6. È risorto, non è qui
È risorto, non è qui
Marco 13,24 - 16,20 (Traduzione CEI 2008) 6/6
Questo è il l’ultimo della serie di sei opuscoli dedicati alla lettura del Vangelo secondo Marco. Al testo evangelico (traduzione CEI del 2008) viene affiancata una meditazione in forma di preghiera rivolta a Gesù, il Signore risorto che ci rivela se stesso, termine e compimento delle Sacre Scritture, pienezza ed eternità della nostra vita.
Le undici meditazioni potrebbero accompagnarti per sei giorni in un cammino di esercizi spirituali col metodo della Lectio Divina.
Puoi leggere e rileggere adagio il brano del Vangelo, con pace e tranquillità. Una prima lettura della meditazione può aiutarti a fissare l’attenzione sull’una o sull’altra frase del Testo evangelico. Ripeti queste frasi una ad una molte volte, con calma, al ritmo del tuo respiro. Gli antichi Padri paragonavano questa ripetizione al ruminare degli animali, passaggio necessario al cibo per diventare energia vitale. La Parola, passando e ripassando dalla nostra mente al nostro cuore, continuamente “rimasticata”, ci allieta e ci nutre con ciò che essa contiene. Essa è piena e pregna d’amore, anzi, di Spirito Santo, quello Spirito che fa risplendere sul tuo volto l’immagine e la gloria del Figlio!
Come la spugna, pregna d’acqua, passando sul tavolo, lo bagna e lo pulisce, così la Parola, passando e ripassando, purifica la nostra mente da ogni pensiero mondano, e riempie il nostro cuore dello Spirito del Dio vivente!
1. Le mie parole non passeranno 13,24-37
2. Ha unto in anticipo il mio corpo 14,1-11
3. Questo è il mio corpo 14,12-26
4. Ciò che vuoi tu 14,27-42
5. Fuggì via nudo 14,43-52
6. Vedrete il Figlio dell’uomo 14,53-65
7. Gesù non rispose più nulla 14,66-72 - 15,1-5
8. Crocifiggilo 15,6-21
9. Davvero quest’uomo era Figlio di Dio 15,22-41
10. È risorto, non è qui 15,42-47 - 16,1-8
11. Andate in tutto il mondo 16,9-20
1. Le mie parole non passeranno 13,24-37
24 “In quei giorni, dopo quella tribolazione
il sole si oscurerà,
la luna non darà più la sua luce,
25le stelle cadranno dal cielo
e le potenze che sono nei cieli
saranno sconvolte.
26Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. 27Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo.
28Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina. 29Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.
30In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. 31Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
32Quanto però a quel giorno o a quell'ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre.
33Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. 34È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. 35Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; 36fate in modo che, giungendo all'improvviso, non vi trovi addormentati. 37Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!”.
1. Signore Gesù, avevi annunciato la distruzione di Gerusalemme e del tempio, raccomandando ai tuoi di stare attenti e di vegliare. La Città santa col suo tempio era riferimento sicuro per i Giudei (Ger 7,4), ma sarebbero rimasti privi del fondamento della loro sicurezza: perderanno ogni speranza per un futuro per sè e per i propri figli. Ma anche i pagani, vincitori del popolo ebraico, che confidano nelle loro divinità, vedranno andare in frantumi le loro certezze. Il Sole, la Luna e le Stelle, che essi hanno divinizzato, perderanno la parvenza di luce, di eternità e di sicurezza, e lasceranno nella disperazione quanti confidano in essi. Tutto ciò in cui l’uomo pone la fiducia e da cui si fa guidare nelle scelte della vita diventa tenebra e vuoto. È facile anche per i tuoi discepoli lasciarsi influenzare dal mondo per dare importanza a doti umane, a cariche sociali, a considerazioni pubbliche, a ideologie imponenti e diffuse, a mode allettanti e a politiche attraenti, e decidere i propri passi alla luce di queste presunte “lampade”. Tutto si oscura, tutto cade, tutto alimenta confusione.
I tuoi discepoli non dovranno temere. Io non devo aver paura. L’unica luce del mondo sei tu. E tu vieni in maniera imprevista quando tutto ciò in cui confidavo, compresa la mia intelligenza e il mio ragionamento, viene meno. Tu sei il Figlio dell’uomo e vieni da Dio, mandato da lui portando il suo amore. Sei uomo, uno di noi, ma superiore a noi. Non vieni nei modi con cui vengono gli uomini, ma nel modo con cui viene Dio: sulle nubi del cielo (Dn 7,13). Non vieni ragionando, né convincendo o guardando al passato di ciascuno, nemmeno alle nostre capacità. Tu vieni come viene Dio, improvvisamente e in modi imprevisti, in modi che cambiano il cuore e lo rendono dono di Dio: vieni “con grande potenza e gloria”. Tu vieni manifestando nel mondo il vero volto di Dio, cioè il suo amore concreto per ogni uomo sulla terra.
Tu vieni e verrai, Gesù. Tu verrai quando tutto il resto scomparirà dal nostro cuore e perderà ogni attrattiva su di noi. Allora saremo pronti ad accogliere l’invito dei tuoi messaggeri che ci annunciano la tua presenza. Allora i tuoi annunciatori potranno spargersi nel mondo per raccogliere in unità tutti coloro che, delusi dalle loro certezze, cominciano ad attendere te.
Tu sei in arrivo, Gesù, quando tutte le cose che occupano il cuore inutilmente ti faranno posto. Fin che badiamo a ciò che è del mondo e ai suoi idoli, non ti vediamo venire. Come la primavera è attesa dell’estate, così quando scompaiono dalla nostra attenzione le realtà passeggere, tu sei vicino.
Ciò accade sempre. Ogni anno viene l’estate, ogni anno tu sei alle porte. Ognuno di noi può attenderti. Ogni uomo vive il momento in cui il sole e la luna, - le realtà di ogni giorno -, perdono il posto di cose essenziali alla vita. Allora le tue parole, con la loro sapienza e la loro forza, diventano vita e salvezza.
La domanda, ritenuta importante dai discepoli, quando cioè accadranno questi cambiamenti, non ha risposta. Per ogni persona il tempo è conosciuto da Dio. Nemmeno tu, Gesù, lo vuoi sapere, perché tu sei sempre pronto a venire. E tu vuoi che anche noi siamo pronti, attenti, che non ci lasciamo distrarre, ma che ti cerchiamo con amore: vuoi che siamo in ogni momento pronti ad accoglierti.
Noi siamo i servi di quel padrone che è andato lontano affidando tutto a loro. Nessuno di essi è rimasto senza compito, senza responsabilità. Le mansioni sono diverse, quelle degli uni a servizio degli altri, così che nessuno coltivi invidia o gelosia. Importante è il compito di chi custodisce la porta. Egli deve saper tener chiuso l’ingresso al ladro o all’imbroglione che volesse entrare a mettere scompiglio e deve tenerla chiusa anche ai servi che volessero uscire nei momenti del pericolo. Deve essere pronto ad aprirla per il ritorno del padrone: allora dovrà avvisare tutti gli altri. Il padrone arriverà nelle ore della notte, ore difficili, le ore in cui tu sei stato tradito, condannato, rinnegato e consegnato. Siamo noi quei servi, sempre impegnati ad amare colui che non è presente, ma ritornerà sicuramente. Amando lui con amore serviamo coloro che lo attendono con noi.
Vieni, Signore Gesù, vieni! Ti attendo. Ho già visto che il mondo non dà vita e inganna. Vieni quindi con la tua luce e la tua potenza d’amore.
Vieni: sono attento a te, Figlio dell’uomo!
2. Ha unto in anticipo il mio corpo 14,1-11
1Mancavano due giorni alla Pasqua e agli Azzimi, e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di catturarlo con un inganno per farlo morire. 2Dicevano infatti: “Non durante la festa, perché non vi sia una rivolta del popolo”.
3Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. 4Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: “Perché questo spreco di profumo? 5Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!”. Ed erano infuriati contro di lei.
