ME
NU

4. Ma voi, chi dite che io sia?

Marco

Ma voi, chi dite che io sia?

Marco 4/6

8,1 - 10,31

Traduzione CEI 1997

Questo è il quarto della serie di sei opuscoli, aiuto alla lettura del Vangelo secondo Marco. Al testo evangelico (traduzione CEI del 1997) viene affiancata una meditazione in forma di preghiera rivolta a Gesù, il Signore risorto che ci rivela se stesso, termine e compimento delle Sacre Scritture, pienezza ed eternità della nostra vita.

Le undici meditazioni potrebbero accompagnarti per sei giorni in un cammino di esercizi spirituali col metodo della Lectio Divina.

Puoi leggere e rileggere adagio il brano del Vangelo, con pace e tranquillità. Una prima lettura della meditazione può aiutarti a fissare l’attenzione sull’una o sull’altra frase del Testo evangelico. Puoi ripetere queste frasi una ad una molte volte, con calma, al ritmo del tuo respiro. Gli antichi Padri paragonavano questa ripetizione al ruminare degli animali, passaggio necessario al cibo per diventare energia vitale.

La Parola, passando e ripassando dalla nostra mente al nostro cuore, continuamente “rimasticata”, ci allieta e ci nutre con ciò che essa contiene. Essa è piena e pregna d’amore, anzi, di Spirito Santo, quello Spirito che fa risplendere sul tuo volto l’immagine e la gloria del Figlio!

Come la spugna, pregna d’acqua, passando sul tavolo, lo bagna e lo pulisce, così la Parola, passando e ripassando, purifica la nostra mente da ogni pensiero mondano, e riempie il nostro cuore dello Spirito del Dio vivente!

1. DA TRE GIORNI STANNO CON ME (8,1-9)

2. NON CAPITE ANCORA? (8,10-21)

3. MA VOI, CHI DITE CHE IO SIA? (8,22-30)

4. VA’ DIETRO A ME (8,31 – 9,1)

5. SEI GIORNI DOPO (9,2-13)

6. PORTATELO QUI DA ME (9,14-29)

7. SE UNO VUOL ESSERE IL PRIMO (9,30-37)

8. ENTRARE NELLA VITA (9,38-50)

9. DIO HA CONGIUNTO (10,1-16)

10. PERCHÉ MI CHIAMI BUONO? (10,17-22)

11. TUTTO È POSSIBILE A DIO (10,23-31)

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1. DA TRE GIORNI STANNO CON ME (8,1-9)

1 In quei giorni, essendoci di nuovo molta folla che non aveva da mangiare, chiamò a sé i discepoli e disse loro:

2 “Sento compassione per la folla; ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare.

3 Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino; e alcuni di loro sono venuti da lontano”.

4 Gli risposero i suoi discepoli: “Come riuscire a sfamarli di pane qui, in un deserto?”.

5 Domandò loro: “Quanti pani avete?”. Dissero: “Sette”.

6 E ordinò alla folla di sedersi per terra. Presi i sette pani, rese grazie, li spezzò, li diede ai discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla.

7 Avevano anche pochi pesciolini; recitò la benedizione su di essi e fece distribuire anche quelli.

8 Mangiarono e si saziarono; e portarono via sette sporte di pezzi avanzati.

9 Erano circa quattromila. E li congedò.

 

1.

Signore Gesù, quant’è bello contemplarti, quanto è dolce e consolante udire la tua voce! Ma anche non vedendoti e non udendoti, il sapere d’esser vicini a te e il godere la tua presenza è fonte di pace e serenità. Fortunate quelle persone che stanno con te anche quando non fai nulla di speciale, nè operi miracoli nè pronunci discorsi! Stare con te è sempre fonte di gioia e di vita!

È una folla grande quella che tu oggi osservi con ammirazione. Vuoi che i discepoli vedano e sappiano che tutta quella gente si è dimenticata di mangiare, ha preferito stare con te invece che pensare alla sua fame. Quelle persone sanno che tu sei capace di sfamarle, poiché tu hai già saziato i cinquemila con cinque pani soltanto (6,34ss). Per essi sei tu il vero pane, il cibo di cui non si può fare a meno! Tu hai cominciato ad amarli con amore tenero e attento, con amore di madre. Le tue viscere si muovono a compassione per coloro che non smettono di stare con te. Tu hai notato che essi stanno con te perché sanno d’aver bisogno di te. Sono ormai tre giorni e hanno finito il loro cibo, ma stanno ancora con te. Tu sai che il terzo giorno è il giorno degli interventi di Dio a favore del suo popolo! È il terzo giorno quello in cui Giosuè ha ordinato al popolo di passare il Giordano, è il terzo giorno dopo il sogno quello in cui il faraone ha liberato il suo coppiere, è il terzo giorno quello in cui Dio fa rialzare il suo popolo dalla morte (Gs 1,11; Gn 40,13; Os 6,2)! Anche tu, Gesù, ti rialzerai il terzo giorno con una vita nuova! Ora vuoi che il terzo giorno di chi sta con te sia segnato da un avvenimento di vita, di gioia, di comunione.

Chi sta con te da tre giorni deve rimanere ancora con te: non avrebbe più vita se si allontanasse! Chi decide di stare con te deve ricevere da te il nutrimento, il tuo pane, anche per i giorni che arrivano.

Il cammino è faticoso sulle strade di questo mondo: è necessario ricevere da te sostegno e forza. Tanto più coloro che vengono “da lontano”, coloro che vengono da paesi pagani, da un mondo diverso, dove il Dio dell’alleanza non è nemmeno conosciuto. Essi soprattutto devono vedere che tu sei mandato dal Padre per compiere l’opera del suo amore, per dare la vita con abbondanza e in maniera gratuita!

I tuoi discepoli ti deludono. La domanda che ti rivolgono lascia intuire che non ricordano più d’aver distribuito essi stessi con le proprie mani i cinque pani ai cinquemila. Non discuti con loro né ti lamenti. Anche questa volta chiedi semplicemente di quanti pani dispongono.

Non vorresti compiere un miracolo, ma solo dare un segno per farci capire che possiamo e dobbiamo fidarci di Dio. I discepoli devono darti il loro pane, devono compiere un atto d’amore gratuito, e quest’amore, posto nelle tue mani, diverrà dono e sazietà per molti.

Al popolo di Mosè Dio ha dato la manna, dopo la loro mormorazione. A coloro che stanno con te, tu stesso dai il pane che i tuoi discepoli portano con sè. Essi devono imparare che ciò di cui dispongono è per tutti, e per tutti sufficiente, grazie alla tua preghiera di benedizione. Sono sette i pani dei discepoli: e, sommati ai cinque adoperati l’altra volta, dodici, proprio come i pani posti nel Santo del Tempio davanti alla Presenza di Dio! Di essi, che erano sacri, potevano mangiare solo i sacerdoti. Anche questi sono sacri, perché dono d’amore, dono della compassione di Dio: di questi tutti quelli che stanno con te ne devono mangiare, perché essi partecipano del tuo sacerdozio per offrire se stessi come sacrificio profumato al Padre!

La folla è silenziosa e ubbidiente. Tutti siedono per terra. Nessuno deve correre a raccogliere la manna, nessuno deve far fatica. Solo i discepoli, in piedi, ricevono dalle tue mani i pezzi dei pani su cui tu hai pronunciato la benedizione. Nel deserto, con Mosè, il popolo mormorava contro Dio; tu, in questo deserto, benedici il Padre, che adopera la tua fede e il tuo amore e le tue mani per dare a tutti quanto loro serve, e anche di più: non solo pane, anche pesciolini!

I tuoi discepoli non sanno ancora come si possa sfamare di pane la folla in un deserto, eppure essi stessi, con le loro mani, distribuiscono pani e pesci, segni di te, che sazi la fame di ogni vivente! Chi mangia di te infatti non avrà più fame!

Anche questa volta i pezzi avanzati vengono raccolti. E sono sette sporte. Tu hai voluto dirci qualcosa anche attraverso questi numeri, sette pani donati e sette sporte ancora a disposizione per coloro che stanno con te da tre giorni. Sette è il numero dei giorni con cui si misura il tempo, il numero della pienezza, il numero dei servitori nella tua Chiesa (At 6,3). In essa in nessun giorno verrà a mancare il cibo. Coloro che tu hai saziato erano quattromila, mille da ogni punto cardinale, da ogni lato della terra. Tu darai il compito ai tuoi di saziare tutti, anche i pagani che dai quattro angoli della terra verranno a stare con te.

Ti ringrazio, Signore Gesù, che ti fai servo dell’amore del Padre per tutti gli uomini. Tu sei davvero il Servo di Dio. Gloria a te!

