ME
NU

Il Paraclito

RIMG4566

   

Il Paraclito

«Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e mi sarete testimoni”. (Atti 1, 8)

«... il mondo non può riceverlo perché non lo vede e non lo conosce”. (Gv 14,17)

In questi anni si parla molto dello Spirito Santo.

Ci sono numerosi nuovi libri che tentano di farlo conoscere.

Ci sono molte persone che, come svegliate da un sonno strano, si son fatte attente all'opera del «dono di Dio» che Gesù ha promesso e alitato sui suoi discepoli.

Quest’opuscolo è uno scritto in più sullo Spirito Santo; non aggiunge nulla di nuovo agli altri, ben più voluminosi e completi.

Si può ritenerlo come una lettera indirizzata a quelle persone che si pongono la domanda degli Efesini incontrati da s. Paolo: «Non abbiamo nemmeno sentito dire che ci sia uno Spirito Santo» (Atti 19,2), oppure l'interrogativo dei ragazzi cresimandi: «Che c'entra con la mia vita uno Spirito Santo?».

Potrà aiutare qualcuno a riconoscere in sé l'opera dello Spirito già presente, o potrà stimolare altri a discernere e rifiutare l'opera di qualche spirito non santo, o ancora potrà far sorgere anche a te il desiderio di ricevere lo Spirito di Dio per far entrare la tua vita in una dimensione nuova, in un'avventura che abbia per protagonista Dio stesso!

don Vigilio Covi

Per accenni riguardanti le «immagini» dello Spirito Santo - colomba, lingue di fuoco, vento, acqua - vedi in «Per il silenzio», a pagg. 9-13. Non sono riprese qui. Qui non accenno nemmeno alla dottrina sull'ipostasi dello Spirito Santo: non rientra nello scopo di queste pagine.

  1. Lo Spirito Santo: dono del Padre

“Riceverete forza dallo Spirito Santo per essere miei testimoni”. La vita della Chiesa è tutta immersa nello Spirito Santo; siamo battezzati “nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.

Lo scopriamo leggendo gli Atti degli apostoli, guardando la storia della Chiesa e anche riflettendo sulla nostra esperienza: noi viviamo immersi nello Spirito Santo.

Per vedere chi Egli sia, come agisca e come lo si riceva, osserviamo prima di tutto Colui che lo manda.

Gesù ha raccontato una parabola ai suoi discepoli. (Lc 11,9ss.). “Ebbene, io vi dico, chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto, perché chi chiede ottiene, chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se il figlio gli chiede un pesce gli darà una serpe? O se gli chiede un uovo gli darà uno scorpione? Se dunque voi che siete cattivi date cose buone ai vostri figli, tanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono”!

Lo Spirito Santo è il dono del Padre.

Per riconoscerlo quindi dobbiamo conoscere ed entrare in rapporto con Colui che ce lo può dare.

In questa prima riflessione, perciò, diamo uno sguardo al Padre. Possiamo immaginarlo in molti modi: potremmo vederlo Dio creatore, come fanno i filosofi, oppure Dio sapiente, come fanno i moralisti; questa volta vogliamo vederlo soprattutto attraverso la presentazione che ce ne fa Gesù: Dio Padre!

In primo luogo notiamo quanta confidenza abbia Gesù verso di Lui. Comprendiamo quindi che il Padre è una persona buona, aperta, cui si può aprire il cuore.

Nel breve brano sopra citato, sentiamo che il Padre è migliore degli uomini: “Se voi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre...”. Non c'è paragone tra la bontà degli uomini, che in fondo è sempre insidiata dalla cattiveria, e quella del Padre.

Il Padre, possiamo dire, è solo Bontà; una Bontà tale che vuole esaudire i figli più di quanto essi possano desiderare. Chi lo chiama Padre è suo figlio, e sa di esserlo.

“Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: "Abbà, Padre"! Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio!” (Rom. 8, 15-16).

Il primo figlio che il Padre esaudisce è Gesù.

Osserviamo come il Padre esaudisce il Figlio, anche in modi sorprendenti, come alla moltiplicazione dei pani o alla risurrezione di Lazzaro. Il Padre esaudisce Gesù, il Figlio. Noi siamo figli in Gesù, quindi anche noi possiamo godere la gioia di essere esauditi dal Padre.

Il Padre è così buono che esaudisce le nostre preghiere prima ancora che gliele esprimiamo.

Gesù dice che non occorre ricordare al Padre ciò di cui abbiamo bisogno, perché Egli già lo sa e provvede a noi più che ai passeri o ai gigli del campo. I passeri e i gigli del campo non si preoccupano di ciò che mangiano e di ciò che vestono. Dio provvede tanto più a noi, perché valiamo più di loro. In conseguenza di ciò Gesù assicura che il Padre dà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono! Le altre cose le presuppone come ovvie; se Dio provvede ai passeri, provvede anche al cibo dei discepoli. La cosa che i figli devono chiedergli è invece questa: lo Spirito Santo o, con le parole di san Giacomo, la “sapienza del cuore” (1, 5).

È volontà di Dio che i figli abbiano Spirito Santo! Come potrebbero altrimenti comunicare con Lui, capire i suoi desideri, i suoi pensieri, la sua Volontà?

“Lo Spirito scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio. Chi conosce i segreti dell'uomo se non lo spirito dell'uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato» (1Cor. 2, 10-12).

Avere Spirito Santo è prima necessità dei figli di Dio. Dio lo vuol dare loro, ma lo concede se lo chiedono, e se lo chiedono con insistenza!

“Non date le perle ai porci”, diceva Gesù; il Padre non dà un dono così prezioso come lo Spirito Santo a chi non lo apprezza al di sopra di tutto!

Lo Spirito di Dio mette l'uomo in comunicazione e in comunione con Lui. Attraverso lo Spirito il Padre può far capire la sua Volontà al figlio, ed il figlio la può accettare come propria.

Il Padre infatti non soltanto provvede il cibo agli uomini (perché lo farebbe?Perché facciamo gli egoisti?), ma ha anche una volontà per loro, coltiva dei progetti per i suoi figli. Quest’affermazione la possiamo cogliere nel vangelo in un momento particolare della vita di Gesù, perché il Padre ha una volontà anzitutto per Gesù. È una volontà decisa, non leggera, non indifferente; è una volontà che impegna tutta la vita del figlio fino alla morte (vedi Gesù nell'orto degli ulivi). Se il Padre ha una volontà, un progetto, un disegno per il Figlio Gesù, ce l'ha per ogni suo figlio. La volontà del Padre non è cosa da poco per il Figlio; Gesù rinuncia a fare la propria per portare a termine quella del Padre. Credo sia uno degli aspetti del nostro essere figli che consideriamo meno. Tiriamo spesso in ballo la volontà di Dio dopo aver fatto la nostra. Quando combiniamo qualche guaio, agendo senza chiedere consiglio a Dio, diciamo: “Ecco, è volontà di Dio che vada così male! Accettiamo la volontà di Dio!”

Credo che il Padre sia in grado di manifestarci la sua volontà prima che noi facciamo la nostra, in modo che possiamo fare veramente la sua, e così trovarci nell'unità con Lui. Il Padre viene appunto chiamato da Gesù proprio con questo nome: Padre. Non è un nome che indica distacco e indifferenza; richiama infatti tutta una serie di atteggiamenti da parte sua, come pure da parte nostra: atteggiamento di amore, atteggiamento di fermezza nei nostri riguardi, atteggiamento di pazienza! Richiama ancora una sapienza lungimirante! E, da parte nostra, richiama un atteggiamento di confidenza, di semplicità, di abbandono, di umiltà.

Queste cose Gesù le dice con chiarezza quando, rivolgendosi proprio al Padre, esclama: “Ti ringrazio che queste cose le hai rivelate ai piccoli, ai semplici e le hai tenute nascoste ai dotti, ai sapienti». Quali cose? Le sue, le cose di Dio, i suoi misteri, i suoi disegni, la sua volontà; con una parola potremmo dire: il suo Volto. Ecco com’ è il Padre! C'è un altro aspetto della paternità di Dio molto bello, e Gesù non ha paura di rivelarcelo: Egli non ha sfiducia nei nostri riguardi; dice infatti: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli”. È un'affermazione che manifesta la fiducia che il Padre ha verso di noi; è un atto di coraggio da parte sua.

Il Padre dei cieli è perfetto, perché nel suo amore verso di noi non dipende dal nostro atteggiamento. “Egli fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi e fa piovere sul campo dei giusti e degli ingiusti”! Questa perfezione di amore può entrare anche nei figli!

È un aspetto esaltante, magnifico! Il Padre non ha paura di noi, di essere imitato, anzi, quel tanto di sé che può mostrare all'uomo, ce lo mostra perché lo possiamo imitare. Egli però si rivela soltanto agli umili, mai ai superbi. Questi non potrebbero imitarlo, perché credono di essere a posto, di non aver bisogno di cambiamenti, di modelli. Ai superbi, quindi, Dio non si mostra perché non desidera essere oggetto di curiosità da parte degli uomini, ma piuttosto soggetto da imitare.

Noi siamo lo specchio che può riflettere la sua immagine. Siamo il recipiente vivo che può contenere il suo Spirito; quando il suo Spirito ci compenetra, ci plasma e zampilla fuori dal nostro essere, allora la perfezione del Padre e la sua Bontà non sono più un sogno lontano.

Non saremo noi a vederlo. Noi continueremo a vedere la nostra debolezza e fragilità, continueremo a coltivare pensieri di umiltà e atteggiamenti di mitezza, ma nella nostra miseria lo Spirito stesso provocherà la gloria dei figli di Dio!

  1. Lo Spirito Santo: Spirito di Figlio

“A quale degli angeli il Padre ha mai detto: Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato? Io sarò per lui Padre ed Egli sarà per me figlio? E di nuovo, quando introduce il primogenito nel mondo, dice: Lo adorino tutti gli angeli di Dio» (Ebr. 1,5-6).

«Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato». Dio Padre vede Gesù come un figlio che rimane sempre figlio. Nella nostra esperienza di uomini succede che ad un certo momento i genitori muoiono, oppure noi, crescendo, ci rendiamo autonomi da loro, non ci sentiamo più figli dipendenti. Il Figlio di Dio è sempre Figlio; il salmo conferma: “Oggi ti ho generato”. Questo “oggi” è una parola eterna, dura sempre. È un “oggi” che nel duemila non diventerà “ieri”; è un “oggi” che non diventa mai domani, è sempre “oggi”. “Oggi ti ho generato, oggi ti ho dato la vita”. Il Padre vede il Figlio suo in questo modo, come un Figlio che continua ad essere figlio. Si sente legato al figlio da un atto di amore che oggi non è più grande di quello di ieri, né più piccolo di quello di domani.

