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NU

Pane nuovo

PANE NUOVO

 

« Con la forza datagli da quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l'Oreb »!

(1 Re 19,8)

 

«Con quel pane fino al monte di Dio»!

 

Una sola frase della Bibbia contiene un messaggio di forza profetica straordinaria.

Questa è stata scelta come motto per un Congresso Eucaristico Diocesano (Trento, 3 giugno 1984) e può continuare a dare luce e speranza.

Dove abbiamo noi una riserva di vita personale e comunitaria?

Possiamo ancora attenderci novità in questo mondo?

Siamo condannati per davvero ad esser pessimisti?

Ci è stato donato un nutrimento inaspettato, che serve per la vita, per rinnovarla dall'interno in tutte le dimensioni in cui essa si manifesta.

È Gesù «quel pane» che è necessario e sufficiente, gratuito e costoso allo stesso tempo: chi lo mangia per davvero si ritrova a passare dal mondo degli uomini al monte di Dio, dal mondo dominato e colorato dall'egoismo degli uomini al Monte su cui la Luce di Dio dà serenità, gioia e forza d'amare.

Buon cammino!

don Vigilio Covi

 

 

Con la forza datagli da quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l'Oreb (1 Re 19,8).

Elia, profeta di Dio, dopo esser stato protagonista di una grossa impresa in difesa della purezza della fede del suo popolo, minacciata da uno stuolo di falsi profeti idolatri (1Re 18), viene a sapere che la regina Gezabele lo sta ricercando per eliminarlo.

Elia, che aveva difeso la fede in Dio di fronte a tutto il popolo, si sente ora completamente indifeso. Nemmeno gli passa per la mente la possibilità che Dio possa aiutarlo. Da Dio era stato ascoltato ed esaudito quando aveva invocato il fuoco sul suo sacrificio; ora non pensa a Lui per la propria difesa.

L'odio della regina gli appare così forte e grande da non potersi sottrarre. Davanti ai suoi occhi la decisione della regina diviene l'unica realtà: non è più presente a lui nemmeno l'onnipotenza di Dio!

Egli si vede perduto. Si scoraggia a tal punto da farsi un senso di colpa di questa situazione. È per i miei peccati che succede ciò, « non sono migliore dei miei padri ». E conclude il ragionamento, che gli proviene da quest'oppressione interiore, desiderando la morte. Così farebbe proprio il gioco della regina che lo vuole eliminare.

Entra nel deserto una giornata di cammino, quel tanto che basta da non aver più la forza per tornare indietro. Si corica, pronto ad accogliere la morte.

Elia non sa fare altro. Lo scoraggiamento, l'odio degli uomini, un’umiltà (ritenersi peccatore) non orientata a Dio e perciò falsa, lo conducono verso la morte: gli impediscono di cercare la volontà di Dio, portandolo invece a sottomettere Dio alla propria.

È in questa situazione, in cui Elia si trova, nella completa impotenza e delusione di sé, che Dio si presenta al suo profeta. Nel momento in cui l'uomo non ha più nulla né da proporre né da chiedere, Dio si fa per lui sorpresa.

Elia, svegliato dal sonno che lo stava conducendo alla morte, trova « vicino alla sua testa » un pane e dell'acqua, ciò che è necessario alla vita, insieme ad una voce d'invito: "alzati e mangia"! Il profeta ubbidisce, quasi con automatismo, come chi si è dimenticato dei propri progetti ed esegue un ordine: come nel dormiveglia.

E continua il suo sonno, quello che egli aveva deciso. Una seconda volta viene invitato a mangiare e bere. Stavolta gli viene prospettato un cambiamento di vita, un altro programma: «troppo lungo è per te il cammino». Il cibo offertogli è per un viaggio che egli non aveva previsto, per una vita che egli non aveva desiderato. Egli desiderava la morte. Il cibo donatogli gli fa cambiare ogni prospettiva.

Elia « si alzò, mangiò e bevve ». « Con la forza datagli da quel cibo, camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l'Oreb ».

 

Osserviamo questo cibo. Una semplice «focaccia cotta su pietre roventi e un orcio d'acqua ». Il cibo più semplice, il meno costoso, il più quotidiano.

