ME
NU

Post 2020-1

20190416 132751 opt

Post del 2020 - 1

(da 20/3 alla domenica II TP 19/4) in ordine di data più recente: il primo è l'ultimo inserito.  Post 2020 - 2 (e Sentinella vigile)

19/4 Domenica della Misericordia

La parola di oggi è quella di sempre, quella di cui abbiamo sempre bisogno e di cui necessita tutto il mondo: misericordia! Il cuore per i miseri c’è? Dov’è? Il cuore per i miseri, l’unico, è quello del Padre, Dio, che si esprime con e nel Figlio. Questi è la Misericordia.

Lo hanno cominciato a capire finalmente anche i Dodici a Pasqua, anzi i Dieci. Uno se n’era andato infatti per gli affari suoi senza chiedere il permesso, e un altro era assente, ma presente l’ottavo giorno, cioè oggi. Oggi sono Undici.

Arriva Misericordia per tutti, per i Dieci già contenti e gioiosi da una settimana, e per Tommaso, ancora scuro in volto, duro come pietra, ripiegato sulla sicurezza dei propri occhi di carne. Gli altri occhi li tiene chiusi, così da non vedere la gioia di dieci uomini, peraltro sempre stati affidabili, che solo una settimana prima erano amareggiati e confusi e delusi, come lui ancora adesso, e ora invece esultano.

Ecco la “Misericordia”: “Metti qui il tuo dito”.

Lo riesci a vedere quel dito tremante che s’avvicina?

Che dirti ancora? Io vedo la misericordia quando avvicino il mio dito a qualche piaga di quel corpo di Cristo che è la Chiesa. Allora le mie ginocchia si piegano e dalle mie labbra esce l’esclamazione: “Mio Signore e mio Dio!”.

 

18/04 sabato dell’Ottava di Pasqua

Rallegrati, Maria

La persona, che maggiormente ha atteso il giorno di Pasqua come il giorno di Dio, è stata Maria; proprio come aveva atteso la nascita del Figlio, che sapeva essere figlio di Dio. Ed è lei che rimane sorpresa, più di tutti, come allora era rimasta sorpresa al vedere la gioia dei pastori, poveri e peccatori, e degli stranieri, i Magi.

Oggi rimane sorpresa, perché non così di certo se l’aspettava, nemmeno lei: il terrore delle guardie, solo le bende nel sepolcro, giovani vestiti di bianco con voci angeliche, come allora, e, finalmente lui, ancora piagato, ma vivo, reale, tutto nuovo, lui, lo stesso di prima, ma stranamente diverso.

Oggi lei, Maria, comprende infine il significato e lo scopo della prima parola dell’Angelo a Nazaret: “Rallegrati!”. Allora invece aveva cominciato a incontrare sofferenze e tribolazioni. Oggi capisce perché allora le era stato detto “Rallegrati”. Oggi può rallegrarsi davvero, di una gioia piena: tutte le sofferenze incontrate e offerte come amore, oggi sono tutte perle, rose, pietre preziose che ornano la sua bellezza e accrescono la sua gioia.

Perciò noi non cessiamo di dire e di cantare, ripetendo l’invito dell’angelo Gabriele: Rallegrati, rallegrati, Maria!

  

18/4 sabato Ottava

Semplici e senza istruzione

Erano “semplici e senza istruzione” quei rozzi Galilei, eppure mettono in confusione i saggi e rispettabili e istruiti membri del Consiglio Supremo. Questi non sanno che fare, mentre quelli sì, sanno che fare. Essi hanno chiarezza. Hanno persino il coraggio di dire a quei grandi che hanno sbagliato di grosso, hanno sbagliato a discernere la volontà di Dio. Sbagli più grossi di questi non ci sono, perché, per di più, per discernere la volontà di Dio non occorre aver studiato. Anzi, l’aver studiato può diventare un ostacolo, perché lo studio per lo più raccoglie ragionamenti e opinioni degli uomini, cioè del mondo che non vive in Dio. È chi prega, e pregando ascolta, che può ricevere sapienza e consiglio dall’Alto. Per questo quegli uomini “semplici e senza istruzione” hanno potuto dire con decisione a quelli: non ubbidiamo a voi, che non avete ascoltato Dio. Voi ci fate tacere, mentre siamo stati incaricati di parlare a tutti, anche ai pagani, anche a voi, da colui che è risorto nonostante la ‘vostra’ morte, quella morte che voi avete desiderato per lui.

Ascolto anch’io quei due, Pietro e Giovanni, che avevano prima parlato, cioè avevano detto il nome di Gesù, allo storpio mendicante che era là con loro, in piedi, sano e arzillo! Parlare infatti non è dir parole, ma dire il nome di colui che è la Parola!

17/4 venerdì dell’Ottava

Io vado a pescare

Io vado a pescare”. Deciso. Come mai Pietro decide da solo? Ha intenzione di smettere di essere discepolo? Dimentica di avere dei fratelli, e che con i fratelli ci si può o ci si deve consultare? Dimentica persino che Gesù gli aveva detto: “Ti farò pescatore di uomini”? E gli altri, che fanno? Essi ricordano che Gesù aveva dato, proprio a Pietro, delle chiavi particolari, e perciò fanno quello che decide lui, cioè ubbidiscono: “Veniamo anche noi con te”. Detto fatto, sono in sette sulla barca da pesca, nel buio fitto della notte. Il lavoro è faticoso, l’attesa impaziente, tanto più che da molti mesi non esercitano più il mestiere. All’alba le reti sono ancora leggere, e la luce permette di vedere… e confermare la delusione. Niente pesci.