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2. NON CAPITE ANCORA? (8,10-21)

10 Salì poi sulla barca con i suoi discepoli e andò dalle parti di Dalmanùta.

11 Allora vennero i farisei e si misero a discutere con lui, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova.

12 Ma egli, gemendo nel suo spirito, disse: “Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno”.

13 E, lasciatili, risalì sulla barca e partì per l'altra sponda.

14 Ma i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un pane solo.

15 Allora egli li ammoniva dicendo: “Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!”.

16 E quelli discutevano fra loro perché non avevano pane.

17 Ma Gesù, accortosi di questo, disse loro: “Perché discutete che non avete pane? Non capite ancora e non intendete? Avete il cuore indurito?

18 Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate,

19 quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?”. Gli dissero: “Dodici”.

20 “E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?”. Gli dissero: “Sette”.

21 E disse loro: “Non capite ancora?”.

 

2.

Signore Gesù, anche questa volta ti allontani dalla folla, e con i discepoli sali sulla barca. La folla saziata con i sette pani non deve distrarli. Essi devono stare con te, perché di un altro cibo devono nutrirsi. Importante non è il pane mangiato, ma sei tu!

Arrivi così a Dalmanuta: un luogo preciso, che noi però non sappiamo dove sia. Tu ti muovi sulla nostra terra con libertà, anche se noi non la conosciamo. In ogni luogo la tua presenza è importante e ogni luogo diventa importante quando là sei tu, e solo perché ci sei tu.

Qui ti raggiungono coloro che già si sono manifestati come tuoi nemici, i farisei, orgogliosi e sicuri della loro osservanza di riti e tradizioni. Anche questa volta essi ti vorrebbero distogliere dal tuo compito. Tu devi compiere l’amore del Padre: essi non lo credono, ma ti vorrebbero spingere a manifestarti agli uomini nei modi che già hai riconosciuto come tentazione di Satana. Tu sai che è il Padre che ti manifesterà come suo Figlio prediletto, come il Servo che compie le sue opere, come il profeta che dev’essere ascoltato. È tentazione di Satana voler fare qualcosa da te stesso per essere riconosciuto Messia. Tu fai ciò che il Padre ti suggerisce.

Essi vogliono un segno, perché non riconoscono che sei tu l’amore di Dio: tu sei molto più di un segno, tu sei già la Realtà. Se ci sei tu è assurdo volere un segno di te: ciò è soltanto indice della decisione di non volerti accogliere, di rifiutare che tu sia il dono di Dio promesso agli uomini. Tu hai compiuto molte opere di Dio: era opera dell’amore di Dio anche il pane che hai donato ai quattromila! Perciò ti rifiuti di rispondere alla domanda che si rivela insidiosa e malvagia. Quelli che te la pongono sono come la generazione iniqua sommersa dal diluvio perché rifiutava di lasciarsi interpellare dall’integrità di Noè (Gen 7,1).

Tu li abbandoni a se stessi. Ad essi deve bastare l’aver visto il tuo sospiro profondo, che manifesta la tua intima unione a Dio che non sopporta falsità e risponde a chi lo mette alla prova solo con un duro rimprovero!

Sulla barca sei di nuovo solo con i discepoli. Essi sono rimasti sconcertati dalle richieste dei farisei e dal tuo sospiro. Frequentare i farisei è sommamente pericoloso per loro.

Essi sono con te, ma non sono ancora con te. Li distrae l’essersi accorti di non aver fatto provvista di cibo. Hanno un pane solo con sè! Abbi misericordia di loro, Signore Gesù! Sono anch’essi come i loro antenati che, pur accompagnati dai continui prodigi nel deserto, continuavano tuttavia a mormorare ad ogni difficoltà, che Dio poi puntualmente risolveva in modo prodigioso.

Tu, con grande sapienza, e con generosa pazienza, cogli l’occasione per far comprendere il significato di questo nuovo viaggio sul lago. L’hai voluto per allontanarli dal pericolo del lievito dei farisei, ma anche da quello di Erode, pericoli che si mescolano l’un l’altro. Il pane che si presenta a Dio (Es 23,18) dev’essere puro, senza lievito, come il pane della festa di Pasqua. Se ci offriamo a Dio per compiere il suo volere ed essere a lui graditi e da lui giustificati, dobbiamo accogliere colui che egli ha mandato con semplicità e purezza di cuore. Se volessimo aggiungere nostri meriti, nostri diritti, o il vanto di nostre capacità, oppure segrete aspirazioni a comandare a Dio e agli uomini per poter soddisfare gli impulsi e le passioni, questo sarebbe un lievito che trasforma il cuore e impedisce a Dio di accoglierlo alla sua Presenza. Erode rifiutò di convertirsi all’appello di Giovanni Battista, lo uccise, e ora ritiene te una sua apparizione: non ti vuole riconoscere, non ti vuole ascoltare. I farisei sono certi, con il loro impegno, di rendere Dio debitore verso di loro e di non aver bisogno quindi di un Salvatore. Ciò li rende ambiziosi e orgogliosi: ti ritengono inutile, e ti rifiutano senza ripensamenti. I tuoi discepoli non hanno nulla da imparare da costoro, nemmeno se sono ammirati e rispettati dal popolo: essi sono solo distrazione e tentazione.

La discussione sulla dimenticanza di fornirsi di cibo è un altro lievito che trasforma i discepoli e li allontana dal cuore di Dio. Perché non si accontentano di te, il Pane unico che hanno con sè sulla barca? Non è forse sufficiente il pane della Chiesa, il pane che è stato loro dato dal cielo? Quell’unico pane non sazia forse ogni fame per sempre?

Gesù, tu esprimi la tua meraviglia perché i tuoi non hanno ancora capito chi tu sei per loro! Non hanno capito che, se ci sei tu con noi, non ci manca nulla, perché tu sei il pastore che ci guida ai pascoli verdi e alle acque tranquille. Essi non hanno compreso il significato dei cinque pani e poi dei sette, né delle dodici sporte nè dei sette cesti di pezzi spezzati, avanzati, raccolti con cura e portati via!

Quando capiranno i tuoi discepoli? Quando tu spezzerai il pane con loro, solo con loro, e sarai l’unico pane spezzato per molti, allora comprenderanno, Gesù. Grazie, che doni anche a me di capire che, continuando a mangiare il tuo pane senza lieviti, divento pane di Dio offerto agli uomini perché non vengano meno lungo il cammino!

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3. MA VOI, CHI DITE CHE IO SIA? (8,22-30)

22 Giunsero a Betsàida, e gli condussero un cieco, pregandolo di toccarlo.

23 Allora preso il cieco per mano, lo condusse fuori del villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: “Vedi qualcosa?”.

24 Quello, alzando gli occhi, diceva: “Vedo la gente, perché vedo come degli alberi che camminano”.

25 Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e vedeva a distanza ogni cosa.

26 E lo rimandò a casa dicendo: “Non entrare nemmeno nel villaggio”.

27 Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarea di Filippo; e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: “La gente, chi dice che io sia?”.

28 Ed essi gli risposero: “Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti”.

29 Ed egli domandava: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Pietro gli rispose: “Tu sei il Cristo”.

30 E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.

. (29)

 

Signore Gesù, ora scendi dalla barca, e non ci salirai più. Essa non servirà più a tenere i tuoi apostoli separati dalla folla: essi infatti stanno accorgendosi di essere separati da essa in modo più profondo tramite la conoscenza che hanno di te.

A Betsaida, dove sei conosciuto, qualcuno ti chiede di toccare un cieco. Tu saresti contento di toccare e sanare la cecità dei tuoi discepoli, che non hanno capito il significato dei pani e il valore del Pane unico che avevano con sè. Tu pensi a loro quando prendi per mano il cieco e lo conduci fuori. Insieme a lui anch’essi sono presi per mano e condotti fuori, distanti dalle distrazioni e tentazioni, là dove possano mettersi con attenzione a tu per tu con te. Nella solitudine silenziosa sputi sugli occhi chiusi e bui: l’uomo che non vede nulla capisce così che tu ti occupi di lui, della sua cecità. La medicina è il tuo soffio condensato nella saliva, come medicina agli occhi chiusi dei discepoli è il tuo Spirito. Anche sui loro occhi, nella barca, avevi «sputato» quella serie di sette domande riguardo la loro cecità interiore.

Al cieco ora imponi le tue mani, mani divine che completano la creazione della sua vita. Sei tu poi che chiedi se egli vede, e che cosa vede! Lo chiederai ai discepoli in un luogo più distante ancora.

Ora il cieco non è più cieco. Egli vede, ma non sa dire cosa vede, non capisce la differenza tra gli uomini e le cose. Gli uomini sono alberi? Egli ha bisogno ancora delle tue mani, che si posano nuovamente su di lui, sui suoi occhi. Così il discernimento dei tuoi avrà bisogno di alcuni interventi perché comprendano chi tu sei veramente!

