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Àbba, è forse qui la misericordia di Dio?


Àbba, è forse qui la misericordia di Dio?



Un giovane fratello fu mandato dal suo àbba da un certo fratello che aveva un orticello sul monte Sinai per prendere alcuni frutti per l'anziano. E come giunse nell'orticello disse al fratello che ne era il proprietario: «Padre, il mio àbba mi ha chiesto se hai dei frutti».

Gli disse: «Sì, figliolo, là c'è tutto quello che vuoi; prendi quel che ti occorre».

Il giovane monaco disse: «Padre, è forse qui la misericordia di Dio?».

A queste parole l'anziano divenne pensoso e con gli occhi rivolti a terra disse al giovane: «Che hai detto, figliolo?».

Il giovane ripeté: «Ho detto: "È forse qui la misericordia di Dio, padre?"».

Quindi di nuovo, per la terza volta, il fratello gli fece la stessa domanda.

II padrone dell'orto rimase in silenzio per un momento e non seppe che cosa rispondere a quel giovane, poi trasse un sospiro e disse: «Dio ci aiuti, figliolo!». Lasciò il giovane, prese subito la sua melòte e se ne andò nel deserto, abbandonando il suo orto e dicendo: «Andiamo a cercare la misericordia di Dio. Se un ragazzo mi ha interrogato senza che io riuscissi a rispondergli, che farò quando sarò interrogato da Dio?».               (Detti inediti dei padri del deserto, Qiqajon, 1986, N. 526   


La parola “misericordia” rimanda il nostro pensiero immediatamente a Dio. È da lui che la riceviamo, è la sua la più importante, è da lui che la impariamo. È la prima caratteristica che attribuiamo al nostro Padre che è nei cieli. Persino i musulmani dicono che Dio è “il misericordioso”, benché essi poi nemmeno sappiano portarti un esempio di come egli pratichi la misericordia e quindi non si sentano impegnati ad imitarlo. Il termine che usiamo in italiano unisce due parole, due concetti: miseri e cuore. Miseri siamo noi a causa del peccato che ci butta nella miseria, il cuore è quello del Padre, l’unico capace di accoglierci nonostante tutto, perché è un cuore materno. La parola misericordia infatti ci fa pensare sempre alla mamma: è lei capace di amare e accogliere il figlio, nonostante questi possa essere diventato ribelle e persino delinquente.

Come facciamo a conoscere la misericordia? Ci basta leggere una pagina qualunque della Bibbia, meglio ancora dei vangeli, e incontriamo la misericordia vissuta o descritta in tutte le sue sfaccettature e le sue possibilità. Così scopriamo che misericordia non è un sentimento superficiale che giustifica tutto, ma un vero dono finalizzato a farci vivere in pienezza la nostra umanità fino a raggiungere la divinità del Dio dell’amore.

In queste pagine rileggiamo alcuni passi dei Vangeli con lo scopo di trovare la risposta alla domanda: “È forse qui la misericordia di Dio?”.

Don Vigilio Covi


Letture:

  1. La misericordia cerca e trova ........................ Lc 15,1-10
  2. La misericordia attende ................................ Lc 15,11-32
  3. La misericordia dice no .................. Lc 18,1-8 - Mt 15,21
  4. La misericordia ha i confini  ........................ Mt 18,21-35
  5. La misericordia giudica  ............... Lc 7,36-50; Gv 8,2-11
  6. La misericordia gode e soffre sotto l’albero .... Lc 19,1-10
  7. La misericordia è inaspettata ........................... Gv 5,1-18
  8. La misericordia crede e ubbidisce .................... Gv 2,1-12
  9. La misericordia assetata disseta ......................... Gv 4,4ss
  10. La misericordia genera la verità ................ Lc 23,39-43
  11. La misericordia è guida sicura .................. Gv 16,12-15

 

1.     La misericordia cerca e trova            Lc 15,1-10

Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova?  5Quando l'ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle,  6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: «Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta».

7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: «Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto».

10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

  1. Signore Gesù, la nostra vita, il nostro cammino attraverso le giornate e attraverso le sofferenze nuove, impreviste, tutte interiori, e quelle dei fratelli, cui assistiamo impotenti, è un cammino che continua ad invocare misericordia. Noi siamo miseri, deboli, fragili, incapaci. Abbiamo bisogno di un cuore che ci accolga, di un cuore che si apra come rifugio per noi. Ci sarà? Lo troveremo un cuore che non ci rifiuti, come già molti cuori incontrati?

Tu, Gesù, ci parli spesso del cuore del Padre e ce lo mostri aperto, anzi, desideroso di accoglierci, un cuore che ci conosce, che sa la nostra sofferenza e ci attende per alleviarla. Ce lo descrivi amante come il cuore della nostra mamma, sempre in attesa del figlio, soprattutto quando sa che sta soffrendo. Io sono il figlio peccatore, il figlio atteso dal Padre, e tu, tu sei stato mandato per prendermi per mano, per guardarmi negli occhi, per comunicarmi il suo amore, sei stato mandato per morire per me. Tu sei la concretezza della misericordia del Padre (in ebraico ‘rahamin’, amore viscerale, che parte dall’utero materno).

Vengo anch’io ad ascoltarti.

Vengo insieme ai peccatori, a coloro che sanno di essere lontani dal Padre, perché disobbedienti, perché caduti nei vari lacci dell’egoismo di cui sono capaci gli uomini.

Vengo a godere della tua sapienza, lontana dalla mia mente e dal mio cuore. Le parole che escono dalla tua bocca mi avvicinano al Padre, al suo amore.

Vengo a prenderla dalle tue labbra, perché, come dice la Scrittura: “Il tuo piede logori la soglia dell’uomo sapiente” (Pro 13,20; Sir 6,34).

Tu godi che io venga ad ascoltarti, non ti vergogni del mio venire a te insieme ai peccatori e ai pubblicani. È un prodigio che essi vengano a te per ascoltare le esigenze del regno, che vengano a te come chi ha nostalgia della mamma, e si prendano tempo per donarlo a te.

Essi non si lasciano fermare dal giudizio e dalle mormorazioni di coloro che ritengono d’essere giusti e devoti obbedienti a Dio, i farisei e gli scribi del popolo. Questi non vedono il prodigio e non solo giudicano i peccatori, ma giudicano anche te. Non si accorgono che così si allontanano dal cuore del Padre, giudicano anche il suo amore, tanto diverso dal loro! Non s’accorgono che la tua parola è Parola di Dio e non comprendono che Dio è sempre il pastore che fascia la pecora ferita, cura quella malata e cerca quella perduta (Ez 34,14-16.23; Is 40,11; Dt 32,11; Ef 2,4-13; Col 1,21-23; Rom 10,2-4).

La tua bocca si apre a raccontare agli uni e agli altri lo stesso amore. Il tuo racconto diventa luce e sostegno: luce a chi non vede e non guarda ciò che il Padre vede e osserva, correzione e incoraggiamento a chi ancora può e deve convertirsi per cambiare il proprio modo di vivere. La tua pace vuole attirare gli uni e gli altri ad un nuovo modo di essere, a custodire le tue parole, a ragionare sulla base del tuo amore.

Il peccato dei peccatori non frena l’amore del Padre per loro, anzi, gli dà la possibilità di manifestare tutte le sue capacità, nuove per noi. Così anch’io non guardo il peccato dei miei fratelli, ma il loro desiderio di te, Gesù, e la loro volontà di ascoltarti. Non guardo ciò che è avvenuto nel passato, ma il desiderio del Padre per il loro futuro.

Chi ascolta te con amore non è più peccatore, non è più cioè distante da Dio. La distanza creata e manifestata dalla disobbedienza del peccato è colmata dal fatto che hanno accolto te, Gesù, dono del Padre, sua mano e suo cuore. Veri peccatori invece sono coloro che, a causa del tuo amore per chi è caduto nel peccato, si allontanano da te, e quindi dal Padre. Credono d’essergli vicini, ma finché non accolgono te e non accettano i tuoi pensieri e i tuoi santi e buoni giudizi sono molto lontani da lui.

Agli uni e agli altri tu parli: se all’uomo preme la pecora e alla donna la dramma, tanto da raccoglierla immonda di tra le immondizie in cui è caduta, non può far meraviglia che al Padre non prema la sua creatura e cerchi di ricuperarla dall’immondizia del peccato. Ritrovare la pecora e la dramma dà gioia all’uomo e alla donna: una gioia ancora maggiore sarà quella del Padre che ritrova l’uomo che si converte, che cioè accoglie te, Gesù, Maestro e Signore! Sul tuo volto possiamo vedere sempre la gioia di Dio, e così proprio tu continui ad attirarci e a salvarci!

L’uomo che ritrova la pecora e la donna che ricupera la dramma condividono con molti la loro gioia perché diventi festa. Così il Padre condivide con noi, suoi figli, la sua gioia santa e meravigliosa! La festa non avrà fine, perché non ha fine la misericordia che ogni giorno accoglie qualche peccatore!


2.     La misericordia attende  Lc 15,11-32

11Disse ancora: “Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: «Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta». Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno.  15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla.17Allora ritornò in sé e disse: «Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati». 20Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: «Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio». 22Ma il padre disse ai servi: «Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi.  23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato». E cominciarono a far festa.

25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: «Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo». 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: «Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici.  30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso». 

31Gli rispose il padre: «Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo;  32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato»”.

  1. Signore Gesù, tu vedi i peccatori che stanno ascoltandoti con interesse, con desiderio, con il cuore aperto. Vedi pure i farisei che ti guardano con sospetto, con il cuore chiuso. Riuscirai ad entrarvi? Riuscirai a farvi entrare la misericordia del Padre? Hai parlato del pastore e della donna: questa potrebbe rimproverarsi di sbadataggine, dicendo: come mai ho lasciato cadere la dramma? Il pastore potrebbe rimproverarsi di poca attenzione a quella pecora, che poi ha dovuto cercare. E Dio, che gode di un solo peccatore che si converte, deve rimproverarsi anche lui per aver perduto un uomo? Ha commesso anche Dio qualche errore?

Ecco, tu rispondi a queste eventuali domande con la terza parabola: l’uomo stesso si è perduto, lui stesso, facendo uso del dono della libertà ha voluto allontanarsi, come il figlio dal padre.

Le situazioni di allontanamento dal Padre sono due: quella dei peccatori che si riconoscono tali e ora fanno festa ascoltando te, Gesù, e quella dei farisei, che odiano questa festa. Tra di loro non c’è rapporto: i farisei non vogliono coinvolgersi con i peccatori, e questi si tengono ben volentieri alla larga dai farisei, che li costringono a mantenere distanza. Gli uni e gli altri, che relazione hanno con il Padre, se una relazione la intrattengono? Ci interessa vedere, e a te interessa mostrarci, il cuore del Padre: per conoscerlo ci descrivi la situazione dei due figli.