L'atto di amore con cui il Padre ama il Figlio è l'atto di amore supremo con cui gli dà la vita: “Oggi ti ho generato».

“Io sarò per lui padre, egli sarà per me figlio”.

Dio Padre conosce il proprio impegno verso il Figlio, il proprio compito, potremmo dire. “Io sarò per lui padre. Egli sarà per me Figlio”. Cosa significa essere figlio? Essere figlio significa dipendere fino alle radici del proprio essere. E Gesù dipende, ubbidisce. Prima abbiamo detto che il Padre ha una volontà per il figlio, ora vediamo che il figlio è figlio perché assume questa volontà totalmente, e l’ assume in modo attivo, non passivo.

Gesù non aspetta che il Padre comandi, ma domanda egli stesso al Padre quale sia la sua volontà. «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato».

L'ubbidienza che vediamo in Gesù verso il Padre non è l'ubbidienza del dopo, ma l'ubbidienza del prima; non è un ubbidire dopo che è stato dato il comando, ma è un ubbidire prima che venga espresso il desiderio.

Il Padre vede Gesù come Figlio.

“Tu sei il mio figlio diletto nel quale mi sono compiaciuto”.

Gesù è la gioia del Padre. Se noi guardiamo Gesù con gli occhi del Padre non possiamo che godere, che compiacerci anche noi di Gesù assieme al Padre. Pensate quale grazia abbiamo! Questa è veramente una gioia che nessuno può toglierci perché è la gioia eterna di Dio Padre che guarda il Figlio.

Comunque vadano le cose nel mondo, in parrocchia, in famiglia, tra i preti, tra i frati, in Italia, nell'Europa..., comunque vadano le cose noi abbiamo la gioia nel cuore. “In te mi sono compiaciuto”. Dio è contento di Gesù, io pure posso essere contento di Gesù insieme col Padre; é questo il motivo per cui i cristiani possono camminare sempre a testa alta, come dice il salmo, o come dice Pietro in una sua lettera: “Alzate il capo”. Addirittura quando arriverà la fine del mondo noi saremo nella gioia, una gioia che è al di sopra del mondo: la gioia del Padre!

Se noi guardiamo Gesù con gli occhi del Padre non possiamo che lasciarci riempire il cuore di gioia.

Diamo uno sguardo ora all'ubbidienza di Gesù che dà gioia al cuore del Padre. Già Abramo aveva dato gioia al Padre per la sua obbedienza nella prova. La prova affrontata da Gesù è ben superiore! Abramo ha fatto tre giorni di cammino per arrivare sul monte Oreb, Gesù trent'anni di cammino nel silenzio.

Gesù sa di essere il mandato da Dio e il salvatore del mondo (a dodici anni ha dato prova di saperlo), eppure è tanto fedele ed ubbidiente, che fino a trent'anni sta in silenzio.

Il suo è un cammino molto silenzioso verso il monte.

Egli sa di essere il salvatore del mondo e non predica, non fa miracoli. È una bella lezione per noi che vorremmo salvare il mondo con un tocco magico o pretenderemmo che Dio stesso salvasse il mondo dalle sue brutture solo perché non abbiamo il coraggio di portare la croce di queste sofferenze del mondo. Gesù dopo questi trent'anni apre la bocca e vive manifestamente da figlio di Dio: supera nuovamente la prova di Abramo sul monte Golgota, al di fuori della città, messo a morte come un delinquente.

Il Padre vede quest’obbedienza del Figlio! Durante questi tre anni il Figlio agisce con la potenza del Padre e annuncia le sue parole: non fa e non dice niente se non ciò che vede fare e dire dal Padre; san Giovanni ce lo ricorda nel suo Vangelo!

Gesù dona agli uomini il perdono del Padre: «I tuoi peccati ti sono perdonati… O è più facile dire: alzati e cammina?”.

Ecco: la potenza, l'amore, il perdono del Padre vengono messi in atto dal Figlio, vengono trasmessi agli uomini attraverso il Figlio! Finalmente lo sguardo del Padre, dopo aver visto per secoli e secoli soltanto i peccati degli uomini, comincia a incontrare qualche persona perdonata col suo perdono, e questo attraverso Gesù, grazie a Lui. Finalmente il Padre vede delle persone riconciliate con Lui! Ecco che la gioia del Padre per Gesù diventa gioia per gli uomini che Gesù ha riconciliato!

Ancora, Gesù non solo offre agli uomini le opere del Padre, il disegno di Dio, ma mostra agli uomini il volto del Padre: «Chi vede me vede il Padre».

Il Padre può essere contemplato, osservato, imitato dal momento che Gesù vive, semplicemente: non è soltanto la predica di Gesù o il suo miracolo che mostra il volto del Padre, ma tutto l'insieme della sua vita, il suo atteggiamento verso gli uomini.

Gesù, poi, gli stessi poteri che ha ricevuto dal Padre li trasmette ad altre persone, alla Chiesa, e così la sua “figliolanza” continua fra gli uomini. L'«essere figlio» di Gesù continua a rimanere vero per tutti gli uomini, non solo per il fatto che sono amati dal Padre, ma perché compiono le stesse opere di Gesù, del Figlio, quindi le opere del Padre; più ancora: Gesù dà agli uomini niente meno che lo Spirito del Padre! La preghiera con la quale gli uomini chiedono lo Spirito, il Padre la esaudisce attraverso Gesù.

Lo Spirito d'amore, che il Padre dà a Gesù, diventa Spirito d'amore dei figli per il Padre; il Padre, vedendo in loro, attraverso lo Spirito, il Figlio, non può che godere, compiacersi, ripetere: “Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato”.

Il Padre vede anche, senza dubbio, la sofferenza del Figlio, la sua passione e la sua morte; non è un atto di crudeltà da parte del Padre! Qui la nostra ragione non capisce fino in fondo; ci dobbiamo fidare del Padre, dal momento che è Dio; i suoi disegni, i suoi progetti superano qualsiasi nostra intelligenza perché la nostra intelligenza trova fondamento nella volontà di Dio: non possiamo giudicare il Padre se non diventando suoi nemici.

Noi possiamo guardare a Gesù che soffre, compiacendoci, perché in quel momento Gesù obbedisce, rimane Figlio, rimane ubbidiente, ed è quest'atto supremo di figliolanza e di ubbidienza che gli procura la gloria di Dio.

“Cristo non si conferì la gloria di sommo sacerdote, ma gliela attribuì colui che gli disse: “Tu sei mio Figlio, oggi ti ho generato”. “Proprio per questo nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a Colui che poteva liberarlo da morte, e fu esaudito per la sua pietà; pur essendo figlio, imparò l'ubbidienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono, essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote alla maniera di Melchisedek” (Ebr. 5, 5 ss.).

Abbiamo provato a guardare il Padre con gli occhi di Gesù e Gesù con gli occhi del Padre e a godere insieme col Padre per ogni gesto d'amore di Gesù. Sono esercizi molto belli, che danno tanta forza in ogni momento della vita! Non troviamo motivi di gioia se guardiamo al mondo; pure se guardiamo a noi stessi possiamo solo rattristarci, perché siamo deboli, fragili, peccatori. Ma Dio non ci vuole vedere tristi! Prendiamo perciò in noi stessi la gioia del Padre che guarda Gesù!

E questa gioia della fede sarà l'occasione che lo Spirito Santo coglierà per venire in noi! Egli è lo Spirito di relazione tra il Padre e il Figlio: è «costretto» ad avvolgere chi si fa luogo d'incontro tra Gesù e il Padre! Ogni volta che guardo a Gesù godendo di Lui, lo Spirito Santo è all'opera!

  1. Spirito «santo»

Volgiamo ora lo sguardo direttamente al dono del Padre. Gesù ci ha promesso: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro avvocato che starà sempre con voi, lo Spirito della verità. Il mondo non lo vede e non lo conosce, perciò non può riceverlo” (Gv 14,15-16). Da quest’affermazione comprendiamo che lo Spirito Santo, per poterlo ricevere e poterlo godere, lo dobbiamo conoscere. Chi è lo Spirito Santo? Non possiamo rispondere certamente in modo esauriente a questa domanda!

Non potremmo mai conoscere la profondità dell'essenza di questa Persona divina. Possiamo solo, con il suo aiuto e la sua grazia, - se egli stesso ci apre gli occhi del cuore - cominciare appena una conoscenza intellettuale che sia stimolo ad un abbandono d'amore sempre più completo e gioioso!

Cerchiamo anzitutto di capire le parole.

Spirito è quell'atteggiamento o forza che ci orienta nelle nostre azioni. Per es., quando si va in un mercato si può essere animati da spirito di povertà o da spirito di vanità, da spirito di golosità, da spirito d'amore. Posso entrarvi in cerca del più bel maglione per farmi ammirare (spirito di vanità), oppure col proposito: “Voglio prendere quel detersivo che lava più bianco del bianco della mia vicina” (spirito di invidia). Oppure dicendo (spirito di temperanza): “Mi accontento della disponibilità del mio portafoglio, senza guardare gli altri, compero quello che mi è necessario”, o ancora (spirito di amore): “Compero qualche cosa per una persona che non può muoversi, perché ammalata, o che non ha il denaro per acquistare quello che le occorre”.

Sono piccoli esempi per capire che cosa è lo “spirito”.

Conosciamo tutti, inoltre, per esperienza più o meno personale, cosa possa voler dire ad es. spirito di contraddizione, spirito di avarizia, spirito di vendetta, spirito di malizia, spirito di superiorità o di inferiorità, spirito di gelosia, di pigrizia… Conosciamo pure il valore dello spirito di sacrificio, di perdono, di dedizione, di sopportazione, di mitezza, di pazienza, di purezza…

Noi tutti, in qualsiasi situazione ci troviamo, siamo mossi da una forza interiore, uno spirito.

Lo Spirito Santo qual è? È quello Spirito che è «santo»!

