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Il Verbo si fece carne Gv 1,14-18

IL VERBO SI FECE CARNE

"e noi vedemmo la sua gloria" (Gv 1,14)

 

Queste meditazioni sono la continuazione di quelle raccolte nell'opuscolo "IN LUI È LA VITA", piccolo contributo per puntare con decisione il nostro sguardo su Gesù, figlio di Dio, venuto nella carne perché siamo salvati da errori, inganni e menzogne che vorrebbero strappare l'uomo dalla mano del Padre.

Te le offro con gioia, riconoscente a Gesù stesso, che ci permette di vivere nel suo Spirito!

don Vigilio Covi

 

1. ERA NEL MONDO

E IL MONDO FU FATTO PER MEZZO DI LUI

MA IL MONDO NON LO CONOBBE (Gv 1,10)

 

S. Giovanni, che scrive queste parole poetiche all'inizio del suo Vangelo, sta parlando della venuta del Verbo, Parola di Dio, come vita e come luce.

Questa presenza immeritata e inaspettata dagli uomini s'è trovata in mezzo ad essi. Gli uomini che ospitano lo sconosciuto Pellegrino sono chiamati "mondo": un termine che riassume e ingloba in sè non solo uomini e donne, ma anche il creato in cui essi si muovono, e il loro organizzarsi come società e come nazioni, il loro darsi degli ordinamenti e consuetudini di vita, il loro godere dei beni della natura e dei loro reciproci rapporti sia di parentela che di amicizia e convenienza.

Nel "mondo" è presente la vita e la luce di Dio, ma questo stesso mondo non se ne accorge: è tutto preso, tutto occupato da se stesso, tanto da non vedere e non sentire la Novità.

Hai mai fatto l'esperienza di amare una persona, una famiglia, un paese, di donarti ad essi disinteressatamente, e vedere che nessuno s'accorge dell'amore, nessuno impara ad amare? Tu vivi l'amore, e chi ne beneficia continua ad odiare e a portar a termine le sue vendette.

È l'esperienza di molti cristiani che vivono l'amore in ambienti musulmani ed ebrei: essi presentano l'amore in modo che la sua bellezza e superiorità risplenda chiaramente.

Ma gli uomini, pur godendolo e ricevendone i benefici, non lo lasciano penetrare nel proprio cuore, impegnato ormai all'odio.

È l'esperienza di molti cristiani nelle fabbriche, nelle scuole, negli ospedali, negli uffici, nei negozi, sulle strade e sui pianerottoli delle nostre città.

Vivono come una vocazione divina l'amore per tutti, il sorriso e la comprensione, la fiducia e il perdono: ma esso non penetra nelle regole della convivenza, non entra nel gioco commerciale, non si traduce in leggi rispettose, non tocca i gruppi politici o sindacali o di corporazione già impegnati nei propri interessi.

Eppure il mondo è nato dall'amore, viene dalla mente di Dio che sa solo amare. È la Parola dell'amore che ha fatto esistere il creato e l'uomo e la sua volontà e capacità di organizzarsi.

Molte associazioni e società e gruppi d'ogni genere, anche economici, sono nati dall'amore di qualcuno. Penso agli ospedali, alle scuole, alle cooperative e federazioni: al loro inizio una persona ha amato e ha organizzato l'amore. Quante volte ciò che è nato dall'amore non conosce più la propria origine!

IL MONDO FU FATTO PER MEZZO DI LUI

MA IL MONDO NON LO CONOBBE.

L'amore di Dio è rimasto fuori dal muoversi delle sue creature. E quando questo stesso amore s'è incarnato e si è coinvolto visibilmente con esse, esse lo hanno trattato da estraneo fino alle estreme conseguenze.

IL MONDO NON LO CONOBBE.

Non lo volle coinvolto nella propria storia; preferì continuare la vita dominata dalla morte e dalle tenebre, la vita senza significato, senza le dimensioni dell'eternità.

A chi capisce e a chi ama questa situazione sembra un'assurdità, quasi un suicidio. E difatti è un privarsi della vita e della luce, della gioia e dell'armonia.

Gesù, pienezza dell'amore di Dio, abbi pietà.

Sono anch'io il mondo. Tu mi fai scoprire talora degli angoli di vita e di convivenza da cui ti ho escluso, dei brani di esistenza non ancora mossi dall'amore del Padre, di cui tu sei Voce e Parola.

Gesù, abbi pietà di me.

Tu mi hai scelto per farti conoscere come parola dell'amore del Padre, e per questo mi hai arricchito di doni e capacità. La tua pazienza è grande: io talora tendo a far conoscere me invece che Te.

Abbi pietà.

 

2. VENNE NELLA SUA CASA

MA I SUOI NON LO ACCOLSERO (Gv 1,11)

 

È ancora e sempre l'amore concreto di Dio, la persona che lo incarna, che viene nella sua proprietà. Egli venne, egli prese quest'iniziativa d'amore. Egli volle incontrare la terra plasmata per accoglierlo, architettata appositamente per lui, costruita per essere la sua reggia, il luogo dove egli potesse manifestarsi.

Egli ha realmente varcato i confini dell'eternità e della pienezza per riposare nel tempo tra i fiori del giardino affidato all'uomo.

Egli venendo stava realizzando il sogno di tutti i profeti e di tutti gli uomini: il sogno di vedere qui con i propri occhi il Volto del Padre dei cieli, il sogno di udire con i propri orecchi la voce dell'amore, il sogno di sentirsi e sapersi accolti da braccia che danno sollievo e fiducia, il sogno di veder la fine dell'odio e dello scintillio delle armi.

Venne per fare della terra un cielo, venne con la forza dell'amore che trasforma e dà nuovo significato a tutte le cose.

Il suo venire liberava ogni creatura dalla sua schiavitù.

Liberava l'oro dalla costrizione di essere strumento di invidia, violenza e morte, liberava il cuore dell'uomo dalla brama d'incenso che lo rende prepotente e sprezzante degli altri, liberava la mente delle creature di Dio dal bisogno di mirra, dal bisogno di rendere perpetua la propria presenza materiale nel mondo, nel cuore degli altri, nella memoria dei secoli.

La venuta dell'inviato di Dio è una venuta liberatoria per tutte le creature costrette ormai a mentire o ad esser strumento di menzogna per potersi "salvare", per poter essere qualcosa o qualcuno in mezzo alla congerie di realtà diverse e alla folla di volti desiderosi di emergere. L'Inviato di Dio presente nel mondo, concentrando su di sè l'attenzione e l'amore e il servizio, libera l'uomo dal dover esser qualcuno.

Ora il destino più bello e grande è di poter essere servitore amoroso e attento di Colui che è venuto e che porta appunto il nome di Salvatore: Gesù.

Egli è venuto. Egli ha trovato che tutto è suo. Tutto si adatta a Lui magnificamente, sia il cuore dell'uomo, sia i colori del creato, sia i suoni che vibrano nel silenzio.

Tutto è stato fatto per essere al suo servizio, e tutto nel suo servizio trova la pienezza della gioia e dell'armonia: in particolare l'uomo, e tra gli uomini "i suoi", quelli da secoli preparati ad ascoltarlo, a vivergli insieme, a farsi eco della sua voce e dei suoi gesti, ad essere imitatori del suo amore.

È venuto tra questi, "i suoi", che abitano la sua casa, la terra che ha accolto e vissuto le manifestazioni del Padre. La terra toccata dalla gloria di Dio, percorsa dai suoi Angeli, illuminata e percorsa dal suo fuoco, quella terra lo ha accolto nel proprio ventre, in una delle sue grotte profumate di terra.

