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3. Ha fatto bene ogni cosa!

 

Ha fatto bene ogni cosa!

Marco (5,1 – 7,37)

 

Traduzione CEI 1997

Questo è il terzo della serie di sei opuscoli, aiuto alla lettura del Vangelo secondo Marco. Al testo evangelico (traduzione CEI del 1997) viene affiancata una meditazione in forma di preghiera rivolta a Gesù, il Signore risorto che ci rivela se stesso, termine e compimento delle Sacre Scritture, pienezza ed eternità della nostra vita.

Le undici meditazioni potrebbero accompagnarti per sei giorni in un cammino di esercizi spirituali col metodo della Lectio Divina.

Puoi leggere e rileggere adagio il brano del Vangelo, con pace e tranquillità. Una prima lettura della meditazione può aiutarti a fissare l’attenzione sull’una o sull’altra frase del Testo evangelico. Queste frasi le puoi ripetere una ad una molte volte, con calma, al ritmo del tuo respiro. Gli antichi Padri paragonavano questa ripetizione al ruminare degli animali, passaggio necessario al cibo per diventare energia vitale.

La Parola, passando e ripassando dalla nostra mente al nostro cuore, continuamente “rimasticata”, ci allieta e ci nutre con ciò che essa contiene. Essa è piena e pregna d’amore, anzi, di Spirito Santo, quello Spirito che fa risplendere sul tuo volto l’immagine e la gloria del Figlio!

Come la spugna, pregna d’acqua, passando sul tavolo, lo bagna e lo pulisce, così la Parola, passando e ripassando, purifica la nostra mente da ogni pensiero mondano, e riempie il nostro cuore dello Spirito del Dio vivente!

 

1. Va’ nella tua casa, dai tuoi 5,1-20

2. Va’ in pace! 5,21-34

3. Non temere, soltanto abbi fede 5,35-43

4. Da dove gli vengono queste cose? 6,1-6

5. Prese a mandarli a due a due 6,7-13

6. Venne il giorno propizio 6,14-29

7. Vide molta folla e ne sentì compassione 6,30-44

8. Sono io 6,45-56

9. Ascoltatemi tutti e capite bene 7,1-23

10. Lascia prima che si sazino i figli 7,24-30

11. Ha fatto bene ogni cosa! 7,31-37

 

1. Va’ nella tua casa, dai tuoi 5,1-20 

1 E giunsero all'altra riva del mare, nel paese dei Gerasèni.

2 Mentre scendeva dalla barca, subito gli venne incontro da un cimitero un uomo posseduto da uno spirito impuro.

3 Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato neanche con catene, 4 perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva sempre spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo. 5 Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre.

6 Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi 7 e, urlando a gran voce, disse: “Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!”. 8 Gli diceva infatti: “Esci, spirito impuro, da quest'uomo!”. 9 E gli domandò: “Qual è il tuo nome?”. “Il mio nome è " Legione" - gli rispose - perché siamo in molti”. 10 E lo scongiurava con insistenza perché non lo cacciasse fuori da quel paese.

11 C'era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo.

12 E gli spiriti lo scongiurarono: “Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi”. 13 Glielo permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono nel mare.

14 I mandriani allora fuggirono, portarono la notizia nella città e nelle campagne e la gente venne a vedere che cosa fosse accaduto.

15 Giunsero da Gesù, videro l'indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla "Legione", ed ebbero paura.

16 Quelli che avevano visto, spiegarono loro che cosa era accaduto all'indemoniato, e il fatto dei porci. 17 Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio.

18 Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di poter restare con lui.

19 Non glielo permise, ma gli disse: “Va' nella tua casa, dai tuoi, annunzia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te”.

20 Egli se ne andò e si mise ad annunziare per la Decàpoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti ne erano meravigliati.

 

1. Va’ nella tua casa, dai tuoi 5,1-20

Signore Gesù, hai appena vinto, con la tua parola, le forze violente del mare e del vento e hai indicato ai discepoli la strada della fede in te come vittoria sulla paura, ogni forma di paura. Ed essi si sono interrogati, chiedendosi chi tu possa essere! Ogni episodio che seguirà sarà una risposta al loro interrogativo!

Ora, con i discepoli ancora attoniti, giungi in territorio pagano. È un’altra riva, un paese “lontano”. Qui non c’è fede in Dio e qui non c’è l’attesa di te: nessuno qui attende un Salvatore, un consacrato da Dio, un amico che doni speranza. Qui nessuno ti attende e nessuno ti viene incontro per accoglierti. Questo è davvero un luogo diverso, strano, tanto che i tuoi discepoli nemmeno scendono dalla barca. Tu solo metti piede su questa terra: tu sai che anch’essa ha bisogno di te, perché solo con te entrerà nella vera libertà! Devi rivelarti ai tuoi discepoli come il salvatore di tutto il mondo, anche dei popoli pagani!

Ed ecco, uno ti viene incontro, uno che dimora in terra e ombra di morte (Is 9,1; Mt 4,16). Egli viene dai sepolcri, come fosse già privo di vita. Infatti egli non conosce la vita, conosce solo la violenza della morte, quella che egli stesso esercita contro tutto e contro tutti, persino contro se stesso. Conosce la violenza degli altri: essi non hanno altro modo per rapportarsi con lui che sentirlo e considerarlo nemico, e perciò usano contro di lui violenza per difendere la propria libertà. Nel mondo tutti cercano la propria libertà con la sopraffazione, con lo spezzare i limiti che l’esistenza altrui impone. È un gioco continuo per essere più forte e guadagnare libertà sottomettendo a schiavitù gli altri. Quest’uomo, che ora ti incontra, è ritenuto posseduto da spirito immondo, e davvero è dominato da una forza non umana. Gli altri abitanti della regione sono diversi? È egli un’eccezione, oppure uno che manifesta ciò che gli altri riescono a nascondere?

Egli non conosce l’ordine della notte e del giorno, vive nei luoghi dei morti, grida per comunicare solo il proprio disagio, cerca di dare la morte persino a se stesso. Tu, Gesù, riconosci in lui il popolo che non invoca il nome del Signore, popolo che abita nei sepolcri, sempre immondo, incapace di accorgersi dell’amore di Dio, come già Isaia l’aveva descritto (65,1-5). Tu non ti allontani, non fuggi da quell’uomo, ti lasci avvicinare da lui, che si è accorto della tua presenza. Egli si è accorto che tu non sei come gli altri uomini, che tu nemmeno con lui usi violenza. Viene da lontano, come da un mondo sconosciuto, dove idoli muti e sordi riescono soltanto a spaventare e dare schiavitù. Egli si getta ai tuoi piedi, come uno che sa d’essere vinto e di non avere più alcun potere.

Tu, Gesù, lasci che egli si esprima, che si manifesti. Le sue parole sono gridate. Non è l’uomo, ma lo spirito che grida. Tu, solo tu, sai discernere che quello spirito non è al suo posto L’uomo è stato creato per accogliere il tuo spirito da figlio: soltanto allora è vero uomo che gode pace e gioia e libertà. Quello spirito che è contrario a te e che, pur riconoscendoti, non ti vuole obbedire, strazia l’uomo e lo dilania interiormente. Egli sa che tu vuoi salvare l’uomo proprio dal suo potere e dalla sua presenza. Tu vuoi che egli si manifesti, che non continui ad ingannare gli uomini. Ed egli grida il proprio nome, un nome che fa paura, come può far paura un potere politico basato sul terrore, sulla violenza e sull’imposizione, un potere che domina schiacciando e distruggendo. Tu avevi rifiutato questo potere quando ti era stato offerto da Satana nel deserto. Lo spirito immondo, che stravolge le facoltà dell’uomo e gli impedisce ogni comunione con gli altri uomini, si serve delle forze schiaccianti delle politiche usate dai potenti avidi di denaro e di gloria umana.

Gesù, il tuo compito è ancora attuale perché tu devi incontrare anche i popoli “lontani” per farti conoscere da loro come la vera vita, come colui che dona la vera libertà che non fa uso di violenza.

Gli animali immondi piacciono agli spiriti immondi, che sono solo capaci di distruggere, di dare morte. E tu permetti che gli spiriti s’impossessino degli animali immondi, così da precipitare insieme nell’abisso. La terra così è liberata dal loro nefasto influsso.

I proprietari del benessere immondo vedono l’effetto, benefico per l’uomo, della tua presenza. Colui di cui tutti avevano paura è ora seduto, non fa più del male a nessuno; è vestito, liberato dalla vergogna della nudità, manifestazione del peccato e della ribellione alle regole della società: riconosce gli altri e si lascia riconoscere. Egli ora è sano di mente: può comunicare con gli altri e questi possono comunicare con lui. I proprietari delle ricchezze hanno paura: non vogliono uomini liberi, hanno paura degli uomini veri. E perciò non vogliono te, Gesù: si accorgono che tu rendi gli uomini veri uomini.

Dato che non ti vogliono tu non insisti. Non provi nemmeno a convincerli. Essi hanno visto la tua opera a favore dell’uomo. Sarà l’uomo emarginato e vittima del maligno che ora conosce la vera pace e la vera libertà, l’uomo che conosce te come amico dell’uomo, sarà lui ad annunciarti, a ricordare il prodigio della tua presenza e del tuo amore gratuito. Lui vorrebbe stare con te sempre, ma tu lo fai apostolo perché prepari il suo popolo al futuro incontro con la tua Chiesa!