È capace Pietro di chiedersi il perché? Che cosa può intuire? Che cosa ha fatto di sbagliato? «Ho fatto quel che volevo io, non ho chiesto consiglio al mio Signore, e nemmeno ai miei fratelli. Ho fatto una fatica che non era obbedienza.

Non avrei perso tempo e avrei avuto più frutto se avessi passato la notte in preghiera, come faceva il mio Maestro». Che brutta figura! Meno male che a quest’ora non c’è nessuno in giro.

Ma no, sulla riva c’è uno che grida proprio verso di noi. Cosa dice? “Figlioli! Non avete nulla da mangiare?». Chi sarà colui che grida così? E poi ha il coraggio di suggerirci, anzi, di ordinarci di gettare la rete di nuovo, e per di più a destra della barca. Che sia il caso di provare? Il consiglio è disinteressato. Proviamo a ubbidire a quello sconosciuto. Una pazzia ubbidire a uno sconosciuto e fare una nuova fatica, stanchi come siamo. Ma vediamo, ubbidiamo.

Guai se non avessero ubbidito!

16/4 giovedì dell’Ottava

La corsa senza ostacoli

Erano stanchi, ma non assonnati. Hanno cambiato programma e sono tornati indietro, ripercorrendo i dodici chilometri in salita, quasi di corsa, senza accorgersi della stanchezza.

Ora sono con gli altri undici. Si son fatti aprire la sala, ove erano asserragliati, e cominciano a far vedere la gioia a quei cuori ancora tristi. Non fanno in tempo a raccontare tutto, che ecco, colui che avevano riconosciuto a Emmaus mentre spezzava il pane a tavola, eccolo qui. È proprio lui.

Avrà fatto anche lui una corsa? Ma non pare stanco, proprio per niente. Adesso lo conoscono, adesso parla. Ancora rimprovera perché lasciano spazio alla tristezza e al dubbio, mentre solo gioia dovrebbe sprizzare dai loro occhi.

I due silenziosamente s’interrogano: perché a Emmaus è sparito ai nostri occhi e adesso qui si lascia vedere? La risposta la trovano pian piano: qui siamo in comunione, qui ci sono tutti i suoi, mentre là eravamo solo noi due scappati dagli altri. Chi sfugge l’unità con gli altri discepoli non può godere la presenza del Signore risorto, non può ascoltarlo, e non è in grado di testimoniarlo. Con loro due non aveva mangiato il pane che aveva pur spezzato per loro, adesso invece mangia persino la porzione di pesce arrostito preparata per quello che manca, Tommaso, che chissà dov’è!

 

 

15/4 mercoledì dell’Ottava

Dov’è il portafoglio?

  1. 15/4 mercoledì dell’Ottava

Dov’è il portafoglio?

È stupita la gente, non sa che pensare. Lo storpio mendicante, che chiedeva l’elemosina a tutti i devoti che andavano a pregare, ora salta e corre come un vitello che esce dalla stalla. È la prima volta che corre, non si può che lasciarlo sgranchirsi e allenarsi. Come mai tutto questo?

Tutto solo perché Pietro e Giovanni hanno scoperto d’essere al verde. Di portafogli i Dodici ne avevano uno solo per tutti, ma era rimasto nelle mani di Giuda. Chissà che fine ha fatto quel portafoglio!

Meno male che non avevano in tasca neanche due spiccioli, così hanno risposto alla richiesta di quello storpio in altro modo. Si sono improvvisamente accorti che la loro ricchezza era un’altra, nuova, strana e speciale. Non potevano tenerla per sé. Era il Nome di Gesù. Lo pronunciano con tanto amore, amore a lui, Gesù, e amore nuovo e inaspettato alle orecchie del mendicante, ma lo fanno ad alta voce che lo sentano le sue gambe e i suoi piedi.

E lo storpio risponde a quel Nome saltando e correndo. Non solo la gente che pregava nel tempio, ma anch’io resto a bocca aperta, e senza parole.

14/4 martedì dell’Ottava

Brutta figura

Che brutta figura! Che brutta figura ha fatto Maria! Va bene che, quando stava a Magdala ne aveva fatto di brutte figure! Ma allora nemmeno se ne accorgeva. Quei sette demoni che ospitava, le facevano dimenticare i comandamenti di Dio, le suggerivano bestemmie, le facevano pronunciare odio e falsità con rabbia, persino impurità con discorsi osceni. Ne aveva uno in bocca, uno nel fegato, uno nel cervello, uno nei polmoni, due negli occhi, e persino uno nel cuore. Li ha dimenticati tutti d’un colpo quando ha incontrato Gesù. Proprio lei, adesso, lei che è stata liberata da quegli ospiti strani, proprio lei si trova ad accusare colui che l’ha liberata. E dire che nemmeno s’accorge. Non è uno di quei sette, nascosto in chissà quale cantuccio del suo corpo, ma stavolta è il suo amore che le fa far brutta figura. Si vede che non è ancora del tutto santo e libero il suo amore per parlare così al becchino del cimitero/giardino vicino al Calvario: “Se sei stato tu…”.

Quando quel becchino apre bocca, allora Maria s’avvede della brutta figura. Ma non fa in tempo ad accorgersene, perché la gioia la porta subito in Paradiso, sì, proprio in Paradiso. Quello è Gesù, lei qui sta con Gesù, Gesù vivo dopo la morte, vivo per sempre. È in Paradiso ormai anche lei.

E ora ci sono anch’io in Paradiso: sono qui con te, Signore Gesù!

