ME
NU

Trinità

TRINITA'

 

CONTEMPLAZIONE E CATECHESI

con l'aiuto dell'icona di S. Andrej Rublev.

 

Santissima Trinità (detta dell'Antico Testamento), «scritta» da S. Andrej Rublev (+1430) con la benedizione del Superiore del Monastero della SS. Trinità, Beato Nikon, nel 1411 circa. Iconostasi, cattedrale della SS. Trinità, Laura Troitze-Serghieva (Zagorsk) - ora a Mosca, Galleria di Stato “Tretjakov”.

 

 

 

 

Con l'aiuto dell'icona "scritta" da un santo monaco russo proviamo a contemplare il mistero della vita del nostro Dio.

È vero che non possiamo comprendere Dio, ma ciò non ci deve scoraggiare dal contemplarlo! Quel che la mente non capisce lo potrà capire il cuore: Gesù ha detto: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv 14,24).

Queste pagine saranno solo come l'aprire una delle svariate porte che introducono a godere e accogliere l'Amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

La loro misericordia e fedeltà possono colmare le lacune e rimediare là dove il mio peccato offusca la Luce. È Dio stesso, Padre, Figlio, Spirito Santo, che si rivela ai piccoli che credono in Gesù.

don Vigilio Covi

 

1. MOSTRACI IL TUO VOLTO.

L'uomo non ha mai visto Dio. "Dio nessuno l'ha mai visto" (Gv 1,18) ci dice con sicurezza l'evangelista Giovanni. Dio rimane nascosto. "Avvolto nella nube ti ho dato risposta", dice un Salmo (Sal 80).

Egli è nei cieli, in dimensioni di vita che noi non raggiungiamo, non tocchiamo, non sperimentiamo. Eppure abbiamo il desiderio di "vederlo": "Mostraci il tuo volto. Non nascondermi il tuo volto" (Sal 27,8)!

Il desiderio di vedere Dio è sempre stato così profondo e vivo, che l'uomo stesso ha ceduto alla tentazione di crearsi delle immagini per aver almeno l'illusione di poterlo vedere, per vederne almeno un'immagine.

Le immagini uscite dalla mente e dalla fantasia dell'uomo non furono solamente statuette di legno, di bronzo, d'oro o di terra; e certamente non furono e non sono quelle le più pericolose. Ci sono immagini intellettuali che possono resistere a qualunque distruzione; il bronzo e l'oro possono esser distrutti, ma l'immagine che l'uomo si fa nella mente può lasciare sempre dei segni deleteri, ogni volta che egli cerca di pensare a Dio e di parlare con Lui.

L'immagine pericolosa, che l'uomo eredita come causa e frutto del peccato originale, è quella di un Dio padrone. Verso Dio l'uomo ha sospetto e giudizio, talora accusa, spesso paura e senso di costrizione, cui reagisce al massimo con la rassegnazione. Questi atteggiamenti, cui può seguire persino la ribellione, sono la conseguenza dell'immagine che egli vuole avere di Dio.

Questa immagine, come qualunque altra, impedisce all'uomo di incontrare il Dio vivo, il Dio vero. Persino quando l'uomo bestemmia, bestemmia spesso questa immagine: non avrebbe tutti i torti, se davvero Dio fosse così.

"Mostraci il tuo Volto!"

È necessario che Dio ci mostri il suo Volto affinché noi abbandoniamo l'immagine falsa. È necessario che Dio si riveli perché possiamo stabilire con lui un rapporto vero di fiducia, di rispetto, di amore.

"Mostraci il tuo Volto, e saremo salvi!"

"Mostraci il Padre, e ci basta" (Gv 15,8) disse Filippo a Gesù. È vero: ci basta! Quando lo vedremo sapremo d'essere amati, voluti, benvoluti: ci basta. Gesù non lascia Filippo senza risposta: "Chi ha visto me ha visto il Padre" (Gv 14,9)! Abbiamo finalmente l'immagine di Dio, anzi, più che un'immagine! Vedere Gesù equivale a vedere il Padre e riceverne l'abbraccio.

"Questa è la vita eterna, che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo" (Gv 17,3).

Conoscere Dio come Padre è vita e vita eterna, definitiva.

Gesù ci rivela il Padre nel mentre si presenta come "Suo" Figlio e vive con Lui un rapporto di amore totale. Dal vivere di Gesù con Dio conosciamo Figlio e Padre e Spirito, relazione d'unità luminosa e unica!

Gesù distrugge tutte le nostre immagini di Dio. Sia quelle di un Dio grande, lontano, immobile, sia quelle di un Dio padrone.

Egli comincia già nel deserto ad abbattere i loro piedistalli. Quando gli vien detto: "Se sei figlio di Dio, di’ che questi sassi diventino pane" (Mt 4,3), gli si vuol insinuare l'immagine di Dio padrone. Sarebbe come dire: "Dato che sei figlio di Dio, fa’ quel che vuoi, fatti padrone". Egli invece innalza l'immagine di Dio Padre, come se dicesse: "Se sono figlio di Dio, resto figlio, voglio dipendere da Lui, che mi ama e sa ciò di cui ho bisogno".

Poi Gesù continua ad abbattere gli idoli, false immagini di Dio, quando parla alle folle sul monte. Là Egli, come nuovo Mosè, anzi, più che Mosè, con gioia dice: "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei cieli" (Mt 5,3)! Dio cioè non è un Dio lontano e immobile, ma è un Dio che si compiace della compagnia dei poveri, di coloro che non fanno affidamento sulla forza o sulla ricchezza, ma solo su di Lui!

Vivendo da figlio Gesù ci mostra sempre il Padre e lo Spirito d'unità e fiducia e umiltà che fa di loro Uno solo.

Dio è Padre: un papà che ama il Figlio. Tra di loro brilla un Amore che si espande su tutto il creato!

Guardando Gesù che si offre a portare l'amore verso gli uomini fin sulla croce posso dire anch'io: ho visto Dio! Dio è amore.

Chi vuol vedere Dio non può più esimersi dal guardare l'unica vera immagine: Gesù è "l'icona del Dio invisibile" (Col 1,15).

Da Lui riceviamo la conoscenza del vero Dio, vita eterna per noi. Conoscerlo è vita, perché conoscerlo significa iniziare a rispondere al suo amore e iniziare a partecipare al suo amore per l'uomo peccatore.

Grazie, o Dio, che mi mostri il tuo Volto, Volto di Figlio e Volto di Padre,

Volto di Figlio, che si illumina della luce del Volto del Padre,

Volto di Padre, che fissa con predilezione il Volto del Figlio,

Fuoco, che scaturisce dall'incontro degli sguardi d'amore fiducioso e obbediente!

 

2. MESSAGGI E MESSAGGERI.

Prima di inviare il Figlio come Sua "immagine", Dio manda i suoi "angeli". "Angelo" significa messaggero. Essi sono immagine di Dio; ciascuno di loro porta solo un piccolo grande messaggio, dal quale capiamo d'essere amati, d'essere al centro delle attenzioni di Dio, d'essere preziosi ai suoi occhi. Attraverso i suoi angeli Dio ci rivolge la sua parola e accoglie la nostra risposta o le nostre richieste.

Angeli, messaggeri di Dio! Ora non sono necessari, perché c'è tra noi il Figlio, Parola viva, messaggio completo del Padre. Eppure Dio continua a lasciare a portata di mano molti suoi messaggeri visibili e invisibili.

Chiamo così tutte le sue creature, "opera delle sue dita"!

Tutto ciò che Dio ha creato mi può parlare di Lui; un fiore, una pietra, un ragno ...! Sì, anche il ragno che sta disegnando la sua rete deve dirmi qualcosa del mio Dio, mio creatore. Mi dirà solo qualcosa, perfezionato da ciò che aggiungerà la vetta innevata e il cielo azzurro e la voce dei bambini che mi circondano. "Dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da Lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità" (Rom 1,20).

In me sono nascosti degli occhi che possono "vedere" Dio.

"Pose lo sguardo nei loro cuori" (Sir 17,7)!

Mi parlano di Lui anche le creature umane. Egli ha scelto i suoi profeti tra gli uomini, sia quei profeti che hanno dato messaggi speciali al suo popolo, sia quelli che nessuno chiama profeti, ma che col loro essere, col loro agire e con le loro parole di sapienza e di scienza, mi trasmettono segni della sapienza, della consolazione e della volontà del Padre.

Suoi angeli sono pure le creature invisibili che parlano al cuore assicurando la mia vita sulle strade dell'amore o mi custodiscono dai pericoli del corpo e dai pericoli delle tentazioni maligne donandomi luce e forza. 1

Ma da quando Dio Padre ha mandato il Figlio Gesù sulla terra i miei occhi di carne possono essere coinvolti più direttamente nel contemplare il suo Volto. Leggo le parole scritte dagli Apostoli, parole uscite dalla bocca di Gesù. Odo le stesse parole risuonare ai miei orecchi. Non importa chi le pronuncia, non importa chi le scrive, non importa in che lingua sono tradotte, con che inchiostro o su quale carta sono fissate. Esse sono mezzi che mi portano all'incontro col mio Dio, un incontro nel quale anzitutto sono preceduto nell'amore. Essi sono "angeli" che mi presentano i tratti, i lineamenti del Volto paterno, dolce e fermo del mio Dio, del tuo Dio, del Dio unico.

