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07. Il Padre lo vide Lc13-15

IL PADRE LO VIDE

Luca 13 - 15   Traduzione CEI 1997

Meditazioni contemplative sul Vangelo secondo Luca, 13 - 15

7/10

Questo è il settimo della serie di dieci opuscoli, aiuto alla lettura del Vangelo secondo Luca. Al testo evangelico (traduzione CEI del 1997) viene affiancata una meditazione in forma di preghiera rivolta a Gesù, il Signore risorto che ci incontra: Egli ci rivela se stesso, termine e compimento delle Sacre Scritture, pienezza ed eternità della nostra vita.

Le undici meditazioni potrebbero accompagnarti in un cammino di esercizi spirituali con metodo simile alla Lectio Divina.

Ti devi regalare qualche ora di tempo per alcuni giorni. Puoi leggere e rileggere adagio il brano del Vangelo, con pace e tranquillità. Una prima lettura della meditazione può aiutarti a fissare ancora più l’attenzione sull’una o sull’altra frase del Testo evangelico. Queste frasi le puoi ripetere una ad una molte volte, con calma, al ritmo del tuo respiro. Gli antichi Padri paragonavano questa ripetizione al ruminare degli animali, passaggio necessario al cibo per diventare energia vitale.

La Parola, passando e ripassando dalla nostra mente al nostro cuore, continuamente “rimasticata”, ci allieta e ci nutre con ciò che essa contiene. Essa è piena e pregna d’amore, anzi, di Spirito Santo, quello Spirito che fa risplendere sul tuo volto l’immagine e la gloria del Figlio!

Come la spugna, pregna d’acqua, passando sul tavolo, lo bagna e lo pulisce, così la Parola, passando e ripassando, purifica la nostra mente da ogni pensiero mondano, e riempie il nostro cuore dello Spirito del Dio vivente!


1. Vedremo se porterà frutto! (Lc 13, 1-9)

2. Doveva essere liberata in giorno di … (Lc13, 10-17)

3. Tre misure di farina (Lc 13, 18-30)

4. Il terzo giorno la mia opera è compiuta (13, 31-35)

5. Amico, vieni più avanti (Lc 14, 1-11)

6. Venite, è pronto! (Lc 14, 12-24)

7. Essere mio discepolo (Lc 14, 25-35)

8. Gioia nel cielo (Lc 15, 1-10)

9. Un paese lontano (15, 11-16)

10. Suo padre lo vide (15, 17-24)

11. Tu sei sempre con me (15, 25-32)

inizio

 

1. Vedremo se porterà frutto! (Lc 13, 1-9)


1 In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme con quello dei loro sacrifici.

2 Prendendo la parola, Gesù disse: “Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte?

3 No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.

4 O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme?

5 No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”.

6 Disse anche questa parabola: “Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò.

7 Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su quest'albero, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno?

8 Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest'anno, finché gli avrò zappato attorno e vi avrò messo il concime.

9 Vedremo se porterà frutti per l'avvenire; se no, lo taglierai”. 


1.

Signore Gesù, hai appena parlato di segni dei tempi, hai invitato i tuoi ascoltatori a giudicare da se stessi, e hai descritto il tempo del viaggio dell'uomo con il suo avversario verso il giudice come tempo di decisione urgente.

Proprio in questo momento ti viene riferito un fatto doloroso, un fatto che scuote tutta la città e la nazione, che pone interrogativi e suscita indignazione. Tu lo ascolti con pazienza, e con pace.

Alcuni pellegrini sono stati fatti uccidere proprio mentre compivano l’atto di culto culminante del pellegrinaggio. Il loro sangue s’è mescolato con quello degli agnelli del sacrificio.

Bisogna indignarsi contro Pilato e organizzare una rivolta?

Oppure quei Galilei sono morti perché Dio stesso non gradiva il loro sacrificio in quanto peccatori, e perciò li ha puniti?

Questa notizia ti dà occasione di mettere in pratica il tuo insegnamento precedente.

Tu rimani calmo e vedi tutto con un’altra luce. Certamente quei tuoi paesani Galilei erano peccatori come tutti gli altri Galilei. Ma tu non approfitti della disgrazia per giudicarli. Tu leggi il fatto per coloro che restano. Se questi non sono stati uccisi è segno che Dio è misericordioso e dà loro tempo, ancora un po’ di tempo per convertirsi.

Ma i Galilei erano considerati grandi peccatori, quasi alla stregua dei pagani. Gli abitanti della città santa potevano sentirsi esonerati dalla necessità della conversione. Tu, Gesù, sei attento a tutti coloro che ti ascoltano, e aggiungi per loro la lettura di un altro evento, forse ormai dimenticato, per leggerlo con umiltà e senza inganno. Una torre della Città santa, crollando, ha schiacciato diciotto uomini che stavano lavorando attorno ad essa benché fossero uomini di Gerusalemme! Una disgrazia meritata da quei diciotto? Erano essi colpevoli di peccati particolarmente gravi? “È capitata a loro, non a noi. Dio li ha puniti”! Così pensa chi non vuole mettersi davanti a Dio con umiltà e verità. Tu, Gesù, invece vedi il peccato di tutti gli abitanti di Gerusalemme, che non ti ascoltano, non ti accolgono, non ti amano. Dio dice loro: “Voi, rimasti in vita, avete ancora tempo. Coraggio, decidetevi subito, perché la morte può capitare improvvisa anche per gli abitanti di Gerusalemme”!

Tu insegni a leggere ciò che avviene come parola di Dio per noi, non per gli altri. Tu ti preoccupi della salvezza eterna e vedi perciò l’invito di Dio ad accoglierla fin che c’è tempo!

La parabola che ora aggiungi è un altro aiuto a considerare la bontà del Padre come un invito ad accogliere subito il suo Dono! Egli è buono sì, ma nutre pure delle attese verso i suoi figli.

Egli è il padrone della vigna, quella vigna di cui hanno parlato i profeti. La vigna è il popolo d’Israele, oggetto delle cure di Dio! In mezzo alle piante di vite cresce anche il fico, più grande e più alto, che indica a chi guarda da lontano la presenza di una vigna! È un’immagine per coloro che si ritengono più importanti, migliori, più significativi degli altri, per coloro che hanno ricevuto compiti di responsabilità? Può essere: tu, Gesù, sei imprevedibile.

A chi alludi parlando del vignaiolo, il servo che fatica tutto il giorno nella vigna? Il servo che già da tre anni non si stanca di impegnarsi per ogni pianta che cresce nel campo del Padrone? Lo abbiamo compreso: sei tu, Gesù, il servo fedele che ami ciascuno di coloro che il Padre ha collocato in questo mondo! Anche tu desideri che il tuo lavoro non sia inutile. Se il fico viene tagliato, tutta la tua fatica di tre anni risulterebbe vana.