 

13/4 Lunedì dell’Angelo

Le guardie tremano  

Coi soldi si fa tutto! Non è un segreto, non è mai stato così evidente come quel giorno. Erano spaventate le guardie: bastava vederle tremare come foglie. Doppiamente spaventate: per quel che avevano visto, mai visto in tutta la loro carriera, e per quel che potevano aspettarsi, di sicuro il taglio della propria testa. Come mai? Si sono lasciati sfuggire il morto che dovevano custodire. Pareva facile custodire un morto. Non ti pare? Lui non si muove, tutt’al più se si avvicina qualcuno … Ma non s’è avvicinato nessuno. Il morto come ha fatto a fuggire? Eppure non c’è più. Con che coraggio vanno ad avvisare? E comunicare che nessuno è venuto e lui non c’è più?

Meno male: i capi li capiscono, e per di più sono più spaventati di loro. Qui entrano in gioco i soldi, che per fortuna ci sono, i benedetti soldi. Valgono si o no una bugia? Non costa nulla dire una bugia, ma vale molto, un sacchetto di soldi, di quelli tintinnanti come l’argento. E per di più senza pericolo, perché l’altra autorità, quella suprema, ormai la si può ricattare facilmente.

E la notizia, non dei soldi, ma della menzogna, si diffonde e continua imperterrita, riempie romanzi, occupa film, e passa per buona persino nel duemila e oltre.

Ma colui che è scappato dai morti ha raggiunto i vivi, e li riempie di coraggio e di vita. Questi non daranno peso ai soldi, proprio nulla. Si lasceranno tagliare la testa, piuttosto che far torto a colui che è uscito da sé dalla tomba, piuttosto che rinnegare Gesù.

 

12/4 Pasqua

Donna, perché piangi?

Piango perché i miei figli

non possono mangiare te,

il Pane della vita,

il Pane che nutre e sazia.

Io, loro Madre Chiesa, piango

perché essi, senza di te,

languono e muoiono.

Chi darà loro la Vita?

Non piangere, no.

Io li avvicino uno ad uno,

entro nel loro cuore

e vivranno, IO, il Risorto.

 

11/4 sabato santo 

Silenzio

Oggi nelle chiese, nessuna Liturgia, nemmeno a porte chiuse.

Ognuno vive nel silenzio del proprio cuore la Liturgia celebrata da Gesù negli Inferi: là egli raggiunge Adamo per porgergli un nuovo vestito, perché possa uscire senza vergogna. Adamo non si nasconderà più in tuniche di pelli di animali, ricevute per sostituire le foglie di fico. Non userà più abiti confezionati da mani d’uomo, dei quali si vanta e si inorgoglisce. Si mostrerà invece con una tunica preziosa, bianca splendente, tessuta dall’alto, ricevuta in dono, ornata del sangue versato per lui sulla croce: una veste di umiltà e di grazia.

Ora egli si rialza dal regno dei morti e comincia a vivere la vera vita, quella per cui è stato creato dal Padre. Si è risvegliato con spirito di figlio, con un respiro nuovo con cui sorride e apre gli occhi per vedere fratelli e sorelle che lo amano e apprezzano il suo amore. Infatti, nello sguardo di colui che ha dato la vita e si prepara a risorgere, ha visto il proprio Padre e Padre di tutti i suoi figli. È festa per Adamo, più vera e duratura di quella in cui ha incontrato Eva.

Ora tutt’e due sono redenti, possono iniziare a vivere non per sé, ma per lui, il Risorto che diffonde gioia a tutto il creato.

 ***

Ora, al posto del nome di Adamo metto il mio, e tu metterai il tuo.

 

Sabato Santo – 2

Silenzio vero

Gesù oggi scende negli inferi più nascosti del mio cuore, là dove si ode solo il silenzio. È il silenzio più vero e profondo, dove non si ode la voce dei sentimenti, né degli affetti, nemmeno dei ragionamenti, neppure della volontà. Anche i desideri tacciono ammutoliti.

In quel silenzio anche tu, Gesù, rimani in silenzio, ma cominci a far risplendere la tua luce e a offrire la tua pace.

 

Sabato Santo – 3

Gesù comincia ad essere ricco, proprio oggi. Un lenzuolo nuovo di zecca, lui che non era abituato alle lenzuola. Una tomba nuova, fresca di colpi di piccone, macché, una stanza senza odore di morti; profumi speciali in quantità, come non mai; attenzioni particolari da parte delle solite donne, ma anche di nobili e notabili che si espongono per la prima volta. Persino la guardia del corpo, mai pensata né immaginata prima d’ora. Bisogna essere morti in croce per godere tutta questa ricchezza! Non temo più la morte, anzi, comincio a seguirti sul serio, Signore Gesù! Ho tutto da guadagnare!

10/04 venerdì santo

La via della croce.

Una via lunga e faticosa. Comincia lontano, là dove matura la ribellione. All’inizio si accanisce il rifiuto dell’amore, che non viene accolto e non viene dato.

 

"È lì che comincia la via che io, Gesù, tuo Signore, dovrò percorrere sanguinando.

Su questa via molte dolorose cadute mi attendono:

cadrò sul luogo dell’uccisione del fratello,

sui luoghi dell’infedeltà all’amore,

sulle spine delle divisioni e discordie.

Su questa via sarò consolato dall’incontro con la Madre, che condivide il mio amore,

dal forzato gesto d’amore d’un uomo che solleva il pesante peso dalle mie spalle,

dal sollievo di colei che imprime il mio volto sul suo fazzoletto per porgerlo a te,

e dalle lacrime delle donne che condividono il mio dolore per i loro figli.

Finalmente l’incontro col Padre mio e vostro: vedendomi vi salva".

 

 

9/04 giovedì santo

I piedi sporchi

Oggi i piedi. Non quelli profumati da Maria un paio di giorni prima, ma quelli sporchi che hanno camminato sulle strade luride e puzzolenti della città, brulicante di agnelli riottosi. I piedi, chi li lava? Chi ci pensa? Facciamo finta di niente, tanto tutti siamo nella stessa situazione.

