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AD SANCTAS AURES

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Campanile di Tavodo, croce sul timpano della chiesa di Konya, antico minareto di Konya

  

AD SANCTAS AURES

  

LA FRATERNITÀ GESÙ RISORTO

A KONYA

STORIA DELLA PRESENZA DELLA FRATERNITÀ GESÙ RISORTO

A KONYA

  

Il titolo “Ad sanctas aures” (“Alle sante orecchie”) sono le parole iniziali della Lettera che San Vigilio († 400 ca) scrisse a San Giovanni Crisostomo († 407) per comunicargli il martirio dei santi Sisinio, Martirio e Alessandro († 397), provenienti dalla sua terra, e per accompagnare con essa alcune delle loro ossa, Reliquie da lui raccolte a Mecla in Anaunia, sul luogo dove, in mezzo alle fiamme davanti all’idolo di Saturno, diedero testimonianza al Signore Gesù Cristo.

Con questo titolo vorremmo onorare sia il Vescovo San Vigilio che i Martiri. È grazie a loro, alla loro testimonianza, al loro dono, che ha ricevuto ispirazione e si è compiuto il servizio della nostra presenza a Konya, l’antica Iconio, per ventisette anni circa.

Desideriamo continuare a vivere secondo il loro esempio: per loro infatti Gesù fu tutto, ispiratore della vita e forza per affrontare e sopportare le difficoltà di ogni giorno e resistere alle provocazioni frequenti e subdole del nemico dell’uomo, rispondendo ad esse con prudenza e mitezza evangeliche.

Don Vigilio Covi con i fratelli e le sorelle

della Fraternità Gesù Risorto


LA PRESENZA DELLA FRATERNITÀ GESÙ RISORTO

A KONYA

(dal 7/3/1995 al 9/1/2022)

Abbiamo concluso il nostro servizio in Turchia, a Konya. È durato ventisette anni: pochissimi, se pensiamo alle presenze secolari di molti Ordini religiosi; molti invece, se consideriamo la esiguità della nostra Fraternità e l’inadeguatezza delle nostre persone.

Come è cominciato? Perché lo abbiamo iniziato? Che cos’è successo durante questi anni?

Con le pagine seguenti tentiamo di dare risposta a queste domande. Chissà che non contribuiscano a suscitare ancora ‘qualcosa’ nella Chiesa santa di Dio!

***

ISPIRAZIONE E MOTIVAZIONE DELL’INIZIATIVA

L’Arcidiocesi di Trento, all’inizio anni ’90, si apprestava a celebrare nel 1997 il 1600° anniversario del martirio dei santi patroni Sisinio, Martirio e Alessandro, avvenuto il 29 maggio 397.

La comunità di San Valentino in Ala aveva avuto l’intuizione che compiere celebrazioni è bello e utile per il Regno di Dio, ma che si potrebbero ringraziare i Martiri restituendo il dono: come essi hanno fatto per la nostra terra, così si potrebbe trovare qualcuno che viva la nostra santissima fede nella loro terra, la Turchia, oggi carente di segni e di presenza. In loro, uniti al Vescovo San Vigilio, riconosciamo i Fondatori Spirituali della nostra Diocesi. Essi venivano quasi sicuramente da uno dei Monasteri della Cappadocia: la loro vita, descritta da San Vigilio nelle sue due lettere (a San Sempliciano di Milano e a San Giovanni Cristostomo a Costantinopoli), riflettono infatti gli insegnamenti scritti nelle «Regole» di San Basilio, che allora viveva e pregava come vescovo di Cesarea (329-379), capitale di quella regione.

Quella Fraternità ha manifestato questo pensiero, offrendo la propria disponibilità, all’Arcivescovo di Trento Giovanni Maria Sartori verso la fine del 1992. L’Arcivescovo gradì il progetto e consigliò di andare a vedere.

Come fare? Hanno condiviso con la nostra Fraternità questo pensiero, chiedendoci appoggio. Dovendo presentarsi a Vescovi, sacerdoti e religiosi, hanno chiesto al sacerdote presente nella nostra Fraternità di accompagnarli.

Dal 26 gennaio al 6 febbraio 1993 hanno visitato luoghi e città significative, contattando Vescovi, sacerdoti e religiosi. Il Signore ha benedetto e condotto questo primo viaggio, faticoso per le temperature fredde di quei giorni e per l'assoluta ignoranza di lingua e costumi...

Gran parte di questo opuscolo lo dedichiamo a riportare la cronaca quotidiana scritta in quei giorni e trasmessa, quando si poteva, via fax alle comunità di partenza. Rileggerla dopo quasi trent’anni ha fatto bene a noi, e sarà utile anche a te certamente.

Ci pare doveroso ricordare con riconoscenza le persone incontrate in quel viaggio. Sono quelle che ci hanno incoraggiati e informati sulla situazione delle varie Chiese e della presenza dei cristiani in Turchia. Tra essi: a Istanbul il domenicano P. Lorenzo Piretto, ora Arcivescovo emerito di Smirne, la comunità degli Identes, il Conventuale p. Alfonso, Mons. Pelàtre, ora Amministratore Apostolico emerito di Istanbul, le Piccole Sorelle di Gesù, il cappuccino p. Adriano, il focolarino Gerard; a Smirne i cappuccini Mons. G. G. Bernardini, allora Arcivescovo di Smirne, p. Michele, p. Benigno e p. Costantino; i domenicani p. Giulio, p. Stefano, p. Paolo, i Fratelli delle Scuole Cristiane, le Suore di Ivrea; a Efeso il cappuccino P. Joe e le Suore della Carità; a Ankara gli Assunzionisti P. Giuseppe Bosio, p. Jakob Xavier e p. Nuss. Tutti furono concordi nell’esortarci a realizzare il progetto, riconoscendolo dono del Padre. Ora molti di loro ci guardano dal cielo, sorridendo per questi ricordi.


CRONACA del VIAGGIO ESPLORATIVO IN TURCHIA

1993 dal 25/1 al 6/2

25.1 Conversione di S. Paolo

Celebrata la S. Messa della conversione di S. Paolo nella cappellina di S. Valentino e fatta colazione, partiamo, ben carichi di bagagli. Siamo Gianfranco, Davide e don Vigilio.

Gianfranco al volante se la cava bene anche quando inizia a preoccuparci la nebbia abbastanza fitta. Arriviamo superpuntuali a Lugagnano (VR), dove Gerardo - amico dei fratelli di san Valentino - sta attendendoci sulla strada. Entra anche lui in macchina, in grembo a Davide, davanti. Ci terrà poi la macchina in custodia a casa sua fino al nostro rientro.

All'aeroporto, sorpresa! Non ci sono voli, causa la nebbia. Ci portano in pullman a Venezia, molto gentilmente, dove, altrettanto gentilmente ci fanno aspettare sull’aereo fermo. Intanto il tempo delle coincidenze romane passa…!

Finalmente si vola! Arriviamo a Fiumicino all'ora in cui il volo della Turkish Airlines per Istanbul dovrebbe decollare. Ma ci aspetta: facciamo una corsa da un capo all'altro dell'aeroporto e arriviamo, sudati e stanchi, a sederci: tutti i finestrini sono nostri, dato che l'aereo è quasi vuoto. Anche questo un dono del Padre!

Ne approfittiamo per cercare di vedere dall’alto il Monte Athos: e lo vediamo! Siamo contenti e commossi: ci immaginiamo i santi monaci ed eremiti della Santa Montagna.

A Istanbul cerchiamo di trasformare la babele delle lingue in voci amiche: una parola in inglese, due in francese e quattro in tedesco: ce la caviamo. Ci sono persone gentili e disponibili. Facciamo già il biglietto per il volo di dopodomani per Izmir. E quindi col Bus attraversiamo la città fino al quartiere di Karaköy, davanti alla Galata Kulesi.

Gli ultimi cinquecento metri a piedi, con valige sempre più pesanti; ed eccoci finalmente alla chiesa dei Santi Pietro e Paolo. Ci accoglie P. Lorenzo, domenicano: molto ospitale, ci accompagna nelle stanze: una per ciascuno. Finalmente, alleluia!

Gianfranco non perde tempo. Subito un colloquio a quattro, impegnativo per noi e anche per P. Lorenzo, che sembra preso alla sprovvista: Gianfranco infatti lo informa del motivo del nostro viaggio e gli chiede cosa sente nello Spirito... per noi.

“Un po' di tempo, per favore, e di preghiera”, prima di risposte cosi impegnative e inattese.

  1. Lorenzo si fa in quattro per aiutarci e prenotarci telefonicamente appuntamenti e incontri con varie persone, persino col suo Vescovo e con altri di cui noi non conoscevamo nemmeno l'esistenza.

Egli ci informa che la Turchia è terra ospitale. I contatti persona-persona sono molto buoni. Basta non toccare Maometto. Ma, essendo i turchi molto curiosi, c'è da attendersi d'essere interrogati e di poter così rispondere a molte domande per annunciare il Vangelo.

La gente - i giovani in particolare - sono molto sani ancora. C'è pressione dall'esterno (Iran e Arabia) per islamizzare la Repubblica, che costituzionalmente dagli anni '20 e 'laica'. È difficile perciò avere permessi di soggiorno, e questi durano al massimo un anno: ma il Signore è capace di aprire strade inaspettate.

Recitiamo insieme i Vespri della conversione di San Paolo e poi P. Lorenzo ci riscalda la cena. Dopo cena - abbondante e buona - andiamo subito a letto. Sono quasi le 22.

26.1

Ci alziamo alle 6. Recitiamo l'Ufficio in stanza e poi le Lodi e la S. Messa con P. Lorenzo in una sagrestia della chiesa parrocchiale: è un ambiente che può essere riscaldato e che sostituisce la chiesa in restauro.

Dopo colazione viene a trovarci Gérard, francese, uno dei focolarini che sono qui a Istanbul. I focolarini sono stati invitati dal Patriarca Atenagora e poi dai suoi successori. Sono qui semplicemente, ma sono punto di riferimento e di animazione "cristiana" per tutti i cristiani di ogni rito cattolico e di ogni confessione cristiana. Domani andranno al sud della Turchia per incontrare un gruppo di Gen3 turchi: così si preparano i cristiani di domani.

Qui a Istanbul oltre al Focolare maschile, composto di tre fratelli, c'è quello femminile con quattro sorelle e in un'altra zona c'è anche un sacerdote focolarino oriundo di Rovereto, don Antonio.

Con Gérard nasce una bella comprensione e profonda unità spirituale.

Egli poi ci accompagna a vedere dove si trova la Chiesa di S. Antonio: là dovremo recarci poi da soli al pomeriggio per incontrare il Superiore dei Conventuali e il Vescovo latino di Istanbul, mons. Luigi Pelàtre (Amministratore Apostolico da pochi mesi, Assunzionista). Così impariamo la strada. Ci resta tempo di fare una passeggiata fino al Corno d'oro, ammirando negozi, povertà e industriosità dei turchi. Usiamo l'ombrello, ma riusciamo ugualmente a scattare qualche diapositiva.

Per le ore 13 siamo di ritorno a pranzo. C'è anche P. Andrèe, padre Assunzionista, parroco di Kadiköy, antica Calcedonia, al di là del Bosforo.

