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03. Una fede così grande! Lc 5.27-7.23

UNA FEDE COSì GRANDE!

Meditazioni contemplative sul Vangelo secondo Luca, 5,27 - 7,23

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questo è il terzo della serie di dieci opuscoli, sostegno alla lettura del Vangelo secondo Luca. Al testo evangelico (traduzione CEI del 1997) viene affiancata una meditazione in forma di preghiera rivolta a Gesù, il Signore risorto che ci incontra: Egli ci rivela se stesso, termine e compimento delle Sacre Scritture, pienezza ed eternità della nostra vita.

Le undici meditazioni potrebbero accompagnarti nel percorrere un cammino di esercizi spirituali con metodo simile alla Lectio Divina.

Ti devi regalare qualche ora di tempo per alcuni giorni. Puoi leggere e rileggere adagio il brano del Vangelo, con pace e tranquillità. Una prima lettura della meditazione può aiutarti a fissare ancora più l’attenzione sull’una o sull’altra frase del Testo evangelico. Queste frasi le puoi ripetere una ad una molte volte, con calma, al ritmo del tuo respiro. Gli antichi Padri paragonavano questa ripetizione al ruminare degli animali, passaggio per essi necessario al cibo per diventare energia vitale.

La Parola, passando e ripassando dalla nostra mente al nostro cuore, continuamente “rimasticata”, ci allieta e ci nutre con ciò che essa contiene. Essa è piena e pregna d’amore, anzi, di Spirito Santo, quello Spirito che fa risplendere sul tuo volto l’immagine e la gloria del Figlio!

Come la spugna, pregna d’acqua, passando sul tavolo, lo bagna e lo pulisce, così la Parola, passando e ripassando, purifica la nostra mente da ogni pensiero mondano, e riempie il nostro cuore dello Spirito del Dio vivente!

1. SEGUIMI (5,27-32)

2. LO SPOSO È CON LORO (5,33-39)

3. DI SABATO (6,1-11)

4. SUL MONTE A PREGARE (6,12-19)

5. BEATI E GUAI (6,20-26)

6. SARETE FIGLI DELL’ALTISSIMO (6,27-35)

7. COME IL SUO MAESTRO (6, 36-42)

8. DALLA PIENEZZA DEL CUORE (6, 43-49)

9. UNA FEDE COSÌ GRANDE! (7,1-10)

10. ALZATI ! (7,11-17)

11. CIÒ CHE AVETE VISTO (7,18-23)

inizio

 

1. SEGUIMI (5,27-32)

27Dopo ciò egli uscì e vide un pubblicano di nome Levi seduto al banco delle imposte, e gli disse: “Seguimi!”.

28Egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì.

29Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C'era una folla di pubblicani e d'altra gente seduta con loro a tavola.

30I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: “Perché mangiate e bevete con i pubblicani e i peccatori?”.

31Gesù rispose: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati;

32io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi”.

 

1. SEGUIMI (5,27-32)

Ti sei fatto conoscere e riconoscere come Colui che porta sulla terra le meraviglie del Cielo, Gesù!

Hai donato il perdono di Dio, hai rimesso in comunione col Padre un uomo, vero peccatore. L’hai fatto davvero: la sua guarigione lo ha dimostrato.

Ora ci vuoi dire che l’amore del Padre non ha alcuna barriera. Esci dalla casa scoperchiata dal gesto di fede di alcuni uomini e, camminando, il tuo sguardo si posa su un altro peccatore, uno considerato tale da tutti, perché serve il nemico del popolo. Il tuo sguardo si posa su Levi, che, seduto comodamente, raccoglie le tasse che impoveriscono il popolo per soddisfare le ingordigie di Erode.

Nuova meraviglia: tu non lo vedi come pubblicano, tu lo vedi già discepolo.

Dove cercare i discepoli? Tu li cerchi tra coloro che possono sperimentare la più grande misericordia, perché poi la annuncino al mondo come esperienza vissuta, come dono ricevuto, come azione concreta di Dio, e non come lezione appresa solo dalla mente.

Per te, Gesù, Levi non è un uomo già giudicato. È l’incontro con te che farà di lui o un santo o un peccatore.

Dopo aver fissato il tuo sguardo d’amore nei suoi occhi, tu lo chiami. Gli rivolgi la parola che salva, la parola che trasforma, la Parola più inaspettata dagli uomini peccatori. Essi dal Figlio di Dio s’aspetterebbero che tu lo rimproveri, e invece vuoi che egli venga con te.

“Seguimi”! Da chi hai imparato, Gesù? Dal pastore che ritrova la pecora smarrita! Tu sai d’essere il Pastore e sai che solo tu porti a salvezza. “Seguimi!”

Questa parola esce con forza, con dolcezza, con amore, con tenerezza dalla tua bocca. E con coraggio! Un pubblicano dietro a te? Dal momento che si mette dietro a te egli non è più un pubblicano. Ora egli è un salvato, un amico di Dio, uno che saprà sempre magnificare la misericordia e la grazia del Padre, il suo amore gratuito e pregno di speranza!

Levi comprende. Egli non è più un pubblicano, né un peccatore. Egli può invitarti a banchetto perché tu possa rivolgere il tuo sguardo e la tua parola a molti altri peccatori, ed essi non saranno più tali!

Tu lo chiami ed egli ti invita. Tu ti siedi e ti trovi attorno coloro per i quali sei venuto nel mondo.

Sei venuto come amore del Padre al mondo per ricuperarlo, per “trovarlo”, per riaprirgli gli occhi affinché veda l’amore con cui è amato. Eccoti, Gesù, circondato da peccatori che si convertono. Tutti gli uomini sono peccatori, ma quando ti accolgono sono in pace col Padre, quando ti amano essi rinascono.

Tutti gli uomini sono peccatori; ma rimangono davvero lontani da te quelli che credono di non esserlo. Quelli che si ritengono giusti non sentono bisogno di te, Gesù, medico e Salvatore. Chi si ritiene giusto rimane senza di te. A lui tu non puoi dire “Seguimi”.