«Santo» significa che non dipende dalla terra, che sta al di sopra dell'esperienza terrestre. Faccio qualche esempio. A pranzo vedo che manca il pane; potrei dipendere da questa situazione ed arrabbiarmi; il mio comportamento,in questo caso, sarebbe conseguenza di una condizione esterna, di ciò che avevano fatto o non fatto gli altri: sarebbe reazione a un fatto terrestre. Altro es.: il tale è arrivato in ritardo; mi potrei arrabbiare contro di lui; in tal caso dipenderei dai freni della sua macchina o dal semaforo che l'hanno bloccato, comunque sarei mosso dalle cose della terra.

Ancora: un tale mi offende. Automaticamente comincio - se non proprio a programmare la vendetta - a pensare male di lui, a evitarlo. Il mio nuovo atteggiamento è reazione ad un gesto che mi ha offeso: dipende da un'azione che giudico malvagia! Se sono in questa condizione non sono santo!

“Santo” significa che non dipende dalla terra, ma da Dio.

Dio, che solo è santo, non dipende da noi, non dipende dal mondo, ma dipende da se stesso, dal suo spirito che è santo, che è Spirito di amore.

È per questo che Dio ci ha amati proprio mentre eravamo ancora peccatori, perché se avesse reagito al nostro comportamento di peccatori, avrebbe dovuto prendersela con noi e castigarci. Invece Egli non dipende da noi, ma dal suo amore, così ci ama mentre siamo peccatori e manda suo Figlio proprio per noi, mentre gli siamo ostili.

Ecco che cosa è la santità di Dio!

Lo Spirito di Dio è Spirito Santo, non dipende dalle condizioni del mondo, degli uomini, ed è per questo che, quando lo Spirito Santo influisce, provoca “santità”!

  1. Lo Spirito di verità

Abbiamo sentito da Gesù che lo Spirito Santo è lo spirito della verità.

La verità, secondo s. Giovanni, è ciò che non è più nelle tenebre, ciò che è alla luce: questo è il significato della parola greca usata da s. Giovanni. Gesù è la Verità! Lo Spirito che Egli ci dà è lo Spirito di verità. Ora è bene comprendere che cosa sia propriamente la verità, cosa sia a non rimanere nascosto, non più all'oscuro per noi, cosa Gesù ci mostri, mentre prima non lo vedevamo.

“Chi vede me vede il Padre». In Gesù, nella sua vita, nelle sue opere, nelle sue parole, noi vediamo il Padre. Ecco ciò che Gesù ci mostra!

Gesù ci fa vedere tutto del Padre, mette alla luce i misteri di Dio, la vita di Dio, l'amore di Dio, il perdono di Dio, la salvezza di Dio. Gesù ci mostra il Padre: Gesù è verità, èla rivelazione del mistero taciuto per secoli eterni” (Rom. 16, 25).

Lo Spirito che ci viene donato è lo Spirito di verità, è quello Spirito che in noi provoca quegli atteggiamenti, quelle azioni, quelle parole che mostrano ciò che altrimenti rimarrebbe ancora nascosto agli uomini d'oggi: l'amore di Dio, la vita di Dio, il perdono di Dio.

Ci chiediamo allora: “Che cos'è la verità per me?”. Quando racconto una storia, racconto la verità? Quando la gente racconta i fatti dei propri vicini, dice la “verità”? Spesso crede di dire la verità, ma in realtà non la dice!

Quando dico la verità? Io dico la verità quando sono «verità», cioè quando mostro, col mio atteggiamento, con le mie parole, qualche cosa di Dio. Se io racconto, per es.: “Il tale ha commesso questo e quest'altro, ne ha combinate di tutti i colori”, dico la verità. Ma, dicendo queste cose, mostro qualcosa di Dio? Pur dicendo cose vere, sono menzognero. Anche il diavolo dice cose vere, addirittura dice che Gesù è il Santo di Dio (Mc. 1,24) o il Messia. Il diavolo crede che Dio esiste e non lo mette in dubbio. Dice cose vere eppure è il padre della menzogna, perché con tutte quelle belle, bellissime verità non attira al Padre, ma a se stesso e così non compie opere divine: non mostra le intenzioni di Dio!

Quando io dico la verità? Quando le mie parole, il mio racconto è in un atteggiamento che mostra qualcosa di Dio; se parlo con amore, mostro l'amore di Dio; se parlo con spirito di perdono, allora sono nello spirito di verità. I giornali, i telegiornali, radiogiornali, riviste portano fatti veramente accaduti, eppure quasi sempre non sono verità, nel senso che non mostrano niente di Dio!

Quando raccontano i fatti veri li raccontano senza amore, addirittura con odio o con spirito di vendetta, con spirito di superficialità. Non sono verità, sono fuori di Dio. Le conseguenze di tristezza, scoraggiamento, abbattimento, disimpegno che provocano, ne sono una chiara dimostrazione.

Lo Spirito è spirito di verità: Gesù ce lo promette e il Padre ce lo dona.

La nostra vita vissuta con lo Spirito di verità può cambiare in molti aspetti. Se stiamo attenti, se siamo in questo Spirito, in ogni atteggiamento, qualsiasi cosa capiti, riveliamo qualcosa di Dio. Se il nostro atteggiamento, la nostra vita, le nostre parole, i nostri silenzi, la nostra preghiera non rivelano qualcosa di Dio, siamo fuori della verità, siamo cioè fuori dello Spirito Santo.

Gesù dice ancora: “Il Padre vi manderà un avvocato, lo Spirito Santo; egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che ho detto» (Gv. 14,26).

Lo Spirito di verità insegna ogni cosa e ricorda quello che Gesù ci ha detto.

Veramente, se ci lasciamo immergere in questo spirito di verità e vogliamo dipendere da esso, potremo capire anche esistenzialmente i misteri di Dio; possiamo capire cosa significhi: Dio ama; possiamo capire, nella nostra carne, cosa significhi il perdono di Dio; possiamo capire cosa significhi: Dio si dona a noi. Lo Spirito insegna ogni cosa, ricorda quello che Gesù ha detto, perché è Gesù la verità, è Lui che mostra il Padre, non possiamo andare al Padre se non per Gesù e non possiamo ricevere parole di Dio senza che queste siano passate per Gesù, il Figlio, la parola di Dio.

Per questo lo Spirito Santo non ci dice cose stravaganti!

Nel caso venissero in mente parole o ragionamenti che siano al di fuori del modo di pensare di Gesù, stiamo sicuri che non sono suggerimento dello Spirito Santo; quando le cose che ci vengono in mente sono quelle dette o vissute da Gesù allora possiamo essere certi che è lo Spirito Santo a parlare!

“Quando verrà Lui, lo Spirito di verità, vi guiderà verso tutta la verità, non vi dirà cose sue, ma quelle che avrà udite e vi parlerà delle cose che verranno. Nelle sue parole si manifesterà la mia gloria perché riprenderà quello che io ho insegnato e ve lo farà capire meglio.

Tutto quello che ha il Padre è mio, per questo ho detto: riprenderà quello che io vi ho insegnato e ve lo farà conoscere meglio» (Gv 16,12-15).

Le parole di Gesù le possiamo capire con la mente, ma le capiamo meglio quando le viviamo, altrimenti il nostro capire resterebbe estraneo a noi, alla nostra vita: non si potrebbe ancora chiamare capire. Si fanno molti discorsi a riguardo di Dio, della vita cristiana; molte di queste parole sono senza previa esperienza, solo frutto di ragionamento.

Per questo, tra le tante parole su Dio che vengono dette, poche portano frutto. Abbiamo bisogno di essere guidati a tutta la verità, per comprenderla con la mente e viverla nell'anima e nel corpo, con tutta la persona, nel tempo e nello spazio.

Lo Spirito ci fa da guida a vivere la verità delle cose manifestate da Gesù. E Gesù non ha detto niente di suo, tutto era del Padre. Se ci lasciamo ammaestrare dallo Spirito diverremo veramente figli di Dio! Lo Spirito glorifica il Padre e il Figlio. «Nelle sue parole si manifesterà la mia gloria».

Se le parole dell'uomo non danno gloria a Gesù, non vengono dallo Spirito Santo. Vediamo come certi discorsi - anche belli – mirano alla gloria degli uomini, pur parlando di Dio. Comprendiamo quanto pronta debba essere la nostra vigilanza, la nostra attenzione; essa deve essere orientata in due direzioni, verso di noi e verso l’esterno. È molto facile mostrare le opere delle tenebre, invece che quelle di Dio; è necessaria quindi la vigilanza perché la mia vita, le mie parole, le mie opere mostrino qualche cosa di Dio e così diano gloria a Lui solo!

La seconda vigilanza, quella che va verso l'esterno, ci aiuta ad accogliere quegli stimoli, parole, persone che vengono dalla verità, che mostrano qualche cosa di Dio. È molto facile, anche se i fatti sono veri, lasciarsi impigliare in spiriti non veri e quindi uscire da Dio. L'uomo posseduto dal demonio, che pure diceva la verità, fu fatto tacere da Gesù: non è lui che deve parlare, le parole di Dio può dirle solo uno Spirito di Verità, non lo spirito della menzogna (Mc 1). Dobbiamo perciò essere molto vigilanti ad accogliere le parole che vengono dallo Spirito di verità e ad accoglierle con spirito di verità. Se Gesù riceve gloria abbiamo la sicurezza dell'opera dello Spirito.

  1. Il Paraclito

«Quando verrà l'avvocato che io vi manderò da parte del Padre mio - lo Spirito di verità che proviene dal Padre - egli sarà mio testimone e anche voi sarete miei testimoni, perché siete stati con me sin dal principio» (Gv 15,26-27).

Lo Spirito Santo viene chiamato Paraclito. Questa è una parola greca che significa “chiamato vicino, accanto, che sta accanto”. Viene tradotta in tanti modi: posso infatti chiamare vicino uno per consolarmi, se sono nella tristezza, oppure per difendermi o per assistermi. Lo Spirito Santo può essere definito perciò “consolatore, avvocato” oppure “difensore, assistente”.

Lo Spirito di Dio è una presenza che ci consola quando abbiamo bisogno di essere consolati, ci difende quando siamo accusati, ci assiste sempre.

Per quale motivo lo Spirito Santo ci consola, ci difende, ci assiste? «Egli sarà mio testimone».

Compie questo servizio per dare testimonianza a Gesù!

Testimone è chi assicura che è avvenuto un fatto; un testimone di Gesù assicura che Gesù è Gesù, cioè che Gesù è Salvatore (Gesù significa Salvatore). Lo Spirito Santo garantisce che Gesù è il Salvatore.