MA I SUOI NON LO ACCOLSERO.

Coloro che potevano fargli festa ed esultare sono rimasti freddi, hanno corrugato la fronte, hanno ammiccato con le palpebre la loro decisione.

Ed è una decisione che si rinnova nei secoli e nelle generazioni e trascina uomini e donne a gridare: facciamo senza di lui, è venuto a rovinarci, non è desiderato né gradito, con lui non possiamo vantarci di nostre grandezze, con lui l'uomo diventa un nulla!

Gridano, perdono la pace, la bellezza, la comunione, l'armonia col proprio corpo e col creato.

Se n'accorgono, ma continuano a gridare.

I suoi non l'hanno accolto.

Gesù, accetta la mia voce debole, ma gioiosa.

Io ti voglio. Vieni, Signore Gesù!

Ti voglio accogliere, voglio che tu, che sei venuto, rimanga.

Io sono stato plasmato per mezzo di te, in vista di te: ora vieni e vieni ancora e non smettere di venire. In mezzo ai suoni e ai silenzi di rifiuto troverai le parole e i silenzi di chi t'accoglie e di chi vuol farsi tua dimora e tuo servo.

Vieni, Signore Gesù, risorto per essere con noi!

 

3. A QUANTI PERÒ L'HANNO ACCOLTO

HA DATO POTERE DI DIVENTARE FIGLI DI DIO:

A QUELLI CHE CREDONO NEL SUO NOME (Gv 1,12)

 

Lo hanno accolto.

C'è qualcuno che apre il cuore e dona tempo e attenzione. C'è qualcuno tra la folla che rifiuta, qualcuno tra le moltitudini che fa spazio nella propria vita al Verbo di Dio, a Colui che viene dall'Alto, al Figlio di Dio.

È un miracolo.

Noi viviamo sempre come un miracolo l'esperienza di un uomo che apre il cuore a Dio Padre. Questa apertura non è frutto delle capacità dell'uomo, non è conseguenza di ragionamenti, non è frutto di convinzioni. Ragionamenti e convinzioni possono preparare il terreno, ma ciò che fa germogliare la vita è il Seme di Dio.

Un miracolo è ogni uomo che accoglie il Figlio di Dio.

Il Figlio che trova spazio in me mi trasforma: io divento figlio di Dio, figlio del Padre.

Dal momento che accetto di amare Gesù entra nel mio essere una sim-patia profonda col Padre: non mi sento più orfano, ma amato, accolto, salvato. E non solo "mi sento" così, ma "so" con certezza che Gesù in me è il Figlio generato dall'Essere stesso del Dio Amore che vive proteso verso il Padre nel desiderio ardente di rispondere Amore.

Con Gesù nel cuore sono figlio! non sono più un essere vagante, indipendente, autonomo: sono invece un bambino cullato, sostenuto, portato, nutrito, custodito, educato, interpellato dal Padre. Non oso più chiamarlo Dio, per non permettere a chi mi ascolta di confonderlo con le immagini che gli uomini si stanno immaginando di una divinità Trascendente, lontana, così alta e così suprema che non possa toccare la mia miseria e piccolezza.

Non lo voglio chiamare Dio, perché non sia compreso da nessuno, nemmeno dal mio inconscio, come qualcuno che possa esser confrontato con altri dèi. Lo chiamo solo Padre, oppure Papà, perché la mia vita d'amore, la mia pace e armonia scaturiscono continuamente dal rapporto intimo che ho col suo Figlio unigenito.

La mia vita continua a nascere, a venir generata insieme a quella del Figlio, insieme a Gesù: è una vita che non trova più alimenti né ostacoli sulla terra. Non mi nutrono più le varie cose propostemi dal ...mondo della cucina, della cultura, dello sport, della politica, della moda, ecc....

Non mi ostacolano più le offese e le incomprensioni degli uomini che incontro. Esse mi appaiono solo il luogo ancora buio sul quale posso effondere la luce dell'amore che ho ricevuto.

A QUELLI CHE CREDONO NEL SUO NOME!

Accoglierlo e credere nel suo Nome sono espressioni che si equivalgono. Credo nel Nome dell'Unigenito Figlio di Dio: mi fido cioè della salvezza che Lui merita per me.

Mi sento sicuro perché Gesù ha versato il suo sangue per me, per noi.

Non mi fido delle mie opere buone, né dei miei sacrifici, nemmeno delle mie preghiere. Mi fido solo di Gesù.

Mi affido al suo amore per il Padre, e così è come fossi innestato, io ramo selvatico, sull'albero buono. Divento figlio di Dio, figlio del Dio che è Padre. Anche sul mio volto appariranno i segni della paternità, dell'amore che offre se stesso senza nulla pretendere.

Signore Gesù, grazie a te divento figlio anch'io.

Grazie a te posso essere figlio di Dio, posso muovermi con libertà nella sua casa, posso godere della sua fiducia e occuparmi dei suoi progetti.

Grazie a Te, che vivi risorto dai morti!

 

4. I QUALI NON DA SANGUE,

NÉ DA VOLERE DI CARNE,

NÉ DA VOLERE DI UOMO

MA DA DIO SONO STATI GENERATI (Gv 1,13)

 

L'evangelista insiste nelle sottolineature: non vuole dare spazio alla nostra fantasia e alla nostra ambizione di suscitare tentazioni né di seguire tendenze di stampo farisaico o gnostico o secolaristico pagano.

Egli vuol dirci con forza che i figli di Dio sono figli di Dio per davvero, non solo di nome. Dio è per davvero capace di essere Padre: egli è Padre anzitutto. Lo è proprio perché genera, comunica la sua vita e perciò dà origine a esistenza nuova!

Colui che è generato da Lui è un Figlio unico, e gli uomini che si uniscono a quel Figlio in maniera sacramentale e spirituale sono generati da Lui, perché in essi prende spazio l'unica figliolanza. In essi c'è vita divina, cioè l'amore divino, bello, forte, fedele e puro come il suo, perché è suo!

In essi risplende la sua santità. In essi prende spazio la gloria, concretezza dell'amore infinito di Dio.

Questa vita divina nascosta dalle fattezze e dal carattere dei singoli uomini, ma rivelata dal loro unirsi a Gesù portando la croce dell'amore, è una vita che viene dall'alto, viene dal Padre, scaturisce dall'Eternità.

Inutile vantarsi. Inutile gloriarsi. Inutile, anzi menzognero è il volersi innalzare su piedistalli, fare monumenti all'uomo e alla sua intelligenza. Non è il sangue né la capacità dell'uomo che può generare l'amore puro e santo.

Esso non è una virtù costruita con la forza di volontà, col coraggio, con l'ambizione dell'amor proprio.

La vita divina in noi viene dal Padre: la nostra parentela con lui è dono suo! Credersi qualcuno perché riusciamo ad amare, credermi qualcuno perché sono un buon cristiano significa non esserlo più.

L'orgoglio toglie da me la figliolanza divina, il legame concreto con lui è solo amore.

Pensare d'essere bravo perché mi sono consacrato a Dio o perché ho deciso qualche gesto significativo di amore nella vita di fede o nel servizio ecclesiale o nel servizio sociale volontario, oppure ritenermi fortunato o arrivato perché ho capito qualcosa del mistero di Dio, vuol dire attribuire potenza di vita al sangue e alla carne e al volere dell'uomo. In quel momento ho perso lo sguardo contemplativo, la luce che mi mostra la verità.