Tu dai inizio perciò ad un nuovo anno: è un anno di misericordia, un anno di grazia, quello che sei venuto ad inaugurare. È il tempo iniziato con la tua Morte e Risurrezione, il tempo in cui effondi il tuo Spirito e mandi i tuoi Apostoli. È il tempo in cui tu intercedi presso il Padre per noi, presentandogli il tuo Sangue prezioso! È il tempo che doni a tutti perché ricevano dall’Alto il nutrimento e cure pazienti, il tuo amore faticoso e continuo. È il tempo che non ha limiti, perché tu non lo chiudi più: sei stato tagliato tu a questo mondo per prolungare all’infinito il tempo della misericordia e della pazienza del Padre!

Vedendo questo tuo amore noi siamo aiutati a risponderti subito con la nostra decisione che ci salva: Gesù, ti accolgo. Gesù, ti ascolto! Gesù, ti amo!

inizio

 

2. Doveva essere liberata in giorno di sabato (Lc13, 10-17)


10 Una volta stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato.

11 C'era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta.

12 Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: “Donna, sei libera dalla tua malattia”.

13 Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio.

14 Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: “Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato”.

15 Il Signore gli replicò: “Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il bue o l'asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi?

16 E questa figlia di Abramo, che satana ha tenuto prigioniera per diciott'anni, non doveva essere liberata da questo legame in giorno di sabato?”.

17 Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.


2.

La tua parola continua a risuonare e a riempire le sinagoghe. Il giorno di sabato è il giorno benedetto in cui la Parola di Dio e la tua parola portano al popolo la gioia e la pace della libertà. Ma non è solo il faraone di molti secoli prima o l’attuale potere di Pilato o quello di Erode che rattristano il popolo! C’è anche il potere di Satana, e soprattutto questo, che impedisce agli uomini di essere nella gioia, di guardare in alto, di incontrare con lo sguardo gli occhi di colui che si china dal cielo per vedere se c’è uno che lo cerca!

È una donna ora che rappresenta tutti coloro che sono impediti di camminare al cospetto di Dio e di godere d’essergli figli. È una donna costretta da uno spirito! È spirito di tristezza? È uno spirito di depressione? Egli impedisce al volto d’essere illuminato dal sole. Ormai la donna e anche tutti gli altri si sono abituati a quella malattia, a quello spirito. Ella non desidera nemmeno più una vita diversa.

Diciotto anni: tre volte il numero di Satana! Questi ora si trova davanti a te, Gesù: tu lo scopri e lo vinci. Gesù, sei il più forte, come avevi detto. Sei l’amico dell’uomo, l’unico che possa accorgersi dove si nasconde il nemico.

La donna non chiede nulla a te, Gesù. Nessuna donna ebrea può chiedere nulla ad un Maestro. Ma tu sei davvero Maestro che insegni l’amore di Dio, lo fai vedere, lo fai gustare.

Ed ecco che la tua voce, Gesù, risuona nella sinagoga, non più per proclamare e raccontare, ma per chiamare. Ora tu fai salire una donna fino al luogo centrale della sinagoga, dove mai una donna era salita. Tu mostri a tutti la dignità della donna, pari a quella dell’uomo. L’uno e l’altra sono creature del Padre tuo, che ha rivolto ad ambedue la sua Parola: egli ha parlato ad Adamo e a Eva, ad Abramo e a Sara, soprattutto a tua Madre!

Ecco la donna curva davanti a te, accanto a te! I diciott’anni di sofferenza diventano ora strumento della tua Rivelazione. Tu sei colui che guarisce, tu sei colui che libera dal Nemico, tu sei colui che agisce liberamente a favore dell’uomo in piena comunione col Padre! Tu compi la sua opera e riveli la sua gloria!

In giorno di sabato tutti gioiscono per la libertà data da Dio, la libertà dalla schiavitù del faraone! Ora anche la donna può gioire, può far festa perché Dio è ancora colui che libera e che salva!

Proprio questo giorno, il giorno della gloria del Dio liberatore, è il giorno speciale in cui Dio si manifesta come il liberatore! E sei tu, Gesù, che lo manifesti. La donna lo ha compreso, e glorifica Dio, canta la sua bontà! La comunità che riceve la tua Parola ed è purificata dal peccato lo comprende e ti applaude, Gesù!

Purtroppo rimane sempre qualcuno alleato del tuo nemico, che non gode della tua opera! Egli manifesta la sua ipocrisia rimproverando tutti. La sua accusa manifesta l’accusatore dei fratelli. Eri stato tu, Gesù, a chiamare la donna. Il capo della sinagoga non sgrida te. Colui che parla in lui sa che non può far nulla contro di te. Egli se la prende con tutti: vuole fare del giorno di sabato un giorno vuoto, non vuole che in esso Dio manifesti la propria gloria amando e donando vita agli uomini.

Ma tu, Gesù, con poche parole vinci l’accusatore. L’uomo, che vale più dei passeri, è al centro delle attenzioni di Dio proprio nel suo giorno! Gli uomini badano agli animali anche in giorno di sabato, tanto più bisogna sciogliere dai legami del maligno la donna! E tu, Gesù, ora non la chiami più soltanto donna, ma figlia di Abramo, partecipe delle promesse rivolte a lui, portatrice dell’amicizia di Dio!

Gesù, anche noi facciamo tacere quella voce che vorrebbe opporsi a te nei nostri cuori e nelle nostre menti orgogliose e invidiose. E anche noi con i semplici e i puri di cuore esultiamo, perché riveli il Padre come il Dio amico degli uomini, e riveli te stesso come il portatore della sua vita, della sua salvezza.

Gloria a te, Figlio di Dio!

inizio

3. Tre misure di farina (Lc 13, 18-30)


18 Diceva dunque: “A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo paragonerò?

19 E' simile a un granellino di senapa che un uomo prese e gettò nel suo giardino; poi crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo si ripararono tra i suoi rami”.

20 E ancora: “A che cosa paragonerò il regno di Dio?

21 E' simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata”.

22 Passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme.

23 Un tale gli chiese: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”. Rispose:

24 “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.

25 Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: Signore, aprici! Ma egli vi risponderà: Non so da dove venite.

26 Allora comincerete a dire: Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze.

27 Ma egli vi dichiarerà: Non so da dove venite. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!

28 Là ci sarà pianto e stridore di denti quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori.

29 Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e sederanno a mensa nel regno di Dio.

30 Ed ecco, vi sono ultimi che saranno i primi, e vi sono primi che saranno gli ultimi”.


3.

Signore Gesù, ora tutti lodano Dio e si rallegrano perché la donna si è raddrizzata e può camminare come tutti gli altri e incontrare il loro sguardo. Ci sono però gli avversari che continuano a coltivare la loro rabbia e, con essa, a impedire la gioia dell’uomo e di Dio. A te viene da pensare al Regno di Dio, quel Regno che, sempre contraddetto, soffre violenza. Riuscirà questo Regno a sopravvivere, a farsi strada? Se i capi lo osteggiano, come potrà crescere e espandersi?

Tu rispondi ora a queste domande, domande che nessuno ti pone, ma che tu vedi presenti nella tristezza e nel dubbio sviluppati dalla reazione del capo della Sinagoga.

Il Regno dei cieli si sviluppa come la crescita di una pianta che nasce dal seme più piccolo che si conosca.

