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Marta, Maria e Gesù

MARTA, MARIA e GESÙ

«Il Padre vostro celeste sa…»

 

Marta e Maria,

due sorelle:

due modi d'incontrare

due modi d'amare

due modi di pregare

due modi di vivere.

Li distingue Gesù.

don Vigilio Covi

 

 

Due sorelle abitano la stessa casa. Esse la rendono accogliente con la loro presenza e con il loro amore.

In un giorno fortunato della loro vita Gesù passa nel loro villaggio. Esse non si lasciano sfuggire l'occasione e lo invitano.

È Marta colei che fa gli onori di casa: ella lo accoglie.

Il suo nome stesso le dà precedenza. Marta, infatti, nella sua lingua significa “padrona di casa”!

Da vera padrona di casa ella organizza l'accoglienza. Per l'ospite d'eccezione, eccezionali servizi!

Me la immagino, con facilità a dire il vero, perché l'ho vista molte volte quando anch'io sono stato invitato ed accolto.

M’immagino i suoi ragionamenti: “Io ora sono importante. Io ho invitato Gesù! Io devo fare in modo che Lui si trovi bene, che non Gli manchi nulla. Io so cosa è necessario in questi casi. Io mi metto a preparare... Se non ci fossi io...”.

Sicuramente Marta fa tutto questo per amore, per amore di Gesù. Ella lo ama, con tutto il suo cuore e tutte le sue energie.

Ma ella non si accorge che per amarlo ha cominciato ad essere attenta a se stessa, è stata in ascolto di sé, ha deciso da sola senza interpellare nessuno, e soprattutto senza interpellare Gesù! In una parola si potrebbe dire che ha dato vita ad un amore egocentrico, ha dato il via al proprio io. Non se n’accorge e continua.

***

 

Anche Maria ama Gesù. Lei non è la padrona. Ella sviluppa un altro genere d’amore per Colui che è entrato in casa. M’immagino il suo ragionamento interiore: “Gesù sta ubbidendo al Padre. Venendo qui Egli ha uno scopo. Chissà perché ha accettato il nostro invito. Forse vuol dirmi una sua preoccupazione, o un suo desiderio. Certamente mi aiuterà a conoscere la Volontà di Dio, mi rivelerà qualche raggio del suo splendore...”.

Maria è attenta a Gesù, al Suo desiderio, a quanto si muove nel suo cuore. Non le importa nulla di se stessa, non si preoccupa di far bella figura: le importa Gesù!

L'amore di Marta per Gesù parte dall'io, l'amore di Maria parte dal “Tu”.

Il loro rapporto con Gesù può rappresentarmi benissimo due modi diversi di pregare. Preghiera, infatti, è il rapporto che curiamo o trascuriamo col nostro Dio, attraverso Gesù, suo Figlio!

Marta nel suo rapporto con Gesù fa da padrona di casa: Egli è l'ospite.

Maria invece tratta Gesù come padrone di casa e considera se stessa sua ospite. Gli lascia tutta l'iniziativa, gli permette di esprimere desideri e di realizzare gli scopi per cui Egli ha pensato di entrare. Ella è pronta ad ubbidire.

Una domanda mi s'impone, dopo aver considerato come le due sorelle amano Gesù. Da quale delle due Gesù si è sentito accolto e amato?

L'amore di Marta era indirizzato a soddisfare le eventuali necessità corporali di Gesù: fame, sete, riposo. L’amore di Marta s'era accorto di queste realtà e si dava da fare per togliere all'ospite questi incomodi.

L'amore di Maria era attento allo spirito, a cose più profonde, ai desideri del cuore. Gesù non è venuto per farsi servire, ma per servire, per dare Egli stesso un cibo ed una bevanda ed un riposo che soddisfino il cuore dell'uomo.

Marta, con superficialità, è attenta alle cose, Maria al cuore.

Gesù ha sentito che Marta stava accogliendo la sua presenza fisica, Maria la sua presenza spirituale.

Marta voleva arricchirlo, Maria accettava di essere arricchita da Lui.

Marta vedeva se stessa importante per Gesù, Maria vedeva Gesù importante per se stessa!

Marta voleva esser protagonista dell'amore; Maria, lasciandosi amare, lasciava che Gesù ne fosse l'autore!

Il genere d’amore diverso delle due sorelle ha diverse conseguenze.

L'amore di Marta, amore egocentrico, porta questa donna a vedere gli altri con occhi interessati. E l'interesse non è quello del Regno di Dio!