1) I nomi degli Arcangeli sono molto espressivi: Michele: chi è come Dio?: ci difende dall'idolatria.

Gabriele: forza di Dio: ci comunica l'energia dell'amore divino.

Raffaele: medicina di Dio: ci guarisce dalle ferite dell'Avversario.

 

3. UN'ICONA.

Non esiste un solo modo di scrivere, come questo: lettere dell'alfabeto, parole, frasi, carta e inchiostro. Non c'è solo questo modo di trasmettere il messaggio dell'amore di Dio. Dio stesso, che ama anche gli analfabeti (e un po' lo siamo tutti) e gli stranieri, inventa e suggerisce modi diversi, perché il suo amore possa esser "visto" da chi non sa leggere una lingua o non la sa tradurre.

Dio ha creato i colori e noi li adoperiamo, come adoperiamo l'inchiostro.

Un santo monaco russo, Andrej Rublev, (canonizzato dalla Chiesa di Mosca nel 1988), è stato incaricato e benedetto per "scrivere" una pagina dell'amore di Dio. Egli doveva tradurre col linguaggio dei colori quel messaggio che era trasmesso sulle pagine dei Vangeli con l'inchiostro e che era stato almeno in parte già scritto nella carne della vita fraterna che egli viveva con gli altri monaci del suo monastero.

Andrej ubbidisce. Questa è la sua vita: ubbidire per amore, perché la vita del suo Dio è amore che ubbidisce.

Ma come "scrivere" con colori l'amore di Dio? Come trasmettere ad una pagina di legno coperto di gesso il linguaggio di quel Dio che nessuno ha mai visto né può vedere? Quanto tempo avrà trascorso in preghiera, in silenzio, in ascolto il monaco Andrej? Certamente tanto quanto Gesù ha trascorso nel deserto allorché "seppe" d'essere il Figlio di Dio, colui cioè che, nella propria carne e nei propri movimenti interiori ed esteriori, sa di trasmettere la vita del Padre.

Nella sua obbedienza Andrej comincia a preparare la pagina: una tavola di legno. Come Dio ha preparato una storia e una cultura per accogliere il Figlio, come Maria e Giuseppe hanno preparato una mangiatoia per il bambino, così ora egli prepara il legno: lo scava, come per preparare una culla per la nuova... manifestazione del messaggio d'amore.

Il mistero di Dio si sta nuovamente avvicinando agli uomini, come figure, come messaggio, come parola scritta con forme e colori. Dio ha bisogno di una culla. L'icona che ne verrà fa parte del mistero grande e umile dell'Incarnazione di Dio. L'incavo del legno me lo dice, e mi fa essere riverente e gioioso.

Dio mi sta amando!

 

4. FORME GEOMETRICHE.

Ora il monaco santo ha già cominciato a tradurre il S. Vangelo.

Ha "scritto" delle figure geometriche: un cerchio, un triangolo, alcune forme quadrangolari. Il cerchio è una linea che non ha inizio né fine: può dirmi benissimo l'eternità e la perfezione del mio Dio. Il suo amore è senza inizio e senza fine. Il suo amore è perfetto!

Nel cerchio stanno perfettamente le tre figure angeliche che dovranno con maggior chiarezza parlare ai miei occhi e al mio cuore.

Il triangolo, la cui base è il lato superiore del tavolo e il cui vertice posa nel capo dell'angelo centrale, è la figura semplice che mi dice tre in uno, uno in tre: Dio è uno, ma mi incontra in tre modi distinti, Dio mi ama in tre diverse maniere, con tre cuori uniti in un sol movimento d'amore.

Cerchio e triangolo non si vedono. Ci sono, ma non si vedono. Proprio come il mio Dio, che è presente eppure non lo vedo.

Le forme quadrangolari invece sono ben definite, visibili, individuabili. Esse sono le pedane, gli sgabelli, il tavolo. Sono visibili com'è visibile il creato e la terra che essi mi rappresentano. La terra era ritenuta un grande tavolo quadrato, segnata dai quattro punti cardinali, percorsa dai quattro grandi venti, racchiusa dai quattro angoli.

La terra e tutto ciò che è terrestre è vario, distinto, diviso in vari schemi e dimensioni: alto - basso, vecchio - giovane, prima - dopo, concreto - astratto... Le forme quadrangolari sono perciò anche nella nostra icona numerose, diverse, separate.

Esse mi rappresentano la terra visibile nella sua pluralità di realtà distinte. Questa terra accoglie e ospita il cielo invisibile: il mio Dio non si vergogna di prender posto sulla terra, di farsi ospitare come pellegrino.

 

5. ANGELI PELLEGRINI.

È proprio questo il tema che fa apparire sull'icona i tre angeli che danno forma al cerchio divino, contengono il triangolo e poggiano sugli elementi quadrangolari che vorrebbero significare la terra: gli angeli pellegrini che sono stati ospiti di Abramo, il padre del popolo di Dio, padre della fede! Essi sono gli angeli-pellegrini, cui Abramo imbandì la mensa: le focacce impastate da Sara, il vitello preparato dal servo, il latte acido e il latte fresco serviti da lui personalmente (Gen 18,1-15).

Abramo parlava con i tre ospiti come si parla con uno solo. Erano tre, ma Abramo li vedeva così uniti, come ne vedesse uno. Essi stessi, pur essendo tre, parlavano come uno solo. E parlavano trattando Abramo da amico che deve conoscere i loro segreti.

È la terra che ospita il Cielo o è il Cielo che com-prende la terra?

Il nostro monaco scrittore dell'icona ha preso come figura base per la sua pagina quell'episodio così bello e caro della vita del primo Patriarca (Gen 18).

Abramo non ha visto Dio se non attraverso i tre angeli, ma ha parlato con Lui, ha dialogato, s'è fatto partecipe del suo colloquio.

I tre angeli seduti sotto la Quercia di Mamre possono perciò donarci i messaggi necessari perché noi possiamo "vedere" o "intravedere" le tre divine Persone, il loro amore reciproco, la loro vita, la loro unità; gli Angeli non sono Dio, ma ci parlano di Lui, ne riflettono la luce, ne riportano i voleri, ne fanno gustare l'amore essendo anch'essi "impastati" d'amore divino.

Guardiamoli in volto.

Per Dio gli anni non contano e non si contano. Egli è sempre nuovo, come l'amore vero. Il monaco Andrej tratteggia i lineamenti dei volti dei tre angeli con caratteristiche giovanili: esse esprimono, meglio che non i lineamenti della vecchiaia, l'eternità di Dio. La vita e la storia sta tutta davanti a Lui, il passato compreso. Egli può disporre oggi anche di ciò che è avvenuto ieri, e domani di ciò che avviene oggi!

La giovinezza di Dio è la perenne giovinezza dell'Amore.

Anche noi sperimentiamo che "mentre il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova, di giorno in giorno" (2Cor 4,16). Vivendo nell'amore di Dio l'uomo ringiovanisce.

L'anziano che vive in compagnia del Dio dell'amore si ritrova un cuore giovane: lo possiamo costatare ogni giorno!

Questi angeli hanno volto d'uomo o di donna? La vita di Dio è completa, non ha bisogno di complementarietà come quella dell'uomo.

La vita di Dio è amore pieno, perfetto, amore forte e dolce, amore tenero e tenace. In Lui non compare la differenza che dev'esserci nell'uomo maschio e femmina. È Dio che dà la vita all'uno e all'altro. Dio può essere padre e madre insieme. Per questo chi vive con Lui, chi lo tiene costantemente davanti agli occhi, diventa forte come un papà e dolce come una madre: anche l'uomo che ama Dio riceve da Lui pienezza di vita che colma i vuoti della natura. La vita dei santi ce ne dà continua testimonianza.

 

6. I SEGNI: IL BASTONE E LA VESTE.

I tre angeli non hanno deposto il bastone da pellegrini. Lo tengono nella loro mano sinistra, pronti ad alzarsi per continuare il viaggio.

Dio è sempre ... di passaggio. Egli passa. Devi dargli attenzione e ospitalità quando passa. L'uomo non deve lasciarsi sfuggire le occasioni del passaggio di Dio!

Dove va? Egli andrà a vedere Sodoma, va a rendersi conto di persona di ciò che ha sentito dire. Vuol vedere con i propri occhi - occhi d'amore - quel che Gli è stato riferito. Chi altri potrebbe riferire a Dio la vera realtà delle cose o dei fatti?

Quale uomo potrebbe informare Dio di quanto succede sulla terra? Quale uomo riuscirebbe a trasmettere quanto succede nei cuori altrui?

I bastoni portano degli ornamenti all'estremità: sono scettri regali.

Dio può esser chiamato Re, ma soprattutto dev'essere trattato come Re.

Egli però, naturalmente, non esercita la sua regalità come un dominatore. Gli scettri restano bastoni da pellegrino, strumento utile per il viaggio sulla terra in mezzo agli uomini. Sono bastoni colorati di rosso. Non vantano l'oro come gli scettri umani, che sono simbolo di potere spesso violento, oppressivo, somigliante a quello di Satana.