Il più giovane non vuole l’amore del padre suo, vuole solo i suoi beni, anzi, li esige. Egli imbastisce il suo futuro senza di lui, solo con la sua parte di beni. Non prevede di tornare più a casa: imposta la vita senza il padre, e diverrà una vita senza vere relazioni, senza vere amicizie oltre a quelle basate sul denaro. Senza saperlo né volerlo sceglie la solitudine. Voleva libertà, trova schiavitù; le ricchezze non danno libertà. Fin che le ricchezze ci sono, indirettamente sono rapporto con il padre che gliel’ha date, e riservano un po’ di parvenza di gioia e di libertà. Quando finirà questo fragile legame con il padre, tutto sarà finito…!

Il tuo racconto, Gesù, è realistico. L’uomo lontano dal padre scopre d’aver scelto schiavitù, sempre. È ciò che hanno fatto i peccatori: la descrizione di questo figlio è il loro ritratto.

Il figlio maggiore è a casa, lavora, ubbidisce. Ma quale rapporto tiene con il padre? Nessuno, esattamente come con il fratello assente. Egli non ama; non è l’amore a guidarlo.

Non è l’amore che gli apre gli occhi al mattino, ma l’interesse.

Non è l’amore che lo tiene in piedi e gli muove le mani quando lavora i campi del padre suo.

Non è l’amore che gli apre la bocca per parlare con i servi e con il padre.

Non è l’amore che si nasconde nel suo cuore.

Egli agisce e parla giudicando. Giudica il fratello, ma giudica pure il padre. Giudica il padre e rivela se stesso come soltanto egoista. È esattamente ciò che stanno facendo i farisei: la descrizione di questo figlio maggiore è il loro ritratto. Essere il figlio maggiore non giova nulla, anzi, rende la situazione ancora più incresciosa.

Tu vuoi rivelarci il cuore del Padre. Il Padre s’illudeva? No, egli ha sempre il cuore aperto e umile: cede alle richieste del figlio minore e lascia fare al maggiore, si fida di lui.

Dopo, quando essi rivelano il proprio egoismo, il Padre attende. Vive di attesa per l’uno e per l’altro. Dov’è la misericordia? In questa attesa.

Il Padre non si reca nel “paese lontano” a rincorrere, a cercare, a beneficare il figlio, come il pastore; non fa ricerche affannose come la donna che scopa la casa. Egli attende. Egli non ha perduto né un animale né una cosa, ma un uomo con la sua libertà. Quest’uomo un giorno verrà preso dalla nostalgia della vera libertà e, soprattutto, dell’amore che gliel’ha donata e garantita. La cercherà. Il Padre attende. L’attesa si protrarrà, diverrà anelito…: tanto più grande e più bella sarà la festa del rientro, del ritrovamento. Nell’attesa egli la prepara facendo nutrire il vitello di grano, il nutrimento pregiato!

Con il peccatore non si ripete ciò che abbiamo vissuto con la pecora e con la dramma. È lui, non il padre, che deve muoversi: muove il cuore, la memoria, l’intelligenza, l’affetto. Si pente, cerca parole adatte da pronunciare, prova a ripetersele ad alta voce, si alza, si mette in cammino, persevera nella fatica del ritorno. La misericordia del Padre non incontra il peccatore nel suo peccato, ma nel suo pentimento. Prima di questo non può esserci un incontro vero.

Tu, Gesù, ci racconti anche il padre: è pronto a versare lacrime di gioia, gioia che consola la grande sofferenza. È pronto a fare subito festa: vestito, anello, sandali, musica, danze. Il figlio è figlio, per di più ricuperato. Il padre non ha bisogno di parlare con lui. L’abbraccio è più eloquente della parola. Egli invece parla con i servi: tutti devono vedere, devono conoscere l’amore, e partecipare al ricupero, alla festa, alla gioia.

Il padre attende ancora, attende il figlio maggiore. Quando questi torna dai campi, non entra alla festa. Il padre attende: esce dal figlio per incontrarlo. Parla con lui, si prende tempo per provare a convincerlo, a insegnargli l’amore e un nuovo modo di ragionare.

Ecco la misericordia di Dio Padre, soddisfatta dai peccatori che ascoltano te, Gesù, con desiderio, ma insoddisfatta e sofferente per i non peccatori che ora diventano peccatori gravi, perché rifiutano l’amore del Padre, rifiutano te, Gesù, mandato da lui per tutti.

Il figlio si è informato di ciò che avviene, tramite il servo. Chi è il servo che risponde, che racconta la misericordia del Padre? È quello stesso che ora racconta…, sei tu, Gesù!

Il padre è uscito, ha lasciato la festa per il figlio maggiore, ma non lo può abbracciare, se lui non vuole. Questo figlio non si lascia amare, perché non sa amare, non ha ancora imparato né vuole imparare.

Ecco la misericordia del padre: sono i passi che corrono per abbracciare il minore, sono i passi che escono per incontrare il maggiore. Sono le parole ai servi, sono le parole al figlio che ora diventa ribelle.

Perché, Gesù, non hai concluso la parabola? Il Padre, Dio, verrà ascoltato dai farisei e da chi si ritiene giusto? Sappiamo che essi vorranno e riusciranno a farti tacere.

Questa parabola voglio concluderla io. E la concludo tornando io, peccatore, al Padre. La concludo io, con il tuo aiuto: accolgo, insieme con il Padre, i fratelli peccatori. E sarà davvero grande festa!


3.     La misericordia dice no   Lc 18,1-8 - Mt 15,21

Lc 18,1-8

1 Diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: 2«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno.  3In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. 

4Per un po' di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, 5dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». 

6E il Signore soggiunse: "Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto.  7E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? 8Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Mt 15,21

21Partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidone.  22Ed ecco, una donna cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio».

23Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». 24Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d'Israele». 2

5Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». 

26Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». 

27«È vero, Signore - disse la donna -, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».

28Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell'istante sua figlia fu guarita.

  1. Signore Gesù, tu vuoi dare risposta anche alle nostre domande difficili: perché il Padre non ci esaudisce subito? Forse fa anche lui fatica ad essere misericordioso? Ha anche lui un cuore duro, come molti uomini, come talvolta anch’io?

Tu ci racconti la parabola della vedova insistente e ci lasci vedere che la misericordia di Dio può trovare posto persino nel cuore iniquo di un giudice superbo. È difficile scovarla, farla uscire, ma la pazienza e l’insistenza riescono anche in questo. Tu hai raccontato la parabola per un altro motivo: vuoi convincere i tuoi discepoli, e vuoi convincere me, che “è necessario pregare sempre senza stancarsi mai”. Questo ci fa comprendere pure che Dio, nel suo amore, è capace di dire dei no, o almeno ‘non subito’, ‘non adesso’, ‘non oggi’, ‘non quest’anno’, ‘non in questo luogo’, ‘non in questo tempo, finché’… La misericordia del Padre è anch’essa misteriosa, perché divina: non è destinata ad accontentare l’uomo nei suoi desideri spesso egoistici o superficiali. Egli perciò si trova costretto di frequente a dirci dei no completi o parziali.

Ma tu, Gesù, non ci impedisci di trovare anche un altro nutrimento nelle tue parabole: anche chi “non teme Dio e non ha rispetto per nessuno” può diventare operatore di misericordia suo malgrado, motivandola col proprio egoismo che non vuole essere importunato. La misericordia infatti è seminata ovunque, ovunque. Persino il Saladino l’ha avuta quando s’è trovato davanti la mitezza e l’umiltà di Francesco d’Assisi.

Tu ci fai guardare oltre le apparenze: è di Dio la misericordia, e lui la può nascondere anche nei cuori più induriti. Non possiamo mai disperare, benché essa si faccia attendere. Ci esorti a continuare a rivolgere lo sguardo e i passi al Padre. Lui non è iniquo come il giudice: a maggior ragione possiamo sperare.

Il silenzio del Padre e i suoi ‘no’ sono una prova per noi e un’educazione. Egli ci vuole far crescere, vuole che esprimiamo del tutto la fede e l’amore verso di lui, e anche la pazienza, la perseveranza, la costanza, la fortezza. Il silenzio e i no del Padre ci educano a “sperare contro ogni speranza”, come Abramo. La stessa cosa avvenne nell’incontro con te, voluto e cercato insistentemente dalla donna Cananea. Ella vuole ottenere da te una grazia, e te la chiede con grida insistenti, persino indisponenti.

I tuoi discepoli provano fastidio a sentirla, tanto che essi stessi insistono che tu trasformi in un si immediato i tuoi no motivati dalla tua obbedienza al Padre. Essi amplificano la sua richiesta facendola propria, in modo egoistico, e non per amore della figlia sofferente.

Tu aspetti, rischiando di apparire antipatico. Dov’è la tua misericordia? Dov’è la misericordia del Padre? È proprio nascosta, ma viva, nei tuoi no. I tuoi no obbligano la donna ad essere insistente e a manifestare così la bellezza e la precisione e l’umiltà della fede che la anima.

I tuoi no obbligano i tuoi discepoli ad assistere ad un dialogo inatteso e sorprendente, li obbligano a vedere una fede “grande”, che nemmeno essi sanno vivere.

I tuoi no inoltre permettono a te di manifestarti come colui cui preme soltanto essere obbediente al Padre, fare la sua volontà, realizzare i progetti per cui egli ti ha mandato e non una tua vanagloria. In tal modo la guarigione della figlia della donna apparirà non miracolo, bensì il ‘segno’ che la salvezza portata da te non è destinata solo agli Ebrei, ma al mondo intero.

Noi comprendiamo, dalla tua risposta, che la misericordia del Padre non è indirizzata a soddisfare i nostri desideri, a renderci facile la vita, a toglierci la sofferenza. La misericordia del Padre ci vuol fare incontrare te, Gesù. Sei tu il dono del Padre agli uomini bisognosi. Se essi non avessero problemi non ti cercherebbero, e senza di te vivrebbero una vita vuota. Il Padre sa che la vita senza di te non è vita. La vita sei tu, mandato a noi per essere e diventare la nostra vita vera. Misericordia del Padre è farci incontrare te, perché ci mettiamo ai tuoi piedi, cioè alla tua scuola e al tuo servizio.

Dov’è la misericordia del Padre? È nei tuoi no, Gesù. I tuoi no sono motivati dalla tua obbedienza al Padre: tu vuoi e devi essere obbediente a lui, e così ci mostri che anche per noi obbedire è più importante. L’obbedire può renderci antipatici, apparentemente senza cuore, ma il Padre è sempre misericordioso anche quando ci fa apparire così.

Tu, Gesù, per farti comprendere dalla donna e dai discepoli usi persino l’immagine forte e quasi offensiva dei cagnolini, contrapponendo questi animali ai figli. La donna non solo accetta e approva, ma va oltre. Con l’umiltà di accettare il ruolo dei cagnolini, supera i confini della fede. Figli e cagnolini non sono contrapposti nel suo cuore, perché nutriti alla stessa tavola, benché in modi differenti. In tal modo tu sei costretto a riconoscere quella donna come figlia, anzi, più figlia dei figli.

Tu la chiami “Donna”, proprio come hai chiamato tua madre a Cana e sulla Croce. La sua fede è così bella e grande, che la doni a esempio ai tuoi, a me, oggi!