Tu, Gesù, te ne vai sulla barca. Là, in quella regione lontana, rimane la voce di colui che era tra i morti dei sepolcri a pronunciare il tuo nome che dà vita. Tu scegli ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla (1Cor 1,28) per donare la ricchezza vera, la vita e la speranza del tuo nome a coloro che vivono nell’ombra della morte!

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2. Va’ in pace! 5,21-34 

21 Essendo Gesù passato di nuovo in barca all'altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare.

22 Venne da lui uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, vedutolo, gli si gettò ai piedi

23 e lo supplicava con insistenza: “La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani perché sia salva e viva”.

24 Gesù andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.

25 Ora una donna, che da dodici anni aveva un'emorragia

26 e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando,

27 udito parlare di Gesù, venne tra la folla, alle sue spalle, e toccò il suo mantello. Diceva infatti:

28 “Se riuscirò anche solo a toccare i suoi abiti, sarò salva”.

29 E all'istante le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.

30 Ma subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: “Chi ha toccato i miei abiti?”.

31 I suoi discepoli gli dissero: “Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: Chi mi ha toccato?”.

32 Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo.

33 E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità.

34 Ed egli le disse: “Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va in pace e sii guarita dal tuo male”.

 

2. Va’ in pace! 5,21-34

Signore Gesù, hai messo un seme di vita nella regione dei pagani, dove non sei stato riconosciuto né accolto. Non ti sei meravigliato del rifiuto: essi non erano stati preparati ad accoglierti né dai profeti né da Giovanni.

Ora attraverso il lago ritorni a quella folla che ti conosce e ti attende. Lungo il mare ritrovi un ambiente familiare e semplice. Qui tu hai chiamato i primi discepoli, qui ti ha raggiunto la folla per ascoltare la Parola; proprio qui ora ti raggiunge la disperazione di uno dei capi della sinagoga. Egli ti conosce già, sa che la sofferenza degli uomini ti commuove e che la tua mano opera prodigi. Il suo nome profetico, Giairo, che significa “Dio risusciterà” oppure “risplenda la divinità”, ci preannuncia grandi cose. Egli viene non con l’autorità di cui gode tra gli uomini, ma con l’umiltà della fede, che manifesta inginocchiandosi davanti a te e insistendo nella sua richiesta. Tu gli hai dato tempo di insistere prima di accogliere la sua angosciosa domanda. La sua figlia sta avvicinandosi alla morte. Nessuno può fermare la sua corsa, se non tu soltanto. Giairo ti manifesta questa sua fede con la speranza che la figlia sia da te salvata e da te riceva vita. Il tuo cammino verso la figlia morente diventa processione: tutta la folla si unisce a te.

La folla porta con sè, nascoste, altre sofferenze, ed in essa è presente un’altra fede. Una donna, senza nome per noi, vive una situazione drammatica. Ella soffre nel suo corpo una sofferenza, dalla quale si sente allontanata da Dio e dagli uomini e costretta in una solitudine senza speranza. Ella aveva posto la fiducia negli uomini e nella loro arte medica, e così ha sperimentato quanto sia vera la parola del profeta Geremia: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo” (17,5). La sua situazione è peggiorata, è aumentata la sua sofferenza, e lei si è ridotta in povertà. Gli uomini vogliono essere pagati anche se il loro dire e il loro agire rimane senza frutto.

Di questa donna non conosciamo il nome. Di certo molte altre donne vivono la stessa delusione e la stessa angoscia che dura una vita. Dodici è il numero della completezza: esso ci dice che tutta la vita della donna è stata rovinata da una sofferenza che obbliga persino suo marito ad evitare l’incontro, e la costringe a vivere nascosta, chiusa nel rossore della vergogna.

Gesù, questa donna umiliata e senza speranza, ha udito parlare di te. Il tuo nome e la tua presenza la rialzano. Quanto è preziosa la voce di chi pronuncia il tuo nome e di chi lo fa risuonare! Quanto sono benedette le labbra che parlano di te!

Questa donna è tanto abituata a star nascosta che nemmeno pensa di incontrare il tuo sguardo. Ella è cosciente della sua impurità, tanto che ritiene impossibile chiedere di essere toccata dalla tua mano. Ma la sua fede è viva. Ella sa che ciò che Dio tocca viene santificato e perciò anche ciò che tu tocchi viene purificato, e, se purificato, anche guarito e risanato, poiché tu sei di Dio. Ella non dubita nella sua fede e viene alle tue spalle per toccare il tuo mantello. Gesù, solo il tuo mantello! Basta toccare qualcosa che appartiene a te, che indossi tu! La fede in te rende preziosa ogni cosa tua, ogni oggetto benedetto dal contatto con te.

Tu ti sei accorto della forza divina uscita da te. Sei diventato debole, tu che per noi hai portato il nostro peccato. Ti sei spogliato della “potenza”, della manifestazione divina, e ti sei umiliato per ritrovare noi, perduti nella disobbedienza, con il tuo spogliamento e la tua obbedienza fino alla morte (Fil 2). Ora ti accorgi quanto ti costa dare agli uomini l’amore di Dio per rivelare loro la sua gloria.

La donna guarisce. Tu vuoi però darle di più, vuoi assicurarla del calore del tuo sguardo, vuoi che lei ti incontri, ma soprattutto vuoi che la sua fede sia conosciuta da tutti e sia di esempio per molti! Tu vuoi pure assicurare la donna e la folla che non si è operata una magia. Non è stata lei a darsi la guarigione, non è stato il tuo vestito a risanarla, ma sei stato tu a premiare la sua fede e la sua umiltà. Cercata da te, la donna non scappa, ma, seppur tremante e timorosa di dover rivelare a te e a tutti la sua situazione di impurità e di umiliazione, viene, e manifesta pubblicamente la sua fede in te.

Ormai il passato è cancellato. L’impurità e l’umiliazione sono divenute strumento della tua gloria. Ora tu assicuri la donna dell’amore del Padre chiamandola “figlia”! Ella non deve temere: è amata da Dio, e perciò non deve aver vergogna di nulla, tantomeno del suo passato, perché è stato toccato da colui che è “santo”! Tu vuoi premiare la donna per la sua fede vera, vera perché fonte di salvezza. Le doni il saluto che si dà a chi ha incontrato Dio e il suo amore, e l’assicuri che la sua guarigione è stabile, perché voluta da te.

Gesù, mia salvezza, mio aiuto, mio rifugio e mio consolatore!

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3. Non temere, soltanto abbi fede 5,35-43 

35 Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: “Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?”.

36 Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: “Non temere, soltanto abbi fede!”. 37 E non permise a nessuno di seguirlo fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.

38 Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava.

39 Entrato, disse loro: “Perché fate tanta confusione e piangete? La bambina non è morta, ma dorme”.

40 E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina.

41 Presa la mano della bambina, le disse: “Talità kum”, che significa: “Fanciulla, io ti dico, alzati!”.

42 Subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva già dodici anni. Essi furono presi da grande stupore.

43 Gesù raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

 

3. Non temere, soltanto abbi fede 5,35-43 

Signore Gesù, hai appena congedato la donna con parole di salvezza e la stai ancora assicurando della validità della sua fede, quando t’accorgi che Giairo, che cammina accanto a te, riceve la tragica notizia della morte della figlia. Colui che gli porta questa notizia gli fa pure notare l’inutilità di un tuo intervento. Per lui la morte è la vittoria che conclude ogni lotta, che esclude e cancella ogni altra possibilità. Per gli uomini questo è tragicamente vero: chi ha mai strappato qualcuno dal potere della morte? Solo Dio, pregato dai grandi profeti Elia ed Eliseo, ha potuto ridare la vita a un morto. Viene perciò suggerito a Giairo di lasciarti, di non chiederti più nulla: non ha più senso farti venire in casa, equivarrebbe a farti perdere tempo.

Tu sei attento a questa notizia e alla reazione di Giairo. Egli è tentato di scoraggiarsi, di deporre la sua fede in te: quella notizia è tentazione, motivo per separarsi da te. Per te invece questo è il momento prezioso in cui ti puoi manifestare! Tu porti a compimento quanto hai iniziato, come il Padre, che “completa per me l’opera sua”. Non doni a Giairo argomenti convincenti, gli dai invece una parola, quella che spesso è stata rivolta dagli angeli agli uomini che non potevano contare sulle proprie forze o sulle capacità umane. La tua è una grande parola che prelude e introduce l’intervento diretto di Dio: “Non temere”. È la parola che nelle Scritture risuona trecentosessantasei volte, ogni giorno dell’anno! Non temere. Che cosa deve fare Giairo? “Solo abbi fede”! Egli deve continuare a camminare al tuo fianco, deve lasciar fare a te, che puoi intervenire là dove nessuno finora è mai intervenuto. Tu vuoi vedere quella fede che spera contro ogni speranza (Rm 4,18), quella fede che non mette nulla al di sopra di te, perché tu sei mandato da Dio a compiere le sue opere: opera che manifesta la presenza di Dio è la vittoria sulla morte.

