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Rallegrati, Maria - 31 giorni

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RALLEGRATI, MARIA

 

    

  

 31 giorni c1on la Madre di Dio

   

  

  

    

  

    

  

  

  

Noi cattolici siamo molto devoti a Maria Ss.ma. Pensando a lei, istintivamente ci viene da ripetere: “prega per noi”. È certamente bello sapere che la nostra Madre è impegnata ad intercedere per noi da Dio grazie sia spirituali che materiali. Dire “prega per noi”, però, rischia di tenerci egoisticamente rivolti alle miserie del mondo, a guardare a ciò che pensiamo manchi a noi e alla nostra realizzazione: non ci aiuta a contemplare la nostra Madre, nè a conoscerla godendo della sua bellezza, e nemmeno a dar gioia a lei! Possiamo imparare dai cristiani copti, perseguitati in Egitto, a rivolgerle in continuazione il saluto dell’angelo: “Rallegrati, Maria!”. Noi stessi ci rallegreremo per lei, per la sua bontà, per il suo amore gratuito e per la sua fedeltà a Dio, per il suo donarsi al Figlio e agli uomini, per il modo con cui la sua vita, partecipando a quella di Gesù, realizza le Sacre Scritture, cioè l’amore del Padre per la storia degli uomini. Rallegrati, Maria, figlia e madre, sposa e sorella! Contemplando la tua gioia anche noi gioiremo, e impareremo a permettere alla Parola di Dio di rendersi attuale nel nostro quotidiano soffrire e amare.

don Vigilio

1. Rallegrati, Maria, Gioia di Eva

2. Rallegrati, Maria, Consolazione di Sara

3. Rallegrati, Maria, Verità di Rebecca

4. Rallegrati, Maria, Speranza di Rachele

5. Rallegrati, Maria, Fiducia di Rut

6. Rallegrati, Maria, Coraggio di Giuditta

7. Rallegrati, Maria, Bellezza di Ester

8. Rallegrati, Maria, Madre del Diletto

9. Rallegrati, Maria, Salvezza di Isaia

10. Rallegrati, Maria, Datrice di vita

11. Rallegrati, Maria, Testimone di Gesù

12. Rallegrati, Maria, Vergine vera

13. Rallegrati, Maria, Cetra di David

14. Rallegrati, Maria, Arca dell’alleanza

15. Rallegrati, Maria, Bella Colomba

16. Rallegrati, Maria, Pietra preziosa

17. Rallegrati, Maria, Incenso gradito a Dio

18. Rallegrati, Maria, Esaltazione del giusto Giuseppe

19. Rallegrati, Maria, Obbedienza di Geremia

20. Rallegrati, Maria, Confidenza dei poveri

21. Rallegrati, Maria, Campo del tesoro nascosto

22. Rallegrati, Maria, Sapienza di Salomone

23. Rallegrati, Maria, Madre del nostro rifugio

24. Rallegrati, Maria, Predizione di Mosè

25. Rallegrati, Maria, Forza di Elia

26. Rallegrati, Maria, Madre del Figlio di Dio

27. Rallegrati, Maria, Stupore di Eliseo

28. Rallegrati, Maria, Madre di Dio

29. Rallegrati, Maria, Madre della Chiesa

30. Rallegrati, Maria, Maestra di preghiera

31. Rallegrati, Maria, Segno grandioso

RALLEGRATI, MARIA

31 giorni con la Madre di Dio

 

1. Rallegrati, Maria, Gioia di Eva

 

L'uomo chiamò la moglie Eva, perché essa fu la madre di tutti i viventi. Gn 3,20

 

Adamo, “l’uomo”, fu protagonista di un’azione di poca fatica, ma di grande significato. Egli diede il nome alla donna che Dio gli aveva fatto trovare come dono gratuito, quando si è risvegliato dal sonno profondo. Ella gli è stata donata perché stesse al suo fianco e gli stesse di fronte: egli perciò la doveva guardare e avvicinare non solo con rispetto, ma anche con riverenza e devozione. Dio gliel’aveva data perché stesse al suo fianco: Adamo l’aveva capito, perché era stata formata dalla sua costola. Ella faceva perciò parte della sua vita, tanto che egli avrebbe potuto respirare ormai solo in sintonia con lei. Se l’avesse ignorata o esclusa dai propri pensieri e dalle proprie decisioni avrebbe fatto torto a Dio e avrebbe privato se stesso della forza e dell’armonia del proprio respiro. Ella gli stava di fronte per dialogare con lui, per condividere i suoi «sì» alla Parola di Dio e i suoi «no» alle voci seduttrici del mondo. In tal modo ella sarebbe stata un vero «aiuto» ad Adamo: lo avrebbe aiutato ad essere uomo, a discernere pensieri e fatti, e lo avrebbe sostenuto nell’attuare la volontà di Dio, del Dio che dà la vita! Adamo dà «il nome» a questo vero «aiuto» ricevuto da Dio, e col nome riconosce alla donna la missione che la unisce stabilmente e intimamente a Dio stesso. Dio è colui che dà la vita: egli la dona ora soltanto attraverso di lei. Ella è perciò «madre di tutti i viventi». Tutti coloro che ricevono da Dio la vita passano attraverso di lei. Quale grazia e quale missione, testimonianza allo stesso tempo dell’onnipotenza e dell’umiltà di Dio!