Sono rossi, del colore della sapienza che ama, dell'amore che sa pazientare. Tale è la regalità di Dio!

Tutt'e tre gli angeli portano doppia veste: tunica e mantello. La tunica aderisce alla persona, ne manifesta la natura. Il mantello è ben visibile all'esterno; è il vestito che rappresenta e manifesta il ruolo, il compito, la missione. Ogni angelo porta una delle due vesti color azzurro, il colore del cielo. Questa veste parla e dice: Dio! L'uno è Dio, l'altro pure e il terzo è ancora Dio. Tre angeli che ci manifestano l'unico Dio che ci ama con tre cuori distinti. Tre angeli che ci mostrano l'Amore divino, la Comunione delle "Persone" divine.

Riusciranno questi angeli a trasmetterci la conoscenza dell'amore divino in modo tale che possiamo amare il Dio che conosceremo? E noi riusciremo a comprendere l'Amore che per amarci si vuol far conoscere? Riusciremo a cogliere - senza distorcerli a vantaggio di una nostra vanità o comodità o ambizione - i messaggi che gli angeli di Dio ci donano in vari modi?

 

7. GESÙ: VERO UOMO.

L'angelo vestito dei colori più vistosi e che attrae anzitutto il nostro sguardo è quello centrale. Non tutta la sua figura è visibile: la parte inferiore, con i piedi, ci è nascosta dal tavolo bianco che distingue e unisce le tre persone.

Egli porta una tunica ampia, maestosa. Il colore di questa veste è il rosso cupo, potremmo dire il colore del sangue versato. Egli è persona divina - ce lo assicura il colore del mantello -, ma il suo essere intimo, profondo, quello che a noi è maggiormente vicino è la sua umanità.

Quest'angelo ci dice che una Persona divina è uomo, uomo vero, uomo fatto di carne e di sangue. È un uomo proprio come noi, capace di morire come noi, che deve anzi morire come tutte le creature fatte di carne e di sangue. E il suo morire è un soffrire, perché comporta versare il sangue. Il colore rosso-sangue-versato è molto eloquente: parla del morire d'un uomo che muore per amore.

Quest'angelo ci vuol parlare di Gesù, l'uomo vero che poté esser presentato da Pilato come il vero uomo: "Ecco l'Uomo" (Gv 19,5)! Certamente l'unico Uomo che non ha mescolato l'umanità con gli idoli, che non ha sottomesso la sua carne umana al dominio del re della morte, Satana (Gv 14,13). L'unico Uomo capace di portare con dignità e con evidenza l'amore divino: sulla tunica rossa splende il manto azzurro della divinità.

Gesù è vero uomo, più vero di noi. Noi presentiamo un'umanità rovinata, corrotta, schiava di passioni, un'umanità che serve spiriti malvagi quali l'odio e l'invidia, l'avarizia e l'impurità, la vanità e la malizia.

Gesù è l'uomo vero. Come uomo deve essere conosciuto, avvicinato, amato, contemplato. Sarà Lui, Gesù uomo, che mi farà conoscere e amare Dio come Padre, come Amore. Benché Gesù sia uomo perfetto ed io lo possa quindi "vedere" e comprendere, mi rimane tuttavia in parte nascosto. C'è sempre in Lui qualcosa che supera le mie capacità di vedere e di comprendere. Egli fa parte del "mistero", del disegno eterno di Dio. Con gioia dico "grazie" per quanto mi è dato di conoscere. Con umiltà dico "amen" a quanto ancora non mi è concesso, sapendo che sta a Lui comunicare la sua Pienezza a chi Egli vuole. Con fiducia dico "ti amo", sapendo che a chi lo ama Egli si manifesterà (Gv 14,21). Egli è l'uomo in cui abita tutta la pienezza della divinità (Col 2,9).

Se avvicinassi Gesù come fosse un "Dio", correrei il grosso pericolo nel quale si è impantanato Pilato quando gli hanno detto: "S'è fatto figlio di Dio" (Gv 19,8). Allora Pilato s'è lasciato prendere dalla paura. E la paura non è stata nemmeno per lui buona consigliera. Pilato pensava a Dio come a un padrone di cui aver paura. E così ebbe paura davanti a Gesù, ritenendolo "figlio" di un "dio" capace di vendicarsi come i suoi "dei".

Anche noi, se partissimo con l'idea che Gesù è Dio, potremmo pensare a Gesù come ad una di quelle divinità che la nostra fantasia sa immaginare: e quello non è Gesù, quello non è Dio!

Dio stesso ci ha mandato il Figlio Suo come uomo, come bambino perché lo potessimo avvicinare senza paura. È Lui che ci porta al Dio vero, che ci fa conoscere che Dio è amore. Gesù uomo, mostrandoci il suo rapporto col Padre, ci introdurrà alla conoscenza del vero Dio.

Guardiamo il capo di quest'angelo: è tutto chinato verso l'altro angelo, quello appunto che ci illumina sulla persona del Padre.

Gesù lo ama: lo vedi da come è disponibile, pronto. Gesù dona totale fiducia alla parola che il Padre pronuncia verso di Lui. Se le figure potessero parlare, sentiresti le voci: sono quasi palpabili.

"Tu sei mio figlio" (Ebr 1,5)! "Eccomi, abbà!" "Io vengo per fare la tua volontà" (Ebr 10,9). Io vengo per realizzare i tuoi desideri, per rendere concreto nella carne umana il tuo amore che si vuol donare, che vuole trasmettersi agli uomini.

 

8. IL PADRE.

L'angelo, verso cui Gesù guarda con umile riverenza e piena fiducia e totale amoroso abbandono, ci aiuta a contemplare il Padre.

La tunica di quest'angelo è azzurra, ma è nascosta. Il Padre è Dio, ma nessuno l'ha mai visto (Gv 1,18). In compenso il mantello che comprende tutti i colori, mentre nasconde l'intimo della persona, ne rivela la gloria: esso rappresenta tutta l'opera di Dio, la creazione con la sua magnificenza. "I cieli narrano la gloria di Dio e l'opera delle sue mani annunzia il firmamento... per tutta la terra si diffonde la loro voce..." (Sal 18).

Le opere di Dio manifestano la sua Presenza, la sua sapienza, il suo amore, le "sue perfezioni invisibili" (Rom 1,20)!

Abbiamo un Padre che sa creare, ma soprattutto sa seguire con amore le sue creature. Guarda con quale delicatezza e con quale attenzione e umiltà Egli svolge il ruolo di Padre! Da Lui ha origine la vita: la sua posizione eretta, - dignitosa, ma umile -, dice che è Lui la fonte di ogni movimento. Ed il primo movimento è l'amore col quale benedice la terra. La sua mano, con la mitezza di chi non vuol mettersi in mostra, si alza sul quadrato della mensa, che mi rappresenta la terra, per benedirla. Questa benedizione trasforma la coppa posata al centro in coppa di benedizione e il tavolo, cui è consegnata, in altare.

La mano benedicente è mossa in direzione del Figlio, attento e disponibile. La parola che questi pronuncia: "Ecco, io vengo" diviene l'amen eterno alla Volontà del Padre: "Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la Tua Volontà" (Lc 22,42).

Questa parola è accompagnata dal gesto che il Figlio ripete: anch'egli benedice l'umanità indicando il calice che egli ha bevuto per primo.

Il Figlio, infatti, fa ciò che vede fare dal Padre(Gv 5,19), perché lo ama. Egli non attende ordini, ma ama cercando l'obbedienza. Il Figlio sviluppa il proprio amore nell'obbedienza. Egli ama facendo ciò che fa il Padre: alza la mano per esprimere il suo amen al cenno del Padre. Con questa mano benedicente il Figlio prolunga il movimento dell'amore iniziato dal Padre per coinvolgere la terza Persona: verso di essa è orientato anche il suo braccio.

 

9. TERZA PERSONA: LO SPIRITO SANTO

Il terzo angelo ci annuncia una terza Persona: essa veste la tunica azzurra e il mantello verde, il colore di ciò che vive: Egli è Dio e dà la vita.

È la Persona dello Spirito Santo, terza Persona che accoglie e approva e continua i movimenti d'amore delle prime due. Terza Persona!

Hai visto un cero? Di cos'è fatto? Cera e stoppino. Bene. Finché la cera vuol restare cera e lo stoppino rimane "se stesso" quel cero è inutile, anzi, occupa spazio prezioso. Quando la cera si scioglie, disponendosi a donarsi allo stoppino per lasciarsi consumare, e lo stoppino si lascia bruciare per accogliere la cera, allora ecco una terza realtà, ecco la fiamma! Ed è questa fiamma che dà significato e alla cera e allo stoppino, e li rende fecondi, utili, preziosi. È questa fiamma prodotta dal reciproco "donarsi" di cera e stoppino che diffonde attorno luce e calore a tutto ciò che la circonda. Ed è ancora essa che riscalda la cera affinché possa continuare a donarsi e ammollisce lo stoppino perché possa assorbire la cera continuando il movimento che dà il frutto meraviglioso della luce.

Quest'esempio ti dice qualcosa?