Il cieco vede, vede chiaramente anche a distanza. Egli non ha più bisogno di te e può tornare a casa. Egli ti ha visto, dopo aver sentito il calore della tua mano e della tua saliva e aver accolto il peso delle tue mani sul suo capo. Egli va a casa, ma tu non vuoi che si mostri in pubblico: “Non entrare nel villaggio”! Tutti verranno a sapere chi tu sei, Gesù, quando vedranno il cieco che vede e tace. Sapranno che tu vieni da quel Dio che ama l’uomo, che lo ama con umiltà, che non fa dell’amore un vanto, un’occasione di vanagloria. Sapranno che tu agisci nel nascondimento, come Dio, solo per amore. Il tuo amore parla da sè, anche se tu venissi nascosto sotto terra. I discepoli avranno capito?

Tu parti con loro verso luoghi solitari, lontano dalle città dove sei conosciuto. La tua meta è alle sorgenti del Giordano, ai piedi dell’Hermon, monte da cui scende la rugiada per dissetare la terra! Là sei al confine col mondo pagano, dove la città, nuova, con i suoi abitanti, è dedicata alla venerazione d’un uomo, come fosse Dio e Signore. Fin qui tu accompagni i discepoli per vedere se essi vedono o se sono ciechi, per chiedere loro quanto vedono del tuo volto, e per iniziare con loro il tuo ritorno a “casa”, dal Padre tuo, che avverrà a Gerusalemme!

Tu li interroghi. La tua domanda li aiuta a mettere il mondo di fronte a te, li aiuta a rendersi conto dove si trovano, qual è il clima spirituale che li circonda. “La gente, chi dice che io sia?”. Per conoscere la gente non serve sapere cosa dica di Erode o di Cesare, cosa pensi degli scribi e dei farisei, e nemmeno se conosce le Scritture, neppure se è onesta o disonesta. La gente la si conosce da come si pone di fronte a te. I discepoli hanno sentito la gente, e forse si sono lasciati influenzare dai loro discorsi. Sì, la gente parla di te e di te ha grande stima. C’è chi ti ritiene uno risorto dai morti. Persino Erode si è espresso dicendo che tu sei il Battista, ucciso da lui, quindi anche tu già giudicato e condannato da lui. La gente invece ti apprezza, come ha apprezzato Giovanni, o ti ritiene quell’Elia che verrà ad aprire la porta al Messia e a convertire i cuori (Ml 3,23). Qualcuno dice che sei il profeta grande come Mosè.

Tu sei sicuro che i discepoli non condividono queste valutazioni benevole, ma inadeguate, della gente. Saranno capaci di dire quale idea si sono fatti di te? Pietro risponde. Forse solo lui. Forse soltanto per primo, e poi tutti gli altri: “Tu sei il Cristo”. Finora essi si erano chiesti, riguardo a te: “Chi è costui, che il vento e il mare gli ubbidiscono?”. Ora devono rispondere alla loro stessa domanda. La risposta di Pietro ti piace, Gesù, perché egli ha finalmente capito che tu sei il Pane unico e che tu hai il pane per tutti. Ma ha capito fino in fondo? Ha capito tutto? Tu sai che non può essere, perché Pietro non ti ha ancora visto in croce. Anche lui e gli altri devono continuare a tenere per sè quanto hanno capito. Il seme ha iniziato a crescere, ma non è ancora maturo per la mietitura. Quanto essi sanno di te non è ancora ciò che tu sai di te stesso.

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4. VA’ DIETRO A ME (8,31 – 9,1)

31 E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.

32 Gesù faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo.

33 Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e gli disse: “Va’ dietro a me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”.

34 Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: “Se qualcuno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.

35 Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà.

36 Che giova infatti a un uomo guadagnare il mondo intero e perdere la propria vita?

37 E che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita?

38 Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi”.

9,1 E diceva loro: “In verità io vi dico: vi sono alcuni, qui presenti, che non morranno prima di aver visto il regno di Dio venuto nella sua potenza”.

 

4.

Signore Gesù, ora devi completare l’insegnamento ai tuoi: essi sanno chi sei, ma non sanno cosa significa il termine con cui Pietro ti ha chiamato, “il Cristo”! La loro familiarità con le Scritture non è sufficiente, anzi; essi non sanno prendere sul serio le profezie e si lasciano distrarre dalle aspirazioni degli uomini. Devi spiegare l’affermazione di Pietro: “Tu sei il Cristo”!

Certamente, è vero che tu sei il Cristo! Tu lo vuoi essere come Dio lo intende, vuoi essere quel Consacrato che Dio Padre vuole che tu sia. Tu sei il Figlio dell’uomo cui è dato sì il regno, ma dopo la persecuzione (Dn 7,13-14; 25-27), sei il Servo di Dio che realizza le profezie per le quali “deve” (Is 53; Sal 37,32; 85,14), sei il Giusto che viene messo alla prova dall’empio (Sap 2,12-20; 5,1-7), il profeta colpito dal popolo di Dio (Ger 2,30). La tua sofferenza sarà quella più dolorosa, perché sarai maledetto dai capi religiosi ed allontanato dai capi del popolo di Dio. La tua sofferenza sarà una morte in tutti i sensi; ma quando gli uomini non potranno più nulla contro di te, interverrà Dio stesso con la sua potenza, e risorgerai! Tu manifesti tutto ciò che ti attende, sconfitta e vittoria, ai tuoi. La tua sconfitta però non è sconfitta, anzi, è passaggio che evidenzia la grandezza della vittoria, è compimento della volontà d’amore di Dio, compimento della sua opera di salvezza. Dio stesso l’approverà intervenendo dopo tre giorni, com’è solito fare quando manifesta tutta la potenza del suo amore (Os 6,2). Tu risorgerai, e inizierà un mondo nuovo senza più paura della morte!

Gesù, tu il Maestro, stai insegnando il primo insegnamento ai tuoi, a coloro che ti seguono. Questo è l’inizio del tuo insegnamento, ora che i tuoi hanno cominciato a capire. Ma com’è grande la tua delusione! Il discepolo che sa chi tu sei non vuole imparare. Egli sa che sei il Messia, ma ora vuole mettersi al tuo posto, ti vuole insegnare. Devi imparare tu da lui? Egli ti si pone davanti e ti rimprovera: ti prende in disparte come tu hai preso in disparte il cieco. Pietro ti ritiene cieco, e ti vuole guarire con la sua parola. Lo fa in disparte, ritenendosi migliore degli altri: non è stato lui infatti a dire che tu sei il Cristo?

Gesù, nostro Signore dolcissimo, sei diventato terribile, per noi, per amarci, per insegnarci il vero discernimento. Rivolgi lo sguardo agli altri discepoli perché li vuoi partecipi di quanto avviene. Non guardi Pietro davanti a te. Davanti a te dev’esserci solo il Padre e il suo volere. Tu vuoi che Pietro ritorni insieme agli altri per ascoltare la tua parola, dietro a te, unico Maestro che conosci i pensieri di Dio. Tu hai vinto nel deserto e nelle discussioni con gli scribi e i farisei la tentazione di considerare il tuo compito alla maniera miope degli uomini. Che questa stessa tentazione debba riaffiorare e vincere nel cuore dei tuoi discepoli? Ti ringrazio d’aver ordinato a Pietro di tornare al suo posto, insieme agli altri, nella Chiesa, dietro a te, al posto del discepolo. Egli ha dato spazio al tentatore, il nemico, colui che impedisce il cammino verso il Padre, colui che ti vuole diverso da come sei perché vuole la perdizione degli uomini, non la loro salvezza. Com’è facile pensare secondo gli uomini, ma com’è bello e liberante pensare i pensieri di Dio! Continua ad essere nostro Maestro, Gesù!

Quanto tu insegni vuoi che lo sentano tutti. Ormai hai visto che i tuoi discepoli non sono diversi dagli altri, e perciò chiami la folla. Siamo nei pressi di Cesarea di Filippo: la folla in questo luogo raccoglie ebrei e pagani. Tutti devono ascoltare le regole principali del discepolo, anzi, le condizioni per esserlo.

Per camminare dietro a te e arrivare al Padre, per riuscire ad affrontare la morte e poi risorgere nella vita, è necessario volerlo. Nessuno sarà tuo discepolo automaticamente o perché lo hanno voluto altri. Ognuno decide questo passo per sè, passo prezioso, ma che costa. Il prezzo è rinnegare se stesso: smettere di voler conoscere se stesso, smettere di considerarsi intelligente, sapiente, a posto, smettere di far riferimento a sè. Perché questa morte? Perché tu, Gesù, sei la vita da conoscere, l’intelligenza e la sapienza cui fare riferimento, tu sei a posto! In tal modo il tuo discepolo salva la propria vita, la pone al sicuro: l’amore per te e per la tua luce santa è salvezza!