Marta vede il fatto che Maria sta ad ascoltare Gesù come una pigrizia e, di conseguenza, il colloquio di Gesù con lei come tempo perso. Gesù stesso è visto da Marta come uno che non considera il suo superlavoro, che non s'accorge della pigrizia della sorella Maria, che non si cura di ciò con cui ella è impegnata. Marta, amando Gesù a quel modo, arriva al giudizio, alla critica e all'accusa della sorella, anzi, addirittura al giudizio su Gesù stesso. “Non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire?”.

L'io, ascoltato nella decisione sul cosa fare all'arrivo di Gesù, rimane anche ora il centro dell'attenzione: “mi ha lasciata sola”! Marta vede se stessa. Le importa la propria decisione, le importa portar a termine quanto lei ha progettato. La sorella è vista come serva delle sue azioni: “che mi aiuti”!

Le decisioni di Marta sono più importanti dei desideri di Gesù! L'amore di Marta per Gesù è un amore che la trascina a vedere nella Sua visita un'occasione per “autorealizzarsi”, per dimostrare le proprie capacità e doti di brava casalinga, di solerte lavoratrice!

Le conseguenze sono distruttive: ella distrugge il Regno di Dio nella propria casa! Gesù non è più il centro dell'attenzione, la pace s’è allontanata dal suo cuore, che si è agitato e preoccupato e impermalosito e - forse - ingelosito: il suo cuore è diventato recipiente di spiriti negativi, tanto diversi dallo Spirito Santo! Lo Spirito Santo porta l'uomo a stimare gli altri superiori a sé, a prendere i desideri di Gesù come propria volontà, a mettere il Figlio di Dio al centro, proprio come fa il Padre, che Gli ha dato ogni potere. Marta invece mette al centro se stessa, accusatrice e preoccupata. Le cose, i servizi le occupano il cuore completamente.

Marta si riduce a questo stato di cose.

Inoltre, altra conseguenza del suo modo di amare, riesce a ritenere se stessa più sapiente di Gesù e si permette di comandargli: “Dille che mi aiuti”. Continua ad esser padrona di casa, padrona nel senso deteriore. Dice a Gesù quel che Egli deve fare, gli comanda come comportarsi con la sorella.

Può Gesù essersi sentito amato da Marta?

Certamente s'è sentito giudicato. Ha percepito che la propria attenzione verso Maria era disprezzata, che la propria presenza era diventata occasione di malumore e d’accusa. La Sua presenza aveva risvegliato uno spirito egocentrico che aveva dato bella mostra di sé. È proprio vero che Gesù è il segno di contraddizione per svelare i pensieri dei cuori!

È venuto alla luce un atteggiamento contrario a Dio, perché contrario all'amore vero, atteggiamento che stava nascosto in Marta. I frutti manifestano che quel tipo d’amore preoccupato di far bella figura e preoccupato di fare come lei ha pensato non è l'Amore del Padre!

L'amore di Maria, amore che l'aveva portata ad ascoltare, ad attendere da Gesù i segni dei suoi desideri, ha portato frutto diverso.

Maria tace. Ella rimane attenta a Gesù. Non si lascia prendere dall'inquietudine della sorella, né si difende dalla sua accusa, né si lamenta del suo giudizio. Ella rimane in ascolto di Gesù, disponibile ai suoi cenni.

Il suo cuore rimane così nell'amore. La presenza di Gesù rimane per lei più significativa e importante di quella di Marta. Non le importa di esser giudicata dagli uomini. Il suo amore per Gesù conserva in lei il dono del «santo timor di Dio». Ella rimane “indifferente” a quanto in sua sorella non è mosso dallo Spirito Santo. Non permette a quello spirito inquieto di entrare nel suo cuore per portarvi fretta e distrazione. Ella rimane dipendente da Gesù e lascia a Lui la propria difesa. Se Gesù le dicesse di alzarsi per aiutare Marta, sarebbe pronta a farlo senza tentennamenti. Il primato che Gesù ha nel suo cuore e che la mette in ascolto produce in lei una disponibilità e una generosità insospettata. Il Vangelo non lo dice, ma lo dice l'esperienza che i cristiani vivono quotidianamente.

Quando sono in atteggiamento d’ascolto e di contemplazione di Gesù, sono disponibile a chiunque, disponibile ad amarlo ed aiutarlo: mi basta un cenno, interiore od esteriore, che mi lasci intravedere che quello è il desiderio del Signore. E la disponibilità diventa per di più disinteressata, perché non dipende dalla richiesta dell'uomo, ma dall'obbedienza a Dio.

È quanto notiamo nell’esperienza della Madre di Gesù: l'attenzione e l'ascolto di Dio l'ha portata ad esser disponibile al servizio di Elisabetta; e per di più a compiere questo servizio con gioia ed esultanza! L'attenzione a Dio le ha riempito l'anima e ha dato a tutta la sua vita la trasparenza di Dio! L'amore paterno di Dio ha trovato in Lei spazio e concretezza.