È un cibo gratuito:

Elia lo trova accanto a sé senza averlo nemmeno desiderato, lo trova come una sorpresa. Tutte le cose che vengono da Dio arrivano all'uomo come una sorpresa. Così è successo ad Adamo. Egli ha trovato Eva al risveglio dal sonno: nemmeno l'aveva chiesta a Dio, ed eccola come un dono, segno dell'amore di Dio. Così Abramo ha ricevuto il figlio Isacco, così il popolo israelita schiavo in Egitto ha ricevuto la liberazione. Il popolo sapeva solo opporsi al disegno di Dio: soltanto il « Suo braccio potente » lo ha liberato.

Così Giovanni è stato sorpresa per Zaccaria e Gesù per Maria e Giuseppe e tutto il popolo. Non in altro modo è stato donato lo Spirito Santo agli Apostoli. Essi sapevano solo attendere un’eventuale irruzione delle guardie del Sinedrio o di Pilato. Gli uomini sanno attendere ciò che viene dall'uomo e non sanno attendere gli interventi di Dio.

Il cibo per Elia è stato così gratuito. Lo trova senza aver fatto nulla per ottenerlo. Unica fatica, il mangiarlo!

 

Ma, se è pur vero che questo cibo non gli costa nulla, è altrettanto vero che diviene molto esigente.

Questo cibo si trasforma in una forza che dà coraggio ed energia nuova. Questo cibo cancella i progetti di Elia: egli voleva morire. Ma ora, se Dio dà il pane, significa che Dio vuole che egli viva, che egli cammini e continui la sua missione. Questo cibo così gratuito è così costoso! Ad Elia mangiare quel cibo costa rinunciare a tutti i suoi sentimenti che lo avevano condotto nel deserto, rinunciare alla paura degli uomini, rinunciare a guardare alle proprie capacità, gli costa iniziare una nuova fatica, da solo, nel deserto, senza altro appoggio oltre quel pane e quell'acqua.

Ad Elia l'aver mangiato quel pane costa la rinuncia al suo desiderio. Una forza nuova gli vien data per vivere un'obbedienza nuova. Tutto cambia colore. Quel deserto che aveva il colore della morte e della fuga dagli uomini, riceve il colore di una nuova vita con un nuovo scopo. Lo scopo dell'energia ricevuta da quel cibo non è quello di lottare contro gli uomini, di difendersi dalla regina Gezabele, lo scopo è quello di avviarsi a raggiungere il monte di Dio. Lo scopo del cibo di Dio non è per completare progetti, per eseguire fatiche materiali, ma per impegnarsi nel « santo viaggio ». Il viaggio è santo perché non è deciso dall'uomo né scelto da lui, ma perché deciso da Dio, proposto da Dio: un viaggio che avviene non in base ed in obbedienza a sentimenti umani e a reazioni all'agire degli uomini, ma solo in obbedienza a quanto Dio ha detto e lasciato capire di sé e del suo progetto. Elia, con la forza di quel cibo imprevisto, s'incamminerà ove Dio, tramite l'angelo, gli indica di andare. Quel cibo sostiene la sua fede, gli dà forza di compiere ciò che solo la fede gli fa comprendere. Il salmista (Sal 84,6.8) riprenderà quest'esperienza con le parole:

« Beato chi trova in Te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio!

Cresce lungo il cammino il suo vigore finché compare davanti a Dio in Sion »!

 

Oltre ad essere gratuito, questo cibo è necessario: senza di esso Elia è capace solo di procurarsi la morte, di abbandonare la vita e gli impegni di essa. Senza quel cibo non c'è più scopo di vivere! A che pro? Per qual motivo? Quel cibo è cibo di vita, perché dà nuova speranza e nuove luci all'avvenire.