Le cose belle e buone del mondo non sostituiranno mai te e la tua grazia. Tu sei l’unico prezzo accolto dal Padre in cambio della nostra vita! Ci darai tu stesso gioia di riconoscerti davanti al mondo intero e davanti ai tuoi nemici, e poi ci presenterai al Padre nel giorno della tua gloria!

Gesù, mio Signore Gesù, rendimi saggio e prudente, perché possa anch’io godere del tuo regno che viene, ed esserne strumento semplice e nascosto, affinché l’orgoglio non mi prenda.

Vieni, Gesù, vieni. Io sono tuo, salvami!

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5. SEI GIORNI DOPO (9,2-13)

2 Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro

3 e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche.

4 E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù.

5 Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: “Maestro, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia”.

6 Non sapeva infatti che cosa rispondere, perché erano spaventati.

7 Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: “Questi è il Figlio mio, il prediletto: ascoltatelo!”.

8 E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.

9 Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risorto dai morti.

10 Ed essi tennero per sé la cosa, domandandosi però che cosa volesse dire risorgere dai morti.

11 E lo interrogarono: “Perché gli scribi dicono che prima deve venire Elia?”.

12 Egli rispose loro: “Sì, prima viene Elia e ristabilisce ogni cosa; ma come sta scritto del Figlio dell'uomo? Che deve soffrire molto ed essere disprezzato.

13 Ma io vi dico che Elia è già venuto e gli hanno fatto quello che hanno voluto, come sta scritto di lui”.

 

5.

Signore Gesù, sei sempre attento al volere del Padre e alle Scritture. Hai rivelato ai tuoi discepoli il compimento del disegno della salvezza nella passione e nella gloria. “Dopo sei giorni”: il Padre, sei giorni dopo la creazione della luce consacrò il settimo giorno (Gn 2,3), Mosè dopo sei giorni sul monte fu coperto dalla nube (Es 24,16)!

Questo è il settimo giorno da quando hai rivelato il tuo modo di essere Messia: ora sali su un alto monte, il monte della visione e dell’ascolto di Dio, dove egli può manifestarsi (Es 24). Con te prendi i tre discepoli che hanno visto risorgere la figlia di Giairo. Tu sai già cosa vorrai rivelare: questi tre sono già un po’ preparati. Essi vengono con te, non come gli accompagnatori di Mosè, che si dovevano fermare a distanza. Vi accompagna il silenzio e la solitudine e le forti parole pronunciate sei giorni prima: certamente tu ed essi vi aspettate un evento importante, un dono grande dall’alto, sublime come il dono del sabato, stupendo come la vita che vince la morte! Ed ecco, vieni trasfigurato: i tre vedono te, diverso, avvolto da luce divina che irraggia persino dalle tue vesti. Queste diventano molto più splendenti di quelle dei messaggeri celesti (Mc 16,5; At 1,10), bianche come quelle dei martiri, tuoi testimoni (Ap 7,14), e dei ventiquattro vegliardi che circondano il trono e cantano la lode di Dio (4,4). Essi vedono pure il profeta che ti ha preceduto e che continua a precederti, Elia. Egli ha annunciato la fede nell’unico Dio amante dell’uomo, è stato perseguitato dalla regina che lo avrebbe voluto uccidere, è stato assunto in cielo dalla potenza di Dio! È accompagnato da Mosè, che ha condotto il popolo dall’idolatria dell’Egitto, idolatria che lo faceva mormorare e ribellarsi, alla libertà di servire Dio nella gioia e nell’osservanza dei comandi sapienti del Padre. Elia con Mosè conversano con te, Gesù. Che cosa potevi dire tu ad Elia, che cosa a Mosè, che cosa essi a te che potesse essere utile alla gloria di Dio?

Elia gioisce perché tu sei il compimento delle profezie, Mosè esulta perché tu offri te stesso affinché si formi un popolo nuovo, che dia gioia a Dio, disgustato dalle mormorazioni e dalle ingiustizie del popolo antico.

Tu sei confortato dagli esempi e dalle parole di Elia e di Mosè per continuare la lotta contro Satana, che vorrebbe impedirti il cammino verso Gerusalemme, dove ti aspetta il rifiuto e la croce.

È ancora Pietro che presta la voce al tentatore. È vero che “è bello essere qui”: ma “essere qui” non è la situazione definitiva, non compie la salvezza del mondo. Le tre “capanne” che Pietro vorrebbe fare ostacolerebbero il compiersi del mistero di Dio. Pietro pensa ancora secondo gli uomini. Questa volta tu non lo rimproveri. Tu sai quanto la paura può influire sul cuore e sulla volontà dell’uomo. L’esser qui ora è dono di Dio, è reso “bello” dalla sua presenza. Se l’“essere qui” fosse costruito dall’uomo, perderebbe tutta la preziosità e tutta la bellezza. Ma ecco la nube e la voce che Mosè aveva visto e udito sul Sinai. La nube rivela la Presenza nascosta di colui la cui voce ha creato il mondo. Ora quella voce si rivolge ai tre discepoli spaventati, e parla loro di quel Maestro che sei giorni prima aveva annunciato la propria morte e risurrezione. Pietro allora aveva detto : “Tu sei il Cristo”! Ora la voce dice: “Questi è il Figlio mio, il prediletto”. Gesù, com’è bello udire queste parole! Tu sei amato da Dio come un figlio, come l’unico, come Abramo amava Isacco e come Giacobbe amava Giuseppe. Dio ti porterà su un altro monte, sopra un altare, e ti vedrà venduto dai fratelli: gli rimarrà la tunica intrisa di sangue. Gesù, sei il prediletto di Dio, l’unico che gli rimane da mandare agli uomini: ma essi non avranno rispetto nemmeno del Figlio.

Agli orecchi dei tre discepoli risuona ancora la parola: “Ascoltatelo”! Proprio Mosè aveva detto a tutto il popolo che sarebbe venuto un altro profeta cui bisognava dare ascolto (Dt 18,15). Sei tu, Gesù, quel profeta: lo dice Dio stesso ora sul monte! A nessun altro dobbiamo dare ascolto. Tu sei la Parola del Dio vivente. Elia e Mosè scompaiono e tacciono, il loro ministero ora è compiuto. Ora rimani tu, tu solo.

Tu scendi con Pietro Giacomo e Giovanni. Essi devono custodire come un segreto l’avvenimento di cui sono stati testimoni. Non sarebbero capaci di parlarne in modo adeguato, nessuno riuscirebbe a credere loro e a cogliere il significato di quant’è successo. Quando si conoscerà la tua gloria di risorto dai morti allora conoscere questo fatto sarà di grande aiuto per tutti. I tre però non sanno che significa risorgere dai morti, e per paura di dover accettare la separazione da te e il rinnegamento di sè, non ne vogliono parlare. Ti interrogano a riguardo di Elia, che essi pensano debba preparare al Messia la strada in modo che gli sia facile e senza intoppi: così insegnavano gli scribi. Tu allora ricordi loro come invece Elia è stato perseguitato (1Re 19,1ss), e che al ricordo di Elia va associato quello di Giovanni (Ml 3,23; Sir 48,10), veramente ucciso dal re per volere della sua donna. Anche per te si compiranno le Scritture che parlano di sofferenza, disprezzo e morte. I discepoli devono prepararsi ad entrare nel mistero dell’amore di Dio, il cui compimento passa per il rinnegamento di sè, come già tu hai rivelato.

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6. PORTATELO QUI DA ME (9,14-29)

14 E arrivando presso i discepoli, videro attorno ad essi molta folla e gli scribi che discutevano con loro.

15 E subito tutta la folla, al vederlo, fu presa da meraviglia e corse a salutarlo.

16 Ed egli li interrogò: “Di che cosa discutete con loro?”.

17 E dalla folla uno gli rispose: “Maestro, ho portato da te mio figlio, che ha uno spirito muto.

18 Dovunque lo afferri, lo getta a terra ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce. Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti”.

19 Egli allora disse loro: “O generazione incredula! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo qui da me”.

20 E glielo portarono. Alla vista di Gesù, subito lo spirito scosse con convulsioni il ragazzo ed egli, caduto a terra, si rotolava schiumando.

21 Gesù interrogò il padre: “Da quanto tempo gli accade questo?”. Ed egli rispose: “Dall'infanzia;

22 anzi, spesso lo ha buttato anche nel fuoco e nell'acqua per ucciderlo. Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci”.

23 Gesù gli disse: “Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede”.

24 Il padre del fanciullo rispose ad alta voce: “Credo, aiuta la mia incredulità”.

25 Allora Gesù, vedendo accorrere la folla, minacciò lo spirito impuro dicendogli: “Spirito muto e sordo, io ti ordino, esci da lui e non vi rientrare più”.