Il seme è preso e gettato nella terra del giardino da un uomo. Gesù, a che cosa stai pensando con questo racconto? Giardino sarà il luogo dove tu, vittorioso, inizierai la tua lotta e la tua agonia, e giardino sarà il luogo dove sarai sepolto per attendere la risurrezione. Sei tu davvero il seme piccolissimo che l’uomo vuol gettare via, ma tu, invece, diverrai rifugio e nutrimento a tutti i popoli della terra, come l’albero può accogliere tra i suoi rami gli uccelli del cielo! È piccolo anche il tuo gregge. Tu lo butterai nel giardino del mondo, e là invece di scomparire, crescerà e diverrà utile a tutti gli uomini. Coloro che si demoralizzano per la piccolezza degli inizi, si stupiranno e si meraviglieranno per la crescita costante: Dio stesso è all’opera, è lui che agisce!

Non hanno capito tutti? C’è un altro gesto compiuto dagli uomini che può essere letto come segno per le opere di Dio. La donna, che prepara il pane necessario per alcune settimane, prende tre misure di farina. Fa come ha fatto Anna, madre di Samuele, o Sara, quando ha preparato il banchetto ai tre ospiti divini! Nella grandissima quantità di farina nasconde pochissimo lievito. Lo nasconde! E quella farina diventa pane per il banchetto cui molti, tutti i poveri, sono invitati! Il Regno di Dio che tu annunci e inauguri sarà un grande banchetto. Lo prepari nascondendo nell’immensità del mondo un piccolo gregge di persone che credono in te, persone cambiate dall’amore per te!

Signore Gesù, grazie perché anzitutto tu ti sei lasciato nascondere e sarai lievito per Gerusalemme, per la Giudea e per tutto il mondo! Tre misure piene di ogni speranza e di ogni attesa!

Tu stai continuando a camminare verso Gerusalemme, il giardino, la misura di farina dove verrai nascosto! Il tuo cammino non è fatto solo di passi, ma anche di parole, di insegnamenti, perché vuoi preparare il terreno che ti accolga, la farina che si lasci trasformare da te!

Qualcuno ha capito che tu vuoi salvare tutti, ma si lascia portare da curiosità. Vuole le statistiche, vuole sapere se pochi o se molti! Egli parla come parliamo noi, spesso!

Tu, Gesù, non ti preoccupi dei numeri, tu guardi in viso chi ti incontra. È lui che deve accogliere la tua salvezza. È lui che deve accogliere te! Tu rispondi non alla sua domanda inutile, ma al suo bisogno profondo. Rispondi a lui e a tutti quelli che attendono la tua parola.

Il Regno di Dio è come una sala, la sala del banchetto: bisogna entrare da una porta! La porta è aperta, ora è già aperta. Verrà un momento in cui essa sarà chiusa. Bisogna fare tutto il possibile per entrarvi ora, fin che è aperta. Dopo non sarà più possibile, non la aprirà più nemmeno il padrone della sala, l’organizzatore del banchetto! Persino coloro che avranno conosciuto personalmente il Padrone non avranno privilegi. Il Padrone che chiude la porta è colui che insegna sulle piazze, sei tu, Gesù! Sei tu che hai aperto la porta e la chiuderai. Ora essa è aperta: vengo, Gesù, vengo al tuo Banchetto, alla tua presenza, insieme a tutti quelli che credono in te e ti amano!

Lo sforzo per entrare è piccolo: basta solo dare addio a tutto il resto, a ciò che rimane fuori dal tuo Banchetto! Là dentro troverò i Patriarchi e i Profeti, e con loro tutti i tuoi amici che in tutto il mondo hanno amato te divenendo amici di Dio!

Chi esclude te dalla propria vita rimarrà escluso dalla gioia e dall’amicizia di Dio: anche se essi nel mondo sono onorati e ritengono d’essere i primi e i privilegiati, resteranno fuori.

Gesù, sei tu la porta, sei tu il Banchetto, sei tu la Vita!

Accolgo la tua Parola, accolgo il tuo cammino verso Gerusalemme, accolgo te!

inizio

 

4. Il terzo giorno la mia opera è compiuta (13, 31-35)


31 In quel momento si avvicinarono alcuni farisei a dirgli: “Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere”.

32 Egli rispose: “Andate a dire a quella volpe: Ecco, io scaccio demoni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno la mia opera è compiuta.

33 Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io vada per la mia strada, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme.

34 Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina la sua covata sotto le ali, e voi non avete voluto!

35 Ecco, la vostra casa è abbandonata a voi! Vi dico infatti che non mi vedrete più fino a quando non direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore! ”.


4.

Si fanno vedere amici, Signore Gesù, quelli che ti vogliono allontanare. Addirittura cercano di passare come tuoi benefattori, perché ti avvisano di un possibile pericolo. Ma sono proprio essi che ostacolano la tua parola. Sono essi che ti vogliono distante, che ti ritengono pericoloso. Anch’essi, come Erode, sono astuti, e usano l’astuzia per il proprio interesse. Di costoro non ti puoi fidare, Gesù, come non ci si può fidare della volpe.

Ma tu non ti lasci neppure intimorire da Erode: egli non ha la possibilità di modificare i disegni di Dio, non può anticipare la tua morte, non ha il potere di toglierti di mezzo, perché tu morirai a Gerusalemme! È proprio là che sei incamminato. E là né Erode ti ucciderà né i farisei ti salveranno!

Tu continui la tua missione senza paure, continui a liberare l’uomo dal maligno, per incarico del Padre. A lui ubbidisci, e compi la sua opera, fin che lui vorrà. Oggi e domani, non solo ora, ma ancora. I tempi sono nelle mani di Dio, non degli uomini, per quanto influenti e potenti essi ritengano di essere.

I disegni politici non influiscono sulla tua obbedienza al Padre. Tu il terzo giorno avrai finito: non termini la tua opera quando vogliono gli uomini, nemmeno quando essi riusciranno ad ucciderti. Tu continui fino al terzo giorno, il giorno in cui il Padre ti ridarà vita, il giorno della Risurrezione. Tu continui a beneficare gli uomini, anche quelli cui Erode sa solo incutere paura.

Tu doni la vera libertà, quella dal maligno e quella dalla malattia, a coloro che sia i farisei sia Erode tengono schiavi.

Ti ringrazio, Gesù, che ascolti solo il Padre! Grazie che non segui i nostri consigli umani. Noi pensiamo solo a salvare la vita in questo mondo, ma non conosciamo i disegni di salvezza eterna del Padre.

Tu, Gesù, non hai paura di Erode perché non hai paura della morte. Anzi, sei proprio incamminato verso Gerusalemme, là dove i profeti vengono uccisi.

Ora ti rivolgi proprio alla città che rifiuta ed elimina i profeti. Anche tu le hai rivolto la parola del Padre, la parola che chiama ed unisce, la parola che difende. Lo hai fatto con amore, con tenerezza di madre. Ti paragoni addirittura ad una chioccia che nutre e difende i suoi pulcini sotto le proprie ali. Chi non ti ascolta rimane in balia di ogni nemico, come i pulcini che non corrono al richiamo pressante della madre!