Dalla parabola della vedova importuna e dal fatto della donna pagana implorante tu ci fai vedere che la misericordia ha le sue tappe, i suoi passaggi, come un cammino lungo, una scala con vari gradini: essa infatti è di Dio, e noi siamo spesso lontani da lui.

Dov’è la misericordia? Essa è racchiusa anche nei no che riceviamo: questi no ci fanno attendere, ma mai disperare. Sono dei no provvisori. Possono farci attendere una vita intera, come Abramo, come Zaccaria, come Simeone. Possono farci attendere fino alla morte, come hai atteso tu, che sei stato esaudito il terzo giorno, dopo aver sofferto la passione e la morte.

Gesù, accetto, con il tuo aiuto, i no della tua misericordia!


 

4.     La misericordia ha i confini                 Mt 18,21-35

21Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». 22E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.

23Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. 24Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. 

25Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. 

26Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: «Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa». 27Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. 

28Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: «Restituisci quello che devi!».

29Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: «Abbi pazienza con me e ti restituirò». 30Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.

31Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto.

32Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: «Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato.  33Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?».  

34Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.

35Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

  1. Signore Gesù, avevi parlato ai tuoi discepoli esortandoli ad ammonire il fratello che pecca, affinché si ravveda, in vista del perdono. Tu sai che il peccato è cosa seria, che impedisce a te di essere presente in mezzo a loro. Questo è il tuo desiderio profondo e santo! E il Padre vuole esaudire la loro preghiera, per questo il perdono deve essere sempre presente.

Il tuo discepolo, quello cui tu hai dato le chiavi del Regno dei cieli, viene vicino a te, non per ringraziarti, ma per porti una nuova domanda. Ci sarà un limite alla misericordia del Padre? Egli cerca il confine dell’amore. Quante volte “dovrò” perdonare? Non chiede «quante volte potrò…», ma “dovrò”: per lui perdonare è una fatica cui si viene costretti. Egli non ha imparato a vivere nell’amore, ma solo e sempre nel dovere, nella costrizione. Egli prevede che tu gli possa chiedere di “perdonare fino a sette volte”: non l’aveva ancora mai fatto!

Il numero proposto da Pietro è quello che si trova nel libro del Genesi (4,15) a proposito di Caino: “Chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte”. Il perdono più grande per Pietro arriva ad azzerare la vendetta di Caino. E così Pietro si dimostra molto più misericordioso e generoso dei migliori rabbini, che chiedevano di perdonare fino a tre volte, e si mostra molto più misericordioso di noi, che talora diciamo: la terza volta me la pagherai!

E dopo? Gesù, tu pensi al futuro. Come dicessi al discepolo: «Dopo la settima volta cosa farai? Cosa avrai nel cuore dopo? Lo aprirai al sentimento di vendetta? Verrà la vendetta ad occupare il cuore del cristiano, del mio discepolo, del figlio di Dio? Quale Dio testimonierà questo suo figlio l’ottava volta?». Gesù, tu vedi Pietro in pericolo, e vedi in pericolo la Chiesa tutta. E allora tu continui l’ascolto della Scrittura finché trovi il passo: “Sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamech settantasette!”. Tu prendi questo numero, lo dividi in due, settanta e sette, e moltiplichi tra loro le due cifre. In tal modo ogni vendetta risulterà azzerata!

L’uomo infatti usa la vendetta, Dio il perdono. Dio si vendica col perdono. Tu sai che Dio è Padre che vuole l’uomo nel suo cuore, vuole che l’uomo manifesti e faccia conoscere l’amore del suo cuore. È allora che l’uomo stesso è felice, quando s’accorge di essere specchio, anzi, manifestazione di Dio!

Pietro e gli altri, noi compresi, ammutoliscono. Non comprendiamo, perché dentro di noi vive lo spirito di Caino, se non quello di Lamech: sostituirlo con quello di Dio, di un Dio Padre, è per noi impossibile. Infatti questa operazione è riservata a lui, che dice: “Vi darò un cuore nuovo… porrò il mio Spirito dentro di voi” (Ez 36,26s). E questo davvero non è lavoro facile, nemmeno per lui. Egli infatti deve prepararlo con altre due fatiche: “Vi radunerò da ogni terra” (24) e “vi purificherò da tutti i vostri idoli” (25).

Gesù, tu guardi avanti negli anni, nei secoli. “Settanta volte sette”! Questa parola risuonerà spesso, trasformerà l’umanità. Questa parola plasmerà la Chiesa, la renderà mite e fragile, ma salda e stabile. Sarà fondata non sulla sabbia dei sentimenti umani, ma sulla roccia dell’amore ripetuto eternamente dal Padre.

Pietro e i discepoli e noi ascoltiamo, col dubbio che viene dalla nostra debolezza e incapacità. Abbiamo bisogno di essere convinti. E tu allora racconti una nuova parabola per imprimere e incidere nella nostra mente e nel nostro cuore i tuoi santi ragionamenti. Parli di un re. È solenne il tuo parlare, importante: il re è unico nel popolo, e ci rimanda a pensare addirittura a Dio. È lui il Re del Regno dei cieli. Ebbene, anche lui fa i conti con i suoi servi. Altrimenti che Dio sarebbe se non si interessasse dei suoi servi? Proprio come un padre: che padre è se lascia fare ai figli quello che vogliono senza interessarsi di loro?

Il primo servo che tu presenti nel racconto è… il peggiore di tutti. Gli altri avranno esempio. Egli deve restituire un capitale enorme: come mai? Per aver ammassato un debito simile deve aver imbrogliato molto…! Restituire è impossibile. Il re, eccolo all’opera. Il suo primo atto è giustizia: formula la condanna: “Sia venduto”. Il re è giusto, com’è giusto che sia, e come tutti s’aspettano. Il servo, che si vede perduto, non dispera. Egli spera che il cuore del re si impietosisca, e perciò gli rivolge una preghiera chiedendo pazienza e promettendo ciò che gli è impossibile mantenere. Non chiede misericordia, solo pazienza. Possiamo imparare. Il re lo lascia andare: ha un cuore che si lascia toccare e si muove a compassione. Ecco la misericordia! È inimmaginabile, totale, solo per una richiesta umile fatta solo a parole. Fin qui il racconto stupisce e dà gioia. Ma tu, Gesù, continui a raccontare.

Il servo si trova ora nella stessa situazione del re. Anch’egli è nei panni di un piccolo re con un servo che deve a lui una somma irrisoria, nemmeno degna di essere confrontata con quella che gli è stata appena condonata.

Si comporterà con tenerezza come il suo re buono e compassionevole? Il debitore ripete verso di lui esattamente i suoi stessi gesti e le sue stesse parole. Tutti, e anch’io, ci aspettiamo di assistere ad un altro atto di ammirevole misericordia.

Potrebbe terminare qui la tua parabola, Gesù. Comprendo che sono io quel servo perdonato. Tu puoi chiedermi: «Cosa farai a chi ha peccato contro di te? Dio ti ha perdonato, e ti ha dato me, Gesù! Ti ha dato i frutti della mia passione e morte, ti ha dato la gloria della mia risurrezione. Tu, farai altrettanto? Farai festa con chi ti chiede perdono? E così ogni volta, senza contare quante volte?».

Ma tu, Gesù, ci vuoi pure far vedere il paradosso che succede troppo frequentemente. Non vuoi perdonare? Ecco cosa succede, proprio così come a quel servo. Chi non perdona il fratello è così malvagio che non potrà aver posto nel Regno di Dio, nel cuore del Padre.

Il confine della misericordia ce l’hai nelle mani tu. Non lo sposterai continuamente più in là? “Non dovevi anche tu…?”: chi non ha misericordia è peggiore di chi ha peccato, perché rifiuta di essere come Dio, di mantenere comunione con lui.

“Quante volte?”. Non ha più senso rispondere con un numero. Perdonare non è azione che richiede numeri: è il cuore che vuole sempre e solo comunione, fraternità, vuol essere somigliante a Dio. “Fatevi imitatori di Dio!”.


5.     La misericordia giudica            Lc 7,36-50; Gv 8,2-11

Lc 7,36-50

36Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. 

37Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo;  38stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo.  

39Vedendo questo, il fariseo che l'aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!». 

40Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di' pure, maestro». 41«Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l'altro cinquanta. 42Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». 43Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più».

Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene».

44E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli.  45Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. 46Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. 47Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». 

48Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati».

49Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». 

50Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va' in pace!».

Gv 8,2-11

2Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. 3Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e 4gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. 5Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?».  6Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.

Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. 

7Tuttavia, poiché insistevano nell'interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». 

8E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. 

9Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo.  

10Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». 

11Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più».

  1. Signore Gesù, i giudizi degli uomini obbligano anche te a formulare i tuoi giudizi, sorprendenti, sempre differenti da quelli che essi palesano.

Ti vediamo con due donne, tutt’e due giudicate e condannate dagli uomini, che ritengono se stessi giusti e capaci di giudicare. Tu sei più attento a loro che alle donne, proprio perché essi, in tal modo, si rendono colpevoli di un peccato che ha bisogno urgente di correzione e di salvezza.

Nella casa del fariseo, dove tu hai accolto l’invito a pranzo, rimangono tutti doppiamente sorpresi: una donna, non invitata, è rannicchiata ai tuoi piedi, e tu non dici nulla. Ella è qui di sua iniziativa: chissà quanti ostacoli ha dovuto superare per mettersi là dove si trova, ostacoli interiori, più gravosi di quelli esteriori trovati dai quattro che ti hanno portato il paralitico in mezzo alla stanza a Cafarnao. Che significato ha il suo essere rannicchiata dietro di te, sdraiato a mensa, presso i tuoi piedi? Non dice nulla, perché eloquenti sono i suoi gesti: segni di un grande amore. Ella ti fa assistere alle sue lacrime, che ti bagnano i piedi. Per te usa i propri capelli, quei capelli lunghi, spesso sciolti per sedurre gli uomini. Ti bacia i piedi con le stesse labbra che baciavano la bocca dei peccatori. Versa sui tuoi piedi il profumo che attirava a lei le attenzioni: ora vuole che tutti si voltino verso di te. Rimane senza parole, per non sminuire il linguaggio dei gesti che dicono il suo amore. Sei tu la Parola. Tu aprirai bocca, se lo riterrai necessario. Ed è necessaria la parola, ma non per lei. Avendoti accolto nel suo cuore ella è già perdonata, è già nel cuore del Padre. Lei è già salvata: amando te s’è liberata dall’influsso e dal peso dei pensieri e dei giudizi degli altri, del mondo, di chi bada alle apparenze; ora influiscono su di lei solo i desideri tuoi e i tuoi giudizi.

Gesù, tu vedi lo sguardo del fariseo che ti ha invitato, e noti il suo doppio giudizio: contro di te, egli ritiene che non sei nemmeno profeta, come tutto il popolo va dicendo, e contro la donna, già riconosciuta da tutti peccatrice, perché molti l’hanno fatta peccare. È a lui che vuoi e devi parlare. Egli ha bisogno della parabola dei due debitori. I debitori portano il peso del debito da pagare, ma, dopo il condono, hanno l’amore della loro riconoscenza. Baderemo sempre al debito? O daremo importanza all’amore che durerà fino alla morte, cambiando la faccia della terra?