Quanto stai per fare, Gesù, è manifestazione di Dio. Tu sai che Dio non si manifesta agli increduli, perché nella sua mitezza e umiltà non vuole costringere nessuno a credere: credere è opera di libertà e di amore. Per questo, anche se tutti vorrebbero vedere, perché la curiosità muove tutti, tu permetti solo a tre dei tuoi discepoli di accompagnarti. Gli altri si fideranno del loro racconto e della loro fede. Pietro, Giacomo e Giovanni possono vedere l’opera di Dio compiuta da te. Tu certamente ti fidi di tutti i tuoi discepoli, ma vuoi che anch’essi imparino che più importante del vedere è l’ascoltare. I tre testimonieranno, e gli altri nove condivideranno l’ascolto con tutte le altre persone, che non si reputeranno così nè meno degne nè separate dai discepoli.

La notizia della morte della figlia è vera: sono già iniziati i riti funebri, con pianti, lamenti e urla di gente appositamente remunerata. La morte non lascia gli uomini indifferenti. Essa fa sempre soffrire, e la sofferenza, se condivisa, sembra più leggera. Tu, Gesù, hai visto molte volte la sofferenza provocata dalla morte, ma ora essa tocca colui che crede in te. Egli è accanto a te in silenzio, non sa come reagire, non sa cosa pensare e cosa fare. La sua fede cede ogni iniziativa a te.

Tu fai tacere le grida, spegni i lamenti, sorprendendo tutti, perché nessuno ha mai impedito di piangere la morte. Per te la morte non è la situazione definitiva dell’uomo, che per Dio vive sempre! Lo dice spesso, nelle sinagoghe, anche Isaia profeta: “Di nuovo vivranno i tuoi morti. Si sveglieranno ed esulteranno…” (26,19). Tu vedi tutto con gli occhi di Dio. Non ti importa che ti deridano: gli uomini ti derideranno ancora, proprio quando donerai loro in maniera perfetta e definitiva l’amore del Padre e la sua gloria.

Chi non crede deve uscire, e tu li cacci fuori senza ripensamenti, come hai cacciato fuori dal tempio coloro che vi erano entrati per motivi diversi dalla fede e come il Padre ha cacciato fuori dal paradiso l’uomo che non ascoltava più la sua voce. Può restare con te solo chi ha fede in te e da te spera e attende una parola divina. Questa parola tu la rivolgi agli orecchi ormai spenti della ragazzina: la tua voce però risuona anche nel regno dei morti.

Senza temere impurità tu prendi la mano fredda con la tua mano potente, proprio come dice il profeta: “Ti tengo per la destra e ti dico: «Non temere, io ti vengo in aiuto»” (Is 41,13). Talità kum! La tua parola, che non ha nulla di magico ed è compresa da tutti, pronunciata con autorità divina, risveglia la fanciulla, che ti ubbidisce. Ella ha l’età di chi può ubbidire liberamente e coscientemente a Dio, l’età di chi può cominciare ad amare e donare la propria vita. Ella ha dodici anni. Quando tu avevi dodici anni (Lc 2,42) ti sei distanziato dai tuoi genitori per occuparti delle cose del Padre: essi hanno sofferto l’angoscia, come se tu fossi morto. Ti hanno riavuto, ma come risorto, come un figlio che non appartiene a nessun altri che a Dio!

I genitori che ora vedono riaprirsi gli occhi della figlia rimangono stupefatti. È finita la loro angoscia. Ma la ragazza, d’ora in poi, è dono tuo. I genitori imparano a considerare i loro figli e le loro figlie come persone che vivono davvero soltanto quando rispondono alla tua voce, quando ascoltano la tua parola. Allora essi sono veramente vivi, non più in balia delle forze della morte. Allora acquista senso la loro crescita e il loro nutrirsi! Anche la vita ricevuta da te è vera vita che ha bisogno del pane: tu te ne occupi, come una mamma. E i genitori pure ubbidiranno a te quando danno da mangiare ai loro figli.

Gesù, non vuoi che si parli del miracolo: è necessario invece riflettere per capire chi tu sei. Tu sei il Dio che dà la vita, tu sei la vita! Non racconterò a nessuno il prodigio, ma vivrò in modo che tutti possano comprendere che tu sei il mio Dio, la mia luce, la mia vita, la mia gioia!

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4. Da dove gli vengono queste cose? 6,1-6 

1 Partì di là e venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.

2 Venuto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltandolo, rimanevano stupiti e dicevano: “Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani?

3 Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui con noi?”. Ed era per loro motivo di scandalo.

4 Ma Gesù disse loro: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua”.

5 E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì.

6 E si meravigliava della loro incredulità. Gesù percorreva i villaggi d'intorno, insegnando.

 

4. Da dove gli vengono queste cose? 6,1-6

Signore Gesù, con gioia mista a trepidazione devi aver intrapreso il cammino verso la tua patria, il luogo che senti come tuo, perché vi hai trascorso molti anni: là hai giocato con i bambini tuoi coetanei e là hai lavorato come tutti i ragazzi e i giovani. Là hai vissuto le normali relazioni di parentela e di vicinato come tutti gli uomini. Questa volta a Nazaret non sei solo: vengono con te i discepoli, che ti conoscono in modo diverso da come ti vedono gli abitanti del villaggio. Essi hanno visto i tuoi prodigi e hanno cominciato a dare adesione alla tua persona: ti seguono! Gli abitanti di Nazareth ti possono vedere per la prima volta come un Rabbi e ti possono accogliere con fede.

L’occasione per incontrare la gente arriva nel giorno consacrato. Tu rispetti le abitudini e le leggi e non inventi novità. Il sabato ti dà l’occasione per parlare a tutti quelli che vogliono vivere la fede, ascoltare la parola di Dio e lodare la sua onnipotenza. Tu puoi alzarti a spiegare le Scritture, e proprio esse ti danno occasione di insegnare. Quali belle notizie puoi donare ai tuoi parenti e a quelli che hai conosciuto e amato! Anche per loro l’amore di Dio e la sua vicinanza e la sua attesa di essere amato sono sorpresa che si ascolta con gioia! Le tue parole suscitano stupore e meraviglia sia perché rivelano una grande e bella novità, sia perché sei tu a pronunciarle. Le tue parole non vengono da sapienza umana, non sono frutto di studio e di ragionamenti intelligenti. Tutti percepiscono che le tue parole sono sapienza di Dio, quella che solo lui può averti dato, così come i prodigi da te altrove compiuti possono essere solo opera di Dio.

La sapienza e la forza sono di Dio (Gb 12,13) e del suo Spirito (Is 11,1) e perciò tu, senza difficoltà, potresti essere riconosciuto come colui che è mandato da Dio “per portare il lieto annunzio ai poveri” (Is 61,1).

Gli abitanti di Nazaret fin dalla tua giovinezza ti avevano visto lavorare nelle loro case, chiamavano tua Madre per nome, e, forse, di lei conservavano un’opinione certamente non informata della sua prodigiosa maternità, e perciò diffamatrice. Nell’espressione “figlio di Maria” sentiamo la continua sofferenza per l’incomprensione che ha accompagnato sia tua Madre che te stesso per trent’anni. Tutta la tua parentela era presente alla memoria dei Nazaretani, che con essa avevano a che fare quotidianamente.

Questa loro “conoscenza” così concreta impediva di prendere sul serio le tue azioni e le tue parole divine e di trarne le conseguenze. Tu stesso diventi per loro ostacolo alla fede in te. Non tu, Gesù, ma la conoscenza umana di te, con il giudizio che questa conoscenza porta con sè, fa emergere un orgoglio che impedisce il sorgere della fede.

Tu, Gesù, te ne accorgi. Ti accorgi che i tuoi paesani non traggono le conseguenze della loro meraviglia per le tue parole sapienti. Tu te l’aspettavi già, perché i profeti, coloro che pronunciano le parole di Dio, non vengono presi sul serio da coloro che conoscono la loro umanità. È tentazione comune agli uomini di tutti i luoghi e di tutti i tempi pensare che Dio non possa manifestarsi attraverso uomini deboli, normali, semplici. L’idea che gli uomini hanno di Dio esige che egli si manifesti semmai attraverso persone straordinarie: non sono pronti ad accogliere il mistero della tua incarnazione, il mistero di un Dio povero, umile, semplice, che si fa partecipe della nostra storia.

Eppure conoscono la promessa di Dio pronunciata da Mosè: “Il Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me; a lui darai ascolto” (Dt 18,15). Tu percepisci proprio a Nazaret di essere disprezzato e puoi riconoscere perciò ancor più che sei tu colui di cui Isaia dice: “Era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima” (53,3). Tu sei davvero il profeta, e più che profeta!

A Nazaret non c’è la fede di Giairo, né quella della donna impura per le perdite di sangue. Eventuali prodigi non avrebbero senso, non porterebbero nessuno a credere in te: verrebbero accolti solo come benefici di un amico. Ma non possiamo generalizzare: anche qui qualcuno si distingue, anche qui qualcuno, pochi, riconoscono Dio all’opera in te! E attraverso di loro anche gli altri ricevono un segno: “Ascoltino o non ascoltino, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro” (Ez 2,5)!

L’incredulità dei tuoi parenti e amici ti lascia meravigliato, sbalordito. E con questa strana meraviglia ti allontani per continuare il tuo annuncio profetico altrove, dove nessuno ti conosce.

Gesù, talvolta mi chiedo se sono anch’io come quelli di Nazaret. Da tanti anni ti conosco, sento parlare di te, al punto che non ci faccio più caso. Abbi pietà di me. Non voglio essere indifferente a te: tu sei il mio Signore, tu sei il mio Dio!