Senza di esso Elia cadrebbe nelle mani degli uomini che lo cercano per la sua rovina. Lo vogliono uccidere, eliminare. Con quel cibo egli può iniziare un nuovo itinerario che lo porta lontano dagli uomini, e nello stesso tempo lo porta nel cuore che ama gli uomini dimenticando se stesso: nel cuore di Dio! Senza quel cibo Elia vive con Dio addirittura un rapporto di sfiducia: non lo ritiene più capace di intervenire, non spera più in lui, non lo vede più come Dio, né Padre, né onnipotente! Vive con Dio un rapporto di inutilità: egli è diventato inutile per Dio e Dio inutile per lui. Inoltre, ancora peggio, senza quel cibo Elia sente Dio come oppressore: egli l'ha difeso, ha difeso dagli idoli la fede in lui davanti a tutto il popolo, ed ora Dio lo lascia in balìa della morte. Il rapporto con Dio è morto, divenuto solo rapporto di parole. Non c'è l'amore né la fiducia. Quel cibo è veramente necessario.

 

Quella focaccia e quell'acqua sono pure un cibo abbondante. Ce n'è per due volte.

Elia ne mangia una prima volta, e poi torna ad addormentarsi. Ne mangia ancora, e inizia il cammino.

Due volte. La prima volta colma il vuoto lasciato dall'amarezza del passato. Un passato pieno di tensioni che hanno lasciato in Elia molta stanchezza. Quel cibo favorisce il riposo e il recupero della vita.

La seconda volta quel pane gli mette nella vita energie per il nuovo viaggio, viaggio imprevisto e imprevedibile: rende possibile il futuro.

Notiamo ancora che quel cibo, quel « poco » cibo, è sufficiente! È sufficiente per tutto il cammino dei quaranta giorni e delle quaranta notti.

Quaranta! È il numero della pienezza di un’esperienza umana, il numero che indica una vita d'uomo ricca e completa. Quel cibo è sufficiente per tutto il cammino della vita. Non occorre altro cibo per arrivare al monte di Dio. Altro cibo sarebbe solo perdita di tempo e di energie. Quel cibo è identico per i giorni e per le notti, per i tempi di gioia e di chiarezza, e per i tempi di smarrimento e di dolore. Per i tempi di luce e per i tempi in cui nulla si vede, è sufficiente la forza di quel pane.

Contemplando la vicenda di Elia ricordiamo ciò che Gesù ha detto: Io sono il pane della vita! « Io », Gesù! Gesù è « il pane vero »!

È Gesù il pane con la cui forza possiamo camminare quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio! Fino alla dimora del Padre. È Gesù il pane gratuito, necessario e abbondante e sufficiente per la nostra vita!

 

Gesù è il cibo gratuito:

ce lo troviamo accanto senza averlo desiderato, come una sorpresa. L'amicizia di Gesù, il suo perdono, la sua parola che guida la vita è tutto un dono gratuito, un dono che s'immerge nella nostra vita fino a farle cambiare progetti e decisioni. Avevo deciso di vendicarmi? Con Gesù viene il desiderio del perdono. Avevo deciso di farmi valere e di farmi notare? Con Gesù, "mangiando" la sua parola, arriva la volontà di esser nascosto e umile. E così in molte altre esperienze! Avevo deciso di lasciarmi "morire" nella mia situazione, di adagiarmi a condurre una vita "normale", come tutti, e con Gesù questi progetti senza scopo perdono valore, diventano come spazzatura di fronte ad una perla di gran pregio.

Gesù è cibo gratuito, è sorpresa di Dio che apre nuovi orizzonti alla mia vita. È sorpresa di Dio che rende anche la mia vita sorpresa ai miei stessi occhi. Mangiando quel cibo acquisto nuovo vigore che mi fa dimenticare l'amarezza degli uomini e la forza del loro giudizio su di me. Mangiando « il pane della vita » la morte non perde solo la capacità di mettere paura, ma perde pure il suo nome: di essa non tengo più conto!

Un cibo gratuito è Gesù, che mi costa l’abbandonare ogni mio previo progetto, ogni desiderio, ogni prospettiva! Non solo, mi costa pure uscire da quei sentimenti in cui per ore o giornate, o forse per anni, trovavo gratificazione e motivo di godere o di piangere. È un pane, Gesù, che pone la mia vita su di un altro piano, in un altro mondo. Se vivo nel mondo dei miei sentimenti, provocati dall'agire buono o malvagio degli uomini, o dalla forza delle mie capacità e della mia volontà, o provenienti dai ricordi gioiosi o tristi del mio passato, il pane nuovo, quello della Vita, mi trasferisce in un altro mondo: nel mondo ove solo i pensieri e le azioni di Dio hanno valore e forza per provocare in me sentimenti nuovi. Là, in quel mondo, siamo come portati su ali di colomba a vedere sempre il sole: « I vostri nomi sono scritti in cielo », perciò mi rallegro!