6Allora Gesù disse: “Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un'azione buona verso di me. 7I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. 8Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. 9In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto”.
10Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù. 11Quelli, all'udirlo, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportuno.
2. Signore Gesù, sei al centro dell’attenzione, anche dei tuoi nemici. Questi sono i capi religiosi, che usano il loro potere, e persino il tempo da dedicare alla preparazione della festa, per catturarti con inganno, come dicono le Scritture (Sal 10,7; 35,20; 52,2).
Essi sanno che il popolo ti ama, sanno di non aver motivi veri e plausibili per ucciderti, eppure questo proposito tengono nel cuore, pur nell’imminenza della Pasqua. Tu, Gesù, non hai paura: sai d’essere nelle mani di Dio. Egli è il Dio amico dei poveri e consolatore degli afflitti. La casa in cui ti trovi a soggiornare è proprio a Betania, «casa del povero», «casa dell’afflitto»: il povero e l’afflitto si consegna a Dio con fiducia.
Simone, soprannominato lebbroso, è il tuo ospite che ti accoglie a tavola. Egli non dice nulla, perché sei tu sempre il primo e l’unico signore in ogni casa e in ogni situazione.
Nemmeno la donna, che giunge inattesa e imprevista, ti toglie il posto che occupi, anzi, con il suo gesto completa la tua manifestazione. Ella porta con sè un vaso di alabastro, vaso prezioso che contiene il preziosissimo olio profumato. Esso è tutto per te: nessun altro è degno di condividere quel profumo di nardo, che il Cantico dei Cantici attribuisce alla dignità regale (1,12; 4,13) e che i sacerdoti usano per confezionare l’incenso che viene offerto nel tempio.
L’amore di questa donna è perfetto, completo. Ella ti ama mentre i capi decidono la tua morte, e, dato che devi morire, spezza il vaso prezioso, proprio come si deve fare in ogni sepolcro al momento della sepoltura. L’olio profumato scende sul tuo capo, come era sceso sul capo di Aronne (Es 30,22), il sacerdote, e sul capo di Davide, il re scelto e amato da Dio (1Sam 16,13).
Tu sei degno di essere conosciuto come colui che da Dio è consacrato Sacerdote, Re e profeta (1Re 19,16). Dato che nessuno ti unge, lo fa lei, la donna senza nome, donna che rappresenta la Chiesa, che ti ama e vuole esprimere la sua gioia per la tua presenza nella casa degli uomini per mangiare con loro. Ella ti onora in anticipo, sapendo che gli uomini ti rifiuteranno e ti uccideranno. Ella non impedisce il compiersi del disegno di Dio, ma vuol dire a tutti che non tutti ti odiano e ti eliminano dal loro cuore, perché Dio ti ama e ti manifesta come il suo consacrato. Il suo gesto è profezia della tua regalità e del tuo eterno sacerdozio: sei sacerdote e re che offri la tua vita. Il profumo sul tuo capo attira verso di te gli sguardi e l’attenzione di tutti: sei colui che deve venire, il Messia atteso. Quella donna, come la Chiesa, lo vuol dire e testimoniare.
Chi non condivide l’amore per te grida allo scandalo: ci sono i poveri! Per i poveri essi certamente non hanno mai fatto nulla. Essi non amano i poveri: se li amassero non saprebbero forse che proprio i poveri per primi sono felici di vederti onorato e consacrato? Tu sei uno di loro, sei il vero Povero di Dio, quel povero che arricchisci molti della vita vera e santa, la vita divina ed eterna. Chi si arrabbia contro la donna pensando di amare i poveri, non ama il Povero: cerca invece solo di nascondere la propria menzogna, la propria schiavitù a mammona. Chi ama i poveri assenti, spesso non ama il povero che vive con lui.
Tu, Gesù, avverti che il rimprovero indirizzato alla donna è rivolto a te. Anche qui c’è qualcuno che sostiene la decisione dei sommi sacerdoti e degli scribi. Coloro che vogliono la tua morte hanno ovunque chi li appoggia. Tu intervieni per difendere la donna: essa non va rimproverata. Quanto ha fatto è “buona azione”, perché seppellire i morti è buona azione (Tb 2,4), ed è più urgente dell’elemosina che si deve elargire a Pasqua. Tu dici a quegli uomini: se volete aiutare i poveri, fatelo col vostro denaro, non con quello degli altri. I poveri non mancheranno mai (Dt 15,11). Ma ricordatevi che il primo “Povero” sono io, qui nel villaggio il cui nome significa “casa del Povero”. Volete amare me? Fatelo adesso, fin che odorate questo profumo: dopo non potrete più.
La donna ha compiuto un gesto esemplare, come la vedova che aveva donato i suoi ultimi spiccioli (12,44). Tutt’e due hanno fatto tutto quello che potevano per Dio. E Dio le ricompensa tutt’e due. Il loro gesto verrà ricordato ovunque nel mondo, sarà elogiato, ma soprattutto imitato, e persino superato da coloro che offrono tutta la propria vita a te, Gesù, nel servizio umile e nascosto ai poveri del mondo.
Gesù, uno dei tuoi non ha imitato la donna, nemmeno l’ha approvata dopo il tuo intervento, anzi, ha progettato di vendere te per denaro; chi ama il denaro vende il povero per saziare la propria avidità. Giuda sta rallegrando i tuoi nemici, si allontana dalla Chiesa, ti tradisce. Egli è Uno dei Dodici: anche nella Chiesa dovremo essere vigilanti, perché il maligno può arrivare a tentare anche chi è tuo da sempre.
Signore Gesù, abbi pietà di noi, che siamo in pericolo. Concedimi di condividere l’amore della donna di Betania per te, e di spezzare per te tutti i miei tesori preziosi.
3. Questo è il mio corpo 14,12-26
12 Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: “Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?”.
13Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: “Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; seguitelo. 14Là dove entrerà, dite al padrone di casa: "Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?". 15Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi”. 16I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
17Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici. 18Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: “In verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà”. 19Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l'altro: “Sono forse io?”. 20Egli disse loro: “Uno dei Dodici, colui che mette con me la mano nel piatto. 21Il Figlio dell'uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell'uomo, dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito! Meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!”.
22E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: “Prendete, questo è il mio corpo”. 23Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24E disse loro: “Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti. 25In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio”.
26Dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
3. Signore Gesù, dopo l’unzione che hai ricevuto in modo inatteso e che ti ha manifestato come il Messia, ecco avvicinarsi il tuo giorno, quello profetizzato dal gesto della donna. Tutti i gruppi venuti per la Pasqua immolano i loro agnelli. Anche tu prepari la tua immolazione, che deve essere compresa dai tuoi discepoli. Sono essi impazienti, e si offrono a preparare il pasto, quello per cui sei venuto a Gerusalemme nonostante il pericolo d’essere messo a morte. Tu fai la volontà del Padre. Essi ti chiedono dove vuoi celebrare il rito, al quale è ovvio che essi parteciperanno. Tu ti comporti ora come pochi giorni prima, quando hai preparato il tuo ingresso a Gerusalemme e nel tempio. Ora prepari il tuo ingresso nella sala del convito eucaristico, il nuovo tempio, dove la Presenza di Dio si manifesta nel tuo offrirti in sacrificio. A due discepoli indichi un segno che poi si compirà. È un segno semplice, com’era semplice quello del puledro che doveva portarti sui tappeti improvvisati con i mantelli sulla strada. Qui il segno è un servo con una brocca d’acqua che si farà loro guida fino alla sala già pronta, la grande sala già arredata per la festa, al piano superiore, fuori cioè dagli sguardi indiscreti dei disturbatori e dei curiosi.