26 Gridando, e scotendolo fortemente, uscì. E il fanciullo diventò come morto, sicché molti dicevano: “E' morto”.

27 Ma Gesù, presolo per mano, lo fece alzare ed egli stette in piedi.

28 Entrato in casa, i discepoli gli domandavano in privato: “Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo?”.

29 Ed egli disse loro: “Questa specie di demoni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera”.

 

6.

Signore Gesù, hai parlato di Elia con i tre discepoli, scendendo dal monte. Elia è il profeta della fede forte, la cui preghiera è stata esaudita da Dio. Fede e preghiera sono atteggiamenti necessari ai discepoli, ma ancora mancano ai tuoi. Tu assente, essi discutono. Si lasciano distrarre dagli argomenti degli scribi, forse per farsi ammirare dalla folla incuriosita. Ma la folla cerca te, soltanto te. Quando ti vede accorre da te, lasciando soli i discepoli. Essi dovrebbero essere i primi ad avvicinarsi a te! Tu ti sei accorto che era in corso una discussione: certamente essi parlavano di te, dei tuoi insegnamenti e delle tue scelte, disapprovate e disprezzate dagli scribi. Vorresti aiutare i tuoi discepoli, o a rispondere alle domande o a lasciar perdere la discussione. Ti risponde invece uno dalla folla. Egli aveva fiducia in te ed era accorso, pensando che tu fossi con i discepoli, e invece eri assente. Allora ha rivolto ad essi la richiesta destinata a te per suo figlio: questi, di quando in quando, vien preso da una forza che gli toglie sempre la parola, la capacità di comunicare, e vorrebbe togliergli pure la vita. I tuoi discepoli, cui tu avevi dato potere sugli spiriti immondi (3,15; 6,7) hanno provato a liberarlo, ma senza alcun esito.

La tua prima reazione, Gesù, è diretta ai discepoli. Ti rivolgi a loro come Dio al popolo di Mosè, quando lamentandosi e mormorando esprimeva la sua mancanza di fede: “Fino a quando sopporterò…?” (Nm 14,27). Dov’è la fede dei tuoi discepoli? Pensano di farcela con le proprie forze o con le proprie parole e non con la potenza di Dio che è in te?

Vuoi vedere il ragazzo, che, appena ti scorge è disturbato dallo spirito. È uno spirito o una malattia? Per te non c’è differenza; lo spirito si serve di una malattia, che gli impedisce di stare in ascolto e di rispondere. Tu allora ti rivolgi al padre del ragazzo; egli pure soffre, perché ama suo figlio. È lui infatti che chiede il tuo intervento, ed è lui che risponde alle tue domande, è lui impegnato a custodire la vita del ragazzo dal fuoco e dall’acqua. Ogni cosa è nemica per chi è in balia degli spiriti!

Quell’uomo si rivolge di nuovo a te. I tuoi non sono stati capaci di liberare suo figlio. Egli teme che forse nemmeno tu possa farlo, perciò esprime anche questa paura: “Se tu puoi qualcosa…”. È bella la fede di quest’uomo, ma è tentennante. Tu vuoi anzitutto correggerla, rafforzarla, renderla stabile e sicura.

La tua risposta, Gesù, ci mostra com’è la tua fede e ci incoraggia a prenderla in noi (Gc 1,6-8; 1Gv 5,14-15; Gv 16,23). Anch’io voglio credere con te e come te. “Tutto è possibile a chi crede”! A Dio nulla è impossibile (cf Gn 18,14), chi crede si appoggia sulle capacità di Dio, non sulle proprie capacità, nemmeno sulle nostre capacità di credere. Per quanto noi crediamo, non siamo capaci di credere. Il nostro credere è sempre rovinato dal nostro peccato, dall’egoismo, dall’orgoglio, dalla vanagloria. Dobbiamo continuamente ricevere la fede come dono di Dio, come sua azione. Gesù, rendici partecipi della tua fede. Tutto è possibile a chi crede, ma solo tu credi. Solo il tuo credere è puro, libero dal peccato. “Aiuta la mia incredulità”, sostienila con la tua fede. La mia fede è un’incredulità che si apre a te, ad accogliere la tua fede.

Ti basta vedere questa umiltà e verità del padre del ragazzo per dare il tuo ordine allo spirito che impedisce l’ascolto e la parola, che impedisce di ricevere e di dare, impedisce la vita divina di comunione umile, sincera e fiduciosa. Lo spirito immondo esce, pur non risparmiando la sofferenza e nemmeno l’esperienza della morte. Molti dicevano infatti “è morto”, cioè non credevano all’efficacia della tua parola.

Tu sei la vita, tu sei novità: prendi per mano il ragazzo, come hai fatto con la suocera di Pietro e con la figlia di Giairo, e lo fai risorgere. Chi diceva che è morto deve ora dire che tu l’hai risorto.

I tre discepoli, che sono scesi con te dal monte, cominceranno a comprendere ciò che tu hai loro detto riguardo alla tua risurrezione dai morti?

Gli altri nove sono preoccupati per la brutta figura della loro incapacità, di cui tutta la folla è stata testimone. Come mai il potere che tu hai dato loro non è stato efficace? La loro vita e la loro sequela è inutile? Sono preoccupati della salvezza del ragazzo o della brutta figura che hanno fatto di fronte alla folla?

La tua risposta, Gesù, è una nuova istruzione che suona pure come rimprovero. I demoni che tormentano gli uomini scappano solo dalla preghiera: è la preghiera che tiene il discepolo unito a te, suo maestro, l’unico che può comandare ai demoni. Si vede che la preghiera non era presente in loro. Pregare, imparare a pregare, continuare a pregare, vigilare nella preghiera: il nostro cuore e la nostra mente devono essere sempre orientati a te, immersi in te, occupati da te!

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7. SE UNO VUOL ESSERE IL PRIMO (9,30-37)

30 Partiti di là, attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse.

31 Istruiva infatti i suoi discepoli e diceva loro: “Il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà”.

32 Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.

33 Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: “Di che cosa stavate discutendo per la strada?”.

34 Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande.

35 Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: “Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti”.

36 E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro:

37 “Chi accoglie un bambino come questi nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato”.

 

7.

Signore Gesù, inizi il tuo viaggio verso Gerusalemme partendo dal luogo più lontano, al confine con le terre pagane. Questo viaggio è un vero pellegrinaggio: arrivando compirai l’unico sacrificio vero, gradito al Padre, preannunciato e inconsapevolmente atteso da tutti i sacrifici offerti dagli uomini. Attraversi quindi la Galilea, la regione in cui tutti ti conoscono perché ti hanno ascoltato oppure hanno potuto sentir parlare di te. Durante questo viaggio non vuoi essere trattenuto da nessuno, né da malati né da peccatori né da coloro che sono “come pecore senza pastore”. Il vero cibo e la guida definitiva e perenne la darai loro proprio a Gerusalemme: ora vuoi preparare i tuoi discepoli ad esserne partecipi. La tua istruzione non dev’essere interrotta, né disturbata. Essi devono conoscere e comprendere il tuo mistero, devono essere preparati per accogliere quanto ti accadrà nella città di Davide.

Tu hai già rivelato quanto ti accadrà, ma essi hanno chiuso gli orecchi, anzi, hanno rifiutato di crederti e hanno tentato di opporsi al volere di Dio, diventando tentazione per te. Ora, in Galilea, dove tutti sono testimoni dei miracoli e prodigi compiuti da te, continui a ripetere il tuo insegnamento, e lo fai con le parole dei profeti, parole che nessuno può mettere in discussione. “Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini”! I discepoli ragionano: Il Figlio dell’uomo è l’inviato di Dio, come potrà cadere nelle mani degli uomini? Eppure così dicono le profezie: Dio consegna agli uomini, che non hanno dato ascolto ai profeti, l’ultimo che gli resta, il Figlio, la pienezza del suo amore.

“Nelle mani degli uomini”: qui non dici dei peccatori, o dei pagani, o dei nemici, ma “degli uomini”. Tutti gli uomini sono figli di Adamo, peccatori e nemici, disobbedienti, egoisti; essi fanno a te quello che avrebbero voluto fare a Giuseppe i suoi fratelli: ti uccideranno. Ma colui che ti consegnerà loro non ti abbandonerà. Quando gli uomini avranno fatto tutta la loro parte, parte di cattiveria e di morte, egli, il Padre, compirà il suo progetto: ti farà risorgere! Ti risusciterà dopo tre giorni, così si saprà che Dio è il tuo protettore!