Eva fu davvero la madre di tutti i viventi: il compito le rimase, nonostante avesse mancato al suo dovere di ascolto. Le parve, infatti, migliore della Parola di Dio la proposta del serpente, tanto da lasciarsi convincere a rifiutare la sapienza di colui che l’aveva creata e le aveva fatto godere la comunione con Adamo. E così la madre di tutti i viventi divenne anche la madre del loro peccato, delle loro sofferenze, delle loro incomprensioni ed angosce, delle loro tristezze.

Chi darà la gioia ad Eva, rattristata dal proprio peccato? Chi la farà sorridere? Chi rianimerà i suoi figli perché si oda ancora sulla terra l’allegria dei bambini, il canto della sposa che attende lo sposo e la voce dell’anziano che benedice i figli affinché lievitino la società con generoso amore?

Ecco la gioia di Eva: ella può risollevare il volto, sorridere e iniziare a sperare, perché è nata Maria! Maria è la figlia di Eva che rifiuta il dominio del mondo e delle cose del mondo per accogliere del tutto e per sempre la Parola di Dio. Maria non si lascia sedurre dalle bellezze della terra, non ragiona con propri principi, ma accoglie la voce che viene dall’Alto e si appoggia su di essa, senza dubitare minimamente del suo Dio. Maria è colei che inizia la vera e stabile obbedienza a cui era stata chiamata Eva. Maria può stare a fianco dell’uomo, di ogni uomo, e può stargli di fronte per aiutarlo e sostenerlo a vivere la Parola di Dio, a dare il proprio «sì» ad ogni chiamata e proposta che venga dall’Alto! Ecco, Maria tiene in braccio, sul proprio fianco, il vero Adamo, il vero Uomo: questi è icona di Dio e immagine realizzata di ogni «uomo», che deve assumere i suoi lineamenti e i suoi connotati per potersi dire «uomo»! Ecco la nuova Eva, il cui nome, Maria, contiene anche il mio nome e il nome di tutti i viventi: «Dio è il mio Signore»!

 

Rallegrati, Maria!

Tua gioia è il tuo Dio,

tua gioia anche noi, figli di Eva:

noi amiamo il Figlio

che Dio ti ha dato

quando, smettendo di ragionare,

hai accolto la Parola!

Eva sorride,

lieta di vedere

che la sua disobbedienza

è riparata dal tuo grande sì,

e che, grazie a te, il Dio della vita

è divenuto il “Dio con noi”!

Rallegrati, Maria;

noi ci rallegriamo con te!

 

Rallegrati, Maria,

gioia di tutti i viventi!

tu realizzi l’obbedienza serena al Padre!

vero aiuto ad ogni uomo che viene nel mondo!

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2. Rallegrati, Maria, Consolazione di Sara

 

“Dov'è Sara, tua moglie?” Rispose: “È là nella tenda”. Gn 18,9

  

Sara, con le mani imbiancate di farina, sta posando le sfoglie sulla pietra rovente. Gli ospiti di Abramo, suo sposo, hanno accolto l’invito, e ora attendono il pane. Ella nasconde grandi sofferenze nel cuore. È figlia di Eva, la madre dei viventi, ma non può continuarne la missione. Da lei mai nascerà un figlio d’uomo; suo marito da lei non riceverà consolazione. Abramo ha ricevuto grandi promesse e benedizioni da Dio, ma lei, con la sua sterilità, le rende vane e diventa persino tentazione di sfiducia e di incredulità per lui. Sarà vero che Dio ha parlato? Sarà vero che Dio esiste? È nato, sì, Ismaele, il figlio della schiava, frutto di accorgimenti umani, ma invece di portare gioia ha aumentato la sofferenza e reso insopportabile la tristezza: la schiava infatti vanta persino il diritto d’essere preferita da Abramo!

Sara è triste, e anche arrabbiata. Il suo pane è condito di amarezza, il suo sguardo umido di lacrime. Ella perciò rimane nella tenda. Perché uscire e comunicare tristezza, e rovinare così il gioioso incontro del suo sposo con i tre pellegrini che hanno accettato di mangiare il frutto della sua fatica? Rimanendo nella tenda ella può nascondere l’ironico sorriso con cui tenta di camuffare la tristezza, la disperazione e il rifiuto di ogni consolazione.

Perché ti nascondi, Sara? E perché ridi della rinnovata promessa che ora dà gioia ad Abramo e gli fa rinascere speranza? È arrivato il momento in cui si compiono le lontane promesse di Dio, è giunta l’ora della sua e della tua consolazione: avrai il figlio, di cui dovrai dire: «È solo e tutto dono di Dio! Io infatti non ero in grado di concepirlo»!