Avviene come tu hai detto. E i discepoli preparano il pasto mentre il Padre fa giungere l’Ora: ad essa ti avvicini con la tua «Chiesa». Signore Gesù, è bello e importante questo momento, solenne e pieno di attesa. Le tue parole solenni però svelano la morte. Sei tu l’agnello che viene mangiato, l’agnello che viene offerto. È un mistero: il tuo offrirti è l’amore più grande e perfetto, che dona gioia e pace all’universo intero. Ma questo avviene dentro il peccato più grave, il peccato dell’amico. Anzitutto tu, Gesù, sveli ai discepoli fin dove arriva il tuo amore per il peccatore. Non copri il peccato, ma copri il peccatore: è uno che tu ami come un amico, e lo nascondi alla curiosità degli altri. “Uno di voi, colui che mangia con me”: un po’ di tradimento lo teniamo dentro tutti, nessuno di noi può dirsi innocente.
Io non posso né giudicare né accusare Giuda prima di inginocchiarmi a chiedere perdono per me. E se riconosco la mia parte di menzogna non giudicherò nessuno, ma soltanto pregherò per chi si lascia sopraffare dalla tentazione. Siamo tutti immersi in quel peccato da cui tu, Gesù, vuoi liberarmi. Giuda si fa - misteriosamente - strumento di questa liberazione. Purtroppo, e per sua disgrazia, lo fa peccando, allontanandosi da te, Figlio dell’uomo, mandato dal Padre. E così si allontana anche dal Padre e da tutti i suoi figli. “Meglio non fosse mai nato”. Il suo sguardo si è lasciato attrarre dal denaro. Le domande angosciate dei suoi amici, “Sono forse io?”, non lo distolgono dal suo disegno.
Questa rivelazione trasmette a tutti qualcosa della sofferenza che si muove nel tuo cuore, Gesù. Il pasto di gioia diventa pasto di afflizione.
Ora tu sorprendi i discepoli afflitti. Compi i gesti che essi ti avevano visto compiere molte volte: prendi con le tue mani il pane azzimo, rivolgi la benedizione a quel Dio che ha donato il pane benedicendo il lavoro faticoso di molte persone, lo spezzi e lo distribuisci. Gesù, i tuoi hanno visto spesso questi tuoi gesti compiuti per loro e davanti a loro, ma non hanno mai udito le parole: “Prendete, questo è il mio corpo”. Hai appena parlato del tuo essere consegnato: che cosa vuoi dire con queste parole nuove? Il tuo corpo è quel pane? Il pane è il tuo corpo? Capire non si può. Si può credere e si può mangiare. E se si mangia quel pane si riceve l’energia del tuo corpo, un’energia che ci unisce a Dio, quel Dio che è amore.
E poi il calice: il tuo sangue dell’alleanza, l’alleanza nuova di cui Geremia dice che è per la remissione dei peccati (Ger 31,31-34).
Il tuo sangue, Gesù, salva molti, tutti quelli che lo accoglieranno in sè, che berranno da quel calice che la tua parola riempie di un nuovo significato. Tu muori, entri nel regno, ma il tuo sangue versato rimane a nostra disposizione. Tu non lo bevi più, lo doni a noi, che ce ne dissetiamo per essere liberi dal peccato e gioire finalmente della tua gioia.
Grazie, Signore Gesù.
4. Ciò che vuoi tu 14,27-42
27Gesù disse loro: “Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto: «Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse». 28Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea”.
29Pietro gli disse: “Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!”.
30Gesù gli disse: “In verità io ti dico: proprio tu, oggi, questa notte, prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai”.
31Ma egli, con grande insistenza, diceva: “Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò”. Lo stesso dicevano pure tutti gli altri.
32Giunsero a un podere chiamato Getsèmani ed egli disse ai suoi discepoli: “Sedetevi qui, mentre io prego”. 33Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. 34Disse loro: “La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate”. 35Poi, andato un po' innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell'ora. 36E diceva: “Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu”.
37Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: “Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? 38Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole”. 39Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole.
40Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapevano che cosa rispondergli.
41Venne per la terza volta e disse loro: “Dormite pure e riposatevi! Basta! È venuta l'ora: ecco, il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. 42Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino”.
Signore Gesù, ti rivolgi ai tuoi discepoli con confidenza mentre cammini con loro verso il luogo ove passare la notte.
C’è una Scrittura che li riguarda. Essa riguarda te, ma ne sono coinvolti direttamente anch’essi: “Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse” (Zc 13,7). È una parola che annuncia sofferenza e infedeltà, ma tu vuoi dare speranza. Come cosa ormai ovvia parli della tua risurrezione, quando tutto ricomincerà, e ricomincerà dalla Galilea, la loro patria, il luogo in cui essi ti hanno conosciuto.
Pietro risponde, facendo affidamento delle proprie forze e cominciando già, in pratica, a rinnegarti. Egli non crede infatti che la tua parola abbia valore per lui. Vuole distinguersi dagli altri, e così comincia a disgregare il gruppo dei tuoi discepoli. Si presenta a te senza di loro, sentendosi diverso, ritenendosi migliore. La fiducia in se stessi non risolve nessuna situazione, perché risveglia orgoglio, e l’orgoglio allontana da Dio e dalla sua grazia, unica fonte di forza e di coraggio. Pietro, la roccia, è sicuro di non cadere, di non farsi influenzare dal mondo, tuo nemico. Ma proprio lui peccherà più di tutti. Non ti rinnegherà d’istinto, ma con libera determinazione: “tre volte”, cioè sapendo ciò che fa. Il gallo, che canta tutte le notti prima dell’alba, sarà testimone della verità della tua parola.
Da Pietro prendono esempio anche gli altri, ripetendo quell’affermazione che non prende sul serio la tua parola: in loro non c’è l’umiltà.
Tu sai che ora, per affrontare il tuo nemico, è necessario l’intervento del Padre e la tua unità con lui. Perciò vuoi pregare in luogo appartato. Sai che i discepoli sono stanchi, e li fai sedere. Vuoi però che i tre che ti hanno visto vincitore della morte e luminoso della gloria divina stiano accanto a te. Pensi che essi possano sostenerti nella preghiera e consolarti nell’angoscia o che siano solo testimoni della tua preghiera più intensa? Tu sai che ti rinnegheranno, come puoi attenderti da loro un aiuto? Eppure vuoi dare loro l’occasione di aiutarti.
La paura e l’angoscia ti sorprendono subito. Ti confidi con loro: essi non possono far nulla, ma possono accompagnarti e vegliare. I salmi esprimono bene la tua situazione e tu vivi ciò che quelle Scritture manifestano: “Perché ti rattristi, anima mia?” (42,6); “Per il pianto si struggono i miei occhi” (31,10); “L’angoscia è vicina e nessuno mi aiuta” (22,12).
Avevi raccomandato e comandato molte volte di vegliare: questo è il momento. Ai discepoli non chiedi di pregare per te: la preghiera «serve» a chi prega per rimanere figlio di Dio! Tu chiedi quindi ai tuoi di stare attenti, di non lasciar passare questo momento come fosse nulla: è il momento della tua preghiera, è la tua “Ora”. Anche il tuo corpo è affranto e tu continui a cadere a terra, ma rimane vivo in te il desiderio del Padre, e lo chiami. Grazie, Gesù, che hai lasciato udire ai tre discepoli la tua preghiera di fiducia e di abbandono. Dio è il Padre tuo: tu sei certo del suo tenero amore, e per questo lo chiami confidenzialmente “Abbà”. Sai che egli è l’onnipotente, cui nulla è impossibile. Ma sai pure che la sua volontà racchiude l’amore più grande. Questa vuoi che si realizzi, benché a te costi sofferenza, angoscia e morte.
Dopo la preghiera cerchi Pietro, ma non lo trovi: ha ceduto al sonno. Egli non è presente a se stesso, non sa cosa succede, non sta vegliando. Gli raccomandi ancora di vigilare e di riempire la veglia di preghiera: senza preghiera la tentazione ci travolge e i desideri santi e pii, anche i propositi più belli, non si realizzano. Non bastano le promesse, è necessaria una fatica concreta: la carne è debole, e solo Dio la può sostenere (Sal 51,14); è necessaria perciò la nostra unione con lui, la preghiera. Tu doni l’esempio continuando a pregare e due e tre volte. Sei deciso a volerti offrire al Padre, a realizzare il suo disegno previsto e predetto già dai profeti e da tutte le Scritture. Gli uomini hanno bisogno di essere salvati.