No, per Gesù il «tanto tutti» suona come bestemmia. Se tutti sono figli di Dio, ognuno va guardato come lo guarda lui, il Padre. Allora avanti: un catino, una brocca d’acqua, un asciugapiedi. Chi lo fa? Può farlo solo chi ha i piedi profumati, pronti per il sepolcro: solo chi è pronto a morire ed è già morto a se stesso. Lui lo fa, con decisione e con ostinazione.

Ce n’è uno che non vuole: non si sente piccolo come un bambino davanti alla mamma, no, lui si sente grande, e si giustifica pure: ‘non voglio farti far fatica per me, non voglio che tu ti umili davanti a me’.

Proprio lui è quello che ha più bisogno. Non solo i suoi piedi devono essere lavati, ma anche il suo cuore, la sua mente, la sua volontà, perché il ritenere di non aver bisogno, o di farcela da solo, puzza più dei suoi piedi sporchi.

Il problema sarà più serio quando la brocca e il catino passeranno nelle sue mani: lasceranno cadere e andare in frantumi catino e brocca con l’acqua sul pavimento, piuttosto che piegarsi sui piedi del fratello che lo guarda con compassione o con sorpresa?

Lascia stare, Pietro, sta seduto: prendo io il catino e la brocca.

 

 

8/04 mercoledì santo

Cuore e soldi

Oggi purtroppo c’imbattiamo in uno che ha il cuore gonfio di soldi, un cuore che pesa come un salvadanaio pieno. E pur di averne ancora fa cose di cui poi si pentirà. Ma perché non ci ha pensato prima?

Era, ma non era, un discepolo. Era di nome e di apparenza, perché passava il tempo insieme agli altri discepoli e stava vicino al Maestro, anche a mangiare. Ma non era, perché la sua “lingua non dava parole allo sfiduciato”: lui non ne vedeva di sfiduciati. E “il suo orecchio non era attento ad ascoltare come un discepolo”: lui aveva altro cui pensare. Mai più sarebbe stato pronto “a porgere il dorso ai flagellatori” e men che meno “la faccia agli insulti e agli sputi”. Sono cose da profeti, e quelli, grazie a Dio, sono lontani, ormai quasi nel mondo delle favole.

Diventano tutti tristi per lui, ma lui non se ne accorge, attento com’è a godere di ciò che sta per fare all’insaputa di tutti quelli con cui ha condiviso e condivide la vita. Essi, per fortuna, non sanno che è lui la causa del turbamento e della tristezza, proprio lui, che “sarebbe meglio non fosse mai nato”.

La tristezza sparirà dai veri discepoli, quando il suo iniquo progetto sarà compiuto, e quel progetto lo prenderà nelle sue mani il Padre, suo e nostro.

 

 

7/04 martedì santo

Un gallo qualunque

Perché settimana ‘santa’? Le ore corrono come la settimana scorsa, che non era santa, e i giorni volano come il mese scorso. È che questi sono i giorni e le ore che passano durante la memoria della morte di colui che ha dato la vita.

La sua morte, vista dalla nostra parte, è un gesto di ingratitudine colossale e di ingiustizia plateale.
Vista dalla sua parte è l’atto di amore più grande, quindi più desiderabile, così grande che non riusciamo, neanche se volessimo, a far nostro. Egli deve dire, infatti, proprio a chi voleva o riteneva di poterlo avere: “Tu per ora non puoi seguirmi, mi seguirai più tardi”.
Vista infine dalla parte di Dio, che è Padre, la sua morte è un amore che merita ricompensa, cioè merita una vita nuova, una vita che non abbia più possibilità di morire, anzi, che abbia la possibilità di entrare in quella degli uomini che gli hanno procurato la morte: farà così una vendetta da par suo, una vendetta d’amore.

Meno male che, dicendo “non puoi seguirmi”, ha detto “per ora”: vuol dire che verrà il giorno che anch’io potrò vivere un amore come quello che ha vissuto lui. Quando? Quando lui mi darà, e io riceverò, il suo respiro, la sua vita interiore, il suo Spirito.

Prima però deve cantare il gallo. Allora sarà ancora settimana santa.

 

6/04 lunedì santo - 2

In clausura

La clausura forzata è prigione. Sono gli altri che chiudono e aprono.

Questa prigione io la vivo con te, Gesù, e allora diventa clausura: tu mi fai compagnia, tu riempi il tempo e lo spazio di amore, di santa pazienza, di compassione, di umile accoglienza.

La clausura con te è un viaggio avventuroso, è scoperta di novità dentro e attorno a me, è fonte di una vita che sorprende. Sei tu che continui la tua clausura dentro di me. Tu sei esperto di clausura, infatti rimani nei tabernacoli visibili o nascosti senza accorgerti che passa il tempo, senza lamento, senza tristezza. In quei tabernacoli ti lasci raggiungere; da essi fai uscire la tua luce e il soffio della tua pace che inonda la mia clausura, che mi rende come aquila che vola in alto sulle distese del mondo intero.

 

6/04 lunedì santo - 1

I piedi profumati

I piedi profumati

Marta non aveva tempo di badare a quel che faceva sua sorella. Invece il fratello, quello che, senza accorgersi, per quattro giorni era stato al buio pesto e fasciato ben stretto, lui, al vederla rannicchiata dietro i piedi di Gesù, godeva e sorrideva sotto i baffi tra un boccone e l’altro.