Dopo un breve riposo e ora Nona, usciamo per recarci a S. Antonio, chiesa molto frequentata anche dai Turchi musulmani, che sono molto devoti di questo santo.

Incontriamo il superiore, P. Alfonso, maltese, che parla però molto bene l'italiano. Egli è qui da dieci anni. Ascolta con interesse, attenzione e gioia il motivo del nostro viaggio: avere elementi per discernere se è volontà di Dio o immaginazione dell'uomo il pensiero di venire una comunità in Cappadocia, o comunque in Turchia.

Ci racconta varie sue esperienze per lasciarci comprendere come ci sia apertura e interessamento da parte di vari turchi musulmani verso la fede cristiana. Egli vede la necessità grande e urgente della presenza di qualche comunità contemplativa.

Tolte le piccole Sorelle di Gesù, non ce ne sono altre in tutta la Turchia. E, secondo lui, sono quelli che pregano che aprono il cuore dei musulmani (com'è scritto nel Corano). Anche per i cristiani una presenza contemplativa è necessaria: si sentirebbero accompagnati dalla preghiera continua di una comunità, perché tutti sono convinti che non è l'agire che converte i cuori, ma il Signore.

Chi venisse qui dovrebbe essere preparato e conoscere pure la lingua per poter incontrare la gente del Paese, e non solo gli stranieri che qui risiedono per vari motivi. È difficile avere i permessi di soggiorno: bisognerebbe avere un lavoro, e questo potrebbe essere il tenere aperta una chiesa, che altrimenti dovrebbe essere chiusa e andrebbe perduta per sempre.

È bello ascoltarlo: è un uomo spirituale cui preme il Regno di Dio. Ci racconta che in Istanbul e in Turchia esistono ben cinque chiese cattoliche di riti diversi e altre sette denominazioni cristiane, senza contare sette e gruppuscoli col nome cristiano (Testimoni di Geova compresi!) I cristiani sono pochi, - ci dice -, ma molto ben divisi.

È familiare, con una grande fede. Ci offre il vino fatto da un suo confratello.

Alle sei arriva il Vescovo, Mons. Louis Pelàtre. Gli raccontiamo tutto..., ma lui vuol sapere di più: chi siamo, che storia abbiamo, come vive la comunità, come è composta.

È molto attento e interessato, e contento del nostro desiderio. Secondo lui una comunità cattolica che viva pregando nel nascondimento è il bisogno del momento per la Turchia e per Istanbul. Gli spiace moltissimo che le Carmelitane abbiano dovuto chiudere e andarsene. È contento delle Piccole Sorelle di Gesù, che si fanno amare persino a Konya, dove c'è molto estremismo musulmano.

Egli desidererebbe per la sua diocesi una comunità che non abbia 'attività'. Ciononostante dovrebbe conoscere la lingua e integrarsi nella cultura e amicizia turca. Altrimenti potrebbe crearsi si un gruppetto di amici, ma molto limitato e chiuso, formato solo da chi conosce la lingua d'origine.

Chi venisse qui non dovrebbe attendersi nulla, né conversioni né altro. Queste sono molto difficili, anche se non impossibili. Chi si converte è visto dai connazionali come un traditore, anche se non viene ucciso come nei paesi arabi: tuttavia gli vien negato il lavoro e resa quasi impossibile la vita.

Prima di lasciarci ci dà volentieri la benedizione, che chiediamo, e accetta di farsi fotografare con noi. Ci chiede di pregare per un incontro con i neocatecumenali, che gli creano problemi ecumenici. Essi hanno formato un gruppo dove sono presenti cristiani di varie confessioni cristiane, nessun cattolico, e i loro vescovi si lamentano.

Il problema ecumenico è forte. Ci sono rapporti buoni, ma ci vuole sempre uno spirito veramente aperto e disponibile.

Ci congediamo dal vescovo molto amichevolmente e fraternamente, con gioia. Egli si augura che il Signore ci porti qui.

Torniamo all’ora di cena e dopo aver recitato i Vespri ci ritiriamo. P. Lorenzo organizza gli incontri di domani, e noi, con un ombrello in meno (sparito dal parlatorio di S. Antonio) andiamo a letto!

27.1

Ci alziamo alle sei e, come ieri, preghiamo insieme ufficio delle Letture e poi celebriamo Lodi e S. Messa con P. Lorenzo Dopo colazione ci rechiamo subito in un appartamento proprietà della parrocchia, dove abita una comunità di tre fratelli (di cui uno sacerdote, P. Efrem) spagnoli.

La comunità, nuova (avrà tra poco l'approvazione pontificia è stata fondata circa quarant'anni fa nell'isola di Tenenerife da un sacerdote che ha avuto una rivelazione a 16 anni. Ora la comunità è diffusa in tutta l’America del Sud, negli USA, in Europa (anche in Italia).

Si chiama Identes, da 'andare’. I membri emettono tre voti: perfezione (povertà. castità obbedienza), studio permanente e cattedra (insegnamento); scopo: portare Gesù negli ambienti di cultura, su tutte le cattedre, perché è Lai il Maestro! In gemere lavorano tutti come insegnanti, qui di spagnolo.

Il colloquio con loro (presenti qui già dal 1974) è molto intenso. Essi sono molto interessati a sentire il nostro tipo di vita e sono più che contenti di conoscerci e più che convinti che è proprio ciò che ci vuole ora per la Turchia. Anch'essi sono dispiaciuti per il fatto che non c'è nessun ordine o ambiente contemplativo, non c'è la testimonianza della preghiera. Ci sono molti religiosi di vita attiva, ma ciò che è ricercato dai cristiani e che è necessario è la preghiera, anche per il loro sostegno.

Ci offrono il caffè e noi doniamo loro il volume dei Santi Martini, un pacchetto di caffè e l'opuscolo “Raccontarono” che apprezzano moltissimo. Anche con loro scattiamo un paio di foto.

Lorenzo alle dieci circa ci preleva per accompagnarci dalle Piccole Sorelle di Gesù. Vi arriviamo in mezz'ora a piedi. Esse abitano un piccolo e povero appartamento. Qui vive solo una sorella. Sr. Arlette, perché all’altra non è stato rinnovato il permesso di soggiorno. Questa notte però sono arrivate le due sorelle che vivono a Konya: trascorreranno qui insieme un mese di vacanza. Una di loro si prende tempo per noi: è sr. Sofia, oriunda di Milano. Anche lei è molto contenta che dei fratelli pensino alla Turchia.

Ad Antakya (l'antica Antiochia) c'è pare un piccolo Fratello di Gesù, ma è da solo. Egli conosce molto bene la Turchia, perché è qui da oltre quarant'anni.

Sr. Sofia sostiene che è possibile star qui se si viene in povertà di spirito, non per convertire, ma per amare tutti, cristiani e musulmani. Secondo lei sarebbe impossibile vivere a Samsun o a Trabzon, perché là non vi è nessun cristiano. Lei non andrebbe.

Invece è favorevole ad una presenza in Cappadocia, dove per alcuni mesi all'anno passano almeno gruppi di turisti. Per essi è stata aperta da poco una chiesa nella valle di Göreme. La chiave è tenuta presso un albergo: i gruppi, se hanno un sacerdote, possono celebrarvi l'Eucarestia.

Le difficoltà per avere i permessi di soggiorno sono reali, ma si possono sormontare. Là dove la Chiesa si presenta come potenza viene rifiutata, non accolta. Ma dove essa si mette a servizio e ama, ottiene facilmente. Le Piccole Sorelle a Konya sono ben accolte anche dalle autorità, che quest’anno hanno dato loro il permesso di soggiorno senza chiedere ad Ankara! Importante è essere chiari, anche se molto diplomatici.

Ammiriamo la loro cappella, allestita in rito bizantino: preghiamo un attimo e poi ritorniamo a Ss. Pietro e Paolo, dove P. Lorenzo ci attende per il pranzo.

Alle 13.45 andiamo a prendere il Bus che ci porta all'aeroporto. Alle 16 ci alziamo in volo verso Izmir.

In aereo scrivo questi appunti.

Alle 17 siamo arrivati. Riusciamo a prendere l'autobus che attraversa questa grande città (due milioni e mezzo circa di abitanti) e ci porta vicino alla via in cui sorge la chiesa 'francese' di S. Policarpo.

Nella casa attigua alla chiesa abita mons. Bernardini Giuseppe Germano, Arcivescovo di Smirne e Amministratore Apostolico dell'Anatolia (Turchia est e sud) e il suo Vicario Generale, P. Michele, un Cappuccino reggiano di circa ottant'anni. Veniamo accolti con gentilezza e accompagnati nelle stanze, povere, ma... non manca nulla.

Noi ci raccogliamo a pregare un momento, quindi siamo chiamati alla cena che il Vescovo stesso ha preparato. Il Vicario è un 'tipo' allegro e ottimista, scherzoso e attento: fa da contrappeso alla serietà e al leggero pessimismo del Vescovo. Egli è in Turchia da 50 anni! Ha fondato la missione sul Mar Nero, che ora è pressoché abbandonata.

Il vescovo è qui da 35 anni. Desidererebbe riprendere la vita di convento (cappuccino) e soffre la necessità di star qui. Non è facile vederlo sorridere. È buono e servizievole. Dopo cena prepara pure la tisana e ci accoglie nel salotto. Visto il telegiornale italiano possiamo parlare un po' con lui e manifestargli lo scopo del nostro viaggio. Il racconto è interrotto da un fax da Digione (F): un gruppo s'è impegnato a pregare per questa missione.

Il vescovo insiste: a Samsun c'è una chiesa nel bel mezzo della città. È tenuta aperta da un turco, simpatizzante cristiano. Di cristiani c'è solo una donna anziana che attende la morte. Ma ora ci sono molti russi che vengono a commerciare. Per loro - che forse ricordano d'avere origini cristiane - sarebbe opportuno essere presenti. Chissà che non chiedano d'essere istruiti nella fede?

28/1 giovedì

Messa e Lodi alle 7.30. Decidiamo di trascorrere due giorni alla casa della Madonna a Efeso: il vescovo telefona e s'accorda col Padre della Casa. Poi forse proseguiremo per la Cappadocia e Samsun. Le distanze sono grandi, ma ben servite da pullman di linea. Domattina partiremo.

P. Michele poi ci accompagna in taxi a vedere la sua parrocchia: una chiesa con canonica grande e bella. Al sabato e domenica egli abita là, nel sobborgo di Buca (pron. Bugià), quartiere pieno di scuole, università, prigione e ospedale.

I cristiani si contano ormai sulle dita delle mani. E alcuni non frequentano mai la chiesa. Torniamo qui in episcopio poco prima di mezzogiorno.

A pranzo è stato invitato il Cappellano militare della Base americana della Nato. Ha portato il gelato! C'è un altro cappuccino ancora.

Nel pomeriggio p. Michele, con pace e disponibilità e gioia ci accompagna a trovare i suoi confratelli Cappuccini in un altro sobborgo lontano: Bayraklı. Andiamo in autobus.