Quando lascio la parola a Gesù e faccio quel che Egli mi dice, Egli stesso s'impegna per me.

Se mi dice di pregare, prego; se mi dice di lavorare, lavoro: non m'importa valutare da solo le cose, il da farsi. Sto in ubbidienza e allora la mia presenza è presenza divina. Anche Gesù, infatti, si comporta così col Padre!

Per questo comprendiamo come Gesù stesso difenda Maria ed apprezzi la disponibilità di questa sorella: è una disponibilità divina, quella del Figlio!

Gesù la chiama: «la parte buona»! E sappiamo da Gesù stesso che questo aggettivo va attribuito solo a Dio: Dio solo è buono! Maria ha scelto la parte di Dio! Ha scelto per sé di far quello che fa il Figlio di Dio: Egli osserva il Padre, per fare solo ciò che vede fare da Lui e lo ascolta per ubbidirgli. Ha scelto di lasciarsi amare da Lui lasciandosi guidare da Lui. Che cosa può esserci di meglio? Che cosa è più sapiente? Questa parte non potrà esser sostituita da nulla di meglio. Nemmeno nell'eternità ci sarà qualcosa di più.

Gesù, dono di Dio, mandato dal Padre, è l'Assoluto per noi. La tentazione di trovare nel nostro ragionamento e nelle nostre abitudini qualcosa di importante, tale da condizionare l'ascolto di Dio, è sempre presente e insidia l'uomo di oggi. Lo fa diventare, come Marta, preoccupato e affannato per troppe cose.

Preoccuparsi e affannarsi delle cose è allontanarsi da Dio: è segno della dimenticanza della sua presenza e della sua importanza, e porta il frutto dell'inquietudine, della paura, del timore degli uomini!

La parte che spetta all'uomo è la parte di figlio: il figlio ascolta, ubbidisce, ha confidenza e disponibilità.

Il frutto è serenità, sicurezza, è pienezza di gioia e libertà. Il figlio sa che il Padre si occupa di lui più di quanto si occupi dei passeri, e perciò sta nella pace. E la pace gli permette di ascoltare Gesù, di donargli tutta l'attenzione e tutto l'affetto del cuore, tanto da diventare una sola cosa con Lui!

Questo è il mio desiderio e questo è il meglio per ogni uomo, lo scopo di ogni preghiera, il fine di ogni desiderio: diventare una sola cosa con Gesù!

La preghiera che m'aiuta ad entrare in Lui è preghiera, quella che mi lascia distante da Lui è parvenza di preghiera. L'episodio di Marta e Maria non mette in contrapposizione la preghiera al lavoro, l'azione alla contemplazione. Mette in luce quale dev'essere il vero rapporto con Dio, il vero amore per Gesù: amore ubbidiente e disponibile a Lui!

In Gesù trova certamente equilibrio il bisogno di contemplazione e la necessità dell'azione! Dall'obbedienza a Gesù verrà un'azione conseguente alla contemplazione e una contemplazione non disturbata dall'azione.

Gesù stesso fa ciò che vede fare dal Padre!

Egli agisce contemplando!

Gesù è il centro d'ogni attenzione!

 

 

“Non affannatevi”

A più riprese Gesù insiste con quest'invito, anzi, con quest’ordine!

Gli preme la nostra pace ed il nostro riposo. Gli preme che la nostra vita sia veramente vita, e non corsa angosciosa dietro ciò che rende schiavi.

Affannarsi per le cose, cibo, vestito, denaro ..., porta nel cuore dell'uomo conseguenze strettamente concatenate. Il cuore desidera le cose, e la mente contempla ciò che il cuore desidera: lo spirito viene così assorbito dalla terra, travolto, reso impotente.

Ogni volta che mi preoccupo per qualcosa m'accorgo che ne scapita subito la preghiera: il mio rapporto con Dio non c'è più... in pratica.

Quando mi affanno non sono più figlio, divento padrone.

Il preoccuparmi difatti è indice che non tengo più conto di Dio: come se Egli non fosse Padre, come se Egli non avesse già provveduto alle mie necessità materiali e - perché no? - spirituali! Sì, anche quando mi affanno per la mia salvezza è indice che ritengo Dio incapace di amarmi e di salvarmi.

Al Padre dà gioia il figlio che lo lascia esser Padre, il figlio che confida in Lui in ogni momento.

Il Padre è un buon padre di famiglia! Egli è contento di farmelo vedere e provare: basterebbe gliene dessi l'occasione!

