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NU

Ecco il vostro re

ECCO IL VOSTRO RE!

 

 

“Gesù Cristo ha dato se stesso

per i nostri peccati,

per strapparci da questo mondo perverso

secondo la Volontà di Dio e Padre nostro” 

(Gal 1,4)

 

 

QUARANTA BREVI MEDITAZIONI SULLA PASSIONE DI GESÙ SECONDO GIOVANNI

(Gv 18-19)

 

Le parole di san Paolo ai Galati: “Gesù Cristo ha dato se stesso per i nostri peccati, per strapparci da questo mondo perverso, secondo la volontà di Dio e Padre nostro” ci fanno attenti a Gesù, al momento culminante della sua presenza nel mondo, la sua morte. Quel momento ha, secondo la volontà di Dio e Padre nostro, un influsso decisivo sul nostro vivere: ci strappa “da questo mondo perverso”, ci toglie dagli influssi dell'egoismo e conseguente violenza che regna attorno a noi e in noi, per renderci strumenti del suo modo di vivere. nuovo per gli uomini: l'offerta di se stessi. 

Le seguenti pagine vorrebbero essere un piccolo contributo a guardare a Gesù mentre s'avvicina all'“ Ora” per cui è venuto. 

don Vigilio Covi 

 

1.

Detto questo, Gesù uscì con i suoi discepoli e andò di là dal torrente Cedron, dove c'era un giardino nel quale entrò con i suoi discepoli. (Gv 18,1)

 

Gesù, nella sua umiltà e mitezza, è grande! Egli compie con naturalezza gesti semplici che ci aiutano però ad intravedere l'importanza della sua presenza e della sua missione.

Egli esce dalla città dove ha consumato il pasto solenne della Pasqua con i suoi discepoli. Con loro attraversa il Cedron ed entra nel giardino, dove deciderà di offrire la vita per compiere l'amore del Padre. Gesù che esce, oltrepassa l'acqua ed entra nel giardino ci appare così come il nuovo Mosè. Mosè era uscito dall'Egitto, era passato al di là del Mar Rosso, ed era entrato nel deserto con tutto il popolo che doveva esser portato alla libertà dagli Egiziani e all'incontro con il proprio Dio.

Gesù con i discepoli esce dalla città: vuole che essi siano liberi dai condizionamenti degli uomini e trovino un luogo solitario e silenzioso per crescere nell'intimità con il Padre, aver luce dall'alto, ascoltare una sola Voce, quella che Egli stesso, il Figlio di Dio, può donare loro.

Quel luogo è il giardino, luogo di pace e gioia, luogo dove si può riposare e stare a tu per tu con Gesù stesso ricevendo da lui Spirito d'amore.

Per questo Gesù si ritirava spesso in quel luogo: spesso!

 

Signore Gesù Cristo,

tu porti spesso i tuoi nel luogo solitario, perché li vuoi abituare all'ascolto della Voce del Padre e li vuoi aiutare a crescere nella libertà dalle opinioni degli uomini e dal loro attaccamento alle cose della terra. Nella solitudine con te matura anche in me la pace e la capacità di vedere tutto a distanza, la luce per riconoscere i disegni di Dio e la forza per accettare le croci e sopportare le contrarietà. Grazie Gesù.

 

Signore Gesù Cristo,

amico degli uomini, abbi pietà di noi;

amante del silenzio, abbi pietà di noi;

deciso nell'incontrare il Padre, abbi pietà di noi.

 inizio

2.

Anche Giuda, il traditore, conosceva quel posto, perché Gesù vi si ritirava spesso con i suoi discepoli. (Gv 18, 2)

 

Contempliamo Gesù che si reca nel luogo conosciuto dal traditore. Gesù non fugge il momento della prova. Gesù non cambia le proprie sante abitudini per salvare se stesso. Egli lascia fare al Padre. E se il Padre gli chiederà di morire per portare l'amore fin dentro la morte, Egli è pronto ad amarlo in questa Volontà.

Gesù è libero, e ama nella libertà da se stesso. Egli è libero, non condizionato dal potere dell'istinto di voler salvare la propria esistenza terrena dai pericoli che la minacciano.

Giuda conosce il posto. Giuda, che non conosce profondamente Gesù, conosce però il posto dov'egli si trova. Giuda non ama Gesù, non gli ubbidisce, non cerca con desiderio la sua parola: per questo non lo conosce. Egli sa però dove Gesù è presente.

Allo stesso modo succede che io so che Gesù è presente nella celebrazione Eucaristica, è presente nel Pane del Sacrificio, so che egli parla ancora ai suoi e la sua parola viva è nel Vangelo proclamato nella Chiesa, so che Gesù agisce nei santi Sacramenti, so che là egli è presente per perdonare, guarire, unire, consacrare. lo so dov'è Gesù. Eppure, come Giuda, posso non amarlo. Posso sapere dov'è Gesù senza cercarlo con amore.

 

Signore Gesù Cristo,

so dove sei. Ti voglio incontrare, per ricevere dal tuo cuore la parola che illumina nella notte, che salva nell'incertezza, che apre gli occhi sull'invisibile amore del Padre.

Da te ricevo libertà, la preziosa libertà dall'istinto di salvare la mia vita. La voglio invece mettere nelle tue mani, consegnarla con la tua al Padre.

 

Signore Gesù Cristo,

libero nella morte, abbi pietà di noi.

sconosciuto da chi non ti ama, abbi pietà di noi.

che tifai trovare da chi ti cerca, abbi pietà di noi.

  inizio

3.

Giuda dunque, preso un distaccamento di soldati e delle guardie fornite dai sommi sacerdoti e dai farisei, si recò là con lanterne, torce e armi. (Gv 18, 3)

 

Rimaniamo stupiti e muti vedendo Giuda, che per realizzare i suoi scopi intraprende una strada di violenza. Egli prende soldati e guardie, pagani i primi ed ebrei i secondi. Essi sono persone ignare di quanto sta per succedere. La violenza è fatta così: strumentalizza persone libere per scopi malvagi.

Il discepolo senza amore s'avvicina al luogo dove si trova Gesù: lanterne, torce e armi sono nelle mani del drappello di uomini. Lanterne e torce per illuminare i propri passi e i volti altrui. Nella notte risplendono queste luci che servono a usare le armi per spaventare, costringere, catturare.

Verso Gesù, luce del mondo, s'avanza il maligno con la sua sembianza di luce. Una luce che rende ancor più pauroso il buio della notte. I figli delle tenebre si fanno astuti per riuscire nei loro intenti, per sostituire la violenza all'amore. Ed essi trasformano la luce, dono dato da Dio per illuminare le tenebre, in strumento di terrore e di morte.

Gesù non si lascerà spaventare: anzi, si offrirà con decisione per essere testimone dell'amore del Padre.

 

Signore Gesù,

tu attendi con cuore trepidante l'incontro con colui che vuol toglierti la vita. Ma tu rimani sovrano, nessuno ti potrà costringere, perché tu offri te stesso, e ti offri liberamente. La luce delle torce e le armi divengono per te occasione per mostrare il tuo volto luminoso d'amore e di pace.

 

Signore Gesù Cristo,

luce che splende nelle tenebre abbi pietà di noi;

mite e umile di cuore abbi pietà di noi;

che continui ad amare abbi pietà di noi.

  inizio

4.

Gesù allora, conoscendo tutto quello che gli doveva accadere, si fece innanzi e disse loro: “Chi cercate?” (Gv 18,4)

 

Gesù conosce la volontà del Padre. La conosce nel modo più pieno, perché la ama. Egli ama il padre e perciò ama tutto ciò che il Padre vuole per il Figlio, suo prediletto, suo incaricato a realizzare il suo amore per gli uomini.

Gesù ama, e vuole quanto è previsto per il “servo di Jahvé”: i profeti ne hanno annunciato le sofferenze e Gesù ora le vuole per sé. Egli esce dal giardino per andare incontro agli uomini guidati da Giuda. Egli si offre spontaneamente, offre la propria vita liberamente. Gesù non subisce gli eventi, ma li vive da protagonista. Egli è il pastore che esce dal recinto delle pecore per impedire che il lupo entri. Di fronte a chi lo cerca egli non si nasconde: non ha nulla da nascondere. Non agisce come Adamo, che si nasconde per non farsi trovare da Dio che lo voleva salvare.

Gesù invece esce incontro e fa udire per primo la voce, muove il primo passo per stabilire comunione con chi lo cerca, per togliere d’imbarazzo quegli uomini che operano nella notte.

Egli li interroga: chi cercate? É la domanda con la quale Gesù ha iniziato il dialogo con i suoi primissimi discepoli. Ma le persone che si sentono ora rivolgere questa domanda sono armate. La loro ricerca è diversa.

Gesù però lo stesso, salvatore per gli uni e per gli altri, salvatore degli amici e dei nemici: per questo cerca l’incontro con tutti.

 

Signore Gesù Cristo, ti ringrazio e ti adoro.

Tu offri te stesso per la salvezza, perché l’uomo conosca l’amore del Padre, sappia d’essere amato e cercato da Dio, amico dell’uomo.

Ti ringrazio perché non vuoi salvare te stesso, ma ti doni con amore a realizzare la parola del Padre annunciata dai profeti.

Tu sei il mio salvatore, Tu sei la luce che splende nelle tenebre.

 

Signore Gesù Cristo.

Agnello che ti offri senza lamento abbi pietà di noi;

che ami il Padre e la sua volontà, abbi pietà di noi;

pastore che offri la vita da te stesso abbi pietà di noi;

  inizio

5.

Gli risposero: “Gesù, il Nazareno”. Disse loro Gesù: “Sono io”. Vi era là con loro anche Giuda, il traditore. Appena disse: “Sono io”, indietreggiarono e caddero a terra. (Gv 18, 5-6)

 

Contempliamo Gesù che ascolta il proprio Nome pronunciato dai suoi nemici. Essi lo pronunciano come un nome d'uomo, anzi, di malfattore. Ed è il Nome che porta l'amore del Padre dentro la vita degli uomini. Lo chiamano Nazareno, termine che suona disprezzo sulle loro labbra, e invece è la parola che significa Germoglio: è voce profetica che annuncia la novità portata da Dio nell'umanità!

Essi non lo conoscono.

Essi non conoscono il suo volto, ma soprattutto non sanno che Egli porta nella sua carne l'amore perfetto ed eterno del Padre.

Perciò, ecco, Gesù si rivela dicendo: “Io sono”. Con questa risposta Gesù non dice solo “eccomi qua”, ma rivela la propria identità. “Io sono” è il Nome di Dio, il Nome del Dio di Mosè, amico del suo popolo, amico dei sofferenti, il Dio presente a tutti, Colui che dà vita a ogni essere e lo salva dal vuoto. La parola di Gesù è rivelazione del Mistero, è uno svelare il Volto di Dio.

Chi non è pronto ad amare non riesce a stare in piedi davanti a Dio, non riesce a fissare lo sguardo su colui che è l'Amore. Essi indietreggiarono e caddero. Sono abbagliati, hanno visto Dio: il vero Dio che è solo Amore! Hanno visto colui che offre se stesso: l'unico degno d'esser chiamato “Dio”, d'essere obbedito con amore. Essi cadono: non c'è amore in loro.

