e lasciar crescere la tua fede; vuoi lasciare che essa porti i suoi frutti. Ma nel deserto che cerchi tu stai ancora rispondendo a un invito di Dio che suscita in te la voglia di uscire dall'abitato.

Ed ancora, è Dio che opera, proviene da Dio l'iniziativa.

Nel deserto viene messo a dura prova il tuo amore per Dio.

Anche il tuo amore per il prossimo viene purificato sette volte.

Viene messo a dura prova il tuo amore per Dio, perché, se non ami Dio, non puoi rimanere solo con lui.

Viene messo a dura prova e viene purificato il tuo amore per il prossimo, perché nel deserto il tuo amore per il prossimo diventa desiderio che anche lui possa incontrare Dio e nessun altro. Il tuo amore per il prossimo viene purificato dalle compassioni, dai desideri che il prossimo abbia beni materiali o considerazioni umane, dal falso amore, che cerca negli altri ancora se stesso e appagamento alla propria disperata solitudine. Qui, nel deserto, il tuo amore per il prossimo acquista le dimensioni che ha l'amore di Dio per te.

Il deserto è incontro.

È possibilità di incontrarsi a tu per tu, faccia a faccia. Se non riesci a rimanere a lungo nel deserto, non sai amare Dio e non sai amare il prossimo in modo purificato; quanto più amerai Dio e il tuo prossimo in modo purificato, tanto più riuscirai a rimanere a lungo nel deserto.

E quando ne uscirai, ne uscirai non vinto, ma vincitore su colui che nel deserto si sente forte: Satana.

Questi ti viene incontro con parole di Dio, usate in modo tale da distoglierti dall'adorare Dio e la sua volontà, ma tendenti a farti prendere posizione contro di lui o lontano da lui. È un modo di tentare Dio, di mettere Dio alla prova. Dio è Dio e basta; non lo si mette alla prova, ma lo si riconosce e lo si adora.

Il deserto è il luogo della vittoria di Dio in te. Qui Dio può vincere. Qui ti accorgi che colui che vince in te non sono le tue piccole, povere forze, ma solo lui. Il deserto è il luogo dove tu muori a te stesso, luogo in cui deve crescere e rafforzarsi la vita di Dio in te. Tra Dio e satana Dio è sempre il più forte, e se conti su Dio, egli è la tua vittoria.

Il deserto, dove non c'è nessuna vita, è il luogo dove si realizzano le promesse di Dio. Egli nel deserto farà scorrere fiumi, e il deserto diventerà un giardino ricco di acque e di piante da frutto. Dal momento in cui Gesù è entrato nel deserto, il deserto non è più deserto, ma un giardino dove tu puoi camminare con Gesù incontro al Padre. Nel deserto puoi entrare sapendo che lì già ci sono le orme del tuo Maestro.

Nel deserto tu puoi entrare sapendo di essere accompagnato.

Nel deserto tu entri insieme a Gesù e ti puoi mettere con lui davanti al Padre. Ti puoi unire a lui nella lotta contro il Nemico che ti si fa innanzi.

Il tuo deserto non è più deserto, nemmeno il deserto più duro, quello in cui ti viene chiesta la vita: nel deserto infatti Gesù è già entrato, ed ha vinto. Eccolo nell'orto degli olivi. Non è un momento lungo: dura poche ore, ma è il deserto più deserto che l’uomo possa aver incontrato, deserto dove Dio raggiunge il massimo della vittoria. Gesù è solo; si trova fra un gruppo di amici e un gruppo di nemici. Egli è solo. Il gruppo degli amici dorme; il gruppo dei nemici avanza. Gesù è solo; è nel deserto.

In questo momento vediamo che cosa voglia dire deserto: essere solo con il Padre, poter dire una parola solo a Dio, poter ricevere solo da Dio la promessa. Gesù qui, nell'orto degli olivi, è arrivato al culmine del suo deserto.

Vi era entrato tre anni prima ed era rimasto come nel deserto anche in mezzo alla folla: anche là egli era solo con Dio Padre!

Quando la folla lo circondava, il suo sguardo e la sua mente erano in Dio. Gesù, uscendo dai quaranta giorni di deserto, era rimasto nel deserto. Era rimasto nell'atteggiamento che là aveva potuto sperimentare: rimanere da solo con Dio, prendere le mosse solo dai suoi cenni, dare peso solo alla sua voce e in tal modo far crescere ed approfondire se stesso.

Il deserto è il luogo dove è entrato, passato, vissuto Gesù.

Quello dei quaranta giorni è stato solo un momento di passaggio, com'è il tuo deserto: un momento di passaggio come situazione esteriore, ma un momento che continuerà a crescere come situazione interiore, come atteggiamento, come luogo di abitazione del tuo spirito.

In nessun luogo come nel deserto la tua vita può venire arricchita, completata, perfezionata.

Cerca di entrarvi al più presto. Cerca di esercitarti a vivere il deserto con dei momenti di vero deserto anche esteriore.

La vita, la ricchezza, la pienezza che ricevi dal deserto vale più di quella che ricevi dal turbinio del mondo.

 

«Non indurite il vostro cuore come a Meriba,

come nel giorno di Massa nel deserto,

dove mi tentarono i vostri padri pur avendo viste le mie opere.