Questo è l’insegnamento che continui a donare, il più importante e il più incomprensibile. E difatti non capivano. Non capivano, come noi non comprendiamo, perché la morte per noi non è un passo utile, non è un momento gradito a nessun uomo. Noi non sappiamo come Dio possa adoperare la nostra morte, anzi, pensiamo che essa metta fine anche all’agire di Dio per noi, che ci impedisca di sperimentare il suo amore. Tu devi continuamente insegnare che Dio è Dio per noi anche dopo la nostra morte, che egli è sempre Dio dei viventi. Egli ti farà risorgere. Che Dio possa far risorgere dai morti lo ha creduto anche Abramo mentre accompagnava il figlio diletto verso il sacrificio (Ebr 11,19). I tuoi discepoli devono crederlo per te, e lo devono credere anche per sè, altrimenti come potranno rinnegare se stessi per seguirti?

Dovrai insegnarlo ancora, Gesù, perché i discepoli non solo non capiscono, ma neppure vogliono capire. Pur potendo, non ti chiedono spiegazione: hanno paura!

Arrivi a Cafarnao, dopo un lungo viaggio. Ed è l’ultima volta che entri nella casa che avevi scelto come dimora per te, tua madre e i tuoi fratelli. E qui, finalmente, ti siedi, chiamando i Dodici ad essere molto attenti. Essi non hanno voluto risponderti quando hai chiesto l’argomento della loro precedente discussione. Hanno taciuto, vergognandosi che, per loro, unica conseguenza dell’annuncio della tua morte sia stato mettersi a pensare a chi avrebbe preso il tuo posto tra di loro, e nel regno di Davide che tu avresti ristabilito. L’argomento è molto importante, ma è facile lasciarsi ingannare… da se stessi.

Chi è il più grande? Qualcuno vuol essere il primo? È necessario che ci sia un “primo”, uno cui ubbidire. Il primo, colui che prende il tuo posto, dev’essere come te, servitore di tutti e ultimo di tutti. I Dodici non hanno ancora visto del tutto come tu sei servitore e ultimo: lo vedranno a Gerusalemme, se saranno capaci di vedere!

Intanto tu dai ai loro occhi un anticipo: prendi tra le braccia un bambino. Al bambino nessuno dà ascolto, il bambino viene sempre fatto tacere, viene allontanato dal consesso dei grandi: tu lo prendi tra le tue braccia, lo accogli in modo che lui si senta grande, amato, preferito, apprezzato proprio per la sua piccolezza. Inoltre, essendo ospite in quella casa, abbracciando il bambino ti rendi partecipe dell’amore della madre per quel bambino, e ti fai accogliere da tutti per questa umiltà.

I tuoi discepoli devono sapere che solo Dio è grande! Se essi vogliono essere grandi devono avere Dio in sè. Ciò è possibile, basta accogliere te, Gesù, il Figlio. E per accogliere te, Gesù? “Nel suo nome”, per tuo amore, posso accogliere il bambino, il disprezzato, l’inascoltato, colui che è sempre lasciato fuori. Sarò grande, sarò il primo nel cuore di Dio, sarò il primo anche nel suo Cielo!

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8. ENTRARE NELLA VITA (9,38-50)

38 Giovanni gli disse: “Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demoni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non ci seguiva”.

39 Ma Gesù disse: “Non glielo proibite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me.

40 Chi non è contro di noi è per noi.

41 Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa.

42 Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio che gli venisse messa al collo una macina da mulino e fosse gettato nel mare.

43 Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è bene per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. [44].

45 E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è bene per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nel fuoco della Geènna. [46].

47 E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è bene per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due essere gettato nel fuoco della Geènna,

48 dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue .

49 Ognuno infatti sarà salato con il fuoco.

50 Buona cosa è il sale; ma se il sale diventa insipido, con che cosa gli darete sapore? Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri”.

 

8.

Signore Gesù, ora i tuoi discepoli sanno come comportarsi tra di loro, sanno che sarà grande chi si farà servo di tutti. E con gli estranei come debbono comportarsi? Ti pone la domanda, o meglio, ti manifesta il suo parere Giovanni, il figlio del tuono. In un momento in cui tu non eri presente i discepoli hanno impedito ad uno di invocare il tuo nome contro il diavolo. Gliel’hanno impedito semplicemente perché quel tale non stava con loro dietro a te! Essi manifestano la convinzione che tu appartieni a loro, e non essi a te. In tal modo essi impediscono a te di agire al di fuori della loro cerchia, limitano la tua autorità entro la Chiesa. Metterebbero così la Chiesa stessa nella condizione di non poter crescere, di non poter accogliere più nessuno: tu infatti chiami chi si trova ancora fuori di essa! Santo è il tuo rimprovero: essi non possono sostituirsi a te! Hanno agito male, perché chi invoca il tuo nome evidentemente dà gloria a te e ti amerà maggiormente, fino a divenire discepolo! Chi non manifesta ostilità verso di te e verso la tua Chiesa è già sulla buona strada, è aperto ad accogliere la tua luce e il tuo amore. I tuoi discepoli stessi sono beneficati da chi non è ancora membro della Chiesa, ma ha simpatia per te! E Dio stesso gode per ogni persona che favorisce la vita e la missione di coloro che ti appartengono: li ricompenserà. La ricompensa di Dio è la salvezza! Sei tu stesso la ricompensa del Padre per coloro che ti amano!

I tuoi discepoli dovranno affrontare molte difficoltà. Ci sarà chi vorrà distoglierli dal credere in te, dall’ascoltarti, dal seguirti. C’è chi lo farà persino con persecuzioni. Ebbene, questi deve sapere che agendo così non danneggia solo loro, ma ancor più se stesso.

Ogni discepolo deve però vigilare anche e soprattutto su se stesso, perché le tentazioni più forti per rinnegarti vengono dal di dentro. La nostra stessa mano, il nostro piede e il nostro occhio possono ostacolarci nel darti adesione. Queste membra del corpo possono esserci di tentazione in vari modi. La mano vuole afferrare e possedere, il piede raggiungere le cose bramate e l’occhio cercare le ricchezze da afferrare. La ricchezza bramata e posseduta impedisce di seguirti. Tu hai detto che è difficile per un ricco entrare nel regno dei cieli (10,25), perché l’amore alla ricchezza prende il posto dell’amore per te, e inoltre genera avarizia, e questa invidia, e poi superbia, atteggiamenti che ci mettono sulla strada del potere e del dominio sugli altri. Per te non c’è posto in un cuore dove si sviluppano queste radici.

Signore Gesù, abbi pietà di me, abbi pietà di noi e della tua Chiesa. Rendici attenti, vigilanti e decisi. Evitare la Geenna e il suo fuoco terribile è possibile, con la tua grazia. Grazie al tuo aiuto userò mani e piedi e occhi per te, per cercare te, il tuo volto e il tuo sguardo, per seguirti e raggiungerti ovunque tu sia. Aprirò le mani per tenderle ai fratelli ancora ciechi e condurli a te, perché abbiano la vita e gustino la gioia e la pace del regno di Dio.

Grazie al tuo aiuto sarò deciso nel distogliere il desiderio da ciò che passa, anche se bello e buono, perché né occhio né piede né mano restino impigliati in ciò che poi inevitabilmente trascina lontano da te. È preferibile infatti, come tu dici, essere poveri, ignoranti, deboli e disprezzati dal mondo, ma essere con te!

Signore Gesù, tu sai che noi, uniti a te, siamo e diventiamo sacrificio gradito al Padre. Il sacrificio viene bruciato, e prima salato (Lev 3,13). Per offrirci a Dio dobbiamo essere cosparsi di sale! Il sale che dà il sapore gradito alla nostra vita è la sapienza della tua parola: essa deve rimanere in noi, compenetrarci profondamente. Allora potremo esser dati al fuoco dell’amore che ci brucia e ci presenta a Dio come profumo a lui gradito. Sale che ci conserva e ci dà sapore è ancor più il tuo nome stesso, Gesù! Il tuo nome deve rimanere in me, nel mio cuore e nella mia mente, nei miei desideri e nei miei rapporti con gli altri tuoi discepoli, e anche con chi ancora non ti conosce. Il tuo nome fa di me un luogo di pace. Se il tuo nome è il motivo e la forza di ogni mia azione e di ogni incontro, tutti coloro che s’imbattono in me riceveranno te, che sei la pace di Dio!

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9. DIO HA CONGIUNTO (10,1-16)

1 Partito di là, venne nella regione della Giudea, al di là del fiume Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli insegnava loro, come era solito fare.

2 Alcuni farisei, avvicinatisi, per metterlo alla prova gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie.

3 Ma egli rispose loro: “Che cosa vi ha ordinato Mosè?”.

4 Dissero: “Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di mandarla via”.

5 Gesù disse loro: “Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma.

6 Ma all'inizio della creazione Dio li fece maschio e femmina;

7 per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie

8 e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne.

9 Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto”.

10 A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro:

11 “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio verso di lei;

12 se la donna, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio”.