Io sono testimone di Gesù quando la mia presenza, la mia persona, il mio agire dicono che Gesù è il Salvatore, che è Lui che mi ha salvato, che la mia salute, la mia pace, il mio amore, il mio essere perdonato e la mia capacità di perdonare vengono da Lui.

Io sono testimone di Gesù quando vivo le opere di Gesù. Siamo testimoni di Gesù quando facciamo vedere ciò che Gesù fa, ciò che Gesù opera, perché mossi dallo stesso Spirito che animava Gesù.

È molto facile essere testimone di cose che non sono di Gesù, di atteggiamenti non suoi.

Se lo Spirito Santo ci assiste, ci difende, ci consola, lo è nel compito che abbiamo di testimoniare Gesù, di testimoniare che Gesù c'è, che ci vuol bene, che è il Salvatore, che Gesù è la vita. «Dio non ci ha dato uno Spirito di timidezza, ma di forza, di amore e saggezza. Non vergognarti dunque della testimonianza da rendere al Signore nostro...” (2Tim 1,7-8).

Lo Spirito nostro difensore: in che consiste la sua difesa? “Verrà e dimostrerà di fronte al mondo cosa significa peccato, giustizia e giudizio. Il peccato del mondo è questo: che non hanno creduto in me; la giustizia sta dalla mia parte perché torno al Padre e non mi vedrete più; il giudizio, che Satana è già stato giudicato» (Gv 16,8-11)

  1. Lo Spirito ci difende: «Dimostra di fronte al mondo che cosa significa peccato”. “Il peccato è questo: che non hanno creduto in Me”. I peccati sono un'altra cosa. Uno che vive nel “peccato” non conosce i “peccati”: chi non crede in Gesù, che peccati può avere? “Io non ho fatto niente di male, non ho ammazzato nessuno, rubato non ho rubato, bestemmiato non ho bestemmiato; ma, in fondo, che peccato ci sarebbe? Se avessi rubato, non avrei fatto altro che prendere da una parte e mettere dall'altra”. Uno che non crede in Gesù non fa peccati. Egli è nel “peccato». Chi invece crede in Gesù e vive per Lui capisce che anche il minimo atto, la minima mancanza d'amore verso i fratelli è un peccato, è un andare fuori della figliolanza di Dio. Chi è nel “peccato” non commette “peccati”! Non ha occhi per riconoscerli. Lo Spirito Santo convince che il peccato del mondo è questo: “Non hanno creduto in Me”. Questa convinzione che lo Spirito Santo ci dà ci mette ancora di più sull'attenti di fronte al mondo, di fronte a quello che succede, di fronte ai discorsi che sentiamo.

Questi discorsi vengono da uno che riconosce Gesù Figlio di Dio, o vengono da qualcuno che non Lo riconosce? Sono parole dette nello Spirito o dette nel peccato (intendendo come peccato l'incredulità)? Ci facciamo più vigilanti in tutto. In questo modo lo Spirito ci difende veramente, perché l’accorgerci che a certe parole non occorre più badare - perché dette da chi vive nell'incredulità e quindi senza peso nella nostra vita - è già una grande difesa.

  1. La seconda cosa che lo Spirito dimostra di fronte al mondo è la giustizia. “La giustizia sta dalla mia parte perché torno al Padre e non mi vedrete più».

La parola “giustizia” viene usata spesso. Che cosa è la giustizia?

Giusto è uno che è al posto giusto. Gesù dice che la giustizia sta dalla sua parte “perché torna al Padre”: quello è il posto giusto, accanto al Padre.

Non mi vedrete più: infatti Gesù non verrà mai mandato via da quel posto! La giustizia sta dalla sua parte perché Egli torna al Padre. Chi è con Gesù è al posto giusto, perché Gesù è accanto al Padre e nessuno lo caccia via!

Nella Sacra Scrittura vengono presentati spesso uomini giusti; sono chiamati così non perché fanno chissà che, ma semplicemente perché ubbidiscono a Dio. Abramo viene chiamato giusto proprio quando va ad ammazzare il figlio, quando fa la cosa più ingiusta… Ma fa quello che Dio vuole da lui!

Giuseppe, sposo di Maria, viene chiamato uomo giusto, quando fa una cosa che agli uomini sembra ingiusta: invece di ripudiare la moglie – in obbedienza alla Legge -, la trattiene. Fa quello che Dio vuole: è giusto.

Noi non siamo giusti quando compiamo tutto il bene che si potrebbe fare a questo mondo, ma quando facciamo quello che Dio vuole che noi facciamo, anche se, a parer nostro, è meno bene di quello che vorremmo fare noi.

La giustizia sta dalla parte di Gesù!

  1. Terza convinzione: “Il giudizio consiste in questo: che Satana, il dominatore di questo mondo, è già stato giudicato».

Consoliamoci, il giudizio è già avvenuto! Qui troviamo una cosa bella: è Satana ad essere giudicato e non gli uomini! Satana è stato giudicato quando Dio gli ha detto: “Maledetto”, viene però chiamato ancora “Satana, il dominatore di questo mondo”! Domina il mondo, ma è già stato giudicato. Noi ci accorgiamo, oggi più di ieri, che il mondo è dominato da Satana e che questi vorrebbe dominare anche noi; con tutto quello che provoca nel mondo vorrebbe far entrare anche in noi la tristezza, l'oppressione, lo spirito di vendetta o di menefreghismo, tutte cose che non vengono da Dio; vorrebbe, attraverso il male che c'è nel mondo, far presa anche su di noi e usarci come suo strumento. Lo Spirito, immergendoci in Dio, ci salva dall'essere coinvolti nel giudizio di Satana.

Lo Spirito Santo non ci permette di farci dominare dalle mode, dalla maniera di pensare, dal modo di comportarsi di questo mondo: sono cose già giudicate perché il dominatore di questo mondo è già stato giudicato.

Se il giudizio è già avvenuto, se è Satana ad esser stato giudicato, noi non viviamo nell'angoscia e nella paura, per nessun motivo, nemmeno a causa dei nostri peccati e difetti. Non ci lasciamo prendere dall'angoscia perché il vincitore è Gesù. Inoltre non giudichiamo le persone, perché è Satana colui che è stato giudicato. Di fronte agli uomini possiamo essere sempre liberi di accoglierli come figli di Dio! Forse non lo sono ancora, ma lo possono diventare da un momento all'altro: possiamo accoglierli sempre come figli di Dio, come nostri fratelli.

Anche se una persona fosse dominata in questo momento dal pensiero del mondo, o addirittura da Satana, non la giudichiamo, perché colui che è stato giudicato è Satana, non l’ uomo.

Resta comunque vero che abbiamo vitale bisogno di un Consolatore, di un Difensore, di un Avvocato, perché anche noi, in quanto cristiani - amici di Gesù - veniamo accusati di fare cose ingiuste.

“Perché preghi”? Anche se si pregasse solo dieci minuti al giorno, ci sarebbe qualcuno pronto a dire che perdiamo quel tempo che potrebbe essere impiegato a fare qualche cosa di più utile. I cristiani vengono accusati sempre di più, con sempre maggior violenza. Quanto più sono cristiani, tanto più sono accusati. Abbiamo bisogno di un avvocato difensore. Il nostro avvocato difensore non sono i nostri ragionamenti! Non occorre convincere che abbiamo ragione, basta che il nostro avvocato difensore difenda noi stessi, il nostro spirito, di fronte a questi attacchi. Se in noi c’è lo Spirito Santo comprendiamo che siamo nel giusto quando facciamo quello che Dio vuole, anche se le accuse non mancano: Egli ce le fa sentire ingiuste e false.

  1. Lo Spirito e il corpo

Quelli che vivono secondo la carne, pensano alle cose della carne, quelli invece che vivono secondo lo Spirito, alle cose dello Spirito; ma i desideri della carne portano alla morte, mentre i desideri dello Spirito alla vita e alla pace. Infatti i desideri della carne sono in rivolta contro Dio, perché non si sottomettono alla sua legge e neanche lo potrebbero. Quelli che vivono secondo la carne non possono piacere a Dio. Però voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. E se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto a causa del peccato, ma lo Spirito è vita a causa della giustificazione. E se lo Spirito di Colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, Colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. Così dunque fratelli, noi siamo debitori, ma non verso la carne per vivere secondo la carne; se vivrete secondo la carne voi morirete; se invece con l'aiuto dello Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete» (Rom 8,5-13).

Lo Spirito Santo ci fa vivere e ci fa morire. Ci fa vivere secondo Dio e fa morire le opere del corpo. Il fatto di essere sempre attenti a noi stessi, alla salute, al giudizio degli altri, la paura di venir capiti male, sono il frutto del nostro egoismo. Con l'aiuto dello Spirito noi possiamo far morire queste cose. Se viviamo secondo lo Spirito l'egoismo non avrà più forza!

Potrà accadere che, quando sentiamo che ci fa male un dente, non pensiamo subito al medico, ma chiediamo a Dio che quel dolore non ci faccia uscire dal suo amore. «Dal momento che ho male, statemi tutti alla larga, non voglio sentir più nessuno…» È molto facile che il nostro corpo, con la sua salute e le varie preoccupazioni che suscita, ci faccia perdere di vista il regno di Dio. Uno che vive secondo lo Spirito non si arrabbia mai, né si agita. Lo Spirito fa veramente morire le opere del corpo, o dell'egoismo, fa morire tutti i nostri attaccamenti (alle cose, alle persone, ai programmi, a questo mondo), perché lo Spirito è unito solamente a Dio. Se qualche cosa impedisce la nostra unità con Dio, lo Spirito ce la fa lasciare: fa morire quell'attaccamento.

Sono piccole o grandi “morti”. Sono tagli che la Parola di Dio opera, giungendo “fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla” e “fino ai sentimenti e pensieri del cuore» (Ebr 4,12).

Quando queste “morti” parziali della nostra vita cominciano a realizzarsi... sembra proprio di morire! Ma dopo che avremo cominciato a gustare la vita nuova cui rimane lo spazio, cercheremo di “morire» il più possibile, affinché Dio possa avere vita in noi e noi godiamo - in anticipo! - qualcosa della risurrezione! “Colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi!”.

Attendiamo la risurrezione, in modo completo e definitivo, nel giorno ultimo, ma già oggi lo Spirito abita in noi e già oggi i nostri corpi mortali... muoiono: già oggi quindi possiamo vivere quella vita che è dono di Dio! Dice ancora s. Paolo: “Avete ricevuto il suggello dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato” (Ef 1,13s.).