Chi si ritiene giusto continua a giudicare gli altri, e giudica anche te e coloro che siedono a mensa con te. Egli mormora, si lamenta della bontà di Dio e del suo desiderio di salvare.

Quale rovina un uomo che prega e che osserva i comandi di Dio, ma non ama come Lui!

Quale disgrazia credersi a posto, ma non essere nel cuore del Padre per desiderare con lui la salvezza di tutti e la comunione dei peccatori col Figlio venuto per loro!

Signore Gesù, salvami! Eccomi, anch’io ti seguo nel tuo cammino verso il Padre!

inizio

2. LO SPOSO È CON LORO (5,33-39)

33 Allora gli dissero: “ I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno orazioni; così pure i discepoli dei farisei; invece i tuoi mangiano e bevono! ”.

34 Gesù rispose: “ Potete far digiunare gli invitati a nozze, mentre lo sposo è con loro?

35 Verranno però i giorni in cui lo sposo sarà strappato da loro; allora, in quei giorni, digiuneranno”.

36 Diceva loro anche una parabola: “Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per attaccarlo a un vestito vecchio; altrimenti egli strappa il nuovo, e la toppa presa dal nuovo non si adatta al vecchio.

37 E nessuno mette vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spacca gli otri, si versa fuori e gli otri vanno perduti.

38 Il vino nuovo bisogna metterlo in otri nuovi.

39Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: Il vecchio è buono! ”.

 

2. LO SPOSO È CON LORO (5, 33-39)

Sei ancora seduto a tavola, Signore Gesù, per festeggiare con Levi e con i tuoi discepoli l’amore del Padre per i peccatori, un amore che si manifesta in te, attraverso la tua presenza.

I tuoi nemici non possono continuare l’argomento iniziato, ne trovano un altro: le persone migliori oggi digiunano. Sia i discepoli di Giovanni che quelli dei farisei osservano la regola ascetica. Essi si guadagnano così la stima di Dio e degli uomini. Il significato del loro digiunare è dentro una strada di perfezione, è dentro un desiderio d’esser trovati giusti, osservanti delle tradizioni. “Il motivo del digiuno sono io”, potrebbero dire. E potrebbero ripetere questa frase come un ritornello che si adatta per ogni azione pia e devota.

I tuoi discepoli vengono accusati perchè non digiunano. Essi non condividono l’amore a se stessi, non percorrono un cammino di perfezione per esser trovati giusti. Essi non guardano a sé per trovare la motivazione del loro agire: essi guardano a te! Sei tu che riempi il loro sguardo, tu che colmi il loro cuore, tu sei seguito dai loro passi.

La tua presenza non è la presenza di un Maestro che insegna cosa fare per essere o diventare, ma la tua è la Presenza! Tu sei il Dio vivente! Tu sei l’Inviato del Padre, sei tu il termine di ogni desiderio e di ogni attesa: tu sei la Festa!

Quando tu sei in mezzo a noi è festa! Nel giorno di festa è proibito digiunare. Tu sei lo sposo, tu sei l’amore assoluto e definitivo e fedele di Dio per il popolo: questo è il momento della gioia! Quando tu ti allontanerai, quando non ti vedremo, quando dubiteremo di te a causa del nostro peccato, allora non saremo capaci di far festa, allora ci asterremo anche dal cibo.

Signore Gesù, tutto quello che d’ora in poi faremo, lo faremo in vista di te! È una nuova vita, dove sei tu la regola di tutto. Tutto ciò che non faremo sarà ancora per te. La nostra vita ha trovato la luce con cui guardare il mondo e contemplare Dio! Sei tu la vera e nuova luce. Sei tu la Realtà definitiva!

La vecchia regola, quella di prima, che mi orientava a fare il bene ed evitare il male per essere perfetto è una regola vecchia, un vecchio vestito da riporre nell’armadio dei ricordi e non indossare più. Gli strappi di quel vestito non si possono riparare con la nuova veste, che ormai mi fa partecipare al banchetto della vita e della festa eterna!

Non strappo la veste nuziale per aggiustare il vestito da lavoro. Non mi resterebbe più nulla, né l’uno né l’altro. Gesù, tu sei la nuova veste che rende inutile l’altra, perché tu mi copri in modo completo e degno della gioia del Padre!

Tu sei il vino nuovo, che dà gioia e speranza! Sei il vino del banchetto nuziale. Non lo verserò in otri che odorano di vecchio, che hanno perso l’elasticità e la morbidezza necessarie per la gioia e l’esuberanza del nuovo vino.

Una vita impostata su regole non possiede la freschezza di una vita impostata su di te. Tu, tu soltanto sei la gioia e la pace, tu solo sei il vero Dono di Dio per noi peccatori! Tu ci rivesti e tu ci riempi il cuore. Alla tua presenza il nostro peccato scompare, la nostra tristezza svanisce.

Tu sei il vestito, pulito e sobrio, tu il vino che allieta il cuore dell’uomo per sempre.

inizio

3. DI SABATO (6,1-11)

1Un giorno di sabato passava attraverso campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani.

2Alcuni farisei dissero: “Perché fate ciò che non è permesso di sabato?”.

3Gesù rispose: “Allora non avete mai letto ciò che fece Davide, quando ebbe fame lui e i suoi compagni?

4Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell'offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non fosse lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?”.

5E diceva loro: “Il Figlio dell'uomo è signore del sabato”.

6Un altro sabato egli entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. Ora c'era là un uomo, che aveva la mano destra inaridita. 7Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva di sabato, allo scopo di trovare un capo di accusa contro di lui.

8Ma Gesù era a conoscenza dei loro pensieri e disse all'uomo che aveva la mano inaridita: “Alzati e mettiti nel mezzo!”. L'uomo, alzatosi, si mise nel punto indicato.

9Poi Gesù disse loro: “Domando a voi: E' lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o perderla?”. 10E volgendo tutt'intorno lo sguardo su di loro, disse all'uomo: “Stendi la mano!”. Egli lo fece e la mano guarì.

11Ma essi furono pieni di rabbia e discutevano fra di loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.

 

3. DI SABATO (6,1-11)

Signore Gesù, gloria del Padre, stai camminando tra i campi ormai pronti per la messe. Campi biondeggianti circondano te e i tuoi, campi che ti fanno pensare alla fine dei tempi, alla raccolta del grano nei granai del Padre!