Per quarant’anni mi disgustai di quella generazione e dissi:

Sono un popolo dal cuore traviato, non conoscono le mie vie.

Perciò ho giurato nel mio sdegno:

non entreranno nel luogo del mio riposo» (Sal. 94).

 

Il deserto è la porta di ingresso, l’atrio del luogo del riposo di Dio. Non entreranno « nel luogo del mio riposo » coloro che non hanno saputo stare nel deserto, non hanno saputo passarvi nel modo in cui Dio si attendeva da loro, con piena fiducia in lui.

Deserto: luogo di passaggio per entrare nel riposo di Dio. Cosa c'è di più bello che entrare nel riposo di Dio?

Quando una persona ha davanti a sé solo Dio, i suoi disegni, e quando ha sperimentato che la presenza di Dio è la più forte, più forte di qualsiasi altra presenza, allora veramente quest'uomo è nel riposo: sa che Dio, presente, sta lavorando, sa già in quali mani sta la vittoria, sa che ogni situazione torna a vantaggio dell'uomo che ama Dio (cfr. Rom. 8,28).

La persona che è passata nel deserto non può più dubitare dell'oggetto della propria fede - dell'amore che Dio ha per lei - perciò nessuna situazione più la sconvolge, nessuna disgrazia la fa tremare o impaurire.

Entra davvero nel riposo di Dio, riposo donato da Dio, riposo riempito di Dio; riposo conquistato da Dio, riposo in cui Dio stesso si fa sazietà e dolcezza per l’uomo, riposo che è condizione per amare con tutto il cuore!

Non temere il deserto, entrerai nel riposo di Dio! Non temere il deserto che ti capita addosso senza volerlo; non temere nemmeno quel deserto che non vorresti, perché entrerai nel riposo di Dio. Guarda avanti e comincia già a godere di questo riposo. Fin d'ora, nella tua attività, in ogni cosa che tu fai, che tu inizi, o che porti a compimento, ricordati che puoi essere nel riposo di DIO!

Cerca il deserto: là il tuo amore più puro nasce e si rafforza e si prepara ad affrontare con forza ogni difficoltà. Il deserto è il vivaio di ogni tuo amore vero.

 

VEDERE L'AMORE

 

«Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore » (1Gv. 4,7-8).

« Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.

E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla.

E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova.

La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità.

Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine.

Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità! » (1Corinzi 13).

L'apostolo Giovanni, ormai molto vecchio e non più in grado di camminare, veniva portato ugualmente alla riunione dei cristiani. Non poteva più tenere lunghi discorsi, ogni volta ripeteva loro la stessa cosa: « Figlioli miei, amatevi gli uni gli altri ».

I discepoli avrebbero ascoltato volentieri qualcosa di diverso. Erano annoiati di sentire sempre le stesse cose e gli chiedevano: «Dicci qualcosa di più!»; e Giovanni: «Carissimi, amatevi gli uni gli altri; ve lo dico sempre, perché questo è il comandamento del Nostro Signore Gesù. Se voi faceste solo questo, sarebbe sufficiente».

L'amore è importante; l’amore è necessario: l’amore è essenziale.

A noi uomini succede spesso che tralasciamo l'essenziale per occuparci di molte cose secondarie.

È la tentazione in cui veniamo continuamente a trovarci.

Amare è un modo di vivere così discreto, così semplice, che non si fa notare, non attira l'attenzione: chi ama non cerca la propria gloria, ma il bene dell’amato. L'amore è come un peso, che porta verso colui che si ama. L'amore non attira a sé, ma fuori di sé. « Non c'è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici ». Amare somiglia a morire. Noi faremmo più volentieri azioni grandiose ed eroiche, perché abbiamo la mania delle cose grandi, che ci fanno sentire e sembrare importanti e soddisfatti di noi stessi, piuttosto che esercitare l’amore quotidiano. Siamo sempre interessati, non sappiamo agire gratuitamente, quando davvero non ce ne viene niente, quando nessuno si accorge della nostra fatica né può renderci merito. Amare è pericoloso per il nostro orgoglio, per il nostro io che vuole mettersi al primo posto: l’amore ci fa mettere all'ultimo posto.

E Dio, che conosce in quali tentazioni siamo condotti dal Maligno, continuamente ci ammonisce; e il nostro Maestro e Signore Gesù, i suoi discepoli, i nostri padri nella fede non finiscono mai di «imporci», cioè di metterci dentro, di porci nel cuore questa parola: amare. Con fedeltà il Padre ci dona persone che, vissute secondo l’amore di Gesù, ci sono di aiuto, perché col loro esempio ci spronano ad amare: infatti, l’amore è contagioso; e ci ricordano che questa è la cosa più importante, perché saremo giudicati secondo l’amore. Anche molte persone, del nostro tempo, vivono amando secondo il modello di Gesù, per questo sappiamo che amare è possibile anche oggi.

AMARE COME GESÙ AMA: questo è il centro della nostra nuova vita, di quella vita che abbiamo ricevuto attraverso Gesù; questa vita, che viene da Dio, è amore, perché Dio è amore.