13 Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono.

14 Gesù, al vedere questo, s'indignò e disse loro: “Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio.

15 In verità io vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come l'accoglie un bambino, non vi entrerà”.

16 E, abbracciandoli, li benediceva, ponendo le mani su di loro.

 

9.

Signore Gesù, hai lasciato la Galilea per salire a Gerusalemme, dove sarai consegnato agli uomini. Evitando di passare per la Samaria ti trovi al di là del Giordano, terra governata da quell’Erode che ha fatto decapitare Giovanni, e che va dicendo che tu sei lui risorto. Anche qui la folla ti riconosce e ti raggiunge per ascoltarti.

Si radunano pure i tuoi nemici, quelli che - insieme agli erodiani - hanno già deciso che devi morire (3,6). Vogliono tenderti un nuovo tranello per poterti denunciare. Il comportamento del tetrarca, che ha fatto uccidere Giovanni, è un’occasione eccezionale: egli aveva divorziato per sposare Erodiade. Appunto per questo era stato disapprovato da Giovanni: «Sei tu davvero lui risorto? O, altrimenti, sei d’accordo con lui?» Essi sono certi che, in ogni caso, tu, Gesù, non ti opporrai alle dichiarazioni di Giovanni, e allora ti si potrà denunciare. Essi ti chiedono dunque se Dio permette il divorzio.

Questa domanda pare tanto strana a te, che sei sempre attento alla Parola e alla volontà del Padre! Egli infatti non ha istituito il divorzio, egli non ha consacrato né benedetto la divisione! Egli, il Padre, che con te è una cosa sola nello Spirito d’amore, fa vivere nel suo regno gli uomini e dona loro la sua stessa tensione all’unità e alla comunione. Per questo egli ha messo tale tensione all’unità nell’anima e nel corpo degli uomini, creandoli diversi in vista di potersi completare l’un l’altro: “Maschio e femmina li creò” (Gn 1,27)! Tale unità è addirittura superiore a quella sacra che i figli devono mantenere con i propri genitori: uomo e donna devono lasciare padre e madre per realizzare pienamente la propria vita di comunione. Dio ha stabilito l’unità, non la divisione: questa è conseguenza del peccato, che distrugge l’opera di Dio, ne impedisce la manifestazione, e introduce la sofferenza nella vita dei coniugi e dei loro figli. La sofferenza è ancora più straziante se si pensa che la divisione impedisce di vedere la fedeltà di Dio alle sue promesse. La divisione dei coniugi somiglia ad una bestemmia, perché dichiara che l’alleanza di Dio con il suo popolo non è importante, non è sicura, non occorre testimoniarla, è sufficiente una qualsiasi scusa per ignorarla.

Tu affermi che l’uomo non ha alcun diritto né alcuna facoltà per dividere ciò che Dio ha messo insieme e unito in una sola obbedienza. Il divorzio è la distruzione dell’opera di Dio.

Gesù, le tue parole sono forti, sicure, chiare. I farisei avrebbero voluto che tu riconoscessi come “permesso” il peccato dell’uomo, quel peccato di cui Mosè aveva tentato di ridurre le conseguenze di sofferenza per la donna, vittima delle passioni dell’uomo. Tu invece ristabilisci l’ordine vero e santo dei disegni di Dio. Tu inizi tempi nuovi, dove Dio dev’essere adorato e ubbidito, dove il suo volere dev’essere eseguito per una realizzazione piena dell’uomo e dell’umanità.

Con te, e solo con te, diventa possibile l’amore perfetto tra i coniugi, perché chi accoglie te diventa capace di dare la vita per l’altro, anche se peccatore. Chi accoglie te vuol manifestare il mistero dell’amore del Padre insieme a te, fino a dare la vita, portando il peccato del mondo.

Nella casa, nell’intimità dove tu puoi dare rilievo ad ogni cosa e ripeterla con forza, i discepoli ti interrogano ancora. Questo mistero infatti è tanto importante per la tua Chiesa! In vista della sua edificazione e della sua missione il mistero dell’amore umano è rivelazione del mistero dell’amore divino: chi segue te non li può disgiungere. Tu unisci Dio all’uomo e l’uomo con Dio. Grazie a te tutto l’uomo con le sue relazioni d’amore è assunto nel mistero di Dio. E Dio vuole arricchire gli uomini con la possibilità di comunione, non impoverirli con la divisione e la discordia.

Mentre tu, Gesù, parli del disegno di Dio e della incapacità dell’uomo peccatore a realizzarlo, ecco, arrivano dei bambini. I bambini sono quelli che soffrono maggiormente per il peccato dell’uomo, per le divisioni dei genitori. Essi sono il frutto di sacri gesti di comunione, e devono soffrire le conseguenze di decisioni di divisione, dell’incapacità di amare. Essi sono davvero poveri e malati, malati della malattia peggiore che gli adulti possano far pesare su di loro, la divisione generata dal non voler sacrificare se stessi. Ti vengono presentati, come ti sono stati presentati la figlia di Giairo e il ragazzo muto.

Come mai i discepoli non vogliono che i bambini si avvicinino a te? Si vergognano d’avere un maestro che si occupa dei piccoli, che interrompe discorsi importanti per toccare i bambini? Tu ti arrabbi con loro, manifesti la tua disapprovazione: i piccoli infatti sono veri maestri, tuoi collaboratori. Essi possono insegnare come si accoglie il regno di Dio. Essi non presumono di avere meriti, non vantano diritti come i farisei, o come gli stessi tuoi discepoli che possono ritenere un merito il seguirti. Il regno di Dio è un dono, e i bambini sono capaci di accoglierlo così.

Grazie, Gesù: abbracciando i bambini fai sentire loro quell’amore che ancora non hanno ricevuto, benedicendoli li inserisci nella grande famiglia dei figli di Dio, ponendo le mani su di loro li incarichi di cooperare con te alla salvezza del mondo!

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10. PERCHÉ MI CHIAMI BUONO? (10,17-22)

17 Mentre andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?”.

18 Gesù gli disse: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo.

19 Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”.

20 Egli allora gli disse: “Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza”.

21 Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: “Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; e vieni, seguimi!”.

22 Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato: possedeva infatti molti beni.

 

10.

Signore Gesù, nei tuoi occhi è riflessa ancora la gioia che hai donato ai bambini che hanno accolto con la loro semplicità il regno di Dio.

Ora un uomo corre verso di te: tu lo vedi e lo guardi con attenzione. Chi può essere? Perché corre? Perché s’inginocchia lì all’aperto, davanti a te? Tu lo lasci in ginocchio, perché ogni ginocchio deve piegarsi al tuo nome (Fil 2,10). Così, senza saperlo e senza parole, quest’uomo dichiara la tua più nascosta e più manifesta identità: tu sei Dio! Ora, in ginocchio, egli apre la bocca e ti dice: “Maestro buono!”. È bello udire questa parola riferita a te! Tutti sanno che veramente buono è solo Dio: “Dica Israele che egli è buono” (Sal 118,2). E tu sei di Dio, sei tutto di Dio, perciò tu sei buono. Voleva quel tale pregare davanti a te il salmo della bontà di Dio? È davvero un salmo profetico, che parla di te, salvezza di Dio, pietra scartata dagli uomini, ma scelta da Dio per essere la pietra angolare! Riesce quell’uomo a pensare che, se tu sei buono, anche la tua parola è buona, divina, e la tua risposta alla sua domanda degna di essere abbracciata con decisione e con gioia?

La sua domanda è seria, merita grande attenzione: è vero che manifesta un modo di avvicinarsi a Dio che riflette gli insegnamenti degli scribi e gli esempi dei farisei. Ma la domanda stessa dice che questi insegnamenti ed esempi non soddisfano il cuore dell’uomo, non lo riempiono di quella vita che solo Dio può dare e che l’uomo non riesce a conquistare. Tu hai appena proposto ai tuoi di accogliere il regno di Dio come si accoglie un dono, come sanno fare i bambini. Quest’uomo pensa invece che lo si possa guadagnare «facendo» qualcosa che solo tu sai, perché tu sei come Dio, buono! Addirittura egli pensa che si possa fare qualcosa per avere poi diritto della vita eterna, come si ha diritto all’eredità. Gesù, ti ringrazio, perché rispondi con calma, gradualmente, alle parole, ai desideri, alle necessità di quell’uomo.

Anzitutto gli chiedi se si rende conto del significato delle parole che egli stesso ha pronunciato. Se ti chiama “maestro” e ti definisce con l’aggettivo che è solo di Dio, significa che è disposto a fare quanto gli dirai. Egli, con quella parola, dice di aver già scelto di ubbidirti come si ubbidisce a Dio, senza tentennamenti, senza discussioni. Ora tu cerchi di metterlo a suo agio. Certamente uno, che desidera la vita eterna in piena comunione con Dio, si è già messo sulla strada indicata dalle Scritture: “Tu conosci i comandamenti”! E gli ricordi non quelli più facili, ma quelli più difficili, attraverso cui si esprime l’amore del prossimo nel distacco dalle passioni. Chi osserva questi comandamenti, in effetti, ubbidisce a Dio ed è sulla strada che conduce alla vita.