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5. Prese a mandarli a due a due 6,7-13 

7 Allora chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri.

8 E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient'altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura;

9 ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.

10 E diceva loro: “Se entrate in una casa, in qualunque luogo, rimanetevi fino a quando non andrete via di lì.

11 Se in qualche luogo non vi accogliessero, andatevene e scuotete la polvere dai vostri piedi come testimonianza per loro”.

12 Ed essi, partiti, predicarono che la gente si convertisse,

13 scacciavano molti demoni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano.

 

5. Prese a mandarli a due a due 6,7-13

Signore Gesù, non ti scoraggi per il rifiuto ricevuto a Nàzareth, e invece moltiplichi la tua predicazione: incominci a inviare i Dodici! Anzitutto li chiami vicino a te, come già avevi fatto altre volte (1,17; 3,14s). Essi devono aderire alla tua persona, imparare da te come impara chi ti ama e si è accorto che da te viene la vita! Li chiami: come tu sei sempre rivolto al Padre, così essi devono essere protesi a te. Da questa intimità e confidenza e unità di vita e di intenti li puoi mandare. Essi sono in grado, perché uniti a te, di andare e fare ciò che tu fai.

Li mandi a due a due! Essi non dovranno proporre se stessi e la propria esperienza, ma solo ciò che tu consegni! La loro testimonianza sarà accolta come vera perché testimonianza di comunione, di vita d’amore, di condivisione di fede. Si aiuteranno nelle necessità, si sosterranno a vicenda, si correggeranno reciprocamente per non diventare stravaganti o ripiegati su di sè. Tu, Gesù, donerai lo Spirito Santo, Spirito di comunione: vuoi che i tuoi abbiano sempre la possibilità di fargli portar frutto! Il primo incarico dato da te ai Dodici, anche senza doverlo dire, è quello di essere umili, ubbidienti l’uno all’altro, fedeli al messaggio ricevuto da te! Come è bella e grande la tua sapienza, Signore Gesù!

Tu “davi” loro potere sugli spiriti impuri! Gesù, tu stesso hai visto che gli spiriti impuri impediscono l’ascolto della tua Parola, e perciò anche la salvezza dell’uomo. Gli spiriti impuri, che non sopportano la tua presenza, devono abbandonare gli uomini prima che i tuoi inviati parlino di te! I tuoi discepoli devono saper riconoscere questi spiriti per poter esercitare su di essi l’autorità del tuo nome. L’autorità su di loro la doni tu, non viene da capacità particolari dei discepoli. Questi saranno sempre orientati a te, coscienti che ogni loro passo e ogni loro parola riceve motivo e forza e frutto da te. Questo lo devono sempre ricordare: non lo dimenticheranno se nel loro andare saranno poveri, mantenendo sempre viva la fede nella presenza del Padre che li ama perché ubbidiscono a te.

Avranno con sè un bastone. Più che difesa da animali pericolosi questo bastone sarà memoria di quello con cui Mosè ha aperto il Mare e fatto scaturire l’acqua dalla roccia (Es 4,17; 14,16; 17,5). Sarà sostegno per la loro fede nella potenza di Dio e profezia che solo nel legno della croce abbiamo salvezza (Nm 21,8).

I due discepoli non si preoccuperanno del pane, perché hanno nel cuore te, unico pane necessario. Non avranno riserve di cibo, né di vestito e nemmeno del denaro dei poveri. Faranno esperienza e potranno annunciare, senza bisogno di parole, che il Padre è davvero padre, e che la tua parola si diffonde con la sua stessa forza. I sandali invece li lasci calzare, perché il cammino sia spedito: è urgente l’annuncio del Regno di Dio (Ef 6,15).

I tuoi discepoli potranno essere accolti o rifiutati, proprio come te. Tu sei stato ascoltato e sei stato allontanato. Come dovranno reagire i tuoi inviati quando saranno accolti e quando saranno rifiutati?

Se saranno accolti non ne approfitteranno per migliorare la propria condizione. Da poveri saranno accolti dai poveri: rimarranno nelle case dei poveri. Essi non devono distribuire ricchezze, ma solo la tua Parola. Questa è potente anche quando esce da una casa povera, anzi, proprio allora ha maggior forza di persuasione.

Se non saranno accolti, non dovranno fare calcoli e inventare stratagemmi per farsi accettare o per convincere della verità della tua Parola. Non si creeranno nemmeno sensi di colpa per non essere riusciti a convertire qualcuno. Non dovranno perdere tempo con chi non vuole aver rapporto con te. Se ne andranno e faranno sapere, scuotendo la polvere, che non sono in comunione con chi rifiuta te e la tua parola. Non cercheranno altri motivi per rimanere, non si illuderanno di poter salvare quella città con altre azioni, proponendo valori condivisi, né cercheranno di mantenere comunione fondandosi su iniziative congiunte per il benessere della città. Solo il tuo nome è salvezza. Solo tu sei il Salvatore vero e necessario a tutti.

I tuoi discepoli ubbidiscono e vanno a due a due, portatori di una notizia certa (Dt 19,15). Propongono alla gente di convertirsi, di attendere te e di fondare su di te la loro speranza. Essi vedono i demoni e li scacciano, perché il tuo nome sia accolto e amato! Tu agisci davvero con loro, e il tuo potere accompagna le loro parole. Quale grazia e quale pace scende, Signore Gesù, su quelle persone e in quei villaggi visitati dai tuoi! Essi poi completano il loro compito con l’attenzione agli infermi, proprio come tu avevi fatto a Cafarnao e a Nazareth. Non confidano nelle proprie mani, ma con olio ungono i malati, con l’olio che evoca l’unzione con cui tu sei stato consacrato Messia per la salvezza degli uomini (Is 61,1). Quell’olio mette i malati a contatto con te, con la missione che il Padre ti ha consegnato e con l’amore con cui tu gli ubbidisci! Ed essi vengono guariti: la fede dei tuoi discepoli li tocca: essa è vera, come quella di Giairo e come quella della donna che ha toccato il tuo mantello nascosta tra la folla.

Gesù, grazie che hai fatto partecipi i tuoi discepoli della tua missione, del tuo potere d’amore e di salvezza, e della tua disposizione a portare la croce!

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6. Venne il giorno propizio 6,14-29 

14 Il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era diventato famoso. Si diceva: “Giovanni il Battista è risorto dai morti e per questo il potere dei miracoli opera in lui”. 15 Altri invece dicevano: “E' Elia”. Altri ancora dicevano: “E' un profeta, come uno degli antichi profeti”.

16 Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: “Quel Giovanni che io ho fatto decapitare è risorto!”.

17 Proprio Erode, infatti, aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l'aveva sposata. 18 Giovanni infatti diceva a Erode: “Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello”.

19 Per questo Erodìade gli portava rancore e avrebbe voluto ucciderlo, ma non poteva 20 perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell'ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.

21 Venne però il giorno propizio quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell'esercito e i notabili della Galilea.

22 Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: “Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò”.

23 E le giurò più volte: “Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno”.

24 Essa uscì e disse alla madre: “Che cosa devo chiedere?”. Quella rispose: “La testa di Giovanni il Battista”.

25 E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta dicendo: “Voglio che tu mi dia adesso su un vassoio la testa di Giovanni il Battista”.

26 Sebbene molto rattristato, il re a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto. 27 E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni.

28 La guardia andò, lo decapitò in prigione e portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre.

29 I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.

 

6. Venne il giorno propizio 6,14-29

Signore Gesù, dove sei e cosa fai ora che i tuoi discepoli sono partiti per la loro prima esperienza come annunciatori del tuo regno? Certamente li stai accompagnando con la preghiera che ti è sempre familiare. E noi stiamo a vedere e ascoltare ciò che la gente dice di te. Sei diventato famoso, tanto che anche il tetrarca Erode vorrebbe sapere. La gente che non ti ha mai visto insieme a Giovanni riesce a pensare che lui sia risorto e che in te continua il ministero profetico con l’aggiunta di miracoli. Qualcuno, più addentro nelle Scritture, ti identifica con Elia, che il profeta Malachia ha annunciato (3,23), oppure col profeta di cui parla Mosè nel suo libro (Dt 18,15). I rimorsi di coscienza non si spengono nel cuore di Erode, che preferisce perciò pensare che Giovanni sia di nuovo vivo, avendo ricevuto il grande premio per la sua santità, quello di poter fare miracoli: in questo caso il delitto della sua decapitazione è meno gravoso da sopportare.

Tu, Gesù, hai amato il tuo precursore e certamente hai udito insieme ai tuoi discepoli le circostanze dettagliate della sua morte. E hai meditato su di esse come su altrettante profezie per te.

“Davanti ai re parlerò della tua alleanza senza temere la vergogna” (Sal 119,46): così Giovanni, e così anche tu nel Sinedrio e nel Pretorio. “Elia… la sua parola bruciava come fiaccola. … Fosti designato a rimproverare i tempi futuri” (Sir 48,1.10). Ascoltando le circostanze del sacrificio di Giovanni ci prepariamo a vedere il tuo, Signore Gesù.