Coloro che hanno avuto in modo forte o improvviso l'esperienza di questa vita nuova, hanno sentito che anche il loro corpo veniva travolto, o sollevato, come in un volo d'altro mondo. È comprensibile: lo Spirito Santo è come colomba…

Lo Spirito Santo non resta estraneo al corpo: “O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio e che non appartenete a voi stessi?” (1Cor 6,19). Il corpo, liberato dai legami terreni e apertosi alla grazia, diviene tempio dello Spirito. Tempio è luogo di adorazione, luogo liturgico in cui tutto acquista nuovo significato: l'acqua, il pane, l'incenso, il sangue, gli animali, le vesti... Nel tempio tutto diviene strumento di comunicazione o di comunione con Dio! Il nostro corpo, tempio dello Spirito Santo! Nel nostro corpo lo Spirito compie la sua liturgia, la sua opera di lode, di obbedienza, di ringraziamento al Padre e al Figlio. Alzare le mani, piegare le ginocchia, chinarsi, levarsi, procedere e fermarsi, sono azioni che ricevono significato e valore nuovo dallo Spirito! Maneggiare strumenti di lavoro, zappe o coltelli, pentole o bulloni, pulsanti o martelli, sono azioni che ricevono nuovo significato dallo Spirito, il significato di lode, di adorazione, di manifestazione dell'amore sapiente e infinitamente vario di Dio: “Glorificate dunque Dio nel vostro corpo!” (1Cor. 6,20). Come? Lo Spirito può farlo in molti modi e servendosi di ogni cosa! Diamo dunque spazio allo Spirito Santo nel nostro corpo!

  1. Il frutto dello Spirito Santo: Maria.

Abbiamo considerato diversi aspetti dell'opera dello Spirito Santo nel mondo e su di noi. Fissiamo ora lo sguardo su Maria, che ha avuto un'esperienza nuova, profonda e completa dello Spirito Santo. Sarà un aiuto esistenziale per la nostra contemplazione.

Maria riceve in sé lo Spirito Santo. L'Angelo le dice: “O piena di grazia, hai trovato grazia presso Dio! Lo Spirito scenderà su di te» (Lc 1,28-35). Maria riceve lo Spirito in sé e viene immersa in esso.

Con questo contatto diretto con lo Spirito Santo, Maria è la prima persona che viene a conoscenza del mistero della Santissima Trinità, è la prima persona che ha a che fare non soltanto col Padre, ma anche col Figlio e con lo Spirito in modo nuovo e perfetto.

Che cosa compie lo Spirito in lei?

Lo Spirito, in lei - che muore alla propria volontà -, provoca la nascita del Figlio di Dio; lo Spirito in lei provoca questa nuova creazione: ha inizio qui qualche cosa di totalmente nuovo, per opera dello Spirito; il Figlio di Dio prende vita, prende carne e consistenza, in lei; Maria diventa importante, non per quello che è, ma per il Figlio di Dio che accoglie. Ella è veramente, secondo l'immagine di s. Paolo, il vaso di terracotta che contiene un tesoro prezioso; la preziosità non è del vaso, ma del tesoro. Dal momento che il vaso contiene un tesoro così prezioso, anche il vaso stesso diventa prezioso, benché rimanga fragile, benché rimanga debole. Lo Spirito compie in Maria questo prodigio, dà consistenza umana al Figlio di Dio.

Ci poniamo ora un'altra domanda: “Che cosa fa Maria nello Spirito?”. Lo Spirito è in lei ed ella è immersa nello Spirito: “Scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra”. La prima cosa che notiamo in Maria è la sua disponibilità: “Sì, accetto il disegno di Dio, accetto come mia volontà quella di Dio”. Dicendo questo si unisce allo stesso Gesù che dirà: “Padre, non la mia, ma la tua volontà!”. Anticipa già l'opera del Figlio, l'offerta del Figlio.

Ecco la prima cosa che Maria compie nello Spirito: mette a disposizione di Dio la propria vita, i propri giorni; si compromette con Dio: da questo momento ella non ha più desideri, progetti, volontà propri. «Sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. Maria non sa ancora ciò che comporterà quello che ha detto l'angelo, ma sa che viene da Dio e lo accetta.

Vediamo che lo Spirito in Maria e Maria nello Spirito offrono al Padre questa grande fiducia: “Ciò che il Padre vuole da me, questo è buono, questo io faccio”.

Il primo atteggiamento di Maria immersa nello Spirito è dunque quello di serva.

Il servo/la serva è una persona che non ha una propria volontà, non ha progetti: tiene gli occhi fissi alla mano del padrone per vedere i suoi cenni, tiene le mani vuote, pronte a ricevere gli strumenti che il padrone le offrirà. Ancora, il servo, mentre ha gli strumenti in mano, è pronto a lasciarli, se il padrone li vuole riprendere o se richiede un altro tipo di servizio.

Maria conosce cosa significhi essere servo: “Eccomi: sono la serva del Signore”. Aveva senz'altro letto i cantici del Servo del Signore dal Profeta Isaia e da essi aveva appreso che il servo del Signore non alza il tono, non fa udire la sua voce in piazza, è delicato, umile. Al servo del Signore interessa soltanto la gloria e la bella figura del Signore, non la propria.

Maria è la serva del Signore.

Cosa fa ancora Maria nello Spirito oltre a proclamarsi e farsi serva del Signore? Adopera la sua voce per lodare Dio, nell'incontro con Elisabetta. Maria proclama le opere di Dio. Questo è un segno chiaro che lo Spirito agisce in lei. Anche gli apostoli, quando riceveranno lo Spirito Santo, loderanno le grandi opere di Dio. Qui Maria, come già i profeti, ma in modo più completo, proclama le grandi opere di Dio.

La terza opera di Maria nello Spirito è il suo silenzio: silenzio con Giuseppe, silenzio con gli uomini. Colui che porta in grembo verrà alla luce a suo tempo; ella non ha ricevuto l'incarico di parlarne, ma solo di essergli disponibile.

Il silenzio di Maria in questo periodo è molto prezioso: è segno di grande umiltà, è segno di grande fede in Dio; il silenzio con Giuseppe è fatto di fede totale nell'opera e nell'onnipotenza di Dio ed è già un'anticipazione del silenzio di Gesù davanti a Pilato e agli accusatori: come Gesù sarà riscattato da Dio con la risurrezione, così Maria sarà proclamata beata da tutte le nazioni, nonostante i discorsi probabilmente maliziosi che ora la gente mormora su di lei.

Il silenzio di Maria continua anche dopo, anche quando ci saranno altre parole di Dio, altri fatti e persone: pastori, magi, Simeone, Anna: tutti parlano, annunciano, proclamano, Maria continua il silenzio. “Maria serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore!”. Luca lo ripete due volte. Il silenzio di Maria viene riempito dai fatti della vita di Gesù. Maria pensa, medita, riflette, mette il collegamento fra le parole e i fatti, fra il presente e quello che le era successo molto prima; trova ora la spiegazione di quanto prima non riusciva a capire.

Maria, durante tutto il tempo della vita di Gesù, sembra camminare in punta di piedi. Molte volte non capisce, ma non forza il caso per venire a sapere di più. Attende. Ecco un altro atteggiamento di Maria nello Spirito: l’attesa. Maria sa attendere. Sa attendere perché sa che Dio è più grande.

Se volessimo un riassunto di tutto ciò che Maria fa nello Spirito, basterebbe leggere quali sono i frutti dello Spirito, secondo s. Paolo. «Il frutto dello Spirito è: amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5,22).

Se guardiamo la figura di Maria, la sua persona, troviamo tutti questi frutti: l'amore, che Ella ha avuto per Gesù, l'amore che ha avuto per Giovanni, quando l'ha preso come figlio; la gioia (gioia per il suo Dio!), una gioia silenziosa ma anche capace di esprimersi: il mio spirito esulta in Dio; la pace: non c'è curiosità o fretta nella vita di Maria, non c'è impazienza; la pazienza: Maria sa attendere dall'inizio fino alla fine della vita di Gesù, e poi ancora, che Dio compia la Sua opera, a totale sua insaputa; non capiva, meditava nel suo cuore; la benevolenza: questo atteggiamento lo cogliamo alle nozze di Cana, ad esempio; la bontà: dove ci sono amore, gioia e pace non può esserci che bontà; la fedeltà: Maria non perde di vista la richiesta che Dio le ha fatto, rimane sempre la serva fedele; è perseverante, anche quando non capisce, rimane sempre la serva del Signore; la mitezza: non fa notare la propria presenza; il dominio di sé: quando ritrova Gesù nel tempio, Maria dice solo una breve frase che esprime la sua incomprensione, ma non si arrabbia. Anche alla croce sa dominarsi, sa accettare come propria la volontà di Dio. Il dominio di sé lo si esercita nei momenti di sofferenza; a Maria la sofferenza non è mancata, secondo la profezia di Simeone: “Anche a te una spada ti affliggerà l'anima”. Il vedere quanti accostavano Gesù con superficialità, quanti lo rifiutavano sono spade che le trafiggono l'anima. Lo Spirito suscita in lei il dono del dominio di sé fino a renderla capace di accettare anche queste sofferenze e di viverle con Gesù.

I frutti dello Spirito elencati da s. Paolo sono il riassunto di ciò che lo Spirito fa in Maria e di ciò che Maria fa nello Spirito.

Lo Spirito in Maria fa nascere il dono di Dio; Maria, col suo atteggiamento di essere pronta a offrirlo, a restituirlo, non se ne appropria, lo conserva come dono di Dio e non lo trasforma in qualche cosa di proprio.

Possiamo lasciarci aiutare ad intuire cosa significhi essere posseduti dallo Spirito anche solo volgendo lo sguardo ad un’immagine di Maria (per es. quella di Vladimir o quella di Czestokowa o altre).

Madonna della Tenerezza di Vladimir - sec. XI /// (spazio per l’immagine)

Lo Spirito e la Chiesa: l'unità.

“Se è vero che Cristo vi chiama ad agire, se l'amore vi dà qualche conforto, se lo Spirito Santo vi unisce, se è vero che fra di voi vi è affetto e comprensione, rendete completa la mia gioia: abbiate gli stessi sentimenti e un medesimo amore, siate concordi e unanimi, non fate nulla per invidia o per vanto, con grande umiltà stimate gli altri migliori di voi. Badate agli interessi degli altri, non soltanto ai vostri, comportatevi come Cristo Gesù” (Fil 2,1ss.).