Com'è grande e bello il nostro Dio! Egli è Amore che si dona, Egli è Amore che accoglie, è Amore che si offre pronto a morire; un unico movimento del triplice donarsi reciproco: dall'Amore che si dona, all'Amore che accoglie, ed esce la Fiamma d'amore che avvolge anche me, e te e tutto il mondo: lo Spirito Santo, la terza Persona. E come non posso staccare la fiamma dal cero perché viva da sola, così non posso pensare lo Spirito Santo senza riferirmi al continuo donarsi del Padre al Figlio e di Gesù al Padre! E nemmeno posso pensare d'essere immerso nello Spirito di Dio se non sono in continuo rapporto d'amore che si dona, se non mi lascio "consumare" dall'offrirmi con Gesù al Padre!

Lo Spirito Santo è Dio e "dà la vita". Il manto verde di questo terzo angelo sparge il suo colore anche sotto il tavolo, davanti alle predelle, sullo spazio che circonda i simboli della terra. Lo Spirito dà la Vita: la sua luce e il suo calore avvolgono tutto l'universo e continuano a creare opere che cantino la gloria di Dio: "Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra" (Sal 104,30).

Lo Spirito è la terza Persona: mi avvolge e mi compenetra quando, come il Figlio, mi offro al Padre per lasciarmi consumare! quando, come il Padre, dono amore agli uomini come a figli. Se invece mi chiudo a pretendere oppure a lamentarmi o ancora a rifiutarmi di donare, allora torna il buio nei miei occhi, la tristezza nel cuore e la durezza sul volto, perché lo Spirito Santo, terza Persona, in me non trova più il rapporto di ... cera e stoppino che si lasciano morire l'uno per l'altro.

È questa terza Persona che, - come mi mostra il movimento dell'angelo di destra -, accoglie la Volontà d'amore che il Padre indica al Figlio e che il Figlio fa propria. La mano dell'angelo della Vita posata sul tavolo-altare porta a destinazione la duplice benedizione degli altri due angeli.

È lo Spirito di Dio che permette e rende gli uomini capaci di accorgersi dell'amore con cui sono amati.

È la sua luce che apre gli occhi all'uomo perché questi possa vedere in Dio un papà e in Gesù il vero figlio di Dio.

È la sua forza che riempie il cuore degli uomini di capacità di testimonianza perché possano trasmettere ad altri quanto hanno visto.

Gli apostoli sono stati mandati solo quando hanno ricevuto "la forza dall'Alto" (Atti 1,8), la vita nuova che li ha resi coraggiosi e lieti di soffrire per il Nome di Gesù (Atti 5,41).

È lo Spirito Santo che oggi trasforma il pane ed il vino in Corpo e Sangue del Signore come cibo quotidiano per coloro che s'accostano al tavolo di Dio.

Lo Spirito Santo fa giungere a destinazione, nel più profondo dell'uomo e delle convivenze umane - famiglie e comunità - l'amore del Padre e del Figlio.

Nello Spirito l'amore di Dio può riposare; anche gli uomini che ne sono avvolti entrano nel riposo.

 

1O. GESÙ VERO DIO.

Con l'orientamento di tutta la sua figura l'angelo dello Spirito riporta il nostro sguardo al Padre attraverso il Figlio.

Lo Spirito, e solo Lui, ci fa dire: "Gesù è Signore" (1Cor 12,3)! Solo nello Spirito Santo, e non con le capacità della nostra intelligenza, possiamo riconoscere a Gesù di Nazareth autorità divina sulla nostra vita, tanto da chiamarlo "Signore". È lo Spirito che - continuando ad amare - ci manifesta l'uomo Gesù come Dio! Quel Gesù, che ho conosciuto come vero uomo, lo vedo così proteso al Padre e così pieno della Pienezza dell'Amore, tanto che posso rivolgermi a Lui con le parole: "Mio Signore e mio Dio" (Gv 20,28)! Lo Spirito Santo, entrando in me, mi apre alla vera conoscenza dell'amore di Dio che s'è fatto uomo: il Verbo si fece carne!

Lo Spirito Santo è fonte e luce della vera conoscenza di Dio: vera, perché non mi lascia estraneo a Lui, ma mi fa partecipe della sua stessa "pienezza": "Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia" (Gv 1,16).

Facendomi "conoscere" Gesù come vero Dio, e come mio Signore e Signore di tutto l'universo, - perché siede alla destra del Padre -, lo Spirito Santo mi mette nel cuore la volontà di obbedire a Gesù, perché la sua Signoria si possa manifestare in me! E attraverso l'obbedienza a Gesù lo Spirito Santo mi orienta e mi fa giungere al Padre, mi fa contemplare il Padre come la mèta della "via" che è Gesù stesso e a cui Egli mi invita quando mi dice: "Seguimi" (Mt 9,9).

Il Figlio di Dio è seduto "alla destra" del Padre (Mc 16,19). Come mai il nostro iconografo lo ha invece posto alla sua sinistra? Non si è posto il problema, oppure ricordava quanto disse S. Paolo, che noi, cioè, "vediamo come in uno specchio" (1Cor 13,12)? : ora in uno specchio si vede la realtà rovesciata!

Al Padre giungo con la confidenza del bambino che dice: abbà, papà (Gal 4,6). È lo Spirito stesso che - rompendo in me orgoglio e falsi pudori - grida a Dio la parola che non contiene né sospetti né gelosie né fraintendimenti: "papà"!

Lo Spirito mi fa diventare bambino, proprio ciò che è necessario perché io possa entrare nel Regno, perché possa sedere anch'io a quella mensa privo di soggezione, gioioso di libertà infantile (cfr. Mc 10,14)!

 

11. CIRCOLAZIONE DELL'AMORE.

Ritornato così con lo sguardo al Padre, vedo ricominciare il movimento dell'amore. Il Padre non attira su di sé le mie attenzioni. Egli mi indica il Figlio suo, Gesù, uomo rivestito della divinità, uomo vero e Dio vero, portatore dell'amore del Padre fino alla morte, fin dentro la morte.

Il Padre mi indica il Figlio che porta sulle spalle il clavo: una striscia dorata (segno della più alta dignità presso gli antichi romani) il cui significato può esser paragonato a quello della stola che portano i nostri sacerdoti, giogo dell'obbedienza volontaria cui Egli si è sottomesso con amore e per amore. A chi ubbidisce pienamente si può dare totale fiducia!

Al Figlio che s'è fatto obbediente fino alla morte il Padre dà perciò pieni poteri, e a noi dice: "Ascoltatelo" (Mc 9,7). Ascoltate Lui. Prendetelo come maestro, il maestro che parla a nome mio, che dice la mia volontà, che indica le mie vie, che vi fa conoscere i misteri, che vi guida sulle vie della salvezza e della santità. "Ascoltatelo". Il giogo dell'obbedienza diventa il segno della dignità e autorità divina di cui Gesù è stato insignito.

Ma ancora "il Figlio fa ciò che vede fare dal Padre" (Gv 5,19).

Il Padre non attira su di sé i nostri sguardi. E così fa pure Gesù: Egli continua a orientarci al Padre perché gli diciamo ogni giorno "eccomi", e continua a indicarci lo Spirito dicendo: "Egli vi guiderà alla verità tutta intera" (Gv 16,13). "Egli vi ricorderà ciò che io vi ho detto" (Gv 14,26). Egli vi metterà in bocca le parole da dire quando dovrete parlare davanti ai grandi della terra (cfr. Lc 12,12). Egli, lo Spirito, vi coprirà di forza dall'Alto perché siate testimoni miei (cfr. Gv 15,27); Egli sarà il vostro Consolatore, Egli vi difenderà (cfr. Gv 16, 8-13). Addirittura "Egli pregherà in voi e intercederà per voi" (cfr. Rom 8,26).

E il movimento dell'amore continua: un angelo chiama l'altro in un'unità perfetta. La vita del Dio uno e trino è unità, unità fatta di fiducia e obbedienza reciproche che manifestano e realizzano e diffondono un amore pronto a lasciarsi consumare.

Padre, Figlio e Spirito Santo: movimento perenne d'amore! Amore che parte dal Padre e che lo Spirito ci permette di vedere, comprendere e ricevere quando "accogliamo il Figlio" Gesù (cfr. Gv 1,12)!

 

12. ALTARE E CALICE.

Il reciproco amarsi delle tre Persone non forma un cerchio chiuso: il loro amarsi è aperto da quell'altare cui è consegnata la coppa.

È verso quella coppa che sono diretti gli sguardi e orientate le mani degli angeli.

Dio contempla l'umanità simboleggiata dal tavolo quadrangolare: la vede perduta e la vuole salvare. La vede affamata e la vuole nutrire; la vede abbandonata e la vuole sposare.

Tutto quest'amore che vuol risuscitare, nutrire e sposare l'umanità è contenuto in quella coppa.

E quella coppa è consegnata agli uomini, consegnata sì, ma continuamente osservata e benedetta e accolta direttamente dall'attenzione di Dio. Quella coppa è nelle mani degli uomini rimanendo sempre il calice di Dio su cui si posa la benevolenza, la compiacenza e la compassione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

A quel calice bevono gli uomini. Essi bevono così l'amore triplice di Dio. Ricevono la vita divina, l'amore capace di rappacificare, unire perdonando, l'amore che rende accoglienti e pronti a trasmettere il dono di Dio col dono di sé.