Troviamo due anziani, p Benigno e P. Costantino. È loro ospite P. Adriano, più giovane, parroco a Istanbul, in una parrocchia vicina all'aeroporto.

I due padri anziani ci fanno vedere la loro chiesa e la casa, grande e bella, capace di ospitare gruppi. Nel loro quartiere ci sono solo cinque cristiani. Sanno scherzare e godere. Ci offrono il caffè e i limoni del loro orto. Sono contenti della nostra visita. P. Adriano in particolare gode del motivo del nostro viaggio.

Notiamo che quelli che sono qui da meno tempo hanno maggior coscienza dell'importanza della presenza umile, nascosta, di preghiera e testimonianza. Gli anziani sono tentati di rimpiangere il passato, quando i cristiani erano migliaia. Ora i cristiani sono per lo più "levantini", discendenti di commercianti europei.

Passiamo dai Fratelli delle Scuole cristiane: dato che è vacanza mancano tutti i fratelli, tranne uno che non parla l'italiano! Essi tengono una scuola per circa seicento alunni, di cui solo dodici cristiani.

P. Michele ci porta a trovare le Suore di Ivrea. Sei sorelle (tre sono assenti per esercizi spirituali, dato che ci sono due settimane di vacanze invernali delle scuole) tengono scuola materna (70 bambini) con sezione per cristiani e sezione per musulmani, e scuola elementare solo per cristiani (22 in cinque classi). Non possono avere cittadini turchi, nemmeno se cristiani, nella loro scuola elementare. Lo Stato li vuole formare direttamente in questi anni importanti.

Per questi ragazzi turchi cristiani le suore tengono catechismo alla domenica.

Esse sono molto fiduciose e serene, anche se in giornata è passata la polizia ad avvisarle di non aprire eventuali pacchi postali, perché potrebbero contenere esplosivo: temono attentati dagli integristi musulmani.

Le suore hanno esperienza di varie conversioni dall'Islam, difficili, ma non impossibili. L'Islam non dà risposte ai problemi vitali, è religione vuota anche molti giovani cercano.

Un P. Domenicano, p. Ivonne, ne contatta molti. Ora però non c'è, è partito per qualche giorno Le suore sono felici del nostro "disegno". E sperano di rivederci.

Riusciamo a far visita anche ai Padri Domenicani che tengono la Parrocchia più grossa della città: 650 parrocchiani, per lo più stranieri, che frequentano bene. Il superiore e P. Giulio, P. Stefano il parroco e fratel Paolo impegnato ora in cucina.

Dopo cena mons. Vescovo ci invita ancora a prendere la tisana. Ci scambiamo opinioni varie. In particolare egli ci fa conoscere le difficoltà con gli Ortodossi, anche col Patriarca, che del resto si dimostra molto aperto, più di altri vescovi ortodossi.

Ma c'è da fidarsi? Ci racconta l'incontro avuto col Papa, dove l'inviato del Patriarca ha usato espressioni dure e persino offensive per i nostri orecchi. Il Papa, dopo un po' di silenzio s'è alzato ad abbracciarlo: ed è stato applaudito da tutti i vescovi presenti.

Inoltre ci rende coscienti dell'impossibilità assoluta di dialogo con l'Islam.

Decidiamo nel frattempo di non pensare a Samsun, data la distanza e dato che là non troveremmo nessuno con cui parlare. Non siamo venuti per cercare un posto, ma solo per aver elementi per discernere la volontà di Dio.

29/1

Celebriamo Lodi e Messa col Vescovo e con lui facciamo colazione. Egli stesso mi accompagna all'agenzia Viaggi per cambiare il biglietto aereo da Izmir-Istanbul in quello da Ankara-Istanbul per il 4/2. Abbiamo deciso infatti di partire in pullman per la Cappadocia domenica sera, proseguire per Ankara e di lì tornare a Istanbul.

Poi il vescovo dispone che la sua domestica (Meryem) ci accompagni alla stazione per prendere il bus per Selçuk (Efeso) e fare i biglietti per Avanos (Cappadocia). È una donna molto gentile, aperta, e sa un po' di italiano; simpatizza forte per i focolarini, tanto che ha dato il nome 'Chiara' alla sua prima figlia. È curda, cristiana di rito caldeo.

Alle 10,30 parte il bus e arriviamo verso le 12 alla stazione di Selçuk. Un ragazzino, che parla tutte le lingue, ci fa da guida a trovare il capolinea degli autobus, dove dovrebbe attenderei P. Joe. In compenso mi faccio pulire le scarpe da lui - è il suo lavoro -: lavora molto bene.

Intanto P. Joe ci ha individuato: facciamo la conoscenza e saliamo sulla sua Renault. È un cappuccino maltese di 37 anni. È qui da due anni (dopo un'esperienza africana di sette), si sta inserendo bene nell'ambiente turco e desidererebbe ancor più, se non avesse freni. Ha una visione aperta e piena di fiducia: egli vede molto, molto lavoro da fare, perché non occorre andare verso la gente (e non si potrebbe); la gente viene in cerca. C'è chi si avvicina con curiosità, chi per bisogno, per chiedere, per avere una parola. I "preti" musulmani non sono avvicinabili né hanno nulla da dire. È importante perciò conoscere la lingua e avere grande apertura, senza voler convertire. È il Signore poi che suscita simpatia per la Chiesa e per la fede cristiana. Varie persone sono alla ricerca.

Egli ci accompagna sul monte alla Casa di Maria! Arriviamo alle 13. P. Joe ci fa gli spaghetti alla marinara! E poi ci accompagna nel bosco a vedere il luogo della Tomba di Maria (secondo una tradizione molto più antica di quella che la pone a Gerusalemme!).

Alle 17 recitiamo il Rosario e il Vespro con lui e con due suore francesi di San Vincenzo, che abitano qui a Meryem-ana. Sono anziane e danno qualche problema.

Uscendo dalla preghiera arrivano ancora alcuni uomini turchi e alcuni giovani per visitare la casa di Maria e pregare.

Noi restiamo un po' a contemplare il tramonto del sole sul mare. Vediamo l'isola di Samo (famosa per i vasi) e già qualche luce che si accende sul mare e sul monte della stessa isola.

Gianfranco ed io poi prepariamo il fax che p. Joe si è offerto di farci spedire da un turco, che lo fa gratis per amicizia! E Davide lo aiuta a cucinare i funghi che egli stesso ha raccolto. Alleluia! Grazie Signore Gesù.

Parliamo con P. Joe, che ci accoglie come un dono di Dio per lui. Si confessa e non dorme dalla gioia. Io non dormo dal freddo! E c'erano coperte nell'armadio, ma mi son dimenticato di guardare.

30/1 sabato

Ci alziamo alle 6. Dopo una mezz'ora di silenzio presenziamo alla S. Messa di P. Joe con le Suore francesi e alle Lodi in lingua francese. Dopo colazione celebriamo noi la S. Messa nella cappella della Casa di Maria. Piove e tira vento. Non si vede più il mare.

Facciamo un po' di ritiro sul testo dell'Annunciazione e della Visitazione: cosi ci suggerisce P. Joe. Maria ascolta e poi ha il coraggio di decidere la partenza.

La Parola di Dio ha su di lei il potere che ha avuto su Abramo: vattene dalla tua terra…

Piove ancora. Dopo pranzo scriviamo cartoline...

Siccome non piove più io e Gianfranco andiamo a prendere un paio di pietre e a scattare qualche foto sul presunto luogo della tomba di Maria. La terra copre l'apertura della grotta. Non si vede proprio nulla, ma si sa che è là. È un luogo che attira.

Alle quattro P. Joe si rende libero per accompagnarci a vedere le rovine di Efeso. Una città grandiosa e ricchissima! Vediamo l'Odeon, strade lastricate di marmo, il tempio di Adriano dove è iniziata la rivolta dei gioiellieri guidati da Demetrio contro Gaio e Aristarco, e il teatro immenso (25.000 posti) dove il popolo gridava: "Grande è l'Artemide degli Efesini!" (Atti 19,23).

Vediamo persino i servizi pubblici, la biblioteca, fontane, la via che scendeva al mare (scomparso col terremoto del 453.

Finalmente entriamo nella basilica del Concilio di Efeso (431), la prima chiesa dedicata a Maria. Nel battistero rinnoviamo anche noi la fede.

Ritorniamo, recitiamo il Rosario nella Casa di Maria e i Vespri. Siamo riconoscenti al Signore anche di questa visita, che ci rende più vicina la storia della chiesa primitiva; ci veniva continuamente alla mente il detto: "cosi passa la gloria di questo mondo"! È bastato un terremoto per distruggere tutta quella ricchezza e bellezza. Sono le ore 19.

Ricordo i fratelli che a Tavodo e a S. Valentino stanno iniziando la Veglia. Noi prepariamo la cena e poi andiamo a letto presto. P. Joe ci permette di fare una bella doccia: che grazia!

31/1 domenica: S. Giovanni Bosco. Onomastico di Gianfranco, dimenticato da tutti noi.

Preghiamo in silenzio e poi recitiamo le Lodi. Dopo colazione P. Joe ci accompagna a vedere ancora la Basilica di S. Giovanni con la sua tomba. Ci impressiona la bellezza dei resti e la grandezza di questa Basilica. Scattiamo molte foto e acquistiamo in ricordo calici di onice.

Alle 9.30 prendiamo l'autobus e alle 11 arriviamo a Izmir. In taxi arriviamo alla chiesa un po' prima della Messa, che si celebra in turco. Presiede l'Arcivescovo. Oltre a noi, ci sono una dozzina di persone, tra cui due uomini convertiti e battezzati da poco. Partecipiamo tutti con attenzione e devozione.

C'è una persona in più, un uomo che nessuno conosce e che fa pure la comunione. Poi se ne va...! Talora capita...

Dopo Messa ci fermiamo a salutare tutti molto familiarmente. C'è quasi tutta la famiglia di Maryam.

A pranzo, preparato dal Vescovo stesso con familiarità e semplicità, siamo presenti noi soli. Il Vescovo prende l'occasione per parlarci con molta libertà. Dopo pranzo stiamo con lui, mentre ci racconta gli inizi di un gruppo di preghiera in Francia, gli Oblati di S. Giovanni, che fanno capo a Pere Philippe, e che si impegnano a pregare Nostra Signora di Efeso. Il tutto è nato da un miracolo avvenuto a Meryem-ana nel 1986 a favore della moglie di un certo Claude di Parigi. Quest'uomo ora è tutto impegnato - come un bulldozer - a propagare la devozione.

Il vescovo fa la proposta di un gruppo simile in Italia.

Gli chiediamo se c'è la possibilità di vivere come comunità di preghiera in Cappadocia, dato che c'è ora una Chiesa 'aperta'. "Perché no?" Si tratta solo di trovare una formula per presentare la domanda plausibile alle autorità turche.

Si dovrebbe scegliere la via del turismo! Chiediamo informazioni per l'apprendimento della lingua, eventuali scuole...

Davide ed io facciamo una passeggiata lungo il mare, mentre Gianfranco va a riposare con un po' di mal di testa. Alle 18.30 il Vescovo prepara la cena. Dopo averci benedetti si offre di accompagnarci in tacsi" all' "Otogar" per prendere I' "Otobus" per la Cappadocia. Accettiamo. Con amore e confidenza egli ci accompagna sul pullman, dove rimane ancora con noi fino al momento della partenza, alle ore 20.