È il Padre che dà la vita alla nostra somiglianza a Lui. Noi non costruiamo santità con le nostre forze, non costruiamo Regno di Dio, né siamo capaci di dargli Gloria.

Possiamo solo accogliere nella nostra vita la santità e il Regno e la Gloria dell'unico Dio: la santità coll'offrirgli il nostro cuore, il Regno con l'ubbidirgli coscienziosamente, la Gloria col portare amore nelle croci su cui gli uomini ci crocifiggono.

Il nostro esser nati in paese cristiano, da famiglie cristiane e esser stati educati nella religione cristiana non fa di noi dei cristiani! Questo spetta solo al Padre, è dono e miracolo suo, deciso e voluto e realizzato da Lui, col nostro "si" riconoscente.

È il Padre che mi genera figlio suo quando io accolgo il suo Unigenito come mia santità, mio Regno, mia Gloria!

Padre, Ti ringrazio.

Ti ringrazio perché sei tu il papà.

Sei tu che fai sgorgare in me qualcosa del tuo amore, mi dai partecipazione alla vita del tuo Unigenito, riversi in me la tua potenza d'amore.

Grazie, Padre, perché eserciti la tua paternità anche per me.

Ti sei servito di molte persone e di molti fatti, ti sei servito di grandi e di piccoli eventi per comunicarmi il tuo vivere, il tuo amare. Ma esso viene da Te!

Gloria a Te, in Gesù tuo Figlio e mio Signore!

 

5. E IL VERBO SI FECE CARNE (I) (Gv 1,14)

 

(Dio incontra Adamo)

Noi, che siamo di carne, non sappiamo con precisione né che cosa significhi "Verbo", né che cosa significhi "carne"! Il "Verbo" è Dio, viene da Dio e vive proteso a Lui come Figlio al Padre: noi contempliamo con umiltà e stupore, essendo per noi un mondo tutto nuovo!

La carne fa parte sì della nostra esistenza; ma nella nostra esistenza questa carne porta segni e stimoli estranei, che non dovrebbe avere. La conoscenza della carne che noi abbiamo per esperienza è rovinata, incompleta, inadeguata. La nostra carne è portatrice di conseguenze del peccato, è strumento di egoismo e quindi preda di confusione.

IL VERBO SI FECE CARNE

Possiamo conoscere "la carne", la vera natura di noi uomini, la realtà della nostra vita liberata dai condizionamenti negativi dell'egoismo, guardando e toccando, avvicinando e "mangiando" la "carne" del Verbo!

E potremo conoscere, amare e avvicinare il Verbo appressandoci ora a quella carne che Egli ha rivestito, nella quale si manifesta ai nostri sensi e alle nostre capacità di percezione fisiche, psichiche e spirituali.

IL VERBO SI FECE CARNE!

È la novità più piena e più grande della storia dell'umanità. Mi ha fatto impressione la grotta dell'Annunciazione a Nazareth. Sull'altare che vi è stato collocato è scritto: HIC Verbum Caro factum est: QUI il Verbo si è fatto carne! QUI.

C'è un luogo sulla terra dove è avvenuto il mistero che ha trasformato la vita degli uomini. C'è un luogo, un tempo, una persona scelti da Dio per rendere concreto il suo donarsi agli uomini. Gli uomini sono amati da Dio: c'è un luogo, un tempo, una persona che ne sono testimoni. Il luogo è quella grotta, il tempo è un giorno di duemila anni fa, la persona è Maria, giovane fidanzata.

IL VERBO SI FECE CARNE.

L'amore di Dio, l'amore che Dio Amore dona, l'amore immenso che Dio vuol comunicare e trasmettere alle sue creature, all'Adamo che lo sfugge, si è chiuso nella carne, s'è fatto vita d'un uomo.

Un Uomo ora potrà incontrare Adamo, senza che questi si spaventi. L'Uomo Gesù potrà incontrare Adamo (ogni uomo) senza che questi sappia di essere alla presenza del suo Dio.

L'amore di Dio ha trovato il modo di incontrare Adamo a casa sua, nella sua tenda; ha trovato il modo di amarlo e di suscitarne l'amore, piccolo e fragile fin che si vuole, ma amore. E così ha trovato il modo di rimettere Adamo sulla strada del ritorno, dell'incontro col Padre, della vita eterna cui era destinato fin dall'inizio.

IL VERBO SI FECE CARNE!

L'uomo potrà trovare sulle proprie strade umane l'amore del suo Dio e Padre. Non ci occorre deviare, non ci occorre cambiare. Non siamo noi che amiamo Dio, è Lui che ha amato noi.

E noi siamo amati in modo tale da poterlo percepire, sperimentare, vedere. È l'amore con cui siamo amati che susciterà nella nostra stessa carne la capacità e l'esigenza e la volontà e la gioia e lo stupore di rispondere. E anche la risposta che saremo in grado di dare la sentiremo ancora come amore che riceviamo. Saremo solo capaci di dire: Grazie! La nostra vita sarà tutta un rendimento di grazie, un'eucarestia.

Grazie, Padre, per l'amore con cui ci ami.

Grazie che hai voluto che il tuo amore per noi divenisse carne.

Grazie, Verbo di Dio, che hai fatto - nella tua risposta d'amore al Padre un gesto inimmaginabile: hai assunto la carne che noi conosciamo solo peccatrice, e l'hai portata fino alla risurrezione dai morti.

Grazie, Spirito Santo di Dio, che realizzi tra noi e il Verbo la comunione, l'incontro, il contatto, in modo che noi siamo purificati e Lui trovi anche nella nostra carne nuova possibilità di presenza amante nel tempo e nei luoghi della terra!

Grazie, mio Dio! Padre, Figlio e Spirito!

 

6. IL VERBO SI FECE CARNE (II) (Gv 1,14)

 

La carne che porta in mezzo a noi "il Verbo" ha un nome: Gesù. È questo il Nome che vuol esprimere ancora l'amore di Dio: un Dio che salva, un Dio che da questo momento si può chiamare Padre, perché ora si prende un uomo come figlio, come portatore della propria "divinità", portatore del proprio Amore.

Prima non era possibile chiamarlo Padre, ora invece sì. Ora, mentre l'amore che Egli dona diviene uomo, Egli può ricevere il nome Padre.

E l'uomo che ci troviamo accanto, Figlio. E noi, uomini amati tramite Gesù, da Gesù, in Gesù, figli.

IL VERBO SI FECE CARNE

Noi siamo diventati figli. Quant'è bello questo mistero! Un mistero che s'inserisce nei nostri rapporti, nella comprensione che abbiamo di noi stessi, e la cambia. Siamo trasformati, perché ci sentiamo amati e resi capaci di amare, perché la carne di cui noi siamo fatti ha potuto accogliere l'eternità dell'amore divino.

E la "carne" di quell'uomo che ha iniziato a vivere nel tempo là, nella grotta di Nazareth, certamente non gli basta. Anche la mia carne gli può servire, anche questa mia vita, questi miei anni, questa mia mano che ora scrive, questi miei occhi che ora leggono, questa mia mente e questo mio cuore.

La mia carne può "completare" un tassello in più al mosaico dei "patimenti di Cristo a pro del suo corpo, la Chiesa".

I patimenti di Cristo non sono solo le sofferenze, ma tutto ciò che egli ha sperimentato e offerto vivendo l'amore divino nella vita umana. La mia carne ne è partecipe. È partecipe dell'amore di Gesù per la Chiesa, per l'opera di salvezza dell'umanità, per la trasmissione del nome "Gesù", salvezza di Dio!

IL VERBO SI FECE CARNE.