Se lo Spirito Santo vi unisce...

Abbiamo visto che cosa fa lo Spirito in Maria e che cosa fa Maria nello Spirito. Vediamo che cosa fa lo Spirito nella Chiesa: Maria è immagine della Chiesa. Lo Spirito agisce nella Chiesa e la Chiesa è immersa nello Spirito.

Come lo Spirito ha formato in Maria Gesù Cristo, che è il capo della Chiesa, così lo Spirito forma anche il corpo di Cristo, la Chiesa stessa. Lo Spirito non dà solo origine al capo, ma anche al corpo della Chiesa; ancora, lo Spirito forma il corpo del Capo, che è Cristo, e lo stesso Spirito unisce le membra del corpo tra loro. Non so quale sia la prima cosa che dobbiamo osservare, se l'unità che ci deve essere nel corpo, oppure l'unità tra il corpo e il capo.

Questo è certo: se i tralci sono uniti alla vite producono frutto e sono uniti anche tra loro. Se le membra sono unite al capo ricevono circolazione di sangue e vivono. “Chi rimane in me porta molto frutto”.

L'unità di tutte le membra del corpo, che è la Chiesa, e l'unità di tutte le membra col capo sono opera dello Spirito. Lo vediamo già al momento della prima effusione dello Spirito sugli apostoli, quando Gesù appare in mezzo a loro e dice: “Pace a voi”, quindi soffia su di loro annunciando: “Ricevete lo Spirito Santo: a chi rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi non li rimetterete non rimessi resteranno” (Gv 20,23).

La prima azione dello Spirito è rendere attuale per ciascuno di noi il perdono, l'opera per la quale Gesù è venuto. Il perdono è la riconciliazione. Lo Spirito perciò ci permette di accogliere la riconciliazione col Padre, fa l'unità tra noi e Dio Padre per merito dell'opera di Gesù Cristo.

Quando ci sentiamo dire: “Io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”, quelle parole sono dette nello Spirito e hanno valore attraverso lo Spirito.

La prima cosa che lo Spirito vuol fare è che noi siamo uniti a Gesù Cristo, perché anche noi possiamo diventare figli del Padre.

È quello che viene detto nella lettera ai Filippesi: “Comportatevi come Cristo Gesù”, o, secondo un'altra traduzione “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che sono in Cristo Gesù”.

Questo tipo di unità ci dev'essere tra noi e Gesù! È opera dello Spirito Santo. Queste affermazioni sono ripetute anche nella lettera agli Efesini; prendiamo qualche spunto qua e là: “Dio conduce la storia al suo compimento: riunisce tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra, sotto un unico capo, Cristo. E anche noi, perché a Cristo siamo uniti, abbiamo avuto la nostra parte: nel suo progetto ha scelto anche noi” (Ef 1,10-11)

«Cristo è la nostra pace: egli ha fatto diventare un unico popolo i pagani e gli Ebrei; egli ha demolito quel muro che li separava e li rendeva nemici” (Ef 2,14). “Per mezzo di Cristo noi tutti, ebrei e pagani, possiamo presentarci a Dio Padre, uniti dallo stesso Spirito Santo” (Ef 2,18).

Quindi lo Spirito ci unisce tra di noi e ci unisce a Gesù che è il capo del corpo. Ancora: “Ora voi non siete più stranieri né ospiti. Anche voi, insieme con gli altri, appartenete al popolo e alla famiglia di Dio. Siete parte di quell'edificio che ha come fondamento gli apostoli e i profeti, e come pietra principale lo stesso Gesù Cristo. È lui che dà solidità a tutta la costruzione e la fa crescere fino a diventare un tempio santo per il Signore. Uniti a Lui anche voi venite edificati insieme con gli altri, per essere la casa in cui Dio abita per mezzo dello Spirito Santo” (Ef 2,19-22) “uniti a Lui anche voi venite edificati...”.

L'unità con Gesù è fondamentale, è la prima unità. L'unità con Gesù diventa visibile per mezzo della nostra unità. Io sono unito a Gesù e tu sei unito a Gesù, allora non c'è separazione tra noi. Se tra me e Gesù c'è unità significa che in me scorre lo stesso Spirito che c’è in Gesù; se tra te e Gesù c'è unità vuol dire che in te scorre lo stesso Spirito che c'è in Gesù, perciò c’è in noi lo stesso Spirito e, quindi, quella stessa unità diventa nostra! L'unità che c'è tra ciascuno di noi e Gesù diventa la stessa unità che c'è tra di noi.

Queste cose si possono dire, ma non servono se non si provano, se non si vivono, almeno un pochino: non dico del tutto, perché credo che ciò non sia possibile se non in paradiso.

Come si esprime l'unità tra di noi? Continuando la lettura della lettera agli Efesini (4,2-3) troviamo:

«Siate sempre umili, cordiali, pazienti, sopportandovi l'un l'altro con amore; cercate di conservare quella pace che vi unisce, quella unità che viene dallo Spirito Santo”. C'è l'unità che viene dallo Spirito Santo. Ciò significa che ci possono essere altre unità, altri modi di stare insieme. Ci può essere l'unità di chi sta insieme per il gioco, c'è l'unità di chi sta insieme perché coetaneo, qualcuno sta insieme perché iscritto al club tal dei tali... Noi dobbiamo cercare l'unità che viene dallo Spirito. Potrebbe sussistere anche il pericolo di persone che, pur facendo parte di un gruppo spirituale, a un certo punto trovino l'unità dell'amicizia umana e abbandonino l'unità che viene dallo Spirito.

Questo può succedere anche fra i preti, i frati, le suore. Talvolta accade che, pur avendo cominciato a stare insieme soltanto nell'unità dello Spirito, dopo un po' questo tipo di unità scompare ed esse stanno insieme solo perché appartengono ad una determinata congregazione o gruppo.

Ci accade pure di incontrare dei cristiani senza preoccuparci di badare se c'è l'unità che viene dallo Spirito, e di chiederci invece: «Sei del mio gruppo o no? Sei della mia parrocchia o no? Sei della mia idea o no?” Non si va in profondità.

L'unità nello Spirito forma un'amicizia spirituale e quindi l'unità diventa sempre più profonda! Dobbiamo stare sempre attenti che l’unità rimanga unità nello Spirito, che non diventi unità di simpatie o di altro tipo.

Non occorre che ce ne preoccupiamo troppo; faremo attenzione invece a rimanere nell'unità con Gesù e a favorirla sempre di più.

  1. Paolo (v. 15) dice un'altra cosa: “Vivremo allora (cioè quando avremo la conoscenza del Figlio di Dio, quando saremo costruiti nel corpo di Cristo…) nella verità e nell'amore, per avvicinarci sempre di più a Cristo. Egli è il capo». “Nella verità e nell'amore”. “La verità nella carità”.

Queste due parole riassumono una meditazione precedente. Se siamo nell'amore, quello che facciamo e quello che diciamo è verità, cioè diventa mettere in luce ciò che è nascosto, quello che è di Dio, la vita di Dio! S. Paolo conclude poi: “Non ubriacatevi di vino, siate invece pieno di Spirito Santo” (5,18).

Siate ubriachi di Spirito Santo, si potrebbe dire! S. Paolo mette così vicine queste due parole: l'ubriacatura nello Spirito e ubriacatura del vino; nel giorno di Pentecoste la gioia degli apostoli è stata presa per ubriachezza. “Siate invece pieni dello Spirito Santo e cantate tra voi salmi, inni e canti spirituali. Cantate, inneggiate al Signore con tutto il cuore, sempre e per ogni cosa ringraziate Dio nostro Padre nel nome di Gesù Cristo Nostro Signore».

“Siate pieni di Spirito Santo”. L'unità che ci deve essere tra noi la si può coltivare così: cantando, inneggiando al Signore e ringraziando Dio Padre. Se l'amicizia tra persone viene coltivata e approfondita in questo modo, allora può dar garanzia di essere una amicizia che viene dallo Spirito. Molte amicizie si fermano a parlare male, a parlare di cose che non funzionano. Un'amicizia che si ferma lì non costruisce. L'amicizia che viene dallo Spirito mette in luce le cose di Dio, fa godere di ciò di cui gode lo Spirito di Dio e delle cose che lo Spirito di Dio vede ogni giorno.

Lo Spirito Santo ogni giorno vede l'amore del Padre per il Figlio, l'ubbidienza del Figlio al Padre. E lo Spirito ogni giorno vede questo amore del Padre per il Figlio anche negli uomini, là dove è stato seminato. E lo Spirito Santo vede ogni giorno l'ubbidienza di Gesù al Padre negli uomini che vivono con Gesù e fanno la volontà del Padre. Lo Spirito Santo gode di queste cose: della vita Trinitaria e della vita di Dio in mezzo agli uomini. Quando gli apostoli e poi Cornelio hanno ricevuto lo Spirito Santo si sono messi a proclamare le opere di Dio.

In un'amicizia che viene dallo Spirito succede poi che le persone non si attaccano l'una all'altra. “Guai se mi mancasse quella persona!”.

È espressione più d'un legame umano che d'un legame di Spirito Santo, perché lo Spirito Santo fa stare attaccati a Gesù Cristo prima di tutto e unicamente! Se quella tal persona, con cui mi trovo insieme, venisse a mancare, per quindici giorni, tre mesi, per sempre, io non soffro! Perché? Perché il mio legame con Gesù c'è ancora. L'unità che viene dallo Spirito è un'unità che ci fa morire a noi stessi: ci fa essere attenti a che cosa possiamo rinunciare pur di rimanere nell'amore, pur di manifestare qualche cosa di Dio. Lo dice s. Paolo: “Se è vero che in voi c'è affetto e comprensione, rendete completa la mia gioia, abbiate gli stessi sentimenti e un medesimo amore”; se c'è unità dello Spirito Santo, se è vero che “tra voi c'è affetto e comprensione, siate concordi e unanimi”. Pensate quale morte comporti essere concordi e unanimi!

Essere concordi e unanimi non significa pretendere che gli altri la pensino come me o pretendere che gli altri facciano quello che voglio io. Essere concordi e unanimi vuol dire cercare di vedere a che cosa io posso rinunciare pur di favorire, pur di stimare di più l'altro. “Non fate nulla per invidia o per vanto, anzi stimate gli altri migliori di voi”. Non ci riesco tutti i giorni perché non sono disposto a morire tutti i giorni.