Il Padre ci ama, perciò sto nella pace!

« Il Padre onora quelli che mi servono », perciò godo senza preoccupazione!

« Il Padre sa ciò di cui avete bisogno », perciò sto sereno in ogni evenienza.

« Il Padre si compiace del Figlio suo », perciò unisco i miei sentimenti a quelli del Padre e trovo la mia gioia solo guardando Gesù, la sua obbedienza e la purezza del suo amore!

Quel Pane mangiato mi porta fuori dal mondo "naturale" in un mondo ove la mia natura d'uomo, figlio di Dio, trova la sua libertà e pienezza!

 

Cibo gratuito, costoso, ma nessun tesoro, nessuna somma potrebbe pagarlo! È un cibo necessario!

Gesù è il cibo senza il quale corro verso la morte. Senza di Lui null'altro mi attende. Con quel cibo assimilato dalla mia vita (pensiero, memoria, intelletto, volontà, affettività), con quel cibo trovo nuovo scopo alla vita.

Che scopo ha la vita? La vita naturale dell'uomo ha lo scopo di... vivere a lungo, vivere senza soffrire, trovare gloria dagli uomini, e poi? e poi viene la morte che distrugge queste finalità.

La vita con Gesù riceve nuovo scopo: giungere al Monte di Dio, divenire una sola realtà con Lui, immergersi nel Suo Cuore! È uno scopo infinito che perfeziona tutte le qualità e possibilità della vita, e che viene reso stabile dalla morte: essa stessa viene desiderata, come il pellegrino desidera posare finalmente il piede sulla soglia del santuario!

Gesù è un pane necessario. Senza di esso l'uomo rimane o cade in balìa degli uomini: e gli uomini non hanno nulla da dargli, anzi, nella loro sete inestinguibile gli tolgono tutto, cominciando dalla libertà. Il pane nuovo, Gesù, dà energia per allontanarsi dai condizionamenti dell'uomo: l'uomo lancia le sue frecce per colpirti di nascosto, lancia dardi d'invidia e di sospetto, di impurità e di sfiducia, di giudizio e di superbia. L'uomo vuol vederti cadere, vuol avere il tuo animo in balìa dei suoi sentimenti e delle sue voglie: vuole che tu reagisca alla sua presenza, vuole essere importante per te, tanto da esser lui a determinare i tuoi sentimenti di gioia o di sofferenza. Il pane vero, Gesù, ti porta fuori dal tiro degli uomini. Con quel cibo avrai capacità di rimanere orientato al Monte di Dio, potrai esser libero e sicuro da tutto ciò che è in balìa del principe di questo mondo.

Con quel Pane si rianima un vero rapporto di fiducia col Padre; mangiando quel cibo cresce il vigore interiore per dire a Dio: eccomi, vengo a fare la Tua Volontà, qualunque essa sia, ovunque essa mi porti. Con quel cibo il Padre diviene l'unica meta, l'unica luce.

Con quel cibo « cresce lungo il cammino il suo vigore ».

 

Il pane che è Gesù è un cibo abbondante!

Serve per guarire il passato e per affrontare il futuro.

Mangi quel cibo ed ecco che il tuo cuore entra nel riposo.

Quel pane ha guarito le ferite lacerate nel cuore dal peccato, quel pane redime e rende utili per il futuro anche i passi sbagliati e le esperienze negative: proprio come ad Elia è successo che quel pane ha ricuperato anche la fatica di una giornata di cammino che lo allontanava dalla volontà del suo Dio. Quella giornata di "egoismo", di cedimento ai sentimenti di delusione e tristezza è stata redenta mangiando quel pane! Così, nutrendomi di Gesù, anche le esperienze dolorose e... inutili o oscure della vita verranno ricuperate e usate dalla sapienza di Dio come supporto della Sua opera. È un cibo abbondante perché avvia ad un futuro nuovo e sostiene tutto il cammino fino al monte di Dio!