L’adulterio di Erode è il punto di partenza, peccato colpevole dell’omicidio. Come Davide, dopo aver desiderato Betsabea, meditò e realizzò la morte di Uria, così Erode, peccando con Erodiade, non riesce a sottrarsi dal divenire omicida. Ogni peccato genera altro peccato e morte, perché tutti i peccati sono omaggio a colui che è “omicida fin dal principio” (Gv 8,44). Giovanni pronuncia la sua parola profetica come l’aveva pronunciata Elia. E come la regina Gezabele meditò e cercò di realizzare la morte del grande profeta, così Erodiade sfoga il suo odio contro Giovanni, che ricorda a lei e a Erode la legge di Dio che dichiara il male dell’incesto: “Se uno prende la moglie del fratello è una impurità” (Lev 20,21). Invece di essergli riconoscente vorrebbe ucciderlo. Così, Gesù, vorranno uccidere te i Sinedriti, cui tu rimprovererai l’idolatria del denaro e del potere.

Per Giovanni venne “il giorno propizio”, agognato da Erodiade, giorno atteso dai santi come giorno di testimonianza suprema a Dio. Per te giungerà “l’ora” del “battesimo” che devi ricevere (Lc 12,49s), ora da te attesa con impazienza, affrettata dai capi, “l’ora” in cui glorificherai il Padre consegnandogli il tuo Spirito.

Come Erode cerca di difendere Giovanni, pur tenendolo legato in catene, così Pilato cercherà di liberarti, pur facendoti flagellare.

Erode conosceva Giovanni come uomo “giusto e santo” e “lo ascoltava volentieri”. Tu sarai ritenuto da Pilato giusto e senza colpa, ed egli si intratterrà a parlare con te con meraviglia.

Interviene la figlia di Erodiade, plagiata dalla madre, a costringere il re a realizzare il suo perverso disegno. Così la folla, istigata dalla menzogna dei capi, costringerà Pilato a consegnarti ai soldati.

Erode vuol dare alla ragazza ciò che lei vuole (Est 7,2), e Pilato dà ai Giudei quello che essi vogliono: volete che vi liberi Barabba o Gesù?

L’idolatria di Erode arriva a dare più importanza alla propria parola che alla Parola di Dio, ai propri invitati che al profeta di Dio. Così il vassoio con la testa di Giovanni arriva nella sala e sul tavolo del banchetto. Anche qui, Gesù, tu vedi una profezia, perché tu stesso farai passare sulla mensa dei tuoi discepoli attoniti il vassoio e il calice del tuo Corpo e del tuo Sangue dati per noi!

I discepoli di Giovanni, in silenzio, ne posero il cadavere in un sepolcro. I tuoi discepoli, quelli che ora mantengono pusillanime distanza da te, ti offriranno il sepolcro profumato e gli onori della sepoltura.

Signore Gesù, abbiamo ascoltato con te il racconto della testimonianza di Giovanni. In tal modo la sua morte non ci rattrista nè ci meraviglia. Il peccato degli uomini ha bisogno del sacrificio dei giusti per essere redento. Uccidendo, gli uomini realizzano l’offerta dei santi. Tra questi uomini sono anch’io, col peso del mio peccato.

Meditando sul giorno di Giovanni, tu, Gesù, ti prepari ad offrire al Padre l’ultimo sacrificio, il perfetto, il primo e l’ultimo, che darà forza e significato a quello di tutti i discepoli che si uniranno a te e consegneranno a te la loro vita. Ora essi stanno predicando e lottando contro il regno di Satana: torneranno per stare ancora con te, che li preparerai al dono pieno di sè.

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7. Vide molta folla e ne sentì compassione 6,30-44 

30 Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato.

31 Ed egli disse loro: “Venite in disparte, voi soli, in un luogo solitario, e riposatevi un po'”. Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare.

32 Allora partirono in barca verso un luogo deserto, in disparte.

33 Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero. 34 Sbarcando, vide molta folla e ne sentì compassione, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.

35 Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i discepoli dicendo: “Il luogo è deserto ed è ormai tardi; 36 congedali, in modo che, andando per le campagne e i villaggi dei dintorni, possano comprarsi da mangiare”.

37 Ma egli rispose: “Date loro voi stessi da mangiare”. Gli dissero: “Dobbiamo andare a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?”. 38 Ma egli disse loro: “Quanti pani avete? Andate a vedere”. Si informarono e dissero: “Cinque pani e due pesci”.

39 E ordinò loro di farli sedere tutti, a gruppi, sull'erba verde.

40 E sedettero tutti, a gruppi di cento e di cinquanta.

41 Presi i cinque pani e i due pesci e alzati gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero a loro; e divise i due pesci fra tutti.

42 Tutti mangiarono a sazietà, 43 e portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane, e del pesce.

44 Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.

 

7. Vide molta folla e ne sentì compassione 6,30-44

Signore Gesù, coloro che tu hai inviato ritornano a te. Essi sanno che tu li hai chiamati perché stiano con te, perché sei tu che doni loro vita e pace. Essi consegnano a te tutto il loro agire raccontandoti quanto hanno fatto e insegnato. Tutto era avvenuto con il potere che tu avevi loro donato e secondo l’esempio che tu hai mostrato.

Tu li ascolti e vedi che essi hanno bisogno ancora di imparare, di conoscerti, di godere l’intimità con te, e, inoltre, dato che tutti ti cercano, hanno bisogno di risposo… Li inviti in disparte, come anche tu ti eri ritirato in disparte, e proponi il deserto. Vuoi che essi vivano insieme a te l’esperienza che il popolo aveva vissuto con Mosè? Vuoi che stiano soli per non subire l’influsso delle mode del mondo e del pensare superficiale ed effimero della gente, come il popolo aveva dovuto purificarsi dagli idoli d’Egitto?

Questo è il vero riposo: essere soli con te! Ed ecco che con loro attraversi il mare verso il deserto! Ma nel frattempo il deserto si è affollato come non mai. Ti trovi davanti una folla ancora più numerosa di quella che hai lasciato: davvero “tutti ti cercano” e lasciano tutto per stare con te. Hanno capito che tu sei il pastore. Vedendoli, con il tuo sguardo, che è quello di Dio, vedi in loro le pecore sbandate, senza orientamento, senza sicurezza e senza nutrimento, di cui parlano i profeti. Tu vedi con gli occhi e guardi con il cuore: capisci che questo è il momento voluto dal Padre: egli vuole essere il pastore che si cura delle pecore affamate e disperse, per riunirle e farle riposare. Dio lo fa attraverso di te! In te sorge la misericordia fedele di Dio, e capisci di essere tu ora la rivelazione del suo amore compassionevole; cominci a dare il cibo di cui la loro anima ha fame. La fame più intensa di cui è necessario occuparsi è quella della Parola di Dio! Infatti “non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Dt 8,3), perché “se tu non mi parli io sono come chi scende nella fossa” (Sal 28,1). Tu vuoi che l’uomo viva, e perciò gli parli, gli doni Parola di vita!

Ed ecco che continui ad insegnare, come molte altre volte hai fatto. Le ore del giorno sono sempre poche quando tu parli, perché la tua parola è dolce come il miele, e come pane sazia i desideri del cuore.

I tuoi discepoli, cui hai cominciato a dare responsabilità, ti vorrebbero dare una duplice soddisfazione: farti vedere che anch’essi vedono i bisogni della gente e se ne occupano, e inoltre farti raggiungere lo scopo per cui sei venuto in questo “luogo deserto”! Il loro suggerimento prevede che tu congedi la folla così com’è, in modo che si arrangi: resterebbero così finalmente soli con te! Ma tu, Gesù, non hai mai sentito dire che un pastore possa congedare le pecore affamate!

I tuoi discepoli non hanno ancora compreso chi tu sei, e perciò nemmeno chi essi stessi sono. Se avessero capito che tu sei il Pastore, avrebbero compreso anche il loro ruolo verso quella gente. Essi hanno distribuito la Parola, ora possono anche donare il pane. Ma non capiscono che, come tu hai donato loro la parola da insegnare, così vuoi mettere nelle loro mani anche il pane da distribuire.

Come tutti gli uomini immersi nei modi di fare del mondo ove comanda mammona, essi pensano ad acquistare pane dagli uomini. Essi danno valore e peso al denaro, e perciò – benché indirettamente – approvano le ingiustizie e i peccati di cui il denaro è fautore. Tu agisci in altro modo, e anche questo insegni ai tuoi, perché la tua Chiesa si distingua dal mondo. “Quanti pani avete?”. Tu ci vuoi dire che la provvidenza di Dio è sempre sufficiente, che il Padre provvede ai suoi figli senza lasciar mancare loro nulla. Quello che abbiamo è dono di Dio, e il dono di Dio non è mai poco, esso è sufficiente per il nostro compito nel tuo Regno.

I tuoi hanno cinque pani. Sono meno di quelli di cui disponeva il servo di Eliseo per metterli davanti a cento uomini (2Re 4,42), ma tu sei più grande di Eliseo! Sono cinque, come i libri della Torah! E ci sono anche due pesci, nutrienti come i Salmi e gli altri Scritti!

