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OMELIE / Omelie IT

20 dic 2015
20/12/2015 - 4ª Domenica del T.A. - C

20/12/2015 - 4ª Domenica del T.A. - C

 1ª lettura Mic 5,1-4 * dal Salmo 79 * 2ª lettura Eb 10,5-10 * Vangelo Lc 1,39-48

 

Quando incontriamo qualcuno che porta in sè la vita di Gesù, inconsapevolmente veniamo raggiunti dalla gioia. È inspiegabile? No! Leggiamo il vangelo di oggi, ed ecco, è così fin dall’inizio. Quando Maria, che porta già in sè la vita del Figlio di Dio, raggiunge con la sua voce la parente Elisabetta, questa vive un’esperienza del tutto nuova: suo figlio in grembo l’avverte dell’arrivo del Signore! E la gioia rallegra e apre la sua bocca alla benedizione di Dio e alla lode della Madre di Dio! Ora che vediamo vicino il giorno del Natale e nella fede riviviamo l’avvicinarsi di Gesù, percepiamo anche noi la stessa gioia. Pure noi quando stiamo uniti al nostro Signore, lo amiamo nel profondo e accogliamo la sua Parola, alle persone che avviciniamo trasmettiamo pace e letizia. Il mistero del Natale continua a rivivere e portar frutto, grazie alla nostra presenza nel mondo. Per questo Gesù diceva ai suoi discepoli: siete la luce, siete il sale, siete il lievito della terra! Oggi veniamo aiutati a cogliere questo mistero proprio da Maria, che a fatica sale e scende i monti di Giudea per raggiungere la cugina anziana. Le parole del loro saluto sono parole di fede e di meraviglia. Elisabetta benedice Maria e suo Figlio, di cui ancora nemmeno la madre percepisce la presenza. E poi la proclama beata, come sono beati i giusti e gli amici di Dio, perché ha accolto la Parola che Dio le ha rivolto.

Questo avvenimento e queste parole ci preparano a rivivere tutto il tempo in unione e sintonia con il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio. Lungo l’anno ascolteremo, dopo la nascita di Gesù, la gioia e la fede e l’incredulità di cui è stato circondato, rivedremo i suoi giorni trascorsi nel silenzio e nella preghiera, i suoi incontri con singole persone e con folle, ascolteremo le parole che ha donato a discepoli e a quanti lo cercavano, rivivremo la gioia di chi lo ha accolto in casa e di chi ha goduto liberazione e guarigione grazie alla sua parola e al suo amore. Soprattutto e sempre lo osserveremo mentre viene rifiutato dagli uomini ritenuti santi, fino al punto da trafiggerlo sulla croce. Stupiremo invece ancora – e ogni giorno – per la sua vittoria sull’autore della morte e per la gloria a cui lo ha elevato il Padre con la risurrezione e l’ascensione al cielo. Tutta la sua opera si conclude e si completa ancora oggi quando riceviamo da lui, dalla sua bocca e dal suo sguardo, lo Spirito Santo di Dio, quello Spirito che apre la nostra mente ad amare e comprendere le sue Parole e quelle dei profeti che lo hanno annunciato. È lo stesso Spirito che ora ci unisce, che ci permette di sentirci fratelli, che ci dona la grazia di cantare, di ascoltare, di lodare e benedire il Padre che è nei cieli.

Dicendo in breve: abbiamo iniziato un nuovo ciclo liturgico che dura un anno nel nostro computo del tempo, ma che ci fa gustare e vivere l’eternità di Dio, il tempo senza orologio e senza calendario.

L’incontro di Maria ed Elisabetta è speciale: è l’incontro di due persone che amano il Signore Gesù, vivono già per lui, tutto quel che fanno lo fanno per lui, eppure non l’hanno mai visto né sentito. Aiutandosi l’una l’altra, compiono gesti di amore per lui e preparano la sua venuta per tutti, senza vederlo, senza sentirlo, proprio come noi. Ci è caro questo loro incontro, perché dà a noi luce e speranza e gioia. Quel Gesù che a Natale ameremo come si ama un bambino, e lo ameremo perché ce lo ha donato Dio stesso, quel Gesù non lo vedremo e non lo sentiremo: eppure vivremo per lui come vediamo fare Elisabetta e Maria. Così facendo avremo pace, quella preannunciata dal profeta Michea, che ha annunciato pure che la sua nascita sarebbe avvenuta a Betlemme. La sua pace metterà fine al “potere altrui”, al potere del maligno cui siamo stati sottomessi fin che non abbiamo deciso di donare la nostra obbedienza proprio a Gesù.

A noi la gioia, ma a lui? Oggi la lettera agli Ebrei ci porta a pensare alla sua fatica. Per venire nel mondo ha rinunciato alla gloria divina. Per venire nel mondo ha amato fino alla fine, ha amato offrendosi a fare la volontà del Padre, e si è messo al posto dei sacrifici e degli olocausti offerti “per il peccato”. Il peccato è quel forte turbine di vento che trascina alla disobbedienza gli uomini, rovinando anche il creato. Con l’obbedienza egli porta nel mondo degli uomini un nuovo vento, quello dello Spirito, che ci santifica e salva. “Ecco, io vengo – dice al Padre – per fare, o Dio, la tua volontà”. Attendendo la celebrazione della sua nascita come uomo, ci uniamo a lui dicendo con amore e decisione anche noi: “Ecco, io vengo, per fare, o Dio, la tua volontà”. E la gioia riempirà il nostro cuore e sovrabbonderà per i nostri fratelli.

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