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I dipinti della Cappella della Casa di Preghiera (scritto e audio)

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I dipinti nella Cappella

    

   
(benedetta nel 1982, dipinta nel 1997 da Laboratorio Santi Martiri, Trento,

nel 1600mo anniversario del martirio dei Santi Sisinio, Martirio e Alessandro a Sanzeno (397)

  

Puoi ascoltare la spiegazione scorrendo le immagini oppure passare al video

    

Ci troviamo nella cappella della Casa di Preghiera Santa Maria Assunta a Tavodo.

Proviamo a leggere la scrittura che ci accoglie con le figure ispirate alle chiese rupestri della Cappadocia, terra di grandi santi e dei nostri martiri Sisinio, Martirio e Alessandro. … ….

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… Iniziamo dalla mia fotografia, che è simile o uguale alla tua.

… Questa è la mia, … e la tua fotografia. Tra cent’anni saremo così, perché siamo anche noi partecipi del mistero della morte.

L’uomo, da Adamo, quando ha iniziato la sua disobbedienza a Dio, ha cominciato a camminare verso la morte.

Questa è la nostra situazione, che ci rattrista e spesso ci spaventa.

  

 

Ed ecco, scendere il sangue, il sangue di Gesù, che scrive sulla mia … e sulla tua fotografia, e scrive parole di salvezza. È il sangue della vita di Gesù, che si è offerto per noi.

 

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Vediamo Gesù sulla croce. … È in una posizione non di sofferenza, ma, si potrebbe dire, di donazione di sé. Tenendo le braccia allargate in questo modo, sembra dire: “Eccomi”.

A chi lo dice? Anzitutto al Padre, a cui fin dall’eternità ha detto: “Ecco, io vengo, per fare, o Dio, la tua volontà” (Sal 40,8s).

Lo dice a noi, perché dalla situazione di morte in cui ci troviamo possiamo cominciare a sperare, possiamo cominciare ad alzare il capo per dire anche noi “Eccomi, sono pronto a seguire il tuo esempio, perché la tua vita donata è salvezza”.

 

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E Gesù sulla croce, appunto perché sa che il dono della sua vita è salvezza per tutto il mondo, sta in posizione, diremmo quasi, di danza: i suoi piedi si muovono … a passo di danza. Il suo sacrificio sarà fonte di gioia per tutto il creato.

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E la croce su cui è appeso, o, … sulla quale regna come su un trono, quella croce non è un patibolo, ma un albero di vita. Infatti spuntano foglie da tutte le parti.

 

Altra  Meditazione sulla Croce della Cappella Venerdì santoi 2020

  Croce della Cappella Venerdì santoi 2020

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Lui è il frutto di quest’albero, tanto che anche gli abitanti del cielo si meravigliano e guardano stupiti. Stupiti e senza poter fare nulla. Non è opera loro questo mistero, di morte per Gesù, di salvezza per noi. Non possono far nulla: tengono le mani coperte, quasi a dire: «Noi siamo solo spettatori, non abbiamo nessun compito, né per aiutare né per impedire ciò che sta avvenendo».

 

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E Gesù, che è morto, è colui di cui in alto sta scritto il nome: Gesù di Nazaret: egli è proprio quello vissuto per tanti anni a Nazaret, trent’anni, giocando da bambino, imparando, lavorando, pregando, obbedendo soprattutto.

Gesù di Nazaret Re dei Giudei: è un Re, re speciale, perché il suo trono, a forma di croce, è un trono particolarmente nuovo, un trono misterioso. È il re: non deve ubbidire a nessun uomo, invece a lui gli uomini possono ubbidire tutti.

  

  

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Accanto a lui la madre: Maria assiste e partecipa alla sofferenza del Figlio.

Ella non si vergogna, tiene lo sguardo fisso su di lui, e lo indica alla nostra attenzione con la sua mano destra, mentre… tenendo la sinistra coperta, sceglie di non intervenire: questo è mistero di amore sapiente; lei non lo vuol cambiare, è opera del Dio dell’amore.

  

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All’altro lato della croce il discepolo, quello amato da Gesù. Egli rappresenta anche me, che sono amato dal mio Signore. È sofferente, … 

incapace di alzare lo sguardo. Non comprende il mistero, tuttavia rimane presente, rimane accanto, continua con decisione ad essere discepolo, anche se non comprende e può solo soffrire.

 

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La croce è albero di vita, dalla croce escono e crescono dei rami. Da una parte un ramo sul quale stanno dodici colombe, che osservano il mistero che si compie, pronte a spiccare il volo.