Ora tu non ti accontenti di dar da mangiare alla folla, ma vuoi che questa si prepari come a partecipare ad un banchetto di festa e di comunione, ordinandosi a grandi tavolate da cento e da cinquanta uomini. Nessuno deve sedersi dove vuole e soltanto con chi vuole, e nessuno può rimanere solo: ognuno farà l’esperienza di partecipare ad un gruppo, ad una comunità, che non sarà nè troppo grande nè troppo piccola, comunità che ubbidisce ai tuoi discepoli! Tutti si devono accorgere di essere un popolo, ordinato come quello di Mosè (Es 18,25), arrivato a destinazione, finalmente arrivato al riposo. Accanto a te ogni ricerca si placa, ogni sete si estingue. Il deserto non è più deserto, ma tappeto verde, come i verdi pascoli dove il pastore, Dio stesso, conduce il suo gregge! Chi sta con te, e da te riceve la parola, è un popolo, nuovo e pacifico, con un capo pastore e i suoi aiutanti che servono con ubbidienza e umiltà.

Come un capofamiglia, Gesù, prendi nelle tue mani i pani e i pesci, alzi gli occhi al cielo, gli stessi occhi con cui prima avevi visto gli uomini con misericordia: l’aiuto viene dall’alto, dove abita quel Dio che ci ha dato la vita! Verso di lui pronunci la benedizione: egli è benedetto nei secoli! I pani ora si spezzano nelle tue mani. I pani sono cinque, ma i pezzi, chi li può contare? Dalle tue mani passano a quelle dei Dodici, ed essi distribuiscono. Tra le aiuole di uomini passano i tuoi, come servi, gioiosi e stupiti servitori tuoi e del popolo ad un tempo. I loro cinque pani sfamano tutti i presenti, e a ciascuno di essi rimane ancora una cesta piena.

Gesù, verrò anch’io a gustare il sapore di quel pane, a godere del profumo delle tue mani che esso diffonde! Imparo anch’io, come i tuoi discepoli, e terrò gli occhi levati al cielo ogni volta che vedrò la fame sulla terra. La parola e il pane non mancheranno! Imparo a non fare calcoli, ma ad ascoltare la tua voce. Tu hai un pane che sazia ogni desiderio, tu sei il pane per tutti coloro che siedono per essere serviti dai tuoi apostoli! Grazie, Gesù!

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8. Sono io 6,45-56 

45 Ordinò poi ai suoi discepoli di salire sulla barca e di precederlo all'altra riva, verso Betsàida, finché non avesse congedato la folla.

46 Quando li ebbe congedati, salì sul monte a pregare.

47 Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli solo, a terra.

48 Vedendoli però affaticati nel remare, perché avevano il vento contrario, sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare, e voleva oltrepassarli.

49 Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: “E' un fantasma!”, e si misero a gridare,

50 perché tutti lo avevano visto e ne erano rimasti sconvolti. Ma egli subito parlò loro e disse: “Coraggio, sono io, non abbiate paura!”.

51 E salì sulla barca con loro e il vento cessò. E dentro di sé erano estremamente meravigliati,

52 perché non avevano capito il fatto dei pani: il loro cuore era indurito.

53 Compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Genèsaret e approdarono.

54 Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe

55 e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse.

56 E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno la frangia del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati.

 

8. Sono io 6,45-56

Signore Gesù, nessuno ti ha ringraziato per i pani? Nessuno ha lodato Dio per il prodigio di cui una folla intera ha goduto? Che cosa è successo da dover tu costringere i tuoi discepoli a lasciare te solo, a lasciare la folla destinata ad essere il nuovo popolo di Dio? Nessuno ha capito chi sei tu, che prepari il banchetto nel deserto fiorito? Oppure hanno capito, ma a modo loro, e – come narra Giovanni (6,15) – vorrebbero costringere te a regnare come un re al posto di Erode? I discepoli devono salire subito sulla barca, e tu saluti tutti da solo. Li raggiungerai in seguito. Riusciranno a precederti? Tu non hai fretta, se non di ritrovarti nel silenzio a tu per tu con il Padre. Quale è oggi la tua preghiera? Chiedi al Padre come puoi manifestarti ai discepoli affinché essi, finalmente, comprendano chi tu sei?

Tra te e loro c’è grande distanza. Essi, insieme, ma senza di te, in mezzo al mare, nel pericolo incombente. Tu senza di loro sul monte! Ecco l’occasione: essi sono in pericolo per il vento, puoi soccorrerli facendo ciò che Dio solo può fare: così essi ti riconosceranno! Dio “cammina sulle onde del mare” (Gb 9,8) e “sul mare passava la tua via, i tuoi sentieri sulle grandi acque” (Sal 77,20). “Alla veglia del mattino il Signore gettò lo sguardo sul campo degli Egiziani” (Es 14,24): ecco che alla veglia del mattino vai verso la barca, camminando sull’acqua. Ora capiranno i tuoi un messaggio così chiaro: “la soccorrerà Dio prima del mattino” (Sal 46,6)! Tutto dice che tu sei Dio, il Dio che ama e veglia sul suo popolo. Se i discepoli non hanno capito perché hanno dovuto abbandonare un’occasione di sicuro successo, ora aumenteranno la loro fiducia in te, perché si accorgono che tu sei davvero la presenza di Dio in mezzo a loro. Essi devono dar fiducia a te e non alle conclusioni della folla, che non conosce i disegni di Dio! Per dare un altro segno ancora tu li vuoi oltrepassare: ricorderanno ciò che Dio disse a Mosè: “Farò passare davanti a te tutto il mio splendore e proclamerò il mio nome: Signore, davanti a te” (Es 33,19), e ancora: “Il Signore passò davanti a lui” (34,6). Ma i discepoli, affaticati, non riescono a ricordare le Scritture. Essi non hanno mai visto nessuno camminare là dove essi faticano a remare. Ti vedono, ma riesce loro più facile identificarti con un fantasma, con qualcosa di inesistente che può solo metter paura. Non mi meraviglio, perché riconoscere te comporta prendere posizione contro questo mondo, e ciò è più faticoso di un po’ di paura per un fantasma. Gesù, anche questa volta devi intervenire con la tua parola, anzitutto per rassicurare e quindi per manifestarti. “Coraggio”, è l’invito a smettere di gridare inutilmente. Il tuo discepolo non deve mai gridare. Le grida non testimoniano nulla di te. “Io sono”: questa è la parola che non dovrebbe lasciar più dubbi sulla tua identità. Adesso i discepoli nella barca sanno perché cammini sulle acque, perché conosci la via nella notte, che “per te è chiara come il giorno”, perché li vuoi oltrepassare, e anche perché nel deserto, con cinque pani hai saziato i cinquemila: il tuo nome è “Io sono”, il nome del Dio dei padri che si è rivelato a Mosè (Es 3,14). Essi ti devono riconoscere, perché anche Isaia ha scritto: «Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni. Se dovrai attraversare le acque, sarò con te,… poiché io sono il Signore tuo Dio, il Santo di Israele, il tuo salvatore» (Is 43,1-3).

Tu, Gesù, sei il nostro Dio! Sali sulla barca: sei di nuovo insieme, finalmente! Il vento cessa: ogni pericolo con te svanisce. Ma i discepoli non riescono ad andar oltre allo stupore. Quei pani sono rimasti loro sul gozzo: essi non hanno digerito il fatto che tu non abbia approfittato della popolarità, e non hanno capito che se tu sei Dio essi non possono insegnarti nulla, ma devono solo imparare! Volevano anch’essi che tu cogliessi il momento per instaurare sulla terra un regno come quelli destinati a cadere? Il regno di Dio che tu hai predicato è diverso da essi! Com’è difficile accettare che tu sia il Dio con noi!

Arrivato a terra ricomincia il trambusto. Ci sono ancora malati che credono tu possa guarirli. Ormai essi si contentano di toccare le frange colorate (sisith) del tuo mantello! Credere che tu guarisci i nostri mali è facile, credere che tu sei Dio è troppo difficile persino per coloro che stanno sempre con te!

Nonostante la nostra incredulità è bello vedere che tu apprezzi anche il primo passo di una fede povera, interessata al nostro benessere. Quanti ti toccavano venivano “salvati”: non solo guariti, ma salvati, salvati dall’essere in balia di questo mondo perverso, dal pensare di te come pensano tutti. Chi è guarito da te comincia a lodarti, a guardare a te con interesse, a tenere il tuo nome nel proprio cuore, legato alla propria vita e si distacca progressivamente dall’influsso delle vanità e delle mode degli uomini. Nei malati per primi si manifesta in tal modo la bellezza e bontà del Regno di Dio, così da vedere che realmente gli ultimi sono i primi a godere di te e dell’amore del Padre!

Gesù, abbi pietà di me!

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9. Ascoltatemi tutti e capite bene 7,1-23 

1 Allora si riunirono attorno a lui i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. 2 Avevano visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate - 3 i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati le mani fino al gomito, attenendosi alla tradizione degli antichi4 e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie e di oggetti di rame - 5 quei farisei e scribi lo interrogarono: “Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?”.

6 Ed egli rispose loro: “Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto:

Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me.7 Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini.

8 Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini”. 9 E diceva loro: “Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione. 10 Mosè infatti disse: Onora tuo padre e tua madre, e chi maledice il padre o la madre sia messo a morte . 11 Voi invece - se uno dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è "Korbàn", cioè offerta a Dio - 12 non gli permettete di fare più nulla per il padre o la madre. 13 Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte”.

14 Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: “Ascoltatemi tutti e capite bene! 15 Non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall'uomo a renderlo impuro”. [16].

17 Quando entrò in una casa, lontano dalla folla, i discepoli lo interrogavano sulla parabola. 18 E disse loro: “Così neanche voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nell'uomo dal di fuori non può renderlo impuro, 19 perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va nella fogna?”. Così rendeva puri tutti gli alimenti.