La loro sorella, senza dir nulla, faceva una cosa quasi inutile, che però è diventata importante. Ha sprecato una fortuna! L’olio di nardo preziosissimo è finito sui piedi. Va bene che erano quelli di Gesù, ma pur sempre piedi. Questo spreco dà modo di parlare dei poveri, e poi di morte e di sepoltura. I poveri sono poveri, pare di capire, ma pare non apprezzino tanto il denaro, quanto l’amore, e prima di tutto proprio quello che Gesù donerà e dimostrerà con la sua morte. Il profumo invoglia tutti, poveri e ricchi (che sono poveri, anche se non lo sanno), a girar la testa verso di lui. E li stimola a farlo subito, prima di infilarlo nel loculo, come vogliono quelli che comandano a tutti. Essi vorrebbero pure far rientrare nel loculo colui che l’aveva già occupato, e ora in silenzio sta sorridendo sotto i baffi.

Se avessi una boccetta di nardo mi metterei in fila per fare anch’io come quella sorella, subito dopo di lei. Il nardo non ce l’ho, e non posso uscire ad acquistarlo, ma adesso vedo se trovo qualcosa di equivalente. Non importa se poi qualcuno mi isolerà ancor più di quel che sono di già.

 

5/04 Palme

L’ulivo

E il rametto d’ulivo? Hai ancora quello dell’anno scorso? Dove lo hai messo? Ti è servito? A cosa? Ti è servito a ripetere ogni giorno: “Osanna al Figlio di David”? oppure “Benedetto colui che viene”? o ti è servito a fare commedia, a far vedere agli altri che lo hai preso e che ce l’hai?

Oggi il rametto non lo puoi prendere e nessuno te lo porterà. Devi sostituirlo? Sì, con il desiderio. Il desiderio non di un rametto, ma di ciò che dovrebbe significare ed esprimere. La prima volta lo hanno preso in mano per manifestare la loro accoglienza gioiosa di Gesù, e per invitare gli altri a fare altrettanto.

La prima volta è stato un segno ‘missionario’: dire a chi c’era vicino che Gesù è importante come il pane e come il vino, importante per vivere e per essere contenti di vivere.

Oggi, e per tutto l’anno, non avrai il rametto. Così penserai come fare in altro modo a manifestare la tua fede e la gioia della tua fede, tutto l’anno!

 

Quando avrai pensato e deciso, puoi anche fare come in Canada, dove le famiglie appendono sulla porta di casa, all’esterno, un mazzetto di fiori: piccolo segno di gioia.

4/04

Abbatterli?

Saranno mio popolo”, è una bella promessa. Infatti è arricchita dalla continuazione: “E io sarò il loro Dio”. Quel popolo sarà davvero fortunato, anzi, benedetto, se potrà contare su Dio come su un alleato fedele e assolutamente importante. Questa promessa è preceduta da una notizia: “Non si contamineranno più con i loro idoli”. Dovranno anzi lasciarsi liberare “da tutte le ribellioni con cui hanno peccato”. Questi passi biblici diventano di facile lettura per noi, mentre stiamo attraversando un tempo di prova faticoso che ci riempie di incertezza, anzi ci fa sicuri che – passata la bufera – non saremo più come prima. Come saremo? Su cosa baseremo il nostro cambiamento? Cambierà solo qualcuno o cambierà l’intero assetto della società? Gli idoli e le ribellioni ci sono state, e pare ci siano ancora e che vengano persino programmate. Affinché anche per noi si avveri la promessa bisognerà non solo abbandonare, ma anche abbattere alcuni, molti, tuti gli idoli, e passare dalla ribellione all’obbedienza. A chi obbediremo? Ovviamente a Dio. A quale Dio? A quali sue parole? A quali suoi desideri?

Qualcuno li sa, qualcuno li immagina, molti li temono, io li desidero, e tu? 

 

3/04

Il soffio di Dio

Voi siete dèi”: che coraggio a pronunciare questa parola! Un coraggio del genere può averlo solo Gesù. Perché, e a chi la rivolge? Non a persone sante, anzi, la dice proprio a coloro che lo accusano di bestemmia e lo vogliono lapidare. Vuole giustificare così le proprie azioni e i propri discorsi. “Voi siete dèi” significa che gli uomini, dal momento che sono uomini, hanno una strettissima parentela con Dio, con il Dio vero: non sono stati forse creati dalla sua Parola, plasmati dalle sue dita e non hanno ricevuto nelle narici il suo soffio?

Il Dio vero è Padre che dà vita ad un Figlio: essi si donano e si accolgono l’un l’altro fino al punto da avvolgere del loro calore e della loro luce tutto il creato. Noi siamo raggiunti e impregnati da quel calore e da quella luce, tanto che anche noi siamo in grado di donarci e accoglierci a vicenda. E solo quando lo facciamo siamo contenti di vivere! Ciò che costituisce il vivere di Dio forma anche il nostro vivere. Perciò dire “Voi siete dèi” equivale ad affermare «voi siete amore», cioè «siete anche voi in grado di donarvi l’uno all’altro e di accogliervi l’un l’altro. Non siete lontani da Dio, anzi. Non siete voi Dio, ma siete coinvolti da lui, vivete del suo respiro, nel suo Spirito». Cercherò di ricordarmelo, e quando ti incontro penserò: «Io sono dio che si dona e accoglie una altro dio, plasmato dal Padre nostro che respira il suo soffio». 

 

2/04

Dimenticanza?

Per vari secoli il giorno di sabato era il giorno in cui i cristiani si recavano in chiesa a confessarsi. Quando io ho compiuto diciott’anni era ancora così. Poi pian piano le cose sono cambiate. Forse che i cristiani non commettevano più peccati? O è stata solo dimenticanza? Tornerà la memoria? Sì, quando rinascerà e si rafforzerà l’amore. È l’amore che porta una persona a chiedere perdono, è l’amore a Gesù che ti porta a inginocchiarti per dire: “Pietà di me, peccatore”. E aggiungerai non solo la promessa che non commetterai più il peccato, ma che rinnoverai l’amore: “Rinnova in me uno spirito saldo”, così “insegnerò agli erranti le tue vie”, invoglierò anche altri peccatori ad amarti. Ogni sabato il primo tuffo nella misericordia, così che la domenica ti immerga nell’Amore! 