E Dio ama donandosi; il Padre ci ama tanto da darci l’unico Figlio, ed egli dà la sua vita per noi. Infatti fa tutto quello che vede fare dal Padre: Gesù è sempre alla scuola del Padre. Anche noi impariamo ad amare alla scuola del suo amore, perché egli è il nostro Maestro. La vita che riceviamo, noi la diamo ancora! Del resto, quando ce la teniamo stretta, che cosa ci rimane? Forse che la sappiamo custodire meglio di Dio che ce l' ha data ? («La morte dei suoi fedeli è preziosa agli occhi del Signore»). La vita nel tempo invecchia, e come è comparsa così scompare senza lasciare niente. La nostra vita è come un cibo: se custodiamo avaramente il cibo, che è fatto per essere mangiato, esso marcisce. Le cose inerti non mutano, ma non vivono. Le cose vive muoiono, ma sono preziose e preparano il futuro. Se le conservi vanno a male. Se il seme resta fuori, va a male e basta; se muore dentro la terra, prepara la vita.

I doni di Dio devono essere consumati, usati, ma con la costante attenzione che siano subordinati all'amore e preordinati all'amore. Dio per amore nostro ci elargisce molti doni, molte doti; s. Paolo ce le descrive: poter parlare tutte le lingue degli uomini e degli angeli, fare profezie, sapere segreti, avere conoscenze sublimi, possedere una fede che fa miracoli, saper fare sacrificio dei beni e del corpo fino al martirio, e molti altri ancora, doni tutti bellissimi che Dio dà ai suoi figli. Ma perché? A quale scopo Dio elargisce questi grandi doni ai suoi figli? Essi sono come gli arnesi per il lavoro del suo amore: egli li pone nelle mani degli uomini perché possano operare come con le sue mani; questi doni non rimangono in eterno, passeranno: gli strumenti del lavoro non servono più quando il lavoro è compiuto. SOLO L'AMORE NON PASSA MAI, PERCHÉ DIO È AMORE.

Quando uno costruisce una casa, usa carriole e carrucole, la gru, il badile, la cazzuola e molti altri strumenti impiegando molto tempo e molta fatica, ma quando la casa è terminata tutte questi mezzi non servono più.

Se i doni di Dio che noi accogliamo così volentieri, non trovano espressione nell'amore e per l’amore, anche se meravigliosi, non sono niente. Perfino la fede e la speranza non sono che come le fondamenta e i pilastri di una casa: fondamenta e colonne portano l'abitazione, ma noi non abitiamo sulle fondamenta e sui pilastri; essi sarebbero inutili se non portassero vani abitabili. Così la fede e la speranza, in cui trova stabilità la nostra nuova vita, sono subordinate all'amore e preordinate all'amore. Sì, esse sono necessarie, ma non sono tutto.

Osserviamo ancora un'altra immagine: la cera e lo stoppino della candela sono necessari per la fiamma, ma ciò che riscalda non è lo stoppino né la cera, è invece la piccola fiamma! Ciò che ci dà luce, ciò che colpisce l’occhio, che ci rallegra, non è né la cera, né lo stoppino! Queste cose passano, esistono per la fiamma: noi adoperiamo il calore e la luce della fiamma.

Fede e speranza sono ora necessarie per portare l’amore; se non generano amore restano inutili anzitutto perché noi veniamo giudicati dal nostro amore, poi perché è dal nostro amore che il mondo viene indirizzato a Gesù e al Padre, e solo dal nostro amore esso potrà essere rivoluzionato. L'amore inoltre rende credibili la fede e la speranza.

Com'è l'amore? come lo si vede?

Possiamo paragonarlo ad un cristallo dalle molte sfaccettature, oppure ad un caleidoscopio. Lo giriamo e lo rigiriamo: si formano sempre nuove e diverse e meravigliose figure!

L'amore è altrettanto infinitamente nuovo e vario, poiché è rapporto fra viventi; ed ogni vita è diversa, ogni uomo muta ogni giorno, e perciò mutano le sue relazioni con gli altri.

Infiniti sono i modi che l'amore inventa per esprimersi. L'amore è, con te, oggi, pazienza; con un altro è bontà, tra cinque minuti diventa umiltà, più tardi si esprime con un canto poiché quel fratello vuol farmi partecipare alla sua gioia.

L'amore può diventare sopportazione benevola, spesso diventa perdono o pentimento. Può succedere che l’amore mi faccia piangere con chi piange. L'amore lascia pure russare il fratello e diventa preghiera per lui!

Ci accorgiamo che l'amore abbraccia tutta la vita e tutto il mondo; ci accorgiamo pure che quanto più grande è l'amore, tanto più si piega alle piccole cose, poiché è molto attento e delicato.

Grande amore non significa grandi azioni. Raramente abbiamo la possibilità di compiere grandi azioni d'amore. È l’amore invece che rende grandi le azioni piccole.

E l’amore non termina mai!

Se esso è in me, si sviluppa in questo momento, anche mentre parlo o leggo; se l’amore è in me può manifestarsi durante il pranzo, durante il lavoro, addirittura durante il lavoro più impegnativo, e durante il tempo libero, sempre. Ciò che vive esiste anche se non si fa notare!