Probabilmente è successo anche a te come è successo più volte anche a me: lascio qualche preoccupazione, la consegno al Padre, e al momento buono la cosa si risolve ottimamente, meglio di quanto desiderato! È proprio vero: “Tutto concorre al bene per coloro che amano Dio”!

Preoccuparsi e agitarsi sono mancanza di fede. Il Padre è padre o no? Perché allora affannarsi? Se le cose non vanno per il verso che a me sembrerebbe giusto, il Padre lo sa. Egli sa il perché, Egli ha previsto. Addirittura, quel fatto è dono suo: nel futuro avrà il suo posto più adatto! Chi può sapere - del resto - cosa sia meglio per il Regno di Dio? Chi può sapere che cosa voglia preparare il Padre per il suo Regno? I contrattempi sono provvidenziali per il Regno di Dio!

Io posso rimanere nella pace.

Questa pace è già Regno di Dio: sì, Dio può essere il Re!

Questa pace è difatti terreno favorevole perché il mio cuore possa rimanere unito a Gesù e la mia mente occupata con Lui: ecco, questo è ciò che piace al Padre, che Gesù sia l'unico ad occupare mente e cuore, come ha scritto San Paolo ai Filippesi (4, 6).

Il domani ha già i suoi pesi. Non affannarti nemmeno per il domani! Rimani leggero! Se Dio provvede al tuo oggi, non potrà esser Dio anche domani?

Affannarsi per il domani significa appesantire doppiamente l'oggi, e prepararsi il domani stanco, carico di tensione e vuoto di fede.

Ho visto gente preoccuparsi della sua pensione, e morire prima dei cinquant'anni.

Occuparsi del nostro compito è obbedienza a Dio, preoccuparsene è escludere Dio.

Gesù ha proprio rimproverato così i suoi discepoli quando si sono lasciati vincere dalla paura: dov'è la vostra fede? perché avete paura, uomini di poca fede?

La fede, se c'è, se è concreta, lascia spazio a Dio.

Egli sa il perché della mia vita e anche della mia morte: sto in pace e tranquillo, "come bimbo svezzato in braccio a sua madre"!

 

Che cos'è veramente importante?

Che io abbia Dio nel cuore e che io sia nascosto in Lui. La preoccupazione mette nel mio cuore, al posto di Dio, cose o persone, e non mi lascia nascosto in Dio, mi mette in evidenza, come la fiamma della candela che continuamente si muove: attira l'attenzione, dà fastidio, non permette di vedere bene. La preoccupazione attira l'attenzione su di me distogliendola da Dio!

Gesù ci annuncia e propone le conseguenze del Suo Vangelo così:

«Non affannatevi per il domani»

«Tutte queste cose vi saranno date in aggiunta»!

Voi «cercate il Regno di Dio».

Com'è bella la vita di un uomo che sta in pace perché sa che Dio è Padre! È una vita che annuncia il Regno di Dio, è una vita che ne fa gustare l'armonia e la dolcezza, è una vita che crea comunione tra gli uomini, è una vita che diffonde attorno a sé il gusto delle cose spirituali, una vita che fa amare Gesù, che spinge e attira a Lui!

Abbiamo per davvero un Padre!

“Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero,

se poi si perde o rovina se stesso?”. Lc 9,25

Che mi giova fare tutto il previsto, se mi lascio prendere dall'inquietudine?

Che mi giova arrivare in tempo all'appuntamento, se durante il tragitto non mi so dominare dalla fretta?

Che mi giova riuscire a convincere gli altri delle mie opinioni, se poi non vivo nell'amore?

Che mi giova far riuscire la celebrazione liturgica alla perfezione, se mi lascio prendere dalla rabbia per i chierichetti o per chi arriva tardi?

Che mi giova aver in tavola primo e secondo e più, se non porto la pace a quelli che mangiano?

Che mi giova esser promosso all'esame, se poi non so donare amore al professore e ai compagni?

Che mi giova vincere il concorso, se poi non so usare il tempo e il denaro per essere strumento d'amore?

Che mi giova tenere il posto di lavoro, se poi non obbedisco alle chiamate di Gesù?

Che mi giova riuscire a divertirmi, se poi perdo la calma e il dominio di me stesso?

Che mi giova sapere tante cose, se poi non so morire ai miei gusti e desideri?

Che mi giova leggere tutti i giornali, se poi mi perdo nel mare dell'opinione pubblica e non ragiono più secondo Dio?

Che mi giova esser padrone del mondo, se il mio cuore viene rovinato dall'egoismo e dalla vanità?

 

Nihil obstat, Cens. Eccl. Mons. Iginio Rogger, Trento, 15/03/1985