Dimenticavo: nel pomeriggio abbiamo avuto dal Vescovo una lezione di 'faxologia': ne abbiamo spedito uno a Tavodo e uno a Gerusalemme alle nostre sorelle che vivono un periodo al Getsemani. Con gioia abbiamo letto insieme quelli giunti da Tavodo.

In autobus un po' preghiamo per conto nostro e un po' dormiamo. Ci distrae un film turco. Durante il viaggio, comodo assai, ci preoccupa un po' la condizione della strada e del tempo: neve e ghiaccio sul fondo stradale e bufera di neve per qualche centinaio di chilometri. Gli autisti sono pacifici, prudenti e coraggiosi.

1/2 lunedì

Con due ore di ritardo siamo in arrivo in Cappadocia. Prima d'arrivare sale a bordo un agente turistico. Viene diritto da noi. Parla un po' di italiano. Ci propone di farci un programma di soggiorno e di accompagnarci in tutto nel tempo in cui rimarremo là. Ci fa una cifra che comprende tutto nel tempo in cui rimarremo: albergo, guida turistica, ingressi ai musei, biglietto di prosecuzione per Ankara. Dapprima siamo un po’ diffidenti. Poi ringraziamo il Signore che ci manda anche questo 'angelo’ anche se un po' colorito di interesse terreno. Ci risparmia molti pensieri, e, se ci imbroglia un po', almeno siamo imbrogliati una volta sola e non tutti i giorni da più d’uno! Scesi dal pullman questo signore,, di nome 'Bianco', ci accompagna nel suo ufficio e ci organizza le due giornate.

Provvidenziale davvero! Noi fino a quel momento non ci rendevamo conto delle distanze né delle difficoltà delle strade.

Ci sistema in un bell'albergo a Nevşehir. Poi viene a prenderci. Ci affidiamo alla guida che parla italiano abbastanza bene.

Su nostra richiesta questi ci accompagna all'unica chiesa rupestre dov'è possibile celebrare la S. Messa È ancora quasi sconosciuta. Semplice, ma bella, con varie croci a rilievo sulla roccia tenera, decorate in vario modo. La ci fermiamo due ore: pulizia dell'altare, Lodi, S. Messa col calice di onice, Ufficio e Sesta. Facciamo l'esperienza del freddo: alle mani, piedi, a tutte le ossa. E dire che quest'anno siamo solo a -10, non a-30 come l'anno scorso.

Siamo contenti di pregare in questo luogo. Anche le letture della S. Messa parlano di rocce, antri e burroni (Ebr.!).

Per grazia la guida viene a prenderci con un po' di anticipo e ci accompagna a pranzo in un locale tipico. Durante il pranzo egli comincia a curiosare nella nostra vita, nella nostra fede. Ci parla della sua e delle difficoltà e incongruenze che vi trova. È interessato alla Bibbia: l'ha letta quattro volte.

Gli parliamo del significato del matrimonio e del celibato e di varie altre realtà. Gli raccontiamo la storia del SS. Martiri. È interessato veramente e ci promette di farci visita in Italia, quando verrà a vendere tappeti.

Noi gli promettiamo qualche libro che lo possa aiutare, e un opuscoletto.

Egli poi ci accompagna in macchina a vedere il paesaggio. Siccome fa veramente freddo e Gianfranco comincia sentire mal di testa, restiamo volentieri in macchina e torniamo presto all'albergo per riposare.

Il paesaggio è davvero bello e suggestivo. Il Padre non usa fantasia solo con i fiori e le piante, ma anche con le rocce. E gli uomini hanno trovato "comodo" ricavarsi la casa dentro le rocce stesse.

Dopo un paio d'ore di riposo prendiamo una cena leggera, facciamo un paio di telefonate e andiamo a letto.

2/2 Presentazione di Gesù al Tempio.

Preghiamo Ufficio e Lodi in camera. Alle otto colazione in albergo con abbondanza di pane: è molto buono e tenero. Alle nove usciamo con la nostra guida. Andiamo abito alla nostra chiesa per celebrare la S. Messa. Abbiamo con noi anche le candele per la festa di oggi, ma non abbiamo fiammiferi! Dopo la Messa la guida ci porta vedere la valle di Göreme con le chiese rupestri: quella di San Basilio, di Santa Barbara, dei Sandali, la Tokallıkilise (del fermaglio), la chiesa del Serpente, due refettori di monastero e cucina ecc. Dopo pranzo (in un'osteria tipica e povera) visitiamo ad Avanos il negozio dei tappeti della nostra guida. Ammiriamo il lavoro dei tappeti di lana e di quelli piccoli di seta. Se ne comprassimo un paio per rivenderli in Italia… ci pagheremmo il viaggio.

Andiamo poi a vedere Kaymaklı, una delle 36 città sotterranee scavate nel tufo fino a otto piani di profondità.

Nevica e la strada è bianca. La guida si arrischia - adagio a fare i venti chilometri fino sul posto.

Scendiamo. È molto interessante vedere con quale intelligenza è sfruttata la spazio ed è pensata ogni cosa. C'è persino una piccola chiesetta, la cucina comune, il pozzo per l'aria e per l'acqua, le porte come quelle dei sepolcri della Terrasanta, il posto per gli animali, le stanze da letto ecc...

Torniamo a casa alle 16.30. Riposo, fax a Tavodo. Preghiera del Vespro e cena

3/2

Dopo aver sopportato reciprocamente l'ascolto del "russo", ci alziamo un po' in ritardo: ho dimenticato di alzare l'interruttore della sveglia.

Lodi e colazione abbondanti: discussione se dare o no la mancia ai camerieri: prevale il 'si con moderazione'.

Gianfranco ed io andiamo alla posta a mettere i francobolli alle cartoline: 51! Gli amici di Gianfranco sono molti. Compriamo pure altre cosette, che qui costano proprio poco.

Alle 9.15 la nostra guida ci porta alla chiesa per celebrare. Stavolta non dimentichiamo né candele né fiammiferi. Arrivati, ci accorgiamo d'aver dimenticato le ostie! Cosa fare? Davide ed io andiamo quasi di corsa verso (Hırmakotel) per chiedere del pane. Ma arrivati ad una casa di campagna vediamo una donna che ci sorride. Ci azzardiamo a chiederle del pane: parliamo con le mani, con disegni sulla terra, ancora con le mani, forse ha capito. Ella entra in casa, e torna con tre grandi pezzi di pane casereccio. Alleluia.

Sorride anche lei, dapprima non vuole, ma poi accetta un'offerta. Anche i suoi bambini escono e ci sorridono. Possiamo ora celebrare.

Ci viene in mente di dare un nome alla chiesetta, perché forse non ce l'ha ancora. Le diamo il nome dei nostri Santi Martiri.

Dopo Messa torniamo, facciamo alcune spese in un laboratorio artigianale di ceramica, dove siamo accolti molto gentilmente: essi conoscono persino P. Giuseppe di Ankara, che ci ospiterà questa sera. Perciò ci danno del vino per lui e una bottiglia anche per noi.

Torniamo alla sede della 'nostra' Agenzia con le valige pronte. Possiamo pranzare lì vicino a nostre spese, da soli, in una trattoria semplice s povera, anche a buon mercato. Davide sceglie il menù. Si parla con le mani. Il turco e più difficile.

Alle 13 saliamo in pullman per Ankara, dove arriviamo alle 18 circa. Durante il viaggio abbiamo costeggiato il lago salato, grandi distese di neve, qualche collina, e ammirato un magnifico tramonto.

In taxi arriviamo all'ambasciata italiana. Nessuno ci chiede il passaporto: ci stanno attendendo.

  1. Giuseppe Bosio, un bergamasco Assunzionista, ci sta aspettando come un vero fratello. Ci fa vedere le stanze e ci indica come prepararci la cena. Egli deve uscire con i suoi confratelli che abitano poco distante.

Alle 19.30 rimaniamo soli. Davide prepara una cena "all'ambasciatore".

  1. Giuseppe ci ha raccontato della ‘nostra' chiesetta in Cappadocia: è stata inaugurata l'anno scorso in marzo. Vi hanno già celebrato due cardinali, e hanno dato il nome dei Santi Abramo e dei Santi Cappadoci.

Il sindaco di Avanos gli è molto amico: è stato lui a consegnare la chiesa! Ci sono molti che simpatizzano per il cristianesimo anche qui ad Ankara. E, quelli che si convertono, desiderano farsi religiosi.

4/2

Dopo le lodi, celebriamo l'Ufficio e la S. Messa insieme a P. Giuseppe. Fatta a colazione egli ci invita a visitare il museo Hittita, perché vuole rimanere solo a preparare il pranzo.

Andiamo, molto obbedienti.

Troviamo una guida che parla molto bene e molto in fretta il tedesco.

Contrattiamo il prezzo. Accetta di guidarci a sottoprezzo, ma - in compenso - forse sorvola qualcosa! Le prime cose sono le più antiche: tre teschi che possono avere da 100 mila a 10 mila anni! È da crederci? Poi arnesi, monete e sculture molto antiche, finalmente i famosi bassorilievi degli Hittiti, contemporanei di Abramo... Non ci stanchiamo di vedere e di guardare.

Torniamo per pranzo. P. Giuseppe ha invitato due suoi confratelli francesi, Assunzionisti, che vivono a 5 km di distanza: uno è in Turchia da 33 anni, l'altro da 44. È stato invitato pure il segretario irlandese del Nunzio Apostolico: un prete giovane (10 anni di Messa), ma attento e spirituale.

Gianfranco non mangia: racconta! Mangerà dopo! E poi chiede a tutti, con insistenza, cosa pensino della nostra "idea".

E tutti esprimono con serietà il desiderio che la "cosa" si realizzi. Sono d'accordo della necessità di qualche comunità e la vedrebbero necessaria proprio in Cappadocia. Là passano molti turisti; e molte persone locali, le più istruite, sono interessate a conoscere da vicino il cristianesimo, ma non possono perché non c'è nulla e nessuno che le aiuti in questo.

Le difficoltà per ottenere i permessi non sono insormontabili. P. Giuseppe ha una bella amicizia col sindaco di Avanos, col Valì (Prefetto) della regione di Nevşehir, e il Nunzio “potrebbe" cercare le strade...

Oltre alla chiesetta da noi dedicata ai Tre Santi Martiri, ce ne dovrebbe essere un'altra a Ürgüp, poi una a Nazianzo, con annesse delle celle (da restaurare!). Questa piace a Gianfranco, pur senza vederla, e già fa progetti architettonici con la penna di Pierdonato!

Il colloquio con tutti e quattro i sacerdoti è semplice, sereno e sincero. Tutti sono positivamente impressionati dalla nostra vita e si augurano di rivederci in Turchia.

Dopo pranzo, quando tutti gli invitati sono partiti, P. Giuseppe ci fa vedere una videocassetta sulle bellezze turche: naturalmente turistica, Gianfranco dona un'icona dei Martiri e un'offerta per la chiesetta di Avanos.