L'unità dello Spirito comporta l'unità con Gesù, ma con quel Gesù che offre se stesso al Padre, che si lascia uccidere, che offre la propria volontà completamente. È un atteggiamento che non esiste nel mondo, ma nella Chiesa soltanto e, purtroppo, sempre meno del necessario. Noi vediamo normalmente ciò che fa tanto rumore! Ma ciò che fa rumore di solito non viene da Dio! Notiamo più facilmente il male che c'è nel mondo e anche quel male, quel peccato che esiste nelle persone che si dicono di chiesa o che sono Chiesa; lo vediamo più facilmente perché, anche quando ci incontriamo, invece di raccontarci ciò che lo Spirito vorrebbe gridare, ci diciamo ciò che fa il mondo; tra i cristiani c'è troppo poco annuncio delle opere di Dio; diamo poco spazio allo Spirito Santo!

Quando siamo insieme, che cosa ci comunichiamo? Lo Spirito Santo ci vorrebbe far notare le opere di Dio e desidererebbe che esse siano proclamate. Se tutti gli uomini fossero disponibili allo Spirito Santo, tutti parlerebbero di cose belle.

Chi ha in mano radio, giornali, televisione, ma anche noi spesso, invece di preoccuparci di dire le opere di Dio, più facilmente divulghiamo le altre: il discorso meno impegnativo ci espone meno, rimaniamo nascosti nella tenebra, non veniamo fuori alla luce per fare vedere le cose di Dio. Non ci esponiamo, non ci compromettiamo; proclamare le opere di Dio in fondo significa compromettersi con Dio.

Dovremmo cercare di non dar peso alle cose negative che avvengono nel mondo. Quando incontriamo qualcuno facilmente ci preoccupiamo di quello che dice o dei suoi ragionamenti. Sarebbe più utile che ci occupassimo invece di ciò di cui egli ha bisogno! Se vedo una persona ansiosa per ciò che succede, posso pensare: “Questa persona ha bisogno di un po' di pace! Ha bisogno di accorgersi che con Dio si sta bene!”. Forse non posso dirglielo ma posso farglielo vedere, anche senza parole, e posso vigilare per non lasciarmi prendere dalla stessa agitazione o dalla stessa angoscia; facilmente infatti l'angoscia di una persona con cui parliamo ci assale, e così anche noi ne rimaniamo oppressi. Questo non è utile per il regno di Dio: non ho mai sentito che l'angoscia venga da Dio! Un uomo angosciato o inquieto non dà gloria a Dio, non procura il bene dei fratelli. Non dobbiamo lasciarci influenzare da queste angosce; piuttosto, se siamo nella pace, perché siamo uniti a Gesù che è la nostra pace, cerchiamo di influenzare gli altri con la vera pace. Noi cristiani siamo sempre persone mandate dal Signore: per questo abbiamo in noi la pace e la portiamo sempre per edificare il Regno di Dio, che consiste in «giustizia, gioia e pace nello Spirito Santo» (Rom 14,17).

  1. I doni dello Spirito.

“Fratelli, parliamo ora dei doni dello Spirito. Voglio che abbiate le idee chiare in proposito». Ce lo dice s. Paolo. Lo Spirito vuole e procura la nostra unità con Gesù e tra noi: per favorire questa unità ci dà dei doni. «Vi sono doni diversi, ma uno solo è lo Spirito. Vi sono vari modi di servire il Signore, uno solo è il Signore, molti tipi di attività, ma chi muove tutto all'azione è lo stesso Dio. In ciascuno lo Spirito si manifesta in modi diversi, ma sempre per il bene comune. Uno riceve dallo Spirito la capacità di esprimersi con saggezza, un altro quello di parlare con sapienza, lo stesso Spirito ad uno dà la fede, ad un altro dà il potere di guarire i malati. Lo stesso Spirito concede ad uno la possibilità di fare miracoli e a un altro il dono di essere profeta, a questi dà la capacità di distinguere gli spiriti dal vero Spirito, a quello il dono di esprimersi in lingue sconosciute, a quell'altro il dono di spiegare tali lingue. Tutti questi doni vengono dall'unico e medesimo Spirito. Egli li distribuisce a ogni uomo come vuole” (1Cor 12).

Uno dei doni è la capacità di esprimersi con saggezza. Non tutti hanno questo dono; chi lo dà? Lo Spirito Santo. Non dipende tanto dall'essere più o meno intelligente! Persone molto intelligenti a volte si esprimono senza saggezza.

Un altro ha il dono di parlare con sapienza. La sapienza è di più della scienza, della saggezza. La scienza è sapere le cose come stanno, la sapienza è il saper vedere gli avvenimenti con gli occhi di Dio. Succede un fatto, ad es. si ammala la suocera. Potrei vederlo così: “Finalmente tace per qualche giorno!” oppure, se uso “sapienza”: “Ho una possibilità in più per amare”. La sapienza risponde a questa domanda: “Che cosa vede Dio in questa occasione? Per me?”. Per me Dio vede, non che io abbia da soffrire, ma che abbia da amare di più. La sapienza ci aiuta a vedere le cose di Dio e ad interpretarle con gli occhi suoi: sappiamo che Dio è amore.

“Lo stesso Spirito ad uno dà la fede, ad un altro il potere di guarire”. Credo che la fede qui non sia il dono della fede che abbiamo tutti, cioè il dono di credere, credere nell'esistenza di Dio, credere nel suo amore per noi (questo è pure un dono di fede); quando si parla del dono della fede come dono particolare dello Spirito significa credere che Dio fa quello che dice al di là dell'evidenza e della logica umana. Ad esempio, nel vangelo troviamo questa frase: “Cercate prima di tutto il regno di Dio e il resto vi sarà dato in più”. Tu puoi prendere sul serio questa parola: “tutto il resto vi verrà dato in sovrappiù” e non preoccuparti più di nulla, ma cercare solo il Regno di Dio. Vedrai come Dio è capace di darti tutto il necessario! Cerca di adoperare questo dono della fede per il Regno di Dio, non per non aver più sofferenze o preoccupazioni, ma per rimanere nella pace, come dicevamo prima.

“A un altro dà il potere di guarire i malati”: malati di spirito e malati di corpo. Essendo un dono dello Spirito, come tutti gli altri doni va esercitato per il Regno di Dio. Uno che volesse essere guarito per non aver più da soffrire, non ha uno scopo sufficiente; uno che volesse guarire tutti gli ammalati degli ospedali e fare andar a spasso i medici, non ha uno scopo valido. I doni vengono dati per l'edificazione della Chiesa e vanno adoperati nell'unità. Ci sono persone che hanno ricevuto questo dono: se c'è, rendiamo grazie a Dio, purché ci sia l'unità con la propria Chiesa attraverso il Vescovo.

“Lo Spirito concede a uno la possibilità di fare miracoli”; devono essere miracoli come quelli di Gesù, cioè fatti per portare a credere, e non solo per far vedere che ci sono anche i miracoli. A Nazaret Gesù non ha fatto miracoli perché non c'era la disponibilità a credere; ogni volta che guariva un ammalato si aspettava una espressione di fede! Si è rattristato molto quando quei nove lebbrosi non sono tornati. E quando ha guarito il paralitico lo ha fatto perché gli altri capissero che poteva perdonare i peccati. Che cosa importava se il paralitico saltava su dal lettuccio guarito, ma gli fosse rimasta tutta la sua tristezza e non fosse stato salvato dal peccato?

Guarire soltanto è troppo poco. È molto facile lasciarsi prendere dalla compassione per gli ammalati senza preoccuparsi minimamente della salute spirituale, della fede. Quella è la prima cosa da mettere a posto. Quando quella è a posto, allora il malato sarà felice se guarirà, ma sarà felice anche se non guarirà.

Ci sono molti ammalati che danno esempio di gioia e di felicità ai sani perché godono la salute dello spirito, sono a posto con Dio, sono nell'amore. Che cosa conta esser sani se non c'è la pace del cuore, se non c'è la fede? Non sarebbe nemmeno salute! Sarebbe una vita insulsa! La malattia peggiore, in fondo, è quella di non sa perché vive e non ci vuol pensare. Oltre al dono della guarigione fisica c'è pure un dono per la guarigione spirituale. Spesso le malattie spirituali derivano da una presenza di “spiriti” malvagi (se non addirittura “demoni”) o di legami fuori posto alle cose, alle persone, alla propria attività... Questi devono essere spezzati, quelli “scacciati”, con la potenza del Nome di Gesù. Anche chi esercita questo dono deve farlo per l'edificazione della Chiesa.

«Ad un altro concede il dono di essere profeta»: questo è un bel dono e s. Paolo dice che dobbiamo desiderare tutti di averlo. Non è un dono strano, come sembrerebbe a prima vista. Il dono di essere profeta è un dono che tutti dovrebbero avere, perché a tutti è stato promesso. Quando veniamo battezzati e poi cresimati, veniamo inseriti in Cristo re, sacerdote e profeta. Come tutti siamo sacerdoti del sacerdozio universale dei fedeli e come tutti partecipiamo alla regalità di Cristo (anche noi dominiamo il mondo e siamo tutti re, come è re Gesù, re che serve) così tutti siamo consacrati per essere profeti.

È profeta uno che parla al posto di Dio. Profetare significa parlare al posto di... Quando io dicessi una parola di Gesù, sono profeta di Gesù. In quel momento attraverso la mia bocca risuona la parola di Gesù: questo dono molte volte è esercitato senza neppure sapere di averlo. C'è un dono di profezia che può essere esercitato in un senso più particolare, quando qualcuno può dire il pensiero di Dio per una data situazione. Di solito si manifesta in incontri di preghiera, in momenti in cui il Signore dà le sue parole a vantaggio di una persona o di una comunità per una situazione generale o particolare.

“A questi dà la capacità di distinguere i falsi spiriti dal vero spirito». Tutti possiamo chiedere al Signore di avere capacità di sapere distinguere i nostri spiriti: se siamo nello Spirito Santo o se siamo fuori da esso. Credo che queste pagine possano essere anche un aiuto a distinguere e discernere gli spiriti.