Io posso dire soltanto grazie! È già un grazie, anzi, il più vero grazie, l'accostarmi per bere. È il rendimento di grazie che il mio Dio attende e per il quale si consola e si compiace. È eucaristia: render grazie. Il mio mangiare e bere a quella coppa rallegra il cuore del Padre, che vede giungere a compimento per mezzo dello Spirito il sacrificio del Figlio.

Gioia di Dio! Il volto del mio Dio è insieme gioioso e afflitto.

Non è triste della cattiva tristezza, ma di quella che "soffre" perché vede rifiutato l'amore e la gioia e la vita da Lui offerti: "soffre" perché vede gli uomini perdersi ancora.

È una "tristezza" che mi fa alzare per dire: Kyrie eleison!

Ecco, io vengo! Eccomi, manda me!

 

13. FUORI DEL CERCHIO.

All'esterno del cerchio e del triangolo, ma in armoniosa connessione con essi, notiamo delle figure, anch'esse destinate a comunicarci una parte del messaggio: le realtà create completano ciò che gli angeli vogliono dire. Tutto il creato, che è plasmato dalle mani di Dio, ci manifesta qualcosa della sua bellezza e della sua grandezza, del suo amore. Anche i fatti che avvengono nella storia del mondo e degli uomini sono causa di stupore, ci fanno sussurrare: "O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio" (Rom 11,33)!

Dietro la figura dell'angelo dello Spirito vediamo ergersi qualcosa di indefinito. Che cos'è? una montagna? una vampata di fuoco? una folata di vento? Che cos'ha voluto rappresentare il nostro fratello iconografo?

Una montagna? È nel silenzio del monte che lo Spirito parla e agisce: è là che Egli ha attirato Mosè ed Elia perché stessero alla presenza del Dio Salvatore. Ed è sul monte che Gesù ha portato i suoi per rivelarsi trasfigurato; è sul monte che Gesù consegnò lo Spirito; è sul monte che Gesù salì per essere innalzato e sedere alla destra del Padre.

Una fiammata? lo Spirito di Dio è come fuoco, come fiamma che scende sul capo dei discepoli di Gesù: un fuoco che illumina dall'interno coloro che lo ricevono affinché vedano l'amore e la direzione dell'amore. Un fuoco che il Figlio di Dio vorrebbe fosse già acceso e divampasse sulla terra per purificare e rinnovare.

Una folata di vento? vento è lo Spirito, un vento che non si può fermare, che non si può racchiudere: non puoi dire "io ho lo Spirito": da quel momento non ce l'hai più, perché lo Spirito è vento, è movimento d'amore. Se mi ripiego a guardare me stesso esco dal movimento dell'amore che è dono di sé continuamente rinnovato. Se mi vanto di quel che ho fatto non sono più nel dinamismo del vento divino: Egli soffia sempre verso l'angelo di centro, verso il Figlio Gesù: è Lui degno di attenzione, è Lui mèta di contemplazione. Lo Spirito mi porta a guardare sempre a Lui.

Dietro al Figlio s'alza l'albero verde, le cui fronde sono mosse sempre dal vento divino. Quest'albero mi richiama quello che con la sua ombra ristorava i tre pellegrini ospiti di Abramo, la Quercia di Mamre. Qui invece è diventato l'albero della vita, l'albero del Paradiso che produce frutti di vita per ogni stagione e foglie che sono medicina per ogni malattia (cfr. Apoc 22,2). Il frutto di quest'albero è il Figlio di Dio stesso, Germoglio del tronco di Davide (cfr. Apoc 5,4; Is 11,1).

Una preghiera della liturgia bizantina dice che dall'albero della vita del paradiso terrestre è stato preso il legno per la croce, vero albero che ha dato la vita al mondo e ha guarito le nazioni dal peccato.

Quest'albero, mosso dal Vento dello Spirito, spinge le sue fronde verso una casa: orienta il nostro sguardo verso la dimora che il Padre ha preparato, e che apre porte e finestre per accogliere chiunque, mosso dallo Spirito, si nutre dall'Albero di vita.

Quella casa è destinata ad accogliere i figli degli uomini, diventati fratelli di Gesù. Dentro di essa ricevono l'amore del Padre, si ritrovano uniti, per far festa ed essere partecipi dei segreti eterni.

La casa non è un'opera della creazione di Dio come l'albero e il vento o il fuoco o la montagna. La casa, per essere edificata, richiede il lavoro dell'uomo, la collaborazione e l'armonia di più uomini. Il Padre dona a chi giunge a Lui il suo amore, attraverso il calore di persone umane, che si sono lasciate riunire in edificio santo. Il Padre accoglie e ama tramite la Chiesa, la comunione dei suoi figli riuniti dal Figlio. La Chiesa: grande mistero della manifestazione dell'amore di Dio, Dono che il Padre adopera ormai per amare il mondo; e non può non adoperarlo: il Figlio obbediente e lo Spirito d'amore l'hanno costruita con sapienza e sudore di sangue.

La Chiesa: edificio già completo e ancora in costruzione. Ne sono anch'io una pietra viva (cfr. 1Pt 2,4-5)?

 

14. IL MIO POSTO.

I tre angeli silenziosi sono in colloquio. Quali sono le loro parole? Quale l'argomento del loro ascoltarsi?

Potessi udire! Potessi intervenire! C'è per me un posto dentro il loro cerchio?

Mi avvicino.

Non posso entrare nell'intimità della loro comunione dal retro, in maniera furtiva per non esser visto: ci sono le ali angeliche che mi impediscono di vedere, di ascoltare, di parlare.

Mi è possibile accedere solo davanti, là dove io posso esser fissato negli occhi e perciò interpellato. Senza questa disponibilità dovrei rinunciare a stare alla presenza del mio Dio!

Qui, davanti, trovo subito lo spazio per appoggiare i piedi: uno spazio verde, promessa e già dono di vita! Basta solo iniziare il cammino d'avvicinamento al Dio dell'amore e subito si sperimenta la gioia della vita! Il mio spazio verde ha la forma precisa di coppa, assomiglia a quella consegnata sull'altare. La vita che ricevo è vita che già ora inizia a donarsi, a offrirsi per essere sostegno e sollievo per qualcuno.

Le mie ginocchia si troveranno all'altezza della piccola apertura che si trova sul lato anteriore dell'altare: luogo tradizionalmente occupato dalle reliquie dei martiri di Gesù.

Lo spazio della tovaglia di cui posso godere ripete la forma di una coppa: anticipo, presentimento o profezia? Persino lo spazio che le figure dei due angeli laterali mi aprono1, presenta la forma di un grande calice. In esso si trova già immerso l'angelo del Figlio.

Gesù infatti è il pastore che offre la vita e la offre da sé stesso (Gv 10,18), è colui che si consacra, cioè si offre in sacrificio per i suoi, è il vino nuovo destinato a otri nuovi; a Lui mi posso unire. Ecco il mio posto, quello che mi permette di intervenire nel dialogo d'amore dei tre angeli, che parlano e ascoltano l'amore effondendolo attorno a sé.

Il continuo ripresentarsi della forma della coppa (anche le ali di ciascun angelo sono disposte in modo da alludere ad un calice) ha senza dubbio un benefico influsso sul mio sguardo: quello è il mio posto, bere il Figlio di Dio, il suo amore fatto di umiltà e di benedizione; mentre bevo divento bevanda che si lascia consumare.

Il mio entrare nel Dialogo Divino così non segna una interruzione né una deviazione al motivo del Colloquio, e nemmeno un cambiamento al tono delle voci. La mia presenza non crea disturbo, ma può inserirsi pienamente e armoniosamente.

Il posto pronto per me è quello stesso occupato dall'uomo Gesù.

Non occorrerà che mi inventi nulla, perché tutto è già compiuto da Lui: basterà che io mi immedesimi nel suo ruolo, per quel tanto che mi sarà dato dalla benedizione del Padre e dal soffio dello Spirito.

Eccomi, vengo!

Gesù, Figlio di Dio, abbi pietà di me!

Spirito Santo, purificami e vivificami!

1. (lo vedi prolungando verso il basso e verso l'alto le linee laterali della tovaglia bianca).

 

15. PROPOSTE.

L'icona del monaco S. Andrej ci ha guidato nel contemplare qualcosa della luce con cui la conoscenza di Dio Trinità ci abbaglia.

Ti propongo ora tre esercizi e una conclusione, affinché non sia vano il tuo aver letto e contemplato e goduto durante questo momento di riflessione sulla SS. Trinità.

1) Cerca un luogo tranquillo, senza rumori né distrazioni per gli occhi.

Immedesimati nel cuore del Padre e sussurra il nome del Figlio, come per chiamarlo. Egli è bambino e dev'essere svegliato, Egli è in croce e dev'essere consolato. Pronuncia il suo Nome adagio per alcuni minuti, al ritmo del respiro: Gesù... Gesù... Gesù...

Poi per altrettanti minuti immedesimati nel Figlio per rispondere:

Abbà,... Papà... eccomi... eccomi... abbà... io vengo... per fare, o Dio, la tua volontà!...

A cosa serve? A non restare "ascoltatore smemorato" che "illude se stesso" (Gc 1,25). Serve a partecipare, con la semplicità del bambino, al primo e facile dialogo dell'Amore eterno.