Occorre un vetro su un buco-finestra per togliere il gran giro d'aria che gli ha procurato il mal di testa. P. Giuseppe ci fa poi la grande sorpresa: ci accompagna egli stesso all'aeroporto con la sua macchina. È un vero dono per noi.

L'aereo per Istanbul ha ritardo. Noi non comprendiamo gli avvisi che vengono trasmessi in turco, e rischiamo di perdere la sostituzione di volo che vien fatta un'ora e mezzo dopo. Mentre scrivo stiamo atterrando.

Deo gratias.

Alle 21 P. Lorenzo ci accoglie con cordialità e gioia. Ci ha preparato una buonissima cena. Dopo il digestivo (!) recitiamo Vespri e riposiamo.

5/2

Alle 7.30 Messa con Lodi. Dopo colazione andiamo al Fanar, sede del Patriarca Ortodosso. Ci incontriamo col diacono Theresios, che ci accoglie nel suo ufficio munito di computer, egli parla bene l'italiano. Gli raccontiamo il perché. del nostro viaggio, gli doniamo il libro dei Martiri per il Patriarca, un calendario e un'offerta. È gentile e semplice. Ci invita ad una celebrazione su di un'isola del mar di Marmara, domani: presiederà il Patriarca Sua Santità Bartolomeos I e saranno presenti i dodici Archimandriti del suo Santo Sinodo, Vescovi del Dodecaneso.

Non ci sono buone coincidenze dei battelli, purtroppo.

Poi ci mostra la sala delle udienze, la sala del trono coi medaglioni dei principali Patriarchi e quella del Santo Sinodo. Ci congeda all'ingresso principale, facendocene ammirare i mosaici. Visitiamo poi da soli la Chiesa patriarcale, che è in pieno restauro. Un tizio ci segue, evidentemente preoccupato: le nostre facce non devono essere molto raccomandabili. Ci giriamo a salutarlo gentilmente: rimane sorpreso.

Proseguiamo visitando S. Sofia; una meraviglia. Notizia di curiosità: 18 tonnellate d'oro è stato il prezzo per pagare i diecimila operai che hanno impiegato un anno a 'rotolare' sui legni le colonne dal tempio di Artemide di Efeso sin qui.

Non possiamo vedere l'interno della Moschea Azzurra, perché è iniziata la preghiera. Compriamo il profumo (che non useremo mai!) alle porte della moschea e poi, in taxi - con un taxista, che stavolta riesce a imbrogliarci per bene - torniamo a pranzo.

C'è pure un padre francese Lazzarista, parroco di una parrocchia della città.

Dopo pranzo chiediamo a P. Alfonso, per telefono, se è possibile visitare il Patriarca Armeno. Veniamo a sapere che in questo momento è meglio non tentare: il patriarca è irritato con la chiesa cattolica, perché teme che questa faccia proseliti tra i suoi fedeli. E semplicemente i "suoi" giovani frequentano gruppi cristiani tenuti da padri cattolici. Ma gli armeni non organizzano nulla: dovrebbero invece esser contenti e riconoscenti.

Lorenzo ci propone un pomeriggio 'turistico'. Andiamo a piedi al Gran Bazar! Prima giriamo attorno alla grande Moschea... e quindi c'inoltriamo nel Bazar! Siamo stupiti della moltitudine di negozi e piccoli venditori e della folla enorme che gira: migliaia di persone! Non resistiamo alla tentazione di comprare speciali fischietti per i chierichetti di Tavodo e per i ‘piccoli discepoli' di San Valentino e un piatto di ottone per la cappella: ci accorgiamo che si può contrattare e che siamo capaci anche noi. Da 60 siamo arrivati a 20!

Ritorniamo ammirando gli stormi di gabbiani e meravigliandoci per lo smog.

Ci impressionano due uomini che, nel buio della sera, cercano carta e cartone tra un mucchio di immondizie all'angolo di una strada. Questo ci dà l'idea della situazione di questa città, che dovrebbe contare o superare i dieci milioni di abitanti. Dicono che continua ad aumentare in maniera impressionante.

Dopo cena, alle nove, siamo invitati dagli spagnoli Identes. Ci sono tutti, P. Efrem, fr. Andreas, fr. Riccardo e inoltre c'è Gabriel, un caldeo dell'Est di vent'anni. Fino a 15 anni egli ha fatto il pastore di pecore, poi ha lavorato come sarto fino a sedici-diciotto ore al giorno per pagare ai suoi genitori e ai suoi fratelli il viaggio per emigrare in Francia. Lui invece vuol rimanere in Turchia e farsi religioso. Gli spagnoli lo aiutano: ha già fatto l'esame di prima elementare. Ora è militare. È qui in malattia e tornerà all'est in zone molto pericolose. Ha uno sguardo e una pace da santo.

Gianfranco mi fa raccontare la cronaca del nostro viaggio e poi aggiunge alcune sue riflessioni: lo ha colpito il fatto che tutti i sacerdoti e religiosi - per quanto distanti siano - si conoscono e si amano. Tutti sanno tutto di ciascuno. Tutte le persone incontrate hanno manifestato il loro consenso ad un'eventuale venuta, non solo, anche l'aiuto pratico per ottenere i permessi.

Quindi anche i tre fratelli spagnoli esprimono la loro gioia per la nostra proposta-ricerca. Con loro è nata un'intesa profonda, da veri fratelli nella fede, una comunione totale. Ci offrono la camomilla e la torta, poi ci salutiamo con gioia.

6/2/1993

Alle 6,30 usciamo di casa, alle sette siamo sul battello per Hebelyada, l'isola sulla quale il Patriarcato ortodosso ha la facoltà teologica. Là il Patriarca celebrerà la festa di San Fozio. Arriviamo alle nove, In chiesa è già iniziato il canto del mattutino alla presenza di pochi membri del clero e quattro laici, Alle 9.30 circa arriva il Patriarca, con solennità, Il presbitero e il diacono che celebreranno, prima di indossare i paramenti, fanno la metanìa al Patriarca sia prima di ricevere la benedizione che dopo averla ricevuta, Noi osserviamo e ascoltiamo solo fino alle 9.40, quindi ridiscendiamo al porto per tornare alla città,

Durante la traversata ammiriamo gabbiani e anatre e maxigabbiani, palazzi e moschee. Ci impressiona la grandezza della città. Prima di pranzo arriviamo a celebrare la S. Messa, l'ultima in terra turca.

P. Lorenzo è, come sempre, molto accogliente. Ha fatto in modo da farsi prestare una macchina per accompagnarci all'aeroporto.

Ringraziamo il Signore Gesù di ogni cosa, ma soprattutto della fraternità e unità che ci ha fatto sperimentare concretamente con tutti i religiosi di Turchia: ci siamo resi conto di cosa voglia dire essere diaspora, essere Chiesa nel mondo, essere sale della terra e luce del mondo! Nel mondo musulmano questa parola di Gesù risulta proprio evidente.

Dopo pranzo, alle 14.30 P. Lorenzo con gioia ci accompagna all'aeroporto. Partiamo in anticipo, perché egli vuole farci vedere ancora alcuni monumenti belli e importanti di questa città cosmopolita. Non li ricordo tutti: le sette torri, delle chiese antiche ora trasformate in moschee, la sua vecchia parrocchia.

Infine, rischiando di perdere l'aereo, entriamo in un sobborgo per comprare dei lukumi (dolci) da far gustare ai nostri fratelli.

All'aeroporto non ci sono problemi, anzi, l'aereo parte con un bell'anticipo e con anticipo arriva a Roma. Puntuali giungiamo a Verona, dove Cirillo e Franca ci attendono e poco dopo arriva a prenderci Giuseppe da Tavodo.

Sono le ore ventidue. Siamo nuovamente in grembo alle nostre comunità: grazie Signore Gesù.

***

Inizio e sviluppo della nostra presenza a Konya, in breve.

Per prepararci a questo servizio, in comunione con i fratelli di San Valentino, abbiamo mandato per un anno intero, insieme ad uno di loro, nostro fratello Enrico al PISAI (Pontificio Istituto Studi Arabi ed Islamistica) a Roma per studiare Islamistica. Così abbiamo avuto tutti un’infarinatura riguardo alla cultura religiosa del popolo che avremmo incontrato e servito. Per amare dobbiamo conoscere, e conoscere per quanto possibile anche la vita interiore delle persone che si vogliono amare.

Nell’agosto 1994 è arrivata a tutt’e due le comunità una richiesta da parte delle Piccole Sorelle di Gesù presenti a Konya, l’antica Iconio ricordata negli Atti degli Apostoli. In seguito, in ottobre, è giunto proprio alla nostra Fraternità da parte dell'Arcivescovo di Smirne-Izmir, Mons. Giuseppe Bernardini, l'invito ufficiale a prenderci cura della chiesa di Konya. Il nostro Arcivescovo Mons. Sartori, da noi interpellato, ci ha consigliati di recarci a vedere se fossimo stati in grado di assumerci quel compito. In quella città non ci eravamo nemmeno fermati durante il viaggio esplorativo.

Ciascuno di noi, fratelli e sorelle, è stato invitato a mettersi in preghiera davanti al Signore, per poi dare la propria risposta personale. Eravamo consapevoli che in un paese a maggioranza islamica la vita dei cristiani avrebbe potuto comportare difficoltà non indifferenti. Tutti ci siamo detti disponibili: sarebbe stato un servizio di tutta la Fraternità, non solo delle sorelle che sarebbero partite.

Quindi in ottobre don Vigilio, Maria e Isabella con Gianfranco Azzolini di San Valentino si sono recati a Konya per conoscere la realtà, accompagnati dal Vescovo Mons. Ruggero Franceschini, Vicario Apostolico a Mersin. Hanno incontrato il Nunzio Apostolico Mons. Sebastiani, hanno visitato la Cappadocia, Antiochia e Tarso, e infine si sono fermati a Konya per rendersi conto se la presenza in quella chiesa e in quella città fosse possibile per le nostre capacità. Le due sorelle si sono trattenute poi due settimane da sole con le Piccole Sorelle di Gesù per sperimentare concretamente il servizio là necessario. Così si sono rese conto che avremmo potuto accettare.

Data comunicazione all'Arcivescovo di Trento, questi ci ha ulteriormente incoraggiati. Si è offerto con gioia di venire a Tavodo per darci il Mandato il 26 febbraio 1995, accompagnato dal Direttore del Centro Missionario Diocesano don Mariano Manzana.

Il Vescovo Emerito Alessandro Maria Gottardi, da noi tenuto al corrente di tutto, ci accompagnava con la sua preghiera e la sua benedizione.

***

Il 7 marzo 1995 l'Arcivescovo Mons. Giuseppe Bernardini, nella Casa di Maria, ad Efeso, ha dato benedizione a Maria e Isabella, e in loro a tutta la Fraternità lì rappresentata da don Vigilio e Enrico, per la presenza a Konya: il giorno seguente esse vi sono arrivate. Vi hanno trascorso alcuni giorni con le Piccole Sorelle Marie-Claude e Sofia, che, come sagge e premurose sorelle maggiori, hanno saputo dare le preziose consegne e tanti buoni consigli soprattutto nei primi tempi. Esse, dopo dieci anni di servizio presso la chiesa di Konya, dovevano trasferirsi a Istanbul, dove da poco una loro consorella, Sr. Arlette, era tornata al Padre, lasciando un posto vuoto, importante per la loro Comunità.