La tua parabola spiega il grande amore della donna e il poco amore di lui, che si è permesso di giudicare. Tu infatti guardi al futuro, non al passato, non al peccato che è stato, ma all’amore che sarà e apre strade nuove. Se il peccato è stato grande, il perdono che lo vince rende capace di un amore più grande!

Per te, Gesù, la donna non è più una peccatrice, perché ha dato segni di amore verso di te, riconoscendoti dono e presenza di Dio: infatti, ti ha dedicato quel profumo che viene usato nel tempio per il Dio d’Israele.

Simone invece, il fariseo che si ritiene giusto, poco ti ha amato: lui è ancora peccatore. Il suo cuore infatti è ancora distante dal Padre tuo, si lascia ancora condizionare dal peccato dell’uomo e non si lascia ispirare da te, dal tuo amore, dalla tua presenza.

A due giudizi abbiamo assistito, quelli di Simone contro di te e contro la donna. Ma due sono anche i tuoi giudizi: il giudizio che salva e libera la donna e quello che manifesta il peccato di Simone. A lui non puoi dire: “I tuoi peccati sono perdonati”, e nemmeno “La tua fede ti ha salvato”.

La seconda donna. Mentre insegni nel tempio arrivano i farisei con una adultera. Mosè condanna a morte, senza attenuanti, chi commette il peccato gravissimo di cui ella si è macchiata. Vogliono sentire il tuo parere. Tu ti metti a scrivere. Per farlo hai a disposizione solo il dito e la polvere della terra. È come dicessi: «Cercate ancora nelle Scritture che leggete e dite di amare. Non c’è solo la Legge scritta da Mosè; col suo dito Dio ha continuato a scrivere tramite i profeti e scrive ancora». Quale vero profeta tu ricordi la Parola di Dio: “Forse che io ho piacere della morte del malvagio e non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva?… Io non godo della morte di chi muore: convertitevi e vivrete” (Ez 18,23.32) e: “Beato l’uomo a cui è tolta la colpa e coperto il peccato” (Sal 32,11). Inoltre tu sai che “quanti si allontanano da te saranno scritti nella polvere, perché hanno abbandonato il Signore, fonte di acqua viva! (Ger17,13).

Tutti sanno che la donna è peccatrice, ma sembra che nessuno sappia che gli uomini sono peccatori. Un peccatore può giudicare e condannare un uomo? Le accuse sono rivelatrici del peccato di chi accusa, proprio come le accuse pronunciate contro Eva da Adamo: hanno rivelato la consistenza e la dannosità del suo peccato. Eppure né Adamo né Eva sono stati condannati a morte, perché Dio aveva ancora una missione da affidare loro per il suo progetto per l’umanità. Soltanto chi è senza peccato è capace solo di amare, ha misericordia, ha nel cuore l’amore di Dio e i suoi pensieri: questi li ha rivelati anche il profeta Ezechiele.

Tu, Gesù, torni a scrivere. Ci sono molte altre Scritture per chi vuole davvero ubbidire a Dio. Il Signore “non ci tratta secondo i nostri peccati” (Sal 103,3) e “Tu non guardi ai peccati degli uomini, in vista del pentimento” (Sap 11,23), e ancora. “Tu correggi a poco a poco quelli che sbagliano e li ammonisci ricordando loro in che cosa hanno peccato, perché, messa da parte ogni malizia, credano in te, Signore” (Sap 12,2).

Ora sei solo con la donna. Ella sola con te, come Eva con Adamo nel giardino prima del loro peccato. La chiami “Donna”, lo stesso nome con cui l’ha chiamata Adamo, a ricordarle che anche lei è di Dio, sua creatura, destinata ad essere aiuto e non problema o danno all’uomo. Così hai chiamato anche tua Madre a Cana, dove è stata vero aiuto per la tua manifestazione, e sul Calvario, dove le hai affidato il compito di essere sostegno per la nascente Chiesa. Come farà questa adultera ad essere “donna”, dono di Dio per gli uomini? Le dici: “Non peccare più”. Che significa? «Non allontanarti da me, che sono il dono di Dio, che sono la vita e la salvezza tua e anche di quelli che se ne sono andati. Essi sono davvero peccatori, perché mi hanno abbandonato, non sono rimasti ad ascoltarmi, ad amarmi. Non allontanarti più da me!».

Ecco, abbiamo assistito ad altri due giudizi: i farisei giudicano la donna e fanno il processo a te. Ma anche tu continui a giudicare: un giudizio di salvezza il tuo per la donna, e uno di condanna, per rendere coscienti noi tutti che chi si ritiene giusto si allontana da te: questo è un peccato grave.

La misericordia opera sempre due giudizi!

 

Terza donna, la Chiesa, la sposa (e io in essa). Ora sei tu stesso, Gesù, l’unico giudice, che noti il peccato e ce ne rendi consapevoli, perché ci ravvediamo e possiamo essere salvati.

Ho da rimproverarti di aver abbandonato il tuo primo amore!” (Ap 2,4): siamo noi, sono io adultero. Ho messo qualcun altro al tuo posto, ho cominciato ad amarti meno di me stesso o di qualche creatura. “Ricorda… convertiti…”, “se non ti convertirai…”: a te preme la mia presenza nella tua Chiesa, a te preme la mia chiamata. “Io tutti quelli che amo li rimprovero e li educo” (2,10): grazie, Gesù, di ogni correzione. Sto volentieri sotto il tuo giudizio, perché tu mi ami, sei misericordia. La tua misericordia, proprio perché prevede vera conversione, non è falsa bontà che inganna. La tua misericordia infatti non è solo accontentare o solo approvare, ma è giudizio anche severo: con esso vuoi rendermi vigilante su me stesso, perché io possa essere salvato. Rimango con te.

 


 

6.     La misericordia gode e soffre sotto l’albero         Lc 19,1-10

1 Entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, 2quand'ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. 4Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.

5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». 6Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia.

7Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». 8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».

9Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch'egli è figlio di Abramo. 10Il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

  1. Signore Gesù, ti accompagniamo nel tuo viaggio verso Gerusalemme, la città santa. Stai arrivando a Gerico, e l’attraversi. Questa è la città conquistata dalla fede e dall’obbedienza di Giosuè, il discepolo di Mosè che portava il tuo nome. Egli vi è girato attorno sette giorni suonando le trombe, e sette volte il settimo giorno, fin che sono crollate le mura. Ed è stata salvata la prostituta che aveva nascosto gli esploratori del popolo, ed è stata salvata per la sua obbedienza. Tu vi passi in mezzo, consapevole dell’importanza dell’obbedienza che tu vuoi vivere per amare il Padre: “Non sono venuto a chiamare quelli che si credono giusti, ma i peccatori perché si convertano”.

Ora un uomo esce, esce di casa, esce dal suo ruolo, per venire incontro a te per vederti: e si ritrova uscito dal suo peccato. Anche Erode desidererebbe vederti, ma non fa alcun passo, benché avesse un palazzo in quella città. Zaccheo “cercava”: fa cioè dei passi, escogita qualche tentativo. Noi sappiamo che “chi cerca trova” perché la Sapienza “si lascia trovare da quelli che la cercano” (Sap 6,12).

Il primo tentativo non riesce: la folla numerosa è di impedimento al vedere, a causa della sua bassa statura, e, per di più, nessuno gli permette di intrufolarsi per venire da te; egli infatti è conosciuto, temuto, disprezzato, rifiutato. La folla di coloro che ti ammirano diventa scandalo per lui, ostacolo strano: impedisce a te di incontrare colui che ha bisogno proprio di te. Zaccheo non si arrende, come a Cafarnao non si sono arresi alla prima difficoltà i quattro che, dal tetto, hanno calato nella tua stanza il paralitico.

Il secondo tentativo avviene dove la gente non può arrivare ad ostacolare. Sarà per questo deriso colui che ti cerca? Non importa. Ormai per lui tu, Gesù, sei diventato più importante della propria reputazione, più importante di se stesso. Sale su un albero. Proprio in quella regione si ricorda un precedente fatale. Assalonne, il figlio del grande re Davide, sospeso ai rami di un albero a causa della sua capigliatura, è stato raggiunto e trafitto dai dardi di Joab. Anche Zaccheo sarà raggiunto e trafitto, non dalle frecce per essere ucciso, bensì dal tuo sguardo e dalle tue parole per essere innamorato. Tu, infatti, sei abituato ad alzare gli occhi per incontrare lo sguardo del Padre, cui obbedisci per chiamare i peccatori. E il Padre ora ti fa vedere il peccatore da salvare, e tu incroci il suo sguardo. Ora tu ricordi il tuo “dovere”: chiami l’uomo con un ordine che rispecchia quello che tu hai ricevuto: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo…”.

Il tuo compito s’incontra con il desiderio espresso non a parole, ma con l’arrampicata. E Zaccheo subito, ancor prima di muoversi, si ritrova “pieno di gioia”. È la gioia promessa da Isaia (66,10), è la gioia con cui Maria ha ubbidito al saluto dell’angelo, quella provata da Elisabetta e da Giovanni all’incontro con te, tutt’e due nascosti nel grembo delle rispettive madri, quella dei pastori, dei magi, di Simeone e di Anna! È l’anticipo della gioia della Pentecoste, è la partecipazione alla tua gioia, quella che prometti ai tuoi discepoli, quella che tu stesso condividi con il Padre tuo, che gode del peccatore che si converte, come il pastore che ha ritrovato la pecora e la donna che ha ricuperato la dramma. Tu hai pronunciato il suo nome, Zaccheo: mai quel nome era stato pronunciato con un amore grande come il tuo. Ora il suo nome, che significa “puro”, diventa finalmente  vero.

E tutti gli altri? “Mormoravano”: non gioiscono, perché giudicano, e condannano te. Per loro Zaccheo è già, e rimane, condannato. Ai loro occhi tu ti fai suo complice entrando in casa sua e ricevendo da lui ospitalità. Non ti seguono più. In tal modo condannano se stessi a non avere gioia. Si escludono dalla festa, come il figlio maggiore che, nella parabola si riteneva creditore nei confronti del padre suo e non accettava il suo invito ad entrare a gustare la gioia del ritorno del fratello.

Che cosa succede ora nella casa che ti accoglie?

Zaccheo “si pianta” davanti a te. È avvenuto qualcosa di importante dentro di lui. Egli risponde al “subito” e all’ “oggi” che tu gli hai detto. La sua pronta decisione è il frutto della tua misericordia, che egli ha già ricevuto grazie alla tua obbedienza al Padre. “Ecco, io do la metà dei miei beni ai poveri”: chi gli ha detto di farlo? Nessuno: in lui c’è ora un cuore nuovo, aperto, non come quello del ricco epulone. In lui è avvenuto un trapianto: al posto del cuore di pietra ne è stato messo uno di carne. Scopre gli altri, anzitutto i poveri, quelli che tu hai sempre visto e amato. Li scopre e li incontra per amarli e sollevarli dalla loro sofferenza.

