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LA SANTA CENA (Konya)

Ultima Cena - , Chiesa San Paolo, Konya

LA SANTA CENA

Ispirata da un affresco del sec. XI di una chiesa rupestre di Cappadocia - [olio su tela, Patrizia Cescatti, 2003, cm 203x80, Chiesa San Paolo Konya].

 

Gesù celebra insieme ai dodici Apostoli la santa Cena pasquale: è l'ultima prima della sua morte, ormai imminente. I capi dei Giudei infatti hanno deciso di ucciderlo e hanno accolto l'aiuto di Giuda, uno dei Dodici, per catturarlo in quella stessa notte. 

La Cena è preparata in una sala con bei tappeti e tovaglie. Il primo posto, al centro, è vuoto, perché Gesù si è messo a lato, all'ultimo posto. Egli è il “servo di Dio”, come dicono i profeti, e perciò si fa servo di coloro che sono amati dal Padre e che il Padre ha dato a lui come discepoli. Egli ha lavato loro i piedi dando l’esempio perché facciano così tutti coloro che imparano da lui e lo amano. Anche Pietro è seduto all'ultimo posto sullo stesso tappeto-cuscino del suo Signore. Egli ha ricevuto autorità dal Maestro, autorità che nella Chiesa è servizio, posto di umiltà, che non deve essere esercitata col comando o con il farsi servire. Pietro infatti benedice i suoi “fratelli”, proprio come li sta benedicendo Gesù con la mano destra. La mano di Giuda invece prende il cibo dalla coppa: da questo gesto lo riconosciamo. Egli è l’unico che pensa a sé, mentre tutti gli altri sono attenti alle parole di Gesù: queste sono il loro vero pane, il nutrimento della loro vita interiore! Giuda non offre a nessuno le spalle per portarne il peso e non si appoggia a nessuno: non vive il comandamento nuovo di Gesù.

Sulla mensa ci sono pochi oggetti, l’indispensabile per riconoscere Gesù e il suo amore. Nella coppa centrale non c’è l’agnello, cibo indispensabile per la cena pasquale ebraica, ma un grande pesce.

Per noi non vige più l’alleanza di Mosè, stipulata col sangue dell’agnello, ma la nuova alleanza di Dio con gli uomini, stipulata con il sangue di Gesù. Egli in quella Cena ha offerto ai suoi il suo Corpo ed il suo Sangue nei santi segni del pane e del vino! Nella coppa perciò c’è un pesce, simbolo di Gesù. Nella lingua greca, - in cui fu scritto il Vangelo -, pesce si dice IXTYS (leggi: ictys): le cinque lettere sono le iniziali di “Iesùs Christòs Teù Yiòs Sotèr”, cioè “Gesù Cristo, di Dio Figlio, Salvatore”.

La carne del pesce è stata il nutrimento di Tobia nel viaggio che gli ha fatto trovare la sposa e la ricchezza; con i suffumigi fatti con il cuore e il fegato è stato liberato dal Maligno che voleva impedirgli le nozze, mentre, spalmando il fiele sugli occhi al padre Tobi, lo ha guarito dalla cecità (Tb 6,1- 9). Gesù Cristo è nostro nutrimento, cibo vero dal cielo, è liberazione dal maligno, è luce per i nostri occhi affinché possano vedere il volto del Padre e riconoscere gli uomini come fratelli.

Giona, profeta disobbediente è stato inghiottito dal pesce. Durante i tre giorni in cui è rimasto nascosto, quasi sepolto, dentro di esso, si è convertito, ed è uscito ubbidiente a Dio (Giovanni 2,1-11)! È Gesù il pesce che, quando l’uomo si nasconde in lui, opera la sua trasformazione così radicale da renderlo vero figlio del Padre!

Ancora: un pesce ha offerto a Pietro la moneta d’argento per pagare la tassa in modo da non scandalizzare nessuno (Mt 17,27). È ancora Gesù quel pesce che ti rende prudente e amante al punto da rinunciare alla tua libertà pur di non danneggiare i fratelli e sopportare invece con amore la loro infermità (Rm 14,1-7; 15,1; 1Cor 8,9).

Questa immagine dell’Ultima Cena non vuole essere una fotografia di ciò che è avvenuto, bensì un insegnamento, anzi, un memoriale che ci mette a contatto con Gesù e la sua Chiesa, fondata sulla fede, sull'insegnamento e sull'amore degli apostoli!

Perciò diciamo anche noi: Gesù, sei tu il Pane di vita, sei il pane vero, sei luce ai miei occhi, sei custodia della mia anima! Io ti amo insieme con i tuoi apostoli, e con te e con loro mi metto a servizio dell’amore di Dio Padre per tutti gli uomini! Grazie, Signore Gesù!