Abbiamo cominciato con fiducia e coraggio sul “buon terreno” preparato dalle Piccole Sorelle, vedendo subito la mano del Padre che ci accompagnava e non ci avrebbe mai abbandonato: la presenza nella piccolissima “parrocchia” di un'anziana levantina, Tina, che parlava italiano (le sorelle non sapevano il turco); con questa signora ci saremmo sempre aiutate reciprocamente, fino a quando l'abbiamo consegnata al Padre nel 2019. Da una signorina dell’Ambasciata francese di Ankara ci fu offerto un corso di turco con un professore del Tömer (scuola di turco per stranieri) che veniva in casa perché in città non c’era il corso base. Infatti a quel tempo gli stranieri a Konya erano pochissimi.

Era d’aiuto anche l'amicizia di due donne protestanti, straniere, che spesso ci facevano visita, dandoci semplici segni di amicizia.

Nei primi mesi abbiamo potuto fare delle migliorie alla casetta, davvero povera. Il falegname, venuto per il lavoro del parchè, ci ha fatto conoscere la sua giovane sposa, e con lei è nata un'amicizia che ci ha sempre accompagnato: lei attribuì alla nostra preghiera l'aver potuto avere un figlio maschio tanto atteso!

Maria, dopo qualche mese, per una grave malattia, da cui poi, grazie a una difficile operazione, è guarita, è stata sostituita dalla sorella Lidia e, in seguito, da Serena. Lungo tutti questi anni siamo sempre stati presenti con due sorelle, alternandole. Cercavamo di essere fedeli alla consegna di Gesù alla nostra Fraternità: più importante di tutto, più feconda di tutto per il Regno dei Cieli, l'unità nel suo Nome, perché “là Io sono”, ha assicurato Gesù. Donare la presenza di Gesù attraverso la nostra unità, e sacramentalmente attraverso l’Eucaristia sempre presente nel tabernacolo della chiesa posta nel cuore di quella grande città, lo sentivamo il primo modo di amare quel popolo. Dato che il vivere uniti nel suo nome comporta spesso fatica, per sostenerci dedicavamo fedeltà ai momenti di preghiera, per alimentare quella che dev’essere presente nel cuore ininterrottamente.

Un anno dopo, nel 1996, è arrivata in Cappadocia la Comunità di S. Valentino: abbiamo così potuto contare su una presenza relativamente vicina, e ci siamo dati aiuto reciproco, come previsto.

I fratelli di quella Fraternità vivevano, a Uçhisar in Cappadocia, una presenza silenziosa, da passare quasi inosservati. La gente però li teneva d’occhio e ne riceveva edificazione. Ogni anno sostituivano le sorelle per alcune settimane in luglio, quand’esse rientravano per partecipare al ritiro comunitario della Fraternità. È stato questo un dono molto prezioso. I fratelli approfittavano di quei giorni per far trovare alle sorelle qualche sorpresa al loro rientro: riparazioni, migliorie pratiche nelle stanze o nei depositi o nel giardino o a qualche impianto idraulico o elettrico. Grazie al loro aiuto, nel 2003 abbiamo potuto ampliare e alzare la casa, e nel 2012 rifare il tetto della chiesa e restaurarne l’interno e l’esterno.

Per vari anni, prima che iniziassero i voli a basso prezzo, che fanno scalo sulla parte asiatica di Istanbul, ogni volta dovevamo passare un giorno e una notte in questa grande città. Ci hanno quasi sempre ospitato i padri Cappuccini nel loro convento a Yeşilköy vicino all’aeroporto. Era un dono prezioso poter ascoltare i ricordi di fra Alberto. Essendo di alta statura, poté aiutare il Nunzio Angelo Giuseppe Roncalli (poi San Giovanni XXIII) ad arrivare a riva dalla barca, portandolo sulle sue spalle! La sua gioia e umiltà e disponibilità sono state ogni volta per noi fonte di coraggio e di letizia.

La sosta ad Istanbul ci dava la bella opportunità di poter visitare Padri e Suore, mantenendo viva con loro l’amicizia e la fraternità. Le Piccole Sorelle di Gesù in un quartiere povero ci facevano sentire la loro amicizia spirituale e ci hanno dato spesso ospitalità per qualche notte. Ci accoglievano sempre sorridenti le Suore di Ivrea nel loro Liceo, padre Felice dai Salesiani presso la Cattedrale, molto impegnato nell’accoglienza dei profughi, e padre Luigi Iannitto dei Conventuali. Questi era particolarmente attivo nel lavoro di traduzione e stampa di opere ascetiche, agiografiche e liturgiche, praticamente assenti in lingua turca. Abbiamo incontrato più volte occasionalmente anche p. Andrea Santoro e Mons. Luigi Padovese, godendo della loro fede e coraggiosa spiritualità. Non potevamo prevedere che avrebbero versato il sangue per la loro fedeltà al nostro Signore.

Il Signore non ci ha mai lasciate in ozio, dandoci così segno che per lui eravamo degne di fiducia: non era facile crederlo, perché facilmente ci veniva il pensiero che la nostra presenza era inutile. I primi anni abbiamo seguito i pochissimi cristiani della città: oltre a Tina, due anziani sposi armeni, che visitavamo regolarmente e venivano per qualche celebrazione – un pochino scandalizzati per la presenza di qualche Turco! In quel tempo nell’occasione di qualche Festa veniva da Ankara uno dei Padri Assunzionisti, p. Jakob o p. Nuss, oppure, più raramente, ma con fedeltà, da Smirne il Padre Vescovo.

Intanto al ‘piccolo gregge' si era aggiunta una donna turca, che aveva cominciato a frequentare la chiesa e a trovare pace in Gesù e Maria al tempo delle Piccole Sorelle: al Battesimo ha preso il nome di Tekla, la Santa nata a Iconio e portata a Gesù da S. Paolo. Questa, vedova e con una nipotina in casa, partecipava alla preghiera della domenica. Pochi anni dopo il Signore l’ha chiamata presto a sé.

Il riunire la comunità nel Giorno del Signore l'abbiamo ritenuto sempre uno dei servizi più importanti. Quando non avevamo il dono della S. Messa, facevamo un Incontro con la Parola, dal 2000 arricchito dall'omelia di don Vigilio, che potevamo offrire anche in turco e in inglese, e in seguito anche in francese.

Fin dall'inizio era presente qualche profugo: nei primissimi tempi solo alcuni Iraniani protestanti, poi altri, che invece hanno desiderato essere preparati al Battesimo prima di lasciare la Turchia.

Nell'estate del 2004 hanno suonato al cancello i primi profughi Iracheni: li avrebbe seguiti una grossa schiera, famiglie con bambini, tutti caldei, molto sofferenti, ma pieni di fede. Per loro abbiamo cercato di offrire letture domenicali e omelia in arabo, e di accogliere i loro canti durante la preghiera. Per alcuni mesi sono stati molto numerosi: un anno erano un centinaio.

Nonostante la difficoltà della lingua abbiamo cercato di offrire un po’ di catechismo ai numerosi bambini. Un anno, provvidenzialmente, fra i profughi c'era un maestro elementare, che sapeva tenere la disciplina; per un periodo, per chi lo desiderava, tenne un corso di inglese nel nostro giardino.

Quell'ondata di profughi ci ha fatto conoscere le loro belle tradizioni religiose, godere della loro disponibilità e generosità. Mamme e giovani ragazze si offrivano ad aiutarci per le pulizie in chiesa; alcune di loro hanno confezionato all'uncinetto dei bei centri che ancora usiamo in chiesa; il papà di un ragazzo che desiderava diventare sacerdote ha voluto riverniciare i serramenti e le porte della chiesa. E il Signore accoglieva la loro fiduciosa preghiera: sono partiti tutti, presto, per qualche Paese che li accoglieva.

Per qualche tempo ci siamo occupate un po' anche dei profughi iracheni che vivevano a Karaman, cittadina a un'ora di pullman, vistandoli e portando loro quel po' di aiuto di cui, anche grazie ai gruppi e a persone che ci sostenevano dall'Italia, potevamo disporre. Per la Pasqua pagavamo loro viaggio e pranzo per venire alla Messa.

Nel 2000 partiti i Padri Assunzionisti da Ankara, i padri Gesuiti, che li avevano sostituiti, hanno continuato, su incarico del vescovo di Smirne, a donare almeno una volta al mese, la celebrazione Eucaristica e la grazia dei Sacramenti alla piccola comunità che negli anni è andata evolvendosi. Ricordiamo p. Patrice, p. Olivier, p. Paul e tuttora p. Jean-Marc, che se ne cura con particolare attenzione ai giovani studenti. Negli ultimi 6 anni anche mons. Klaus Wyrwoll, tedesco, conoscitore esperto delle Chiese orientali e benvoluto da tutti i patriarchi, che l’avevano avuto come insegnante. Noi l’abbiamo incontrato all’ordinazione episcopale dell'Arcivescovo Lorenzo (2015): da allora molte volte è stato disponibile a venire da Istanbul per celebrare la Messa, che così c’era due volte al mese oltre a quelle dei pellegrinaggi che però in quel tempo andavano diminuendo. Per alcuni anni si è impegnato anche per la celebrazione del Triduo Pasquale. Negli anni precedenti, finché l’età e la salute glielo hanno permesso, per il Triduo ci aveva serviti con impegno notevole Frère François dei Piccoli Fratelli di Gesù, che veniva appositamente dalla lontana Antakya. Pure dalla Nunziatura pensavano con premura alla comunità di Konya offrendoci diverse celebrazioni.

Sin dall’inizio i gruppi di pellegrinaggio sulle orme di s. Paolo sono andati via via aumentando e così per tanti anni la maggior parte della nostra giornata era dedicata alla loro accoglienza. All’inizio venivano soprattutto dall'Italia, dalla Germania, dalla Francia, dalla Spagna... poi oltre che dall’Europa, anche dalla Corea, dal continente americano e da altri Paesi asiatici, ultimamente pure dall’Africa. Il culmine, naturalmente, è stato l'Anno Paolino, 2008-2009, indetto da Papa Benedetto, che proprio due anni prima aveva fatto visita alla Turchia: anche noi avevamo avuto la gioia di incontrarlo al santuario di Meryem Ana.

(Per curiosità, nel 1996 sono venuti 194 gruppi; nel 2009, 758 gruppi con 29.388 persone, 69 vescovi e 1917 sacerdoti; nel 2010, 688 gruppi con 22.086 persone, 8 vescovi 433 sacerdoti). Dal luglio 2016 invece, a causa delle tensioni interne e internazionali, si sono arrestati.