Incontrando te, tutto è nuovo in Zaccheo: cuore, sguardo, mani. Tutto si apre, tutto si schiude, nasce comunione, condivisione, pace. Ed egli non è più solo. L’egoismo dell’avarizia lo aveva condannato alla solitudine, e lo teneva schiavo dell’idolo del denaro.

E se ho rubato, restituisco”: compie la giustizia ristabilendo l’amicizia, e così ricupera il posto nella società da cui si era escluso e da cui veniva allontanato perché temuto e odiato.

Tutto ciò avviene semplicemente per l’incontro con te, col tuo sguardo, con il tuo amore, senza ricevere alcun rimprovero e alcuna esortazione da te! La misericordia ha ricuperato il peccatore che aveva fatto alcuni passi, lo ha cambiato, ed egli si è convertito. Zaccheo non è più quello di prima.

Oggi per questa casa si è fatta salvezza”: l’uomo è stato liberato dal potere, dalla schiavitù, dall’idolatria della ricchezza con le sue inevitabili conseguenze di solitudine, ingiustizia, avarizia, cattiveria, pretesa. Vera salvezza, santa e gioiosa!

“Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e salvare ciò che era perduto”: la pecora, la dramma e il figlio ora sono al loro posto. E la gioia è di tutti.

La misericordia è sotto l’albero, che, grazie ad essa, porta molto frutto!

La misericordia sotto l’albero non giudica, bensì soffre perché viene giudicata da coloro che ritengono di non averne bisogno. Ma la sofferenza viene premiata dal Padre. E noi vediamo qui ora anche la misericordia del Padre per te, Gesù, che puoi godere in anticipo il frutto del tuo viaggio a Gerusalemme, il frutto del tuo prossimo sacrificio, della tua passione e morte!

 


 

7.     La misericordia è inaspettata   Gv 5,1-18

1Dopo questi fatti, ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 2A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici,3sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. [ 4]

5Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. 

6Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». 

7Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l'acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me».

8Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina».  9aE all'istante quell'uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare.

 

9bQuel giorno però era un sabato. 10Dissero dunque i Giudei all'uomo che era stato guarito: «È sabato e non ti è lecito portare la tua barella». 

11Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi la tua barella e cammina”. 

12Gli domandarono allora: «Chi è l'uomo che ti ha detto: “Prendi e cammina”?». 

13Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato perché vi era folla in quel luogo.  

14Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio». 

15Quell'uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. 16Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato. 

17Ma Gesù disse loro: «Il Padre mio agisce anche ora e anch'io agisco».

18Per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.

  1. Signore Gesù, il primo impatto al tuo arrivo a Gerusalemme è l’incontro con una folla di persone malate, incapaci, bisognose di misericordia. Sono tutte ammassate intorno alla grande piscina davanti ad una delle porte della città, nei pressi del lato nord del tempio. Nessuna di quelle persone può entrare nel tempio, a causa della propria infermità. Sperano che quell’acqua porti loro guarigione e purificazione, per poter un giorno condividere la preghiera e assistere ai grandi riti che si svolgono nel Luogo santo. Il nome di questa piscina è ricco di significato e aiuta la fiducia: Betzatà, «casa di misericordia»!

Dov’è la misericordia per quest’uomo che era già infermo quando tu, Gesù, sei nato a Betlemme? È malato da trent’otto anni, tanti quanti il popolo ha dovuto vagare nel deserto a causa della sua disobbedienza (Dt 2,14). Quest’uomo può rappresentare tutti gli uomini, che tu hai visto da quando sei nato, tutti peccatori, bisognosi di misericordia. Senza di te, infatti, dov’è la vita? Nemmeno a Gerusalemme, città santa, c’è vita senza di te. Nemmeno la piscina che porta il nome “casa di misericordia” aiuta veramente: senza di te anch’essa è inutile, anzi, continua a deludere, ad alimentare la disperazione. Quella piscina dà a quell’uomo soltanto l’occasione di incontrare te, Gesù! Per questo si chiama “casa di misericordia”. Egli non ti conosce, non ti cerca, non sa nulla di te, eppure tu sei il Salvatore per lui, sei l’unico che gli può donare la misericordia che attende. Egli l’attende dagli uomini, l’aspetta da qualcuno che non esiste: nessuno riesce ad esaudire la sua attesa.

Tu, Signore Gesù, sai che la sua malattia è lunga: sta per raggiungere i quarant’anni tra due anni, quando tu salirai sulla croce. Oggi tu vuoi anticipare il frutto della tua passione, ed essere per lui la misericordia di cui ha bisogno e che da molti anni egli attende con perseveranza.

Quale misericordia? La guarigione? No, l’incontro con te. Per questo gli rivolgi la parola con la domanda semplice: “Vuoi guarire?”. È ovvio! Ma lui risponde con umiltà, ti apre il cuore in modo che tu possa entrarvi. Egli vuole guarire, ma non è ancora arrivato colui che lo potrebbe aiutare. Egli attende la misericordia da Dio, ma sa che anche Dio ha bisogno della volontà e delle mani dell’uomo per realizzarla.

A questo punto tu fai risuonare ai suoi orecchi la parola impossibile, quella cui tu stesso obbedirai, quando al terzo giorno compirai le Scritture: “Àlzati", risorgi! Come dicessi: «Sei morto, ma ora disponi di una vita nuova: colui che attendevi è arrivato, è lui stesso l’acqua in cui volevi essere immerso. “Àlzati”, partecipa fin d’ora alla mia risurrezione: chi mi ascolta e mi ubbidisce gode della vita nuova».

La tua parola, Gesù, è creatrice, dona all’uomo non solo salute, ma anche vita e vigore. La tua Parola è salvezza, è novità, è vita. Quell’uomo può cominciare a far fatica, prendere la barella e camminare.

La misericordia è l’incontro inaspettato con te. La misericordia è la tua parola che rimpiazza tutte le attese e tutti i desideri. La misericordia è l’obbedienza al tuo ordine, che arriva come un fulmine improvviso. La misericordia arriva dopo l’attesa e la pazienza perseverante. Adesso la misericordia è solo per lui, tra due anni sarà per tutti.

La misericordia però, tra gli uomini, ha dei nemici. “È sabato”, gli dicono, «non devi ubbidire a Gesù»! Così suonavano per quell’uomo le parole che volevano assicurargli l’ubbidienza alla Legge. Ma lui ribatte: “Colui che mi ha guarito mi ha detto: àlzati, prendi…”, cioè «io ubbidisco a lui, la sua autorità compie i prodigi di Dio». Infatti, al tuo arrivo la Legge è compiuta, anche il Sabato è giunto a compimento. Il Sabato aveva il suo significato in vista di te, per preparare la tua accoglienza. Ora sei presente tu, il datore della Legge. Sei tu il Sabato, la misericordia del Padre per l’uomo; e a te non dà più gloria la Legge, ma l’amore. L’amore obbediente a te compie ogni Legge!

Sei ancora tu, Gesù, che nel Tempio riconosci l’uomo reso vivo e libero grazie alla tua misericordia. Lo vedi in piedi, che cammina da solo; gli doni ancora una parola: “Non peccare più”. È la tua nuova misericordia: quell’uomo può così comprendere che tu non sei un guaritore, ma un uomo che viene da Dio, poiché ti interessi anche della sua vita spirituale.

Non peccare più”: «non disperare più, non essere senza speranza come eri prima di incontrarmi. Hai incontrato colui che libera, guarisce e salva, hai incontrato colui che è l’acqua che purifica e risana. Lui è sempre vivo: non abbandonarlo! Non allontanarti da me, non mettere di nuovo la tua speranza in un uomo, dal momento che hai incontrato me! Se ti allontanerai da me ti accadrà “qualcosa di peggio” della paralisi che ti ha afflitto, perché rimarrai senza vita, senza gioia, senza pace, senza salvatore!».

Dov’è la misericordia? È tutta in te, Gesù, che vedi con compassione l’uomo immerso nella folla che non lo aiuta, perché tutti infermi come lui. La misericordia è nel tempio in giorno di sabato, ma sei tu il tempio e sei tu il sabato, tu che dici con forza: «Risorgi, porta via il lettuccio, non ne hai più bisogno. Cammina, comincia a godere la libertà dei figli di Dio!».


8.     La misericordia crede e ubbidisce    Gv 2,1-12

1Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. 2Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 3Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». 4E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». 5Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

6Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. 7E Gesù disse loro: «Riempite d'acqua le anfore»; e le riempirono fino all'orlo. 8Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. 9Come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto - il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l'acqua - chiamò lo sposo 10e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all'inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». 

11Questo, a Cana di Galilea, fu l'inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

12Dopo questo fatto scese a Cafàrnao, insieme a sua madre, ai suoi fratelli e ai suoi discepoli. Là rimasero pochi giorni.

  1. Signore Gesù, finalmente l’evangelista parla di Nozze, del banchetto atteso da secoli da tutti quelli che ascoltano i profeti. È un banchetto che celebra l’amore di Dio per il suo popolo, amato perché diventi benedizione per tutti i popoli. Le nozze hanno luogo a Cana, lungo la strada che dal villaggio dove tua Madre ha ricevuto la parola dall’angelo, porta a quello dove tu donerai Parola di Dio a tutti. Alle Nozze è presente proprio tua Madre, che sa accogliere la ‘Parola’ per obbedirla.

Dov’è la misericordia? È proprio nel cuore della Madre. Ella vede tutto, vede i volti, e dai volti conosce i cuori. Nessuno degli invitati alla festa gioisce; partecipano sì tutti al banchetto di Nozze, ma non c’è festa. Come mai sono tutti tristi e cupi? Dov’è la gioia? Non può esserci, perché manca il vino. “Migliore del vino è il tuo amore” (Ct 4,10): così inizia il Cantico dell’amore della sposa allo sposo. La mancanza di vino accompagna l’assenza della gioia e l’assenza della gioia tradisce la mancanza dell’amore! Infatti tutti sono intenti e attenti a osservare leggi e precetti e a purificarsi dopo ogni piccola o significativa inadempienza. Per questo si trovano là i sei recipienti di pietra che dovrebbero contenere l’acqua ogni momento necessaria alla purificazione. Turbamento e paura sono costanti nel cuore di tutti. Chi può presumere di essere puro, di non aver bisogno di quell’acqua? La gioia è lontana, sconosciuta. Tua Madre, Gesù, che vive amando il suo Dio, e perciò esulta nel suo cuore, nota la mancanza della gioia. Solo chi la conosce ne nota la mancanza. Chi può comprendere la sua constatazione? Solo tu, il Figlio, che sei venuto per far conoscere agli uomini il Dio dell’amore e donare l’amore di Dio, fonte di gioia per il mondo intero. Tu puoi comprendere, e rimediare.

Non hanno vino”: ecco, qui è la misericordia, sulla bocca della Madre. Ella vede, nota la tristezza e l’impotenza di tutti. Non si lamenta, non critica, non mormora, non dice nulla a nessuno, ma dice tutto soltanto a te, Gesù. E tu, Gesù, capisci. Perché Maria manifesta a te la propria compassione? Perché sei tu la misericordia di Dio.