La tua opera di salvezza è stata ignorata. Che ne sarà di Gerusalemme? Ti rivolgi ad essa con amore, con un amore che soffre poiché la vedi sorda e indifferente.

Essa si vanta d’essere la dimora di Dio, ma proprio lui se ne allontanerà. Quando egli non dimorerà più nel suo tempio, cosa succederà e che cosa rimarrà di essa? Quando tu, Figlio di Dio, sarai condotto fuori dalle sue mura, che cosa accadrà?

Essa rimarrà deserta, inutile, abbandonata, in balia dei suoi nemici.

La tua morte, Gesù, segna l’abbandono della città da parte di Dio. Ma quando qualcuno ti accoglierà, quando qualcuno crederà in te Risorto, allora di nuovo la vita di Dio rallegrerà il cuore dell’uomo.

Sei tu, Gesù, il Dio che viene, sei tu la risurrezione e la vita! Perciò ti dico e ti grido: Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto sei tu: vieni, portando la salvezza e la pace di Dio nostro Padre!

inizio

  

5. Amico, vieni più avanti (Lc 14, 1-11)


1 Un sabato si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.

2 Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisia.

3 Rivolgendosi ai dottori della legge e ai farisei, Gesù disse: “E' lecito o no guarire di sabato?”.

4 Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò.

5 Poi disse: “Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?”.

6 E non potevano rispondere nulla a queste parole.

7 Osservando poi come gli invitati sceglievano i primi posti, diceva loro una parabola:

8 “Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te,

9 e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cedigli il posto! Allora dovrai con vergogna occupare l'ultimo posto.

10 Invece quando sei invitato, va’ a metterti all'ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: Amico, vieni più avanti. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali.

11 Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”.


5.

Signore Gesù, tu accogli un nuovo invito a mangiare il pane! Il pasto preparato nel giorno precedente, Parascève, è momento di comunione e di gioia nel Sabato di Dio. È uno dei capi farisei che t’invita, uno di quelli che ti hanno già preso per nemico pericoloso. Tutti guardano te. Vogliono vedere come ti comporti, come fai onore a colui che ti ha invitato, come reagisci alla presenza di un malato, fatto venire appositamente per poterti spiare.

Ma tu ti senti ovunque nella casa di Dio, Padre tuo. Anche nella casa del fariseo tu fai ciò che piace e dà gloria al Padre. Soprattutto in giorno di Sabato tu vuoi rivelare la sua bontà e il suo amore agli uomini! Per spiegare le Sacre Scritture non bastano le parole pronunciate nella sinagoga, ma servono ancor più i gesti dell’amore e i segni di potenza di Dio per i suoi piccoli, per i sofferenti, per chi attende da lui la risposta alla preghiera di guarigione e di liberazione dal male.

Ora tu fai la domanda che tutti i poveri tengono nel cuore: è lecito o no curare di sabato? Un atto di amore è un onore o un disonore per il giorno di Dio? I farisei e i dottori della Legge che stanno davanti a te sanno cosa rispondere. Sono essi che impongono al popolo di non far nulla di bene nel giorno del Dio misericordioso. Così la misericordia di Dio rimane una parola, non un’esperienza vissuta, e il giorno di Dio diventa il giorno della tristezza più amara per i poveri, per i sofferenti e per i miseri.

Nessuno ti risponde, Gesù, ma tu non hai bisogno della risposta degli uomini. Tu sai onorare il Padre, sai annunciare il suo amore e la libertà profonda che egli vuol partecipare a ciascuno.

Tu prendi l’idropico per mano: quest'uomo sofferente non è un immondo da tener lontano, è un uomo da avvicinare al Dio della vita e della gioia!

Lo guarisci: nessuno ci dice come hai fatto, ma noi sappiamo già che il tuo sguardo e la tua parola sono salute e salvezza. Lo guarisci: fai ciò che solo Dio può fare! E chi può dire a Dio ciò che lui può o non può compiere, e determinare i tempi del suo agire?

Tu congedi l’uomo guarito: non lo trattieni per strumentalizzarlo, come coloro che l’avevano fatto venire. Non era stato invitato a mangiare il pane, bensì perché essi potessero spiarti. Tu gli dai libertà. In quella casa avrebbe avuto solo tentazione e incitamento contro di te.

Gesù, sei tu colui che dà la vita e il vero pane della vita. E i farisei non hanno capito? Essi stessi si curano anche in giorno di sabato dell’asino e del bue, se sono in pericolo. Tanto più del loro figlio! E Dio Padre non può curarsi dei suoi figli nel suo giorno? E tu, Gesù, non puoi condividere la sua preoccupazione e l’opera del suo amore?

Nessuno risponde perché sono già tutti tuoi nemici. Non rispondono perché non vogliono riconoscere l’opera di Dio che corregge e cambia i loro pensieri e manifesta te come suo Inviato!

Tu continui ad osservare, Gesù. Essi ti volevano spiare, ma sei tu che vedi tutto, vedi nel profondo del loro cuore!

Coloro che erano invitati con te sceglievano i primi posti. La vanità e l’ambizione erano il movente della loro vita, in quel giorno davanti agli altri uomini, e continueranno ad esserlo un giorno anche davanti a Dio!

In tal modo essi si comportavano disobbedendo alla Parola che comanda l’umiltà anche a tavola. Ma essi sono farisei, sono quelli che sono certi d’essere i primi anche nel banchetto del Regno celeste, e perciò presumono di poter imporre a Dio la propria scelta! Essi pensano di potersi guadagnare con le proprie opere il posto nella casa del Padre!

Non è così per i tuoi discepoli, Gesù! E tra i tuoi discepoli voglio essere anch’io. Mi metterò all’ultimo posto, e osserverò ciò che fai tu, Gesù, tu che inviti e accogli al Banchetto eterno. Sarò contento di essere stato chiamato da te, sarò contento che tutti abbiano il posto più bello, perché l’amore che tu hai per loro è l’amore che anch’io voglio avere nel cuore.

Io non cercherò un posto, perché me lo darai tu: quello è il posto più bello, quello sarà il mio posto, perché dato da te!

Chi presumerà di prendersi un posto si troverà lontano da te, Gesù, mio Signore. Ti ringrazio, perché già stai preparando i posti per tutti i tuoi!

E ti ringrazio della parola che mi tiene vicino a te: “Chi si esalta sarà umiliato, chi si umilia sarà esaltato”. Tu ti sei umiliato, Gesù! Ma il Padre, che ti ha visto, ti ha preso dal sepolcro e ti ha esaltato! Alleluia!

inizio

 

6. Venite, è pronto! (Lc 14, 12-24)


12 Disse poi a colui che l'aveva invitato: “Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch'essi e tu abbia il contraccambio.

13 Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi;

14 e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti”.

15 Uno dei commensali, avendo udito questo, gli disse: “Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!”.

16 Gesù rispose: “Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti.

17 All'ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: Venite, è pronto.

18 Ma tutti, uno dopo l'altro, cominciarono a scusarsi. Il primo disse: Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi.

19 Un altro disse: Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi.

20 Un altro disse: Mi sono appena sposato e perciò non posso venire.

21 Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi.