 

È abbondante, ma allo stesso tempo sufficiente: non ci occorrerà altro cibo, non serve altro Pane per giungere là ove sono chiamato e atteso.

Perché la mia esistenza giunga alla perfezione non occorre altro. Gesù è sufficiente! Mi nutro di Lui, della Sua Parola e del Suo amore, e questo è tutto ciò che occorre perché io possa incontrare il Padre, goderne la Presenza e attuarne la Volontà. Gesù è il nutrimento, il pane, l'unico utile allo scopo. La mia vita si realizza pienamente mangiando quel Pane. Ricevo tutta la forza necessaria al mio compito con quel pane.

Perché cercare ancora? Perché cercare altrove? Perché pensare che facendo la tal esperienza o imparando il tal mestiere o accumulando titoli e lauree la mia vita sia più piena o il mio servizio al Regno di Dio più qualificato? Perché ingannarmi e ingannare credendo e lasciando credere che ci sia altro cibo oltre al Pane datoci dal Padre?

Quel Pane è sufficiente per i quaranta giorni e le quaranta notti che mancano a giungere al monte di Dio.

Gesù dà la forza necessaria per tutta l'esistenza terrena.

Il quaranta è il numero che indica il periodo di tempo sufficiente a completare un'esperienza umana! Gesù è il pane per la vita dell'uomo. Il pane della vita. È pane per i giorni, per i periodi di vita in cui c'è luce, in cui l'uomo conosce il suo cammino e lo comprende, in cui sa qual è la Volontà del Padre: in quei giorni l'uomo ha forza dal Pane! Ma anche i giorni neri, i periodi di buio, in cui sembra che Dio, il Sole, sia assente, anche allora il Pane, Gesù, è il nutrimento che fa procedere, che non permette che il buio sia inutile, che la notte sia tempo perduto: anche allora, con la forza di quel cibo si può camminare avanzando verso il monte di Dio!

 

« Verso il monte di Dio »: questa la meta verso cui portano le energie che si sprigionano da quel Pane!

La forza donata da Gesù mangiato da noi non diventa energia per completare opere che ci diano gloria, di cui ci possiamo vantare! Non energia per i nostri interessi terreni, per i nostri sogni e disegni, nemmeno per le nostre opere di apostolato.

La forza di quel Pane è per camminare verso il monte di Dio; quella forza porta all'isolamento, alla solitudine, al silenzio tipico del monte. La forza di quel pane porta ad incontrare il Padre, ad essere per Lui figlio, ad abbandonarmi a Lui, a esser per Lui proprio come Colui che è il mio pane, come Gesù!

Certo, succederà che quando sarò arrivato nel Cuore del Padre sarò immerso nell'Amore: e dall'Amore sarò spinto ad essere amore, a donarmi. L'Amore vede ogni creatura, la vede con intima compassione e desiderio che sia salvata, che - libera da ogni condizionamento - giunga alla sua perfezione, alla sua gioia! L'Amore vede ogni creatura e le tende le mani perché giunga ad esser trasformata secondo l'immagine di Colui « per mezzo del quale e in vista del quale tutto fu fatto ».

Da quel Cuore anche il mio sguardo si spingerà fuori dai propri orizzonti per vedere ciò che l'Amore vede, per donare ciò che l'Amore dona!

Da quel Cuore, man mano che vi sarò giunto, potrò donare a chi è sfinito e deluso e stanco di vivere, il Pane dal quale anch'io ho ricevuto forza, il cibo necessario e gratuito e sufficiente per giungere alla meta della gioia,

il nutrimento della vita.

Da quel Cuore attingerò il Cibo con cui saziare la fame di ogni uomo che s'avvicina alla mia povertà, al mio niente. Ogni uomo non troverà Cibo migliore di quello, di Gesù.

Anche chi chiede solo ciò con cui possa vivere una giornata, anche chi cerca un po' di affetto dalla mia umanità, troverà ben di più se gli porgo, come dono inaspettato e gratuito, il Pane del cielo!

Per questo, per amore del mio Dio e per amore delle Sue Creature, continuo a nutrirmi di quel Pane!

 

Nulla osta: mons. Iginio Rogger, cens. eccl. - Trento, 21 settembre 1984