I tuoi discepoli sono con te: tu sei per loro l’unica legge: non ne hanno più altra. Essi mangiano, si preparano con le mani il cibo, il poco cibo con cui far festa e per cui ringraziare Dio in questo sabato.

Tu godi di ciò che i tuoi fanno, perché essi sono tuoi, camminano dietro a te.

C’è chi li rimprovera, tu invece li difendi. Sono rimproverati per il lavoro, tu godi che essi non soffrano e non debbano digiunare in giorno di festa, nel giorno del riposo di Dio, nel giorno profetico del grande Giorno in cui tu ti manifesterai! La Legge è stata fatta per te, tu la porti a compimento perché non esista più una legge a far paura all’uomo, ma esista tu solo per attirarlo col tuo amore e poi poterlo consegnare come figlio al Padre.

Sei tu, Gesù, il vero Sabato di Dio! Anche Davide, il cui Regno ora tu possiedi, è stato profeta di te. Egli mangiò il pane riservato ai sacerdoti, egli che non era sacerdote. E i suoi compagni mangiarono con lui.

Davide visse per te, ti ha preparato il Regno e ha annunciato che tu saresti stato la nuova Legge che dà il vero significato all’Antica. Essa è santa ed è valida perché prepara l’ubbidienza a te, Signore santo di tutto il creato!

Tu sei il Signore del giorno del riposo, e quindi lo sei di tutta la creazione e di tutto il lavoro dell’uomo obbediente al Dio creatore.

Discepoli di Gesù, mangiate, godete, rallegratevi! Dio ha preparato oggi per voi il cibo! Mangiate il grano oggi, voi che mangerete il Pane del Regno, il Pane che è il Corpo offerto per voi, il Pane che la Chiesa prepara nel nuovo Sabato della gioia di Dio, il giorno della risurrezione del Figlio.

Gloria a te, Gesù, Signore mio e Signore nostro!

Il Sabato è il giorno più caro. Esso è il giorno delle Scritture, il giorno della Parola di Dio, il giorno in cui si deve manifestare tutto l’amore del Padre, quello del passato e quello del futuro, ascoltando la lettura di Mosè e la lettura dei Profeti. Il Sabato è il giorno della rivelazione del Volto di Dio: il giorno in cui l’uomo deve accorgersi dei Suoi pensieri, dei Suoi desideri, dei Suoi sentimenti verso l’uomo. Eccoli. Il prodigio compiuto dalla tua Parola, Gesù, manifesta l’agire del Padre: egli è colui che dà la vita, egli è colui che gode della gioia dell’uomo, egli è colui che dà all’uomo la mano destra, la capacità di aiutare e di aiutarsi, di lavorare e di benedire.

Il tuo gesto, Gesù, spiega la Parola proclamata nella sinagoga. L’uomo che si alza e raddrizza la mano è colui che si alza a proclamare l’agire di Dio, salvatore già oggi dell’uomo, Salvatore per mezzo di te, che scavalchi i pensieri dei malvagi e le cattiverie di chi sa solo amare sé.

Gesù, nella Sinagoga, di sabato, la tua parola non solo annuncia, ma comunica l’amore del Padre per l’uomo, per Adamo, per colui che non è più capace di agire e di benedire. Sei tu la Parola di Dio!

Sei tu la luce del suo Volto! Sei tu la sua Festa perenne!

inizio

4. SUL MONTE A PREGARE (6,12-19)

12In quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione.

13Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede il nome di apostoli:

14Simone, che chiamò anche Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo,

15Matteo, Tommaso, Giacomo d'Alfeo, Simone soprannominato Zelota,

16Giuda di Giacomo e Giuda Iscariota, che fu il traditore.

17Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone,

18che erano venuti per ascoltarlo ed esser guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti immondi, venivano guariti.

19Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che sanava tutti.

 

4. SUL MONTE A PREGARE (6,12-19)

Notte e giorno. Nella notte tu preghi, Gesù, nel giorno agisci. Nella notte trovi la luce che ti guida nel giorno. Nella notte incontri colui che nessuno ha mai visto, colui che crea la luce, colui che dà la vita. A lui non serve il sole per vederti e per ascoltarti, non ha bisogno di nulla per esaudirti. Nella notte incontri il Padre, nella notte sul monte. Tu, come Mosè e come Elia sali il monte di Dio. Gli uomini sono lontani. Tu non interroghi l’intelligenza né la prudenza: tu interroghi solo il Padre, nella notte, quando la sua voce non si confonde con quella delle buone ragioni degli uomini. Lo ascolti a lungo, e così egli può cominciare un nuovo periodo della tua vita: ti circonderà di un gruppo stabile di discepoli, le fondamenta della Chiesa, i testimoni delle tue Parole e delle tue opere di salvezza.

Venuto giorno chiami i discepoli: essi devono vedere; tutti devono vedere ciò che tu, obbediente al Padre, stai per fare. Tutto il mondo deve sapere che tu stesso hai scelto i Dodici, tu stesso ne hai scelto dodici, obbediente anche in questo alla tradizione: il nuovo popolo avrà Dodici Inviati, come l’Antico popolo aveva dodici Patriarchi. Tu ne scegli dodici, non per escludere gli altri dal tuo amore o dalla comunione con te, ma perché questa trovi concretezza per tutti e per sempre. I Dodici saranno a servizio della fede e dell’amore di tutti gli altri per te.

Tu li chiami per nome, perché essi sono persone, sono peccatori, uomini con voce umana, con occhi d’uomo, con cuore umano.

Uno di essi lo chiami «roccia», perché egli sarà l’aggancio sicuro per tutti gli altri a te; uno solo cambia il nome, uno cui gli altri sono uniti, come i bracci del grande candelabro sono portati da uno, quello centrale. Poi altri nomi. Nomi ebraici dal bel significato biblico, e nomi greci, il cui suono diverrà prezioso solo perché unito a quello del tuo nome. Tra essi c’è pure uno dei nomi più belli, quello della tua tribù, ma diverrà il più cupo, perché chi lo porta non avrà amore per te e non ti ascolterà, e diverrà tuo traditore.