22 Il servo disse: Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c'è ancora posto.

23 Il padrone allora disse al servo: Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia.

24 Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena”.


6.

Signore Gesù, prima avevi parlato ai commensali maleducati ed egoisti. Ora ti rivolgi a colui che ha invitato te e i tuoi discepoli. Certamente egli non si aspetta da te il contraccambio! E forse non era del tutto frutto d’amore il suo invito, dato il proposito di spiarti. A lui raccomandi l’amore disinteressato, proponi di porre attenzione a coloro che non sono guardati da nessuno, o meglio, sono guardati solo per evitarli. Perché, Gesù, esorti a invitare a cena chi non potrà mai contraccambiare? Tu conosci il Padre e i suoi modi di fare. Tu sai che egli ama e chiama i poveri, gli afflitti, i miti, coloro che maggiormente soffrono. Tu conosci le preferenze di Dio. E l’uomo che può farlo deve assomigliare a Dio!

Com’è bello questo modo di vivere! Piace anzitutto proprio a Dio, che lo vuole ricompensare con la beatitudine e la vita gloriosa dei giusti! Il pane di questo mondo viene donato, anzi, condiviso come segno del pane celeste! E il condividerlo è sicurezza di essere già invitati al grande Banchetto, alla festa che non avrà fine.

Tu, Gesù, sei colui che invita chi non può restituire! Tu hai invitato me, e io che cosa ho, se non peccato e debito? Tu mi offri in cibo la tua vita e la tua pace: io posso solo ricevere e ringraziare. Grazie, Signore Gesù, per la tua gratuità, per il tuo amore che mi accoglie senza calcolo alcuno. Riuscirò ad imparare da te?

Qualcuno ha capito la tua parola e ti approva! “Beato chi mangerà il pane nel regno di Dio”! Ci dobbiamo preoccupare continuamente dei quel Regno: è la nostra meta! Non ci dobbiamo accontentare del pane e del cibo e del benessere di questa terra!

Tu, Gesù, rispondi. Sì, beato chi mangerà il pane nel Regno, ma chi ci sarà a mangiarlo? La parabola che ora racconti è la storia che già si sta svolgendo. La cena di Dio è preparata: egli vuole condividere il suo amore e la sua gioia. Molti sono preavvertiti, molti attendono l’invito definitivo, ma quando questo arriva, deludono il servo che lo porta! Venite, è pronto! Il servo si aspetterebbe il diffondersi di una grande gioia, ma invece trova solo rifiuto. Gli invitati sono occupati da cose ritenute più importanti: denaro, lavoro, affetto umano. Sono tutte realtà che passano, ma occupano il posto di quelle che restano. Sono realtà dei ricchi, che bastano per declinare l’invito!

Gesù, sei tu il servo mandato a chiamare alla gioia di Dio! Chi sono quelli che rifiutano? Talvolta sono stato anch’io. Dammi tu la luce per discernere e riconoscere i tuoi inviti come la vera vita! Che io non mi perda a causa delle cose belle, ma limitate, di questa terra!

Tu sei il servo e tu sei la Cena, tu sei la gioia e la comunione. E tu sei la vita vera: poveri, storpi, ciechi e zoppi trovano te, vita nuova, vera ed eterna. Essi, ignorati da coloro che si ritengono importanti, diventano i commensali di Dio, la gioia di Dio, gli abitanti del cielo. E con loro anche i pagani che non ti hanno mai conosciuto accolgono la tua pressante chiamata.

Gesù, servo della mia gioia, abbi pietà di me! Quando mi trovi distratto, spingimi a entrare, perché non vorrei mai trovarmi a rifiutare la tua vita, che è comunione col Padre e con tutti i suoi santi!

inizio

 

7. Essere mio discepolo (Lc 14, 25-35)


25 Molta gente andava con lui. Egli si voltò e disse:

26 “Se uno viene a me e non odia suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.

27 Colui che non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo.

28 Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolarne la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine?

29 Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo:

30 Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro.

31 Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila?

32 Se no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.

33 Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

34 Buona cosa è il sale, ma se anche il sale perde il sapore, con che cosa verrà salato?

35 Non serve né per la terra né per il concime e così lo buttano via. Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti”.



7. Essere mio discepolo (Lc 14, 25-35)

Gesù, tu hai parlato di invito disatteso e di chiamata al banchetto per tutti coloro che si sentivano esclusi, ed ecco che molta gente si stringe attorno a te! Hanno capito le tue parole? Vengono davvero tutti al banchetto con te? Il tuo annuncio porta davvero subito così gran frutto? Il seme di senapa cresce così in fretta? Tu stai camminando deciso verso Gerusalemme. Sanno tutti che significato ha questo tuo viaggio?

Tutti gli uomini, anche quelli che ti stanno seguendo, hanno dei desideri, delle attese, degli affetti nel cuore. Quando tu sarai rifiutato dai grandi, saranno essi in grado di amarti ancora? Quando tutti parleranno contro di te, sapranno andar contro corrente, anche se nella corrente ci sono i genitori, i figli, i fratelli, e quelli che finora hanno considerato amici? Saranno capaci di esserti fedeli quando le autorità confischeranno i beni a chi pronuncia il tuo nome? Saranno forti e decisi quando i governanti minacceranno l’esistenza stessa a chi si dichiara tuo?

Gesù, questi tuoi interrogativi ti spingono a voltarti, a osservare coloro che hanno iniziato a seguirti. Essi non devono continuare a star dietro a te senza sapere. Essi devono conoscere i rischi di ciò che stanno facendo per non ricevere delusione, per non essere scherniti, affinché non si vergognino di te e non temano di essere giudicati inutili e di venire per questo disprezzati.

Grazie, Signore Gesù, dell’amore con cui guardi coloro che ti seguono. Essi saranno capaci di amare te in ogni circostanza, anche quando i fratelli deridono e i figli disprezzano, anche quando la moglie si ribella e non vuole udire il tuo nome. Essi ti ameranno più di se stessi: sopporteranno d’essere disonorati e calunniati e persino bastonati e uccisi, pur di perseverare nel tuo amore!

Tu sei degno dell’amore più grande! Tu sei più vicino del parente più sacro, tu sei più prezioso della mia vita stessa. Quando sulla mia vita peserà una croce, il rifiuto e la condanna di tutto il mondo, continuerò a portarla: non cederò a compromessi, non mi lamenterò. Vorrò dimostrarti fedeltà anche allora, perché tu continui ad essere il Maestro, l’unico Maestro mandato dal Padre per chiamarmi!

Non tutti, Gesù, riflettono bene prima di decidersi per te. Molti dicono il proprio sì senza calcolare, senza disporsi a lasciare alcunché, e poi, quando arriva la prova ti abbandonano e diventano peggio di coloro che non sono mai stati dietro a te.

Per costoro, per convincerli non a lasciarti, ma a sceglierti con maggior decisione, racconti ora due esempi.