La festa che “il Signore preparerà” alla tua venuta fa gustare “vini eccellenti, vini raffinati” (Is 25,6). La coppa di vino era pure nelle mani di Melchisedek, quando offrì il sacrificio per Abramo (Gen 14,18) e in quelle di Aronne, al sacrificio per la sua consacrazione sacerdotale. Tu, Gesù, stai preparandoti al sacrificio, ora che sei “consacrato in Spirito Santo e potenza” dopo il Battesimo nel Giordano. Il vino non può mancare! Tu percepisci l’osservazione della Madre come richiesta, e come una richiesta umana. Ma tu vuoi e devi compiere solo la volontà di Dio, perciò devi attendere che sia lui a manifestarla. Vera misericordia è la tua obbedienza al Padre! Rispondi perciò alla Madre con una parola forte, come volessi dirle: «ciò che farò, non lo farò perché lo dici tu, ma perché me lo dice il Padre, fosse anche l’esaudimento del tuo desiderio». Tu però ti rivolgi a lei con un appellativo singolare: la chiami “Donna”; è il nome con cui Adamo ha riconosciuto il dono di Dio per lui, quel dono che gli ha concesso di godere la pienezza e completezza della sua umanità; il dono che gli ha finalmente dato modo di vivere l’amore, e di avere così nel cuore la gioia. Tua madre è la “Donna” che rappresenta tutte le donne che si fanno volutamente dono di Dio per gli uomini! Ella rappresenta pure noi, tua Chiesa, tua “sposa”, che ti ama e collabora con te a distribuire nel mondo il tuo amore.

Che vuoi da me?”: Maria non ti aveva chiesto nulla, solo attenzione alla tristezza degli invitati alle nozze. Ella, con le sue parole, ti ha mostrato la misericordia del suo cuore, che, oltre che nel suo cuore di madre, vive nella tua obbedienza al Padre, che ora ti spinge ad intervenire.

Maria sa che l’Ora della tua manifestazione arriva, perciò prepara il terreno dicendo ai servitori: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Ella sa che il Padre ha mandato te, il Figlio per la gioia dell’uomo: infatti la gioia ha sempre accompagnato la tua presenza, a cominciare da lei stessa, quando ti ha accolto a Nazareth, e poi quando ha salutato Elisabetta portandoti in grembo, e quando ti ha mostrato ai pastori e ai magi, quando ti ha messo sulle braccia di Simeone nel tempio. Ella sa che sei tu la gioia, e allora devi manifestarti, così che le Nozze siano comprese come quelle profetizzate da Isaia: Dio si dona agli uomini per amarli.

I servitori, preparati dalla Madre tua, ti ubbidiscono. Ella sa che tu non operi da solo, ma con le mani degli uomini. Dio ha sempre agito così: ha chiesto anche a lei il suo sì, come anticamente ad Abramo, a Mosè, a Davide e a tutti i suoi grandi amici. Devono essere pronti all’ubbidienza i servitori, devono ubbidire a te e non ad altri, nemmeno al proprio ragionamento. “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”: anche se vi pare faticosa, o strana, persino assurda. Dio stesso infatti ha chiesto ai suoi servi delle assurdità: cosa non ha chiesto ad Abramo e a Mosè? Anche a Giosuè ha chiesto di passare il fiume in piena. “Qualsiasi cosa”: la mente sarà libera da criteri personali. “Fatela”: ubbidite, perché lui stesso è l’ubbidiente. Anch’ella ora è ubbidiente, ponendo in te ogni fiducia: nonostante il tuo apparente rifiuto, sta “sperando contro ogni speranza”.

Ecco la misericordia della Madre: precede e prepara la tua di Figlio!

Riempite d’acqua le anfore”: rendetele efficienti. I sei pesanti recipienti di pietra vengono riempiti fino all’orlo. A questa obbedienza i servi sono abituati. Quante volte hanno portato l’acqua per la purificazione! Devono venire di nuovo tutti gli invitati a purificarsi? È per questo che manca la gioia? No, non più attenzione a leggi e decreti. Tutta l’attenzione degli invitati deve essere rivolta a te!

Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto”: non si è mai fatto così! Non sarebbe stato più semplice riempire i recipienti che stavano in tavola per le bevande?

Quell’acqua viene attinta, grazie alla nuova ubbidienza a tua madre e a te dei servitori attoniti. La tua misericordia si serve della loro ubbidienza faticosa e della loro pesante fatica per realizzarsi.

Cosa farà colui che dirigeva il banchetto? Gliela tirerà in faccia ai servitori? No, egli la sorseggia, e, stupito, gioisce. Quell’acqua, attinta e portata grazie all’obbedienza a te, Gesù, ha un sapore nuovo, il sapore della gioia: è il vino mai bevuto finora!

Non si vedono più volti tristi, dal momento che tu sei diventato importante. E tu hai fatto vedere che la Legge di Dio va messa nel cuore, va bevuta. Quando la Legge è dentro di noi, noi ubbidiamo non più come schiavi, ma per amore e con amore. Quando la Legge sei tu… allora inizia la gioia, frutto dell’amore. Ecco il vino, la gioia, frutto dell’amore: ecco, inizia la vera festa di Nozze, facendo nostra volontà la volontà del Padre.

Il direttore del banchetto riconosce che tu hai “conservato” il “vino bello” fino ad ora, e lo doni agli uomini. Il “vino bello” è uno di quei doni preziosi, “conservati” nascosti sotto il trono di Dio, che, secondo i rabbini, il Messia sarebbe stato finalmente autorizzato ad offrire agli uomini.

Ecco la misericordia!

Essa è qui, nel cuore, negli occhi e sulla bocca della Madre tua, nella sua fede, che ella continua a vivere anche dopo il tuo apparente rifiuto.

Essa è nella doppia obbedienza dei servitori, l’obbedienza facile e quella difficile.

È pure nelle parole del direttore del banchetto, che elogia il vino bello, anche se non sa da quali recipienti è stato attinto.

E la misericordia è tutta in te, nella tua obbedienza al Padre, che ti rende capace di trasformare gli uomini da schiavi in figli. Essi ora non si sentono costretti da Dio ad obbedire ai suoi comandi, ma lo amano, e per amore gli obbediscono, diventando portatori di gioia per tutto il mondo.


9.     La misericordia assetata disseta                  Gv 4,5ss

5Giunse così a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: 6qui c'era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno.

7Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». 8I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. 9Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. 10Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: «Dammi da bere!», tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». 11Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest'acqua viva? 12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».

13Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; 14ma chi berrà dell'acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna». 15«Signore - gli dice la donna -, dammi quest'acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua».

16Le dice: «Va' a chiamare tuo marito e ritorna qui». 17Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: «Io non ho marito». 18Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero».

19Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! 20I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». 21Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l'ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. 22Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. 23Ma viene l'ora - ed è questa - in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. 24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità».

25Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». 26Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».

27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?».

28La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: 29«Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». 30Uscirono dalla città e andavano da lui.

  1. Signore Gesù, durante un viaggio con i discepoli a mezzogiorno arrivi in uno dei luoghi carichi di evocazioni bibliche, profetiche per te. Il pozzo, presso cui riposi, è stato donato, con il terreno circostante, da Giacobbe al figlio prediletto Giuseppe! È quel figlio la cui vita è tutta una profezia della tua vita e della tua missione. Venduto dai fratelli, divenuto, da figlio prediletto, schiavo, dopo aver sofferto prigionia e tenebra, è stato esaltato, tanto da sedere alla destra del sovrano. Ed è proprio lui che ha confessato ai suoi fratelli: “Non vi rattristate per avermi venduto quaggiù, perché Dio mi ha mandato qui prima di voi per conservarvi in vita” (Gen 45,5). Per te perciò è molto caro e familiare questo luogo: qui ti senti a casa tua, in una tua proprietà spirituale. Qui puoi sedere e riposare. Qui si trova l’acqua che disseta, qui la fonte della vita: qui tu manifesterai di essere tu stesso il vero pozzo cui tutti gli uomini potranno attingere e ricevere vita in abbondanza! Qui è la misericordia!

Viene una donna ad attingere, e tu la incontri come un dono di Dio per te, come il servo di Abramo e come Giacobbe avevano incontrato Rebecca e Rachele, che li hanno dissetati con i loro recipienti. Erano le donne che avrebbero assicurato loro la discendenza. Questa donna darà nuovi figli per un nuovo popolo da consegnare al Padre?

La donna non viene alla sera, al tramonto, quando vengono le donne della città, ma nell’ora calda del mezzogiorno. Lei è sola, non ha interesse a incontrare le altre donne, per non diventare l’argomento di curiosità dei loro vuoti discorsi. Ella cerca solo di attingere acqua, e trova te!

Tu ripeti verso di lei le parole dei patriarchi: “Dammi da bere”! La donna è samaritana, ed ella stessa sa che, secondo le consuetudini giudaiche, non potresti rivolgerle la parola e ancor meno bere ai suoi recipienti ritenuti impuri. Ma tu, con la tua umiltà vera e profonda, riconosci che lei è dono del Padre per te, perciò non ti fai sentire al di sopra, ma al di sotto di lei, per dipendere dal suo buon cuore. La riconosci superiore: lei può dare a te il ristoro dell’acqua. Lei è misericordia di Dio per te, la misericordia che disseta.

I tuoi discepoli, preoccupati per il cibo, stanno cercandolo nella città degli uomini, mentre tu ti abbandoni alla provvidenza del Padre. E il Padre non solo ti procura l’acqua per la tua sete, ma ti dona pure di veder realizzato il tuo compito, espresso dal tuo nome: «Salvatore»! Tu avevi detto: “Cercate il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6,33). Tu stesso ora cerchi il regno di Dio, e perciò ti fai conoscere da quella donna, che non ha solo sete di acqua, ma anche di amore, di verità, di vita. Quanto occorre per la tua sete e la tua fame ti verrà dato! “Dammi quest’acqua”, dice finalmente la donna.

Tu sai però che se soltanto lei riceve la tua rivelazione, si troverebbe poi a disagio o in pericolo tra i suoi familiari e conoscenti, dilaniata dalla loro incomprensione. La inviti perciò a chiamare l’uomo con cui condivide la vita, perché anch’egli possa venire dissetato, e così la misericordia sia completa!

La donna ammette la propria solitudine, rattristata da molte illusioni da cui s’era lasciata deludere: tu stesso gliele riveli. E così lei comprende che tu sei illuminato da Dio, e perciò coglie l’occasione per manifestarti i suoi dubbi e le perplessità della sua fede. Tu sei colui che puoi ricevere le sue confidenze, puoi rispondere alle incertezze cui nessuno sa dare una risposta. I legami che lei ha avuto con gli uomini sono stati legami del tutto umani, quindi provvisori, deboli e senza frutto di vita. Ora ella sente che con te può stabilire un legame divino, nuovo. E tu puoi completare il dono della misericordia: le fai conoscere il Padre, e le riveli come il legame con lui si sviluppa e si mantiene “in spirito e verità”. L’adorazione di Dio, cioè il legame con lui, va coltivato nel cuore, continuamente, come un respiro interiore che non smette mai. Da Dio infatti riceviamo ogni istante la vita. Lui è davvero Padre, che continua a farci vivere con il suo amore. Conosciuto il Padre, anche tu ti puoi rivelare quale Messia: “Sono io, che parlo con te”. Il Messia non dev’essere per forza lontano nel tempo e nello spazio, ma dentro la mia esistenza: vi entra con la sua parola che nutre e disseta donando vita. La donna è dissetata. Ella ora può abbandonare la sua anfora per correre a condividere la gioia, non con un sol uomo, ma con tutti, lei che non aveva nessuno. Ella ha trovato il campo in cui è nascosto il tesoro, è la donna che trova la dramma da sempre cercata.