Non lasciarsi amareggiare, non tenere conto del male ricevuto, non cercare il proprio interesse, non gonfiarsi, ma sopportare e sperare tutto: questi sono dei comportamenti che l’amore inventa e che possono essere del tutto nascosti allo sguardo degli uomini, e tuttavia trasformano noi stessi e gli altri: l'amore infatti è discreto, ma nulla gli resiste; usa la debolezza, ma per esser forte. C'è più forza in colui che ama che in colui che desiste dall'amare.

Ci dà gioia e ci incoraggia sapere che l'amore è possibile a tutti gli uomini, poiché esso ci è donato da Dio: egli vuole che tutti conoscano la gioia di amare. Amare è innanzitutto un dono di Dio: se non lo sapessimo ci scoraggeremmo con facilità, perché nessuno sarebbe capace di inventare l'amore, se Dio stesso non amasse in noi.

Paolo stesso dice: « L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori attraverso lo Spirito Santo »!

L'amore perciò c'è già: noi semplicemente lo lasciamo agire.

Esso è l'amore di Dio stesso, l'amore che Dio Padre ha verso il Figlio e verso lo Spirito Santo, l'amore che il Padre ha per noi uomini. Non siamo nella verità quando diciamo: “il mio amore”; dovremmo dire piuttosto: “L'amore di Dio che è in me”.

Noi siamo, come diciamo spesso, un canale attraverso il quale scorre l'amore di Dio. Se l'amore che è in me viene da Dio, è illimitato, va verso tutti coloro che Dio ama. Se Dio ama anche colui che mi odia, anch'io posso amarlo, poiché il Padre fa sorgere il suo sole sopra i cattivi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti (cfr Mt 6).

Colui che mi odia ha maggior bisogno di amore che non gli altri. Non dovrei io amare colui che ha maggior bisogno d'amore? Se Dio ama il peccatore, se Dio ama colui che non lo ama, se Dio ama gli ortodossi, i protestanti, i cattolici, se Dio ama i non credenti, se Dio ama i colleghi di lavoro, se Dio ama il datore di lavoro, se Dio ama gli zingari, posso amare anch'io tutti costoro. Posso amare anche colui che mi odia, perché Dio ama me che sono nulla.

L'amore è perfetto.

Anche se esso ora deve essere appoggiato da altri doni, è perfetto. Ciò non significa che non possa crescere ancora. Noi possiamo dare sempre maggior spazio all'amore in noi. Quanto? Tutto: finché potremo dire non più “io ho amore”, ma “io sono amore”! L’io non vive più: è diventato amore, anzi, vive pienamente nell'amare. Se il mio “io” è diventato amore, possiamo leggere i versetti da 4 a 7 del cap. 13 della prima lettera ai Corinzi cambiando la parola « amore » con il nostro nome; se mi chiamo Paolo, potrò leggere: «Paolo è paziente, Paolo è benigno, non è invidioso Paolo, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode della ingiustizia, ma si compiace della verità. Paolo tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta».

Se si parla dell'amore, si parla del cielo. S. Paolo lo sa e (come dice nello stesso capitolo 13 citato in parte all'inizio) vorrebbe far penetrare il nostro sguardo nel cielo, là dove tutto è completo, tutto è perfetto, là dove noi vedremo l'amore perfetto e la perfetta comunione d'amore tra Dio e i suoi figli, faccia a faccia.

Attraverso questo sguardo noi sperimentiamo che amare è un esercizio molto importante, che ci introduce nella vita celeste, nella vita di paradiso.

È un esercizio che vale, perché l'amore è una porta aperta verso il Cielo.

Attraverso di esso partecipiamo già, se pur come di riflesso, come in modo fanciullesco, in maniera ancora un po' confusa, come uno che si prepara a vivere in un altro paese, tuttavia partecipiamo già alla vita intramontabile e meravigliosa con milioni di testimoni di Gesù.

Attraverso l’amore noi possiamo già qui ed ora gustare la gioia celeste. Il paradiso comincia già qui, dove un uomo accetta di amare con l'amore di Gesù.

Gesù ci ha dato il comandamento dell'amore proprio perché la sua gioia sia in noi e la nostra gioia sia piena, perfetta. Costi quello che costi, ne vale la pena! L'amore di Dio è gratuito, ma l'amare costerà: non facciamoci illusioni; svuotarsi costa! Osserviamo l'esperienza di Gesù e quanto costi amare. Egli visse sulla croce, sulla croce dell'incomprensione, dell'abbandono, della solitudine, dei dolori; sulla croce di legno. Tutto ciò gli costò l'amare; ogni giorno. Ma noi vogliamo osservare anche il frutto del suo amore: la redenzione di tutto il mondo, e la gloria più grande!

Gesù, noi ti lasciamo vivere in noi, affinché attraverso il nostro corpo, il nostro spirito, la nostra anima, tu possa riversare ancor più il tuo amore sul mondo per redimerlo e glorificare sempre più te stesso.