Chi ama porta in sé la tua vita e perciò può stare in piedi e camminare con te!

 

Signore Gesù, ti adoro. Tu sei il Dio con noi.

Tu sei l'amore del Padre che ci cerca per salvarci. Tu vedi gli uomini cadere, come già i tuoi discepoli sul monte, dove ti videro splendente di luce. Tu sei presenza di Dio in mezzo a noi, voglio rispondere con amore al tuo amore.

Tu ti riveli a me: ti voglio accogliere come mio Dio e imparare da te ad amare. Così potrò stare in piedi e camminare dietro a te!

 

Signore Gesù Cristo,

vero Dio, abbi pietà di noi;

che porti il nome dell'amore, abbi pietà di noi;

luce che l'uomo non può sopportare, abbi pietà di noi;

  inizio

 

6.

Domandò loro di nuovo: “Chi cercate?”. Risposero: “Gesù il Nazareno”. Gesù replicò: “Vi ho detto che sono io”. (Gv 18,7-8)

 

Gesù ripete la domanda ai soldati e alle guardie; chi cercate? Ora essi sanno chi egli è; sono caduti al suo manifestarsi come Dio e perciò hanno fatto esperienza personale della sua vera identità. Essi non sono più soldati ignari; ora essi sono uomini che hanno udito e visto, ora sanno chi è colui che sta davanti a loro. Gesù li ha trattati da uomini, non da soldati. Egli dà ora a questi uomini una nuova possibilità. Egli ripete la stessa domanda: chi cercate?

Essi ora non sono più soltanto dei soldati che eseguono ordini, ma sono persone che hanno “conosciuto” colui che sta loro dinanzi.

Gesù ha di fronte dei volti d’uomo, uomini che possono decidere le proprie azioni, che devono usare la propria libertà e la propria coscienza perché ora conoscono e sanno ciò che stanno facendo.

Essi però non hanno l’umiltà di ripensare il proprio operato, non hanno il coraggio di prendere iniziativa diversa da quella per cui sono stati ingaggiati: preme loro o lo stipendio o la considerazione degli uomini. Non hanno umiltà e coraggio di esser liberi: preferiscono continuare a essere schiavi dei loro padroni, di coloro che li pagavano col denaro della terra.

 

Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me!

Spesso ti sei fatto conoscere da me come colui che ama, che perdona, che riempie il cuore di gioia. Ti sei fatto conoscere come mio amico e confidente. Abbi pietà di me, che ignoro e dimentico la tua rivelazione.

Ora ti voglio adorare e benedire. E ti voglio ringraziare perché sempre mi tratti da uomo, rispetti la mia libertà e la difendi. Ti chiedo di darmi grazia, di usarla per amarti, per decidere l’amore per te senza vergognarmi di te.

 

Signore Gesù Cristo,

che tratti l’uomo da uomo, abbi pietà di noi;

che concedi sempre un’altra possibilità, abbi pietà di noi;

che non ti vergogni di chiamarci fratelli abbi pietà di noi;

  inizio

 

7.

“Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano”. Perché s'adempisse la parola che egli aveva detto: “Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato”. (Gv 18, 8-9)

 

Gesù, mentre ascolta quelli che lo cercano, pensa a mettere in salvo i suoi discepoli. Egli stesso dà l'ordine ai soldati di non toccarli. Così rimane da solo nelle mani degli uomini.

Egli è l'unico che ama e compie la Volontà del Padre. Egli la compie con libertà e amore. I discepoli non sono ancora associati all'offerta di Gesù. Lo saranno quando si offriranno volontariamente, come lui. Gesù non vuole con sé nessuno costretto con la forza.

Ora rimane solo.

Egli è l'unico Figlio di Dio, l'unico Salvatore, l'unico che offre se stesso. Solo dopo che Gesù avrà consumato il suo unico sacrificio per tutti, potranno unirsi a lui i discepoli.

Così si realizza una parola da lui detta, parola che vale come parola di Dio. Gesù “non ha perduto nessuno” dei discepoli consegnatigli dal Padre.

Giuda sta là e ode la voce di Gesù, piena d’amore. Egli non era obbediente. Non lo ha perduto Gesù. Giuda ha voluto perdersi da sé cercando di salvare la propria vita col denaro. “Chi vuol salvare la propria vita la perde”. Coloro che hanno affidato a Gesù la propria vita sono salvi.

 

 

Signore Gesù Cristo,

tu vuoi risplendere come salvatore dei tuoi amici. Li lasci andare; anzi, li spingi ad andarsene. Verrà il momento in cui, ricevuto il tuo Spirito, si offriranno liberamente alla persecuzione per amor tuo. Grazie per la tua attenzione, per il rispetto che hai della nostra crescita, per la pazienza nell'attendere la maturazione del mio amore. Non mi chiedi nulla che io non voglia compiere con amore.

 

Signore Gesù Cristo,

attento ai tuoi discepoli, abbi pietà di noi

pronto a rimanere solo nella morte, abbi pietà di noi

deciso ad essere l'unico Salvatore degli uomini, abbi pietà di noi

  inizio

8.

Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori e colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l'orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. (Gv 18, 10)

 

Contempliamo Gesù mentre assiste a un gesto espressivo e profetico. Il suo discepolo, eletto ad essere il primo, comincia a rinnegarlo. Lo rinnega usando modi di agire che Gesù non vuole: usa violenza. Il gesto violento e disobbediente di Pietro è però gesto di un discepolo: diventa perciò evento profetico che svela il mistero di questo momento.

La spada di Pietro taglia il lobo dell'orecchio destro a Malco, il servo del sommo sacerdote. E il suo nome significa “re”. Il lobo dell'orecchio destro è la parte del corpo che nel rito di consacrazione del sommo sacerdote e del re viene bagnata col sangue del sacrificio.

In questa notte l'orecchio destro viene simbolicamente staccato al sommo sacerdote e al re! Non c'è più né sommo sacerdote né re!

Ora Gesù è diventato sommo sacerdote, poiché ha presentato se stesso per essere immolato. Ora Gesù è diventato re, il vero re, che rappresenta il Dio dell'Amore agli occhi del popolo.

Gesù rimane l'unica autorità donata da Dio al mondo, l'unico suo rappresentante, l'unico Mediatore.

Guardiamo solo a lui per conoscere la Volontà del Padre e per ricevere la sua consolazione. Guardiamo a lui e vediamo l'amore che dona se stesso!

 

Signore Gesù Cristo, ti adoro e ti glorifico.

Tu parli attraverso i tuoi discepoli, anche quando essi non dipendono da te. I loro gesti non sono vuoti, tu non li lasci privi di messaggio.

Grazie, Gesù, per la tua offerta che ti manifesta come unico sacerdote per tutta l'umanità, anche per me; grazie perché vivi la tua regalità nell'umiltà, perché il Dio, unico Re, che tu rappresenti è umile!

Gloria a Te, Signore Gesù.

 

Signore Gesù Cristo,

nostro unico e vero sommo sacerdote, abbi pietà di noi;

nostro unico e vero re, abbi pietà di noi;

consacrato dal dono di te stesso, abbi pietà di noi.

  inizio

9.

Gesù allora disse a Pietro: “Rimetti la tua spada nel fodero; non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?”. Gv 18, 11)

 

Gesù si rivolge a Pietro, mentre questi tiene in mano la spada insanguinata. Gesù non si sente difeso dal discepolo. Non sono le armi che possono difenderlo. Le armi possono difendere il corpo, ma non difendono il cuore dal Maligno.

Gesù si difende obbedendo al Padre.

Questa è l'arma che Gesù usa: Egli obbedisce al Padre, e così il Maligno non ha alcun potere su di lui. le armi invece colpiscono un altro uomo, amato da Dio: mi rendono perciò complice del Nemico di Dio.

Gesù vuole che l'arma di Pietro diventi innocua, incapace di offendere. Egli non lo rimprovera, ma gli fa vedere che la difesa è l'unità con il Padre, l'accettare i suoi disegni, che possono venir manifestati e realizzati anche attraverso l'opera del Maligno.

Gesù non rifiuta la croce, anzi, la vuole: gli è presentata dagli uomini, e con quella croce li vuole salvare.

Anche il discepolo, anche Pietro, deve accettare che Gesù beva il calice del Padre.

Anch'io voglio accettare che Gesù muoia per me. Riuscirò poi ad unirmi a lui?

 

Signore Gesù Cristo, tu mi mostri che non devo difendermi dagli uomini, ma dal Maligno.

Grazie per la tua obbedienza al Padre; ti adoro mentre bevi il suo calice! I tuoi occhi sono così pieni della luce del Padre, e il tuo cuore così colmo del suo amore che tu vedi solo Lui, vedi solo i suoi progetti, senti solo il suo amore anche quando t'incontra la persecuzione.

Grazie, Signore Gesù!

 

Signore Gesù Cristo,

obbediente al Padre, abbi pietà di noi;

che rifiuti i metodi dell'uomo, abbi pietà di noi;

che non fuggi la croce, abbi pietà di noi.

  inizio

10.

Allora il distaccamento con il comandante e le guardie dei Giudei afferrarono Gesù, lo legarono e lo condussero prima da Anna: egli era, infatti, suocero di Caifa, che era sommo sacerdote in quell'anno. Caifa poi era quello che aveva consigliato ai Giudei: “É meglio che un uomo solo muoia per il popolo”. (Gv 18,12-14)

 

Gesù viene catturato, legato, condotto davanti ad autorità malvagie, che per invidia avevano già decretato la sua morte.

Uno di essi, Caifa, aveva detto solennemente: “É meglio che un uomo solo muoia per il popolo!”. Egli parlava come uno che sa tutto, come uno che sa leggere gli avvenimenti e che vuol salvare il popolo. E difatti la morte di Gesù salva il popolo, tutto il popolo degli uomini di tutte le lingue.

Non solo “è meglio” che un uomo solo muoia, ma “deve” essere così. Quella morte sarà la salvezza. Ma Caifa non ha parlato senza colpa. Egli voleva eliminare Gesù. Il suo discernimento era egoistico, volendo egli salvare la propria posizione sociale. Questo gli era possibile solo uccidendo.

Caifa non cerca i pensieri di Dio: il suo discernimento su ciò che è meglio non è dettato dall'amore al Padre, ma da un programma economico e di potere.

Egli cade sempre più nell'influsso del Maligno, mentre Gesù cerca la Volontà del Padre.

Gesù non cerca ciò che è meglio, ma ciò che è la Volontà divina: così egli continua ad essere amore affrontando la morte.

 

Signore Gesù Cristo, sei eletto ad essere glorificato, a far risplendere l'amore di Dio nel luogo oscuro della morte, dell'odio, dell'invidia, del terrore degli uomini.

Tu sei solo di fronte alla morte.

E vinci, perché continui ad amare. Tu muori, ma morendo tu ami: offri la tua vita. Perciò la tua morte non è morte, non è fine, è amore, è inizio, fecondità, salvezza per noi!