Il ricco che costruisce la torre per diventare famoso nella città non vuol di certo farsi deridere da tutti! Egli non vuole lasciare un segno perenne della propria stoltezza! E il re che vuole ampliare i confini del regno non vuole che invece questo sparisca per sempre! Ambedue si siedono prima: studiano la situazione e agiscono a ragion veduta.

La decisione di essere tuo discepolo è una decisione seria, importante, paragonabile a quella del ricco che vuol farsi un nome e a quella del re che non vuole perdere il regno.

Per essere tuo discepolo bisogna essere disposti a rinunciare a tutti gli averi, a tutte le ricchezze.

La tua parola, Gesù, non ha smesso di essere attuale. Essa è una parola che non passerà mai! Anche per me vale il tuo avvertimento. Voglio decidermi: guardo quanto vale la mia ricchezza, la mia reputazione, la stima che hanno di me i miei parenti. Non c’è nulla che mi doni vita e speranza e gioia quanto l’essere con te, l’avere il tuo nome nel cuore, il tuo amore sopra il mio capo!

Il tuo discepolo, quello che ti ama al di sopra di tutto, è come il sale. È ricercato perché prezioso, utile, diverso da tutti! Ma se un discepolo non ti ama non è più discepolo: è come ciò che si pensava fosse salato e si scopre che non lo è. Inutile per tutti! Il cristiano che non ti ama più di tutto il resto è un inganno: meglio tenerlo lontano!

La tua parola, Gesù, è chiara ed è forte!

Abbi pietà di me! Io sono debole, infondi in me la tua forza perché ti sia fedele fino alla fine! Abbi pietà di me, mio scudo e mia fortezza!

inizio

 

8. Gioia nel cielo (Lc 15, 1-10)


1 Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo.

2 I farisei e gli scribi mormoravano: “Costui accoglie i peccatori e mangia con loro”.

3 Ed egli disse loro questa parabola:

4 “Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova?

5 Quando l'ha trovata, se la carica sulle spalle tutto contento,

6 va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta.

7 Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

8 Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova?

9 E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduta.

10 Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte”.


8.

Le esigenze per seguirti sono radicali, ma non spaventano i pubblicani e i peccatori. Queste persone, che sanno di essere sempre giudicate male da coloro che parlano di Dio, non si sentono rifiutate da te. Tu, Gesù, li accogli, come il padrone del banchetto che ha aperto la sala per loro e ha voluto che essi riempissero tutti i posti. Proprio i peccatori vengono per ascoltarti; nella tua voce essi non percepiscono tono di disprezzo. Le tue parole sono ad essi gradite.

Mentre sta avvenendo questo prodigio, farisei e scribi mormorano. Essi continuano a fare ciò che faceva il popolo di Mosè, incamminato nel deserto verso la terra della gioia: mormoravano!

Si ribellano al modo di fare di Dio, non lo capiscono e non lo vogliono accettare, vogliono qualcosa di diverso da ciò che Dio loro offre. Ora Dio, attraverso te, Gesù, sta salvando i loro fratelli. Li sta istruendo, li sta attirando a sé, ma essi non vogliono questa bontà di Dio. Essi vorrebbero un Dio che castiga, un Dio di cui aver paura, un Dio che accoglie soltanto coloro che sono capaci di comportarsi “bene”! Perciò essi parlano contro di te, Gesù, accusandoti. Pensano che tu mangi con coloro che il loro Dio rifiuta! Anche tu quindi devi essere rifiutato!

A questo punto bisognosi di salvezza non sono soltanto i pubblicani. Ai tuoi occhi i mormoratori sono molto più lontani: ti fai loro pastore spiegando la legittimità, anzi, la necessità del tuo comportamento. Tu fai quello che Dio vuole! Non è egli il pastore che va in cerca della pecora perduta, fascia la ferita, cura quella malata, fa quello che avrebbero dovuto fare i pastori, le guide del popolo?

Ora tu, Gesù, ti curi di questi mormoratori raccontando la gioia del Padre per i peccatori che ti cercano! Lo fai con le parabole.

Il pastore che gioisce per la pecora ritrovata, dopo aver faticato a raggiungerla, dopo averla portata a spalle fino all’ovile delle altre pecore, sei tu, mio Signore! Sei tu che ti rallegri e vuoi veder la tua gioia contagiarsi a tutti i tuoi amici e vicini! Tu sei contento ed esulti perché hai visto la gioia in cielo per un solo peccatore che ritorna al Padre! Finalmente ora, alla sua domanda, “Adamo, dove sei?”, c’è chi risponde, chi si lascia rivolgere la Parola che salva e che raduna! La gioia del cielo deve trascinare nella gioia la terra! La gioia di Dio deve stimolarci a cercare altri che tornino a lui, perché la stessa gioia continui, e trasformi il mondo.

Tutti devono capire ed essere persuasi. Perciò tu continui con un’altra parabola, più vicina alla comprensione delle donne, e, comunque, di chi non avesse familiarità o simpatia per gli animali e per il lavoro pesante dei pastori! La donna che cerca con cura la dramma, la cerca per terra, proprio tra la polvere e i grumi del pavimento in terra battuta della propria casa, con la scopa. Le preme quella dramma!

Volete che a Dio non premano gli uomini che si rendono immondi col loro peccato? Egli li cerca dovunque si trovino, li rimette al sicuro, ancora con grande gioia, con la gioia che si deve condividere.

Gesù, tu sei felice di sedere in mezzo a peccatori che ti ascoltano: se ascoltano te significa che sono tornati al loro posto, il gregge sicuro, lo scrigno custodito! Se ascoltano te stanno ascoltando Colui che ti ha mandato!

Tutti devono gioire quando qualcuno ascolta te!

Gioisco anch’io, Gesù, che oggi sono seduto in fondo alla fila dei peccatori, mentre la tua voce giunge ai miei orecchi con parole che danno vita e pace!

Gesù, mia gioia!

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9. Un paese lontano (15, 11-16)


11 Disse ancora: “Un uomo aveva due figli.

12 Il più giovane dei due disse al padre: Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sue sostanze.

13 Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo in modo dissoluto.

14 Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno.

15 Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci.

16 Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla.


9.

Gesù, ti stanno ascoltando i peccatori, che si sentono amati da te. Cominciano ad ascoltarti anche i farisei: capiscono che tu conosci il Padre tanto da raccontare la sua gioia e da comunicarla nel mondo a coloro che se ne lasciano contagiare! È il momento più adatto per continuare, per raccontare ancora l’amore del Padre, amore così inaspettato, che susciterà conseguenze di conversione sia nei peccatori che nei cosiddetti giusti.

Nessuno conosce infatti il Padre così come tu lo conosci: tutti dovranno cambiare i propri pensieri su di lui e quindi anche i propri comportamenti verso gli uomini suoi figli!

Ecco dunque che la tua voce risuona ancora. Hai parlato di pecora perduta e di dramma smarrita per parlare dell’uomo che vaga lontano dal Padre. La donna che perde la moneta può essere rimproverata di sbadataggine. Il pastore che smarrisce la pecora può rimproverarsi di non aver avuto sufficiente attenzione. Riguardo ai peccatori deve anche Dio rimproverare se stesso di qualche errore? Come mai l’uomo si è smarrito? Perché il peccatore è peccatore? In che cosa consiste il peccato? Di chi è la colpa del peccato? Come fa il Padre a ritrovare il peccatore?