La parola di quell’uomo in ginocchio ti commuove, Gesù. Egli fin da ragazzo, fin da quando è stato dichiarato responsabile delle sue scelte, ha dato attenzione ai comandi di Dio e li ha custoditi. Ma a te non risulta strano che uno che ha sempre ubbidito a Dio si accorga di non possedere ancora la vita, di essere ancora in pericolo. Difatti, chi può essere sicuro di se stesso? Persino il re Davide, nel momento in cui godeva della tua benedizione, è caduto nell’adulterio e nell’omicidio, peccati che portano alla morte (2Sam 11). E anche Salomone, che da Dio aveva ricevuto una sapienza invidiata e ammirata da tutti, ha ceduto sotto l’impulso delle passioni (1Re 11,9).

Non è strano che un uomo che teme Dio desideri ancora la vita, e perciò rivolgi a lui uno sguardo colmo di tenerezza e di simpatia, uno sguardo che parla più di un lungo discorso e trasmette l’amore stesso di Dio! I tuoi occhi entrano in lui per comunicargli la tua luce e introdurre in lui una forza che può venire solo da te. A nessun altro hai potuto dire: “Una cosa sola ti manca”! È un uomo già pronto per seguirti, per essere il discepolo che tu ami. Una cosa sola! A lui manchi solo tu! Egli ti vede come maestro, gli manca accoglierti come Signore. Perché ciò possa avvenire gli proponi di sbarazzarsi di ciò che glielo impedisce, di distaccarsi da quelle cose che hanno signoria sul suo cuore. “Vai, quello che hai vendilo e dallo ai poveri”. Egli, per avere la vita eterna, deve staccarsi da ciò che non è eterno, farne oggetto di amore a coloro che attendono tutto da Dio. In tal modo avrà pensato al futuro, perché i poveri avranno motivo per intercedere per lui nel momento del giudizio. Quando nulla più lo legherà a qualche luogo e a qualche cosa, potrà venire, sarà disponibile e capace di seguirti. Tu stai già andando verso Gerusalemme. Là potrà venire anche lui per fare di se stesso un’offerta al Padre insieme a te. Questa è la vita, questa la vita eterna.

La decisione di quell’uomo, in contrasto con i suoi santi propositi, ha impedito ai tuoi occhi di continuare a entrare in lui.

Ora che lui è andato, guarda me, e salvami, Gesù!

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11. TUTTO È POSSIBILE A DIO (10,23-31)

23 Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: “Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!”.

24 I discepoli erano stupefatti delle sue parole; ma Gesù riprese: “Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio!

25 E' più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio”.

26 Essi, ancora più sbigottiti, dicevano tra loro: “E chi può essere salvato?”.

27 Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: “Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio”.

28 Pietro allora prese a dirgli: “Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito”.

29 Gesù gli rispose: “In verità io vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del vangelo,

30 che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà.

31 E molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi”.

11.

Signore Gesù, quell’uomo che tu hai guardato con amore non sta più davanti a te. I tuoi occhi cercano, con misericordia e con desiderio di salvare, qualcuno su cui posarsi, qualcuno che ti ascolti. Ci sono i tuoi discepoli. Il tuo amore incontra il loro sguardo che manifesta perplessità ed esitazione. La certezza la doni tu con le tue parole, che commentano e spiegano la tristezza dell’uomo che non se l’è sentita di mettere te al di sopra e al posto di tutto. “Entrare nel regno di Dio” è difficile per chi ha già un altro tesoro da custodire. Da queste tue parole comprendiamo che cosa intendi dicendo “entrare nel regno di Dio”: è venire e seguirti! Questo è il regno di Dio e la vita eterna. Chi possiede ricchezze è svantaggiato, perché deve fare la grande fatica di lasciarle: con te può stare solo chi non possiede nulla, chi ha il cuore libero, chi non ha un tesoro sulla terra.

Lo sguardo dei tuoi discepoli manifesta uno sconcerto ancora più accentuato: delusione? tristezza? incomprensione? Tu li tranquillizzi subito chiamandoli “figli”. Essi non devono temere, sono amati, nonostante tutto, nonostante i tuoi frequenti rimproveri, nonostante la loro incapacità a comprenderti. Essi sono amati da te perché sono figli di Dio: tu doni loro il tuo tempo, la tua parola, la tua attenzione, la tua presenza. Essi sanno che una madre mai abbandonerebbe i suoi figli, così e ancor più tu non ritirerai il tuo affetto da loro. “Figli”!

Il loro sguardo ora è pronto ad accogliere la tua nuova parola, più chiara e più decisa. È una parola che ‘maledice’ la ricchezza: questa è un grave ostacolo, è uno scandalo. Essa impedisce di passare la porta che introduce al regno di Dio anche a chi lo vorrebbe. I tuoi discepoli capiscono: o la ricchezza o il regno! O la ricchezza o l’essere con te. Essere con te significa salire la croce. E chi può salire la croce se deve custodire ricchezze?

Tu vuoi smorzare lo sgomento dei discepoli con un paragone comico: il cammello vuol passare per la cruna d’un ago! Ma essi non ridono: questa volta capiscono. Questa volta si rendono conto che la cosa è seria, e manifestano sbigottimento, poiché sanno che entrare nel regno equivale ad essere salvati. Nessuno potrà essere salvato, perché tutti desiderano ricchezze, anzi, le ritengono benedizione di Dio, sua approvazione all’uomo fedele.

Tu ora fissi i loro volti: non devono pensare agli altri in questo momento, ma a se stessi. Tu li guardi con un amore ancora più profondo di quello che hai manifestato all’uomo che poco fa era inginocchiato davanti a te. La salvezza è opera di Dio, essi non devono preoccuparsi. È Dio che salva coloro che accolgono il Salvatore nella propria vita. Essi sono con te: sono salvati. Non aggiungi nulla, ma essi capiscono che devono solo preoccuparsi di rimanere con te! Dio può salvare anche i ricchi: egli mette in loro la volontà di vendere tutto per acquistare il campo che nasconde il tesoro e di dare con gioia tutte le perle per quella preziosa. A Dio è possibile anche questo, e anche di più. Gli è possibile far sì che il cuore d’un uomo che pende dalla croce accolga e, senza vergognarsi, manifesti amore per te.

Ora i discepoli hanno capito, forse hanno capito tutto e sono contenti. Parla Pietro, dopo aver pensato anche agli altri. Egli ripensa al cammino percorso e s’accorge che essi hanno fatto quello che tu avevi proposto all’uomo attaccato alle ricchezze. Essi hanno lasciato tutto per seguirti. Hanno lasciato barca e reti, padre e lavoro, la posizione sociale e progetti di vita. Tu per loro sei diventato più importante di tutto: per questo sono lì con te. Pietro non aggiunge null’altro. Chissà, forse pensava che le cose sarebbero cambiate quando tu ti saresti manifestato a tutti come il Cristo, il Messia? Ma tu avevi già chiarito che la tua via è quella della passione e della morte. Comunque non vuoi lasciare né Pietro né gli altri nell’incertezza: fai loro una promessa solenne. “In verità io vi dico”: ti impegni con tutta l’autorità che hai ricevuto. Chi mette te e la tua parola al posto delle sicurezze, degli affetti umani e delle proprietà… Chi ha lasciato queste realtà che occupano i pensieri, generano preoccupazioni, tengono legato il cuore, chi le ha lasciate per far posto a te e alla tua parola, per avere te in cima ai pensieri, in fondo al cuore, preoccupato di realizzare la tua parola che annuncia l’amore del Padre per tutti,… ecco, costui non sarà abbandonato, anzi! La gioia che avrebbero potuto dare tutte quelle realtà sarà centuplicata! La sofferenza che il mondo può provocare col rifiuto con cui ti consegna alla morte sarà coperta già qui da gioie e consolazioni infinite. E tu assicuri anche il futuro col dono perfetto di Dio, la vita eterna (Sap 2,1-22; 2Cor 4,8-11; 6,4-10).

Tutto sarà realizzato da Dio: non volerti mettere tra i primi, non ti dispiaccia se sei ultimo. Primo e ultimo: il confronto tra noi uomini, non è conosciuto da Dio! Egli agisce con la sua libertà, con un amore che sorpassa i nostri modi di vedere e di giudicare!

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Nihil obstat: P.Modesto Sartori, ofm capp., Cens. Eccl., Trento, 23/07/2010