 

1/04

Santo santo santo”!

Lo canti anche tu? Quando potrai tornare a Messa canterai con attenzione e con gioia “santo santo santo”. Perché con attenzione e con gioia? Semplice: perché questo canto è l’accompagnamento al canto degli Angeli. Sono essi che cantavano così nel Tempio di Gerusalemme e cantano sempre nella Gerusalemme celeste. Saremo attenti ad accompagnarli, molto attenti, altrimenti li facciamo stonare. E canteremo con gioia, perché questa la vede Dio, il Padre. Egli non gode dell’armonia delle voci e dei suoni dell’organo o delle chitarre, ma gode di ciò che vede nel tuo cuore. Vedrà che sei contento di lui, della sua Presenza e dell’opera del suo amore, e soprattutto del suo Figlio Gesù. Esercitati, fa’ allenamento di canto per quando tornerai in chiesa.

 

 

31/3

Sul digiuno. Detti dei Padri.

Abba Isidoro disse: “Se osservate l’ascesi di un regolare digiuno, non inorgoglitevi; ma se per questo vi insuperbite, mangiate carne! È bene per l’uomo mangiare carne, piuttosto che inorgoglirsi e vantarsi”. 

Abba Menas disse: “Non mi dire, fratello, che hai trascorso trent’anni senza mangiare carne; ma ti prego, figlio mio, dimmi la verità: quanti giorni hai trascorso senza dir male di tuo fratello, senza giudicare il prossimo e senza far uscire dalle tue labbra una parola inutile?”. Il fratello si prostrò e disse: “Prega per me, padre, affinché io cominci”. 

Abba Iperichio disse: “È cosa buona mangiare e bere vino, e non mangiare con la maldicenza la carne dei fratelli”.

 

30/03

Si mise a scrivere col dito per terra”. Scrivere col dito per terra? Che cosa scrive? E per chi? Non è inutile? Non è antiigienico? Stanno aspettando che parli, e lui perde tempo a giocare con la polvere.

È vero: perde tempo, oppure prende tempo, o ancora lascia tempo a quella cattiveria, che gode della morte, di accorgersi di se stessa. Anche la donna gode di quel tempo perso. Anche lei approfitta di quel tempo per affidarsi alla parola di colui che continua a star zitto, ostinatamente zitto.

Finalmente lui si alza in piedi e pronuncia il verdetto contro il peccato. Sì, contro il peccato, ma il peccatore è salvo. Ogni peccatore, non solo la donna, anche gli altri, tutti, che finalmente scoprono di essere peccatori, possono andarsene senza sassi nella schiena.

Alla fine risuona solenne: “Non peccare più”. Il peccato non ha spazio, non ha posto, non è fatto per gli uomini. Essi devono stare vicini a quel Dio che ha mandato quest’uomo. Questo infatti significa “Non peccare”: non arrischiarti ad allontanarti dal Padre e non azzardarti a vivere senza il respiro del Figlio. 

 

29/03/20

Manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni”, dice la sorella del morto. Ha ragione, è proprio così, tutti lo possono testimoniare. Ma ormai è in viaggio la fede, la fede e la preghiera di quell’uomo che è tornato dal luogo dove era fuggito, vista la taglia ormai fissata contro di lui. E non è per orgoglio, per far vedere una fede sicura, ma per aiutare quella ancora incerta e dubbiosa delle due sorelle del morto e dei propri cosiddetti discepoli, e quella che deve ancora nascere in me.

Gli ubbidiscono: “Tolsero dunque la pietra”. E adesso? Fazzoletto al naso. Lui, il Signore, no: lui alza le mani e la testa, apre ben bene gli occhi, formula un ringraziamento, e grida. Ordina al morto di uscire. Potrà il morto udire l’ordine che gli è dato? No certamente: è morto! Ma la parola pronunciata da Gesù ha il valore e la capacità della Parola di Dio: è creatrice.

Ed ecco, il morto ubbidisce, appare là dove prima stava la grande pietra. È tutto fasciato come da bambino, e ancora di più. Gesù non va a togliergli le bende. Lo fa fare ai presenti increduli. Ancora increduli? Probabilmente sì, perché la mia fede ha bisogno di un cammino lungo e di molte esercitazioni per abbandonarsi al Padre e vedere Gesù come la mia vera vita, cioè risurrezione. Sarà vera la mia vita quando, con lui e come lui, amerò “fino alla fine”, perché “Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli” (Gv 3,14). La nostra vita profumerà il mondo, come e più dell’incenso del tempio e del nardo che Maria ha deciso di versare sui piedi di quel Gesù che è tornato per dare vita, non tanto a suo fratello morto, ma a lei che si riteneva viva.

 

28/3

"Tra la gente nacque un dissenso riguardo a lui”: e non è finita lì. Il dissenso c’è ancora nell’aria. Più d’uno sa o crede di sapere tutto su Gesù, anche ritenendo vere insulse fandonie, fondate sulla fantasia di romanzi letti come fossero libri storici. Oppure nemmeno fondate su fantasie, bensì su calunnie scientificamente inventate. Le guardie incaricate dell’arresto si sono fermate: chi le ha bloccate? Avevano ancora un po’ di buon senso. Hanno ascoltato i suoi discorsi con le loro orecchie e hanno capito che colui che avrebbero dovuto arrestare, non solo non era pericoloso, ma era addirittura più sapiente dei loro capi. Hanno rischiato grosso.