Con essi ti presenti agli altri discepoli e alle folle. D’ora innanzi non sarai più solo. Chi ti cerca ti troverà sempre circondato da questi nomi. Essi serviranno per discernere i luoghi della tua presenza e della tua azione.

Come Mosè, scendi là dove grande folla può radunarsi. La folla è formata da più lingue e razze. Vengono persino dai territori pagani. Tu con i tuoi puoi accogliere tutti. E tutti sanno già che la tua parola - di cui i Dodici da ora saranno testimoni - è degna di essere ascoltata perché è Parola di Dio, è santa, è fonte di vita. Essi sanno che la tua Parola è salvezza, perché da essa anche il corpo viene ristabilito, risanato, e lo spirito liberato dagli spiriti estranei all’uomo.

Essi sanno che in te agisce la potenza di Dio a favore di tutti: per questo ti vogliono toccare. Dovranno ancora imparare che toccarti non è tutto, non è il meglio che tu puoi dare. Dovranno imparare a mangiarti e a divenire membra del tuo corpo. Ma prima devono ascoltarti e convertirsi. Prima doni la Parola che fa da luce ai passi insicuri e incerti.

Gesù, mio Signore e mio Maestro!

inizio

5. BEATI E GUAI (6,20-26)

20Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva:

“Beati voi poveri,

perché vostro è il regno di Dio.

21Beati voi che ora avete fame,

perché sarete saziati.

Beati voi che ora piangete,

perché riderete.

22Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v'insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell'uomo.

23Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti.

24Ma guai a voi, ricchi,

perché avete già la vostra consolazione.

25Guai a voi che ora siete sazi,

perché avrete fame.

Guai a voi che ora ridete,

perché sarete afflitti e piangerete.

26Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi.

Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti.

 

5. BEATI E GUAI (6,20-26)

Sei disceso dal monte con i Dodici. Ti aspettano gli altri discepoli, e tu alzi gli occhi, quegli occhi che nella notte hanno contemplato il Padre, li alzi per osservare questi uomini che vogliono udire la tua voce, che vogliono da te la legge della vita, che sono pronti ad imparare il tuo esempio, il tuo modo di vivere e di pregare. Ad essi tu doni nuovi occhi e nuovo cuore. Il loro desiderio ti fa godere, Gesù: essi sono già tuoi! Beati! Poiché sono uniti a te nell’intimo del loro cuore, essi sono già benedetti dal Padre e già godono vita piena ed eterna. Sono poveri. La ricchezza li avrebbe già allontanati da te. Essi sono poveri, non hanno il cuore bloccato dalle comodità e dal denaro. Essi sono poveri, e lo saranno ancora più quando saranno messi al bando a causa del tuo nome, e dovranno fuggire, lasciando casa e lavoro, come coloro che incontrerà Luca ad Antiochia e in altre città.

I regni della terra non sanno che farsene dei poveri. I re di questo mondo non si occupano di loro, non ne avrebbero che svantaggio. Solo il regno di Dio è fatto per loro. Dio si occupa delle sue creature, e anzitutto di quelle che, come gli uccelli, non possono pensare al futuro perché le preoccupazioni del presente le occupa totalmente. La regalità di Dio, fatta di interventi d’amore, è destinata a tutti, ma ne godono e se ne accorgono anzitutto coloro che non hanno il cuore occupato da nulla! Certamente i poveri sono trovati da Dio, perché essi lo cercano, non cercano ricchezze, non cercano di sostituire la loro povertà con l’autosufficienza e la superbia del possedere.

Parola importante la tua, Gesù! Quante volte l’hai pronunciata nelle sinagoghe, sul monte, sul piano, in riva al lago, nelle case! E sempre in modo nuovo, sempre come parola che parla a tutti, a chi possiede e a chi non possiede, a chi ti ha accolto e a chi non ti ha ancora accolto!

Poveri, affamati e sofferenti sono molti tra quegli uomini che si fermano ad ascoltare le tue parole. Essi le ascoltano come parole che sostengono la loro vita, che danno speranza, che aiutano a tenere lo sguardo rivolto a colui che nessuno ha visto, ma che sempre ci ama, e soprattutto ci attende. Ed egli ci ama attraverso te, Gesù, e attraverso te ci abbraccia. Ne hai già dato il segno guarendo, liberando, chiamando e perdonando. Tu sei il Regno, la sazietà, il riso di Dio! Di te ci rallegriamo, e davanti a te esultiamo di gioia come ha esultato Giovanni in grembo alla madre. Rinchiusi e stretti dalle persecuzioni e giudicati male da tutti perché tuoi, potremo riconoscere la tua visita, la tua vicinanza e la nostra missione veramente profetica. Davvero beati!

Saremo attenti e vigilanti a non ricadere nell’inganno delle ricchezze, a non cercare soddisfazioni apparenti e transeunti, a non lasciarci attrarre lo sguardo da ciò che suscita il riso: ci verrebbe a mancare la consolazione interiore, la presenza di Dio, la sua assistenza. Saremo attenti a non sostituire la tua Parola, Gesù, con quella che piace al mondo, con quella che attira approvazioni. Saremo attenti a non sostituire il tuo nome, nostra vita e unica salvezza, con motivazioni di bene o di pace, motivazioni accolte anche da chi ti rifiuta! Non vorremmo che, per non dispiacere a qualcuno, ci sentissimo costretti a tacere il tuo nome, a nasconderlo, e infine a ignorarlo. Così saremmo di nuovo fuori della salvezza, fuori del Regno, fuori del cuore del Padre, dove solo tu - Gesù - sei il Figlio prediletto!

inizio

6. SARETE FIGLI DELL’ALTISSIMO (6,27-35)

27Ma a voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano,

28benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano.

29A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l'altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica.

30Dá a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo.

31Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro.

32Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso.

33E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso.

34E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto.

35Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo; perché egli è benevolo verso gl'ingrati e i malvagi.