Quando arriva Giuda tu sai che l’Ora è arrivata. Egli ti consegna a quegli uomini che hanno deciso la tua morte. La tua preghiera è terminata, la Volontà del Padre si compie, le Scritture si realizzano. Non serve più che i discepoli veglino, possono continuare a dormire. Se si svegliano adesso è solo per scappare, per realizzare la parola che tu hai ricordato loro: “Le pecore saranno disperse”.
Anche in questo momento sai d’essere il Figlio dell’uomo: sei il Figlio che soffre ed è rifiutato dagli uomini per essere accolto nella vera gloria, quella dell’amore del Padre.
5.. Fuggì via nudo 14,43-52
3E subito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani.
44Il traditore aveva dato loro un segno convenuto, dicendo: “Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta”. 45Appena giunto, gli si avvicinò e disse: “Rabbì” e lo baciò.
46Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono.
47Uno dei presenti estrasse la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli staccò l'orecchio.
48Allora Gesù disse loro: “Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. 49Ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Si compiano dunque le Scritture!”.
50Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono.
51Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. 52Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.
5 La tua angoscia, Gesù, è finita. Ora devi essere attento a coloro che arrivano nel buio della notte. Anzitutto, ecco il discepolo, quello che mangiava con te, Giuda: l’evangelista continua a dirci che è “uno dei Dodici”. Questa memoria rende la Chiesa umile, cosciente della propria povertà e miseria. Il peccato più grave è sorto in mezzo ad essa. I nemici più pericolosi non gettano tanta confusione quanto l’amico che volta le spalle (Sal 41,10). Tu vedi arrivare Giuda accompagnato da chissà chi: non hai voluto dare un nome se non ai mandanti, cioè tutti i gruppi che formano il Sinedrio. Coloro che sono venuti sono “una folla”, in mezzo alla quale molte volte pure io mi sono nascosto o mi nascondo. Le spade e i bastoni di questa folla lasciano intendere che s’aspettano una reazione armata dei tuoi discepoli. Ma tu hai addestrato i tuoi ad essere “agnelli in mezzo a lupi”.
Giuda aveva preparato quella folla a riconoscerti: egli ti avrebbe dato il bacio, quello che il discepolo dà al suo maestro.
Gesù, quel bacio è stata per te la sofferenza più grande. Il segno dell’affetto e dell’amore è diventato il segno per individuarti allo scopo di arrestarti, legarti e condurti via. Il segno dell’amore è stato trasformato (Sal 55,21-22). Tu hai lasciato fare, senza opporti, in silenzio. Ed eccoti legato: non più un uomo libero, tu che doni la vera libertà; nelle mani degli uomini, tu che ne hai liberati molti dalle loro infermità.
Una spada cade sul capo del servo del sommo sacerdote: Marco non ci dice chi è stato e nemmeno come tu hai reagito a questo colpo di spada. È stato un tuo discepolo ad affrontare il mondo servendosi delle sue stesse armi? Mettendosi sul suo stesso piano? Su questo piano il mondo è più forte. I tuoi veri discepoli hanno altre armi per difendersi, hanno il tuo amore e la tua pace.
Il sommo sacerdote è stato colpito nel suo servo: vien reso manifesto così chi è il mandante di questa uscita notturna. Egli ha perso l’orecchio: è svergognato, e anche destituito della sua consacrazione, perché l’orecchio era stato bagnato dal sangue del sacrificio quando il sommo sacerdote fu consacrato. In questo momento diventi tu il sommo sacerdote vero, perché tu ti sei offerto e ti offri a compiere il vero e unico sacrificio di te stesso per la salvezza di tutti.
A questa folla di gente pagata, che non ti conosce, tu vuoi parlare per rivelare il significato di quanto stanno facendo. Se si sono mossi di notte è segno che essi stessi conoscono l’illegittimità della loro azione. Sono i ladri e i malfattori che agiscono di notte. Tu entravi ed uscivi e insegnavi di giorno nel tempio. Se tu fossi stato davvero un brigante, ti avrebbero potuto e dovuto cercare di giorno. Sono essi i servi delle tenebre. Tu non hai paura della luce.
A loro tu doni però anche la chiave di lettura di tutto questo: “Si compiano dunque le Scritture”. Tu ti abbandoni alla volontà del Padre, volontà che le Scritture rivelano. Anche la loro malvagità e malizia e menzogna realizza i piani di Dio. Così ti manifesti ad essi, se vogliono capire, come il Messia, il Servo di Jahwè, rifiutato e perseguitato (Is 53,12).
I tuoi discepoli sono ora il gregge disperso. La paura di essere arrestati insieme con te li fa fuggire. Non hanno pregato nè hanno vegliato, e perciò non sono pronti a resistere alla tentazione. Tu l’avevi detto loro che chi non prega, chi non si affida costantemente al Padre, non può resistere. Gesù, abbi pietà! Tu invece avevi pregato, perciò nulla ti sorprende né ti meraviglia, e nulla rifiuti.
Anche il ragazzo coraggioso fugge. Gesù, tu sai chi era: voleva amarti, voleva seguirti. Le sue forze non bastano. Che cosa vuoi dirci con questo semplice episodio? Quel ragazzo vestito di un lenzuolo chi rappresenta? È simbolo dei discepoli, che avevano protestato il loro coraggio e promesso fedeltà, ma sono poi caduti come “il più coraggioso fra i prodi che fuggirà via nudo” (Am 2,15) ?
Chi “va via nudo e lascia vedere le sue vergogne” (Apoc 16,15) è colui che non ha vigilato e non riesce a conservare le sue vesti.
Sono io quel ragazzo che voglio seguirti solo fin che è facile e bello? Se non ti seguo nell’umiliazione non mi resta proprio nulla!
Oppure è un simbolo di te, che, lasciato agli uomini il tuo corpo, te ne vai libero da tutti i condizionamenti umani?
Risorgendo lascierai il tuo lenzuolo alle nostre mani, mentre tu esci dal sepolcro e da questo mondo per ritornare al Padre!
Gesù, tienici con te nel giorno della prova.
6. Vedrete il Figlio dell’uomo 14,53-65
53Condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi.
54Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del palazzo del sommo sacerdote, e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco.
55I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. 56Molti infatti testimoniavano il falso contro di lui e le loro testimonianze non erano concordi. 57Alcuni si alzarono a testimoniare il falso contro di lui, dicendo: 58 “Lo abbiamo udito mentre diceva: «Io distruggerò questo tempio, fatto da mani d'uomo, e in tre giorni ne costruirò un altro, non fatto da mani d'uomo»”. 59Ma nemmeno così la loro testimonianza era concorde.
60Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all'assemblea, interrogò Gesù dicendo: “Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?”.
61Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: “Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?”.
62Gesù rispose: “Io lo sono!
E vedrete il Figlio dell'uomo
seduto alla destra della Potenza
e venire con le nubi del cielo”.
63Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: “Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? 64Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?”. Tutti sentenziarono che era reo di morte.
65Alcuni si misero a sputargli addosso, a bendargli il volto, a percuoterlo e a dirgli: “Fa' il profeta!”. E i servi lo schiaffeggiavano.
6. Signore Gesù, tu che camminavi sempre davanti ai tuoi discepoli ora vieni condotto, come un criminale, senza più alcuna dignità tra gli uomini. Ti trovi proprio in mezzo ai capi religiosi, le persone ritenute le più qualificate per riconoscere il Messia, i «costruttori di Gerusalemme». Essi agiscono di notte, come i ladri e gli omicidi.
Pietro vuole essere fedele alla sua promessa, ma la paura lo tiene distante. Ti ha “seguito da lontano” e ora sta a guardare, senza però lasciarsi coinvolgere. Riesce a entrare nel cortile, tenta di confondersi tra i servi del tuo nemico, favorito dal buio della notte e godendo del calore del fuoco che gli illumina il volto. Tra di loro tu vedi solo lui.