Non ho paura più del mio corpo, delle mie doti umane, dei miei limiti. Non ho più paura di ciò che la mia carne vive: gioie e dolori, soddisfazione e morte. È questa carne che Dio ha apprezzato tanto. È di questa carne che Dio si fa chiamare Padre. È in questa carne che vive Gesù, salvezza di Dio.

Non è dalla mia carne che mi viene la morte. Non è dalla carne che viene il rifiuto di Dio, dell'amore. Morte e peccato mi vengono da fuori, dal nemico di Dio.

Se Dio tocca col suo amore la mia carne e questa vive, anche il suo nemico vuol toccare la mia carne per farla morire, facendola entrare nel movimento dell'egoismo, attraverso superbia e ambizione, orgoglio e confronti generatori di invidie e gelosie.

Ma io continuerò a tenermi unito, legato, attaccato alla carne del Verbo, mi terrò nutrito della carne del Verbo e il Nemico non mi farà del male. Continuerò a contemplare colui che porta il Nome "Gesù", e sarò salvo.

Lo guarderò in croce per vedere la pienezza dell'amore "tutto compiuto" e ricevere forza d'amare.

Berrò il suo sangue, e la mia carne conserverà in sé l'amore e sentirà come inadeguate e repellenti le proposte dell'egoismo, benché rivestite di una luminosità apparente di bene.

Farò risuonare alle mie orecchie le parole pronunciate dall'uomo Gesù, e quella voce mi permetterà di discernere il rumore del nemico della mia carne.

Masticherò e ruminerò le parole uscite dal cuore di Gesù, ed esse lasceranno nelle mie viscere il sapore dell'Amore eterno del Padre.

IL VERBO SI FECE CARNE

e la mia carne si purifica al contatto con la sua e può ricevere e contenere l'amore di Dio.

Anche i limiti e la morte, situazioni vissute dalla 'carne', divengono luogo ove si manifesta l'amore del Padre! La malattia, la sofferenza, le umiliazioni, l'agonia stessa diverranno gloria di Dio!

Grazie mio Dio, mio Padre!

Grazie per questa mia carne, grazie per il luogo e le condizioni e il tempo in cui è vissuta e vivrà.

Grazie perché tramite essa mi hai messo a contatto del tuo Verbo, e tramite essa comunichi il tuo amore al mondo: è questa carne - la carne del Risorto dai morti - che tu mandi e doni come missionaria del tuo amore agli uomini che ancora vuoi salvare.

 

7. IL VERBO SI FECE CARNE (III) (Gv 1,14)

 

(e rimane sempre carne)

 

L'amore eterno e incommensurabile di Dio giunge a me, a noi, a tutti attraverso la carne che egli ha assunto e rivestito.

Noi non lo possiamo 'spogliare' di quella carne. Lungo la storia gli uomini hanno tentato anche questa strada: spogliare il Verbo di Dio, la Parola d'amore del Padre; hanno tentato di spogliarla della carne dell'uomo Gesù.

Ed erano orgogliosi di riuscirci. Credevano di poterlo fare impunemente. Ritenevano che quella carne fosse stato solo apparente, oppure necessaria solo per le persone ignoranti, e non per quelle iniziate ad una penetrazione particolare della realtà, delle parole della fede, dei doni di Dio.

Pensavano, e taluno pensa ancora di poter incontrare il Dio vero ed eterno al di fuori o al di sopra della carne dell'uomo Gesù. Ritengono d'incontrarlo nella propria mente divenuta superiore. Son giunti ad una "conoscenza" che sostituisce Gesù: è questa conoscenza che li salva, non Gesù!

Non s'accorgono, ma questo tentativo di togliere la "carne" al "Verbo" impedisce loro di ricevere lo Spirito Santo. E noi ci accorgiamo subito: con loro non c'è comunione di Spirito Santo. Con loro non nasce la comunione semplice e fruttuosa di cui godono i figli di Dio. Nemmeno tra di loro esiste comunione, ma solo semmai soddisfazione d'essere qualcuno, di aver doti migliori, d'esser riusciti a penetrare con la mente il mistero, ormai non più mistero.

E l'amore del Padre non vive più in loro; solo una parvenza, qualche sforzo di filantropia, il sorriso verso gli altri, ma quel sorriso che si compiace di sè.

Spogliando il Verbo della carne nella propria mente son costretti a dare alla propria carne un nuovo significato. Essa stessa prende il ruolo di Dio e non più solo dimora di Dio! In questo ruolo - che dev'essere sviluppato e raggiunto gradualmente con sforzi ascetici ed esercizi di concentrazione - le tentazioni possono riuscire a prendere il posto delle ispirazioni: non solo, ma l'uomo ormai è ripiegato su di sé, intento a scoprire e mettere in moto la propria divinità. Non c'è più spazio per la ricerca del dialogo col Padre, né col Figlio. Non c'è più lo scambio d'amore tra Colui che ama e l'uomo che risponde il proprio grazie. Per questo non esiste in questa vita lo Spirito Santo, e non ne riscontri i frutti, in particolare la comunione interiore, semplice e sincera.

Questa tendenza di spogliare il Verbo di Dio della carne dell'uomo distrugge l'umanità, perché non permette più all'uomo d'esser figlio e quindi gli toglie la capacità d'essere fratello e di cercare i fratelli.

IL VERBO SI FECE CARNE.

È grande il mistero di Dio che ama gli uomini.

Siccome Dio è davvero Dio, ciò che Egli decide e realizza è mistero per l'uomo: amore nascosto!

L'uomo che entra nel mistero, che si lascia amare da Dio e si lascia amare dal suo modo d'amare può anche comprendere il perché è amato così: e può offrirsi e unirsi a Lui.

Chi si lascia amare da Dio attraverso l'umanità di Gesù riceve Spirito di figlio e comprende il Padre. Non solo, ma addirittura si offre a Lui e viene inserito nel movimento d'amore del Padre verso gli uomini attraverso la carne 'del Verbo'. La sua conoscenza del mistero sarà così compenetrata alla sua vita da aver la forza e la grazia del martirio.

Signore Gesù, Verbo del Dio vivente, Ti ringrazio.

Vivendo con Te, lasciandomi amare da Te e amando Te ricevo lo Spirito Santo, Spirito d'amore e di verità! Sei tu solo, vero uomo, che mi fa diventare figlio di Dio e fratello degli uomini. Fondate su di te nascono e crescono le famiglie umane, le comunità e le fraternità in cui è possibile sperimentare l'amore del Padre: Tu sei il Verbo di Dio! La tua carne umana io adoro e accolgo in me: essa mi fa entrare nel mistero dell'amore eterno del Dio vivo!

 

8. E VENNE AD ABITARE IN MEZZO A NOI (Gv 1,14)

 

Chi traduce il testo del Vangelo dal greco dice che questa frase potrebbe essere più precisa in questo modo: 'e pose la sua tenda in mezzo a noi', oppure: 'si accampò in mezzo a noi'.

L'evangelista ci immagina non come persone isolate, ma come popolo in cammino, popolo che non ha patria sulla terra e perciò con facilità è pronto a levare la tenda per ripiantarla altrove.

Il Verbo che è divenuto uomo, Gesù, si mette in mezzo a noi.

Egli non ha paura di contaminare la sua purezza a contatto con la nostra impurità. Egli non ha preoccupazione di mantenere distacco onde impedire alla ricchezza e bellezza del suo amore di sfigurare in mezzo all'orribile depravazione del nostro egoismo.

E soprattutto non ha paura né preoccupazione che la sua 'carne' desti invidia, gelosia, odio, dovendosi trovare a confronto con la nostra, macchiata e privata del colore della verità e della santità.