Grazie, Signore Gesù!

 

Signore Gesù Cristo,

tu muori per il popolo abbi pietà di noi;

tu offri la vita per noi, abbi pietà di noi;

tu uccidi la morte con l'amore, abbi pietà di noi.

  inizio

11.

Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme con un altro discepolo. (Gv 18,15)

 

Gesù cammina in mezzo agli uomini che lo tengono prigioniero. Dietro lui cammina pure Pietro con un altro discepolo, non nominato.

Com'è il cammino di Pietro?

Egli aveva promesso: morirò anch'io con te!

Pietro cammina sostenuto da questa promessa, dalla propria parola data. Una parola d'uomo potrà mai diventare forza di martirio per un discepolo di Gesù?

Sarà capace Pietro di essere fedele a Gesù quando lo vedrà deriso dagli uomini? Sarà capace di essere fedele quando vedrà rivolti a se stesso gli sguardi sprezzanti della gente?

No, l'uomo non ha queste capacità. Nemmeno Pietro le avrà. Egli segue Gesù con le proprie forze, e queste forze d'orgoglio o d'ambizione lo porteranno a rinnegare il Maestro.

Se l'uomo non riceve con umiltà la chiamata di Gesù, e con umiltà non ne chiede la grazia, non può seguirlo sulla via della croce.

 

Signore Gesù, abbi pietà di me

Tu sai quanto sono debole. Tu sai che non ho forza di fedeltà, né amore capace di perseveranza. Tu conosci la mia povertà interiore.

Vengo a te, continuo a seguirti perché ho speranza di ricevere dalla tua vicinanza quanto mi occorre per esserti fedele, per non rinnegarti. Cerco di tenere lo sguardo fisso su di te, perché le altre cose e gli altri volti non mi disorientino e mi facciano ripiegare su me stesso nella voglia di piacere agli uomini.

Signore Gesù, abbi pietà di me.

 

Signore Gesù Cristo,

seguito dagli uomini infedeli abbi pietà di noi;

abbandonato alla solitudine dall'orgoglio dei discepoli, abbi pietà di noi;

silenzioso nel tumulto degli uomini, abbi pietà di noi.

  inizio

12.

Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote e perciò entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote; Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell'altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare anche Pietro. (Gv 18,15-16)

 

Contempliamo Gesù seguito dall'altro discepolo, quello senza nome, che potrebbe e dovrebbe portare il mio nome. Egli è il vero discepolo, colui che sta imparando da Gesù a offrire se stesso.

Egli è conosciuto dal sommo sacerdote. Tutti sanno perciò che egli ama Gesù, che impara da lui, che è pronto a morire con lui. Egli non nasconde di appartenere a Gesù Egli non vuole far apparire il proprio nome per farsi applaudire; è pronto invece a dar gloria a Gesù con i propri passi, con la propria vita.

Questo discepolo, già morto a se stesso, segue Gesù con la forza del suo amore. Con la forza dell'amore di Gesù che lo attrae, ha coraggio, anzi amore, per entrare nel cortile di chi lo conosce. Questo discepolo è pronto. Non si vergogna d'essere conosciuto come appartenente a Gesù.

L'esser conosciuto come discepolo lo rende deciso. Egli pensa che anche Pietro sia così. Si muove per farlo entrare là dove potrebbe essere testimone. E Pietro entra, ma ancora con le proprie forze, che lo inganneranno.

 

Signore Gesù Cristo, tu vedi i tuoi discepoli entrare là dove tu sei.

Godi che qualcuno sia pronto a darti testimonianza. Non sono essi che ti sostengono e ti aiutano: tu devi pensare anche a loro, devi dar loro amore, altrimenti periranno.

E tu sai e vedi, Gesù, che colui che si lascia amare resisterà, non sarà preso dal panico, dal timore della morte; mentre colui che ti segue con orgoglio non accoglie il tuo spirito d’offerta, e cadrà.

Signore Gesù, abbi pietà di me. Grazie del tuo amore!

 

Signore Gesù Cristo,

che insegni a offrire la vita, abbi pietà di noi;

che doni coraggio con l'amore, abbi pietà di noi;

che rendi perseverante chi si compromette per te, abbi pietà di noi.

  inizio

13.

E la giovane portinaia disse a Pietro: “Forse tu sei dei discepoli di quest'uomo?”. Egli rispose: “Non lo sono”. Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava. (Gv 18,17-18)

 

I discepoli di Gesù non passano inosservati. Qualcuno li vede, li nota e li aiuta a manifestarsi. Così Pietro riceve l'aiuto della portinaia, ma egli rifiuta; rifiuta di farsi conoscere come discepolo. Da quel momento cessa davvero di esserlo.

Quando Pietro dice “non lo sono”, dice il vero. Gesù, infatti, non gli ha mai insegnato a vergognarsi di lui. Egli non sta più imparando da Gesù, non è più discepolo.

Gesù però gli conserva il proprio amore e gli conserva il ruolo annunciatogli nella comunione dei discepoli. Gesù è fedele verso colui che gli è infedele. Gesù è maestro di fedeltà.

Una volta rinnegato il Maestro, Pietro si trova in mezzo ai nemici di Gesù, come uno di loro. Non gli resta che godere di ciò di cui essi godono: si scalda con loro, si nasconde tra loro; per lui ora diventa importante e necessario ciò che è importante e necessario per i nemici di Gesù. Opera le stesse scelte, è condizionato da loro. Si muove secondo i loro desideri.

Nulla più lo distingue da loro, se non il suo passato.

Gesù però lo ama ancora.

 

Signore Gesù Cristo, tu non ti vergogni di chiamarmi fratello. Tu hai visto quante volte ti ho rinnegato, e ne hai sofferto. Tu hai visto come mi sono mescolato a quelli che non ti vogliono conoscere o riconoscere, ho accettato di scaldarmi al loro fuoco, di divertirmi con i loro divertimenti, di lasciarmi distogliere lo sguardo dal tuo volto per osservare il loro muoversi attorno ai loro fuochi. A loro la mia vita non ha detto nulla di te: sono stato sale senza sapore. Signore Gesù, abbi pietà di me.

 

Signore Gesù Cristo,

rinnegato dal discepolo, abbi pietà di noi;

fedele oltre il nostro peccato, abbi pietà di noi;

disprezzato a causa dei tuoi amici infedeli, abbi pietà di noi.

  inizio

14.

Allora il sommo sacerdote interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e alla sua dottrina. Gesù gli rispose: “Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; essi sanno che cosa ho detto”. (Gv 18,19-21)

 

Gesù, interrogato a riguardo dei discepoli e della dottrina, risponde donando piena fiducia a coloro che sono stati con lui. Egli non può rispondere al suocero del sommo sacerdote perché questi non è in ascolto di Dio. Quest'uomo non prende le parole di Gesù come parola divina. Anna ha solo curiosità. Gesù non può dare le perle delle sue parole ai porci che le calpestano. Queste perle egli le ha deposte con cura e amore nel cuore dei poveri, dei piccoli, dei miseri, degli abbandonati. Non c'è luogo in cui non sia risuonata la sua voce. Ma ora le persone che gli stanno dinanzi sono chiuse, non sono disposte a cambiare le loro decisioni malvagie.

Gesù non può dare le ricchezze del Padre a coloro che lo giudicano. Nemmeno dei discepoli egli vuole parlare. Sono essi semmai che si presenteranno liberamente e diranno quanto hanno recepito dal Maestro. E poi, sono essi discepoli? fino a qual misura? Ognuno di loro è discepolo in maniera diversa, ognuno secondo la sua maturità nell'amore.

Gesù si rimette a loro: “Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito”. Essi sono nascosti, sono lontani, oppure lo stanno rinnegando. Ma egli continua a fidarsi dello Spirito che le sue parole hanno suscitato nei loro cuori.

 

Signore Gesù Cristo, grazie che hai rivelato i misteri del Padre ai piccoli e ai poveri. Grazie che sei stato in mezzo a loro e hai dato loro fiducia. Grazie che ti rimetti ancora alla testimonianza di coloro che ti hanno udito.

Tra essi sono anch'io: uno di coloro cui tu affidi il compito di parlare di te e di ripetere le tue parole. Così grande è la tua fiducia: non la merito, non la merita nessuno, eppure tu sai amare fino a questo punto!

 

Signore Gesù Cristo,

maestro della verità di Dio, abbi pietà di noi;

che non dai perle ai porci che le calpestano, abbi pietà di noi;

che ti fidi dei tuoi discepoli, abbi pietà di noi.

  inizio

15.

Aveva appena detto questo che una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: “Così rispondi al sommo sacerdote?”. Gli rispose Gesù: “Se ho parlato male, dimostrami dov'è il male; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti? Allora Anna lo mandò legato a Caifa, sommo sacerdote. (Gv 18,22-24)

 

Un uomo che vuole apparire difensore dell'autorità dà uno schiaffo a Gesù. É un atto di adulazione di un suddito verso il suo superiore, sommo sacerdote. Un atto di schiavitù di un uomo libero che vuol piacere a un altro uomo. La guardia, persona libera, è invidiosa della libertà interiore di Gesù prigioniero.

Il mondo non sopporta che qualcuno sia libero, sia capace di amare, superando le regole della convenienza e delle convenzioni.

La guardia vuol difendere le regole del galateo verso il sommo sacerdote, ma non difende e non custodisce l'amore.

Gesù s'accorge che il suo persecutore non si comporta da uomo. Egli non difende se stesso, né si lamenta, ma aiuta quell'uomo ad essere persona, a riflettere, a decidere le proprie azioni con coscienza e libertà. Gesù vuol aiutare l'uomo che lo ha colpito a non vendersi ad alcuno, ma invece a usare la propria dignità e libertà con sapienza.

Se c'è del male si può parlare, si può aiutare a correggersi prima di punire. Se male non c'è, un’eventuale punizione diventa condanna di se stessi.

 

Signore Gesù, sei colpito senza motivo. E tu reagisci amando e aiutando l'uomo a essere uomo.

Grazie, Gesù, per il tuo intervento libero, sereno e serio.

Ti adoro, tu che tieni il cuore aperto a tutti. Le tue parole donano alla vita un significato importante: non possediamo noi il bene e il male; ne siamo solo strumenti.

 

Signore Gesù Cristo,

che aiuti l'uomo a essere uomo, abbi pietà di noi;

che non ti lasci togliere la libertà interiore, abbi pietà di noi;

che conosci il bene e il male, abbi pietà di noi.

  inizio

16.

Intanto Simon Pietro stava là a scaldarsi. Gli dissero: “Non sei anche tu dei suoi discepoli?”. Egli lo negò e disse: “Non lo sono”. Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l'orecchio, disse: “Non ti ho forse visto con lui nel giardino?". Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò. (Gv 8,25-27)

 

Gesù rimane sempre più solo; egli vede il proprio discepolo, quello incaricato di esser sostegno degli altri, ribadire il suo rinnegamento. Pietro, che si sta scaldando, rifiuta per la terza volta di ammettere d'esser stato insieme a Gesù. Se ne vergogna. Oppure teme di non potersi più scaldare al fuoco con le persone che lo stanno interrogando.