Signore Gesù, tu hai aperto gli occhi al cieco di Gerico, affinché potesse vederti; apri anche i nostri occhi, affinché ti vediamo e vediamo come e dove noi possiamo esercitare l’amore che il Padre ha riversato nel nostro cuore! Tu, Gesù, sei paziente; tu sei benevolo; tu non sei invidioso; non ti vanti; tu non ti gonfi; non manchi di rispetto, non cerchi il tuo interesse; tu non ti adiri, non tieni conto del male ricevuto; tu non godi dell'ingiustizia, ma ti compiaci della verità.

Tu copri tutto, credi tutto, tutto speri, tutto sopporti, tu non avrai mai fine.

 

 

«AMERAI IL SIGNORE DIO TUO... »: COMANDO o FORTUNA?

 

L'uccello che vola è libero di volare: non ha le ali legate, perché l'uccello è fatto per volare.

Chi ama è libero. Il suo spirito è sciolto da ogni laccio che gli impedisca di fare ciò per cui è stato creato: l'uomo è fatto per amare.

Non ha senso costringere a volare il passero che ha le ali malate: non ce la farà. Ma sollecitare il passerotto che non ha ancora osato volare e non ha sperimentato le sue forze, guai se non accadesse: è questa la legge dei passerotti!

Non ha senso dare il comando di amare a colui che ha lo spirito malato: si agiterà senza spiccare il volo. Ma il comando dato da Dio di amare come egli ama è il servizio che Dio stesso rende all'uomo facendogli conoscere la legge della sua natura, facendogli sperimentare di quale forza è dotato, svelandogli il segreto e l’originalità di essere uomo.

Come il passero diventa un uccello normale ubbidendo allo stimolo della madre che lo butta giù dal nido e così diventa libero, allo stesso modo l'uomo trova la sua identità originale ubbidendo alla paternità e maternità di Dio che gli comanda di amare e diventa libero.

Da questa libertà conquistata e accettata sgorga gioia, leggerezza di cuore, pace profonda; l'uomo rimane saziato.

E come il passero esercita la sua caratteristica di volare ereditandola dal padre e dalla madre, così l’uomo eredita la sua capacità di amare da Dio, che ama. Amare: è l'opera con la quale l'uomo dimostra di somigliare a Dio e di essere suo figlio.

È l'azione con cui tu dichiari, senza parole, davanti agli uomini, di essere figlio di Dio; dichiari di appartenere a un Dio buono che ama. Amare è l'azione con cui tu fai credito a Dio, è l’azione con cui egli viene glorificato da te. Vorresti tu negargli la gloria che gli puoi dare amando?

Dio ama gli uomini. Con l'amore con cui egli vuole amarli desidera che anche i suoi figli li amino; desidera che anche noi amiamo gli uomini con il suo stesso amore.

Se vogliamo capire bene cosa voglia dire amare, dobbiamo osservare ciò che questa azione comporta per Dio stesso. Come ama Dio? Dio ama donandosi. Egli dona la sua vita, dona la sua pace, dona il suo perdono, egli dona se stesso. Questo vuol dire per Dio amare: donare! Egli ci ha donato addirittura suo Figlio!

Amare è morire. Se non amiamo è perché abbiamo paura di soffrire e di morire; l’amore infatti è esclusivo, senza ritorni, assoluto; non lascia niente di sé; si perde. Ma «Chi perde la sua vita per me, la trova »... « Chi ama (cioè chi muore) vive in Dio e Dio vive in lui ». Gesù, che ha amato fino a morire, vive per la potenza del Padre!

Per noi la parola “amare” ha lo stesso significato.

“Noi amiamo Dio” vuol dire: “Noi doniamo la nostra vita a Dio, doniamo a lui il nostro tempo, le nostre forze, il nostro cuore, la nostra mente, tutto” !

Noi vogliamo amare il nostro prossimo; anche in questo caso la parola “amare” ha lo stesso significato: “Noi amiamo il nostro prossimo quando gli doniamo noi stessi”. Sappiamo che non è facile; sappiamo pure, però, che è molto bello! Sappiamo che è addirittura un'azione divina, perché Dio ama. Se noi amiamo, facciamo la stessa cosa che fa Dio: donare se stesso.

Il comandamento dell'amore è il più grande e il primo, perché noi, creati ad immagine di Dio, possiamo compiere ciò che Dio stesso compie, possiamo fare ciò che Dio fa, - farlo con Dio e perché è Dio che lo fa in noi - possiamo amare!

Amare è il primo dei comandamenti, non ce ne sono altri più grandi di questo.

In ogni occasione e in tutti gli ambienti siamo collaboratori di Dio se ci lasciamo guidare dall'amore: non dalla ricerca del guadagno, non dalla ricerca del benessere, non dalla ricerca dell'altro, non dalla ricerca dell'amore, ma dall'amore!

Com'è facile esser travolti dall'avidità delle cose, invece che esser guidati dall'amore, e sempre quasi senza accorgerci, e sempre giustificati da un'infinità di buone ragioni…

Così succede che m'arrabbio con mio fratello perché ha rotto il parafango della mia macchina: amo questa macchina più di mio fratello!

M'arrabbio con un bambino perché ha lasciato cadere il vaso di fiori più bello: amo di più il vaso di fiori che non il bambino.

M'arrabbio con il vicino di casa perché ha sporcato le mie scale: amo più la pulizia che il mio prossimo.