Il Sinedrio, con la sua autorità, ha già deciso di farti morire e si riunisce nella notte, clandestinamente. In particolare i capi delle famiglie sacerdotali hanno fretta e cercano solo le giustificazioni per il loro intento. Sono necessari due testimoni concordi, ma non si trovano, finché dalle loro bocche non risuona l’eco del tuo rimprovero al modo con cui era gestito il Tempio e della tua profezia con cui annunciavi te stesso come luogo della Presenza di Dio. Riesce difficile trovare concordanza al modo con cui anche questo tuo detto era compreso e riferito. Chi non ti ama non può ripetere le tue parole: esse sono giudizio per lui. Qui nessuno ti ama e perciò nessuno riporta con verità e precisione quanto tu hai fatto risuonare agli orecchi dei tuoi ascoltatori. Il fatto che non si trovano testi concordi, testimonia la tua innocenza.
È proprio il Sommo Sacerdote che interviene, rivelandosi il più accanito, deciso a volere la tua morte. Egli vuole che tu apra la tua bocca: non sopporta che tu sia il Servo di Jahwè che “maltrattato si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come un agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca” (Is 53,7; Sal 38,14).
Ma tu, Gesù, conosci le sue e le loro intenzioni e sai che ogni tua parola potrebbe essere travisata. Non ti ascolterebbero. Il tuo silenzio è la parola più vera ed efficace. Il tuo silenzio manifesta la tua verità e la loro menzogna. Da che cosa dovresti infatti difenderti, se nessuna accusa plausibile e dimostrata viene mossa contro di te?
Il Sommo Sacerdote, nominato qui per la terza volta, ti fa una domanda precisa, che non è un’accusa: egli vuole sentire da te una parola che appaia bestemmia, se un uomo la pronuncia. “Sei tu il Cristo”, ti chiede, “il Figlio del Benedetto?”. Forse egli sapeva quello che aveva detto Pietro a Cesarea di Filippo (8,29)? Oppure i demoni che pronunciavano con odio la tua identità (3,11; 5,7)? Aveva sentito raccontare quanto è stato udito al tuo battesimo al Giordano? Se tu lo affermi egli ti condannerà, perché un uomo non può attribuirsi questa identità. Ma tu, Gesù, non sei un uomo qualunque, non sei un peccatore che cerca giustificazione per sè, sei il Servo che cerca di giustificare i peccatori. Tu non vuoi e non puoi mentire.
Grazie, Gesù, che ti sei manifestato. “Io sono”, tu dici solennemente. È il nome di Dio conosciuto da Mosè (Es 3,14), il nome che rivela l’amore del Padre al suo popolo in vista della salvezza di tutti i popoli. E aggiungi le parole dei profeti che ti avevano annunciato. Zaccaria aveva detto: “Lo vedranno coloro che lo hanno trafitto” (12,10) e così manifesti anche le loro intenzioni, senza doverle dire esplicitamente. E aggiungi che colui che sarà trafitto è colui che è stato annunciato dai profeti come Figlio dell’uomo (Dn 7,13), che dopo la sofferenza siederà alla destra della Potenza, come giudice quindi, che nessuno potrà contestare, perché verrà con le nubi del cielo, forte e sicuro dell’autorità di Dio.
Tu, Gesù, sarai il loro giudice: essi ritengono di poter pronunciare la tua condanna, ma sarai tu a giudicare il loro rifiuto di te. E sarà terribile!
Quel sommo sacerdote compie un gesto per lui proibito (Lv 21,10). Disobbedisce a quella Legge che vuol difendere, e così dichiara ufficialmente finito il sommo sacerdozio del tempio: si straccia le vesti; non lo avrebbe potuto fare. Da questo momento sei tu il Sommo Sacerdote vero, la cui tunica non viene strappata (Gv 19,23) nemmeno di fronte al peccato di tutti gli uomini. Quell’uomo ormai senza veste, senza dignità, ti accusa di bestemmia senza ragione: non ha verificato se quanto hai detto fosse menzogna, e col suo dire condiziona tutti a pronunciarsi contro di te. Si fa testimone e fa tutti i presenti testimoni accusatori. Ora, Gesù, sei condannato. È la settima volta che risuona il termine testimone o testimoniare: sei tu il testimone del Padre e siamo noi i testimoni di te: abbi pietà di noi!
C’è chi ti sputa addosso in segno di disprezzo, mentre tu col tuo sputo avevi risanato il muto e il cieco. Ti bendano il volto, che era stato risplendente della gloria di Dio (9,7); ti percuotono e ti vogliono indovino, tu che avevi rivelato a tutti l’amore del Padre. Ti danno schiaffi i servi, mentre tu con le tue mani avevi sollevato ammalati e persino dei morti. Gesù, pietà di me.
7. Gesù non rispose più nulla 14,66-72 - 15,1-5
66Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote 67e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: “Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù”.
68Ma egli negò, dicendo: “Non so e non capisco che cosa dici”. Poi uscì fuori verso l'ingresso e un gallo cantò. 69E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: “Costui è uno di loro”.
70Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pietro: “È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo”.
71Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: “Non conosco quest'uomo di cui parlate”.
72E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: “Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai”. E scoppiò in pianto.
15
1E subito, al mattino, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato.
2Pilato gli domandò: “Tu sei il re dei Giudei?”. Ed egli rispose: “Tu lo dici”.
3I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose.
4Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: “Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!”.
5Ma Gesù non rispose più nulla, tanto che Pilato rimase stupito.
7. Signore Gesù, mentre vieni accusato e nessuno ti difende, Pietro, che ti ha seguito di nascosto, illuminato dal fuoco con cui si riscalda, viene riconosciuto da una donna, una serva giovane, che lo indica ai presenti. Ella lo obbliga a manifestarsi, dicendo che era con te.
Fino a poche ore prima per lui era un onore essere con te, ma adesso egli si vergogna perché tu, al piano superiore, stai per essere condannato dai capi religiosi. Se essi ti condannano, potrebbe pensare Pietro, è segno che tu sei stato forse un impostore anche per lui. Ma probabilmente è solo la paura che prende Pietro e lo fa parlare fingendo di nemmeno conoscerti. La serva non si arrende e parla di Pietro agli altri con sicurezza.
Un gallo canta: la notte sta avanzando. Pietro ripete ancora la sua protesta, fingendo meraviglia per quanto la giovane donna dice. E i presenti prendono sul serio le affermazioni della serva, perché hanno verificato che la regione di provenienza di Pietro è identica alla tua: sei Galileo, gli dicono, come hanno detto a te. Ora Pietro non si limita a negare l’amicizia con te, ma impreca e giura invocando la maledizione su di sè, se ti conosce.
Povero Pietro! La sua solenne e orgogliosa promessa di fedeltà è finita nel nulla, anzi, nel suo contrario. Ora il gallo può cantare di nuovo, secondo la tua parola: “Tre volte mi rinnegherai”, e Pietro si scuote e ricorda la tua voce tenera, eppur rimproverante. Con le lacrime egli esprime ora il dolore di averti rinnegato, di non essere riuscito a darti testimonianza. Lacrime benedette, che lavano il peccato, che salvano il discepolo e lo rendono capace di misericordia verso i suoi fratelli!
Pietro si ritrova solo, al buio e al freddo, ma ricomincia ad amarti, ad essere in comunione con te, a percepire il calore del tuo cuore e ad essere illuminato dalla luce del tuo volto.