Come un colpo di fulmine risuona il canto di un gallo. E quel canto è memoria di una parola di Gesù. Quel canto fa eco al colloquio avuto durante la Cena.

Gesù sapeva che il suo discepolo, sicuro di se stesso, era debole e fragile; ora il canto del gallo risveglia in Pietro questa coscienza: proprio lui ha rinnegato l'amico, il Maestro.

Il gallo, cantando nella notte, evidenzia ora la vittoria delle tenebre. Il cuore di Pietro è rimasto avvolto e schiacciato dalla paura che lo ha portato alla menzogna, a nascondere la luce e la vita.

Ora il canto inaspettato lo risveglia. Egli è stato chiamato. Ora Pietro si umilia, rientra nella solitudine, dove può riconoscere la propria fragilità e il proprio peccato.

 

Signore Gesù, la tua Parola si realizza sempre. Essa è un dono per noi, così tentati dalla superbia e dalla smania di grandezza.

La tua parola, che svela la verità della nostra debolezza, ci tiene umili e continuamente rivolti a te, perché da te solo possiamo avere la forza della fede e il coraggio dell'amore.

Parla ancora, Gesù, per smorzare il mio orgoglio e per rivelare la bontà del Padre.

 

Signore Gesù Cristo,

che ci parli con verità, abbi pietà di noi;

che ci fai conoscere la nostra debolezza, abbi pietà di noi;

che sopporti le nostre infedeltà abbi pietà di noi.

  inizio

17.

Allora condussero Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l'alba ed essi non vollero entrare nel pretorio per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. Uscì dunque Pilato verso di loro e domandò: “Che accusa portate contro quest'uomo?”. Gli risposero: “Se non fosse un malfattore, non te l'avremmo consegnato”. (Gv 18,28-30)

 

Gesù viene condotto da Pilato, il governatore che rappresenta l'autorità di tutti i popoli del mondo allora conosciuto. Era l'alba. Era l'alba di tutta l'umanità. Su tutto il mondo stava per sorgere la luce che illumina i volti degli uomini per poter scorgere in essi l'immagine di Dio.

I Giudei non entrano nella dimora di Pilato: egli è un pagano e perciò la sua dimora è immonda. Vogliono esser puri per celebrare la Pasqua, festa della libertà data da Dio. Essi non pensano che a Dio piace il cuore puro, libero dalla malvagità e dall'odio. Essi vogliono conservare solo una purità esteriore, mentre il loro interno è pieno di iniquità.

Celebrano la festa della libertà, e non s'accorgono di avere un cuore schiavo della violenza e dell'amor proprio.

Gesù invece entra nel pretorio. Egli non ha paura di calpestare il pavimento della dimora di un pagano. Dov'egli entra, entra la vita, la luce, la purificazione. Per Gesù non ci sono leggi che possano fermare l'amore. Egli può amare anche in casa di Pilato. Egli può essere figlio di Dio anche là dove Dio non è considerato Padre. Egli è luce che splende nelle tenebre. Gesù non fugge le tenebre: sono esse che lo respingono.

Pilato esce per ascoltare i Giudei: li accontenta. Essi non gli chiedono che Gesù venga giudicato: essi stessi lo hanno già dichiarato malfattore. Gesù sta in silenzio: come la luce, non ha bisogno di parole per illuminare.

 

Signore Gesù, tu sei consegnato a colui che ti può mettere in croce. E coloro che ti consegnano, ipocritamente convinti di essere puri, costringono Pilato ad eseguire la condanna da loro pronunciata. Vogliono apparire santi coloro che hanno il Maligno nel cuore, l'omicida. Non cercano la sapienza del Padre, non cercano la sua luce, non chiedono il suo amore.

Sei tu sapienza e luce e amore! Sei tu uomo veramente libero, che non ti fai influenzare né dall’odio altrui né da pensieri d'egoismo.

Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me.

 

Signore Gesù Cristo,

che purifichi il mondo, abbi pietà di noi;

uomo veramente libero, abbi pietà di noi;

sapienza e luce di Dio, abbi pietà di noi.

  inizio

18.

Allora Pilato disse loro: “Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge!”. Gli risposero i Giudei. “A noi non è consentito mettere a morte nessuno”. Così si adempivano le parole che Gesù aveva detto indicando di quale morte doveva morire.

Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: “Tu sei il re dei Giudei?”. Gesù rispose: “Dici questo da te oppure altri te l'hanno detto sul mio conto?”. (Gv 18,31-34)

 

La domanda che Pilato rivolge a Gesù è seria, ma è possibile fraintenderne le parole: perciò anzitutto Gesù vuole dare spiegazione dei termini che userà. Cosa significa essere re? ed essere re dei Giudei? Pilato potrebbe pensare che Egli sia un suo concorrente, uno che potrebbe tentare un colpo di stato.

Gesù invece ha presenti gli insegnamenti di Samuele e del profeta Zaccaria: re dei Giudei è un uomo che mostra agli uomini l'amore di Dio, un uomo che viene umilmente seduto su di un asino: l'animale del servizio, non del potere.

Per questo Gesù chiede: perché parli così, Pilato? se mi avessi conosciuto sapresti che la mia regalità è servizio e amore all'uomo.

Se mi conosci solo per sentito dire puoi pensare che io sia un re come te lo presentano i dominatori e i superbi, quelli che non si avvicinano a Dio. Con le stesse parole diciamo cose diverse, opposte. Con la stessa parola tu esprimi violenza, dominio e fai paura, io invece esprimo amore e infondo speranza e coraggio!

Gesù aiuta Pilato a decidere per conoscenza diretta, lo aiuta a non farsi burattino delle opinioni altrui. Gesù lo aiuta ad essere uomo!

 

Signore Gesù, tu sei il vero re, re non solo dei Giudei, ma anche il mio re! Tu sei degno di essere servito, d'essere amato, d'essere obbedito. Gesù, lo dico perché ti ho conosciuto. Ho conosciuto la tua mitezza e la tua umiltà, la tua somiglianza al Dio dell'Amore e della misericordia. Tu sei vero rappresentante del Padre, amico degli uomini. Il tuo Regno è bello e amabile, ricco di pace e di santità!

Signore Gesù, gloria a te!

 

Signore Gesù Cristo,

re dell'universo, abbi pietà di noi;

che aiuti Pilato nell'esercizio del suo compito, abbi pietà di noi;

che sei re alla maniera del Dio dell'amore, abbi pietà di noi.

  inizio

19.

Pilato rispose: “Sono io forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me; che cosa hai fatto?”. (Gv 18, 35)

 

Gesù si trova ancora davanti a Pilato. Oh se potesse rispondere alla domanda che questi gli rivolge: che cos'hai fatto?

Quante cose potrebbe dire Gesù!

Ho pregato nel deserto e ho pregato sui monti nella notte. Ho fatto conoscere agli uomini il loro Padre, gliel'ho fatto conoscere non Solo con le parole, ma con i fatti. Ho moltiplicato i pani per i cinquemila uomini, ho ridato la vista ai ciechi, ho fatto camminare gli storpi e i paralitici, ho fatto udire i sordi e parlare i muti, ho consolato folle di afflitti, ho perdonato i peccatori.

Che cos'ho fatto? Ho amato tutti gli uomini, potrebbe rispondere Gesù.

Li ho aiutati ad essere fratelli. Ho realizzato le parole dei Profeti, ho compiuto le opere del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, Dio dei vivi, Dio che risuscita i morti. Ho dato speranza e gioia a quel popolo che tu, Pilato, fai soffrire e mantieni nel terrore.

Ho amato anche i tuoi funzionari, ho vinto il Maligno, nemico degli uomini. Mi sono seduto a tavola con i ricchi, con i peccatori e con i poveri. Ho risposto alle grida del lebbrosi, ho rivolto la parola ai morti, e mi hanno risposto.

Gesù, invece, taceva.

 

Signore Gesù, tu hai fatto risplendere l'amore divino sulla terra oppressa dalle tenebre del peccato e dell'egoismo. Tu hai dato un suono comprensibile alla voce del Dio vivente, perché la sua volontà potesse essere conosciuta da noi peccatori.

Tu ti sei messo sulle nostre strade perché non fossimo più sbandati, senza direzione, senza meta. Hai segnato la terra con le tue orme, che possiamo seguire con gioia nella sicurezza d'arrivare al Padre che ci attende! Gloria a te, Signore Gesù.

 

Signore Gesù Cristo,

operatore instancabile di prodigi, abbi pietà di noi;

rivelatore dell'amore del Padre, abbi pietà di noi;

guida sicura per gli uomini erranti abbi pietà di noi.

  inizio

20.

Rispose Gesù: “Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù”. Allora Pilato gli disse: “Dunque tu sei re?". Rispose Gesù: “Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce”. (Gv 18,36-37)

 

Ascoltiamo Gesù che con amore parla del suo regno. Il suo regno non può essere confrontato con quello dei dominatori del mondo, non è sullo stesso piano. Esso non conosce violenza e imposizione, né lotta o volontà di dominio. Gesù è re del Regno di Dio: dentro questo regno Egli svolge il servizio di rappresentare il Padre, di convocare i suoi figli in unità.

Gesù serve gli uomini dando testimonianza alla verità: la luce di Dio, la sua sapienza e la sua gloria possono essere viste dagli uomini che guardano Gesù con amore e disponibilità. La verità, che è la vera realtà così come la dona il Padre, il vero significato di tutto ciò che esiste e che avviene così com'è voluto dal Padre, noi lo conosciamo guardando Gesù, il Figlio che muore amando.

Egli non fa violenza ad alcuno, non si arroga diritti. Il suo regno si estende oltre qualunque confine di nazione e di lingua e di cultura. Egli è Dio ed è riconosciuto re da tutti quelli che vivono l'amore de Padre: essi prendono vita dalla verità, dal cuore di Dio, e perciò ascoltano e ubbidiscono al re dato da Dio, a Gesù.

 

Signore Gesù, la tua regalità è un compito, una missione. Nessuno la può limitare o contrastare. Sei venuto nel mondo per essere testimone dell'amore di Dio, che è papà. Sei l'unico vero re. Tu non ti lasci dominare dal Maligno che promette beni terreni e obbliga ad usare le armi della costrizione e della distruzione.

Tu sei il re che ogni uomo desidera e attende.

Voglio obbedire a te, Gesù, vero re del regno di Dio.

 

Signore Gesù Cristo,

unico re dato dal Padre, abbi pietà di noi;

testimone della verità, abbi pietà di noi;

che apri il cuore del uomo alla speranza d'essere amato, abbi pietà di noi.

  inizio

21.

Gli dice Pilato: “Che cos'è la verità?”. E detto questo uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: “Io non trovo in Lui nessuna colpa. Vi è tra voi l'usanza che io vi liberi uno per la Pasqua: volete dunque che io vi liberi il re dei Giudei?”. Allora essi gridarono di nuovo: “Non costui, ma Barabba!”. Barabba era un brigante. (Gv 18,38-40)

 

Gesù viene dichiarato innocente da Pilato. Pubblicamente il governatore afferma che Gesù è senza colpa. Tuttavia lo tiene legato. Egli non si lascia toccare dalla verità, ma dall'opinione della folla. La verità non ha autorità su di lui; su di lui influisce la reazione della gente. Egli ama la popolarità, vuol piacere a loro. Per accontentare la propria coscienza e insieme l'opinione pubblica scende a un compromesso. Volete che vi liberi per la Pasqua il re dei Giudei?