Il loro passaggio era un dono grande sia per noi che per la comunità cristiana, perché così si aveva la grazia della S. Messa pressoché tutti i giorni e anche più volte al giorno da marzo a ottobre. In questo servizio di accoglienza abbiamo potuto sperimentare concretamente la “cattolicità-universalità” della Chiesa, che nella diversità delle culture e tradizioni esprimeva la stessa fede e amore al Signore Gesù. Questi momenti di preghiera e di comunione fraterna ci aiutavano a non sentirci un ago nel pagliaio, ma un piccolo seme posto lì dal Signore e unito a tutta la sua Chiesa. Non possiamo dimenticare l’impegno di tante agenzie di pellegrinaggio che vivevano questo come una missione (in modo particolare l’agenzia Eteria fondata da p. Oriano Granella, cappuccino) e i volti sorridenti e cordiali di tante guide.

Pur dando la precedenza alle molte celebrazioni dei pellegrinaggi che richiedevano la chiesa libera, abbiamo cercato di trovare un orario in cui poter aprire la chiesa ai turchi desiderosi di visitarla. Con l’aumento dei gruppi, abbiamo dovuto ridurre a due volte in settimana. Questi momenti, in cui eravamo presenti e disponibili in chiesa, ci sono sempre sembrati benedetti. Erano soprattutto giovani, a Konya per l'Università, che sostavano in silenzio davanti ai vari quaderni, preparati da don Vigilio, o ai quadretti con brevi passi significativi del Vangelo appesi sulle pareti o dislocati qua e là: ci sembrava importante che chi veniva non vedesse solo un edificio e dei quadri, ma gli potesse giungere la Parola, qualche messaggio della Buona Notizia. Cercavamo di rispondere alle loro domande, avendo occasione anche di parlare di Gesù e del Padre, e di portare un po' di luce su tante conoscenze distorte, generatrici di incomprensioni e turbamenti. Da questi momenti ha preso avvio anche il cammino con Gesù di diversi giovani, che poi hanno continuato in altre città. Al di là delle spiegazioni teologiche, però, la cosa più bella era poterli accogliere con l’amore di Gesù che, presente nel Tabernacolo, li conosceva ed amava uno per uno. Il Nome di Gesù non sempre poteva essere annunciato, ma il suo amore si poteva sempre donarlo. La scritta “Dio è amore”, posta all’entrata della chiesa e visibile dalla strada, era il messaggio più importante che desideravamo arrivasse.

Spesso abbiamo predicato ‘come San Francesco’: andando a fare la spesa o uscendo per qualche commissione, salutando e donando uno sguardo di attenzione a chi incontravamo.

Anche con i vicini, nonostante fossero piuttosto bloccati dal forte condizionamento sociale, abbiamo cercato di instaurare relazioni cordiali e con qualcuno sono diventate più amichevoli. Abbiamo avuto la gioia di sentirci dire: “Siamo contenti di voi”. E la stessa gioia la vedevamo quando dicevamo: “Artık Konyalı olduk – Ormai siamo di Konya!”. In diverse necessità abbiamo sperimentato la loro premura e attenzione nei nostri confronti. Essendo donne potevamo attirare più simpatia che ostilità.

Presso alcune autorità locali abbiamo trovato una buona disponibilità, con altre meno, ma è comprensibile. Soprattutto con quelle religiose, abbiamo cercato di mantenere rapporti cordiali con visite e auguri in occasione delle loro festività. Non possiamo dimenticare i molti poliziotti, gentili e premurosi, che nei periodi di particolare tensione sostavano davanti alla chiesa anche per mesi interi.

Un’amicizia particolare l’abbiamo goduta con la discendente di Mevlana, Esin Celebi, con la quale abbiamo partecipato varie volte alla Semà, la danza-preghiera della Confraternita dei Dervisci, fondata da Mevlana. Dal pensiero di questo mistico, improntato alla tolleranza, Konya è tanto beneficata e pure noi ne abbiamo gustato i buoni frutti.

Grazie all’allora Decano della Facoltà di Teologia Islamica dell'Università, conosciuto attraverso le Piccole Sorelle fin dall'inizio, ogni anno, ad ogni sua venuta, don Vigilio, con l'aiuto di Isabella per la traduzione, era invitato a parlare in varie classi di studenti. Il professore gli chiedeva di raccontare la nostra vita di Fraternità e il nostro modo di pregare. Rispondeva poi alle varie e variegate domande degli studenti, godendo della gioia che vedeva sui loro volti. Ha potuto dire a quei giovani che erano amati, che Dio era vicino e semplice, proprio come desideravano. Era per loro molto gradito, a conclusione di ogni incontro, il canto, sia in italiano che in turco, di qualche inno di fede accompagnato dalla chitarra di Serena. Due volte don Vigilio è stato pure invitato alla Facoltà di Teologia Islamica di un’altra città per parlare in alcune classi.

Ci hanno sorpreso vari riscontri della preziosità di questi interventi. Più volte dei giovani, presenti a quelle ‘lezioni’, incontrandoli occasionalmente per strada dopo anni, hanno riconosciuto don Vigilio, e con libertà e gioia lo hanno avvicinato per ringraziarlo.

Nell’estate del 2002 abbiamo ricevuto con gioia la visita del direttore del Centro Missionario di Trento, don Mariano Manzana, e nel 2007 dell’Arcivescovo Mons. Luigi Bressan accompagnato da don Ivan Maffeis, direttore di Vita Trentina, e don Augusto Tamburini. A loro si è unito pure il Nunzio Apostolico.

Importanti per noi, naturalmente, le puntuali visite di don Vigilio, accompagnato da un fratello, in primavera e in autunno: riservavamo quei giorni a qualche celebrazione particolare, incontri fraterni e preghiera, qualche visita, qualche lavoro: libri e immagini da esporre in chiesa, qualche chiodo o rubinetto o presa elettrica che non funzionava... Approfittavamo di questa visita per recarci in Cappadocia dai fratelli, anche per respirare un po’ di aria pulita in quei due o tre giorni. Quando questo non era possibile, don Vigilio accompagnava comunque le sorelle per una giornata su qualche montagna: a Binbirkilise (Milleeunachiesa) sul monte Karadağ, alle rovine del meraviglioso monastero di Alahan sul Tauro col suo battistero a forma di croce, a Kilistra, nei pressi dell’antica città di Listra, patria di san Timoteo, a Antiochia di Pisidia, la città che vantava somiglianza con Roma per essere costruita su sette colli, a Derbe, forse l’unica città dove i Santi Paolo e Barnaba non sono stati perseguitati, o ancora a Sille, villaggio tra i monti alle porte della città, ricco di ricordi cristiani lasciati dai greci che l’hanno abitato fino al 1922. Due delle chiese del villaggio sono state poi restaurate per essere custodite come museo in questi ultimi anni.

Abbiamo tenuto vivo il legame, oltre a quello quasi quotidiano con Tavodo, con la Diocesi locale: abbiamo vissuto nella preghiera e nella riconoscenza al Signore l'avvicendarsi degli Arcivescovi: Mons. Giuseppe Bernardini, Mons. Ruggero Franceschini, Mons. Lorenzo Piretto e Mons. Martin Kmetec; con tutti abbiamo avuto la grazia di un rapporto filiale, da tutti siamo state incoraggiate, benedette, aiutate: il Signore li accompagni e ricompensi sempre! Quando sono cominciati gli incontri ecclesiali a Smirne, essendo diminuito il passaggio di gruppi di pellegrini, quand’era possibile, abbiamo cercato di partecipare, o in presenza o, ultimamente, via smartphone, e ci siamo sempre sentite membra vive e mai dimenticate della nostra Diocesi di Smirne. Abbiamo visto con gioia l'arrivo di nuovi sacerdoti e religiosi, in particolare delle ‘Discepole di Maria e dell’apostolo Giovanni’, e goduto sempre con loro un legame fraterno e gioioso, così come era sempre stato anche con le Suore di Ivrea. Anche con don Massimiliano, ora Amministratore Apostolico di Istanbul, abbiamo avuto una bella comunione. Particolare gioia fu conoscere e godere una bella amicizia di fede con la signora Teresa, in precedenza responsabile della Caritas. Ci ha molto edificato la testimonianza di frère Pierre Caporal dei Fratelli delle Scuole Cristiane, ora anche lui giunto alla meta.

Siamo riconoscenti dei bei rapporti intessuti con qualche sacerdote delle altre Diocesi ed anche con la Chiesa Siriaca di Adıyaman: più volte ci hanno visitato il loro Metropolita Melki Ürek e la suora che lo aiuta. Abbiamo avuto l’occasione nel 2003 di conoscere anche il Patriarca degli Armeni Apostolici Mesrob, venuto appositamente a Konya per visitare la sua 'pecorella' Kirkor. Nel 2006 Don Vigilio, con il Sacramento dell'Unzione degli Infermi, ha potuto preparare questo buon anziano al suo sereno passaggio. La moglie, poco dopo, si è trasferita ad Ankara. L’unica Suora Armena Apostolica presente a Istanbul ha manifestato particolare unione di spirito e di preghiera con noi sorelle. Col Patriarca Ecumenico Bartolomeo abbiamo mantenuto un rapporto epistolare in occasione delle Festività principali. Più volte ha ricevuto don Vigilio insieme ai gruppi che ha accompagnato in pellegrinaggio in Turchia. Passato a Konya, inaspettato, in un giorno in cui eravamo assenti, ci ha lasciato in dono un’icona del volto di Gesù.

Dal 2001 ogni anno abbiamo curato la traduzione e la stampa del Calendario Cinque Pani che nasce nella nostra Fraternità, e anche, circa ogni anno, di uno degli opuscoletti di don Vigilio, che pensavamo potessero essere un alimento spirituale solido per i nostri, un approccio semplice e comprensibile per gli altri. Sono più di venti questi opuscoli tradotti. Nel sito internet della nostra Fraternità abbiamo dato spazio a una sezione in turco dove sono disponibili tutti questi testi insieme alle meditazioni domenicali e ad altro materiale sempre in turco. Vi trova posto anche la presentazione della chiesa di Konya con vari altri testi che in cartaceo avevamo messo a disposizione dei visitatori in chiesa. In particolare una pagina è dedicata alle domande che i musulmani ci rivolgono con frequenza. Abbiamo abbozzato delle possibili risposte semplici, che aiutino a conoscere e apprezzare il nostro Signore Gesù Cristo e la sua Chiesa.

Negli ultimi anni il Padre ci ha affidato alcune famiglie profughe particolarmente bisognose: una irachena e due iraniane. Le ultime due hanno desiderato essere preparate al Battesimo e, grazie all'aiuto di John, un catechista iraniano della Diocesi vicina, poi di P. Franco, abbiamo potuto farlo; la prima, invece, bisognosa sotto ogni aspetto, stiamo affidandola a mani e cuori generosi della nostra Chiesa di Turchia. Padre Franco, salesiano, ora intercede dal cielo: il Signore lo ha chiamato, repentinamente e inaspettatamente, lasciando un vuoto nella Chiesa di Turchia.