2) Prova - sempre stando in un luogo silenzioso - a metterti in

ascolto, come origliando, delle parole che scorrono tra Padre e Figlio e Spirito.

Cosa sta dicendo il Padre a Gesù per me? Quale risposta dà il Figlio? Quali proposte vengono dallo Spirito? Come le accoglie il Padre?

È un esercizio che ti abitua ad ascoltare il silenzio. Il silenzio alla presenza di Dio è grembo di madre che genera le parole dell'amore vero ed eterno, genera vita d'amore santo e puro.

3) Ed ecco, puoi ora esaminare il tuo modo di vivere in famiglia, in

comunità, in parrocchia. Quali dei tuoi atteggiamenti ripropongono

quelli che contempli nei tre angeli? Quanto è penetrato nel tuo modo di vivere insieme agli altri lo stile di vita trinitario: l'amore che dà fiducia, l'amore che ubbidisce, l'amore che si offre, l'amore che non si lamenta di nulla perché cerca solo di offrire se stesso? Gesù dice al Padre: "Padre Santo, custodisci nel tuo Nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi" (Gv 17,11) e ancora: "E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me" (Gv 17,22-23).

Troverai qualche pista nuova per un cambiamento o perfezionamento dei rapporti umani, affinché il tuo modo di vivere in famiglia, parrocchia e paese, possa aiutare queste realtà ad essere specchio della comunione trinitaria.

Ed ora la conclusione.

Scrivi su un foglio gli aspetti positivi, il valore immenso che ha per Dio e per gli uomini il vivere una vita come quella che ti hanno mostrato i tre Angeli.

Su un secondo foglio scrivi che cosa e quanto costerebbe a te una simile vita: a che cosa rinunciare, che atteggiamenti cambiare...

Alla fine decidi: sì? no? Voglio mettere i piedi in quel piccolo spazio dalla forma di calice? Voglio entrare e immergermi nel grande calice con Gesù per diventare con Lui una sola bevanda d'amore divino per dissetare l'arsura del mondo?

 

16. CERTIFICATO DI BATTESIMO.

Io sono stato battezzato nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Quale significato hanno queste parole? Sono stato immerso, e lo sono ancora, nel Nome... cioè nella Vita, nell'Amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Io sono come una spugna imbevuta dell'amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Provo a scrivere il mio certificato di Battesimo!

- Sono battezzato nel Nome del Padre:

Io ... sono immerso nell'amore paterno di Dio.

Egli mi ha amato per primo. Mi ha fatto conoscere il Figlio e m'ha dato comunione con Lui, mi ha circondato dell'amore degli uomini, mi ha perdonato tante volte senza tenerne il conto.

In me c'è il suo amore paterno. Anch'io sono divenuto capace di amare per primo, di occuparmi delle necessità degli altri e di offrirmi, di sacrificarmi gratuitamente per loro. Sono capace di perdonare: l'ho già fatto da bambino e da adulto. Non ho contato quante volte l'ho fatto.

In me c'è l'amore del Padre.

- Sono battezzato nel Nome del Figlio:

Io ... sono immerso nel Nome del Figlio. Gesù è morto per me, per provocare in me una risposta d'amore e salvarmi così dall'egoismo che mi ripiegherebbe su me stesso. Gesù è il Figlio che accoglie la volontà del Padre e la fa propria.

In me c'è amore di figlio. Trovo in me la capacità di dire 'sì' a chi mi chiede un servizio, a chi mi chiede di offrire tempo ed energie. Sono capace di rispondere: "eccomi", accogliendo iniziative degli altri, obbediente ai progetti d'amore che Dio Padre ispira loro.

C'è in me l'amore filiale.

- Sono battezzato nel Nome dello Spirito Santo:

Io ... sono immerso nel Nome dello Spirito Santo. Da Lui sono aggregato a vivere la comunione nella Chiesa. Da Lui ricevo gioia nello stare insieme ai fratelli di Gesù. Posso mettermi al loro fianco per amare insieme a loro, per collaborare in progetti d'amore per altre persone, per altri gruppi, per altri popoli.

In me c'è amore fraterno, o sponsale: amore che si unisce, talora soffrendo, ad un altro amore per divenire famiglia che accoglie, che dona un amore più grande, più completo, perché realizzato da vari carismi e da servizi diversi. Sono capace di vivere da fratello e da sposa nella Chiesa-Sposa: il mio amore, solamente se unito a quello degli altri credenti, diventa fecondo!

Ecco il certificato del mio Battesimo, celebrato come Rito sacro molti anni fa, ma tuttora valido e operante.

Qui, oggi.

Nome ... Cognome...

 

17. SEGNO DI CROCE.

Spesso traccio sulla mia persona il segno della Croce di Gesù. Accompagno questo gesto con le parole: "Nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo".

Sono le parole che fanno memoria del Battesimo.

Quando le pronuncio, all'inizio della giornata, della preghiera, del lavoro, del pasto, del riposo, di un viaggio, di una celebrazione, mi ricordo che sono immerso nell'Amore Trinitario, che sono portatore dell'Amore del Padre e dell'amore obbediente del Figlio e dell'amore fraterno e sponsale dello Spirito Santo.

Qualunque cosa io faccia è dono di Dio per me ed è dono che io presento a Lui vivendolo in Lui.

Col gesto della mano, una croce tracciata sulla mia persona, mi voglio ricordare quanto è costato a Dio amarmi come un Padre: gli è costato consegnare il Figlio alla morte e deporre in me, peccatore, il suo Spirito eterno e santo.

E inoltre con lo stesso gesto, segno di croce, mi ricordo qual è il prezzo che io devo pagare perché l'amore paterno filiale sponsale di Dio possa passare attraverso la mia vita, le mie azioni, le mie giornate: mi costa il morire, rinunciare al mio amor proprio, all'ambizione, alla vanità: mi costa croce. Il mio morire non è un annientarmi, ma un unirmi all'offerta di Gesù, all'atto d'amore col quale Egli ha trasformato la morte in sorgente di vita.

Decido il segno di croce: voglio unirmi al sacrificio di Gesù, voglio morire a me stesso perché l'amore di Dio si effonda sulla terra in cui mi trovo a lavorare, riposare, pregare.

Lo faccio con riconoscenza, perché dalla croce Gesù consegna al Padre lo Spirito per me!

18. GLORIA.

 

È la preghiera che dico con le labbra, ma è gradita a Dio quando è espressa nella vita!

Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo!

Il termine "gloria", in ebraico, contiene il significato di peso. Dar gloria è perciò dar peso, dar importanza assoluta.

La parola "gloria" nella Sacra Scrittura è abbinata spesso alla nube che riempie il tempio e che rivela la presenza di Dio: una nube occupa tutto lo spazio, compenetra i vestiti ed entra nei polmoni di chi ne venisse avvolto.

Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo: alle tre Persone divine peso e spazio!

Dio è degno di tutta l'importanza ed è degno di occupare tutto lo spazio della mia vita, interno ed esterno, interiore ed esteriore: spirito, anima e corpo, il mio tempo e i miei pensieri, le mie intenzioni e la mia casa, le strade e i luoghi di lavoro!

La mia preghiera - Gloria - diventa vera preghiera, perciò, non quando ne pronuncio o ne canto con cura le parole, ma

- quando dò peso e spazio all'amore del Padre, amando per primo e perdonando i nemici e prendendo iniziative d'amore;

- quando dò peso e spazio in me all'amore del Figlio, obbedendo alle richieste di servizio che Dio mi propone attraverso altre persone;

- quando collaboro come amico e fratello con lo Spirito d'amore nella Chiesa sposa!

Gloria a Te, Padre, Figlio e Spirito Santo! come era in principio, ora e sempre, nei secoli dei secoli. AMEN.

 

ANNOTAZIONI

1.

Com'è possibile per noi "conoscere" Dio, cioè "conoscere" la Pienezza dell'amore divino?

Noi siamo non solo limitati, ma anche 'rovinati' dall'egocentrismo, dall'attenzione talora esasperata alla nostra sofferenza e al nostro comodo; siamo alla ricerca della gioia, che possiamo confondere con la ricerca del piacere.

Il nostro modo di conoscere corre seri rischi. Il nostro ragionamento non può bastare, né può fondarsi solamente sulle nostre esperienze, nelle quali si nasconde sempre un po' del nostro materialismo e delle nostre idolatrie.

"Conoscere" l'amore divino, e quindi le Persone divine, è possibile solo nella dimensione del rapporto d'amore: "chi ama conosce Dio"!

Amare è un atto di relazione, è un pormi di fronte ad un'altra persona per offrirmi, è movimento di offerta e accoglienza, come, nell'esempio già presentato, la cera si scioglie e lo stoppino l'accoglie e dal loro consumarsi procede la fiamma.

Dio stesso è Amore, perché vive in relazione: il Padre ama il Figlio, il Figlio ama il Padre, lo Spirito frutto d'Amore è Amore che unisce donandosi al Padre e al Figlio.

Se non vivessi in relazione a Dio come ad un Altro, non amerei e non conoscerei il Dio vero.