Ora tu parli di Dio come di un uomo, ma è diverso da tutti gli uomini, diverso dai peccatori, diverso dai giusti.

Egli ha due figli: due bastano per rappresentarci tutti! Egli ci considera figli suoi, portatori della sua vita, frutto del suo amore! Ed ecco le parole di uno dei figli, il più giovane, quello che di solito riceve maggiori attenzioni. Egli si rivolge al Padre, ma non per ringraziarlo, né per dimostrargli fiducia, nemmeno per esprimere affetto. Non si rivolge al Padre per chiedergli parole di sapienza e nemmeno per conoscere i suoi desideri. Chiede la parte di eredità. Egli pensa a se stesso. Vede il padre come colui che possiede ricchezze, e le vuole per sé. Vede il padre come padrone. In casa del padre si sente schiavo. Questo è l’effetto del desiderio delle ricchezze. Sogna la libertà, e ormai si è convinto che questa giunga non dal padre, ma dal possesso delle sue cose. Le vuole, le esige. Non si cura del dolore che questa domanda può causare al padre e al fratello.

Gesù, tu conosci il Padre e per questo conosci anche il cuore dell’uomo! Tu, che hai sofferto e soffri con il Padre, sai com’è fatto il nostro peccato. Il Padre vede che il cuore del figlio è chiuso: nessuna parola saggia vi può più entrare, perché l’amore delle ricchezze lo rende come quello delle bestie. Allora egli divide le sostanze, ubbidisce al figlio, che si considera schiavo, e gli dà le "sue" ricchezze. Quel figlio non vuole più essere figlio: non vuole più comunione di beni né col padre né col fratello. Per lui libertà significa indipendenza, e questa diventerà solitudine.

Questo è il peccato, un peccato da cui ne sgorgheranno molti altri: è il peccato originale!

Ecco il figlio non più figlio, in un paese lontano, lontano dal Padre, lontano dalla terra che gli ha dato la vita. È lontano dagli occhi del Padre, lontano dal suo cuore. È lontano, quindi in terra pagana: non riconosce più e non serve il Dio dei suoi padri. Qui, «lontano», non c’è più nessuno che possa limitare la sua libertà. Questa però è ancora legata alle ricchezze ricevute dal Padre. Le ricchezze permettono ogni cosa, persino il peccato.

Finite le ricchezze finisce la libertà che esse danno. Il figlio è solo, la «libertà» che egli reclamava gli ha procurato la solitudine. Le ricchezze del padre davano il cibo, tenevano in vita. Erano ancora un legame col padre, con la vita, con la sicurezza, davano il senso di libertà. Ora non c’è più nemmeno questo unico legame! Il figlio giovane dovrebbe sentire la propria libertà piena ed essere soddisfatto enormemente, e invece soffre la schiavitù, la schiavitù peggiore. Egli stesso cerca la schiavitù come unica fonte di vita. Non aveva mai conosciuto la schiavitù, ora è tutta sua.

Nella schiavitù, nuova forma di vita, egli deve rinunciare a tutto, anche ai propri sentimenti più radicati, deve considerare bello ciò che è sempre stato immondo! Deve mangiare ciò che ha sempre aborrito, deve stimare ciò che ha sempre disprezzato. Deve fare gli interessi dei porci, se vuol nutrirsi almeno del loro cibo. Cerca comunione di mensa almeno con loro, ma anche questa gli è negata.

Gesù, tu sai che davvero, lontano dal Padre, l’uomo non è più uomo, diventa simile a ciò che maggiormente disprezza.

La solitudine in cui il figlio precipita è davvero grande: nessuno si cura di lui; nessuno, nemmeno tra i pagani, s’accorge della sua miseria, della sua fame di cibo, di dignità e di vita!

Gesù, i peccatori e i farisei che ti ascoltano, possono comprendere. Se i peccatori si trovano in una situazione simile a quella di questo figlio, il pericolo non è distante nemmeno dagli altri: la tentazione della libertà, quella della ricchezza, quella dell’indipendenza si fa sentire da tutti.

Abbi pietà di me, Gesù, mio Salvatore. Tu che conosci così bene la sofferenza del peccatore, salvami!

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10. Suo padre lo vide (15, 17-24)


17 Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti dipendenti di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!

18 Ritornerò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te;

19 non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi dipendenti.

20 Si mise in cammino e ritornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide e, commosso, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.

21 Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio.

22 Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi.

23 Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa,

24 perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.

10 Signore Gesù, hai raccontato gli effetti del peccato nella vita dell’uomo, grande sofferenza, solitudine, disperazione. Sono la conseguenza della ricerca di libertà lontano dal Padre, situazioni che l’uomo si è procurato da sé, non castighi di Dio.


10.

Il figlio se ne rende conto e, finalmente, comincia a rinsavire. Egli rientra in sé!

Nel profondo di ciascuno c’è verità, perché c’è il ricordo del Padre. Questa verità viene riscoperta quando si rompe l’orgoglio e l’ostinazione del voler far da sé, del voler essere indipendenti, del ritenersi autosufficienti.

Gesù, tu che non conosci il peccato, conosci però molto bene il peccatore, perché lo ami e lo vuoi salvare. Nella descrizione che fai ora dell’esame di coscienza del figlio giovane ci istruisci e ci indichi la strada che noi dobbiamo percorrere!

Il figlio ricorda che il Padre è padre, non è padrone! Ma egli non pensa più alla possibilità d’essere figlio: egli vi ha rinunciato per sempre. Presso il padre ci sono degli operai, dei servitori. Ad essi non manca nulla, essi sono trattati bene, con rispetto, vengono soddisfatti! L’ambiente della casa del padre ritorna familiare; gli sembra quasi di respirarne già l’aria! Si può ritornare? Come si fa? Egli non ha nulla da presentare, se non miseria, per riguadagnare fiducia. Tornerà col pentimento, si presenterà direttamente al padre per confessare il proprio peccato, un vero peccato contro Dio e contro gli uomini. Il padre lo potrà perdonare e potrà accoglierlo come un operaio, come un servo. Ora si è abituato ad essere servo nei campi in mezzo ai porci, potrà continuare ad essere servo coi servi di suo padre. Si aspetta una vita di umiliazioni, non merita altro!

E tu Gesù inviti proprio a fare così: "s’incamminò verso suo padre"! Questo è il vero modo di agire per incontrare il Padre! La preghiera dell’umile penetra le nubi! L’umiltà e l'abbandono di ogni pretesa, di ogni diritto, è il modo di avvicinare il Padre!

Il Padre vede subito questo cambiamento, vede subito il desiderio umile del figlio: il figlio è ancora “lontano”, è ancora sporco, ancora immondo e scalzo, ma il Padre lo vede! Gli occhi del Padre sono attenti, sono aperti, riflettono tutto il suo amore. Il figlio è ancora nel paese «lontano», ma ormai incamminato verso di lui: egli lo vede, si commuove e corre incontro.