Perché tu, Pilato, chiedi ai malvagi che cosa devi fare? E poi, se Gesù non è colpevole, non solo lo puoi, ma lo devi liberare. Gesù però è libero, sei tu non libero.

Gesù non ha bisogno d'esser liberato dagli uomini perché Egli vive offrendo la propria vita, vive amando, vive la libertà più grande.

L'amore infatti non conosce schiavitù, non può essere costretto. Dove non c'è amore Gesù non può essere preferito. Chi non ha amore non sceglie Gesù, ma preferisce Barabba, l'omicida, il cui nome significa “il figlio di suo padre”. E padre d'un omicida è il diavolo. Chi non ama è schiavo di questo padrone che non conosce amore.

 

Signore Gesù, il nostro egoismo preferisce l'odio all'amore, preferisce la violenza alla tua umiltà. La sofferenza del tuo corpo martoriato è piccola cosa di fronte alla sofferenza che incontri nel vedere che gli uomini con cercano la verità, ma ciò che è comodo e superficiale.

Tu soffri nel vedere che io cerco la bella figura di fronte agli uomini e non l'obbedienza al Padre. Gesù, pietà di noi.

Tu ci mostri il vero volto dell'uomo, ci mostri l'amore. Il nostro egoismo è tenebra nella quale splende la tua luce.

Abbi pietà, Signore Gesù.

 

Signore Gesù Cristo,

verità di Dio per noi, abbi pietà di noi;

uomo libero dagli uomini, abbi pietà di noi;

dono della fedeltà del Padre all'uomo incapace di amare, abbi pietà di noi.

 inizio

 

22.

Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli indossarono un mantello di porpora; quindi gli venivano davanti e gli dicevano: “Salve, re dei Giudei!”. E gli davano schiaffi. (Gv 19, 1-3)

 

Sul corpo di Gesù i colpi si susseguono ai colpi, senza motivo.

Il motivo vero lo conosce solo il Padre: Gesù deve risplendere nei secoli come luce nelle tenebre. Le tenebre dell'odio attraversano i secoli ed Egli deve essere luce per tutti coloro che vengono colpiti senza motivo.

Senza motivo Gesù soffre una corona di spine, lo scherno di un mantello di porpora e gli schiaffi. Egli viene burlato come re incapace di dominare e di comandare. In tal modo risplende ancor più la regalità del suo amore, che attira a lui l'obbedienza di coloro che nascono dall'amore. Gesù è veramente re che partecipa alla situazione di coloro che formano il regno di Dio. Egli è un re che vive la sofferenza dell'uomo: vero rappresentante presso Dio di coloro che lungo i secoli partecipano alla sorte di Abele.

Anche Pilato e i suoi soldati un giorno, chissà, dovranno soffrire senza motivo. Gesù è già re anche per essi. Egli perciò non li disprezza, né li rifiuta. Dalle loro mani accetta gli schiaffi; un giorno potrà porgere loro la propria mano per sostenerli nella sofferenza e nel dolore.

Gesù è re per chi oggi lo accoglie e per chi lo rifiuta. Il domani è nelle mani del Padre, illuminato dall'amore.

 

Signore Gesù Cristo, ti adoriamo e ti ringraziamo. Hai accolto flagelli sul corpo e spine sul tuo capo, e derisioni. Le hai accolte nell'amore, e il tuo amore le ha trasformate. Esse non sono fonte di disprezzo per te, ma occasione d'amore. Sono proprio quelle spine e quei flagelli che tengono il mio cuore unito al tuo, i miei occhi rivolti a te, il mio desiderio pronto a offrire al Padre la prossima umiliazione e la prossima sofferenza.

Signore Gesù, gloria a te!

 

Signore Gesù Cristo,

incoronato di spine, abbi pietà di noi

deriso da coloro che ami, abbi pietà di noi;

re del Regno di Dio, che mi accogli, abbi pietà di noi;

  inizio

23.

Pilato intanto uscì di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui nessuna colpa». Allora Gesù uscì portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: “Ecco l’uomo!”. (Gv 19,4-5)

 

Gesù è presentato alla folla in modo tale da essere deriso da tutti.

Tuttavia Pilato dichiara solennemente ancora di non aver trovato in lui motivo di condanna. Gesù esce. Tutti possono vedere come egli porti con dignità d'amore e di libertà le sofferenze causate dalla malvagità.

Ora risuona l'annuncio: “Ecco l'uomo!” Gesù è il vero uomo: egli è la vera immagine di Dio che porta la somiglianza col Padre non deturpata dall’egoismo, non falsata dal passato. Gesù è l’uomo, l’unico che vive in maniera completa l’umanità voluta da Dio.

“Ecco l’uomo”: Gesù è l’uomo senza peccato, trasparenza di Dio Padre, vita non offuscata dalle lacerazioni e disarmonie che l’egoismo provoca e ha provocato in ogni altro uomo.

“Ecco l’uomo!”

Ogni uomo che voglia ora vedere quanto può crescere la propria umanità deve guardare quel volto coronato di spine, e ancora sereno e capace d’amare.

 

Signore Gesù, ti adoriamo. Non ti vergogni di presentarti in pubblico disprezzato e sfigurato. Già i profeti avevano parlato di questo momento, e tu vivi sapendo che esso fa parte del mistero d’amore attraverso cui il Padre salva il mondo.

Nel mondo gli uomini cercano di sfigurare il proprio volto con le vanità, cercano di nascondere i segni con cui l’egoismo interiore appare all’esterno, cercano di mascherare la superficialità e persino il proprio amore.

Tu, vero uomo, mi mostri il volto di Dio, di quel Dio che si lascia giudicare e bestemmiare, continuando ad essere Padre. Tu ti lasci deturpare e sfigurare e continui a posare con amore il tuo sguardo sugli uomini, perché – colpiti dal tuo sguardo – comincino a diventare uomini veri.

 

Signore Gesù Cristo,

uomo degno di Dio, abbi pietà di noi;

unico uomo vero, abbi pietà di noi;

trasparenza della gloria del Padre, abbi pietà di noi

  inizio

24.

Al vederlo, i sommi sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo, crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io non trovo in lui nessuna colpa». (Gv 19,6)

 

Contempliamo Gesù, rifiutato dai sommi sacerdoti e dalle guardie. Essi hanno deciso l'odio completo, il rifiuto totale. Non pensano più, non s'interrogano sul volere di Dio. Essi gridano: crocifiggilo!

Gesù ode le loro grida, grida che fanno paura a Pilato, grida che fanno tremare l'umanità. Gesù sapeva e attendeva. Egli l'aveva detto. Egli doveva essere innalzato.

In quelle grida, che manifestano solo odio, Gesù percepisce invece il sapore del calice, quel calice che egli soffre da quando Adamo s’è nascosto nel giardino. Ed egli, Gesù, vero figlio, ora, in pubblico, di fronte a tutti, accetta quel sorso amaro: egli lo vuol bere per essere uno col Padre.

Gesù accoglie le grida che obbligano Pilato, come un'indicazione della via per cui deve passare l'amore.

Questa è l'ora di Gesù: l'ora in cui egli si unisce al Padre per un unico atto d'amore.

 

Signore Gesù Cristo, non sono solo i sommi sacerdoti e le guardie che fanno risuonare nel mondo l'odio e il rifiuto. Tu senti ancor oggi l’eco di quel grido che esce anche dalle mie labbra, dal mio cuore. Lo senti ancor prima di me.

Quando rifiuto un atto d'amore, quando con i miei gesti costringo uno a violare la sua coscienza, quando a te preferisco qualcosa, tu odi ancora quella parola di condanna.

Gesù, santo, buono e mite, abbi pietà di me!

 

Signore Gesù Cristo,

rifiutato dai grandi, abbi pietà di noi;

silenzioso e mite, abbi pietà di noi;

che bevi il calice offerto a te dal Padre, abbi pietà di noi

  inizio

25.

Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio». All'udire queste parole, Pilato ebbe ancora più paura ed entrato di nuovo nel pretorio disse a Gesù: «Di dove sei?». Ma Gesù non gli diede risposta. (Gv 19,7-9)

Gesù viene annunciato come Figlio di Dio. Quest'annuncio, che fa godere coloro che conoscono Dio, fa tremare coloro che non sanno che Dio è amore. Che cosa può fare Pilato udendo quest'annuncio? Gli dei che egli conosce sono come gli uomini: possono vendicarsi. Perciò egli ha paura: teme che Gesù possa vendicarsi contro di lui.

Perciò lo interroga ancora: “Di dove sei?”.

Ma Gesù tace.

E il suo silenzio continua.

Posso scoprire da me stesso qual è l'origine di Gesù. Posso vederlo da solo, senza che alcuno me lo dica. Gesù, condannato a morte, che continua ad amare, non può venire che dall'Amore. Là, nell'Amore egli dimora stabilmente, di là egli viene per farmi vedere e gustare quale grande amore c'è nel cuore di Dio. Il silenzio di Gesù è amore: egli dà importanza a ciò che io posso capire. Egli mi dà fiducia: io stesso posso rispondere alla domanda della paura di Pilato: “di dove sei?”

Non temere, Pilato: Gesù è figlio di quel Dio che ti ama, che vuol esserti papà. Signore Gesù, i Giudei decretano la tua morte, perché lo dice la legge. Sì, tu muori perché lo vuole il Padre, il Padre che ama anche coloro che non osservano la sua parola, che non accolgono il suo amore.

Essi con la “legge” giustificano il proprio odio; tu ti offri a salvare chi non riesce mai a osservare la legge.

Tu, Figlio di Dio, muori perché chi è destinato alla morte possa sperare d'incontrare, invece, il Padre che lo ama per sempre.

 Signore Gesù Cristo,

che muori per compiere il disegno d'amore, abbi pietà di noi;

figlio di Dio, abbi pietà di noi;

generato dall'Amore, abbi pietà di noi.

  inizio

26.

Gli disse allora Pilato: “Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?”.

Rispose Gesù: “Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato nelle tue mani ha una colpa più grande”.

Da quel momento Pilato cercava di liberarlo. (Gv 19, 10-12) Gesù non cerca di salvare se stesso, ma è attento ad aiutare Pilato a non avere una troppa alta considerazione di se stesso.