Nel 2012 hanno cominciato ad arrivare i primi africani, all’inizio francofoni poi anche anglofoni che, unendosi agli iracheni, a qualche iraniano e a qualche turco di passaggio, hanno reso la comunità ancor più “ricca” anche con il dono dei loro bei e vivaci canti. Alla messa di Pasqua del 2017 eravamo una sessantina di persone di ben 17 nazioni diverse! Ora da alcuni anni la quasi totalità della nostra “Parrocchia” è costituita da Africani; qualcuno è profugo, molti sono studenti che usufruiscono di borse di studio, altri sono lavoratori; di questi, alcuni sono qui con la loro famiglia, moglie e bambini. P. Jean-Marc ha preparato, con la nostra collaborazione, in modo veramente profondo, tre di questi studenti universitari alla S. Cresima, richiesta da loro. Ora uno di essi sta iniziando il cammino vocazionale con i Gesuiti in Francia, gli altri due, Congolesi, ancora presenti a Konya, stanno sostenendo la comunità con generoso e competente servizio: accoglienza, direzione del canto, e aiuto nei lavori materiali!

Molti sono i fatti, molti i volti, che certamente non vengono alla memoria in questo momento, ad esempio, tanti giovani turchi che ci hanno aiutato e ancora ci aiutano per le traduzioni, i gentili e servizievoli vicini di casa e tanti conoscenti, tutti scritti nel cuore del Padre.

Già qualche anno fa ci chiedevamo se non fosse stato volere di Dio rientrare e lasciare ad altri quel compito, ma l’Arcivescovo mons. Lorenzo ci ha insistentemente pregati di rimanere, e così pure si è espresso il nostro Arcivescovo mons. Lauro Tisi.

In questi ultimi due anni abbiamo salutato le Suore di Ivrea presenti a Smirne dal 1887 per 133 anni con una scuola: causa l’età sono dovute rientrare in Italia. Hanno chiuso la loro casa dopo 59 anni anche le Piccole Sorelle di Gesù a Istanbul. Pure le suore dell’ospedale La Paix sono partite dopo 163 anni. E infine le Figlie della Chiesa presenti come noi da ventisette anni a Tarso. Queste varie presenze hanno costruito una bella parte di storia nella vita di questa Chiesa.

Ed ora partiamo pure noi. Anche attraverso situazioni di bisogno di qualcuna delle nostre famiglie di origine il Signore ci ha dato segni chiari che è giunto il momento di passare il testimone: lo facciamo con sofferenza, rammaricate di lasciare tanti volti di fratelli e amici, che ci hanno arricchite spiritualmente e umanamente, ma con pace, con la benedizione degli Arcivescovi. Ringraziamo il Signore Gesù per la buona testimonianza che il suo Spirito ci ha aiutato a dargli e affidiamo alla sua misericordia quella che non abbiamo saputo dare. Siamo state chiamate a Konya e ora riportate a Tavodo da Gesù, Buon Pastore, che si è servito, per la venuta dell’Arcivescovo Bernardini, e per la partenza dell’Arcivescovo Kmetec: li terremo sempre nel cuore e nella preghiera.

Al Padre Vescovo Martin, e naturalmente al Signore, che lo ha ispirato, siamo particolarmente riconoscenti per aver cercato e trovato chi continuerà il servizio alla Chiesa, e quindi a Gesù, in questa Konya, che amiamo. Sarà Maria Grazia Zambon dell’Ordo Virginum di Milano a continuare a custodire la chiesa San Paolo e ad animare la piccola e variegata comunità di fedeli.

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Cronistoria telegrafica di alcuni fatti ed eventi a Konya

1993 Viaggio esplorativo di Gianfranco e Davide (San Valentino) e don Vigilio (Tavodo): Istanbul, Smirne, Cappadocia, Ankara, Istanbul, dal 26 gennaio al 6 febbraio

1994 Contatti epistolari con le Piccole Sorelle di Gesù (agosto) e poi visita di Mons. Franceschini, Vicario Apostolico dell’Anatolia, a Tavodo, domanda ufficiale di Mons. Bernardini, Arcivescovo di Smirne, a Tavodo per Konya (ottobre).

18 ottobre - 9 novembre: viaggio di discernimento di don Vigilio e Gianfranco con due sorelle, che poi si trattengono 10 giorni a Konya con le Piccole Sorelle.

1995 26 febbraio: a Tavodo Mandato dell’Arcivescovo di Trento, Giovanni Maria Sartori, alla Fraternità

7 marzo: al santuario di Meryem Ana benedizione e mandato di Mons. Bernardini.

8 marzo sera: le due sorelle Isabella e Maria arrivano a Konya con don Vigilio e Enrico

In primavera: Impianto riscaldamento e in autunno posa del parchè in casa.

1996 Maggio: riparazione-sostituzione tegole del tetto della chiesa. In agosto tinteggiatura chiesa eseguita da alcuni iraniani (Musa). Tutti e due i lavori sono seguiti da Cahit, collaboratore dei cappuccini a Yeşilköy, Istanbul.

Mandato dell’Arcivescovo di Trento ai fratelli di San Valentino e loro arrivo a Uçhisar.

31 ottobre: ci fa visita il Valì, Ziyaeddin Akbulut. Questo Valì (Prefetto), in seguito alla visita e richiesta di mons. Bernardini si interesserà per sospendere il processo da parte dello Stato per incamerare la chiesa. Un avvocato dei Padri Assunzionisti segue questa pratica.

1997 24 febbraio: ci rivolgiamo al Vali (Akbulut) per qualche difficoltà nel rinnovo ikamet, permesso di soggiorno. Ci invia da uno dei vice col quale inoltriamo domanda ad Ankara per ikamet stabile, anziché annuale. Arriverà il ‘sì’ annuale il 9 aprile.

6 ottobre: Una delle varie udienze per il processo da parte dello Stato per incamerare la chiesa.

dicembre: viene Paloma da Izmir per sostituirci fino a febbraio. Finora lo aveva fatto ogni anno per le 2 settimane di luglio.

1998 maggio: ristrutturati bagno e cucina.

Da luglio 1998 ogni anno i fratelli di Uchisar sostituiscono le sorelle nel servizio a Konya nel mese di luglio.

In ottobre installato il microfono in chiesa.

1999 Agosto: riaperto il pozzo nel giardinetto e collocata pompa per l’irrigazione.

2002 In estate ci fa visita il Direttore del Centro missionario Diocesano di Trento, don Mariano Manzana

2003 In seguito ad un incidente stradale esterno contro il pilastro del cancello laterale, abbiamo rifatto parte del muro di cinta. Quindi ampliamento e innalzamento della casa, sostituzione delle malte esterne della chiesa, pavimentazione del giardino (lavorano i fratelli di San Valentino e Tavodo, uno specialista dall’Alto Adige, operai turchi) - Tinteggiatura della chiesa (Majit, iraniano)

Tela dell’Ultima Cena sotto il Tabernacolo dietro l’altare (dono di Patrizia Cescatti, † 2021)

In estate visita del Patriarca Armeno Apostolico Mesrob. Con lui visitiamo Kirkor e Aznif Özararat, ultimi due armeni presenti a Konya: egli ci incarica di continuare ad assisterli spiritualmente.

2004 In estate arrivo dei primi profughi iracheni.

2005 Sostituzione inferriata sui muri di cinta.

2006 Il 5 febbraio uccisione di P. Andrea Santoro a Trabzon

2007 Posa delle prime quattro telecamere su consiglio della polizia, dopo che a Malatya sono stati uccisi tre cristiani protestanti.

In agosto visita dell’Arcivescovo di Trento Mons. Luigi Bressan con il Nunzio Apostolico.

2008-2009 Anno di San Paolo: aumento vertiginoso dei gruppi di Pellegrini.

2009 Luglio: sistemazione del condizionatore in chiesa, rinnovo degli altoparlanti.

Settembre: terremoto con danni alla chiesa e al tetto della casa.

2010 Riparazione dei danni del terremoto al tetto della casa ad opera dei fratelli di Uçhisar.

Il 3 giugno: uccisione di Mons. Luigi Padovese, Vicario Apostolico di Anatolia, a Iskenderun.

2012 Arrivo dei primi africani, profughi, lavoratori e poi studenti universitari.

Rifacimento completo del tetto della chiesa con la direzione dell’arch. Pierdonato di San Valentino.

In novembre-dicembre, risanamento crepe interne, rinnovo dell’impianto elettrico e dell’illuminazione in chiesa (Jilbert, profugo iraniano).

2013 Febbraio: tinteggiatura interna chiesa (Jilbert)

2014 In estate, consigliati dalla Polizia, aggiunta di altre tre telecamere

2015 Completamento della cucina. Rinnovo pompa del pozzo.

In dicembre partecipiamo a Smirne all’Ordinazione episcopale di Padre Lorenzo Piretto.

2016 I fratelli di San Valentino si ritirano da Uçhisar.

2017 Da quest’anno, fino a inizio pandemia (2020), a giugno e a novembre celebra nella nostra chiesa l’abuna etiopico Mikail, che viene da Istanbul per gli etiopici presenti a Konya. Lasciano in deposito i loro paramenti e altro materiale liturgico.

2021 Il 2 febbraio Ordinazione episcopale di Padre Martin Kmetec a Smirne.

In estate la Fraternità Gesù Risorto propone all’Arcivescovo Martin il discernimento sulla conclusione del nostro servizio.

2022 Il 6 e il 9 gennaio: celebrazioni di ringraziamento a Efeso e Konya. Il 16 gennaio partenza definitiva delle sorelle: prende il loro posto Maria Grazia Zambon dell’Ordo Virginum di Milano.

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In Fraternità cerchiamo di tenere vivo il ricordo della Chiesa in Turchia continuando a recitare il Padre nostro in turco alla preghiera dei Vespri, e rivolgendo una preghiera a Maria per i popoli islamici ogni venerdì, giorno in cui essi intensificano la loro preghiera.

La riportiamo qui sotto anche per te e così concludiamo queste pagine di ricordi.

Nella casa di Maria a Efeso abbiamo iniziato e terminato la nostra presenza in terra turca, ma ancora e sempre ci presentiamo a lei per dimorare nel suo cuore di Madre premurosa e fedele.

Preghiera a Maria

(intercessione per i popoli islamici)

Santissima Madre di Gesù, Maria, Vergine tutta Santa,

noi ti amiamo perché anche Dio ti ama.

Tu, che sei chiamata Madre da cristiani e musulmani,

vuoi che tutti gli uomini conoscano e amino il Figlio

che il Padre ti ha donato, Gesù:

che tutti lo ascoltino e lo servano

come tu lo hai ascoltato e servito,

che lo riconoscano Figlio di Dio,

come tu lo hai riconosciuto,

che gli offrano la propria vita

come tu gliel'hai offerta!

Ti presentiamo i popoli Islamici,

che ti venerano con affetto e proclamano:

"in verità Dio ti ha prescelta e ti ha resa pura

e ti ha eletta su tutte le donne del creato" (Corano 3,42).

Intercedi per la loro salvezza,

intervieni nei loro cuori pronti ad ascoltarti,

perché anche ad essi sia donata la gioia e la pace e la comunione

che vengono solo dallo Spirito Santo

che il tuo Figlio alita su chi lo ama.

Chiedi a Dio di farsi conoscere da loro come Padre,

come anche noi grazie a Gesù lo conosciamo.

E per noi ottieni da Dio Padre che possiamo partecipare

sempre più al suo amore per tutti gli uomini,

e così, vivendo da fratelli, essere testimoni della sua gloria.

Egli è benedetto nei secoli. Amen.