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OMELIE / Omelie IT

05 ott 2025
05/10/2025 - 27ª Domenica T. O. - anno C

05/10/2025 - 27ª Domenica T. O. - anno C

Iª lettura Ab 1,2-3; 2,2-4 dal Salmo 94 IIª lettura 2Tm 1,6-8.13-14 Vangelo Lc 17,5-10

Gesù ha appena sollecitato i discepoli a donare il perdono continuamente al fratello che lo chiede. Essi si rendono conto che per riuscirci è necessaria una fede grande e profonda, e ritengono di non possederla ancora. La fede però non è una cosa che si possiede: è la relazione di fiducia che abbiamo con il Padre e con Gesù. Ho fiducia in loro? Allora la parola di Gesù diventa più importante di ogni mio ragionamento. Per chi crede, la Parola di Gesù diventa la base di ogni pensiero e di ogni azione. Quando Simon Pietro è stato invitato da Gesù a gettare le reti, aveva detto: «Sulla tua parola getterò le reti»: Sottintendeva: ‘non sul mio ragionamento’ o ‘non sulla mia esperienza di pescatore’. La fede è obbedienza: qualcuno la definisce cieca, ma non è così. È l’obbedienza che vede con gli occhi di colui di cui ho fiducia. Questa fede non è ancora viva nei discepoli. Gesù ha detto loro: «Se il tuo fratello commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: "Sono pentito", tu gli perdonerai». Sanno di non essere capaci, perciò chiedono a Gesù stesso: «Aumenta la nostra fede!».

Per perdonare a chi pecca varie volte è davvero necessaria la fede: se sei rivolto a Dio e da lui ti lasci orientare, allora puoi perdonare e ripetere il dono, perché i tuoi occhi non vedono il fratello peccatore, ma lo sguardo del Dio misericordioso, misericordioso anzitutto verso di te, e poi verso il fratello peccatore.

Può sembrare strano, ma Gesù non promette di aumentare la quantità della fede, anzi, egli dice che la fede che abbiamo è già più che sufficiente. La misura della fede è il granellino di senape, il seme più piccolo che si conosca. Ognuno può avere quella ‘quantità’ di fede. La fede che ci è stata data accogliendo Gesù è completa. Non occorre aggiungervi altro, e non è possibile avere una fede migliore. Occorre solo adoperarla!

Sarà necessario però tener lontano l’orgoglio, altrimenti la fede si rovina, e vengono distrutti i rapporti, sia quelli con Dio che quelli con gli uomini. Gesù vuole perciò aiutare i suoi discepoli a coltivare un’umiltà sincera e serena. Per questo racconta la parabola con la famosa conclusione, che a noi a prima vista sembra inaccettabile: «Quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare». Dopo la nostra obbedienza non c’è posto per l’orgoglio di aver obbedito, ma ancora l’umiltà, quella pronta a ricominciare il servizio.

Il nostro vanto migliore è essere servi. Chi serve con amore sta vivendo la vita del Figlio di Dio. Egli è venuto per servire il Padre, e ha servito l’amore del Padre servendo gli uomini. Non ha egli detto: «Il Figlio dell’uomo è venuto non per essere servito, ma per servire»? Io divento simile a lui e mi unisco a lui servendo i fratelli. Per questo, quando ho finito un servizio ne attendo subito un altro, perché non posso vivere senza essere unito intimamente al Figlio di Dio, a Gesù, perennemente servo!

Così la nostra fede diventa la nostra vita, proprio come scrisse Abacuc: «Il giusto vivrà per la sua fede». L’obbedienza della fede ci permette di perdonare e di chiedere perdono, e questo è l’inizio della vita gradita al Padre, della vita di figlio, di quel figlio che si mette a servire per sviluppare e maturare il proprio amore. È la bella testimonianza che possiamo dare al nostro Signore Gesù Cristo.

Egli merita che noi mettiamo in luce la sua presenza e la ricchezza del suo amore. Lo facciamo col gioioso servizio gratuito e libero.

San Paolo ci confida: «So in chi ho posto la mia fede e sono convinto che egli è capace di custodire fino a quel giorno ciò che mi è stato affidato». Poi ci aiuta con le parole a Timoteo: «Dio non ci ha dato uno Spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza. Non vergognarti dunque della testimonianza da rendere al Signore nostro». È bello pensare di essere testimoni di Gesù, di contribuire, con l’obbedienza della fede, e quindi con il nostro amore misericordioso e servizievole, a farlo conoscere come il Salvatore e il Signore che è venuto per tutti.

Sono stato sostenuto e rafforzato molte volte dalla certezza che, anche se nessuno mi vede e mi considera, il mio servizio umile e nascosto serve a glorificare Gesù, a rendere viva e operante la presenza del suo Spirito. L’attenzione a glorificare Gesù ci aiuta inoltre a discernere il da farsi nelle più svariate circostanze e così a tener salda la fede.

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