Il padre risparmia i passi al figlio, gli risparmia l'umiliazione, anticipa i tempi, annulla le distanze, accorcia l’attesa. Sei tu, Gesù, lo sguardo del Padre per i peccatori che ti circondano. Essi non sono ancora arrivati e tu li raggiungi!

Il figlio è ancora sporco, ma il Padre lo abbraccia e lo riempie di baci. Da quando lo attendeva? Il padre non interroga e non rimprovera, manifesta solo gioia: non accoglie un peccatore, accoglie un figlio! Non abbraccia un pentito, abbraccia l’atteso!

Ora tu, Gesù, metti in bocca al figlio le sole parole che questi può dire al padre: ho peccato! Non sono più degno… Ho sbagliato, non ho più pretese. Non ho diritti. Dipendo dalla tua bontà, la mia vita dipende dalla tua misericordia! Io sono nulla, tu sei tutto, anche per me.

Quello che fa ora il padre, lo fa pubblicamente. Tutti debbono vedere, tutti devono sapere come si accoglie un peccatore che si converte. E così il Padre non fa nulla e non dice nulla al figlio direttamente, ma fa fare tutto ai servi. Coloro che sono servi nella tua Chiesa continueranno a guardare con gioia i peccatori che si umiliano, e a servirli.

Presto! Il padre ha fretta! Colui che è immensamente paziente ora ha fretta: ha fretta di vedere il suo amore realizzato!

Il vestito di prima: il figlio è sempre stato figlio. Il suo peccato non gli ha tolto la dignità. Il peccato fa solo soffrire, ma non cambia la natura dell’uomo, reso figlio da Dio. Ciò che Dio fa, l’uomo non lo cambia con la sua disobbedienza.

L’anello al dito: non solo la dignità, ma anche la responsabilità e i compiti di fiducia! Il figlio può disporre di tutto nella casa del Padre!

I calzari ai piedi: deve distinguersi dai servi. Egli è ora come il Padre, libero e sicuro. Ora che ha accolto finalmente l’amore gratuito del Padre può amare anche lui gratuitamente.

E infine la festa col vitello grasso. Questo va ucciso per far festa!

Perché non parli di agnello, Gesù? Allora avremmo capito subito che sei tu colui che muore perché noi possiamo fare la festa del nostro ritorno! Parli di vitello « grasso », un vitello cioè « che ha mangiato il grano », vitello « di grano »: quasi fosse pane, un pane nuovo!

La mia gioia è poca cosa al confronto con la gioia del Padre! Ed è la sua gioia per aver ritrovato me che risuona anche nel mio cuore! Egli sapeva che io ero morto, e tu Gesù mi hai ridato vita. Grazie, Signore Gesù!

Incontrando te, i peccatori hanno già incontrato l’amore del Padre.

Incontrando te, noi peccatori abbiamo incontrato il servo che ci riveste, ci mette l’anello e i calzari e c’imbandisce la mensa, una mensa rallegrata da un pane veramente nuovo! Incontrando te! Incontrando te dimentichiamo il nostro peccato e contempliamo il volto gioioso del Padre!

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11. Tu sei sempre con me (15, 25-32)


25 Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze;

26 chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto questo.

27 Il servo gli rispose: Tuo fratello è tornato e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo.

28 Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre uscì e cercava di convincerlo.

29 Ma egli rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici.

30 Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato i tuoi averi con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso.

31 Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo;

32 ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.


11.

Gesù, certamente sul tuo volto rifulge la gioia, quella del Padre, una gioia giustificata, come quella del pastore che ritrova la pecora, e quella della donna che ripone la dramma. Tu sei contento di trovarti in mezzo a peccatori che mangiano con te.

Lo capiscono i farisei e gli scribi che ti stanno spiando? Accettano che il Dio dei padri si riveli così, come un papà che si comporta diversamente da tutti i papà? Tu li vuoi aiutare: essi sono rappresentati dall’altro figlio, il maggiore, che non ha abbandonato la casa paterna. Ora tu, Gesù, descrivi la sua obbedienza e i suoi rapporti col padre e col fratello.

Egli si trova nei campi: è intento al proprio lavoro, non scansa la fatica, è impegnato nella proprietà del padre. Ode musica di danza. Come si può far festa mentre lui è tutto sudato? Può esserci un motivo valido? Deve chiedere ad un servo. C’è sempre “il” servo che fa da mediatore; questi è un servo che spiega e narra le azioni del Padre, “il” servo che ha capito le sue intenzioni e le sue motivazioni. Gesù, immagino che pensavi a te stesso parlando di quel servo: pensavi a te mentre parlavi coi farisei, ai quali volevi partecipare la gioia di Dio!

Il motivo della gioia c’è: è tornato il fratello! E questo fatto è il più bell'evento per il padre, è la gioia più grande. Il padre viveva per questo momento, lo attendeva allevando il vitello speciale, il vitello « di grano »!

Come pesano ora le tue parole, Gesù! Il figlio primogenito, quello più vicino al padre, rifiuta la festa, rifiuta le motivazioni, si mette contro il proprio padre! È ciò che stanno vivendo gli obbedienti d’Israele: essi non godono per la tua presenza, per te, che sei la festa dei peccatori!

Allora il padre esce incontro al figlio: egli ripete il gesto compiuto verso il figlio minore, ma questa volta senza poter abbracciare e baciare. Il figlio più grande è obbediente, ma non accetta i segni dell’amore e non li sa dare. Il padre s’accorge così che questo figlio ha un cuore da servo. Si accorge che c’è della distanza, una distanza molto grande. Questo figlio coltivava il desiderio delle ricchezze, del patrimonio, o il desiderio di potersi ritenere perfetto: ciò gli impedisce la gioia della comunione, la ricerca della comunione col padre stesso e col fratello. L’egoismo è la ricchezza del suo cuore.

Il padre deve ricordargli che non ha nulla da perdere a far festa, che non ci rimette proprio nulla: tutto è suo, tutti i beni della casa del padre sono suoi, ma anche l’amore del padre è suo. Egli perciò deve essere contento del ritorno del fratello, che dalla morte è giunto alla vita.

Se questo figlio sapesse quanta gioia e pace guadagnerebbe entrando alla festa, non si farebbe pregare oltre! Se accettasse, anche lui sarebbe riconoscente, passerebbe dalla morte alla vita, diverrebbe da servo vero figlio!

Il fratello maggiore non risponde. Tu, Gesù, non metti alcuna risposta sulla sua bocca. Questa risposta la deve dare chi ti ascolta. Oggi rispondo io, Gesù!

Grazie, Padre, di essermi venuto incontro. Grazie dell’amore che hai per i peccatori e della gioia per il loro ritorno. Godo anch’io con te ed entro a mangiare il vitello ucciso per loro! Ero anch’io, e lo sono sempre, un peccatore! Se tu mi hai giustificato è doppio il motivo della mia gioia: ami me e ami loro. L’amore che tu, Padre, mi fai conoscere e mi trasmetti, è l’unica mia ricchezza!

inizio

Nihil obstat: cens. eccl. P. Modesto Sartori, Arco, 26 aprile 2006