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OMELIE / Omelie IT

17 gen 2016
17/01/2016 - 2ª domenica del T.O. - C

17/01/2016 - 2ª domenica del T.O. - C

1ª lettura Is 62,1-5 * dal Salmo 95 * 2ª lettura 1Cor 12,4-11 * Vangelo Gv 2,1-12

 

Domani inizieremo l’Ottavario di preghiera per l’unità delle chiese cristiane. Per questo abbiamo udito la pagina di San Paolo che ci vuole aiutare a vedere le diversità delle varie membra come ricchezza di tutto il corpo, e non come occasione di disunione, tanto meno di discordia. Lo Spirito Santo, presente in coloro che amano Gesù e da lui si lasciano condurre al Padre, arricchisce dei suoi doni i fedeli. Il dono principale, comune a tutti, è lo spirito di comunione: per questo i fedeli vivono radunati in comunità, gruppi o parrocchie. Ad essi perciò non vengono dati gli stessi doni, ma ad ognuno viene concesso un carisma diverso, cosicché tutta la comunità si sviluppa e cresce come un corpo formato di diverse membra, le une necessarie alle altre e dalle altre servite e aiutate. Guardando agli altri, ognuno può godere per le loro capacità, e può godere di poter mettere le proprie doti a servizio di tutti. In tal modo non sorgono gelosie, non nascono invidie, bensì solo riconoscenza e generosità. Tutta la comunità può cantare con gioia la sua lode allo Spirito Santo che ci rende testimoni dell’amore del Padre e della redenzione operata dal Figlio. Pregheremo in questa settimana, anzitutto lodando Dio per la bellezza della sua Chiesa, e disporremo il cuore a godere di quanto di bello e santo è stato seminato anche nelle altre chiese, benché ancora non in perfetta comunione con la Chiesa cattolica. L’amore per Gesù ci unisce tutti. È quell’amore che porta tanti fratelli di tutte le chiese a dare testimonianza al Signore fino al sangue. Anche in questi giorni godiamo dell’unità della Chiesa dei martiri: ce lo ricorda spesso il nostro papa Francesco.

Dio stesso, tramite il profeta Isaia, parla del suo amore per il popolo come dell’amore di uno sposo per la sua sposa. Oggi godiamo di essere il popolo di Dio, proprio perché sappiamo che egli ama questo popolo con l’amore forte e fedele di un vero sposo. È un amore che gioisce al vedere la sposa, soprattutto se questa è stata ricuperata da una vita di lontananza e di sofferenza. E noi siamo stati ricuperati da una situazione di distanza da Dio, dalla situazione di peccatori. Gesù ci ha ottenuto il perdono, cioè ci ha riavvicinati al Padre dal momento che noi abbiamo incominciato ad amare lui, il Figlio crocifisso per noi. “Come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te”: Dio manifesta la sua soddisfazione per averci ricuperati e aver potuto ristabilire un rapporto di amore con noi.

È proprio questa l’opera di Gesù. Oggi egli stesso ce la fa comprendere attraverso il segno operato a Cana di Galilea. Il suo intervento allo sposalizio è davvero singolare. Non è tanto interessante che l’acqua sia diventata vino, ma è interessante il significato di questo evento. L’acqua che riempiva i numerosi recipienti di pietra era acqua destinata alla purificazione, purificazione delle mani e dei piedi e del capo. La religiosità e la pietà degli uomini si manifestava con la tristezza del doversi riconoscere sempre, sempre, e ancora sempre peccatori. Tutti erano infatti sempre disobbedienti ai vari precetti della Legge, difficili da ricordare sempre e impossibili da vivere secondo le spiegazioni degli scribi. L’acqua per la purificazione non bastava mai, e la vita non cambiava. Cosa fa Gesù? Sollecitato da Maria, la Madre sua, l’unica che s’è accorta che quel tipo di vita è per tutti una sofferenza continua, compie un segno. L’acqua della tristezza per il proprio peccato egli la cambia nel vino della gioia per la bontà, la grandezza, la misericordia e la fedeltà del Padre! Lo sposalizio del popolo con Dio doveva diventare un canto di gioia, motivo di festa senza fine. Oggi la Chiesa vive ogni settimana la festa di queste nozze, gode per l’amore che il Figlio di Dio le ha dimostrato sulla croce e assicurato con la risurrezione. Oggi la Chiesa, riconoscente a Maria e ai servitori di Dio che le ubbidiscono, gli apostoli, non è più concentrata sui propri peccati, come lo è stata per lungo tempo, ma si lascia illuminare dalla bellezza e dalla sapienza del suo Signore risorto: di lui gode e a lui esprime amore. L’amore, fonte di gioia, è raffigurato dal vino che, come dice la Bibbia, rallegra il cuore dell’uomo: il vino è il sangue di Gesù, amore vissuto fino alla fine.

L’amore di Gesù, che noi beviamo, cioè facciamo nostro, ci permetterà di godere per ogni fratello e ogni sorella: vivremo la gioia di essere comunità, di essere tutti portatori del Signore. Godremo gli uni dei doni degli altri, ci perdoneremo e ci sopporteremo con pazienza, perché Gesù possa manifestare attraverso di noi la sua presenza e la sua fedeltà. Godremo anche di quanto egli ha già seminato anche nella vita di quei cristiani che appartengono ad altre Chiese o gruppi vari: guardiamo agli ortodossi con gioia, perché amano Gesù, anche se in qualcosa differiscono da noi. Guardiamo ai protestanti con gioia, perché amano Gesù, anche se non possiamo condividere tutto quello che fanno o non fanno, e se essi non riescono a condividere la nostra obbedienza ai successori degli apostoli. L’amore per Gesù è un vino che assaporiamo insieme e ci unisce in un’unica gioia.

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