Il governatore pensa di poter giustificare qualunque scelta in nome della propria autorità. «Ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce». Terribile equivoco. Egli pensa di non dover dare conto a nessuno delle proprie decisioni: ciò equivale a ritenersi Dio. Gesù è sempre vissuto cercando l’obbedienza al Padre. Egli ha trasformato in ascolto la propria vita. Ora egli può fare a Pilato un'osservazione importante. Ciò che l'uomo può fare è deciso dal Padre. Ciò che tu puoi fare è obbedire al Padre. Nessun altro potere ha l'uomo, nessun altro diritto può arrogarsi l'autorità. Anche Pilato, per vedere il proprio compito, per sapere ciò che può e ciò che deve fare deve tenere lo sguardo rivolto in alto. Pilato ancora non sa che in alto c’è un Padre, perciò la colpa maggiore è di coloro che lo sanno. Gesù tiene conto dell’ignoranza dell’uomo. Signore Gesù Cristo, ti adoro: tu non sei venuto per realizzare qualche tuo desiderio, ma ti sei tenuto sempre rivolto al Padre per compiere i suoi desideri, per rendere visibile il suo amore. Tu vuoi così anche gli uomini, vuoi così anche me.

Vuoi che servendo gli uomini io doni loro l'amore del Padre.

Ho solo questo potere, il potere di amare e di servire. Dall'alto mi può venire solo questo compito. Grazie, Signore Gesù: tu me lo continui a ripetere con il tuo esempio per qualunque situazione mi trovi a vivere, in privato e in pubblico.

 

Signore Gesù Cristo,

che hai dal Padre ogni potere, abbi pietà di noi;

che non cerchi di salvarti, abbi pietà di noi;

che aiuti l'uomo a vedere la volontà di Dio, abbi pietà di noi.

  inizio

 

27.

Ma i Giudei gridarono: “Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque infatti si fa re si mette contro Cesare”.

Udite queste parole Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette nel tribunale, nel luogo chiamato Litostroto, in ebraico Gabbatà . Era la preparazione della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: “Ecco il vostro re!”. Ma quelli guidarono: “Via , via, crocifiggilo!”. Disse loro Pilato: “Metterò in croce il vostro re?”.

Risposero i sommi sacerdoti: “Non abbiamo alto re all’infuori di Cesare”. Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso. (Gv 19, 12-16)

Contempliamo Gesù, proclamato solennemente re, re di coloro che non lo vogliono. Ciò avviene nel luogo ufficiale dell’impero, nel tribunale romano. E ciò avviene all’ora precisa in cui sono immolati gli agnelli per la cena pasquale del popolo di Dio.

É Gesù il nuovo agnello. Ora si decide la sua immolazione. Egli sostituisce tutti gli agnelli: il suo sangue salva il popolo, la sua carne riunisce gli uomini peccatori in un’unica grande famiglia, li nutre e dà loro forza per camminare nella libertà.

Gesù, vero re che offre se stesso al Padre come agnello, è pure il vero sacerdote. Proprio in questo momento i sommi sacerdoti del popolo dichiarano il loro rifiuto di Dio, di quel Dio che aveva detto: “Non avrai altro Dio all’infuori di me”. Essi ora con solennità affermano: “Non abbiamo altro re all’infuori di Cesare”. Sono passati al servizio di un altro dio, quello che domina con la violenza, quello che fa soffrire gli uomini, li sfrutta e li opprime. Essi non sono più sacerdoti del Dio dell’amore che vuol offrire agli uomini la festa della comunione con lui e della reciproca fraternità.

Gesù assiste a questo rifiuto e si offre ancora per la salvezza degli uomini che ora sono abbandonati a se stessi. Egli solo e nessun altro li rappresenta ora davanti a Dio!

 

Signore Gesù Cristo, ti adoriamo e ti benediciamo.

Tu sei, nella tua mitezza e santità, il re che non domina, che non fa paura, perché rappresenti il Dio dell’amore. Tu sei il sacerdote che offri la sua stessa vita al Padre. Perciò chi ti accoglie non avrà più timore degli uomini, nemmeno dei potenti. Essi possono uccidere il corpo, ma non possono privarci della libertà di amare.

Con te potremo sempre con fedeltà servire il Padre, non avere altro Dio che Lui!

Signore Gesù Cristo, onore e gloria a te!

 

Signore Gesù Cristo,

agnello immacolato, abbi pietà di noi;

che ti offri come sacrificio, abbi pietà di noi;

che porti in mezzo a noi la regalità di Dio, abbi pietà di noi.

  inizio

28.

Essi allora presero Gesù, ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero. (Gv 19, 17) Gesù prende la croce: egli non si fa costringere, non subisce gli eventi. Il legno per lui non è strumento di supplizio, di morte: per lui è strumento della gloria di Dio. Su quel legno egli farà risplendere l'amore che il Padre ha per tutti gli uomini, per tutti i peccatori. Egli può abbracciare quella croce, albero di vita. E con l'albero di vita si avvia al luogo del Cranio, luogo della morte.

La morte così viene sconfitta: sul suo monte sarà fissato l'albero della vita. La morte è destinata a lasciare il posto alla vita.

Grazie a Gesù innalzato non esiste più morte per l'uomo. Il nostro viaggio sulla terra non è più un cammino di disperazione, non è più reso tenebroso dalle ombre di morte: esso è diventato un pellegrinaggio: alla fine troveremo l'amore del Padre, la vita gloriosa, la pace e l'armonia di un incontro di festa, poiché Gesù ha fatto della sua morte un atto d'amore!

 

Signore Gesù Cristo, ti vediamo camminare portando la croce.

Il tuo volto è radioso: le macchie di sangue e la fatica e il dolore del tuo corpo non riescono a nascondere la tua intima gioia.

Con quel legno tu completi la vittoria sulla morte, sull'ultimo nemico che fa paura agli uomini e con la sua paura impedisce loro di amare.

Tu vinci la paura della morte, e così gli uomini non cercheranno più di salvare se stessi e saranno liberi di amare, di avanzare nel dono di sé, nel servizio fedele e reciproco.

Signore Gesù, gloria a te!

 

Signore Gesù Cristo,

che abbracci la croce, abbi pietà di noi

che vinci la paura della morte, abbi pietà di noi

che offri te stesso, abbi pietà di noi

  inizio

29.

Crocifissero con lui altri due, uno da una parte e uno dall'altra, e Gesù nel mezzo. (Gv 19,18)

 

Gesù è innalzato sulla croce. Le sue braccia sono alzate come quelle di Mosè: esse permettono a noi la vittoria sui nemici, egoismo e divisione.

Egli è sostenuto dal legno come il serpente posto in alto da Mosè: chi guarda a lui e lo riconosce come il segno dell'amore di Dio è salvo; nella sua vita non ha più forza il veleno del serpente antico, la gelosia e il sospetto contro il Padre.

Accanto a Gesù altri due muoiono, da una parte e dall'altra.

Egli non è solo a morire, non è solo a soffrire. C'è un posto da una parte e un posto dall'altra: i posti che i discepoli si contendevano. Essi avrebbero voluto essere accanto a Gesù nel suo Regno. Quel posto viene dato ai peccatori, a uomini che condividono la croce con Gesù perché la meritano, a sconosciuti di cui il Padre solo conosce il cuore. Gesù vive con i peccatori e muore con loro.

Per essi è venuto. Peccatori bisognosi della sua salvezza sono anche i suoi discepoli, peccatori che non sanno distinguersi dagli altri. Gesù risplende in mezzo, egli attira gli sguardi e i cuori di tutti.

 

Signore Gesù Cristo, adoro te che versi il sangue dalla croce, che stai inchiodato sul legno che gli uomini ti hanno dato come supplizio e che tu hai preso come strumento di gloria!

Guardo a te per ricevere il frutto della tua preghiera, per essere salvato. I miei sforzi e le mie virtù non raggiungono la meta, non riescono a superare la barriera dell'egoismo. Solo tu col tuo offrirti al mio sguardo susciti l'amore che piace al Padre.

Se il Padre vede che ti amo, che guardo a te con fiducia, allora gode e di me e di te, perché ci vede uniti in un unico amore.

 

Signore Gesù Cristo,

che regni dalla croce, abbi pietà di noi;

che stai con i peccatori, abbi pietà di noi;

che attiri gli sguardi di chi soffre, abbi pietà di noi.

  inizio

30.

Pilato compose anche l'iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto “Gesù il Nazareno, il re dei Giudei”. Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove fu crocifisso Gesù era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco.

I sommi sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: il re dei Giudei, ma che egli ha detto: io sono il re dei Giudei».

Rispose Pilato: «Ciò che ho scritto, ho scritto». (Gv 19, 19-22) Sopra il capo di Gesù è ben visibile l'iscrizione. Pilato voleva rendere pubblico il motivo della morte del Signore, ed invece ciò che egli ha scritto evidenzia con le parole umane l'unica grande Parola di Dio!

L'evangelista lo ha capito; e per farlo comprendere anche a noi usa sette volte il termine «scrittura» o «scrivere».

Gesù che offre se stesso al Padre, Gesù in croce è la scrittura definitiva, è la Parola ultima che Dio dà agli uomini, a tutti gli uomini. Tutti gli uomini sanno leggere l'amore, tutti gli uomini perciò possono comprendere questa «parola» di Dio che pende dalla croce. Gesù in croce è il messaggio nuovo e completo del Padre, di quel Dio che rischia tutto pur di attirarci a sè distogliendoci dall'egoismo che ci rovina.

Pilato evidenzia per tutti la Parola di Dio con una scritta: la offre in tre lingue: in ebraico, la lingua del popolo religioso; in latino, la lingua del popolo potente e dominatore; in greco, la lingua del popolo colto e sapiente.

Gesù è il messaggio di Dio Padre per chi è religioso: solo Gesù dona la vera salvezza, come dice il suo Nome. Gesù sta davanti a chi governa: solo con Gesù gli uomini sono aiutati a vivere insieme nella pace, nella libertà: egli è il re. Gesù è sapienza e luce di Dio, senza la quale la cultura degli uomini produce solo confusione e divisione.

Pilato non cambia la scrittura: essa è definitiva. Non ci sarà un altro Salvatore, né un altro Sapiente, né un altro Re!

 

Signore Gesù, tu sei silenzioso sulla croce. Stai solo soffrendo. Ti ringrazio e ti adoro.

In te vedo la parola del Padre che mi accompagna continuamente, che mi dà luce e spiegazione per gli eventi che incontro, mi dà forza per compiere nell'amore i servizi che mi sono richiesti, mi dà umiltà e fiducia nel rapporto con Lui. Tu, Gesù, obbediente fino alla morte, sei la nuova legge per la nuova alleanza con Dio Padre. Ti accolgo e ti amo e mi offro a te.

 

Signore Gesù Cristo,

amore di Dio per gli uomini, abbi pietà di noi;

sapienza di Dio, abbi pietà di noi;

potenza umile del Padre, abbi pietà di noi.

  inizio

31.

I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica. (Gv 19,23)

 

Mentre Gesù continua a soffrire in alto sulla croce, i soldati pensano ad accaparrarsi le sue vesti: tunica e mantello. Anzitutto il mantello, quel mantello di cui alla donna sofferente d'emorragia è bastato toccare l'orlo per essere guarita dalla malattia e liberata dall'impurità.