Noi comprendiamo: sono i dodici apostoli che hanno visto e che possono testimoniare in tutto il mondo l’amore da cui sono stati beneficati e di cui sono stati spettatori. E come i colombi viaggiatori vanno ovunque a portare il messaggio, e poi tornano da chi li ha inviati, così gli apostoli portano questa notizia del grande amore di Dio per tutti gli uomini, l’amore di un Dio che si è fatto carne ed è venuto a stare in mezzo a noi.

E torneranno da Gesù ad attingere ancora forza e sapienza e gioia per altri voli, fin che tutto il mondo non sia raggiunto da questa notizia che sarà sempre una novità che consola e rallegra.

 

 

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Alla parte opposta un altro ramo esce dalla croce, e appare in questo spazio, nel quale trovano posto i segni e i simboli della creazione: i frutti e i fiori della terra, gli abitanti del cielo e gli abitanti del mare. Anche la creazione vive di quell’amore di cui Gesù è testimone, … di cui Gesù è il compimento. La creazione è frutto dell’amore di Dio, infatti ogni cosa creata ci aiuta a contemplare e a godere vari aspetti dell’amore creatore (Col 1,15-17; Gv 1,3).

 

 

 

 

 

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Il ramo della croce è anche qui, dove contempliamo un altro mistero della redenzione: Maria, madre di Dio. Maria ci offre il Figlio, che da lei ha preso il corpo, quel corpo che lui poi ha offerto sulla croce. Ella custodisce il Figlio, e lo indica a noi come colui che anche noi possiamo accogliere e portare sempre con noi. Maria non lo tiene per sé, guarda a noi; lei lo custodisce per potercelo donare, perché possa diventare la nostra vita.

 

 

 

 

 

 

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Il ramo della croce di Gesù, ecco, cresce di nuovo qui per presentarci, … e per portare come frutto, la santità della Chiesa.

La vita e la storia di tutta la Chiesa è qui rappresentata dai santi Martiri, che hanno offerto la loro vita per annunciare il vangelo e viverlo nella nostra terra.

Sono Sisinio, al centro, Martirio e Alessandro, tre testimoni venuti dalla Chiesa d’oriente, rappresentata da san Giovanni Cristostomo, vescovo di Costantinopoli e patriarca di quella Chiesa. Sono venuti a servire la Chiesa d’Occidente, rappresentata qui da san Vigilio, vescovo di Trento, che li ha accolti, dopo che sono passati per Milano e per il cuore di Ambrogio; questi li ha inviati alla nostra Chiesa quali missionari, servi dell’amore di Dio.

La storia della Chiesa, segnata dall’amore che essa ha portato e continua a portare nel mondo, è sempre frutto dello stesso mistero dell’amore crocifisso.

 

 

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La parete di fianco ci presenta un altro aspetto del mistero, il battesimo di Gesù nel Giordano (Lc 3,21).

Gesù entra nell’acqua, dove i peccatori hanno deposto il loro peccato. Avvenimento imprevisto, cui assistono impotenti e ammirati gli angeli di Dio per custodire le sue vesti.

A Giovanni non par vero di dover, suo malgrado, considerare inferiore a sé colui che è superiore a tutti. Egli lo battezza, mentre desidererebbe egli stesso essere battezzato da lui.

È un fatto straordinario: partecipano ad esso le profezie, il salmo 114 in particolare, per dire: “Che hai tu mare per fuggire, e tu Giordano, perché ti volti indietro?” (Sal 114,5): queste profezie sono richiamate dalle figure appena abbozzate in basso nell’acqua.

Il popolo d’Israele guidato da Mosè, quando fuggiva dall’Egitto per arrivare alla libertà, si è trovato davanti il mar Rosso, e poi, con Giosuè, il Giordano, prima di entrare nella terra promessa.

Il mar Rosso si è ritirato e il Giordano si è fermato per lasciar passare il popolo.

Una profezia: tutti gli ostacoli cedono il passo a Colui che viene, che viene a salvare gli uomini con la sua vita, con la sua umiliazione.

 

In questo momento il cielo si apre ed ecco la voce del Padre che interviene per indicarci Gesù come suo Figlio prediletto nel quale lui si è compiaciuto, e lo Spirito scende per rimanere sul Figlio di Dio.

Il cielo si apre: ora il cielo è sulla terra, la terra può ospitare il cielo, non c’è più separazione tra il mondo di Dio e il mondo degli uomini. Ora c’è unità. È un mistero grande, mistero di salvezza.

  

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Chi non l’accoglie sarà come l’albero che rimane senza radici,
sarà come un albero staccato dal terreno,
come un ramo tagliato dalla pianta, infruttuoso, inutile (Mt 3,10).