 

6. SARETE FIGLI DELL’ALTISSIMO (6,27-35)

Signore Gesù, chi si mette in ascolto di te è davvero persona nuova che vive la vita che viene dall’alto. A chi ti ascolta tu offri ancora parole che illuminano i passi per giungere al Padre, e non solo per goderne l’amore, ma anche per assomigliargli.

Chi ritiene vere le tue beatitudini è in grado di procedere ancora. Il cammino dei tuoi discepoli non conosce sufficienze! Andare a Dio vuol dire trovare spazi nuovi in cui inoltrarsi al di fuori del normale vivere del mondo.

Hai parlato di nemici che odiano e insultano ed emarginano coloro che ti amano. Ebbene, ora ci assicuri che chi ama te deve amare anche costoro. Chi ama te deve reagire sempre con l’amore. Amare, far del bene, benedire, intercedere: desiderare la salvezza con pensieri, parole e opere davanti agli uomini e davanti a Dio!

Chi prega per i propri nemici non vive più per se stesso, non ha propri interessi da difendere, si è davvero inserito nella tua vita, Gesù, che sei venuto come amore del Padre per il mondo, per i peccatori, per i ribelli.

Gesù, tu sei la salvezza di Dio per chi è perduto, per l’Adamo nascosto che ha paura dello sguardo del Padre, per il figlio prodigo che ha distrutto l’eredità paterna.

Tu non puoi che avere con te persone che continuano questo amore, che lo manifestano oggi, qui. Non ti accontenti che i tuoi non reagiscano al male, non vuoi con te persone che si accontentano di non essere violente, che si vantano di essere migliori e positive.

Ai tuoi ascoltatori, a chi ti dà importanza e obbedienza, tu chiedi di rispondere col bene alla provocazione, con la preghiera intensa all’odio perseverante e ostinato. Il dolore alla guancia colpita, il freddo per la mancanza del mantello, la privazione del proprio diritto sono altrettante domande di amore, di attenzione, di benevolenza, di stima: il tuo discepolo così le comprende. Egli compirà tutto ciò che desidera ricevere. I propri desideri diventano regola delle proprie azioni.

Non c’è grazia in un comportamento umanamente comprensibile e naturale. Far del bene come restituzione di un bene ricevuto non è ancora luce nuova nel mondo. L’amore che io ho ricevuto gratuitamente da te non agisce in un comportamento incentrato su se stesso. L’amore ricevuto da te, Gesù, con la tua morte per noi peccatori, non risplende e non appare quando amo chi mi ama e saluto chi mi saluta.

La tua grazia agisce nella mia gratuità. L’odio e le pretese ingiustificate degli uomini nei miei confronti sono occasioni preziosissime perché si manifesti l’amore che io ho già ricevuto da te!

E in tal modo diviene evidente la mia nuova vita, partecipe della tua: vita di figlio, nato dal Padre; non solo somigliante al Padre per via di un mio sforzo ascetico, ma somigliante a lui perché la tua vita di Figlio ha sostituito in me la vita dell’uomo.

Non sono più di Adamo; sono tuo, Gesù.

Tu, con la tua morte e resurrezione, con il battesimo nella tua morte e nel tuo Spirito, con il tuo fuoco divorante, mi hai trasformato.

Non è più Adamo mio Padre, sei tu che mi dai la vita del Padre mio. Non sono più uomo, sono figlio che posso vivere come tu dici a chi ti ascolta!

inizio

7. COME IL SUO MAESTRO (6, 36-42)

36Siate misericordiosi,

come è misericordioso il Padre vostro.

37Non giudicate e non sarete giudicati;

non condannate e non sarete condannati;

perdonate e vi sarà perdonato;

38date e vi sarà dato;

una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio”.

39Disse loro anche una parabola: “Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutt'e due in una buca?

40Il discepolo non è da più del maestro; ma ognuno ben preparato sarà come il suo maestro.

41Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non t'accorgi della trave che è nel tuo?

42Come puoi dire al tuo fratello: Permetti che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio, e tu non vedi la trave che è nel tuo? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello.

 

7. COME IL SUO MAESTRO (6, 36-42)

Tu stai sempre a contemplare il Padre, Gesù! Non puoi distogliere da lui il tuo sguardo. I tuoi occhi lo vedono e vedono il suo continuo e perfetto amore che dà l’essere alla tua esistenza terrena e alla tua missione.

Tu vedi il Padre “misericordioso” e senti la sua misericordia nelle tue viscere. Sei tu oggi la concretezza della misericordia divina. Il tuo incontro con gli uomini è incontro con peccatori, persone lontane, cercate e chiamate e ormai raggiunte da Colui che non vuole la loro morte, ma il loro ritorno.

I tuoi discepoli devono imparare da te. Anch’essi devono diventare il segno concreto della misericordia eterna, l’annuncio della sua presenza nel mondo, già realizzata in sé e ancora disposta a realizzarsi. Per questo i tuoi discepoli, vedendo il peccato e il peccatore, non giudicheranno. Non tireranno conclusioni, come quelle che il giudice deve pronunciare nei tribunali in base a leggi umane.

I tuoi discepoli, vedendo il peccatore, lo vedranno dentro la luce del desiderio del Padre. Il Padre lo vuol salvare. Il Padre lo vuol coprire di misericordia e lo vuole abbracciare, non ignorando, ma perdonando. Col perdono si rivela il suo Volto, il suo cuore, la sua Vita!

Il peccato dell’uomo diviene l’occasione per Dio di farsi conoscere, di farsi incontrare e di farsi amare, e di trasformare l’uomo in figlio.

Non sono già stati perdonati i tuoi discepoli, Gesù? Sì, essi sono già stati raggiunti e trasformati dalla misericordia. Essi possono quindi compiere ciò che è stato compiuto per loro. Anch’essi potrebbero esser giudicati e potrebbero esser condannati. Dio troverebbe il motivo e l’occasione. Ogni giorno ciò potrebbe succedere.