Il profeta Achia aveva strappato in dodici pezzi il proprio mantello e ne aveva dati dieci a Geroboamo (1Re 11,30), significando così che egli sarebbe divenuto re di dieci tribù. Il mantello del profeta era simbolo del regno. Ora il mantello di Gesù è ancora simbolo del regno di Dio; il mantello viene diviso in quattro parti. Il regno di Dio è destinato ai quattro angoli della terra, è destinato a raggiungere tutti i popoli!

E come il mantello di Elia è stato per il suo discepolo Eliseo il simbolo dello spirito profetico datogli in eredità dal maestro, così il mantello di Gesù diviene ora eredità degli uomini, dei pagani, che accolgono il regno di Dio come un dono prezioso da custodire gelosamente. Rifiutato dai suoi, viene accolto dai pagani.

Il suo regno mi avvolge, mi riscalda, nasconde i miei limiti e peccati. Il suo regno adopera anche me per esser portato ad altri nel mentre io me ne rivesto.

 

Signore Gesù, ti ringrazio perché hai lasciato la tua eredità nelle mani degli uomini. Pur essendo essi indegni e talora ignari, il tuo dono, il tuo regno è giunto fino a me. E io ne godo benché possa solo godere di una parte del tuo vestito! Per questo continuo e continuerò a dire: venga il tuo regno! Fino a quando tu non ti manifesterai di nuovo e la tua sposa, la Gerusalemme celeste, scenderà dal cielo, rivestita di preziosi ricami, splendente della gloria di Dio.

Venga il tuo regno, Signore Gesù!

 

Signore Gesù Cristo,

che doni agli uomini la tua eredità, abbi pietà di noi;

che rivesti la mia nudità, abbi pietà di noi;

che in me manifesti il tuo regno, abbi pietà di noi.

  inizio

32.

Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d'un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca. Così si adempiva la Scrittura: Si son divise tra loro le mie vesti e sulla mia tunica han gettato la sorte.

E i soldati fecero proprio così. (Gv 19,33-34)

 

I soldati, che non hanno avuto rispetto del corpo di Gesù, hanno avuto invece grande considerazione della sua tunica: una tunica tessuta tutta d'un pezzo; l'evangelista precisa che è tessuta dall'alto. Con questa espressione ci ricorda la vita nuova che viene dall'Alto. La tunica, che i quattro soldati vogliano conservare integra, che cos'è? Che significato ha il rispetto che i soldati riservano al vestito più intimo di Gesù, quel vestito che è sempre stato a contatto col corpo di Gesù? Quella tunica è la vita nuova che viene dall'Alto, è lo Spirito Santo che Gesù ha portato in sé e che ora, con la sua morte, riconsegna al Padre. Coloro che accolgono il regno di Dio si rivestono dello Spirito di Gesù, che è spirito di unità! Essi, pur appartenendo a tutte le razze, lingue e nazioni, formeranno un corpo solo, saranno uniti dall'unico Spirito per formare un solo edificio spirituale, la Chiesa. La Chiesa, Corpo di Cristo animato e rivestito dello Spirito Santo, non può essere divisa. Essa è una e santa.

I peccati dei cristiani faranno soffrire la Chiesa per le loro divisioni, ne renderanno persino inefficace talora la missione di annuncio nel mondo. Ma dove i credenti vorranno accogliere la veste tessuta dall'Alto, quando accoglieranno lo Spirito di Gesù, allora essi sperimenteranno d'essere uno, un corpo solo a gloria del Padre.

 

Signore Gesù, tu ci riunisci in un solo corpo, in un solo Spirito. Quando qualcuno ama te senza vergogna di confessarlo umilmente, godo con lui la gioia e la fiducia della comunione vera, la comunione del Padre e del Figlio. Ti ringrazio Gesù, che possiamo rivestirci della tua tunica, possiamo indossare tutti il tuo Spirito e riconoscerci così in te una cosa sola. Abbi pietà di noi e salvaci.

 

Signore Gesù Cristo,

che doni agli uomini il tuo Spirito, abbi pietà di noi.

che ci unisci in un sol corpo, abbi pietà di noi.

che doni unità alla tua Chiesa, abbi pietà di noi.

  inizio

33.

Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Magdala. (Gv 19,25)

 

Gesù riceve dal Padre una consolazione. Le donne, quelle che lo avevano assistito con i loro beni e lo avevano ascoltato, stanno presso la croce. Esse sono partecipi del suo soffrire; nel silenzio offrono al Padre la vita del loro Maestro.

La loro presenza sul Calvario esprime fedeltà, disponibilità, amore vero. Esse sono fedeli al disegno di Dio, incomprensibile e oscuro. Queste donne non discutono e non ragionano, come aveva fatto la donna posta accanto al primo Adamo. Esse continuano ad amare e, amando ad obbedire. L'amore per Gesù è la loro luce nel buio che le circonda, è la parola che le unisce nel silenzio: un silenzio, il loro, che lascia intravedere la presenza del Dio della vita in quel luogo di morte.

Tra loro sta la Madre: ella conosce il Figlio, sa quanto è preziosa la sua vita, sa quanto bene ha offerto agli uomini. Maria non si ribella a ciò che sta succedendo, anzi, continua a imparare dal Figlio, suo Signore. Si unisce a lui per offrire se stessa al Padre con amore. Ora ella continua a meditare parole e fatti che sono nelle mani del Padre: benché l'occhio umano ancora non lo veda, ella sa che in quei fatti dolorosi è nascosto il suo Amore.

 

Signore Gesù, chi sta accanto a te senza lamenti e senza riporre altrove la propria speranza, riceve il tuo Spirito.

Le donne che soffrono ai piedi della tua croce ricevono il dono di offrirsi come te e con te, ricevono lo Spirito d'amore che regna nel tuo cuore. Voglio restare anch'io in silenzio davanti alla tua croce. Il mio cuore viene purificato e reso disponibile ad accogliere i disegni più grandi che il Padre ha preparato per la mia vita.

 

Signore Gesù Cristo,

amico degli uomini, abbi pietà di noi;

che accogli l'amore dei semplici, abbi pietà di noi;

che godi della presenza di chi ti ama, abbi pietà di noi.

  inizio

34.

Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco il tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco la tua madre!”. E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa. (Gv 19,26-27)

 

Gesù soffre sulla croce, ma non cerca di farsi compatire. Egli è attento a continuare la sua missione: far risplendere l'amore del Padre.

Egli vede la Madre e il discepolo. Il suo sguardo si posa su queste due persone, che, con la loro presenza, gli ricordano molte altre con cui egli ha vissuto in rapporto di amore profondo ed esclusivo.

La Madre gli fa presente tutto quel resto d'Israele che, fedele alle promesse dei Patriarchi e dei Profeti, sta attendendo disponibile il realizzarsi della Volontà di Dio. Il discepolo gli ricorda tutti coloro che egli ama e che continueranno a vivere riferendosi a lui come all'unico Maestro e Signore. Il passato e il futuro sono presenti ai piedi della croce. Madre e discepolo sono accomunati dall'unica mèta del loro sguardo, la persona amata, Gesù. Ambedue lo ascoltano, ambedue gli vogliono obbedire per dare concretezza alla sua Parola, affinché egli possa esser glorificato nella propria vita. Gesù li aiuta ad accorgersi l'uno dell'altro, a riconoscere che l'amore per lui li fa essere responsabili l'uno dell'altro, li impegna ad essere attenti ai doni diversi dello Spirito per servirsi l'un l'altro e lasciarsi amare.

Essi comprendono il desiderio di Gesù e cominciano a vivere insieme, per realizzare così la parola del loro Signore. La casa del discepolo si apre alla Madre, che nella sua umiltà accetta il nuovo compito d'amore.

 

Signore Gesù, coloro che ti amano ti ascoltano e trovano nelle tue Parole le indicazioni per cambiare la propria vita. Maria e Giovanni ti glorificano cominciando ad essere madre e figlio per amor tuo. Ai piedi della croce anch'io voglio considerare tua Madre mia madre e i tuoi discepoli miei fratelli. E ti ringrazio, Gesù, perché il tuo morire fa nascere maternità e figliolanza, fa scaturire fratellanza e comunione viva e gioiosa fra quanti volgono a te il loro sguardo.

 

Signore Gesù Cristo,

attento a chi ti ama, abbi pietà di noi;

che non lasci solo chi è rivolto a te, abbi pietà di noi;

che fai nascere comunione tra i tuoi discepoli, abbi pietà di noi.

  inizio

35.

Dopo questo, Gesù, sapendo che ogni cosa era stata ormai compiuta, disse per adempiere la Scrittura: “Ho sete”.

Vi era là un vaso pieno d'aceto; posero perciò una spugna imbevuta di aceto in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. (Gv 19,28-29)

 

Gesù è cosciente di quanto sta avvenendo e sa che tutto ha un significato importante, perché in ogni piccolo avvenimento è presente l'amore del Padre. Egli sa che nulla può avvenire per caso, perché Dio è Padre di tutta la vita! Nemmeno la sete che ora lo sta bruciando avviene a caso. Consolato dall'amore del piccolo gruppo di donne e del discepolo che non si vergognano di lui, egli soffre tuttavia nel vedere che in molti non è sorto il benché minimo gesto o sguardo d'amore; molti sono ancora preda dell'odio, del rifiuto, del nemico.

Egli vorrebbe toccare anche i loro cuori. Chissà, forse se si fa mendicante di un piccolo sorso d'acqua, si lasceranno commuovere, e così apriranno uno spiraglio nel loro cuore perché entri con potenza l'amore! “Ho sete!”.

Il desiderio di Gesù corrisponde a quanto già lo Spirito di Dio aveva fatto scrivere nella preghiera dei salmi, preghiera che egli ogni giorno aveva ripetuto. “Ho sete!”.

I presenti avvicinano alle sue labbra dell'aceto. Aceto, come dice il salmo. L'aceto è il vino dimenticato, andato a male.

Il vino è segno della gioia e dell'amore delle nozze. Gesù l'aveva offerto a Cana per manifestarsi come sposo. Ora sulla croce Egli sta consumando le nozze donandosi per amare gli uomini. Essi gli offrono aceto: non lo vogliono come sposo, lo rifiutano.

La sua sete si fa ancora più grande. Ha sete di donare a tutti la salvezza.

 

Signore Gesù, voglio rispondere al tuo desiderio. Desideri bere, desideri che qualcuno compia un gesto per te: un gesto che torna a salvezza di chi lo compie!

La tua sete è desiderio ardente che l'amore di Dio Padre entri nel cuore degli uomini. Accogli il mio amore di oggi, la mia adorazione e il servizio che oggi offrirò ai fratelli, come un sorso di vino per la tua sete, Gesù.

 

Signore Gesù Cristo,

che vuoi salvare tutti, abbi pietà di noi;

che conosci l'amore del Padre, abbi pietà di noi;

che accogli i gesti d'amore, abbi pietà di noi.

  inizio

36.

E dopo aver ricevuto l'aceto, Gesù disse: “Tutto è compiuto!”. E, chinato il capo, spirò. (Gv 19, 30)

 

Gesù sa d'aver realizzato lo scopo per cui è venuto nel mondo.

Egli ha riempito ogni attimo della sua vita con l'amore, ha riversato nel tempo la pienezza dell'amore eterno del Padre, ha trasformato in amore persino il soffrire, l'esser accusato e perseguitato, il morire per mano di uomini.