La sua gioia le dà parole per annunciare il vangelo: portando un’altra acqua, ella diventa misericordia per tutta la città. Lei che non avrebbe voluto incontrare nessuno per tenere nascoste tutte le sue traversie e le sue sofferenze, ora non ha più nulla da nascondere. Le sue vicende non sono più un segreto, dal momento che le conosci tu, Gesù; tu le hai trasformate e redente: infatti, hai fatto in modo che a causa di esse lei ti potesse incontrare e conoscere.

La misericordia ha liberato la donna dalla solitudine causata dal disordine e dal peccato; l’ha liberata dal doversi nascondere e dal voler nascondere la sua vita. Proprio ciò che avrebbe voluto nascondere diventa occasione di gloria per te e di verità per la testimonianza della donna. Tu, Gesù, sei luce che illumina; alla tua luce nulla fa più paura, anzi, tutto - anche il passato disordinato - diviene strumento di misericordia!

Un’altra volta ti vediamo assetato, Gesù. Ancora a mezzogiorno, sulla croce, tu gridi la tua sete a tutti (Gv 19,28). Ti umili di fronte a tutto il mondo, riconosci che tutti ti possono aiutare, amare, tutti ti possono donare la loro misericordia, che tutti possono essere dono del Padre per te. Qui non sei seduto al pozzo, ma sei tu stesso il vero pozzo di acqua viva, dove ogni assetato di vita e verità potrà ricevere l’acqua che disseta. Dal tuo cuore aperto tu doni l’acqua che al pozzo avevi promesso! Ora grazie al tuo grido la tua sete risveglia la sete in chi nemmeno si accorge di aver necessità di bere o non spera più di trovare chi gli possa offrire l’acqua viva che lo fa vivere.

Tutti gli uomini hanno sete di amore, di amore vero, e non sanno dove possono trovarlo. Hanno sete, come te, di ricevere amore, e hanno sete di donare amore. Chi cercherà di dissetare la tua sete con un gesto di amore gratuito, sarà a sua volta dissetato, ricevendo da te il tuo Spirito.

La misericordia ha sete e disseta, ha sete di te e dona te per la sete dell’uomo. Questa è la misericordia che tutti possono ricevere e, dopo averla ricevuta, ne possono divenire portatori.

Dopo averci mostrato l’umiltà, che chiede a tutti l’acqua, dici: “Chi ha sete venga, chi vuole prenda gratuitamente l’acqua della vita” (Ap 22,17).

Non ci preoccuperemo di essere sempre solo impegnati a dare, ad essere i primi ad amare: rischieremmo di sentirci superiori agli altri. La misericordia ha sete, chiede, si lascia amare.

Riconosci che tutti gli altri possono essere un dono di Dio per te; considerati inferiore a tutti con umiltà. Riuscirai a vivere il comandamento nuovo di Gesù: “Amatevi gli uni gli altri come io…”. È da questa misericordia che germinano quella comunione e quella pace che dissetano le profonde aspirazioni di ogni uomo che, in questa “valle oscura” cerca la fonte delle “acque tranquille”(Sal 23).


 

10.La misericordia genera la verità                  Lc 23,39-43

39Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!».

40L'altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? 41Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».

42E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno».

43Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

  1. Signore Gesù, tu soltanto puoi rispondere alla mia domanda: “È qui la misericordia?”. Sei sulla croce, e soffri terribilmente. Sei là al posto di Barabba! E per giunta insieme ai suoi compagni. Contro di te si riversa l’odio che toccava a lui e la condanna che lui si è meritato. Tu sei là e soffri perché il popolo ha creduto alle calunnie. La scritta posta sopra il tuo capo appare come derisione e invito alla derisione: infatti il significato che tutti attribuiscono a quelle parole è calunnia terribile. Solo tu invece ne conosci la profonda verità, la grande profezia, solo tu.

Gli insulti di uno dei malfattori utilizzano proprio quella parola scritta per farti soffrire ancora di più. Quegli insulti proclamano ciò che è verità agli occhi di Dio, ma lasciano capire che gli uomini hanno frainteso e continuano a fraintendere: “Sei tu il Cristo?”. Che cosa intende dire quell’uomo, che aveva creduto a Barabba, pensando fosse lui il portatore del benessere per il popolo e per gli uomini? Gli hanno insegnato che il Cristo è colui che comanda, che viene applaudito da tutti e si mette a dominare il mondo anche assassinando e facendo soffrire. “Sei tu il Cristo?”; a questa domanda sottintende: «allora fa’ quello che va bene per te e per me: “salva te stesso”, facci scendere da questa croce».

Persino i tuoi discepoli avevano frainteso il significato della parola e delle profezie che annunciavano il Cristo. Essi avevano provocato il tuo comando deciso di non riferire a nessuno questa parola, e proprio a Pietro hai dovuto dare un rimprovero severo perché non cedesse alla tentazione di fraintendere. Infatti, nemmeno lui, cui il Padre stesso aveva rivelato il segreto, si era premurato di comprenderlo secondo le Scritture.

Cosa puoi dire quindi a quest’uomo che soffre accanto a te? Non gli dici nulla, non rispondi all’offesa, non gli rimproveri l’ignoranza. Il tuo silenzio è misericordia.

Le sue parole sono tentazione per te, la stessa che avevi dovuto affrontare in vari modi nel deserto. Allora avevi reagito con la Parola del Padre. Ora la tua parola è il silenzio. Il tuo silenzio rivela la verità all’altro dei due. Convinto dall’amore del tuo silenzio, questi si ritrova nel cuore la verità. Egli comincia a conoscerti, anzi, ti riconosce proprio come colui di cui parlano la scritta e le derisioni offensive di chi ti ha condannato a morire. Egli crede che tu sei davvero il Re del Regno di Dio, sei “il Cristo”, inteso in modo nuovo e profetico.

Questa conoscenza di te risveglia in lui una nuova verità: riflettendo anzitutto su di sé, sul proprio passato, scopre di essere colpevole e di meritare veramente la condanna che l’affligge. Inoltre prosegue nella relazione con te, comprendendo che tu gli doni speranza per il suo futuro dopo la morte. Si premura di rispondere lui stesso a colui che, fino a quel momento, era stato suo amico e compagno di imprese biasimevoli. Gli risponde facendogli notare che il suo rapporto con Dio è malato: “Non hai timor di Dio?”. Lo rimprovera di non essere capace di riflettere e di riconoscere la differenza tra loro e te. Egli osserva che tu sei condannato come loro, ma non sei complice del loro peccato: tu non sei mai stato presente ai loro misfatti, non hai condiviso le loro violenze. Riconosce di aver agito in modo da meritare quella morte, e invita l’altro a fare altrettanto. E, come dice il salmista: “Insegnerò ai ribelli le tue vie” (51,15), si fa portatore della tua sapienza per far arrivare la tua misericordia a colui di cui è stato complice nel male. Riconosce pure che tu invece sei là con loro senza motivo, soffrendo con loro senza lamentarti, come avessi scelto tu di essere solidale nella loro sofferenza.

Ed è proprio così: quando tu, Gesù, sei sceso nel Giordano sotto la mano di Giovanni, avevi scelto di amare i peccatori, tutti gli uomini perché peccatori, e di prendere su di te il loro castigo. Allora era sceso lo Spirito Santo su di te, ed ora chi ha il cuore aperto lo vede e lo riconosce. Tu ami infatti i peccatori, per questo non ti lamenti vivendo la loro situazione, il loro castigo. Questa è la tua misericordia!

Tu realizzi la misericordia ascoltando i due malviventi e rispondendo loro con le risposte della misericordia: con il silenzio al primo, al secondo con una promessa solenne.

Ricordati di me”, dice questi. Così ti fa ricordare quel salmo che tu di certo avevi pregato: “Ricordati di me, Signore, visitami con la tua salvezza” (106,4) e “Ricordati di me nella tua misericordia” (25,6s). Anche Giuseppe in Egitto aveva rivolto queste parole al coppiere del faraone, che invece per due anni se ne è dimenticato. Tu di certo non dimentichi, perché lo Spirito Santo, che è su di te, ti rende attento e porta i frutti dell’amore.

Tu stai per morire; proprio per questo il ladrone ti rivolge con sicurezza la sua richiesta: “Ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. Egli è sicuro che la morte non ti fa scomparire, e che nemmeno lui finirà nel nulla. Questa fede del ladrone è misericordia del Padre per te: vedi in essa in anticipo il frutto del tuo sacrificio. È grande consolazione per te e promessa che di frutti come questo ce ne saranno molti.

Tu rispondi con solennità, quella solennità con cui rispondevi ai tuoi discepoli. È l’ultima volta che puoi dire “In verità ti dico”: ora anche lui è un discepolo. “Oggi con me sarai nel paradiso”: l’ultima misericordia, quella che anch’io, e noi tutti vorremmo. Solo sulla croce tu dici così e solo a colui che è con te sulla croce. Per poterla udire anche noi, dobbiamo essere con te sulla croce, nella passione:. Infatti “Se moriamo con lui, con lui anche vivremo” (2Tm 2,11) e “Dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni” (At 14,22).

È misericordia per noi tutto questo fatto: è la prima vera confessione, esempio per le nostre confessioni. Il peccatore si riconosce colpevole come Davide: “Le mie iniquità io le riconosco” (Salmo 51,5), e, quale ringraziamento, si impegna non a ripetere gli errori, bensì a correggere l’altro peccatore, come Davide: “Insegnerò ai ribelli le tue vie e i peccatori a te ritorneranno” (51,15), e lo aiuta a riconoscerti, Gesù, dicendo: “Egli invece non ha fatto nulla di male”. Finalmente poi si butta nelle tue braccia: è il gesto più importante, preparato dagli altri due: “Ricordati di me…”, e così fa ricordare altre preghiere: “Alle tue mani affido il mio spirito” (Sal 31,6); “A te si stringe l’anima mia” (63,9).

La misericordia ci porta a riconoscere la verità anzitutto del nostro essere peccatori, per chiedere e ottenere perdono e vita nuova. La misericordia ci rende rivelatori di te ai fratelli peccatori come noi. E la misericordia ci fa il dono di riconoscere la verità di te, Gesù, re del regno, che salvi chi crede alle parole scritte sopra il tuo capo. E così ci abbandoniamo all’abbraccio del nostro Dio e Signore!

 


 

11.La misericordia è guida sicura  Gv 16,12-15

12Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.

 

13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.

14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.