Nessuno si accorge del pianto di Pietro. I vari gruppi che sostengono il sinedrio e il sinedrio stesso continuano nel loro fermo proposito. Ormai Gesù è nelle loro mani ed essi non vogliono più sentirsi accusati dal suo modo di vivere l’amore di Dio verso gli ammalati, i peccatori, i poveri. Si realizza quanto le Scritture continuano a cantare: “I principi congiurano insieme contro il Signore e il suo Messia (Sal 2,1-2); “Nelle loro mani è la perfidia e la loro destra piena di regali” (26,12); tu sai che “la pietra scartata dai costruttori è diventata testata d’angolo” (73,19; 118,12) e perciò non ti disperi. Sai che sopra di loro c’è il Padre che realizza il suo disegno servendosi persino della loro malvagità che ora ti calpesta. “Il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti… Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo. Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per l’iniquità del mio popolo fu percosso a morte” (Is 53,6). “Al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori” (53,7).
Nel tuo silenzio, Signore, torni a queste parole e ti rimetti al volere misterioso del Padre. Così è scritto di te, così agisce lui e tu sei nella sua mano, che, dopo aver fatto la piaga, la fascia (Gb 5,18), e, dopo aver abbattuto, rialza.
Ora di nuovo sei portato via e consegnato, questa volta ai pagani. Tu l’avevi predetto (10,33): ora la tua parola si realizza.
Pilato ti interroga in base alle accuse che gli sono state riferite: sono stati malvagi, hanno formulato accuse per ingannarlo e ottenere da lui ciò che volevano, la tua morte. Non puoi rifiutarti di rispondere alla domanda di Pilato, perché tu sei veramente figlio di Davide e figlio di Dio, re dell’universo: egli ora è disposto ad ascoltarti.
Pilato è sommerso dalle contrastanti accuse dei capi. Egli, il sanguinario e terribile nemico del tuo popolo, rimane sconcertato nel vedere il tuo volto mite e nell’ascoltare il tuo silenzio. Tu, ebreo, accusato e odiato dai capi ebrei! Egli non può odiarti. Ti esorta a rispondere alle accuse, a difenderti. Ma la tua migliore difesa è la preghiera in silenzio. “Dio della mia lode, non tacere, 2perché contro di me si sono aperte la bocca malvagia e la bocca ingannatrice, e mi parlano con lingua bugiarda. 3Parole di odio mi circondano, mi aggrediscono senza motivo. 4In cambio del mio amore mi muovono accuse, io invece sono in preghiera. 5Mi rendono male per bene e odio in cambio del mio amore” (Sal 109,1-5). Essi non possono dimostrare la fondatezza delle loro accuse. Ed è Pilato che deve verificare; ma egli non sa come reagire e come agire: “I re davanti a lui si chiuderanno la bocca perché vedranno un fatto mai ad essi raccontato, e comprenderanno ciò che mai avevano udito” (Is 52,15).
Signore Gesù, liberami dalla mia preoccupazione di volermi sempre difendere, io che sono davvero peccatore!
8. Crocifiggilo 15,6-21
6A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. 7Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. 8La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. 9Pilato rispose loro: ”Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?”. 10Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia.
11Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. 12Pilato disse loro di nuovo: “Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?”. 13Ed essi di nuovo gridarono: “Crocifiggilo!”.
14Pilato diceva loro: “Che male ha fatto?”. Ma essi gridarono più forte: “Crocifiggilo!”. 15Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.
16Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. 17Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. 18Poi presero a salutarlo: “Salve, re dei Giudei!”. 19E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. 20Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.
21Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo.
8. Signore Gesù, sei ancora davanti a Pilato. Tu sai che non ci si può fidare di ogni uomo indiscriminatamente, nemmeno, e tanto meno, se egli è potente. Pilato vorrebbe liberarti, ma nemmeno lui può fare quello che vuole: ha paura. Ha paura di quei capi religiosi che, senza pietà e senza motivo, vogliono la tua morte. Egli tenta una possibilità, ma senza decisione. Approfitta dell’arrivo di una folla che vuole assistere alla liberazione di un prigioniero. La Pasqua infatti è la festa della libertà del popolo, ed egli è solito fargli un regalo liberando un carcerato. Pilato pensa forse che quel popolo conosca e ami te, Gesù, ma quella folla invece è un ammasso di gente, di cui la maggioranza non ti ha mai incontrato.
Tra i prigionieri ce n’era uno famoso, un ribelle omicida. Egli porta un nome che potrebbe essere il tuo, Signore Gesù: si chiama Bar-abbà, figlio del padre. Sei tu il Figlio del Padre, lui semmai è figlio non del Padre che dà la vita, ma di colui che la toglie, dell’omicida, il diavolo. Pilato propone di liberare te, e ti chiama “il re dei Giudei”: lo dice con disprezzo per loro, che rimpiangono un re. Egli sa che il popolo non ha verso di te invidia, come l’hanno i capi dei sacerdoti. Ma questi hanno grande ascendente sul popolo e propongono con forza e decisione di chiedere la liberazione dell’omicida. Purtroppo Pilato si lascia condizionare e ricattare. Egli non ha più iniziativa né libertà, non riesce a valutare le conseguenze delle sue parole, tanto che chiede cosa deve fare di te alla folla! Egli sa che tu non sei colpevole di cosa alcuna, che non potresti essere condannato, eppure rimette la propria decisione a una folla che si lascia influenzare da chi grida più forte.
E così risuona il grido: “Crocifiggilo”. È il completo rifiuto di te. Non sei più considerato membro del tuo popolo, sei ritenuto maledetto da Dio e da tutti.
Mio Signore Gesù, abbi pietà di me. Nessuno è innocente davanti a te: tu sei l’unico senza peccato, e su te pesano ora i peccati di tutti, soprattutto il mio. Il grido della folla continua, mentre tu, segretamente, ti offri al Padre per amarmi e per salvarmi.
All’ultima domanda di Pilato nessuno è capace di rispondere. Tu non hai fatto nulla di male, ma è proprio per questo che ti offri al posto di quelli che hanno fatto il male e sempre il male.
Ora Pilato accontenta i malvagi. Egli, malvagio come loro, non può che accondiscendere alla loro invidia. Ne gode Barabba, e tu vieni coperto del tuo sangue a colpi di flagello: preparazione al supplizio spietato e feroce della croce.
I soldati, che non ti hanno mai conosciuto, si divertono al vederti soffrire. La cattiveria dell’uomo arriva fino a questo punto: divertirsi per la sofferenza dell’altro. Ti fanno spettacolo, ti scherniscono inscenando la coronazione del re con un manto di porpora (Es 28,4) e una corona di spine e il saluto romano che si dà all’imperatore. Colpi sul capo, sputi e prostrazioni canzonatorie. Davanti a te si deve piegare ogni ginocchio (Fil 2,10): qui ora si piegano anche le ginocchia dei soldati. Non importa la loro intenzione. Gesù, io piego le ginocchia davanti a te e al tuo dolore, e tu abbi pietà di me. “Sono diventato loro oggetto di scherno, quando mi vedono scuotono il capo” (Sal 109,25).
Con le tue vesti poi esci dalla città, anzi, vieni condotto “fuori”. Tu lo sai che il figlio deve essere gettato fuori della vigna (12,8; Ebr 13,12). Ora questa tua parola avviene, e tu soffri nella speranza. Soffri perché verrà il castigo per coloro che uccidono il figlio, ma nella speranza, perché coloro che ora ereditano la vigna, la faranno fruttificare per il suo padrone.
Tu, come il seme, vieni gettato nella terra e muori, ma il frutto sarà grande e il pane sufficiente a nutrire tutta l’umanità per una vita nuova.
Vorrei essere io il cireneo che porta la tua croce, anche se costretto: vorrei che tu avessi sollievo, Signore Gesù. Simone potrà dire ai suoi figli che ha portato il tuo peso, che ha condiviso con te il cammino verso il Calvario. E quei figli, quanto saranno fieri del loro padre!
A portare la tua croce dobbiamo essere costretti, ma quale vita ci dona questo peso: ci fa tuoi veri discepoli!
9. Davvero quest’uomo era Figlio di Dio 15,22-41
22Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», 23e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese. 24Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. 25Erano le nove del mattino quando lo crocifissero.
26La scritta con il motivo della sua condanna diceva: “Il re dei Giudei”. 27Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra. [28]
29Quelli che passavano di là lo insultavano, scotendo il capo e dicendo: “Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, 30salva te stesso scendendo dalla croce!”.
31Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: “Ha salvato altri e non può salvare se stesso! 32Il Cristo, il re d'Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!”.
E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.
33Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. 34Alle tre, Gesù gridò a gran voce: “Eloì, Eloì, lemà sabactàni?”, che significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”.
35Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: “Ecco, chiama Elia!”. 36Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: “Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere”. 37Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.
38Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo.
39Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: “Davvero quest'uomo era Figlio di Dio!”.
40Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, 41le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.
9. Signore Gesù, vieni condotto “fuori della vigna”, verso un luogo di morte. È il luogo indicato come il sepolcro di Adamo, il luogo che raccoglie la paura e la sofferenza e lo sgomento di tutta l’umanità. La tua presenza in questo luogo gli cambia significato: esso diventa il centro della terra da cui sgorga la vita santa ed eterna!
Gli uomini ti vorrebbero stordire con bevande narcotiche, ma tu vuoi rimanere sveglio, vigilante, presente al tuo dolore e alla tua offerta, come avevi sempre raccomandato ai discepoli.
I chiodi ti fissano al legno. Il tuo evangelista non vuole ricordare i particolari: il supplizio è troppo crudele, lo sappiamo. La tua povertà poi raggiunge l’apice: le tue vesti vengono prese dai soldati, così che si avvera quanto è scritto: “Nudo uscii dal seno di mia madre, e nudo vi ritornerò” (Gb 1,21). È l’ora in cui nel tempio inizia la preghiera con il sacrificio e con l’incenso: il tuo offrirti la rende efficace, per sempre.
La scritta posta sulla croce sopra il tuo capo ti esalta: sei tu il re, il re dei Giudei, di quel popolo che porta il Salvatore alle nazioni (Sal 13,7; Gv 4,22). Non importa con quali sentimenti ironici è stata scritta o con quale rabbia poteva essere letta. Noi la leggiamo ad alta voce sapendo che è Dio che ti ha fatto re. E così i due ladroni, come assistenti al trono, non ci fanno vergognare di te. Non siamo tutti peccatori? Tutti meritiamo la morte e riceviamo salvezza dall’essere con te.
La tua sofferenza non è solo quella dei chiodi, ma quella del rifiuto di tutti i presenti che bestemmiano, ripetendo le accuse dei capi e sfidandoti a scendere dalla croce, a salvare te stesso dalla morte. Essi non sanno che proprio questa tua morte è salvezza per loro e per me. I capi addirittura ricordano che tu hai operato il bene dei sofferenti e dei malati: “Ha salvato altri”, si dicono tra loro. Perché ti hanno condannato se sei benefattore degli uomini, se li hai liberati dal potere del diavolo e dalle conseguenze del suo odio? Essi poi ripetono la richiesta di un segno per credere e, come segno, con malizia ti propongono di operare il contrario di ciò che essi hanno fatto: ti hanno messo sulla croce, ti chiedono di scendere. Ma è inutile, tu lo sai: non crederanno nemmeno quando uscirai dal sepolcro. L’insulto che ti fa maggiormente soffrire è quello dei due crocifissi accanto a te: non ti accolgono come compagno del loro soffrire e morire.
Il sole, nell’ora del suo massimo splendore, rifiuta di dare la luce: “Che sarà per voi il giorno del Signore? Sarà tenebre, non luce” (Am 5,18-20); “In quel giorno farò tramontare il sole a mezzodì e oscurerò la terra in pieno giorno” (8,9-10). Il peccato dell’uomo è giunto al culmine: il sole se n’è accorto e se ne vergogna, lo vuole nascondere.
Nel buio risuona la tua ultima preghiera: non vedi più il Padre, non scopri più il suo volto e la sua luce, ma ti rivolgi ancora a lui, sicuro che, anche se non ti può rispondere, almeno raccoglie il tuo dolore. E così inizi la grande preghiera del salmo 22: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? … 3 Mio Dio, grido di giorno e non rispondi; di notte, e non c'è tregua per me. 4 Eppure tu sei il Santo, tu siedi in trono fra le lodi d'Israele. 5 In te confidarono i nostri padri, confidarono e tu li liberasti”.
Gli uomini non ti comprendono, e ti fraintendono. Non sanno che fare, pensano a interventi celesti, comunque straordinari, come l’arrivo del grande profeta Elia, e si contraddicono. Tu li sorprendi ancora con un grido. È il grido di vittoria di chi è liberato dal potere del maligno (9,26), un grido che esprime la tua superiorità sulla morte, un grido che dice quanto avresti ancora voluto dire agli uomini che non ti vollero ascoltare, un grido che completa il tuo gridare nel tempio quando volevi farti conoscere come la luce e la fonte dell’acqua viva (Gv 12,44; 7,37). Il tuo grido ci ricorda quello con cui hai chiamato Lazzaro dalla tomba: ora tu chiami il tuo spirito, che esca libero dal tuo corpo per librarsi nuovamente sulla creazione e darle nuova vita (Gen 1,2), vita d’amore e di pace. Il tuo “spirare” diventa forza dall’alto per strappare il velo che fa del tempio un luogo sacro, riservato a pochi consacrati. Ora nel tempio possono entrare tutti, anzi, Dio stesso esce dal tempio per rendersi presente a tutti, ovunque si trovino, ovunque risuona il tuo grido. Infatti, lo stesso centurione, pagano, riconosce nel tuo grido la voce di Dio che chiama tutti ad essere figli, e può esclamare: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio”.
Gesù, non ci sono solo nemici attorno a te in questo momento culmine della tua vita: le donne sono qui, quelle che ti seguivano e ti servivano. Non possono fare nulla, ma possono testimoniare tutto. Ti hanno seguito davvero, riconoscenti che le hai beneficate. Nulla si attendono da te, per questo stanno con te anche in questo momento, il più atteso da te. I discepoli invece, che si aspettavano ricompensa, non ci sono.
10. È risorto, non è qui 15,42-47 - 16,1-8
42Venuta ormai la sera, poiché era la Parasceve, cioè la vigilia del sabato, 43Giuseppe d'Arimatea, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch'egli il regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù. 44Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, gli domandò se era morto da tempo. 45Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. 46Egli allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all'entrata del sepolcro.
47Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto.
16 1Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a ungerlo. 2Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levare del sole. 3Dicevano tra loro: “Chi ci farà rotolare via la pietra dall'ingresso del sepolcro?”. 4Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande.
5Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d'una veste bianca, ed ebbero paura.
6Ma egli disse loro: “Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l'avevano posto. 7Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: “Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto””.
8Esse uscirono e fuggirono via dal sepolcro, perché erano piene di spavento e di stupore. E non dissero niente a nessuno, perché erano impaurite.
10. Signore Gesù, il tuo forte grido risuona e riecheggia, mentre un uomo saggio e fedele prende coraggio per decidere un atto onorevole verso di te: non vuole che il tuo corpo finisca nell’infamia della fossa comune dei condannati, e chiede a Pilato di poterti dare sepoltura. È Giuseppe. I tuoi discepoli non ci sono: a Gerusalemme essi sono forestieri, è vero, e non si sanno muovere, ma sono pure ancora spaventati e rimangono nascosti.
Giuseppe di Arimatea riceve il dono del tuo corpo da Pilato: egli glielo concede, benché tu sia stato condannato per motivi politici. Egli stesso è meravigliato che la tua morte sia già avvenuta: vuol esserne certo. Tu sei morto davvero, la tua morte non è apparente! Tutti i particolari narrati da Marco sono per noi preziosi. Ne vorremmo persino di più, ma questi devono bastare per dare forma al nostro amore per te. Giuseppe compra un lenzuolo per avvolgerti. Per lui tu non sei un maledetto, anzi, sei la sua benedizione. Ti fa entrare nel suo sepolcro (Mt 27,60), scavato nella roccia: stanza di attesa, luogo in cui avverrà il fatto più bello e sconcertante della storia umana e divina. E la grossa pietra rotola sull’ingresso, chiudendolo. Con quella pietra gli uomini ritengono di chiudere la tua vicenda, per sempre.