M'arrabbio con me stesso perché non sono arrivato a finire un lavoro o non sono arrivato in tempo ad una riunione: amo di più la mia bella figura che non la pace del cuore.

M'arrabbio perché l’amico tarda a venire a cena: amo più il mio tempo o il mio stomaco che l'amico: gli preparo un ambiente teso e inospitale.

Potrei continuare..., ma ho già capito: prima di arrabbiarmi devo amare! Amare le persone... perché le cose, il tempo, l’ordine e la pulizia, gli inviti, il denaro, sono tutti strumenti dell’amore: non ho il diritto di trasformarli in strumenti e occasioni di rabbia o d'indignazione. Quando m'arrabbio sciupo un’occasione di amare. Se m'arrabbio per una cosa “andata storta”, oltre che il danno materiale me ne procuro uno più grosso spirituale: non avrò più la capacità di godere di ciò che è “andato dritto”, né di vedere i lati positivi che Dio può trarre anche da quella situazione storta. Soprattutto, se m'arrabbio, mi privo di un'occasione di amare Dio con tutte le forze e con tutto il cuore: forze e cuore vengono occupati dal male accaduto, vengono assoggettate ad esso.

Amare Dio con tutto il cuore comporta mettermi in sintonia con lui anche nel suo amore per i fratelli, e anche per quelli che non son riusciti a conservare amore per me. Che cosa vuole Dio per loro? la morte? il castigo? no! Per essi Dio vuole un rinnovamento, una conversione. Per essi Dio vuole che si aprano nuovamente all'amore.

Io favorisco questa volontà di Dio se continuo ad amare, se non tronco la corrente d'amore divino che può giungere loro attraverso di me.

Non è bene che io dipenda dall'atteggiamento negativo di chi mi offende e mi lasci trascinare in un atteggiamento altrettanto negativo.

È necessario invece che io dipenda sempre dal Padre che non distoglie mai da nessuno il proprio amore. Sono suo figlio. Gli posso assomigliare almeno in questo!

Ogni esercizio delle nostre facoltà nasce dall'esempio. Noi facciamo e ripetiamo quello che vediamo.

Il Figlio fa quello che vede fare dal Padre. Il Figlio impara dal Padre tutto quello che deve fare e dire. Noi, per amare, dobbiamo guardare il Padre che ama e che è amato dal Figlio; dobbiamo guardare il Figlio che riceve tutto l’amore dal Padre e vive di questo amore amando in modo perfetto, donandosi. In questo modo ciascuno non appartiene a se stesso, ma all'altro cui si dona, cui dona la propria vita, il proprio spirito che ama, lo Spirito di amore; ed è amore così concreto che non si può non vedere: è Spirito Santo.

Ecco perché il primo comandamento è: ama Dio, convertendo, cioè rivolgendo e indirizzando a lui te stesso, il tuo cuore, la mente, l'anima, le forze.

E poiché l’amore che circola nella Famiglia Divina (la Trinità) è perfetto, noi entriamo a conoscere questo amore e amiamo perfettamente; ma poiché tale amore è infinito, noi non finiamo mai di crescere in esso. Ciò non comporterà che noi stiamo tutto il giorno in chiesa: si può amare Dio lavorando, lo si può amare nei campi, in officina, lo si può amare anche mentre si prepara la minestra o si va a scuola!

Basta cominciare! Ci sono molti momenti in cui la nostra mente non è impegnata: possiamo occuparla dicendo: “Signore, io ti voglio bene. Ti ringrazio perché anche tu mi vuoi bene”; possiamo anche semplicemente rimanere sotto il suo sguardo, lasciarci guardare da lui, che è nostro Padre, nostro Signore.

Ci accorgeremo con stupore di essere cresciuti anche nell'amore del prossimo!

Amare Dio con tutto il nostro cuore: è molto bello! Vale la pena cominciare o continuare a farlo.

Amare, più che un comando, lo scopriremo una grande fortuna!

 

 

L'AMORE: DEBITO E CREDITO

 

L'amore dona, inventa doni senz'altra ragione che l'amore.

Dio, quando ha amato, ha creato! Dio ama sempre, sempre quindi crea! L'amore è creativo!

Il dono, uscito da colui che ama, va fuori; chi ama non aspetta più il ritorno del dono: il suo amore è sazio già quando il suo dono è stato ricevuto da un’altra persona.

Ma l’amore che si riceve fa amare.

«Grazie»!

Quanto amore “povero” è racchiuso in questa risposta! L'amore di chi è povero e riconosce d'aver ricevuto, riconosce che quello che ha non è suo, anche se lo usa costantemente: guarda sempre a chi gliel'ha dato e pensa sempre a lui.

Il nostro grazie è il non voler distogliere lo sguardo dalla persona che ci ama per attaccarci al dono ricevuto. Il nostro povero grazie è un restituire il dono alla sua originalità, al suo scopo primario: era stato dato come espressione di un atto d'amore, diventa occasione di un nuovo atto d'amore: il mio sguardo rivolto benevolmente a chi mi ha amato per primo.

Siamo sempre in debito.

Con Dio non saldiamo mai il conto. Ma l'amore è proprio l'umiltà di sapere questo e la gioia di dire: grazie! un grazie pieno del desiderio di usare tutto per lui e riportare tutto a lui. È giustizia.