E VENNE AD ABITARE IN MEZZO A NOI.

Il suo amore lo ha portato vicino, accanto a noi, in mezzo a noi. Proprio in mezzo.

Tra me e te ora c'è Lui. Tra me e voi c'è il Verbo fatto carne. Gesù è qui, nella tenda, provvisorio, tra te e me. Io ti vedo alla sua luce. Tu vedi me illuminato da lui. Altrimenti non mi vedresti, non t'accorgeresti che io posso esser amato. Né io mi accorgerei che tu puoi essere amato e accolto. Soffri di solitudine? Non c'è ancora Lui, Gesù, tra te e gli altri. Ti lamenti di non essere amato? ti pare di non saper amare? Non c'è Lui, il Verbo, l'amore eterno fatto carne, tra te e gli altri.

Lasciagli piantare la sua tenda davanti alla unica apertura della tua.

Gesù in mezzo a noi è la salvezza, salvezza mia e nostra. Possiamo essere famiglia e popolo perché c'è Lui.

Il popolo che lo esclude smette d'essere popolo. La famiglia che lo esclude smette d'essere famiglia. Il popolo che non lo accoglie, ancora non sa cosa significhi essere popolo; i suoi membri non godono la gioia della comunione.

E VENNE AD ABITARE IN MEZZO A NOI.

In mezzo a noi Egli porta il suo Spirito: Spirito di figlio che ama ubbidendo e rendendosi disponibile. In mezzo a noi la sua carne è in pericolo, perché col suo amore mette in luce la mancanza d'amore della nostra carne. Quando la sua carne sarà uccisa, l'amore in essa contenuto non potrà sparire, anzi, la rifarà vivere d'una vita nuova, gloriosa ed eterna.

Mistero della fede! Mistero che comprendono coloro che, amando, si uniscono a lui nel morire.

Quando vivo nell'amore una sofferenza, quando offro a Gesù un'umiliazione, un rimprovero, quando per causa di Gesù rispondo con un gesto d'amore ad un'offesa, allora "comprendo" la risurrezione della carne del Verbo, perché anche la mia carne - in misura solo di segno - vi partecipa.

Il Verbo fatto carne pianta la tenda in mezzo a noi. È Lui pronto a cambiar di posto se noi leviamo le tende! Non andiamo a cercarlo, è Lui che viene! Non rimpiango perciò il passato, come se lui fosse stato con noi allora, quando la cultura era più favorevole, la mentalità più consona, i tempi migliori! Non attendo un

futuro diverso perché Gesù possa dimorare con

noi. Non mi preoccupo di donare 'prima' qualcos'altro, prima il benessere, prima la salute, prima l'alfabetizzazione... Egli pone la tenda in mezzo a noi: è capace di stare tra gli ammalati, tra gli ignoranti, tra gli affamati, tra i poveri. Da lui impareranno e riceveranno la forza per vivere l'amore, dopo potranno... tutto il resto, perché - dopo - tutto il resto avrà un significato pieno e gioioso.

Signore Gesù Cristo, ti ringrazio.

Tu, e solo Tu, puoi riempire di Spirito Santo la mia vita e rendermi capace di comunione.

Tu riempi la mia continua solitudine, tu rendi il mio vivere in mezzo agli uomini dono per me e per loro, perché Tu - pronto a morire - mi fai perdere la paura della morte e così mi rendi disponibile all'amore generoso e gratuito.

Signore Gesù, grazie perché vivi in mezzo a noi risorto dai morti!

 

9. E NOI VEDEMMO LA SUA GLORIA (Gv 1,14)

 

Ora l'evangelista continua col "noi": il Verbo venne ad abitare in mezzo a noi.

A noi... Chi sono questi "noi"? A chi si sente unito l'evangelista da poter parlare così a nome di altri? "Noi" sono quelli in mezzo ai quali ha piantato la sua tenda il Verbo: il popolo di coloro che fanno riferimento alla sua dimora, alla sua 'carne'.

Questo 'noi' è la Chiesa! Anch'io vi sono compreso. Il mio 'vedere' è sicuro perché è appoggiato sul vedere di altri, perché 'vedo' insieme ad altri.

E "vedemmo" che significa? solo che abbiamo aperto gli occhi di carne e abbiamo visto una figura?

Vedemmo: questo termine indica un'esperienza soggettiva di un fatto oggettivo: ci siamo accorti, abbiamo notato, abbiamo constatato ed ora siamo sicuri. La nostra testimonianza si basa su di un'esperienza vera, condivisa da molti.

L'unico che vede realmente è Dio. Gli occhi di Dio sono gli occhi che 'vedono' la realtà, il suo significato, il suo scopo; gli occhi di Dio vedono in ogni cosa l'amore che vi è contenuto e l'amore con cui sono state create e l'amore cui possono servire.

Gli occhi di Dio 'vedono' e continuano a 'vedere', da quando Egli 'vide che era cosa buona': 'vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona'! (Gen 1,31)

Il vedere di Dio è l'unico vedere vero, limpido; è un vedere che è amore. Perciò Dio cerca di vedere l'uomo, di vederlo anche dopo il suo peccato: se riuscisse a 'vederlo' lo potrebbe riempire ancora di amore. Ma Adamo non si lascia vedere: si nasconde.

Quando potrà Dio 'vedere' l'uomo? Quando l'uomo cercherà di usare i propri occhi per vedere Dio!

Zaccheo cerca di vedere Gesù. Allora Gesù lo 'vede': gli sguardi che s'incontrano producono vita nuova e santa.

Gesù vede il giovane ricco che lo ferma per strada: lo fissa con amore. Purtroppo le ricchezze chiudono lo sguardo dell'uomo, abbagliato da falsa luce.

Gesù vide Andrea e l'altro discepolo e disse loro: "venite e vedrete"! Filippo a Natanaele: "vieni e vedi"! Ma quando Natanaele venne a 'vedere', Gesù lo aveva preceduto: "ti ho visto quand'eri sotto il fico"!

E la Samaritana dopo aver riconosciuto che Gesù è il Messia dice ai suoi concittadini: "venite a vedere"! I Samaritani dopo aver visto Gesù e averlo ascoltato possono dire: "ora sappiamo che Egli è il Salvatore del mondo". Non solo credono, ma sanno! Il "vedere" dell'uomo è l'esperienza personale necessaria perché la fede diventi stabile e sicura.

NOI VEDEMMO LA SUA GLORIA!

Che cosa abbiamo visto? la sua gloria. Può l'uomo vedere la gloria?

Gloria è tutta la bellezza, l'importanza, la maestà di Dio! Ma Dio è Padre, è amore! Come facciamo a vedere la grandezza e la sublimità dell'amore? dell'amore puro e disinteressato, dell'amore pieno del Padre che vuole attirare a sè gli uomini per beneficarli?

La purezza dell'amore del Padre, la vera realtà dell'amore che si dona e dimentica se stesso, noi la possiamo vedere quando il Figlio è innalzato sulla croce.

Quello è il momento in cui 'vediamo' com'è fatto l'amore divino, l'amore vero; quello è il momento in cui possiamo contemplare la pienezza del dono dell'amore e la sua purezza. La croce di Gesù è la gloria di Dio. È là che sappiamo che Dio non è un Dio geloso, desideroso di manifestare onnipotenza punendo e condannando il peccatore.

La croce di Gesù mostra il vero Volto di Dio, il Volto dell'amore che non costringe, che dà libertà, che agisce da Padre rispettoso dei figli, anche dei figli ribelli.

"Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto": questo sguardo non si distoglie più da colui che pende dal legno. È uno sguardo che penetra i cieli, che vede l'amore; è uno sguardo che cambia l'esistenza e la attrae nel movimento dell'amore, di quell'amore che non disdegna la rinuncia, il sacrificio, la morte. Quando rinnego me stesso per amare, allora faccio risplendere anch'io qualche raggio della sua gloria!

Ti adoro, Signore Gesù!

Tu mi hai fatto vedere la gloria di Dio, il suo amore di Padre. La sua gloria è la tua, e la tua è la sua.

Tu gli hai chiesto di glorificarti sulla terra perché tu possa glorificare lui.

E il Padre ti ha ascoltato: ti ha messo nella condizione di mostrare la pienezza e la purezza del tuo amore, là, sul Calvario. E là tu hai fatto risplendere l'amore del Padre per tutto il mondo, per tutti i peccatori. Il ladrone che lo ha riconosciuto è stato subito salvato.

E noi godiamo la tua presenza vicino a noi e in noi, risorto!

Grazie, Gesù!

 

10. GLORIA COME DI UNIGENITO DAL PADRE

PIENO DI GRAZIA E DI VERITA'.

 

La gloria che contempliamo in Gesù è completa. Dio non la divide come un'eredità tra molti figli; Gesù è il Figlio, l'unico. Egli eredita in sé tutto l'amore del Padre.

Come il Padre ama di amore pieno e gratuito, così colui che da lui è generato. Il Figlio riceve per 'generazione' la capacità d'amare del Padre. Anche il Figlio perciò dà la vita, continua a generare figli di Dio, figli che amano come il Padre.

Egli è l'Unigenito: non cercherò altrove altri figli del Padre. Non mi lascerò ingannare da chi ne avesse la pretesa. E su di lui confronterò chiunque, ogni uomo, ogni realtà. Ovunque ci sono i segni dell'amore del Padre, che è il creatore di tutti e di tutto.

Ma io metterò tutto alla luce del Figlio perché è lui che mi permette di discernere in ogni realtà, in ogni uomo che cos'è autentico e che cosa non lo è più. È alla luce del Verbo, del Figlio unigenito di cui vedo la gloria, che posso riconoscere ciò che di Dio è nascosto ovunque e in chiunque. La luce del Figlio non m'inganna. Essa mi permette di discernere ciò che nell'uomo è frutto di egoismo, di peccato, o ciò che è frutto di una falsa immagine di Dio.

Il Figlio unigenito è pieno di grazia e di verità!

La grazia e la verità le posso ricevere solo da lui, da Gesù. La grazia è l'amore gratuito del Padre e la verità è ancora il suo amore fedele e stabile.

Io ricevo e conosco l'amore del Padre per mezzo del Figlio. Ricevo l'amore paterno di Dio quando Gesù mi perdona, quando Egli mi rivela il mio peccato e mi mette nel cuore la compunzione e il desiderio di accogliere in me lo stesso amore del Padre per donarlo! Quest'amore in me matura come volontà di perdono e d'accoglienza, desiderio di salvezza per tutti, che tutti possano gustare quello stesso amore che mi fa vivere e sperare!

Dopo aver sperimentato la gratuità dell'amore del Padre finalmente lo conosco, o almeno comincio a conoscerlo. La verità appare ai miei occhi! La verità!

Questa fedeltà dell'amore di Dio che continua ad essere padre anche per il peccatore, anche per me!

Questa fedeltà dell'amore divino è la verità che dà significato a tutti gli avvenimenti, che cambia il significato alla mia vita: vivo per ricevere e diffondere l'amore fedele di Dio.

Gesù è pieno di verità! la sua vita mi manifesta la fedeltà del Padre, mi mostra il vero volto - finora nascosto - del mio Dio! Gesù è la verità!

Pieno di grazia e di verità!

Quando Gesù mi ama gratuitamente e mi mostra così il vero volto del Padre, allora vedo la gloria! allora la gloria di Dio riempie il mio cuore, i miei occhi, i miei passi, la mia bocca, le mie mani!

È Lui e solo Lui che io cerco. Lui solo mi ha cercato fino nel luogo della morte. Fino là egli ha portato l'amore e la verità di Dio.

Gesù, mia gioia, mia verità!

Signore Gesù, ti ringrazio. La tua vita è preziosa per me, è il pane delle mie giornate: senza di te non conoscerei l'amore, senza di te sarei orfano. Tu sei prezioso perché sei il dono del Padre, sei la vita che Egli mi dona gratuitamente, sei la verità che mi fa risplendere continuamente la fedeltà di Dio.

Signore Gesù, pieno di grazia e di verità, Unigenito del Padre!

 

11. GIOVANNI GLI RENDE TESTIMONIANZA E GRIDA: "ECCO L'UOMO DI CUI IO DISSI: COLUI CHE VIENE DOPO DI ME MI È PASSATO AVANTI, PERCHÉ ERA PRIMA DI ME."

 

Giovanni Battista riconosce Gesù. Di lui egli ha già parlato. Ma le parole che riguardano Gesù sono misteriose, esprimono sempre più di quanto io possa comprendere, perché esprimono il mistero. E il mistero non può esser chiuso nelle parole dell'uomo, nemmeno in quelle del profeta. Il mistero è lo svolgersi dell'amore del Padre nei giorni della nostra esistenza, è l'eternità che riempie il tempo e ne trabocca.

La persona di Gesù, come ce la esprime il suo precursore, porta nel mondo - attraverso il suo essere uomo - la pienezza dell'amore divino.

Egli è uomo: vive come vivo io, il suo cuore pulsa come il mio, le sue membra si muovono come le mie.

Egli è uomo come me: conosciuto e sconosciuto a me stesso, intreccio di materia e di spirito, costruito su esperienze del passato e su sogni per il futuro.

Egli è uomo come me, ma non è come me. In lui agisce senza ombre l'amore del Padre. L'amore del Padre mi segue poiché mi precede. Il Padre segue con amore il mio cammino perché egli già mi ama da sempre.

Il suo amore segue i passi della mia libertà perché egli mi ha già amato donandomi la capacità di muovere liberamente i miei piedi.

Gesù è l'uomo dell'amore del Padre, è l'uomo che viene dopo il mio errare, mi raggiunge sui sentieri sbagliati del mio peccato perché egli mi ha visto e amato prima che io potessi peccare.

Egli si mette davanti, nel luogo del mio errore, perché io possa trovare la strada vera seguendo le sue orme.

Egli mi passa avanti perché io non continui la fuga dall'amore del Padre. Mi passa avanti come è passato avanti a Giovanni.

Giovanni - "clemenza di Dio" - viene superato da Gesù - "salvezza di Dio" -.

Dopo aver perdonato, Dio - in Gesù - salva l'uomo, lo rende capace di compiere le sue opere stesse, di rappresentare sulla terra la sua paternità. Mentre Giovanni col suo battesimo toglie solo l'impurità del peccato dall'uomo, Gesù porta lo stesso uomo avanti verso la santità, la somiglianza col Padre, la vera figliolanza.

Egli mi passa avanti: il suo posto è davanti a me. Egli mi precede e mi segue. Io sono sempre preceduto e accompagnato dall'amore del Padre.

ERA PRIMA DI ME.

Giovanni riconosce l'eternità del Verbo/Parola di Dio che ha preso carne in Gesù. Gesù stesso affermerà: "prima che Abramo fosse Io sono"! (Gv8,58) e S.Paolo nella lettera ai Colossesi (1,17): "Egli è prima di tutte le cose e tutte in Lui sussistono". L'autore della lettera indirizzata agli Ebrei presenterà Gesù come "lo stesso ieri, oggi e sempre" (13,8).