Quel figlio si chiamerà Isacco, “sorriso di Dio”. È il sorriso di Dio sulle nostre incapacità e debolezze, sulle nostre indegnità e sui nostri atteggiamenti di sfiducia. Quando noi siamo sfiduciati Dio sorride ancora.

Quel sorriso di Dio che ci dà consolazione risplende ancora. Sara può consolarsi, asciugarsi le lacrime e uscire dalla tenda, perché i discendenti di Abramo, finora senza speranza, possono ora vedere Maria! Maria è la consolazione, la fiducia, la fonte di una gioia che non viene meno. Il sorriso di Maria non nasconde incredulità, rivela invece la verità della promessa di Dio. La benedizione diventa concreta in lei, è realtà!

Maria è certa che il suo Figlio non appartiene soltanto a lei, e che la consolazione del suo Figlio è di tutti, è per tutti, per tutto il mondo, per tutti i tempi! È bello il sorriso di Maria, perché costante è la consolazione che tutti possono trarne. Anche ci fossero figli, come Ismaele, che aumentano i problemi e la tristezza e la disperazione, la presenza di Maria ci rassicura. La sua mano ha preparato il pane al figlio di Dio: quella mano è garanzia che a noi non mancherà mai il pane della vita, e che anche noi potremo sempre ospitare colui che passa come pellegrino per ripeterci le lontane, ma sicure, promesse. Chi, come Sara, soffre per la propria incapacità a trasmettere la vita, o si è limitato a dare ai propri figli le cose che passano lasciandoli privi di una speranza eterna, può guardare a Maria, accogliere dalle sue mani colui che è il Pane della vita. Ella sarà la consolazione, da lei verrà la serenità di una speranza che ci fa nuovamente alzare il capo per uscire da noi stessi, per incontrare e ascoltare coloro che si muovono accanto a noi!

 

Rallegrati, Maria!

Sei la consolazione di chi

ha solo motivo di piangere,

di chi si sente inutile,

incapace di dar gioia al mondo.

Tu sei la consolazione

per chi si è mosso

solo con le proprie forze,

e raccoglie amarezza e pianto.

Le tue mani porgono il Pane della vita:

noi ne siamo consolati!

Rallegrati, Maria: dal tuo sorriso

viene a noi il Consolatore!

Noi ci rallegriamo al vedere

che tu ti rallegri del tuo Gesù!

 

Rallegrati, Maria,

tu ci hai preparato il Pane che sazia!

tu consoli coloro che piangono!

a te guardano le madri dei figli lontani dal Dio della vita!

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3. Rallegrati, Maria, Verità di Rebecca

 

“Due nazioni sono nel tuo seno e due popoli dal tuo grembo si disperderanno;

un popolo sarà più forte dell'altro e il maggiore servirà il più piccolo”   Gn 25,23

  

Rebecca è una ragazza bella, ma soprattutto gentile e generosa. Ella aveva offerto l’acqua della sua anfora al servo di Abramo e gli aveva abbeverato i cammelli. Questa iniziativa di amore gratuito era il segno con cui Dio confermava al servo di trovarsi davanti alla donna designata ad essere sposa di Isacco, il figlio del suo padrone! Quand’ella liberamente decise di partire dalla casa paterna per il lungo viaggio incontro allo sposo scelto da Dio per lei, i suoi la benedissero con una benedizione di fecondità e di vittoria per i discendenti! Ma anche Rebecca dovette sperimentare le stesse angosce di Sara, sua suocera: era sterile! Divenne madre solo dopo che il suo sposo ebbe impetrato da Dio il dono dei figli. La sua vita e la sua maternità divennero conferma della verità di Dio: è lui il protagonista della vita e della gioia degli uomini! Essi devono confidare solo nelle sue promesse. A prima vista parve che Rebecca avesse creduto alle promesse, quando s’incaricò di guidare con la propria mano la storia dei figli, anche a costo di ricorrere all’inganno. Le era stato detto che “il maggiore servirà il più piccolo”, ed eccola impegnata a condurre il figlio minore ad ingannare il padre e il fratello. Il suo modo di fare potrebbe trarre in inganno anche noi. Dobbiamo noi realizzare le promesse di Dio con astuzie e accorgimenti tanto umani quanto menzogneri? Dov’è la verità di Dio, Rebecca? Sei tu che devi compiere il suo disegno con tutti i mezzi, rischiando di farci credere che egli sia incapace di compiere la sua parola? La tua fede, Rebecca, è fondata in Dio o nella tua intelligenza? Tu nascondi la verità volendo realizzare con i tuoi accorgimenti la parola divina! Come potremo noi conoscere la verità di Dio e conoscere Dio che è luce e verità?

Dai tuoi tentativi di aiutare Dio a realizzare la sua parola si sprigionerà l’inimicizia tra i fratelli, la loro sofferenza, la loro solitudine. Rebecca, hai usato la tua autorità di madre per far entrare Giacobbe, tuo figlio, nell’oscurità, per rivestirlo di menzogna, nasconderlo, imprigionarlo nella discordia fraterna.