Sarà salvato invece chi accoglie colui che viene come Agnello di Dio per essere per noi sempre il Salvatore.

 

 

 

 

 

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Il mistero compiuto sulla croce ecco, è completato sul Monte degli Ulivi quando Gesù, risorto ormai, alza le mani sopra gli apostoli per mandarli in tutto il mondo (Lc 24,50).

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E dopo che li ha benedetti è stato portato in cielo,

è salito in alto dove siede sul trono alla destra del Padre (At 2,33),

continuando a benedire gli uomini e a offrire loro la Parola, sapienza di vita.

 

 

  

 

 

 

  

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Da lì verrà, come hanno dovuto dire i due uomini vestiti di veste bianca agli stessi apostoli, che, increduli non sapevano più cosa fare, non sapevano cosa dire. Gesù verrà; lui stesso, che aveva detto: “Io sono sempre con voi” (Mt 28,20).

La sua presenza è invisibile, ma già vera, reale, ed è vero pure che lui ritornerà. E noi abbiamo la garanzia del suo ritorno grazie alla presenza della Madre sua che egli ci ha lasciato come madre nostra, perché sia con noi maestra di fede e di preghiera, come lo era stata insieme con gli apostoli nel cenacolo nei giorni prima della Pentecoste (At 1,14).

Maria, che ha accolto Gesù all’inizio del suo cammino sulla terra, … è ancora lei che ci aiuta ad attenderlo alla fine dei tempi.

 

 

 

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La nostra scrittura continua, e la nostra lettura vede ora questo vano al quale ci introduce 

 

 

l’arcangelo Michele,

che custodisce la porta del paradiso dagli assalti del tentatore,

assicurandoci che nessuno potrà mai prendere il posto di Dio (Ap 12,7)!

 

 

 

 

 

  

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E di fronte a lui Gabriele,

che ha aperto la porta del paradiso,

quando ha proclamato: “Rallegrati”, Maria, e a lei ha annunciato il Figlio (Lc 1,28).

 

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Al di sopra di loro i santi della Chiesa, che continuano in tutti i luoghi e in tutti i tempi il servizio di custodia e di apertura all’ingresso dei misteri di Dio: san Benedetto, che, con le comunità nate dalla sua preghiera e dalla sua fatica, ha evangelizzato l’Europa per secoli. “Ora et labora”, cioè ‘prega incessantemente e vivi la fatica dell’obbedienza’. Questo è il segreto che ha portato benedizione nella sua vita e in tutta la Chiesa.

Santa Miriam di Gesù crocifisso, un’araba di un villaggio vicino a Nazaret, vissuta in una fede obbediente, come quella di Gesù. Non aveva cultura, non sapeva leggere né scrivere, ma nel suo cuore il Signore era presente e operante in maniera prodigiosa.

 

E ancora San Silvano, un santo russo vissuto come monaco sul Monte Athos, pure lui quasi analfabeta: ha testimoniato l’amore di Dio per tutti gli uomini con la sua umiltà, e con la sua sapienza ispirata dall’alto. Canonizzato dalla Chiesa ortodossa, testimonia anche alla Chiesa cattolica che la santità di Dio non fa parzialità.

 

  

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E i cherubini … ci invitano ad entrare nel santo dei santi,

dove Gesù stesso è con noi,

presente ancora oggi davanti a noi con la sua croce.

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Giovanni il Battista ce lo indica come l’agnello di Dio:

Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo” (Gv 1,36).

  

  

  

 

  

        

  

 

 

 

  

  

 

 

Un agnello immolato, che ha versato il suo sangue, perché è stato mandato come agnello in mezzo ai lupi (Lc 10,3).

Un agnello con sette corna (Ap 5,6): la sua forza è perfetta, è la forza della mitezza e dell’umiltà, che ci può custodire e difendere da ogni avversità.

Un agnello con sette occhi: la sua sapienza vede tutto, come Dio stesso vede.

 

 

 

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Anche Maria,

dal silenzio presente nel suo cuore e riempito delle parole udite dagli angeli e dagli uomini,

ci indica il Figlio suo,

e continua a ripeterci ciò che ha chiesto ai servi delle nozze di Cana:

Fate tutto quello che Egli vi dirà” (Gv 2,5).

 

 

 

 

 

 

 

 

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Davanti a lui, davanti al sacramento della sua presenza che nutre e guarisce anime e corpi, … solo il silenzio può permetterci di ricevere lo Spirito, che egli continua ad alitare su quanti si fermano con fiducia ubbidiente (Gv 20,22).

 

 

 

 

 Il Crocifisso della cappella della Casa di preghiera

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Lettere agli amici da Tavodo e da Konya

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