ERA PRIMA DI ME!

Io sono nato per lui, in vista di lui. La mia vita si realizza quando si mette a servizio della sua presenza, della sua luce e della sua gloria.

Io sono destinato a vivere! e ciò avviene quando accolgo nei miei giorni e nel mio agire la Persona di Gesù. Allora passato presente e futuro trovano armonia in me e io stesso posso vivere senza rimpianti e senza attese perché Gesù dà pienezza al tempo, egli che è la pienezza dell'amore del Padre. Con lui mi trovo già immerso nella sua eternità!

Signore Gesù, godo della testimonianza che di te ha dato Giovanni. Egli mi assicura della clemenza di Dio Padre che in te si realizza pienamente per me: per il mio passato, per il futuro, per l'oggi. La storia del mio esistere è illuminata da te. Non ho più paura d'essere travolto dalla tenebra dei miei peccati, né dall'influsso del peccato dei miei antenati.

Ci sei tu che vieni dopo e mi passi avanti perché eri prima!

Gloria e adorazione a Te, mio Signore!

 

12. DALLA SUA PIENEZZA NOI TUTTI ABBIAMO RICEVUTO E GRAZIA SU GRAZIA. (16)

 

Gesù, Figlio unigenito del Padre, non conosce i sentimenti della gelosia. Questi li conosciamo e li accogliamo noi: essi sono il segno dell'influsso di Lucifero nella nostra anima.

Gesù, che vive come figlio in maniera autentica e completa, dona se stesso come il Padre suo dona se stesso: proprio perché Egli è amore divino ha ricevuto tutto, e può e vuole donare tutto senza restrizioni!

Egli dona tutto, e noi, che lo vogliamo amare perché viene dal Padre, riceviamo da lui quel 'tutto' che si riversa dal suo cuore. E'una pienezza il suo dono! La sua vita è pienezza: Dio che dona se stesso non limita il suo donare. Il Figlio vive la pienezza dell'amore, del dono, dell'offerta.

Noi siamo poveri, piccoli, soprattutto limitati. Il nostro limite è il peccato che s'è insinuato nel nostro cuore e nel nostro corpo, un peccato fatto sostanzialmente di egoismo. L'egoismo ferma il dono, blocca il fluire del donare.

Noi perciò non possiamo ancora ricevere la sua pienezza, ma riceviamo dalla sua Pienezza quel tanto di cui il nostro cuore è capace! Riceveremo ancora più quando elimineremo l'egoismo, la pretesa, la voglia d'essere i primi o d'essere migliori. Se il nostro cuore e la nostra volontà si svuotano dell'attenzione al nostro 'io', se rinunceremo a volerci salvare e lasceremo la nostra vita e la sua difesa alle cure del Padre, allora la Pienezza di Gesù trova un posto allargato in noi.

Il suo esser figlio di Dio diverrà più evidente e più pieno nella nostra vita.

Che cosa riceviamo? che cosa ci trasmette Gesù? Grazia su Grazia!

Che significa quest'espressione? sovrabbondanza di grazia, oppure una grazia che sta di fronte

alla grazia!

Usiamo il termine 'grazia' per esprimere l'amore completamente gratuito di Dio! Se Egli dona il suo amore gratuito, questo, nel mio essere, si trova sempre di fronte quello che continua a venirmi da Lui.

Il mio amore gratuito e libero, ricevuto come dono, è

continuamente sopraffatto dal suo, che lo sollecita e lo rinnova, lo brucia e lo riempie di luce in un perenne movimento di dono e risposta di dono, di amore e risposta d'amore che mai s'esaurisce.

Mi trovo ad esser travolto dal fluire dell'amore di Dio, mi trovo ad essere strumento passivo e attivo di questo donarsi dell'amore del Padre. Non posso che continuare ad esclamare: eccomi, prendi me! eccomi, usa me! eccomi...

E non posso che ripetere un grazie incessante fin che tutta la vita e tutti i sentimenti e tutta la volontà non è diventata un grazie, una 'eucaristia'!

Questo termine significa infatti una bella risposta d'amore gratuito a quell'amore del tutto gratuito che mi ha salvato: mi ha salvato appunto traendomi fuori dalla stasi della morte che è il mio egoismo, per mettermi dentro il movimento perenne dell'amore divino.

DALLA SUA PIENEZZA NOI TUTTI ABBIAMO RICEVUTO...

Abbiamo già ricevuto! Già si sta realizzando il disegno di Dio! Anzitutto è sottolineato il fatto che non è l'uomo che si dà alla conquista della grazia divina! Io non merito, io non acquisto, io posso solo porgere mani vuote perché siano riempite! Però ancora devo correggermi: non 'io', ma 'noi'!

L'amore gratuito del Padre, con le sue molteplici espressioni, viene ricevuto da noi: noi, legati al Figlio dal suo Spirito, noi uniti in comunione come corpo, noi chiesa del Dio vivente. Nella Chiesa, unito con vincolo santo e spirituale agli altri figli di Dio in Cristo Gesù, là sperimento la grazia che sgorga dalla pienezza del Verbo!

Signore Gesù Cristo, ti ringrazio e ti dono la mia vita.

Eccomi, ricoprimi insieme ai tuoi fratelli della tua pienezza.

Brucia e strappa l'egoismo che blocca l'amore del Padre e vorrebbe farne strumento d'orgoglio o d'ambizione: abbi pietà di me!

Non lasciarmi nel buio di ciò che mi piace, strappami con forza, perché entri con decisione nel movimento d'amore che si dona riconoscente! Tu mi salvi!

Abbi pietà di me, mio Signore.

 

13. PERCHÉ LA LEGGE FU DATA PER MEZZO DI MOSE', LA GRAZIA E LA VERITA' VENNERO PER MEZZO DI GESÙ CRISTO.

 

È un dono per l'uomo conoscere la volontà di Dio. È un dono di cui si può andar fieri come il popolo d'Israele che dichiarava: quale popolo ha leggi così sagge come il nostro popolo?

Mosè ha fatto conoscere al popolo di Dio la Sua volontà: e questa Volontà suonava per gli israeliti come legge, legge che viene dall'esterno, legge sulla quale poi si confrontano le singole persone per verificare la propria salute spirituale.

Mosè è un uomo, e Dio per mezzo di un uomo non può dare che leggi, norme, precetti. Essi sono un dono, ma risultano pure essere un pericolo perché colui che le riceve le può ricevere con disposizioni interiori non adeguate.

La legge può attirare l'attenzione su di sé distogliendola da colui che l'ha donata. In altre parole io potrei fissare la mia intelligenza e volontà sull'osservanza della legge dimenticandomi di amare il Padre! Questo errore di prospettiva può portarmi ad osservare particolari minuziosi con un cuore duro e chiuso. Il mio osservare la legge mi renderebbe opaco alla luce della presenza di Dio. Dalla mia osservanza Dio potrebbe apparire - a chi mi vede - come un duro padrone odioso!

Inoltre, quando io riuscissi ad osservare bene la legge, chi mi preserverebbe dall'orgoglio? o dal sentirmi migliore di chi non la osserva? o dal ritenermi un arrivato? o dal credermi a posto? o dal giudicare gli altri? E se non fossi capace di osservare la legge chi mi salverebbe dallo scoraggiamento? dal sentirmi un dannato, un perduto? chi mi potrebbe dare speranza?