La cosa non è cominciata qui. Già lo sapeva Maria, la madre. L’aveva detto a lei e a Giuseppe quel Simeone incontrato per caso più di trent’anni prima, quando il suo Bambino aveva quaranta giorni: guarda caso, proprio in quello stesso luogo, sul piazzale del tempio. «Tuo figlio ti terrà l’animo in sospeso: egli è infatti uno spartiacque». Da questa parte chi vuole ascoltare con amore Dio e si fa umile, di là chi si gonfia di orgoglio, ascolta se stesso e le proprie conclusioni su quella Parola che trasforma in legge inflessibile. Da quel dissenso continua a prender l’avvio una fobia, dalle il nome che vuoi.

 

27/3

I divertimenti del diavolo. (Sapienza 2)

Tendiamo insidie al giusto”. Cerca di divertirsi anche il diavolo? Che cosa mai può farlo sghignazzare? E poi, cerca anche lui compagnia per i suoi divertimenti? Pare proprio di sì. Quel che fa, pare si diverta a farlo fare a qualcun altro, a un uomo possibilmente. Suo divertimento pare siano le lacrime e i gemiti di chi non lo asseconda. “Se il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto e lo libererà dalle mani dei suoi avversari. Mettiamolo alla prova con violenze e tormenti”. Lo divertono violenza e tormenti insieme a derisioni del credente. Le derisioni ovviamente riguarderanno non le scarpe, bensì la fede: «Vediamo se crede davvero. Se è vero credente sopporterà tutto con pazienza, senza lamentarsi: è suo mestiere soffrire!». «Dal momento che va in chiesa possiamo arrabbiarci con lui, approfittare della sua bontà, chiedergli favori senza ringraziarlo, mangiare alle sue spalle, ingannarlo a nostro profitto». I divertimenti del diavolo! “Condanniamolo a una morte infamante”: arriva proprio fino in fondo. Almeno i suoi aiutanti uomini dovrebbero fermarsi e accorgersi che stanno sbagliando. Ma se non “credono a un premio per una vita irreprensibile”, nessuno li fermerà. E noi? Noi continueremo ad aggrapparci alla croce di colui che è stato condannato “a una morte infamante”.

 

26/3

Esodo 32

Il vitello e l’oro (Esodo 32)

Si sono fatti un vitello di metallo fuso”: così Dio si lamenta con Mosè. Questi per quaranta giorni non si è fatto vedere dal popolo, si è ritirato in quarantena, una quarantena di silenzio e di preghiera sul monte. E il popolo ne ha approfittato, o almeno qualcuno tra loro si è fatto promotore di una novità, e tutti lo hanno ascoltato. La novità è: «Siccome Mosè non c’è, nemmeno il suo Dio è presente. Noi abbiamo bisogno di un Dio, di un riferimento sicuro, e quindi ce lo facciamo. Lo faremo come un vitello, un torello, con le corna robuste e muscoli vigorosi: il nostro Dio dev’essere potente ed energico. Non importa se senza sapienza e senza amore. E poi sarà di oro, perché vogliamo un Dio che ci fa ricchi. Saremo ricchi e potenti, non importa che fine faranno i deboli e se cominceranno ad esserci i poveri». E avanti con le danze e la festa della birra davanti al nuovo compiacente Dio, che permette tutto. Persino Aronne, il sacerdote si lascia coinvolgere.

Mosè ha le mani cariche della gioia dell’unico Dio vero, ma ora deve manifestare l’ira, e poi non può fare altro che tornare ad incontrare quel Dio che il popolo ha offeso e abbandonato. Un’altra quarantena di preghiera. Tra il popolo torna la pace, ma dopo una strage di uomini di quel popolo, che “non aveva più freno” (25). Nessuno più dovrà sfoggiare ornamenti d’oro, che non venga la tentazione di ripetere la fusione del metallo. Anche Aronne, il sacerdote, ha imparato la lezione. Pare che tutti abbiano capito, almeno fino alla prossima tentazione.

 

 

25/3

La voce d’un angelo

Chissà come si ascolta la voce di un angelo! Con quali orecchie? Fatto sta che è proprio un angelo di Dio, ma non di un Dio normale, bensì del Dio d’Israele, quello che noi chiamiamo Padre. Non se l’aspetta Maria, una ragazza inesperta di voci di angeli, ma non inesperta della Parola di Dio. Infatti già alla prima parola rimane scossa. E sì che non è una brutta parola, e nemmeno difficile. “Rallegrati!”, un comando cui non si può disubbidire.

La gioia verrà dopo, ma intanto un turbamento: quella parola è quella che i profeti continuano a ripetere a tutto il popolo. Nella sinagoga, da dietro la tenda dove rimaneva nascosta con le donne, lei l’aveva udita molte volte pronunciata dai lettori. L’unica gioia annunciata al popolo è quella che fa esultare per l’arrivo del Messia, l’Emmanuele, Dio con noi.

Perché adesso questo comando è rivolto a lei sola, in casa sua? E per di più dalla voce d’un angelo? C’è giustificato motivo di turbarsi. È una gioia che le toglie la vita! Non sarà più sua la vita, ma di colui che deve venire, e per di più del tutto sconosciuto, non solo a lei, ma anche a quel popolo che l’attende. Sarà una gioia da vivere dentro un’infinità di rinunce e sofferenze. Queste cominceranno ben presto, non appena l’angelo sarà partito: infatti non rimarrà a lungo e non tornerà. Resterà molto buio attorno alla nuova gioia di Maria, e resta soltanto il ricordo della voce che le chiede obbedienza alla Parola: “Rallegrati”!