Che dire di coloro che, presumendo di conoscere Dio lo scoprono dentro di sé, ma non come un Altro, bensì come il più profondo 'sé'? Questi danno forse a Dio il nome di amore, ma intendono i propri sentimenti, si identificano a Dio. Per essi Dio è solo un'idea che esprime il loro intimo, ingannando gli altri non 'iniziati' alla loro 'conoscenza'.

Essi quindi fanno esercizi per avvicinarsi a Dio, cioè - sarebbe a dire - per risvegliare la propria divinità, meglio ancora, per rendersi coscienti della propria natura divina. Fanno esercizi di meditazione. Questa meditazione però è solo concentrazione su di sé, sforzo d'impassibilità, tenacia di ascetismo faticoso. La loro meditazione non è contemplazione del volto del Padre, del Figlio e dello Spirito, non è riconoscenza per i fatti meravigliosi della salvezza, fatti storici irripetibili e concreti, non sfocia nella lode e nella comunione con chi loda Dio Trinità!

Possiamo conoscere Dio, proprio perché è Altro, solo se Egli si fa conoscere a noi! E questa è 'grazia', dono gratuito che Egli concede solo agli umili. Così dice Gesù: "Ti benedico, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a Te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare" (Mt 11,25-27).

Conoscere Dio è un dono per il quale bisogna pregare: "Non cesso di render grazie per voi ricordandomi nelle mie preghiere, perché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui" (Ef 1,16-17). Così scrive S.Paolo. E ancora nella prima lettera ai Corinzi lo stesso Apostolo dice: "I segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito di Dio. Ora noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato" (2,10 ss).

È lo Spirito Santo la luce che ci permette di vedere la bellezza e grandezza dell'amore di Dio ed è lo Spirito Santo la lingua di fuoco che ci trasmette ciò che Dio vuol comunicarci. È lo Spirito Santo: noi perciò potremo conoscere Dio solo rimanendo nell'influsso dello Spirito, che è sempre Terza Persona: se noi non siamo in relazione d'amore con Gesù e con il Padre siamo fuori della luce della Terza Persona, siamo in balia di noi stessi, dei nostri ragionamenti. E questi, per quanto sottili possano apparire, ci faranno ripiombare nel materialismo. Saremo tentati di rendere tutto comprensibile alla mente dell'uomo - che rimane egocentrico. In tal modo il mistero di Dio viene distorto e ridotto a quel poco che noi possiamo comprendere: potremo noi stessi farci giudici di un Dio così 'conosciuto', oppure il nostro ragionamento innalzerà noi stessi ad un ruolo divino, che in realtà non abbiamo. Ci potremmo ritenere possessori di divinità nascosta. In tal caso ci priveremmo del rapporto personale con Dio come altra Persona, non lo vedremmo più come Padre che ci ascolta, né come Figlio che ci parla o che ci chiama a qualche servizio, e saremo così ancora fuori dello Spirito Santo, Terza Persona.

Questi modi di 'conoscere' Dio sono detti "esoterici" e danno vita a movimenti di "esoterismo" e di "gnosticismo".

Essi esprimono la pretesa di poter penetrare nella realtà (questo significa il termine 'esoterico') e capirne i 'misteri'. Per essi, per es., Dio Padre sarebbe nient'altro che l'amore che io ho per gli altri. In tal modo io conosco me come 'dio'. Dio non è più un Altro!

Ne consegue che non è Dio che salva l'uomo con un'iniziativa esterna all'uomo, ma l'uomo salva se stesso tramite la conoscenza che raggiunge. Non c'è bisogno di fede, ma solo di conoscere se stesso come arbitro di tutto, come dio! Qui non c'è più posto per l'umiltà né per l'ubbidienza a un Dio che parla, ma solo per l'ascolto di sé.

Essi ritengono di scoprire ciò che è nascosto ai semplici, alle folle. Essi si possono ritenere sapienti, iniziati ai misteri, che per loro non sono più misteri, perché ne hanno piena conoscenza.

Queste persone sono alla ricerca di una verità astratta, mentre noi sappiamo che la verità è la rivelazione di Dio nella persona storica di Gesù Cristo e cerchiamo perciò un rapporto personale di amore con Lui.

La vera conoscenza di Dio o 'gnosi' è quella che ci viene data dallo Spirito Santo che ci rivela Gesù come Figlio di Dio venuto nella carne, mandato dal Padre per la salvezza dal peccato (cfr. 1 Gv). L'altra è una falsa 'gnosi', 'pseudognosi', come dicono i Padri della Chiesa fin dall'antichità.

Ora, coloro che ricorrono ai ragionamenti esoterici di cui si servono i moderni assertori dello gnosticismo, - ragionamenti di provenienza antica o recente, indiana (guru) o americana (Nuova Era), inclusi anche in rituali di magia cerimoniale e nelle credenze della massoneria, - non riconoscono importanza all'incarnazione del Verbo di Dio, né ai fatti della vita del nostro Signore Gesù Cristo, passione morte e risurrezione, fatti attraverso i quali egli ci ha salvato.

Essi prescindono dalla storia della salvezza, storia realizzata da Dio con gli uomini nel tempo.

Ad essi bastano i pensieri, le idee, i ragionamenti fondati sulle proprie esperienze umane interpretate alla luce di fantasticherie seducenti. Anche se essi praticano una severa ascesi e dedicano tempo alle loro "meditazioni", tu però ti accorgi subito che con loro non nasce la gioiosa comunione che scaturisce invece nell'incontro con coloro che amano Gesù e il Padre.

Essi vivono una gioia che non unisce. Non è gioia, ma soddisfazione di sé, orgoglio di superiorità su tutti gli altri, che li rende incapaci a godere la comunione fraterna e spirituale. Solo nello Spirito Santo è possibile la comunione tra figli di Dio, perché solo nello Spirito Santo è possibile per noi contemplare Dio Padre e Dio Figlio e ricevere il loro amore!

Potremmo rileggere anche solo la prima pagina della prima lettera di S.Giovanni (in tutta la lettera si sente la preoccupazione di contrastare i ragionamenti esoterici e gnostici), dove l'Apostolo dichiara di annunciare l'umanità vera di Gesù Figlio di Dio, per poter godere la comunione con i credenti nel Padre e in Gesù, e in tal modo essere nella gioia profonda di Dio!

"Ciò che era fin da principio,

ciò che noi abbiamo udito,

ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi,

ciò che noi abbiamo contemplato,

ossia il Verbo della vita (poiché la Vita si è fatta visibile, noi l'abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi),

quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi,

perché anche voi siate in comunione con noi.

La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo.

Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia perfetta (1Gv1,1-4).

 

2.

Non potrei dire ad un musulmano, o al seguace di una qualunque religione, che Gesù è Figlio di Dio. Egli mi obietterebbe subito che questa è una bestemmia. Perché? Egli immagina Dio come Padrone assoluto. Se così fosse, avrebbe piena ragione: Gesù non è figlio di un padrone! Inoltre un Dio-Padrone potrebbe temere che un suo eventuale figlio diventi usurpatore. Un Dio-Padrone non ammette perciò di avere un figlio-Dio. I Giudei stessi, nelle discussioni con Gesù presentateci dal Vangelo secondo Giovanni, avevano questa concezione di Dio e perciò non capivano e non ammettevano che Gesù stesse in rapporto d'amore con Dio, come un figlio col padre, cui somiglia e cui obbedisce.

Prima di dire ad un musulmano o ad un pagano che Gesù è Figlio di Dio, e quindi Dio, gli dobbiamo presentare la vera 'immagine' di Dio, il suo vero volto di Padre. Come fare? Anzitutto lo avviciniamo a Gesù - vero Uomo. Contempliamo, amiamo, ascoltiamo Gesù-uomo. È Lui, e solo Lui (cfr. Gv 1,18) che ci fa conoscere Dio come Padre (cfr. Gv 17,6.26). In seguito potremo dire al nostro interlocutore, o meglio, egli stesso sarà illuminato, che Gesù è "Figlio" del Padre: di un Padre non geloso della sua divinità che consiste nell'amare! Un Padre gode d'avere un figlio uguale a sé nell'amore, un figlio che impara tutto da lui, che con amore gli è sottomesso, che realizza i suoi disegni.

Non solo i musulmani e i pagani hanno bisogno di conoscere la paternità di Dio: molti anche tra noi, per paura di dover ubbidire ad un Padrone - e quindi di diventare schiavi - non si mettono alla ricerca di Dio, o lo fuggono!

Chi trova il Padre, invece, trova libertà, serenità e gioia!

 

3.

Noi adoriamo l'unico Dio contemplando Tre Persone. Proprio per questo ci sentiamo dire da altre 'religioni': "siete idolatri", oppure: "siete ignoranti, uno non può essere tre!".

Immaginare Dio unica Persona è facile. È naturale. Il nostro egoismo ci porta a considerare la nostra vita perfetta quando non abbiamo bisogno degli altri. Il nostro egoismo inoltre ci porta a vedere l'uomo forte e libero quando conquista la sua 'indipendenza'. Sappiamo d'aver bisogno gli uni degli altri, ma questo lo consideriamo sempre un limite. Non vediamo la nostra capacità e bisogno di comunione umile e pacifica come un tutt'uno col nostro essere, un valore insito nella nostra vita, senza del quale non saremmo 'completi', 'perfetti'.