“A quello concede il dono di esprimersi in lingue sconosciute”; è un dono che non ci interessa tanto, dal momento che chi lo esercita non capisce neanche quello che si dice. È però un dono dello Spirito: può servire anche questo per il regno di Dio. S. Paolo lo aveva ricevuto. Ancora oggi qualcuno parla in lingue sconosciute e qualcuno interpreta quello che viene detto. Il cantare in lingue indica la libertà di una persona: significa che questa non si preoccupa di quello che pensano gli altri né si preoccupa di quello che pensa egli stesso, apre la bocca e parla. Quando si cantava l’alleluia in latino, si cantava a-a-a.... a lungo, senza dire niente altro, ma era bello e tutti erano contenti; era solo un cantare libero, una lode gratuita di Dio. Adesso che non si canta più così, lo Spirito Santo fa di nuovo il dono del cantare in lingue.

Puoi anche tu cantare l’alleluia con gli “a - a - a” lunghi anche un minuto: non si dice niente, la nostra intelligenza riposa e lavora il nostro sentimento; il Signore capisce quello che lo Spirito - che è in noi come in un tempio - vuol dire al Padre. Quando si cantavano i salmi in latino senza capire, era come cantare in lingue sconosciute; non è la stessa cosa, ma il significato esistenziale si avvicina molto. Il dono di parlare e di capire lingue strane c'è ancora: lo Spirito è lo stesso, quello di Pentecoste.

Tutti questi doni vengono dall'unico e medesimo Spirito. Egli li distribuisce ad ognuno come vuole. Chi li riceve deve fare in modo che servano per l'edificazione del corpo di Cristo; non deve vantarsene, perciò i doni vanno esercitati nell'obbedienza: usati fuori dall'obbedienza rovinerebbero l'unità che è lo scopo per cui i doni vengono dati. Se viene distrutto il fine che Dio ha loro destinato, questi doni diventano del diavolo e non più dello Spirito: se dividono la comunità, se dividono la Chiesa danno gloria al diavolo. L'unità è da mettersi prima di tutto. Questo non lo dico io, lo dice s. Paolo. “Non tutti hanno il dono di fare miracoli o di compiere guarigioni o di parlare lingue sconosciute. Cercate di avere i doni più grandi; ora vi insegno qual è la via migliore”. Ecco davvero il dono che dobbiamo desiderare sopra tutti gli altri: “Se io sapessi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non possedessi la carità, sono come una campana che suona o un tamburo che rimbomba”, sono uno che parla, ma se non c'è amore non comunico niente di Dio che è amore.

“Se avessi il dono di essere profeta, di svelare tutti i segreti, se avessi il dono di tutta la scienza, anche se possedessi una fede che smuove le montagne, ma non avessi l'amore, che gioverebbe?”. Si può avere il dono della fede o il dono di fare i miracoli o di essere profeta, ma si può esercitarli senza amore, senza l'amore che Dio ha per noi: la carità.

L'amore dell'uomo per gli uomini può essere molte volte confuso con simpatia, compassione, ma l'amore -“carità” che dobbiamo esercitare è quello che è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito, l'amore che Dio ha per noi. Non siamo noi che abbiamo amato Dio, ma Dio ha amato noi, quindi dobbiamo esercitare quell'amore che Dio ha per noi.

Gesù ha avuto l'amore di Dio per il paralitico, gli ha perdonato i peccati. Se Gesù avesse avuto un amore normale per il paralitico, prima di tutto l'avrebbe tirato fuori dal letto: invece aveva la “carità”, aveva l'amore di Dio per quell'uomo, e quindi voleva che prima di tutto fosse perdonato, perché il paralitico poteva anche morire il giorno dopo (a quest'ora è morto anche lui)! La salute è una cosa relativa, ma l'amore di Dio è molto più profondo! Ecco che anche noi siamo chiamati ad avere questo amore: tutti gli altri doni sono secondari e diventano eventualmente un’espressione di questo amore, dell'amore che Dio ha per noi. Ecco un altro esempio: il giorno dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani tutta la gente è venuta da Gesù nuovamente affamata, ma Gesù non ha esaudito la loro richiesta, perché il miracolo del giorno precedente non era per la loro fame. Gesù aveva sì avuto compassione di loro, ma aveva fatto il miracolo per un altro scopo: perché potessero credere in Lui! La compassione che aveva avuto non era anzitutto per la loro fame, ma perché essi erano come pecore senza pastore e avevano bisogno di capire che Egli era il pastore, colui che dava loro da mangiare.

Chi sperimenta i miracoli nella propria vita è colui che deve essere rafforzato nella fede, ma, quando crede, non ha più bisogno di segni speciali. (Non ne ha più bisogno, ma riesce a scorgerli ovunque, anche nelle cose più semplici, perché Dio non smette di amare e di amare con amore particolare ognuno di noi!).

Quali e quanti altri doni sa creare lo Spirito per edificare il Corpo di Cristo e per glorificare il Padre, lo sapremo in Paradiso! Allora ci accorgeremo che per anni abbiamo usato doni dello Spirito senza averlo neppure saputo! E vedremo quanti doni hanno usato i nostri fratelli in nostro favore, per la nostra salvezza! Renderemo grazie allo Spirito con canti di lode, meglio di come già ora cominciamo a fare!

Ci sono ancora altri doni speciali dello Spirito: sono i vari ministeri che vengono esercitati nella Chiesa, come suo normale nutrimento e sostegno. Sono “doni” che nel momento stesso in cui vengono dati diventano compiti di chi li riceve e lo obbligano ad esercitarli. In essi è Cristo Gesù stesso che agisce, in qualità di Apostolo, Pastore, Profeta, Evangelista e Maestro!

Conclusione

Qualcuno arriverà a pensare: “Ora conosco un po' meglio lo Spirito Santo e riconosco che la mia vita è già guidata da Lui”, oppure: “Devo ammettere che nella mia vita non è ancora entrato”, o ancora: “Gli ho lasciato fare solo qualche rara... apparizione”! Vuoi lasciarti riempire da Lui?

Come riceverlo?

  1. Maria SS.ma lo ha ricevuto senza aver fatto nulla di speciale per averlo: si è offerta con generosità all'opera di Dio, alla sua Parola.

  1. Gli Apostoli lo ricevettero dopo essersi riuniti costantemente a pregare per nove giorni consecutivi, amando quel Gesù che non vedevano!

  1. I Cristiani di Samaria (Atti 8,14-17) lo ricevettero per la preghiera e l'imposizione delle mani da parte degli Apostoli, così pure i fedeli di Efeso (Atti 19,1-7).

E noi?

  1. Il Padre lo dà a coloro che gli ubbidiscono: «Dio lo ha dato a coloro che si sottomettono a Lui» (Atti 5,32).

  1. Lo dà a chi glielo chiede con l'insistenza dell'amico importuno (Lc 11,13): “Quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!”.

  1. Lo dà a chi si umilia a chiederlo ai fratelli che in esso vivono immersi e si lascia porre da loro le mani sul proprio capo! Ciò avviene nella Cresima, per l'imposizione delle mani del Vescovo e l'Unzione, ma anche in altre occasioni. È un gesto, questo, che indica in modo sensibile e comunitario la propria sottomissione a Dio e ai fratelli, con l'insistenza della richiesta, tanto decisa da esser disposta a rinunciare a tutto pur di ottenere il Dono, perché questo viene riconosciuto come la perla preziosa e il tesoro nascosto!

Termino queste pagine esortandoti... non a cercare i doni dello Spirito, ma lo Spirito stesso. Supplicalo che ti investa, che ti ricopra, che ti riempia, ti plasmi fino a conformarti a Cristo Gesù. Offri tutto ciò che hai e ciò che sei alla sua fiamma, perché lo bruci: lo farà diventare luce per gli altri. Disponiti con umiltà e verità a seguirlo, quando sarà nube luminosa davanti ai tuoi occhi, senza pretendere di penetrarlo con lo sguardo o di vedere in anticipo la meta: come la nube indicava a Israele il cammino verso la salvezza, così lo Spirito ti indica il cammino nascondendotelo, perché tu possa vivere di fede, sempre. Se smettessi di fidarti e di affidarti, infatti, e cominciassi a esser sicuro di te o dei tuoi doni e disegni, allora saresti già fuori dello Spirito: Egli rimane sempre Spirito di figlio!

Se ti affidi a Lui, Egli ti farà volare, come colomba, distaccato da tutto e da tutti, anche da te stesso e dai tuoi sentimenti di gioia e di dolore (1Cor 7,30), ma pienamente sicuro nelle mani del Padre. Sgorgherà pure da te una sorgente d'acqua viva, cosicché chi ti accosterà si sentirà dissetato e consolato, protetto e difeso, e non si stancherà di godere la tua compagnia, come non ci si stanca del mormorio di una sorgente! Avrai lingua per comunicare le grandi opere di Dio ed essere così fonte di luce e di calore per molti!

Vieni, Spirito Santo!

Vieni, vento impetuoso, vieni, ubriacami di Te!

Se qualcuno vuole approfondire, può leggere i seguenti volumi, e altri ancora!

Wilhelm Schamoni, I doni dello Spirito Santo, Morcelliana, 1957

Paul Evdokimov, Lo Spirito Santo nella tradizione ortodossa, Paoline, 1971»

Sergej Bulgakov, Il Paraclito, Dehoniane, 1971'

  1. Joseph Suenens, Lo Spirito Santo nostra speranza, Paoline, 1975

John V. Taylor, Lo Spirito Mediatore, Queriniana, 1975

Renè Laurentin, Il Movimento carismatico nella Chiesa cattolica, Queriniana, 1976 22

Heribert Muehlen, Einuebung in die christliche Grunderfahrung, M.- Gruenewald V. Mainz, 1976

Jakob Kremer, Pentecoste, esperienza dello Spirito, Queriniana, 1977

Luigi Sartori (a cura di), Spirito Santo e storia, AVE, 1977

Altri opuscoli sullo Spirito Santo nella serie «Cinque Pani d’orzo»:

Lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque

Avete ricevuto lo Spirito Santo?

Restate in città

Nihil obstat, mons. Igino Rogger, Trento, 6 marzo 1979.

INDICE

  1. Lo Spirito Santo: dono del Padre
  2. Lo Spirito Santo: Spirito di Figlio
  3. Spirito «santo»
  4. Lo Spirito di verità
  5. Il Paraclito
  6. Lo Spirito e il corpo
  7. Il frutto dello Spirito Santo: Maria
  8. Lo Spirito e la Chiesa:, l'unità
  9. I doni dello Spirito

Conclusione