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OMELIE / Omelie IT

06 gen 2016
06/01/2016 - Epifania del Signore

06/01/2016 - Epifania del Signore

Giornata dell’Opera Infanzia Missionaria

1ª lettura Is 60,1-6 * dal Salmo 71 * 2ª lettura Ef 3,2-3.5-6 * Vangelo Mt 2,1-12

 

San Paolo ci manifesta il punto centrale del mistero che celebriamo oggi: “Le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità” che viene data al popolo di Dio! Gli Ebrei ritenevano di essere solo essi benedetti da Dio, mentre gli altri, cioè “le genti” o “i popoli”, erano ritenuti esclusi dalla misericordia. Era per loro facile dimenticare la benedizione promessa ad Abramo, una benedizione per tutte le famiglie della terra! La venuta di Cristo Gesù era per tutti, ma quando egli stesso tentava di dirlo veniva aspramente contraddetto e perseguitato, come lo fu a Nazaret, quando aveva osato affermare che, persino tramite i grandi profeti Elia ed Eliseo, Dio aveva beneficato persone pagane. Gesù poi ha dichiarato di offrire la vita e di versare il suo sangue per tutti, e, quando ha mandato i suoi apostoli a battezzare, li ha mandati a tutti i popoli in tutto il mondo. Questo grande mistero dell’amore e della misericordia di Dio per tutti comincia a presentarsi già a Betlemme, oggi, grazie ad un episodio narrato accuratamente dall’evangelista Matteo. Esso è troppo duro per essere accolto anche da noi, e perciò è stato preparato dalla lettura del profeta Isaia. Questi narra una visione: contempla venire a Gerusalemme i popoli lontani, e li vede “portati in braccio”, tutti per un’unica festa, amati come figli e figlie. Vengono da lontano, sono quindi pagani, ma, se vengono qui, è segno che Dio li accoglie e li ama. Sì, vengono a Gerusalemme, perché “la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli”: i popoli che non conoscono Dio vivono a tentoni, come nella nebbia: anch’essi cercano una patria luminosa. È proprio così. È Gesù, che viene tramite il popolo ebraico, ad aprir loro gli occhi perché godano della luce di Dio, della sua sapienza e del suo grande amore.

Preparati da questa profezia e dalla annotazione di San Paolo, possiamo ora leggere il brano evangelico per comprendere il suo significato più vero e più bello. I “Magi vennero da oriente a Gerusalemme” alla ricerca di una novità, di un bambino. Essi pensano che sia novità solo per loro, e per questo, giunti a Gerusalemme, parlano come se ciò che essi cercano fosse notizia già ampiamente risaputa nella città. Qui invece si accorgono di essere essi stessi a loro volta rivelatori per coloro da cui cercano rivelazione. Colui che è novità per loro è novità per tutti. Anche se in città tutti vivono con la speranza e la certezza della sua venuta, è un bambino sconosciuto, che nessuno ha visto e che nessuno osa cercare. Il fatto che essi trovino udienza e attenzione particolare dal re Erode ci fa pensare che anch’essi debbano essere di dignità regale. Erode manifesta completa ignoranza, e completo distacco. Eppure la loro ricerca lo sconvolge. Egli sa che ciò che gli viene detto ha origine da Dio, e per questo chiama in aiuto gli uomini altolocati in campo religioso. Essi lo devono soccorrere, però lui non ha alcuna intenzione di rispettare la volontà che Dio manifesta tramite le Scritture che vengono interrogate. Egli vuole interpellare le Sacre Scritture, ma per opporsi ai disegni di Dio. È davvero profonda la sua malvagità.

Quando i Magi arrivano a Betlemme, là dove è presente Gesù, si trovano come in un altro mondo. Si accorgono d’essere passati per un luogo di diffidenza, di menzogna, di adulazione e di paura, e di trovarsi ora in un luogo di pace, di semplicità, di verità, di comunione. Davvero è un altro mondo. E qui essi stessi godono di aprire i loro scrigni per svuotarli, per condividere le loro ricchezze: ne ricevono grande gioia. Capiscono poi che nel vecchio mondo non possono più tornare. Il mondo dei grandi, dei potenti, dei ricchi, di coloro che contano, non fa più per loro. Avendo accolto Gesù nel loro cuore si accorgono di non appartenere più a quel mondo che finora sembrava invidiabile. Per non rinunciare a quella gioia che hanno assaporato davanti a Gesù e a sua Madre Maria, “per un’altra strada fecero ritorno al loro paese”. Vivranno nel nascondimento: hanno scoperto che per essere nel Regno di Dio bisogna rinunciare alle grandezze dei regni umani, che per conservare la gioia devono far propria l’umiltà, che per godere la vita sulla terra devono rinunciare alle sue ricchezze. Queste le hanno depositate davanti al Bambino. È lui l’unico capace di gestire in modo divino, e quindi veramente umano, la ricchezza, la gloria il sogno di una fama eterna. Questo infatti rappresentano l’oro, l’incenso e la mirra. Chi ha incontrato Gesù, gode che sia lui ad adoperare la ricchezza come dono per i miseri della terra; chi ha amato Gesù vuol dare gloria solo a lui, riconoscendo, come Giovanni Battista, che “lui deve crescere, io invece diminuire”; chi ha visto Gesù fa in modo che tutti possano vedere lui per amarlo, oggi e in futuro.

Col salmo continueremo a proclamare: “Tutti i re si prostrino a lui, lo servano tutte le genti”. E, naturalmente, cominciamo noi ad adorarlo servendolo, servendo i piccoli e i poveri che lui ama in tutti popoli.

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