Noi inoltre proiettiamo su Dio ciò che vorremmo per noi mentre siamo preda degli istinti di indipendenza.

Contemplare l'unico Dio nella diversità e distinzione delle tre Persone non lo troviamo immediatamente facile, né logico, né semplice: più facile rifiutarlo.

Ma come sarebbe Dio se non fosse 'Tre Persone”? Proviamo a 'immaginarlo'!

Anzitutto dovremmo dire che Egli non è Amore.

L'amore è dono di sé, è movimento verso un 'altro'. L'amore lo si esercita nel movimento di fiducia e di obbedienza, di accoglienza e collaborazione. Se Dio è amore (e se non fosse amore non lo vorrei!) egli deve poter vivere questo "movimento" in se stesso. Altrimenti, per poter essere amore, Egli dovrebbe creare qualcuno verso cui esercitare le caratteristiche dell'amore. Ma se Egli fosse costretto, non sarebbe libero, gli mancherebbe quest'altra caratteristica divina. Oppure le sue creature sarebbero assunte sullo stesso suo piano di divinità.

Inoltre questo 'Dio' come potrebbe sostenere o manifestare la propria divinità di fronte a colui che gli si ribella? Egli non avrebbe alcun'altra risorsa che l'uso della violenza, del dominio, dello “stroncamento”.

L’islam, che contempla Dio unica persona, non può sopportare il ribelle; uccide colui che passa ad altra religione. Il Testimone di Geova non può dialogare con chi manifesta dei dubbi riguardo alla sua Società: lo minaccia e lo priva del saluto: il suo Dio infatti stroncherà per sempre chi non lo serve, non lo tollera nemmeno all'inferno!

Dove Dio è conosciuto e contemplato in questo modo le conseguenze sulla società sono... dittatoriali. Gli esempi potrebbero essere numerosi.

Persino la conoscenza di Dio dell'Antico Testamento - conoscenza incompleta e imperfetta - portava i tenaci assertori della fede monoteistica a comminare con facilità la pena di morte al peccatore. Conosciamo la fatica sostenuta da Gesù nei suoi dialoghi-discussioni con i Giudei. Essi volevano la morte dell'adultera perché si sentivano autorizzati a uccidere. Il Dio che ritenevano di conoscere appariva loro come un Dio che non sopporta ribelli. Le parole dei profeti che annunciavano Dio misericordioso, che non vuole la morte del peccatore, non venivano facilmente accolte, proprio perché l'"immagine" che essi avevano di Dio prevedeva un'unica Persona. Gli stessi Giudei poi vollero la morte di Gesù, perché egli ci faceva vedere Dio come un Padre che può essere imitato dall'uomo, Padre che può accogliere l'uomo come figlio, collaboratore e realizzatore dei suoi progetti, Padre che accoglie il figlio pentito.

Anche tra i cristiani c'è chi vorrebbe che Dio intervenisse a punire i malvagi, a paralizzare i violenti, a castigare i nemici... Vorrebbero che Dio esercitasse i metodi di Satana! Vorrebbero un Dio che realizza i loro sentimenti egoistici e cattivi. Hanno dimenticato che Dio è Trinità, che Dio è Padre che ha dato il Figlio per redimere l'uomo peccatore e renderlo capace di accogliere il suo Spirito.

Noi, prendendo seriamente le parole e l'esempio di Gesù contempliamo un Dio che vive in se stesso l'amore. Vediamo Dio che dona se stesso: lo chiamiamo Padre in quanto dona la propria 'vita' e chiamiamo Figlio Colui che da questo donare è generato. Il loro reciproco donarsi e accogliersi è allo stesso tempo frutto e movente della loro relazione: lo chiamiamo Terza Persona, o Spirito. Gesù ha usato questo termine, spirito, vento, soffio: col movimento insito nel suo essere, il vento dice continuità di relazione! La fiamma di un cero, frutto e causa del reciproco donarsi di cera e stoppino può rendere l'idea (cfr. pg 16 dell'opuscolo). Un Dio Amore in Tre Persone può essere realmente Amore anche prima dell'esistenza delle creature. Egli non è costretto a creare qualcuno per poter essere se stesso, per poter essere amore.

Egli può creare liberamente e per amore.

Se le sue creature Gli si ribellano, Egli, amandole ancora, si dimostra superiore! Dimostra la propria divinità con l'amore, perché essa si esprime nell'amare.

"Dio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva"!

Egli fa sorgere il suo sole sui giusti e sugli ingiusti! E il Figlio diviene uomo e sale la croce perché tutti s'accorgano d'essere amati.

Coloro che contemplano Dio Trinità diventeranno capaci di amare anche coloro che non li amano!

Ecco perché noi possiamo amare anche i non cristiani e dare la vita per loro, come stanno facendo molti nostri fratelli e sorelle che vivono e si offrono in paesi dove non possono nemmeno sperare che una persona sola si converta a Gesù. Ecco perché noi possiamo accogliere l'invito del Signore ad amare i nemici.

Lo possiamo fare perché davanti al nostro sguardo sta un Dio che è Amore e rimane Amore anche di fronte al ribelle. Gesù, il Figlio di Dio divenuto carne, a causa del peccato e a favore del peccatore ha offerto la vita salendo sulla croce. Da quel momento l'amore dei nemici diventa il distintivo del vero credente, del vero adoratore del vero Dio, che è Amore, Trinità.

Dalla contemplazione di Dio Trinità fiorisce attenzione e amore ai piccoli, ai poveri, agli 'inutili', agli ammalati, agli abbandonati.

La fede in un altro Dio non riesce a suscitare il movimento d'amore che fa nascere tra i cristiani sempre nuove forme di comunione: comunione nell'adorazione al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo e, contemporaneamente, nel servizio ad ogni tipo di bisognosi.

Dalla contemplazione dell'Unità delle Tre Persone divine le famiglie cristiane traggono forza per la loro fedeltà, per la loro unione, per il loro aprirsi alla vita dei figli e alle necessità di altre persone. Dalla contemplazione di Dio Trinità singole persone sono sostenute nel rendere accogliente e armonioso qualunque ambiente esse frequentino.

Se Dio non fosse "Trinità", e noi non lo conoscessimo così, come sarebbe povera e vuota la nostra esistenza, come sarebbe debole l'amicizia e impossibile la fraternità. Saremmo incapaci di perdono e perciò sempre preda della paura e del sospetto, perché la vendetta potrebbe insidiarci ovunque.

Quale "grazia" conoscere Dio Trinità! Egli non può essere diverso, non sarebbe amore e noi non saremmo capaci di un vivere "umano"

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Copertina

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Icona della SS.ma Trinità – breve interpretazione.

Il monaco Andrej Rublev sa che nessuno ha mai visto Dio. Egli sa però che Gesù ci ha manifestato tutto della vita di Dio Padre, Figlio, Spirito Santo.

Meditato il Vangelo e pregato a lungo, egli cerca di tradurre col pennello quanto ha udito: vuole dircelo tramite i colori o i movimenti dei tre Angeli che hanno visitato Abramo! Tutti e tre portano una veste di color azzurro, segno della Divinità. Nel vestito del Padre (angelo di sinistra) questo colore è nascosto: Dio Padre nessuno l'ha mai visto, se non tramite la bellezza e la sapienza della sua creazione (manto rosa).

Il Figlio è uomo (tunica rosso sangue); ha ricevuto ogni potere dal Padre (stola gialla) e si è manifestato come Dio attraverso le sue opere (mantello blu). Tutti abbiamo visto la sua Divinità: « Chi vede Me, vede il Padre! ».

Lo Spirito Santo (angelo di destra) è Dio e dà la vita (verde, colore delle cose vive). La vita di amicizia con Dio ci viene da Lui.

Dal Padre ha origine ogni cosa (posizione eretta). Egli chiama il Figlio indicandogli con mano benedicente la coppa al centro. Il Figlio comprende la volontà del Padre - farsi cibo e bevanda degli uomini - e l'accetta (china il capo e benedice la coppa) - «mio cibo è compiere la volontà del Padre» - chiedendo (movimento del braccio destro) l'assistenza dello Spirito Consolatore. Questi accoglie (mano posata sul tavolo) la Volontà del Padre per il Figlio e col suo piegarsi riporta la nostra attenzione al Figlio e al Padre: vuole metterci obbedienti davanti a Gesù (« nessuno può dire "Gesù è Signore" se non per opera dello Spirito Santo ») e abbandonati e fiduciosi davanti al Padre (« lo Spirito grida nei nostri cuori: Abbà, Padre! »).

C'è posto anche per me in questo circolo d'amore delle Tre Persone: davanti c'è lo spazio per me, perché io possa partecipare al colloquio intimo e segreto, gioioso e impegnativo: è lo spazio dei martiri (finestrella dell'altare), di chi offre la vita. Il mio posto ha la forma di calice (lo spazio libero tra i due angeli di destra e sinistra).

Il Padre chiede anche a me se voglio mangiare e bere alla sua mensa e offrire la mia vita, insieme a Gesù, come cibo e bevanda per gli uomini; e lo Spirito, se accetto, mi fa entrare nel riposo di chi è finalmente alla soglia della casa del Padre!

 

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Nulla osta: P.Germano Pellegrini, Trento, 20.6.1992