Noi ora attendiamo una madre che ci liberi, che riveli la nostra bellezza, che faccia risplendere la verità del nostro essere figli di Dio. Ecco Maria! Maria non nasconde nulla, Maria lascia a Dio la responsabilità delle sue promesse impossibili. Maria non introduce l’astuzia umana nelle opere di Dio, nella storia che egli vuole compiere con i suoi figli. E così Maria diventa operatrice di pace tra i figli di Rebecca. Chi guarda Maria acconsente all’agire di Dio e attende che egli stesso realizzi ogni parola, anche passando per la croce. Chi guarda Maria riceve luce e diventa amico dei suoi fratelli, poiché ella è madre e degli uni e degli altri secondo il volere di Dio. Il più grande serve il minore, con gioia, sotto lo sguardo di Maria. Maria è degna di diventare miriadi di miriadi, poiché tutti si presteranno reciproco servizio nell’amore, per rivelare con l’amore la verità di Dio!

 

Rallegrati, Maria!

Il tuo silenzio

e il tuo abbandono al Padre

permettono a lui di rivelarsi nella tua vita,

e di rivelare tutto il suo amore

nella vita di tuo Figlio,

il fratello di tutti,

il maggiore che serve i più piccoli,

il più piccolo che gode di ciascuno.

Tu, madre rispettosa di tutti,

permetti alla verità di Dio

di risplendere su di noi,

e così vinci l’inganno che c’insidia,

nemico quotidiano dell’uomo!

 

Maria, vera madre!

Rallegrati, Maria,

tu attendi in silenzio l’agire divino!

non ti nascondi nè a Dio nè ai fratelli!

tu permetti al Padre di manifestare la verità delle sue parole!

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4. Rallegrati, Maria, Speranza di Rachele       

 

“Dammi dei figli, se no io muoio” Gn 30,1

  

La vicenda di Rachele, come quella di ogni uomo e di ogni donna, è un misto di grazia e di peccato. Per la sua bellezza è desiderata da Giacobbe, che non esita a lavorare sette anni pur di averla come sposa. E quando l’ora giunge, ecco che la gioia dell’amore cede il posto alla delusione e alla rabbia. L’inganno, cui egli si era affidato per ottenere la benedizione, si ripresenta a chiedere il compenso: al posto di Rachele gli viene posta al fianco sua sorella Lia. Questa cercherà disperatamente di guadagnarsi l’amore e l’attenzione di Giacobbe, attirato sempre dalla bellezza di Rachele, che gli viene pure data in moglie dopo che egli si è impegnato a lavorare per lei altri sette anni.
Rachele, l’amata, non può però gareggiare con la sorella, che presenta alle braccia di Giacobbe i figli, garanzia di un futuro sicuro. In Rachele si alternano gelosia, invidia, disperata voglia di aver motivi plausibili per essere la prima nel cuore dello sposo! Purtroppo lei, come la madre e la nonna di lui, è sterile. I figli non arrivano. Non le basta l’amore gratuito, senza motivazioni, di Giacobbe. Di quest’amore ella vuole essere protagonista, vuole esserne sicura, vuole guadagnarlo. Ella non conosce ancora la potenza del Dio di Abramo, quella potenza che ha agito nel grembo di Sara e di Rebecca per dar la vita a Giacobbe stesso e a suo padre Isacco. Ella non conosce Dio, e perciò sa solo porre speranza nell’uomo, e contro l’uomo che non l’accontenta riversa la propria rabbia. “Dammi dei figli, se no io muoio”!
Può l’uomo dare la vita ad un altro uomo? Lo sa bene Giacobbe che non è possibile, tanto che si meraviglia di questa assurda pretesa di Rachele. Che moglie ho, deve pensare Giacobbe nella sua irritazione, che non conosce l’incapacità umana e pone nell’uomo la propria speranza? “Tengo io forse il posto di Dio, il quale ti ha negato il frutto del grembo?” (30,2). I figli sono dono di Dio, vengono da lui, a lui solo vanno chiesti con umiltà, da lui vanno accolti.
Chi può dare la vera e sicura speranza a Rachele? Chi le può rispondere con dolcezza? Dio risponde a tutte le Rachele del mondo, a tutte le spose desiderose di figli: egli risponde offrendo Maria!
È Maria la speranza di Rachele. È lei che, appena in grado di avere un figlio, lo riceve da Dio senza attendersi nulla dall’uomo. Maria mette tra le braccia di ciascuno di noi quel Figlio che è l’unico vero figlio dell’uomo, perché di lui nessun uomo può vantarsi, di lui nessun uomo può rivendicare la paternità, e nessun uomo potrà dire: io ho dato speranza!
Quel Figlio è dono gratuito che abitua l’uomo e la donna ad apprezzare l’amore che ognuno riceve senza averlo meritato; egli, il Figlio di Maria, ci abitua tutti a ricevere l’amore senza poterlo pagare, e ad amare senza attendere ricompensa. Egli è la speranza di ogni madre, è la speranza e la certezza di ogni sposa, è l’umiltà di ogni padre, la consolazione e la purezza di ogni marito.
Quel Figlio, accolto come dono imprevisto da Maria, viene da lei offerto in dono a tutti, a me, a te, ad ogni persona delusa per aver posto la speranza negli uomini e che, per questo, in vari modi manifesta indignazione e diffonde sofferenza.
Maria è l’istruzione di Dio a tutta l’umanità. La sua vita ci dice che possiamo e dobbiamo riporre soltanto in lui ogni speranza, e che solo da questa speranza riceveremo come ricompensa Gesù, che colma ogni nostra attesa e desiderio!