Essi possono precedere il giudizio e la propria condanna con l’esercizio della misericordia divina. Dio così li deve riconoscere suoi, e non li può più giudicare! Se essi perdonano compiono l’opera che solo Dio compie, se essi donano si fanno un tutt’uno con il suo amore. Il loro donare prepara il posto per poter ricevere, anzi, il Padre riverserà su di loro tutti i suoi beni secondo la sua misura, che supera di molto quella umana. I beni che l’uomo riceve dal Padre non sono solo materiali - come quelli che egli dà ai fratelli - ma sono tali da superare le proprie capacità!

Il discepolo, che tiene lo sguardo al Padre e orienta con la sua luce la propria vita, non sarà accecato dai falsi bagliori delle cose del mondo né dal vestito di luce del nemico di Dio.

Il discepolo che contempla il Padre potrà guidare altri discepoli, perché vede il percorso da compiere, conosce la meta. Così tu, Gesù, continui a chiamare e a percorrere per primo e ad aprire la strada dell’amore di Dio! Starò dietro a te, con fedeltà e perseveranza. In tal modo anche chi viene dietro a me non sarà ingannato.

Io sono sempre tuo discepolo, Gesù. Non sarei d’aiuto a nessuno se non lo fossi. Sono però ancora bisognoso - ogni giorno - della misericordia del Padre e della tua correzione.

Una trave sul mio occhio: senza la tua opera costante non vedo nulla, né te né il Padre. Tornerei a vedere solo errori nei fratelli, tornerei ad essere orgoglioso e a farmi superiore agli altri: segno che la trave c’è davvero.

Come riuscirei ad assomigliare al Padre e ad amare il peccatore, se tu, Gesù, non liberi il mio sguardo da ogni oscurità, da ogni impedimento?

Gesù, solo il tuo occhio vede. Solo tu col tuo sguardo purifichi e salvi. Osservami, manifestami il mio peccato, perché - salvato - divenga strumento della tua salvezza per un altro!

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8. DALLA PIENEZZA DEL CUORE (6, 43-49)

43Non c'è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni.

44Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo.

45L'uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore.

46Perché mi chiamate: Signore, Signore, e poi non fate ciò che dico?

47Chi viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile:

48è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sopra la roccia. Venuta la piena, il fiume irruppe contro quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene.

49Chi invece ascolta e non mette in pratica, è simile a un uomo che ha costruito una casa sulla terra, senza fondamenta. Il fiume la investì e subito crollò; e la rovina di quella casa fu grande”.

 

8. DALLA PIENEZZA DEL CUORE (6, 43-49)

Signore Gesù, la tua parola viene da un cuore colmo di amore, da un cuore che desidera trasmettere sapienza e verità, da un cuore che vorrebbe che tutti i cuori fossero come il tuo.

Nessuno può ingannarti, Gesù. Tutti possediamo una sincerità e una autenticità che addirittura precede la nostra volontà.

A noi succede come alle piante. Un rovo non può far credere d’essere una vite, nemmeno se le loro foglie hanno qualche somiglianza. I frutti manifestano l’intima natura anche a chi non sa distinguere le foglie.

Non possiamo imbrogliare e non dobbiamo farci ingannare. Il Padre tuo non imbroglia e non si fa ingannare. Egli sa discernere le mie opere buone e le mie parole. Parole e opere manifestano l’intima natura, le tue opere e le tue parole sono “buone”, esse danno cioè gloria al Padre, lo fanno risplendere nel suo amore e nella sua misericordia.

Quando le mie opere e le mie parole sono buone e rivelano un buon tesoro nel cuore? Quando possono dirsi tue!

Formalo tu, Gesù, il tesoro del mio cuore. Riempi tu il mio cuore con i tuoi gioielli; con le tue perle preziose, con le tue pietre splendenti e rare. Se tu non lo riempi, il mio cuore rimane colmo di sabbia, di cose cattive che avvelenano, che rendono il mondo triste. Gesù, sei tu il tesoro del mio cuore: sii tu!

Le tue parole riempiono e trasformano la vita, ma solo quando le metto in pratica. Quando esse formano il mio agire, quando danno spinta alle mie mani e ai miei passi, quando si possono vedere tramutate in azione e quando possono essere lette dai miei movimenti. Allora non occorre che io ti chiami “Signore, Signore”, non occorre che ti dia bei titoli, che formuli nuove preghiere.

Tu sei in me, perché la mia carne ha dato vita alle tue parole, o meglio ha preso vita da esse!

La tua parola è davvero importante, è fondamento che rende salda la vita per l’eternità.

La tua parola accolta e vissuta rende la mia vita stabile in tutte le difficoltà, nelle tentazioni, nelle prove, nelle umiliazioni e nelle persecuzioni.

Quale vento di dottrina, quale desiderio o brama di ricchezza, quale cupidigia di piacere o di potere, quale concupiscenza degli occhi potrà avere il sopravvento e tirarmi a rovina? Vivere la tua parola è cemento, è fondamento profondo, è esperienza di verità che non può venire cancellata né scossa da nessuna novità, da nessun prurito di sapere diverso: una casa sicura per me e per coloro che vengono a me!

Grazie, Signore Gesù, per la parola che esce dalla pienezza d’amore del tuo cuore.

Lodo la tua parola, parola di cui posso fidarmi, parola che precede in bontà i miei ragionamenti: essi sono buoni e danno pace quando prendono come base la tua parola e con essa sono costruiti.

Gloria a te, Gesù, Parola del Dio vivente!

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9. UNA FEDE COSì GRANDE! (7,1-10)

1Quando ebbe terminato di rivolgere tutte queste parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafarnao.

2Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l'aveva molto caro.

3Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo.

4Costoro giunti da Gesù lo pregavano con insistenza: “Egli merita che tu gli faccia questa grazia, dicevano, 5perché ama il nostro popolo, ed è stato lui a costruirci la sinagoga”.

6Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: “Signore, non stare a disturbarti, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto; 7per questo non mi sono neanche ritenuto degno di venire da te, ma comanda con una parola e il mio servo sarà guarito. 8Anch'io infatti sono uomo sottoposto a un'autorità, e ho sotto di me dei soldati; e dico all'uno: Và ed egli va, e a un altro: Vieni, ed egli viene, e al mio servo: Fà questo, ed egli lo fa”.

9All'udire questo Gesù restò ammirato e rivolgendosi alla folla che lo seguiva disse: “Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!”.