Sì, di fronte alla legge io sono in pericolo. La legge non mi pone di per sé in rapporto d'amore al Padre, non mi dà cioè lo Spirito Santo!

Conoscere la legge e osservare la legge non è tutto. Per completare la nostra vita e la nostra fede Dio ci ha dato il Figlio. Senza di lui anche la vita del più fedele osservante rimarrebbe priva di una propria luce e di un proprio "motore"! Con Lui invece guardiamo una Persona, incontriamo un cuore. "Per mezzo di Gesù Cristo vennero la grazia e la verità".

La venuta di Gesù introduce una grande novità nel vivere dell'uomo con Dio! Per mezzo suo possiamo conoscere e ricevere l'amore gratuito del Padre, la grazia! Gesù è un uomo come noi, ma un uomo che incarna l'amore divino nella sua perfezione e completezza. Egli può avviarci ad un rapporto a Tu per Tu col Padre, un rapporto che non vuol escludere nulla della sapienza contenuta nella legge, ma supera la formulazione di essa.

Gesù ci porta ad amare il Padre, a cercare la sua volontà, ad obbedirgli per amore. Anzi, Gesù - donandoci la "grazia" - mette in noi la stessa sapienza divina, per cui noi non obbediamo più ad una legge, ma amiamo il Padre e assumiamo la sua volontà come nostra, per amore.

Oltre la 'grazia' anche la 'verità' è giunta a noi attraverso Gesù! La realtà vera e profonda, l'amore del Padre, il suo volto d'amore che sta nascosto dietro ogni cosa e dentro ogni avvenimento, anche questo viene a noi tramite Gesù.

La morte di Gesù in croce e la sua risurrezione ci rivelano il volto del Padre dentro la nostra morte e dentro ogni fatto doloroso - e perciò oscuro - della vita.

Grazie a Gesù quindi noi vediamo l'amore del Padre (verità) e lo riceviamo gratuitamente (grazia)! Mosè non poteva fare di più di quanto ha fatto: la sua gioia è stata grande quando ha assistito alla venuta di Gesù.

Con Mosè il popolo mormorava per ogni prova e sofferenza. Con Gesù i discepoli sono lieti d'essere oltraggiati per il suo nome e di soffrire calunnie e persecuzioni: trovano in esse l'occasione della propria beatitudine. Con Mosè il popolo ubbidiva a una legge, e si sentiva talora costretto come schiavo.

Con Gesù amiamo il Padre e siamo lieti e onorati di realizzare, come figli, i suoi desideri!

Ti ringraziamo, Signore Gesù! Tu ci riempi dell'amore del Padre. Tu ci riveli il suo amore che si nasconde dentro ogni evento, anche in quello apparentemente triste e senza significato. Tu inondi la mia vita con l'amore e la luce del Padre.

Non ci sono più misteri né dubbi né paure da quando ci sei Tu: perché tutto si svolge sotto lo sguardo attento e premuroso e previdente del Papà tuo e nostro!

Grazie, Signore Gesù!

 

14. DIO NESSUNO L'HA MAI VISTO: PROPRIO IL FIGLIO UNIGENITO, CHE È NEL SENO DEL PADRE, LUI LO HA RIVELATO (v.18)

 

Questa affermazione dell'apostolo Giovanni è un grande dono. Noi vorremmo vedere Dio e spesso manifestiamo il dispiacere di non poterlo 'vedere'. Dicendo 'vedere' però esprimiamo un'esperienza del nostro corpo, dei nostri sensi. Desiderando quest'esperienza desideriamo ancora troppo poco, desideriamo anzi qualcosa di impossibile.

I nostri sensi non sono sufficienti a cogliere la Pienezza dell'amore di Dio: questo è così grande che essi ne verrebbero travolti, morirebbero! La pienezza dell'amore infatti consiste nel donare la vita, nel donare se stesso.

Possiamo 'vedere' Dio soltanto nel momento della morte vissuta come offerta completa della vita!

Nessuno ha mai 'visto' la pienezza dell'amore!

Il Figlio Unigenito, che è nel seno del Padre, Lui lo ha rivelato.

L'unico Figlio del Padre, il dono d'amore offerto dal Padre, il Verbo fatto carne per dimorare in mezzo a noi, Egli lo ha rivelato, Egli, che non solo ha 'visto', ma è Dio, amore pieno.

Il Figlio Gesù è uomo di carne come noi. Egli può influire sui nostri sensi in maniera 'normale', perché Egli non è diverso da noi.

In Lui dimora la Pienezza dell'amore, senza che noi ne 'vediamo' il fulgore. Solo per un momento questo è stato goduto da tre apostoli, quando 'sul santo monte' sono stati testimoni della sua gloria (2Pt 1,17-18).

La pienezza dell'amore, pienezza della divinità, è stata portata da Gesù umilmente e nascostamente, eppure in lui l'abbiamo vista, e la vediamo. La vediamo sempre nella sua vita, ma soprattutto i nostri occhi si aprono a contemplarla quando a Lui essa costa morire offrendo la vita al Padre.

Gesù ci ha rivelato Dio!

Ce lo ha rivelato così com'egli è, amore che si offre! Ce lo ha rivelato non come un estraneo, né come fosse qualcuno che sta al di fuori di lui, ma in se stesso. Nella propria vita che si offre il Figlio ci rivela il Padre.

Nessun altro può né potrà farci 'vedere', cioè donarci la certezza della Presenza dell'amore di Dio. Egli, il Figlio, è l'Unigenito. Nessun altro potrà togliergli o diminuirgli questo ruolo. Altri 'profeti', altri 'sapienti', non potranno presumere di farsi maestri di verità: è solo il Figlio Gesù, venuto nella carne, che ci rivela il Volto nascosto da secoli, che ci apre lo sguardo a vedere ciò che non si vede!

Gli altri uomini, o partecipano del suo amore e collaborano con Lui come discepoli, oppure disperdono e seminano ancora tenebra; coloro che attirano l'attenzione su di sé pongono ostacolo alla conoscenza del Padre, impediscono di vederlo, sono menzogneri. Anche nel caso godessero l'approvazione di molti nel mondo, essi non sono che un muro che rende impossibile godere la luce del Padre.

Gesù non ha cercato la propria gloria, egli è vissuto e vive "nel seno del Padre", immerso nel suo amore: non cerca null'altro che il suo amore per realizzarlo nella propria vita a favore di tutti gli uomini e di tutto il creato, che sussistono per l'amore del Padre.

Gesù, figlio dell'uomo, offrendosi nell'amore ci rivela il volto del Padre. E il Padre ci rende convinti che quest'uomo è suo figlio, il suo Figlio prediletto in cui può porre ogni compiacenza, perché gli somiglia perfettamente e gli è perfettamente unito.

Signore Gesù, ti ringrazio. Tu mi riveli il Padre, mi concedi di "vederlo", di esser sicuro del suo amore dolce e forte.

Tu sei l'Unigenito, l'unico uomo che mi fa incontrare Dio.

Ti adoro, perché la mia conoscenza di Te mi apre il cuore e lo sguardo interiore a scorgere la luce dell'Amore che mi ha creato, mi ha chiamato e mi attende.

Ti adoro, Verbo incarnato, Parola completa e comprensibile di mio Padre, amore perfetto che non solo mi fa 'vedere' Dio, ma me lo mette addirittura nel cuore; ti adoro, Figlio eterno che abiti la carne mortale: ti adoro, perché tu divinizzi anche me: fai diventare anche me capace di amare!

 

Nihil Obstat: Mons.Iginio Rogger, Trento, 21 luglio 1993