  

Rallegrati, Maria!
Noi vediamo in te
la donna vera,
senza gelosia,
che non invidia nessuno,
che non mette davanti ad alcuno
il muro della pretesa:
tu hai posto in Dio
ogni tua speranza.
Egli colma i tuoi desideri,
disseta il tuo bisogno d’amore
prima che tu lo conosca.
La tua speranza, Maria,
è ben riposta, e il suo frutto
sempre pronto, colmo di dolcezza!

 

Rallegrati, Maria,


tu attendi da Dio la tua realizzazione!
poni nel Padre ogni speranza d’amore!
ricevi anche noi come figli da Dio!

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5. Rallegrati, Maria, Fiducia di Rut   

 

“Apri il mantello che hai addosso e tienilo con le due mani” Rut 3,15

  

Nell’occasione di una carestia, una famiglia di Betlemme in cerca di una situazione di sopravvivenza emigra presso i moabiti, popolo pagano che manifesta spesso inimicizia ad Israele. Uno dei figli di questa famiglia, dopo la morte del padre, sposa Rut, moabita. Poco dopo anche lui muore. A Rut rimane l’affetto della suocera Noemi, che insiste perché torni a casa di sua madre e si renda disponibile ad un nuovo matrimonio. Rut però si è tanto affezionata a lei e al suo Dio, che non vuole assolutamente lasciarla. È così che giunge a Betlemme dove Noemi ritorna, e, vedova povera e senza sicurezze, vive la vita dei poveri mettendosi a spigolare nei campi dietro ai mietitori.
Di lei nessuno può dir nulla di male, anzi! Povera, ma ben educata da Noemi, si fa rispettare da tutti per la sua dignità, una dignità guadagnata con la virtù e il misericordioso amore per la sfortunata suocera. Pur di origine pagana e pur non avendo dato figli al marito ebreo, gode della stima di tutti, perché tutti vedono la sua fiducia in quel Dio che ha creato cielo e terra ed è stato servito da Abramo, Isacco e Giacobbe.
Quanti sarebbero pronti a canzonare Rut chiedendole: «Cosa ti serve la fiducia in Dio? Ecco come sei ridotta, guarda in che situazione ti trovi! Tu trovi posto solo tra le schiave, costretta a mendicare, vedova in casa di una vedova! A cosa ti serve la fiducia in Dio?»! Ma nessuno parla così a Rut. Siamo noi che abbiamo la tentazione nel nostro stesso cuore e approviamo le canzonature che Giobbe ricevette dalla moglie e dai falsi amici (2,9.13). Noi o le facciamo nostre o ne udiamo l’eco come se tutto il mondo fosse pronto a deriderci con la sua cosiddetta sapienza che accantona Dio, ponendolo tra i soprammobili che abbelliscono qualche angolo della casa, ma possono essere ignorati da mattina a sera! «Fiducia in Dio? Macché, aiutati che Dio t’aiuta! Datti da fare, proponi e disponi come vuoi tu, perché il vero Dio sei tu». Così la sapienza del mondo. Rut invece continua a seguire Noemi e ad obbedirle. Ed ecco che arriva davvero l’uomo della provvidenza. Booz apprezza l’umiltà e la fiducia in Dio di Rut, e la prende in moglie. È pagana? Chi ha fiducia in Dio è già dentro il suo cuore!
La fiducia che Rut pone in Dio non ha forse ora un nome, un nome dolce e sicuro, sereno e forte? Il nome di questa fiducia è Maria!
Maria non è pagana e non è vedova; ella però è vergine. In Maria la fiducia in Dio è tangibile, e diventa impegnativa per Dio stesso, quando lei accetta il figlio senza preoccuparsi della reazione dei parenti, di Giuseppe, del mondo intero. La fiducia che ella pone in Dio «costringe» Dio ad agire, lo «costringe» ad intervenire per far desistere Giuseppe dalle sue decisioni, per rivelare ad Elisabetta la grande novità che farà tacere le voci maligne già trapelate contro di lei, e aprirà la bocca di tutto il mondo per dire: “Beata sei tu e benedetta più di tutte le donne” (Lc 1,42)! Come Rut ha aperto il mantello e lo ha tenuto con le due mani per ricevere in dono il grano da Booz, così Maria ha aperto a Dio il cuore, che è stato colmato di ogni grazia. Ad esso possiamo attingere anche noi, ogni giorno, con gioia: così è premiata la nostra fiducia in Dio, quella fiducia di cui Maria è maestra impareggiabile!