Ora egli può dire: “Tutto è compiuto”. La Scrittura che trasmetteva e traduceva con le parole degli uomini l'amore di Dio è completata. Ora, nella vita offerta da Gesù, Dio conclude la sua opera di salvezza. Gli uomini possono guardare a colui che è innalzato sulla croce ed essere salvati, come ritrovavano vita coloro che, morsi dai serpenti velenosi, guardavano il serpente di rame innalzato da Mosè nel deserto.

Chi guarda Gesù in croce vede la pienezza dell'amore del Padre, che non ha risparmiato il Figlio per togliere noi dalla situazione di isolamento e disperazione in cui ci ha buttato l'egoismo e la ribellione. Chi guarda Gesù in croce si convince d'essere amato, di avere un Padre, di essere in una famiglia di fratelli.

Mentre muore, infatti, Gesù consegna lo Spirito che lo aveva guidato continuamente, lo Spirito di Figlio. Proprio questo Spirito ora può avvolgere e permeare la vita di coloro che contemplano Gesù.

 

Signore Gesù, ti ringrazio perché non ti sei lasciato fermare da nulla, nemmeno dalla morte, nel tuo compito di portare nel mondo l'amore del Padre. Lo hai portato fino al punto di morte, e così hai vinto questo nemico della vita. Hai vinto offrendoti. Hai riempito il vuoto e la tenebra del morire con la luce dell'amore.

Ti ringrazio, Signore Gesù, e con la forza che tu mi darai voglio camminare sulle tue orme, offrendo al Padre la mia vita.

 

Signore Gesù Cristo,

che completi la vita con l'amore abbi pietà di noi

che ti offri fino all'ultimo, abbi pietà di noi

che vinci il nemico dell'uomo, abbi pietà di noi

  inizio

37.

Era il giorno della Preparazione e i Giudei, perché i corpi non rimanessero in croce durante il sabato (era, infatti, un giorno solenne quel sabato), chiesero a Pilato che fossero loro spezzate le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe al primo e poi all'altro che era stato crocifisso insieme con lui. Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue ed acqua. (Gv 19,31-34)

Gesù ormai esanime è ancora in croce e diventa rimprovero per coloro che non lo vollero ascoltare. I Giudei sono preoccupati della purità esteriore della loro festa e vogliono portar via i corpi dei condannati. Gesù è già spirato: non occorre spezzargli le gambe per farlo morire. Un soldato, senza saperlo, realizza una profezia: lo trafigge.

Il sangue e l'acqua che escono dal fianco sorprendono il discepolo, che ci racconta con amore questo fatto. Il sangue versato testimonia l'amore che Gesù ha dimostrato ai suoi. “Non c'è amore più grande di chi dà la vita per i propri amici” aveva detto. Quel sangue è il sangue dell'Agnello di Dio che muore per salvare il popolo.

É il sangue cui anch'io mi accosto quando celebro l'Eucaristia: “Questo è il calice del mio sangue versato per tutti in remissione dei peccati”. L'acqua è segno dello Spirito che Gesù vuol donare a chi s'avvicina a lui. Ora quest'acqua è disponibile: è l'amore del suo cuore che egli comunica anche a me, affinché anch'io possa amare il Padre come lui, e i fratelli fino alla fine.

Sangue e acqua del costato di Cristo mi dicono che Gesù mi ama e mi trasmette la sua capacità d'amare: ciò continua ad avvenire nei santi misteri del Battesimo e dell'Eucaristia. Nel fonte battesimale sono fatto capace di donare quell'amore che alla mensa eucaristica mi disseta e mi nutre. Signore Gesù, ti adoro. Tu sei una fonte d'amore. Il tuo corpo trafitto è il nuovo definitivo tempio dal cui lato destro esce l'acqua che dà vita a tutta la terra.

Il tuo sangue è sangue d'agnello che, a chi lo beve, trasforma l'esistenza e la rende in tutto simile alla tua: dono del Padre. Grazie che mi ami! Grazie che mi concedi di amare come tu ami.

 

Signore Gesù Cristo,

che mi ami fino alla fine, abbi pietà di noi.

che concedi all'uomo amore divino, abbi pietà di noi;

che sei vivo nella morte, abbi pietà di noi.

  inizio

38.

Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; ed egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. (Gv 19,35)

 

Gesù non parla più. Per lui parla il discepolo amato. Così Gesù non resta senza voce. Ci sarà sempre qualcuno che potrà proclamare di essere amato da lui, perché egli è vivo, egli ama ancora, il suo amore non si è fermato.

Gesù non parla più con la sua voce d'uomo, ma ci sono ora mille, milioni di voci che in tutte le lingue cantano il suo amore, ci sono infiniti cuori pronti a testimoniare col dono della vita che Gesù ama ancora fino a riempire il cuore, e che comunica ancora il suo amore all'uomo.

Chi è amato da Gesù non riesce a sopportare che qualcuno ancora non sappia d'essere amato da lui, che qualcuno non sappia che egli è morto per dare a tutti la certezza di avere un Padre per sempre.

Chi è amato da Gesù non si limita a parlare, ma trasforma in gesti d'amore concreto il proprio annuncio perché altri possano credere, possano abbandonarsi con fiducia ad obbedire ad ogni parola che esce dalla bocca di Dio, nostro Padre.

 

Signore Gesù, ti amo e ti ringrazio perché hai messo sulla mia strada i tuoi discepoli che mi hanno testimoniato - con la loro gioia, con la loro serenità, con la loro fortezza nella sofferenza - che tu sei il Salvatore. Tu sei colui su cui anch'io posso e voglio fondare la mia vita per divenire testimone per coloro che ancora sono nella tenebra.

Gesù, mio Signore, mia gioia, mio sostegno! Gloria a te!

 

Signore Gesù Cristo,

testimone dell'amore del Padre, abbi pietà di noi

sostegno e forza dei martiri, abbi pietà di noi

gioia e pace dei cuori, abbi pietà di noi

  inizio

39.

Questo infatti avvenne perché si adempisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto. (Gv 19,36-37)

 

Gesù è il vero agnello di Dio. Nemmeno a lui vengono spezzate le ossa, come è premura non avvenga per l'agnello della cena pasquale. E come l'agnello della cena col sangue spruzzato sulle porte fece riconoscere i fedeli perché fossero salvati dallo sterminio, e con la carne li riunì e li nutrì per il viaggio verso la terra della libertà, così ora Gesù con il suo sangue e con il suo corpo salva e riunisce e nutre coloro che lo amano. Egli è l'agnello di Dio, consegnato a noi per togliere da noi il peso del peccato, la solitudine, l'egoismo, la morte.

Verso di lui alziamo lo sguardo, come disse il profeta Zaccaria. Tutti coloro che lo guardano con amore e non si scandalizzano della sua morte ricevono benedizione dal Padre.

La salvezza cui Gesù ci avvicina entra in noi tramite gli occhi.

Finora è stato lui a fissare lo sguardo su ciascuno di noi, per farci sentire l'amore del Padre. Ora noi guardiamo a lui: l'amore del Padre ci ha finalmente raggiunti; da quando Adamo si nascose egli ha continuato a cercarci per incontrare i nostri occhi. Finalmente ora rispondiamo volgendo lo sguardo alla croce dove Gesù, il suo Figlio prediletto, ha portato alla perfezione il suo amore e lo ha reso visibile. Signore Gesù Cristo, ti lodiamo, perché nella morte tu sei per noi salvatore. Ci nutriamo di te, e tu entrando nella nostra vita ci purifichi, ci liberi dall'egoismo, ci unisci ai fratelli e ci rafforzi perché adempiamo con sicurezza il compito dell'amore fino al giorno del nostro ingresso definitivo nella patria eterna. A te guardiamo con fiducia, e così incontriamo l'amore fedele e buono del Padre che vuole non la morte per noi peccatori, ma la salvezza e la vita.

 

Signore Gesù Cristo,

agnello di Dio, abbi pietà di noi;

pane di vita, abbi pietà di noi;

salvezza di chi ti contempla, abbi pietà di noi.

  inizio

40.

Dopo questi fatti, Giuseppe d'Arimatea, che era un discepolo di Gesù, ma di nascosto per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodemo, quello che in precedenza era andato da lui di notte, e portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre. Essi presero allora il corpo di Gesù, e lo avvolsero in bende insieme con oli aromatici, com'e usanza seppellire per i Giudei. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora deposto. Là dunque deposero Gesù, a motivo della Preparazione dei Giudei, poiché quel sepolcro era vicino. (Gv 19,38-42) Il corpo di Gesù diviene oggetto di venerazione e d'amore, poiché il suo corpo è il nuovo tempio che egli stesso in tre giorni farà risorgere! Lo circondano di cure coloro che non avevano avuto il coraggio e l'amore di compromettersi con lui mentre era vivo. Ora non solo si lasciano conoscere come suoi amici, ma addirittura non si preoccupano della impurità che contraggono al contatto col cadavere. L'amore è la nuova legge che fa loro superare le interpretazioni umane della legge antica. Essi avvolgono Gesù in bende e lo profumano con gli aromi con cui veniva profumato il vestito del re nel giorno delle nozze: aloe e mirra!

Gesù è veramente lo sposo che ha dato la vita per la sua sposa, la Chiesa!

Il sepolcro nuovo nel giardino diventa stanza nuziale: luogo che vedrà la vita vera ed eterna, luogo che permette al chicco di grano caduto in terra di dare molto frutto. Per Gesù è necessario un sepolcro nuovo: egli infatti ha inaugurato un nuovo modo di morire: egli ha affrontato la morte offrendosi, ne ha fatto l'atto più grande e definitivo della vita. La sua morte è la dimostrazione del suo amore, è il sigillo delle sue nozze! Perciò il suo sepolcro non avrà odore di morte, ma profumo di vita. E noi riceviamo vita quando ci avviciniamo con amore alla morte di Gesù!

 

Signore Gesù, ti adoro. Tu mi attendi nel tuo sepolcro, non per farmi piangere, ma per farmi contemplare l'amore più grande, il tuo per il Padre e quello del Padre per noi peccatori. Mi attendi al tuo sepolcro per effondere in me il profumo della tua vita donata e farmi partecipe del tuo modo nuovo di morire.

Così posso cominciare subito a far morire quella parte di me che appartiene alla terra, perché risplenda solo l’amore del Padre!

Grazie, Signore Gesù, mio re e mio sposo, mia forza e mia dolcezza!

 

Signore Gesù Cristo,

nuovo tempio del Dio vivente, abbi pietà di noi;

re e sposo, abbi pietà di noi;

chicco di grano che porta molto frutto abbi pietà di noi;

che fai della morte l'atto più grande della vita abbi pietà di noi;

che ci attendi per offrirti a noi, abbi pietà di noi.

  inizio

 

Nulla osta: don Iginio Rogger, cens eccl. Trento, 1 febbraio 1992

(Alcuni spunti sono presi da Il Vangelo di Giovanni, Mateos-Barreto, Assisi 1982, pagg. 690-782.)