20 E diceva: “Ciò che esce dall'uomo è quello che rende impuro l'uomo. 21 Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, 22 adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza.

23 Tutte queste cose cattive vengono fuori dall'interno e rendono impuro l'uomo”.

 

9. Ascoltatemi tutti e capite bene 7,1-23

Signore Gesù, quelli che ti toccavano venivano salvati perché tu sei il Dio con noi, quel Dio che vuole l’uomo accanto a sè; e lo vuole con sè anche se peccatore, perché è sua creatura. Dio ama tutto ciò che ha creato! Tu sai che ti addentrerai ora in regioni pagane (7,24), e perciò prepari i discepoli, perché non succeda com’è successo al di là del lago, dove nemmeno sono scesi dalla barca per metter piede su suolo immondo! L’occasione ti viene data dai farisei, e dagli scribi che essi hanno chiamato in aiuto da Gerusalemme. Essi stanno spiando il tuo comportamento e quello dei tuoi discepoli. Questi hanno distribuito i pani ai cinquemila senza lavarsi le mani!

Tu conosci la preghiera: “Lavo nell’innocenza le mie mani e giro attorno al tuo altare, Signore” (Sal 26,6) e sai quanto è importante lodare Dio con mani pure, non macchiate di azioni colpevoli contro il prossimo! Questi che si riuniscono attorno a te con fare minaccioso e tono di condanna, sembra siano capaci solo di leggere la lettera dei comandamenti ed esigono perciò un’osservanza esteriore perfetta. Può Dio ricever gloria da un rito esteriore se non è accompagnato dall’amore del cuore? Tu, Signore Gesù, non ricordi solo le prescrizioni della Legge, ma hai ben fisso nel cuore il loro significato, ricordato con parole forti dai profeti! Essi hanno detto: “Non posso sopportare delitto e solennità” (Is 1,13), “quando stendete le mani, io allontano gli occhi da voi. Lavatevi, purificatevi, togliete il male delle vostre azioni dalla mia vista” (1,15.16): ecco cosa significa lavarsi!

I tuoi interlocutori godono di autorità presso il popolo: tu devi essere perciò chiaro e forte nel rispondere, perché almeno i tuoi discepoli non siano ostacolati dal darti piena fiducia. Benché i personaggi che stanno davanti a te siano farisei e scribi, tu li designi per quel che sono veramente: “ipocriti”; essi portano la maschera, come gli attori del teatro. Lavano sì le mani e le stoviglie, ritenendo e facendo in tal modo ritenere di essere puri, graditi a Dio. Ma è questo ciò che Dio gradisce? Non è piuttosto un cuore obbediente, un comportamento rispettoso verso gli uomini, in particolare verso i più poveri, gli orfani e le vedove, un comportamento giusto e generoso verso i lavoratori, come ha scritto Amos, il profeta dei poveri: “Ristabilite nei tribunali il diritto!” (5,15) e Isaia, nel brano da te citato (29,13).

Capiranno i signori che ti stanno davanti? Capiscano o no, tu continui. Capiranno i tuoi discepoli, capiremo noi, che ti vogliamo seguire perché ora sappiamo chi sei. È rimasta nella tua mente qualche notizia: qualcuno si rifiuta di assistere i propri genitori nelle loro necessità pur avendone i mezzi. Come mai? Quegli si giustifica ed è giustificato dalle autorità: ha dichiarato che i suoi beni, ereditati dai genitori stessi, sono destinati al culto. L’amore ai genitori, comandato esplicitamente da Dio, non è culto? Non è obbedienza a Dio, sua volontà? In tal modo le intenzioni dell’uomo, che del resto non sono sempre pure, si mettono al posto dei comandi espliciti di Dio. Se i tuoi interlocutori non accettano queste tue parole non sono degni di ulteriore conversazione!

Ora chiami la folla, che aveva ceduto il posto ai dignitari, e si era ritirata. Ma adesso tutti devono ascoltare e cercare di capire. Quanto tu dici è necessario per comprendere e fare nostri i misteri del Regno che vuoi consegnarci. Ed ecco che ci riveli che tutto ciò che è fuori di noi, tutto ciò che ci circonda, non può distoglierci dall’essere donati e graditi a Dio. Non solo gli alimenti, ma anche gli ambienti, le organizzazioni, le opere dell’uomo non devono e non possono farci paura. Le realtà da evitare sono quelle che produciamo noi, disobbedienti alla Parola di Dio, quando esprimiamo sensualità, egoismo, avidità, le passioni che si susseguono in noi senza tregua, se non accogliamo te come unico nostro Signore, come nostra vita, nostro pane!

I discepoli hanno bisogno di comprendere ancora: anch’essi sono di dura cervice, anch’essi hanno difficoltà a comprendere che c’è una vita spirituale da alimentare, e che tutta la nostra vita deve trovare la sua fonte dentro di noi.

Tu ripeti ciò che Dio stesso disse a Noè quando gli consegnò la terra purificata: “Quanto si muove e ha vita vi servirà di cibo” (Gn 9,3). Le regole per l’impurità degli animali non sono disprezzo delle creature di Dio, tutte buone. Esse semmai sono a custodia del nostro cuore e della nostra fede, che si lascia sviare dalle abitudini idolatriche dei pagani. Ma ora che ci sei tu con noi, non dobbiamo più aver paura: possiamo vivere anche in mezzo ai pagani senza diventare pagani, senza diventare immondi, perché tu sei con noi, tu sei in noi, tu puro e santo, che santifichi e salvi tutto ciò che ti tocca!

Staremo attenti alle nostre azioni e ai nostri desideri, che non sorgano da sentimenti di impurità, di avidità e di superbia: questi portano a metterci al di sopra di Dio, che è il creatore di tutto e padre per tutti.

Gesù, mio salvatore, abbi pietà, difendimi e purificami! Donami il tuo Spirito, secondo la tua promessa: “Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli; vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi” (Ez 36,25-27).

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10. Lascia prima che si sazino i figli 7,24-30 

24 Partito di là, andò nella regione di Tiro e di Sidone. Ed entrato in una casa, non voleva che alcuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto.

25 Subito una donna, la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro, appena lo seppe, andò e si gettò ai suoi piedi.

26 Ora, la donna che lo pregava di scacciare il demonio da sua figlia era greca, di origine siro-fenicia.

27 Ed egli le disse: “Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini”.

28 Ma essa replicò: “Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli”.

29 Allora le disse: “Per questa tua parola, va': il demonio è uscito da tua figlia”.

30 Tornata a casa, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n'era andato.

 

10. Lascia prima che si sazino i figli 7,24-30

Signore Gesù, hai percepito come pericolo l’avversione dei farisei e degli scribi di Gerusalemme; essa si aggiunge alla preoccupazione per Erode. È per questo che ti allontani per inoltrarti nella regione pagana e lontana di Tiro? Anche Elia, quando s’accorse che il re s’era dato all’idolatria, ed egli era quindi in pericolo di vita, se ne andò nella regione di Sidone. Tu vai verso Tiro, la città gaudente arricchitasi grazie ai trafficanti (Is 23), città dimenticata da Dio. Ma tu sai che la misericordia divina non si spegne, e dopo settant’anni anche Tiro potrà godere della visita del Signore (Is 23,17). Tu realizzi anche questa profezia per i pagani, perché Dio non può dimenticare l’aiuto che Chiram, re di Tiro (2Cr 2,10), ha offerto a Davide e a Salomone per la costruzione del Tempio, e nemmeno dimentica la lode sincera al Dio d’Israele da lui pronunciata.

Ecco, sei arrivato, e qualcuno ti ospita, come è stato ospitato il grande profeta (1Re 17,9ss). Tu desideri l’anonimato, perché qui non sei venuto a predicare: sai d’essere stato mandato solo alle pecore perdute d’Israele (Mt 15,24)! Vuoi stare nascosto, sia per il pericolo, sia per poterti intrattenere con i discepoli senza disturbo. Ma proprio tu hai detto che la lampada non può esser messa sotto il moggio (Lc 4,21), e allora c’è da aspettarsi che qualcuno ti trovi. Del resto, quando parlavi dalla barca alla grande folla, erano venuti persino da Tiro ad ascoltarti (3,8)! Anche qui quindi sei conosciuto e, in qualche modo, atteso. Qui sei tra i pagani, Gesù: quale scandalo per il tuo popolo! Però almeno i discepoli sanno ormai che nulla è da considerarsi impuro, tanto più che Dio stesso, quando ha creato la terra, vide che tutto era bello e buono: egli non ha creato zone immonde. Immondi sono i pensieri degli uomini e le loro intenzioni malvagie che li portano a rifiutare te, che sei il Dio con noi. La terra del tuo popolo, purtroppo, è divenuta immonda da quando i suoi capi hanno cominciato a giudicarti e condannarti.

La donna che si getta, senza preavviso, ai tuoi piedi, porta con sè una grande sofferenza. Soprattutto grande però è la sua speranza, perché ella è certa che tu puoi allontanare il demonio da sua figlia. È venuta da sola: non poteva trascinare la figlia, perché il demonio glielo impediva. Sapeva questa donna che anche Elia aveva esaudito una vedova di questa terra pagana restituendole vivo il figlio morto (1Re 17,17ss)? No, ma lo sapevi tu. Tuttavia tu sai pure che questa donna è greca, pagana. Tu non sei inviato per esaudire la sua richiesta: l’obbedienza al volere del Padre vale più di tutti i sentimenti di pietà e intenerimenti del cuore.