  

Rallegrati, Maria!
Ora che tu sei davanti a noi
nessuno più bada
alla propria provenienza.
Vengo da un popolo credente,
da una famiglia senza Dio,
da una razza disprezzata,
da una tribù senza scrupoli…,
che importa?
Ci sei tu, Maria,
con il tuo mantello
colmo per tutti di ogni grazia.
La tua fiducia in Dio
ci copre tutti e ci unisce
nonostante le nostre povertà.

 

Rallegrati, Maria,


tu fondi la tua vita sulla fiducia in Dio!
ricompensi con le tue grazie chi s’abbandona al Padre!
apri il nostro cuore ad una fiducia piena!

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6. Rallegrati, Maria, Coraggio di Giuditta   

 

Afferrò la testa di lui per la chioma e disse: “Dammi forza, Signore Dio d’Israele, in questo momento” Giud 13,7

  

“Tu sei la gloria di Gerusalemme, tu magnifico vanto d’Israele, tu splendido onore della nostra gente!” (15,9). Con queste parole di benedizione Giuditta fu salutata dai capi della sua città, Betulia. Che cosa aveva compiuto per meritare questa lode? Ella era una vedova fedele a Dio e fedele al marito defunto: la morte non riuscì a farglielo dimenticare, e a nessun uomo ella concesse di sostituirlo. L’apparente assenza di Dio dal suo popolo, minacciato concretamente da un imponente esercito che assediava la città, non riuscì a distogliere minimamente il suo cuore e la sua volontà dall’essere obbediente alle leggi divine. Fu proprio la decisione di essere fedele alla parola di Dio che le diede luce e coraggio. Ella intravide che Dio avrebbe potuto salvare il suo popolo se lei si fosse consegnata alle mani del nemico con la propria impotenza, ma con tutta la propria obbedienza a Dio. Prese con sè cibo e bevanda, per non essere costretta a mangiare e bere i cibi immondi alla mensa di colui che aveva osato bestemmiare il Dio dei padri. Adoperò la propria bellezza, non per farsi ammirare vanitosamente, ma per suscitare la simpatia e farsi accogliere nonostante gli audaci propositi tenuti segreti a tutti. Usò con abbondanza la capacità di parola, ma senza proferir menzogna e senza offendere la santità di Dio.
Giuditta, risplendente di bellezza e di dignità, entra nel campo dei nemici del suo popolo, anzi, nella tenda del comandante supremo dell’esercito di Assur. Là ella parla a gloria di Dio, e là ella continua l’obbedienza alle sue leggi. Da quella tenda esce per pregare, e in quella tenda ritorna per attendere l’ora propizia per realizzare il suo progetto. Dopo tre giorni trascorsi in questa fedeltà e in tutta pazienza, ecco il momento favorevole! Oloferne, sicuro della ricchezza e del potere, ingannato dalla superbia e ammaliato dalla passione, giace ubriaco davanti a lei. È lui il nemico del popolo, nemico di tutti i popoli, che semina distruzione e morte sul proprio cammino. Ora Giuditta impugna un coraggio che non è di donna, e con la scimitarra, vanto e sicurezza dello stesso Oloferne, gliene tronca il capo. “Magnifico vanto d’Israele!”
Oggi il nemico di tutta la terra, che riunisce tutti i regni nella lotta contro il popolo di Dio, è in marcia per distruggere la Chiesa di Gesù. È necessario il coraggio umile di Giuditta: con esso Dio ci salverà! Dov’è il coraggio di Giuditta?
Non è scomparso dalla terra il coraggio di Giuditta! È Maria “la gloria di Gerusalemme, il magnifico vanto d’Israele, lo splendido onore della nostra gente”! Maria va a Betlemme, scende in Egitto, torna a Nazareth, va a Cafarnao, sale a Gerusalemme, sta presso la croce. In ogni luogo ella porta la bellezza della sua purità e la fragranza della sua obbedienza al Dio dei padri. In ogni luogo dominato dal nemico ella sta con il coraggio di Giuditta, il coraggio di chi è fedele al Dio del cielo e della terra, il coraggio di chi porta nel cuore il Figlio di Dio. Dov’è Maria il nemico rimane impotente: ella gli “schiaccia la testa” (Gn 3,15). Dov’è Maria si può cantare vittoria, perché ella giunge sempre con il Figlio di Dio, che è entrato nella morte senza rimanervi vinto, anzi, ha calpestato il capo di colui che si serve della morte per far paura a tutto il mondo.

  

Rallegrati, Maria!
Tu ci consegni il Figlio di Dio,
che ha vinto la morte,
nemica di tutti.
Di essa si serve il maligno
per toglierci la volontà
di essere fedeli a Dio.
Tu, o Maria, ci versi
nel cuore e nelle membra
il coraggio di Giuditta,
perché calpestiamo
ogni giorno il nemico
che tenta di ostacolare
la nostra fedeltà
al Dio dell’amore.

 

Rallegrati, Maria,


sei benedetta tra tutte le donne della terra!
tu riempi del tuo coraggio noi, assediati dal nemico!
hai vinto lo spirito di disobbedienza presente nel mondo!