10E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.

 

9. UNA FEDE COSì GRANDE! (7,1-10)

Il tuo evangelista, Gesù, percepisce il tuo parlare come un’opera che si compie! Essa è la parola di Dio che attraverso gli orecchi entra nei cuori, trasformandoli. È il lavoro prezioso del seminatore, il lavoro faticoso del predicatore, che deve realizzare in sé quanto è voluto dal Padre, per poterlo “dire” con franchezza, con autorevolezza e frutto!

Hai donato la Parola al popolo fuori della città, lontano dai rumori e dalle occupazioni e preoccupazioni. Ora, appena rientrato, esse ti vengono incontro. Gli «anziani», persone ragguardevoli, che non erano tra quelli che ti avevano ascoltato, vengono a te con una richiesta umile da parte di un pagano, persona stimata e rispettata. Essi la trasformano in pretesa.

Essi non si pongono in ascolto di te, né ammirano la tua grandezza. Essi ammirano il centurione e il suo amore per il popolo, e desiderano che la sua benevolenza sia ripagata ora da te, Gesù. “Egli è degno...”. Per loro il miracolo della guarigione del suo servo è un atto dovuto, acquistato dalle buone opere, già pagato in anticipo da lui stesso.

Come hai inteso tu, Gesù, quella richiesta? Sei stato molto paziente e benevolo. Hai risposto all’umiltà del pagano, non alle pretese degli anziani.

Eccoti in cammino, insieme a loro. Ancora per strada, ecco un nuovo incontro con la vera e costante umiltà del centurione. Egli non si muove, non perché conscio di una propria dignità riconosciuta dal popolo, ma perché certo della propria indegnità di fronte a te. Egli manda ora manda degli amici, coloro che condividono la sua sofferenza per la prossima morte del servo per lui prezioso e caro. Ad essi egli affida non più una richiesta, ma la propria fede. Una fede che diventa delicatezza nel tuoi confronti, Gesù.

Egli conosce la difficoltà degli ebrei a entrare in casa di pagani. Egli riconosce di non essere “degno” di eccezioni. “Non sono degno”: non ritiene le proprie opere più importanti del proprio essere. Se egli ha potuto costruire la sinagoga, ciò è stato una riconoscenza per aver ricevuto il grande dono di riconoscere il vero Dio, il Dio che in Abramo ha già benedetto tutti i popoli.

La coscienza della propria indegnità non è però causa di mancanza di fede, anzi, essa l’aiuta a sviluppare una fede più pura e più forte: “Dì una sola parola”! Egli riconosce alla tua Parola efficacia divina. Egli crede che la tua Parola è come un servo obbediente e deciso ad eseguire la tua volontà! La tua Parola agisce per virtù propria, non occorre nemmeno che sia udita, basta che sia pronunciata da te.

Questo centurione, umile, che ama il suo schiavo e che partecipa alle preoccupazioni del popolo - senza angariarlo e sfruttarlo - prepara e mostra quale sarà la fede della tua Chiesa.

Coloro che crederanno in te, crederanno anche senza vederti, crederanno con umiltà, ti parleranno anche tramite amici, e con stupore attenderanno di vedere realizzarsi le tue parole! Essi, pur compiendo il bene e amando, non si vanteranno di ciò che compiono, e terranno gli occhi bassi come coloro che lasciano a te ogni decisione. Essi sanno che tutto è grazia!

Gesù, a te piace questa fede totale in te. Ammiri quell’uomo e lo porti a esempio del tuo nuovo Popolo, perché nell’antico Popolo non si è ancora vista una fede così grande!

Di fronte ad una fede così sicura non serve nemmeno la tua Parola: quella fede è già efficace, come Parola tua.

Tu, Gesù, sei già nella casa, anzi nel cuore del centurione pagano, sei già suo salvatore.

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10. ÀLZATI ! (7,11-17)

11In seguito si recò in una città chiamata Nain e facevano la strada con lui i discepoli e grande folla.

12Quando fu vicino alla porta della città, ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova; e molta gente della città era con lei.

13Vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse: “Non piangere!”.

14E accostatosi toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: “Giovinetto, dico a te, àlzati!”.

15Il morto si levò a sedere e incominciò a parlare. Ed egli lo diede alla madre.

16Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: “Un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo”.

17La fama di questi fatti si diffuse in tutta la Giudea e per tutta la regione.

 

10. ALZATI ! (7,11-17)

Non ti fermi, Gesù, a godere dei miracoli che avvengono. Ti metti subito in cammino avvicinandoti alla tua patria.

I tuoi discepoli ti seguono, e pure una grande folla ti segue. Sei diventato grande per loro! Dopo la importante Cafarnao, ecco ora un villaggio sconosciuto e senza importanza; villaggio il cui nome significa “piacevole”, in cui però, come in ogni cosa umana piacevole, regna la morte. Proprio la morte ha colpito un giovane pieno di vita e ha trascinato nel dolore la madre e tutti gli abitanti.

Dopo aver guarito il servo che stava per morire, ora incontri il figlio unico morto.

Dopo aver esaudito l’uomo umile, ora vuoi ridare vita alla donna che piange senza speranza. La tua prima parola è per lei: “non piangere”! “Non piangere donna, non c’è più il figlio tuo, ma c’è ora il Figlio di Dio. Il tuo pianto dà tristezza a tutta la tua città, ma il Figlio di Dio effonde la gioia sul mondo intero. Il grande corteo che piange con te incontra quello altrettanto grande che acclama il Signore della vita. Non piangere! Non osservare più il morto, osserva il Vivente!”

Gesù, tu ora tocchi la bara della morte, tocchi ciò che vi è di più immondo, ciò che ripugna di più all’uomo. La tua mano s’avvicina e tocca. I portatori obbediscono alla tua intenzione: la vittoria della morte non deve più procedere.

La morte si deve fermare, deve arrestare il suo corso davanti a te. Tu non hai paura della morte, né della sua opera terrificante e contraria a Dio, che invece vuole sempre la vita. La tua mano arriva dentro l’opera peggiore del peggiore e ultimo nemico dell’uomo.