Ella insiste nella sua richiesta. La sua insistenza non produce altro effetto se non che tu comunichi anche a lei quali sono i disegni di Dio: prima devono saziarsi, godere la salvezza, i figli di Dio, sui quali Dio stesso si china “per dargli da mangiare” (Os 11,4). Prima i figli devono godere di te, che sei il pane. Non si possono privare i figli affamati per accontentare i cagnolini! Ti sei infastidito per l’insistenza della donna? È per questo che hai usato un termine poco delicato e verso la donna e verso coloro che ti ospitano?

La donna ha capito che se c’è un “prima” ci sarà anche un dopo: quindi i cagnolini non sono e non saranno del tutto esclusi dalla salvezza. Ma questa può essere anche anticipata, senza danno per i figli! Non par vero alla donna poterti rispondere, mantenendo sicura la sua fiducia e serena la sua umiltà. I cagnolini mangiano sempre quando mangiano i figli: ne ricevono le briciole!

Da questa parola tu hai compreso, Gesù, che quella donna, pagana, è più figlia dei figli! Questa parola rivela che ella non rifiuta la volontà di Dio, anzi la rispetta e la obbedisce, e nell’obbedienza va oltre, sicura che i tempi di Dio si compiono in te. Il tempo del “prima i figli” è compiuto in te, che sei il pane anche dei tempi ultimi, quando tutti possono essere saziati, tutti senza distinzione, come hanno detto i profeti: “Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto…” (Is 25,6).

Finalmente dalla tua bocca esce la risposta attesa, che dà gioia alla donna, sollievo ai presenti, speranza a noi: “Per questa tua parola, va’”. Com’è preziosa la parola che manifesta fede in te e che rivela te come il vero e unico pane per tutti! È forte questa parola, una parola che fa fuggire il demonio dalla figlia. Tu non sei uscito dalla casa in cui eri ospite, non ti sei mosso. La donna non te l’ha nemmeno chiesto. Ella crede alla tua parola, e questa è udita a distanza dallo spirito impuro. La donna stessa farà quello che tu hai fatto alla figlia di Giairo: l’alzerà dal letto su cui ora giace tranquilla!

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11. Ha fatto bene ogni cosa! 7,31-37 

31 Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passò per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.

32 Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano.

33 Presolo in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua;

34 guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: “Effatà”, cioè: “Apriti!”.

35 E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.

36 E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano

37 e, pieni di stupore, dicevano: “Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!”.

 

11. Ha fatto bene ogni cosa! 7,31-37

Signore Gesù, ti trovi ancora nelle regioni dei pagani, e anche queste vuoi percorrerle tutte, pur senza annunciare il Regno. Dai l’impressione di volervi rimanere a lungo, quasi per anticipare i tempi della Chiesa. Anche a Sidone ti rechi, quasi in pellegrinaggio per respirare là dove “la vera parola del Signore” si rivelò sulla bocca di Elia (1Re 17,24). E ritorni nella Decapoli, dove l’indemoniato, divenuto sano di mente, ha parlato di te. Qui portano davanti a te uno che non sente e che riesce solo a emettere suoni confusi. Egli non può vivere la normale vita sociale degli uomini, ma nemmeno ascoltare te, e perciò nemmeno riesce a parlare di te. Sembra che la potenza creatrice di Dio in lui non abbia completato la sua opera, certamente ostacolata dal peccato del mondo. Dio adopera te per compiere il suo disegno di redenzione sulla vita dell’uomo e sul perfezionamento della sua comunione.

Ti chiedono di imporre la tua mano su di lui. La tua mano ha guarito il lebbroso e ha rialzato la figlioletta dodicenne dal suo sonno mortale: quella mano può certamente operare ancora nuovi prodigi.

Ma tu, che sei abituato ad obbedire a Dio, non ubbidisci agli uomini. Essi non hanno i pensieri di Dio. Anzitutto tu prendi con te in disparte l’uomo che non ode e non parla: egli è come uno dei tuoi discepoli, e deve stare in mezzo ad essi, e soltanto con loro godere di te. Lo porti lontano dalla folla, perché non diventi un “caso” che suscita curiosità, ma soprattutto perché egli impari a vedere solo te, a udire solo te, e non subisca l’influsso di ciò che pensano e dicono e fanno gli altri. Egli deve prendere posizione personale riguardo a te, perché tu sai che egli sarà perfetto e pienamente uomo non solo se sarà capace di udire e di parlare, ma se avrà incontrato te e avrà riconosciuto nelle tue parole la Parola del Dio vivente. I tuoi discepoli infatti hanno sì udito la tua voce, ma non hanno capito ancora chi tu sei: li impedisce proprio ciò che dicono tutti. Tu hai visto a Nazareth com’è difficile per noi cancellare dal cuore e dalla mente le conoscenze superficiali per accogliere quelle di Dio!

Gesù, ora sei in luogo appartato. Come può il sordo capire chi tu sei e qual è il significato di ciò che tu fai per lui? Egli non ode, però vede. Dai tuoi gesti egli può comprendere le tue intenzioni. Le tue dita s’immergono nei suoi orecchi, come le dita di Dio che plasmano l’uomo dalla polvere della terra. Poi sputi sulle tue dita per portare la tua saliva sulla lingua che non riesce a formulare parole. Sono gesti significativi. Quando egli udrà le voci degli uomini dovrà sempre ricordare che è solo il tuo dito che ci fa partecipi gli uni dell’esperienza degli altri. E quando egli aprirà la bocca si premurerà di dire ogni cosa in sintonia con te, come frutto del tuo spirito che tu gli hai messo sulla lingua.

Ora tu alzi gli occhi verso il cielo: nessuno prima di te ha compiuto questo gesto. Spetta a te farlo per primo, perché su di te i cieli si sono aperti. Gli uomini possono solo abbassare lo sguardo perché peccatori. Ora che siamo, grazie a te, membra del tuo corpo, anche noi alziamo gli occhi al cielo da te aperto, come Stefano (At 7,55), per contemplare te alla destra del Padre.

Con lo sguardo immerso nel Padre emetti un sospiro: non è soltanto partecipazione alla sofferenza degli uomini che gemono con tutta la creazione che attende d’essere liberata dalla schiavitù, cui il peccato la assoggetta (Rm 8,19-27), ma è segno di quella speranza, che tu per primo nutri, nella certezza che il Padre ci salva. Il tuo gemito è rivolto al Padre, che ti esaudisce, perché sei Figlio! Il tuo gemito è lo Spirito, che, uscendo dalla tua bocca, diventa parola, parola adatta agli orecchi e alla lingua dell’uomo: “Effatà”! La tua parola non torna senza effetto: è Parola di Dio! Mentre tu odi il suono della tua parola, anche il sordo la ode, e la ripete anzitutto al proprio cuore. Apriti, apriti a credere che Gesù è il Dio con noi, che agisce per noi, per metterci in relazione gli uni con gli altri con Spirito di comunione, perché in mezzo a noi ci sia la tua Presenza salvifica! Apriti, apriti a dire la grandezza e la bellezza di colui che dà la vita, di colui che compie le promesse di Dio annunciate al popolo dai profeti (Is,35,5). Apriti lingua mia a dire ciò che Dio vede quando guarda la sua creatura: “Ha fatto bene ogni cosa” (Gn 1,31)! Il sordo ora può ascoltare la tua voce: è il primo suono che entra nei suoi orecchi. Egli parla, e rivolge a te per primo la parola! Ora egli è un uomo completo: ascolta te e parla con te. Un uomo maturo farà sempre così, ovunque e con chiunque si trovi: ascolterà e parlerà sempre alla tua presenza!

Siamo in territorio pagano: tu non vuoi essere conosciuto per i miracoli. Sai che persino gli ebrei non li sanno decifrare, nemmeno i tuoi discepoli (6,52). Ma come si possono tacere le grandi opere di Dio? Ciò che dicono questi pagani, senza che essi se ne rendano conto, è un aiuto ai tuoi discepoli perché finalmente capiscano. “Ha fatto bene ogni cosa”: quindi per mezzo tuo Dio stesso, il creatore del mondo, ha agito! Ogni cosa è buona perché creata da Dio, anche la terra pagana. “Fa udire i sordi e parlare i muti”: tu sei il Dio che “viene a salvarvi”! “Si schiuderanno gli orecchi dei sordi, … griderà di gioia la lingua del muto … Fuggiranno tristezza e pianto” (Is,35,5).

Signore Gesù, mi unisco anch’io allo stupore dei pagani per ripetere la mia fede in te, mio Dio, mio salvatore: “Hai fatto bene ogni cosa”! Hai partecipato alla creazione della mia vita: io sono quel che sono grazie a te! Grazie a te riesco a udire la Parola di Dio mescolata tra le parole degli uomini! Grazie a te riesco a comunicare con gli altri e ad alimentare la comunione tra noi, manifestando e rivelando così il mistero dell’amore di Dio, del vero Dio di cui tu sei la Parola e di cui tu sei il vero ascolto, la vera ubbidienza! Grazie, Signore Gesù!

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Nihil obstat: P.Modesto Sartori, ofm capp., Cens. Eccl., Trento, 13/01 /2010