Ciò che vale con Dio vale con i suoi figli!

« Non abbiate con nessuno altro debito se non quello di amarvi gli uni gli altri ».

L'amore è un debito che io cerco di saldare, ma non che venga pagato nei miei riguardi: io rimetto, condono i debiti d'amore dei fratelli, perché voglio poter continuare a dire al Padre: «Rimetti i miei debiti, come io li rimetto ai miei debitori»! Mi è più facile farmi osservatore dei fratelli e ricordare loro il debito che hanno verso di me, piuttosto che saldare totalmente il mio debito. E questo non lo potrò saldare fino a che qualcuno si occupa di amarmi! Il mio amore sarebbe vero e gratuito solo quando nessuno mi amasse e nessuno rispondesse ai miei atti d'amore. Per questo Francesco d'Assisi pregava così: «Ch'io non cerchi tanto d'essere amato, quanto d’amare, di essere compreso, quanto di comprendere, di essere consolato, quanto di consolare ».

Più restituiamo a Dio e ai fratelli, più ci svuotiamo, più restiamo vuoti. Ma essere vuoti non vuol dire solo «essere vuoti». Vuol dire anche essere aperti: aperti e disposti a ricevere ancora da Colui che può donare.

Essere vuoti, svuotarci, vuol dire metterci sempre più in atteggiamento di poter ricevere con maggior purezza, con maggior capacità, ciò che Dio vuole mettere in noi: forse saranno le stesse cose che già ora abbiamo, lo stesso amore, la stessa delicatezza, la stessa sensibilità che possiamo donare in questo momento ai nostri fratelli e alle nostre sorelle, oppure saranno doni nuovi che egli solo conosce e che ci può versare nelle mani quando le trova libere!

E questo nostro compito di restituzione, di rendere agli uomini e di rendere a Dio, questo compito di ringraziamento, di amore concreto per il Padre, il Figlio e lo Spirito e per i fratelli, questo compito in cui riconosciamo la nostra incapacità, la nostra debolezza e povertà, diventa quasi una richiesta concreta a Dio di riempire il vuoto che si fa in noi mentre doniamo, cioè mentre imitiamo lui, che dona!

L'amore è un credito.

Osserviamo l’immagine di una scodella piena d'acqua che si svuota per ricevere il budino, oppure l’immagine di una bottiglia che si svuota perché possa ricevere del vino: è la stessa immagine del nostro cuore che deve svuotarsi dei doni che ha ricevuto, per poter ricevere i nuovi doni di Dio... e poi ancora, finché non riceve lui stesso!

I doni che egli ci dà in questo momento, non ce li offre perché restino in noi, ma perché continuino il loro cammino verso i fratelli. Noi siamo come canali della grazia di Dio, canali dei doni di Dio.

Che cosa ho io da rendere a te, o Dio ?

Ogni attimo di tempo,

ogni palpito del cuore,

ogni risorsa d'amore,

ogni gesto delle mani.

Tutto viene da te, tutto ridono a te.

Farò posto nel mio cuore

perché tu lo possa riempire.

Farò posto a te nel mio cuore

perché tu lo possa usare

come una riserva del tuo amore,

dove ogni fratello può attingere.

La mia vita sarà una fontana

che dà acqua perché ne riceve

e ne riceve perché ne dà!

L'acqua è il tuo amore diventato mio,

ma che non resta a me:

vuol continuare ad essere

amore che ama!

L'amore è un debito,

L'amore è un credito.

 

 

I CONFINI DELL'AMORE

 

Per Dio i confini che gli uomini pongono non sono confini. Per Dio i confini che gli uomini pongono sui terreni, sui territori, sui muri, sono delle spine nel cuore: sono delle divisioni tra i suoi figli.

Dio vede i confini come delle occasioni e manifestazioni di separazione e di sfiducia tra fratelli, tra coloro che egli desidera e vuole siano uniti e si amino l’un l’altro come se stessi.

L'uomo non separi ciò che Dio ha unito.

Dio ha unito i suoi figli dando loro uno stesso spirito, mettendo in loro gli stessi desideri, la sua stessa forza, il suo stesso amore: essi non devono né dividersi né dividere.

Noi cristiani credenti abbiamo un compito impegnativo davanti a Dio nel mondo, in questo mondo pieno di divisioni e di forze che separano gli uomini gli uni dagli altri. Abbiamo il compito di vederci chiaro in tutte le situazioni, in quelle piccole di dimensioni familiari, ma anche in quelle di dimensioni nazionali e internazionali.

Dobbiamo vedere i pericoli di divisione e di lotta, saper distinguere gli atteggiamenti e gli spiriti da cui provengono e quindi anche scoprire e indicare i mezzi per evitarli.

Abbiamo il compito di far tutto il possibile per evitare le guerre e i conflitti sociali o nazionali, e di promuovere ogni cosa che accresca la pace.

Sappiamo molto bene che, come la guerra viene dal Maligno, così la pace può venire soltanto da Dio.

Molte persone si fanno strumento del maligno in questo mondo.