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7. Rallegrati, Maria, Bellezza di Ester  

 

Attraversate una dopo l'altra tutte le porte, si trovò alla presenza del re. Est 5,1c

  

Ester è una ragazza ebrea, nata tra i deportati nelle terre di Babilonia. Per la sua bellezza è scelta per sostituire la regina ribellatasi al re. Viene avvolta di vesti finissime, ornata della corona regale e profumata con olio di mirra, ma nel suo intimo ella continua ad obbedire allo zio, che l’ha allevata dopo la morte dei genitori, Mardocheo. Questi non si prostra mai davanti a nessun uomo, perché onora e adora solo il Dio sovrano dell’universo. Anch’ella perciò prega Dio dicendo: “La tua serva non ha gioito di nulla, se non di te, Signore, Dio di Abramo” (4,13y). Le vesti regali, la posizione privilegiata, il favore del re, l’ammirazione dei ministri del regno, gli inchini delle ancelle, l’autorità della propria voce, nulla le dà gioia. Ella gode solo di Dio, il Signore e re di ogni creatura. Ella sa che anche il re, cui deve piacere e obbedire e per il quale deve rendersi ammirevole, è solo un uomo, un uomo mortale, che non ha il potere di prolungare i propri giorni di uno solo! Ella partecipa alla sofferenza del proprio popolo, perseguitato e condannato allo sterminio. “Non pensare di salvare solo te stessa”, le manda a dire lo zio angosciato, “per il fatto che ti trovi nella reggia” (4,13). Con quale stratagemma potrebbe presentarsi al re per chieder grazia per il proprio popolo, dato che egli da molto ormai non la desidera? Ester non si insuperbisce e non vuole trasgredire gli ordini del re. Se lo facesse sarebbe la morte per lei, e nessuna salvezza ne verrebbe per il suo popolo. Come rendersi a lui gradita sì da essere ascoltata e da non esser consegnata alla morte? Ester ricorda che il dono di Dio, che la rende gradita agli uomini, è la bellezza. Con vesti, gioielli, ori e profumi la mette in evidenza, perché non sfugga al re, i cui occhi potrebbero annebbiarsi di collera quando ella oserà presentarsi a lui senza essere chiamata.
“Attraversate una dopo l'altra tutte le porte”: sono le porte dell’amore al proprio popolo, ma pure quelle della paura, dell’angoscia e della disperazione, della solitudine e del disprezzo, quelle dell’incertezza e dell’incomprensione, e, finalmente, le porte della speranza posta unicamente in Dio. Così, “Attraversate una dopo l'altra tutte le porte, si trovò alla presenza del re”. L’orgoglio del re non resiste a tanta bellezza e concede la grazia che Ester richiede: il suo popolo è salvo!
Oggi il nostro popolo è in pericolo. L’avversario, Satana, ha escogitato molti modi per distruggerlo. Chi intercederà per noi? Chi può presentarsi a Dio per ottenere misericordia? C’è qualcuno che possa attraversare tutte le porte, come Ester?
Bella più di Ester è Maria, Maria, che offre a tutti, ma anzitutto al Signore del cielo e della terra, lo spettacolo di un’umiltà incomparabile. Questa sì, l’umiltà, è la bellezza di cui è ornata Maria, la bellezza per cui è ammirata da Dio, il Salvatore: questa è la bellezza con cui Maria ottiene per il suo popolo la salvezza. La bellezza dell’umiltà di Maria distoglie lo sguardo di Dio dalla disobbedienza degli uomini, e così ella raggiunge lo scopo: Dio non castiga la superbia che abbruttisce il mondo. La bellezza di Maria addolcisce lo sguardo di Dio, Chiesa le affida il Figlio da consegnare a noi, e attira quello degli uomini. Come i figli imitano la propria madre, così molti imitano lei, e tutti godono della sua bellezza senza invidiarla. Ne godono, e s’affloscia in loro la violenza e la prepotenza. La bellezza di Ester, che volge il destino dell’umanità alla salvezza, è Maria, umile serva del Signore!

   

Rallegrati, Maria!
In anticipo sei stata scelta
per la tua bellezza
ad essere salvezza
di chi ti chiama madre!
Nessuno più teme
per il proprio peccato
e la propria condanna,
perché ci sei tu là
dove nessuno di noi
può giungere incolume.
Tu sei là dove ottieni per noi,
peccatori,
la salvezza dei giusti.
Maria, bellezza di Ester!

 

Rallegrati, Maria,


tu non vivi solo per te, ma per tutto il popolo dei peccatori!
tu attraversi tutte le porte del cuore dell’uomo, e di Dio!
ti presenti a Dio avvolta nella bellezza della tua umiltà! 