Vorrei imitare Giuseppe, membro del Sinedrio, ad avere un amore per te così coraggioso da andare contro l’operato degli altri uomini importanti, quelli del Sinedrio. Le donne seguono Giuseppe, anzi no, seguono te portato da Giuseppe, tenendo gli occhi ben aperti. Esse sono silenziose testimoni.
La notte trascorre, vien celebrato il sabato: questa volta è una festa triste, di silenzio, di attesa.
Trascorre anche il sabato, e finalmente le donne, che ti hanno amato e seguito persino al Calvario, possono recarsi, con gli oli profumati acquistati la sera precedente, al tuo sepolcro. Sorge la luce, sorge anche dentro di loro.
La loro preoccupazione, dettata dalla coscienza della loro incapacità, riceve subito risposta: non occorre rotolare la pesante pietra perché quella fatica è già stata fatta.
Nel luogo dove esse sono sicure di trovare il tuo corpo morto, trovano invece un vivente, uno con la veste bianca, il colore delle vesti degli esseri celesti che non conoscono la morte.
E questi è giovane, promessa di vita, di futuro, di novità.
Egli è seduto: sta riposando da una fatica? È già da tempo lì ad attenderle?
Egli è seduto sulla destra, come tu - Figlio dell’uomo - sei ora seduto alla destra del Padre.
Le donne hanno paura: percepiscono di trovarsi alla presenza di qualcuno che viene dall’alto, da Dio.
Quel giovane ha un messaggio sicuro. Anzitutto, come tutti i messaggeri celesti dice: “Non abbiate paura”. Di Dio e delle sue opere non si deve aver paura! Egli agisce sempre per il nostro bene, per la nostra salvezza.
Il giovane sa cosa cercano e cosa già sanno le donne, e lo dice, per rassicurarle: “Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso”. Il crocifisso “è risorto”! Non è più presente in quel luogo preparato per i morti.
Gesù, sei risorto. Cosa significa?
La morte non ti tiene in suo potere, non ha distrutto le tue parole e non ti ha impedito di parlare ancora, non ha paralizzato per sempre le tue mani e i tuoi occhi. Tu sei vivo e continui a camminare davanti: i discepoli devono seguirti ancora, ricominciando dalla Galilea. Quanto avevano imparato da te là, nei dintorni del lago e sul lago stesso, è tutto valido, non deve andar perduto. I discepoli riprenderanno a camminare, a parlare, a prendere per mano i malati, a parlare alle folle: tu, risorto, sarai con loro.
Gesù, le donne, tanto coraggiose da accompagnarti al Calvario, ora sono spaventate, e tacciono. Il loro silenzio stupito continua nella vita di coloro che ti amano e credono in te.
Prima di parlare anch’io “sto in silenzio, non apro bocca”, attendendo che tu agisca. Ti seguirò in Galilea, Gesù, là dove gli uomini hanno bisogno di Dio. Là sei tu, prima di me!
11. Andate in tutto il mondo 16,9-20
9 Risorto al mattino, il primo giorno dopo il sabato, Gesù apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva scacciato sette demòni. 10Questa andò ad annunciarlo a quanti erano stati con lui ed erano in lutto e in pianto. 11Ma essi, udito che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero.
Dopo questo, apparve sotto altro aspetto a due di loro, mentre erano in cammino verso la campagna. 13Anch'essi ritornarono ad annunciarlo agli altri; ma non credettero neppure a loro.
14Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. 15E disse loro: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. 16Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato.
17 Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, 18prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno”.
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
20Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.
11.
Sembra che il libro redatto da Marco sia terminato con il versetto 8, cioè con lo spavento e la paura delle donne. Quella paura è quella che accompagna la vita di ogni cristiano che, nonostante sappia che Gesù è risorto, tuttavia fa fatica a credere e ad essere libero dalla nostra situazione di peccatori e dai condizionamenti del mondo. Noi ci troviamo nella stessa situazione delle donne: il Vangelo così continua nella nostra vita. Siamo noi che dobbiamo rendere testimonianza della risurrezione del Signore e della sua presenza accanto a noi.
I cristiani del primo secolo si sono sentiti in dovere di completare il breve racconto di Marco con l’elenco delle apparizioni del risorto e un accenno all’inizio della missione della Chiesa, come narrato negli altri Vangeli e negli Atti degli apostoli (vedi citazioni).
16,9-20
Signore Gesù, ti hanno visto risorto Maria di Magdala, che lo annuncia agli Undici (Gv 20,11-18; Lc 8,2), incapaci di credere (Gv 20,18; Lc 24,10-11). Maria ti è riconoscente perché tu l’hai liberata da molte sofferenze. Sette demoni la tenevano legata e le impedivano la gioia e la vita: una sofferenza inaudita, una disperazione senza speranza. Ma gli Undici non credettero, e non credettero nemmeno ai due che ti hanno avuto compagno di viaggio fuori della città, in campagna (Lc 24,13-35) e sono tornati ad annunciarlo.
Finalmente ti siedi a tavola con loro: qui ti riconoscono (Lc 24,36-49; Gv 20,19.23). Tu rivolgi loro il rimprovero che hai rivolto a Tommaso (Gv 20,28). Non li rimproveri per la loro fuga nell’orto degli ulivi, ma perché non hanno creduto ai tuoi testimoni. Benché increduli e duri di cuore, li mandi in tutto il mondo (Mt 28,18-20). I tuoi messaggeri sono sempre uomini che hanno difficoltà a credere, uomini che meritano il tuo rimprovero continuo, eppure ti fidi di loro.
“Tutto il mondo”: il mondo inizia in quella Galilea dove tu li precedi (Atti 2,38). Essi devono annunciare a tutti il Vangelo, quella buona notizia che tu hai portato nei villaggi della regione di confine. Essi oltrepasseranno il confine e là troveranno lingue nuove (Atti 2,4.11).
Ora la buona notizia è completa, completa della tua morte e risurrezione: l’amore del Padre per tutti è compiuto nella tua vita, e prende il posto della sofferenza provocata dai demoni che fanno uso della violenza (Atti 8,7; 16,18). Come tu sei stato odiato e travisato, anche gli apostoli incontreranno chi porgerà loro veleno (Lc 16,19; Atti 28,3-6) e chi sarà viscido come i serpenti, ma la tua luce e la tua forza li renderà vittoriosi. Come tu hai amato i malati e i sofferenti, anch’essi si dedicheranno ad alleviare il dolore degli uomini, perché l’amore del Padre è concreto e si fa sensibile (Atti 4,30; 5,16; Gc 5,14-15).
Dopo i rimproveri e il mandato ai tuoi, tu entri nel riposo di Dio e nella sua gloria (Lc 24,51; Atti 1,9-11; 1,21). Là alla destra del Padre continui a seguire col tuo sguardo e guidare con la tua mano questi poveri uomini che credono in te. Alla destra di Dio tu eserciti la tua autorità di giudice universale: giudichi i vivi e i morti, quelli che credono e quelli che ancora non hanno la tua vita in se stessi. I popoli di tutta la terra saranno giudicati da te, che sei morto per salvarli. Anche chi non ti ha mai conosciuto e avrà portato in sè la misericordia potrà essere accolto da te, grazie al tuo sacrificio.
I tuoi apostoli percorrono la terra. La loro Parola è la tua Parola, e tu stesso sei responsabile della sua forza e della sua verità: perciò dovunque essi vanno, obbedienti al tuo comando, tu ti rendi presente, agisci con forza e potenza (Atti 8,6), ed essi non si stancano di portare ovunque l’annuncio della tua morte per noi e della tua risurrezione per essere con noi.
Gloria a te, Signore Gesù! Vieni. Amen, alleluia!
Nihil obstat: P.Modesto Sartori, ofm capp., Cens. Eccl., Trento, 25 giugno 2011
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