Noi cristiani abbiamo il compito di farci strumento di Dio; di lasciare che Dio stesso abiti in noi e, attraverso noi, nel nostro popolo, perché egli possa agire. Sappiamo che Dio opera sempre in direzione della pace, dell'amore, in direzione del perdono, della comprensione, della concordia.

Noi fratelli, noi cristiani abbiamo questo compito: lasciare che Dio sia presente in noi e in noi possa agire e possa operare col suo Spirito di unità, e possa ricomporre quello che è spezzato; così, il mondo sarà preservato anche da ogni divisione: Dio è il più forte.

Dio è più forte del Maligno che cerca di porre divisione nel cuore dell'uomo e tra gli uomini, togliendo loro la pace.

Possiamo assolvere questo nostro compito non per paura delle discordie o della guerra, ma per amore, per amore di tutti i nostri fratelli sparsi nel mondo.

Possiamo essere come quei dieci per amore dei quali Dio avrebbe risparmiato la città di Sodoma, se vi si fossero trovati. È una grande grazia poter essere quel piccolo numero di persone per amore del quale tutto il mondo viene salvato! È un piccolo numero di persone amate da Dio perché egli, in esse, riconosce se stesso: infatti si è legato a loro per mezzo del suo Figlio Gesù: non può distruggere se stesso! Questo piccolo numero di credenti salverà il mondo - e già tante volte lo ha salvato - da grandi stragi e distruzioni.

Benché pochi, piccoli, disprezzati, agnelli in mezzo a lupi, noi cristiani abbiamo un compito di dimensioni mondiali. Non occorre che siamo visti, che siamo messi in mostra agli occhi di tutti: occorre solo che ci siamo, che siamo presenti nel mondo, pur nascosti come il lievito nella farina, così nascosti da non poter esser visti, come il sale nella minestra o nel pane; presenti anche se non ci si può udire, perché silenziosi come gli agnelli in mezzo ai lupi! L’importante è che ci siamo, che siamo presenti come una presenza di Dio stesso.

Gli uomini del mondo, anche tutti gli uomini messi insieme, non saranno mai capaci di evitare una guerra: non saprebbero come fare, non vedendo con chiarezza, non sapendo ciò che noi sappiamo.

È un dono immenso per il mondo che noi ci siamo, che noi viviamo, che siamo presenti ovunque, come un numero di dieci, come un piccolo numero, quel tanto che basta perché Dio sia presente.

Benché piccolo, quel numero è sufficiente: non è la quantità delle persone che conta, ma la presenza dell'Onnipotente in mezzo ad esse.

Coloro che credono in Gesù possono essere piccoli, umili, disprezzati, ma Dio stesso è presente in mezzo a loro: e dove egli è presente, dove vede presente il proprio Figlio Gesù, può operare.

Noi rimaniamo uniti a questo suo Figlio in cui egli si compiace. È il modo più sublime ed efficace per amare il mondo. Per noi non esistono confini!

 

 

L'AMORE E LA PAURA

 

Queste due parole non stanno bene insieme. L'una esclude l'altra. Conosciamo il detto «Il contrario della paura non è il coraggio, ma l'amore » e conosciamo anche la parola di s. Giovanni: «L'amore perfetto scaccia il timore» (1 Gv. 4, 18).

Quanta paura c'è nel mondo!

Quante persone vivono nella paura, nel timore.

La paura è il regalo che ci fanno i nostri idoli.

Se ti metti a servire (fare gli interessi de) il denaro, ti trovi coperto di paura.

Se ti metti a servire il potere, t'invade la paura.

Se ti metti a servire il divertimento, ti prende la paura.

Se ti metti a servire te stesso, ecco la paura di fare brutta figura.

Se ti metti a servire la tua salute, non rimani a lungo senza paura.

Soltanto il Dio vivente, soltanto Gesù Cristo non ti darà paura.

Egli ti dà amore. E l'amore è come la luce nella notte: quando sorge, il buio scompare! La paura lascia il posto alla serenità e alla pace.

L'amore è la medicina contro la paura. C'è anche qualcuno che ha paura di Dio: quando comincerà ad amarlo, la paura se ne andrà!

Chi ama Dio crede al suo amore: non si ha paura di colui da cui si è amati.

La paura è un sintomo della malattia più brutta: la mancanza dell'amore e della fede nell'amare, perché chi non ama non crede di essere amato, e viceversa.

Ecco dunque il rimedio della paura: iniziare ad amare con tutto il cuore il proprio Dio!

Lo Spirito di Dio che viene riversato nel cuore di coloro che sono sottomessi al Signore, perché lo amano, scaccia ogni timore. Di qui la parola di san Paolo:

“Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: «Abbà, Padre»” (Rm 8,15).

 

CONCLUSIONE

Le radici del tuo amore sono immerse in Dio. Anzi, le radici del tuo amore sono Dio.

Amalo con tutte le forze, e nella tua vita ci saranno unità e armonia, maturità e completezza. Non ti vergognare di colui che non si vergogna di te! Egli ti accoglie ogni giorno per compiere insieme a lui la sua opera più grande: l'Amore!

E i frutti saranno gustosi e dolci ad ogni palato.

 

Nulla osta: cens. eccl. Mons. Iginio Rogger, Trento, 7.1.1978