  1. Signore Gesù, sto accanto a te con fiducia e anche con curiosità. Quali sono le cose che hai ancora da dirmi? Tu non mi riveli quanto sai che non riuscirei a comprendere, o ad accogliere, o a realizzare con la mia debole obbedienza. Tu insegni tutto, ma con gradualità, secondo le capacità di chi ti ascolta. Tu sai di che cosa abbiamo bisogno, ma sai fin dove arriva la nostra capacità di ascoltare, di capire, di ubbidire, di fare… Non ci dici ciò che al momento non riusciremmo ad afferrare o realizzare, per non metterci in conflitto con la nostra coscienza. Ci accogli pur nella nostra incapacità di obbedirti, e, piuttosto che vederci nel dubbio e nella confusione, attendi. Davvero grande e continua è la tua misericordia!

Grazie, Signore Gesù!

Cosa ci occorre ancora per superare l’ostacolo della nostra incapacità? Ci occorre lo Spirito Santo, che tu hai promesso, e che verrà quando saremo pronti, com’è avvenuto per i tuoi apostoli. Essi lo hanno atteso in preghiera con pazienza e ubbidienza, quando li hai esortati a “non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre” (cf At 1,4), e anche: “Restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto” (Lc 24,49).

Ora tu dici appunto ai discepoli: “Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità”. Per riuscire ad accogliere la tua Parola è necessario lo Spirito Santo che verrà.

Ciò significa che, fin che noi siamo senza di lui, siamo in una verità parziale, cioè nella non verità, o nella menzogna, siamo ancora fuori del nostro ambiente stabile e sicuro. E così, senza Spirito Santo siamo incapaci anche di relazioni vere, profonde, sicure, fruttuose, arricchenti. Senza lo Spirito Santo siamo incapaci di conoscere il significato e il valore della nostra stessa vita, del nostro lavoro, del nostro riposo. Ci illudiamo inoltre di essere utili a qualcuno e illudiamo gli altri, lavoriamo senza vedere uno scopo alla nostra fatica, parliamo senza dire nulla di valido, apriamo la bocca a vuoto, senza donare pace né consolazione o ristoro.

Lo Spirito Santo è la vera misericordia per l’uomo e per l’umanità. È il più grande dono che Dio ci offre, tramite te, Gesù. È il dono che costruisce la persona umana e la fa crescere verso la tua statura. Esso è il dono che ci fa conoscere te e il Padre, ci fa somiglianti a lui, rendendoci capaci e gioiosi di amare, e ci rende davvero figli di Dio, secondo il tuo desiderio. Lo Spirito Santo è il dono di Dio che apre il nostro cuore a riconoscere il fratello non come concorrente o come disturbo, ma come amato da Dio; è lui che ci apre il cuore per amare il fratello ed essere misericordiosi con lui. Inoltre è il dono che fa nascere la vera amicizia e ce la fa vivere con fedeltà, come l’hanno vissuta Gionata e Davide (1Sam 20). Lo Spirito Santo poi riesce in ciò che nemmeno la buona volontà dell’uomo riuscirebbe: riesce a far sì che ci offriamo a Dio, come ti sei offerto tu, Gesù; così infatti si sono offerti con gioia i tuoi discepoli, gli apostoli e Stefano e moltissimi altri fin dall’inizio e lungo tutti i secoli.

Tutta la verità” o “la verità tutta intera” non è una serie di nozioni o conoscenze perfette, ma è quella forza che trasforma l’uomo, e anche me, in amore disinteressato, amore divino. Lo Spirito Santo appunto ci fa da guida sicura in questo cammino, difficile e lungo. Non arriviamo a “tutta la verità” fin che anche noi non diventiamo misericordia!

Questo cammino, che non terminerà mai, perché mai il mondo sarà vinto del tutto nelle nostre membra e nella nostra mente, non si compie con l’apprendimento di idee o parole interessanti o intelligenti, ma con una vita vissuta con il Padre, con il Dio amore. Solo lo Spirito Santo può condurci in modo sicuro e fruttuoso. Egli ci fa uscire dal peccato, da quello della nostra carne e della nostra mente, da quello della nostra cultura e della nostra società, e ci fa entrare nella visione di Dio. Ciò avverrà appunto con la conversione ad una vita pura, secondo la parola pronunciata da te: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” (Mt 5,8).

Lo Spirito Santo infatti ci può guidare perché “dirà tutto ciò che avrà udito” da te, mio Signore Gesù. Grazie a lui comprenderemo le tue parole, e grazie a lui riusciremo a vivere la vita vera, a far diventare i tuoi insegnamenti vita concreta, a importarli nella nostra carne.

Grazie allo Spirito Santo vivremo finalmente quelle parole che abbiamo imparato persino a memoria, il “Padre nostro”! Non saranno più frasi ammirevoli, belle parole, ma saranno la descrizione della nostra vita divenuta contemplazione di Dio, contenitore dei suoi desideri, concretezza del suo amore misericordioso.

E ancora, grazie allo Spirito Santo, vivremo pure in modo da far vedere a tutto il mondo la realtà delle parole che tu hai pronunciato dicendo “Beati”. La gioia, che anima ogni nostra obbedienza a te, diverrà un dono grande per tutti. E lo Spirito di verità ci renderà beati nel vivere l’amore fino alla fine, quello del tuo “comandamento nuovo”.

È lui, lo Spirito Santo che realizzerà finalmente la volontà del Padre che ha detto con insistenza: “Ascolta, Israele” (Dt 6,4), e poi ancora “Ascoltatelo” (Mc 9,7), quando ti ha presentato ai tre discepoli come suo Figlio. Con la sua forza il nostro ascolto diverrà vita nuova, vita vissuta con te e in te e per te.

Quale grande misericordia per noi è lo Spirito Santo! E non solo per noi, ma per tutto il mondo, che grazie a noi potrà conoscerti e conoscere il Padre. Egli ci allontanerà dal mondo, ma perché il mondo possa vedere una cosa nuova, quella che i re e i profeti hanno desiderato vedere e mai poterono vedere!

Grazie a questa misericordia saremo tuoi testimoni, ti daremo gloria, e tu stesso potrai essere presente nel mondo per illuminarlo e cambiarlo.

Che misericordia c’è senza Spirito Santo? È lui “che dà la vita”, ed è in esso che tu, Gesù, puoi battezzare gli uomini perché siano divinizzati!

Vera misericordia quindi è solo quella che viene dallo Spirito Santo e quella che porta Spirito Santo. È lui la vera misericordia. È lui che permette a te di dirci quello che non potevi dirci prima, a causa della nostra incapacità di ascoltarti e di ubbidirti.

Tu ci rendi convinti che «la nostra vita raggiunge la sua piena statura con l’acquisizione dello Spirito Santo, e il nostro compito nel mondo è realizzato quando da noi si effonde lo Spirito Santo» (FGR, Riuniti, 20; cf. S.Serafino di Sarov).

Penserò alla misericordia desiderando perciò lo Spirito Santo e pregando il Padre e te, Gesù, che me lo doniate. Così potrò rispondere a chi mi interrogherà: «Vieni, la misericordia che cerchi è qui! Anch’io te la posso donare!».


Àbba, è qui la misericordia?

Sì, vieni, è proprio qui!

Vedi la strada? La strada per cui sei venuto e quella per la quale andrai è misericordia: essa rende facili i passi e spedito il cammino per incontrare tuo fratello, per avvicinarti con umiltà al nemico, e vederlo diventare amico, per salutare il passante e dargli gioia. Sulla strada corrono i tuoi passi verso la casa di Dio, per ricevere da lui la vita, per offrire a lui il tuo cuore e presentargli le tue mani vuote e disponibili e pronte al servizio. La strada è misericordia.

Vedi la scala? Ti fa salire e ti fa scendere, ti fa salire a godere la tua grandezza a fianco di chi ha il servizio dell’autorità, ti fa scendere a diventare piccolo a fianco del disprezzato, dell’umiliato, del sofferente. La scala è misericordia.

La sedia su cui riposi è misericordia. La sedia su cui mi stai ascoltando è misericordia: ti permette di ascoltare e apprendere con minor fatica, con maggior libertà.

Le scarpe ai tuoi piedi sono misericordia: i sassi, le pietre, la sabbia rovente, il fango gelato, il freddo delle pietre, non ti disturbano, non ti distraggono, non rallentano il tuo cammino. Le scarpe sono misericordia.

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Nel tuo cuore è la misericordia. In esso trova tenerezza il piccolo, il bambino, l’incapace, l’ignorante, l’infermo; un po’ di posto, stretto, lo trovano anche il colto e il dotto, in esso un po’ di spazio c’è per lo sconosciuto, come per il tuo parente ed il tuo amico. In esso entro anch’io. Nel tuo cuore c’è posto per il Dio di tutti, Padre che li attende! Lui presente, lo spazio del tuo cuore si allarga, si dilata, si riempie di amore, di pazienza, di fiducia, di attesa, di umiltà. E si prepara a confondersi col cuore stesso di Dio. Il tuo cuore è misericordia!


ESERCIZI SPIRITUALI

 

occasione per amare Gesù mandato dal Padre

a riversare in noi lo Spirito Santo!

Lo amiamo: ascoltandolo – contemplandolo – scegliendolo - obbedendogli - adorandolo.

Egli riverserà in noi il suo Spirito, che ci trasforma.

Diverremo gloria di Dio Padre e benedizione per gli uomini,

che si aspettano novità dal Cielo: Dio dà loro, come dono, la nostra vita modellata da Lui!

Sarai aiutato dall'obbedienza - dalla povertà - dal buon esempio di alcuni - dal pensare bene di tutti!

Farai in modo da non disturbare nessuno e da non lasciarti disturbare: per te e per gli altri questo tempo è troppo importante!

Come trascorrerai il tempo di silenzio? Anzitutto non temere né preoccuparti:

Dopo aver letto e riletto il brano del Vangelo, sceglierai una frase e la ripeterai venti, trenta o quaranta volte, adagio al ritmo del respiro. Ripeti l’esercizio con un’altra frase, e poi ancora. La Parola viene dal cuore del Padre, impregnata di Spirito Santo! Passandola dalla mente al cuore avverrà ciò che avviene quando passi e ripassi la spugna bagnata sul tavolo sporco: questo rimane ripulito e umido. Così la tua mente e il tuo cuore, grazie alla Parola, saranno purificati e arricchiti di Spirito Santo!

Non devi produrre nulla, né devi essere efficiente con i pensieri: la Parola di Dio, infatti, porta in sé la ricchezza del Cuore del Padre: amore, gioia, pace, pazienza, mitezza, consolazione, sapienza, vita!

Non preoccuparti, per davvero: farai come Maria, che

"custodiva queste Cose, meditandole nel suo cuore"!

Esercizio accompagnatorio:

penserai positivamente di tutti. Non accoglierai pensieri negativi o di critica verso nessuno! Senza questo esercizio tutto sarà inutile, non porterà il frutto che il Padre s’aspetta da te e per te. 

Gesù ti ha chiamato: egli ha dei programmi per te:

te li comunicherà, se userai il tuo tempo per ascoltarlo!


Nulla osta: P. Modesto Sartori, capp., Arco, 28 agosto 2016