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OMELIE / Omelie IT

06 set 2015
06/09/2015 - 23ª Domenica del T.O. - B

06/09/2015 - 23ª Domenica del T.O. - B

1ª lettura Is 35,4-7 * dal Salmo 145 * 2ª lettura Gc 2,1-5 * Vangelo Mc 7,31-37

Leggendo le parole: “Coraggio, non temete. Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina”, mi sono chiesto come posso farmi coraggio se arriva la vendetta di Dio? La parola “vendetta” unita a “di Dio” fa problema, e dico: non è possibile, Dio non si vendica; il suo insegnamento è di perdonare le offese, di pregare per i nemici e far del bene a chi ci fa del male; non è quindi possibile parlare di “vendetta di Dio”. Eppure questa è proprio Parola di Dio. Non è sicuramente essa che deve semmai cambiare, ma io devo adeguarmi. Come fare? Cercherò di capire, di entrare nel pensiero di Dio. So che Dio è amore, perciò tutto ciò che egli fa è atto di amore, quindi anche quella realtà che è chiamata vendetta. Quando qualcuno commette il male, si ribella a Dio: e Dio si “vendica”, cioè interviene con che cosa? Solo con il suo amore. Interviene in due direzioni: egli si rivolge anzitutto a quel nemico che ha vinto la battaglia nel cuore dell’uomo portandolo a peccare. Quel nemico dovrà fare i conti con Dio. E poi l’uomo peccatore riceverà un supplemento di amore per ricuperare la bontà e la bellezza perdute. Ecco la vendetta di Dio. E allora ben venga la sua vendetta! Essendo un atto del Dio dell’amore, sarà un intervento di salvezza per gli uomini fragili, feriti e oppressi.
È Gesù che opera la vendetta di Dio: quando egli incontra il sordomuto, che cosa fa? Lo fa udire e lo fa parlare, lo riporta pienamente ristabilito nella sua comunità sociale. Gesù distrugge l’opera del divisore e nemico dell’uomo. Ecco, oggi voglio avvicinarmi anch’io a Gesù, perché egli continui la sua vendetta sul mio nemico: con la sua grazia aprirò i miei orecchi ad ascoltare le persone che mi incontreranno. Le ascolterò, attento a ciò che Dio stesso potrà dirmi o chiedermi attraverso di loro. E con la fede aprirò la mia bocca a dire e ripetere anch’io la Parola che salva, la Parola che invita all’amore e al perdono, la Parola di sapienza che ricorda i comandamenti preziosi e saggi di Dio. Vedrò di stare in società non come uno che sa solo far caso ai discorsi superficiali e sa parlare solo lamentandosi del caldo e della siccità o del freddo e della pioggia, ma come un sapiente che sa tacere e parlare a tempo debito per consolare e rallegrare. Permetterò al comando di Gesù di agire ancora: “Effatà”, “Apriti”. E comanderò ai miei orecchi e alla mia bocca di ubbidire a Gesù.
Il Signore voleva che il suo intervento passasse nel silenzio. Nessuno doveva dire quant’era avvenuto. Se ne sarebbero accorti tutti certamente, e tutti si sarebbero interrogati sulla vera identità di Gesù. Tutti avrebbero interrogato colui che era stato muto e sordo. Egli avrebbe avuto occasione di essere testimone, e, soprattutto, dopo aver ripensato in silenzio all’esperienza vissuta, sarebbe giunto a riconoscere Gesù non solo come suo guaritore, ma come colui che salva gli uomini dalla loro solitudine e dalla loro schiavitù interiore. La guarigione era solo un segno, avvenuto per farci pensare seriamente e riconoscere colui che ci ama così tanto. Per pronunciarci su di lui bisogna aspettare di vedere come muore: la sua morte ci mostra che il suo amore è vero e perfetto, cioè divino! Egli infatti non è colui che guarisce dalle malattie e dalle infermità, ma colui che ci dona la vita eterna, colui che ci fa veri figli di Dio.
Tutti i giorni ci vengono dati dei segni dell’amore del Padre e della presenza di Gesù, anzi, tutti i giorni abbiamo occasione di farci noi pure strumento dello stesso amore per essere segno di Dio ai nostri fratelli. Ce lo ricorda l’apostolo Giacomo nella sua lettera. Riusciamo a trattare tutti allo stesso modo? Il mondo no, non è capace. Gli insegnamenti impartiti dagli esempi quotidiani ci porterebbero a fare preferenze, a dare maggior attenzione e considerazione a chi ha un posto di favore nella società, a chi possiede ricchezze – non importa se inique e ingiuste -, a chi esercita qualche autorità pubblica o privata. Ebbene, proprio in questo mondo noi abbiamo il compito di rovesciare tutto. La considerazione maggiore la offriremo a chi soffre discriminazioni, a chi vive nella povertà, a chi ha pochi o nessun mezzo per vestirsi decorosamente. Questi hanno maggior urgenza di segni da parte nostra, dei segni dell’amore del Padre e della carità di Gesù. Sono essi che riusciranno a riconoscerci fratelli, perché il loro cuore ha maggiori possibilità di aprirsi alla fede. I ricchi, benché onorati e rispettati, saranno chiusi allo spirito di comunione, e non riusciranno mai ad essere fratelli tuoi. Se vuoi amarli, fa’ loro vedere che preferisci i poveri e i semplici: forse capiranno che non è ciò che appare ed è considerato dal mondo che Dio vede e guarda e gli interessa. Li aiuterai a fissare lo sguardo ai beni eterni. Aiuterai Dio Padre ad esercitare la “vendetta” verso quella ricchezza che inganna gli uomini in molti modi: per quanto abbondante essa sia, non riesce a pagare il loro debito con Dio, li abbandona quando raggiungono il traguardo, li rende incapaci di essere fratelli. “Coraggio, non temete. Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina”.

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