Il tuo tocco deciso e senza timore comincia a dare speranza e fiducia; e la tua voce? Tu ora parli non più alla donna né alle due folle, il corteo della morte e il corteo della vita che sta dietro a te, folle che assistono ugualmente attonite e ugualmente impotenti. Tu ora parli a colui che non ode, a colui che non può udire la tua voce. Rivolgi i tuoi occhi e la tua parola a un uomo senza vita.

Come potrà risponderti? I suoi orecchi sono stati tappati dalla morte, i suoi occhi sono stati chiusi dalle sue dita impietose.

Tu, Gesù, hai la compassione di Dio nel cuore e nella voce: “Giovinetto, dico a te, alzati”! Il nome del giovinetto? Non lo sai, Gesù, o non l’hai voluto dire apposta, perché altre madri che piangono possano sperare?

Il giovinetto deve ubbidire a te, non più alle forze della morte. Egli deve mettersi seduto, come chi è padrone di sé e non deve più farsi portare; e deve parlare, perché è vero figlio di Dio, del Dio che parla e comunica la propria gioia e il frutto della tua salvezza!

Gesù, vincitore della morte, la tua Parola è davvero viva e fonte di vita. Tu sei il profeta, tu sei più grande di Elia, tu sei la visita definitiva di Dio non solo al suo popolo, ma a tutti gli uomini eredi della morte di Adamo. La tua parola di vita ha fatto dei due uno solo: due folle diverse si sono messe a cantare un unico inno, a proclamare un’unica testimonianza, a diffondere l’unico Vangelo.

Tu hai unito in un nuovo stupore il popolo della morte e quello del Dio vivente!

Ora consegni il figlio che era morto, lo consegni vivo alla madre: ella aveva generato l’uomo che muore, tu consegni il figlio vivente. La tua parola fa sì che le madri siano madri e i figli siano figli! Le relazioni tra gli uomini diventano vere grazie a te!

Vieni ancora, Gesù!

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11. Ciò CHE AVETE VISTO (7,18-23)

18Anche Giovanni fu informato dai suoi discepoli di tutti questi avvenimenti. Giovanni chiamò due di essi 19e li mandò a dire al Signore: “Sei tu colui che viene, o dobbiamo aspettare un altro?”.

20Venuti da lui, quegli uomini dissero: “Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: Sei tu colui che viene o dobbiamo aspettare un altro?”.

21In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi.

22Poi diede loro questa risposta: “Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista , gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono sanati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunziata la buona novella .

23E beato è chiunque non sarà scandalizzato di me!”.

 

11. CIÒ CHE AVETE VISTO (7,18-23)

Le tue parole e le tue opere, Signore Gesù, diventano annuncio che raggiunge anche il tuo precursore. Egli soffre, è perseguitato per la parola divina che - posatasi su di lui nel deserto - egli ha proclamato. Ora attende che tu, più forte di lui, lo liberi e lo sciolga dalle catene inique di Erode? Egli ti ha annunciato come “il giudice”, come colui che fa scattare l’azione di Dio tremendo e terribile: ed è impaziente di vedere che le sue parole e le sue attese si realizzano.

I suoi discepoli giungono da te e ti riferiscono la sua sofferenza, la sofferenza d’essersi forse ingannato, di non aver capito e trasmesso fedelmente la Parola di cui era stato fatto portatore.

Tu, Gesù, comprendi la situazione di Giovanni. Egli, formato alla parola dei profeti, aveva usato espressioni forti per sollecitare la conversione del popolo. Aveva usato le immagini espressive dell’alleanza di Abramo e di Mosè perché tutti capissero che le promesse fatte ai Padri stavano per realizzarsi in te. Egli però non aveva compreso tutto il messaggio del suo stesso nome, e perciò nemmeno del tuo. Non aveva compreso che la potenza e la forza di Dio è l’amore, e che quindi la sua salvezza sarebbe stata solo opera d’amore. Adesso egli deve esserne spettatore per cambiare il proprio cuore e le proprie attese. Egli deve vivere in se stesso la conversione del profeta Giona, che attendeva distruzione, e invece è stato fatto testimone e spettatore di perdono.

Tu, Gesù, dai la risposta anzitutto ai suoi discepoli. E non rispondi con le parole, ma con fatti che essi vedono e possono quindi testimoniare. Concedi loro di vedere il realizzarsi della visita di Dio al suo popolo, dai loro a vedere l’amore misericordioso di Dio al suo popolo sofferente. Dai loro a vedere l’amore misericordioso di un Padre ai suoi figli: togli da loro i segni del peccato, togli da loro i motivi di disperazione, togli da loro gli impedimenti all’ascolto della sua Parola e alla contemplazione delle sue opere e del suo volto. Sono i segni che già i profeti avevano annunciato come segni della presenza del Misericordioso in mezzo al suo popolo.

Tu sei davvero questa presenza, Gesù. Tu sei colui che deve venire, anzi colui che viene per mostrare il vero Volto del Dio unico, vivente, amico degli uomini, che li attira con legami di bontà.

I discepoli di Giovanni potranno riferire, come testimoni oculari, le tue opere. Le tue parole sulla loro bocca non saranno parole riferite; essi le diranno come proprie: insieme con la loro voce anche i loro occhi parleranno, e il tono della voce manifesterà la fede sorta nei loro cuori, fede in te. Così Giovanni, che ha inviato messaggeri, sarà raggiunto da testimoni, che gli trasmetteranno non solo parole, ma adesione a te, alla tua persona e a colui che ti ha inviato.

Questi due messaggeri diventano l’esempio di come saranno i tuoi discepoli, e tutta la tua Chiesa: saranno proclamatori di una vita già vissuta!

L’ultima tua parola, Gesù, è un invito e una speranza. Nelle tue opere d’amore e nelle tue parole di perdono non devo trovare motivo per allontanarmi, bensì per avvicinarmi al Dio vivente, che vuole la mia felicità e la mia beatitudine! Tu sei l’unico che me lo può far conoscere e incontrare, amare e imitare!

Gloria a te, mio Signore Gesù!

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Nulla Osta: cens eccl. P. Modesto Sartori, Trento, 01/07/2004