 

 

24/03/20

Martiri attuali

La sofferenza per le migliaia di malati e di morti, e di famiglie che non possono contattare i propri infermi, non ci fa dimenticare i nostri fratelli e sorelle che nell’ultimo secolo sono stati uccisi per la fede o per il loro esercizio della carità cristiana nelle molte Missioni della Chiesa. Tra essi il Vescovo Sant’Oscar Arnulfo Romero, del cui sacrificio ricorre oggi il 40° anniversario, il beato Mario Borzaga di Trento, e molti molti altri in tutte le parti del globo.

La Chiesa viene ancora odiata e osteggiata come ai tempi di Santo Stefano, perché il suo Capo è ancora Gesù, il cui amore ai peccatori ha suscitato invidia, e questa è riuscita a ricattare la debolezza di Pilato, che si affidava ai potenti e non alla forza della verità.

L’inimicizia contro la Chiesa, sempre presente, non ci scoraggia, anzi ci sollecita a intensificare la testimonianza della gioia per colui che vive in noi, opera in noi, ci fa amare i fratelli e anche i persecutori con lo stesso amore, che è quello che riceviamo ogni momento. Gloria e onore, adorazione e rendimento di grazie all’Agnello immolato, a Gesù!

 

 

24/3

Trentotto

Erano molti gli infermi sotto i cinque portici della piscina. Molta la sofferenza degli uomini. Eppure solo una ha toccato il cuore di colui che passava: la sofferenza della solitudine. “Non ho nessuno che mi aiuti”, ha detto quello che da 38 anni nonostante tutto perseverava a sperare. Trentotto anni non sono bastati a fargli perdere la speranza.

Si è alzato, ha ubbidito, ha liberato il posto occupato dalla sua barella.

Non peccare più”, ha aggiunto lo sconosciuto. Che significa? Semplice: «Non arrischiarti a vivere lontano dal Padre che è nei cieli, non azzardarti a ignorare colui che egli ha mandato».

Ai 38 anni ti manca un due per fare quaranta, cioè per completare l’opera di Dio in te, direbbe S. Agostino. Ti mancano l’amore di Dio e l’amore del prossimo. E io aggiungo: ti manca la costanza dell’unione col Padre e dell’obbedienza al Figlio. Prega per me, perché io ho sempre 38 anni: non riesco mai a superarli!

 

 

24/3

A proposito del cieco nato, Gv 9:

Gli ha sporcato le palpebre con il fango. Cosa pensava il povero cieco? Ahimè, che brutto scherzo!

E gli ha anche detto di andare giù, in fondo alla discesa, abbastanza lontano, a lavarsi gli occhi. È un dispetto? E perché così lontano? E se cade nella piscina, lui che non ci vede? Pensava: “Almeno verrà lui ad accompagnarmi”. E invece no! Il povero cieco deve cercare qualcuno che gli faccia strada fino a Siloe. Deve impegnare altre persone, perché da solo non ce la può fare. Occupare varie persone, far fare a tutte un’obbedienza strana come quella, chissà perché! Deve farsi servire, e altri devono servirlo senza vergogna. Tutti devono imparare che nessuno da solo può cavarsela. Che un atto di fede, o fiducia, va condiviso. In tal modo anche quelle persone saranno testimoni di un fatto inaspettato e impensabile. Ma Gesù, dov’è rimasto? Perché non è andato anche lui alla piscina ad assistere al bell'evento?

Il cieco non più cieco, con gli occhi belli puliti, ora se la cava egregiamente anche con quelli che sanno tutto, che sono sicuri di sé e delle proprie certezze ancorate al passato. Lui adesso è sicuro di quel Gesù che lo ha amato e gli ha aperto il futuro. Il passato di leggi e leggine rimane lì, vinto dall’amore. E nessuno riesce a smuoverlo, benché abbia sempre fatto il mendicante, piuttosto si lascia scacciare. Solo con Gesù! 

 

23/3

Coincidenze?

Strana coincidenza? Il funzionario l’ha notata. Suo figlio è guarito proprio nell’ora in cui quel Gesù, incontrato a Cana, gli ha detto: “Va’, tuo figlio vive”. Coincidenza casuale?

C’è da dire che appena Gesù ha pronunciato quella parola, lui, ragguardevole funzionario del re, ha ubbidito, si è avviato verso casa, che distava almeno quaranta chilometri. Quindi la coincidenza è triplice: 1parola pronunciata da Gesù, 2ubbidienza fiduciosa del padre, 3improvvisa guarigione del figlio.

Non dimenticherò questi particolari, soprattutto il secondo.

 

 

22/3

In Paradiso

Ho trovato chi si lamenta di non poter partecipare ai sacramenti.

Buon segno, ma lamentarsi non è mai buon segno!

Gesù non ci lascia soli. Ci vuole dire che lui è

prima e dopo,
sopra e sotto,
davanti e dietro,
a destra e a sinistra.

Ora siamo come saremo in Paradiso,
dove non ci sono i sacramenti, ma c'è lui solo.
E saremo in tal modo nella gioia vera. Maranatha!

 

 

20/3/2020

Amerai

Qualcuno mi ha chiesto di scrivere ancora... eccomi. Non dico nulla sulla situazione drammatica in cui viviamo, per la quale possiamo pregare, e fare il possibile, per quanto ci concerne, di convertirci e convertire a Dio Padre le situazioni e organismi in cui ci troviamo.

Invece... oggi Gesù parla del 'comandamento più grande' che fa da fondamento a tutti gli altri. "Amerai...".

Amerai con tutto il tuo cuore il tuo Dio. Come? amando il tuo prossimo. Sono le due facce della stessa moneta. Se hai una sola faccia, o se la moneta che hai ha una sola faccia, non hai niente.

Amerai Dio con tutto te stesso servendo il prossimo.

Amerai il prossimo con l'amore che solo Dio può darti.

Non ci sono altre strade, non c'è un amore neutrale.

ritorna