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8.    Rallegrati, Maria, Bella Colomba

 

“L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore” Lc 2,46

  

Le parole grandi di Elisabetta non stupiscono Maria. Ella aveva voluto affrontare le fatiche e le paure del lungo viaggio per incontrare l’anziana moglie del sacerdote Zaccaria, che ora è muto. Da lui Maria non può attendersi parole che le narrino l’incontro con lo stesso angelo che è venuto da lei. Ma tutto in quella casa ora ha il sapore e lo stupore che la presenza degli angeli suscitano. Risuonano a gran voce parole di benedizione e di beatitudine, parole semplici che rivelano misteri grandi, parole umane che mettono in luce ineffabili disegni divini. Elisabetta sa che Maria ha creduto alla Parola di Dio e che questa Parola la sta rendendo madre. E Maria non si meraviglia di ciò di cui noi ci stupiamo: come può Elisabetta sapere? Chi le ha rivelato i segreti che nessuno, nemmeno il suo promesso sposo, conosce? È grande la gioia di Maria! Dio può rivelare agli uomini i segreti di altri uomini: ha rivelato i suoi alla sua parente! Dio è davvero grande! Inoltre qui nessuno sospetta di lei, della sua purezza, della sua fede, nessuno l’accusa di aver tradito la promessa che Giuseppe ha dato e ricevuto.

Ora Maria può finalmente aprire il proprio cuore e le proprie labbra: dalla sua bocca esce la pienezza del suo cuore! Ella ha compreso d’essere amata come la Bella Colomba cercata senza posa dal Diletto che vuole udire la sua voce soave (Ct 2,14; 5,2)! Ecco ora la voce della Colomba, una voce che manifesta ciò che si muove nell’intimo: “L’anima mia magnifica il Signore”!

Maria non fa quello che vede fare da tutti. Noi tutti siamo abbagliati da ciò che gli uomini realizzano, dalle parole che essi pronunciano, dai progetti che riescono a ideare. E tutti, o ci inorgogliamo, oppure ci abbassiamo nella soggezione di fronte agli altri. Per Maria gli uomini sono tutti muti, sono in attesa di una parola che ancora non conoscono, una parola che doni loro Vita nuova e piena. Per Maria gli uomini sono tutti com’era lei, recipienti vuoti che devono essere riempiti dall’alto. Ella è stata riempita di grazia: ora canta con gioia le lodi del suo Benefattore: “L’anima mia magnifica il Signore”! Maria non conosce uomini grandi: ella conosce la grandezza di Dio. Egli sì è grande, e, se potesse, ella vorrebbe fosse ancora più grande! Sì, egli può essere più grande agli occhi di coloro che la circondano, di coloro che non lo ritengono capace di sorprenderci con la bellezza e la forza del suo amore. Maria è davvero la Bella Colomba innamorata di Dio, che l’ha fatta sua sposa e l’ha resa madre, e ora le concede che qualcuno ascolti il suo canto d’amore.

E il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore”! Il bambino di Elisabetta esulta, ma anche lei, Maria, esulta. Non può e non vuole più nascondere la sua gioia: Dio è troppo grande! Egli è tanto grande che ha visto la sua piccolezza, è così grande che ha scelto lei come “unica” e “perfetta” per far giungere il Figlio al mondo che ama e vuole salvare. Ella è la prima ad assaporare la salvezza, la prima a godere del Salvatore. Ella è stata salvata per prima, ed è stata salvata prima di cadere là dove noi siamo caduti; nel mondo ha incontrato il Salvatore prima d’incontrare il peccato, ha ricevuto il Figlio prima di abbandonare il Padre, è stata coperta dalla fiamma dello Spirito prima di sentire il gelo del male! “Bella colomba dalle ali d’argento con riflessi d’oro” (cf Sal 68,14)!

   

Rallegrati, Maria!

Il tuo canto d’amore

fa grande il Signore, più grande

di quanto noi pensiamo.

Ci uniamo al tuo canto:

la nostra voce dissonante

riceve armonia dalla tua!

Da te anche il Figlio,

tuo Maestro e Signore,

ha imparato ad esultare nello Spirito

e a magnificare il Padre,

che sceglie i piccoli e i poveri

come confidenti dei suoi

grandi e mirabili misteri

stabiliti per salvare il mondo!

 

Rallegrati, Maria,

bella Colomba, tu accogli il tuo Diletto e lo inondi di gioia!

tu contempli la grandezza di Dio senza invidiarla!

esulti della salvezza con cui Dio solleva il mondo! 

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9.  Rallegrati, Maria, Salvezza di Isaia

 
“Ed ecco, concepirai un figlio” Lc 1,31

 

L’angelo dà spiegazione a Maria delle parole che le ha rivolto. Qual è la grazia di cui Dio l’ha ricolmata e che ella continua a portare in sè come un tesoro? Quella grazia non è un evento passato, ma una novità che inizia ora, anzi, che inizierà non appena ella, piccola Maria, dirà il suo sì alla Parola potente e umile di Dio. Il Signore è con lei, è con lei come un amico, come Gionata al fianco di Davide (1Sam 20,11). L’amico non nasconde nulla all’amico, gli rivela le proprie intenzioni, anche quelle segrete.
Ora Dio previene Maria: ella deve sapere, deve conoscere i progetti che la riguardano. L’angelo non fa fatica a trovare le parole per questa rivelazione ineffabile: esse sono già state scritte dal profeta Isaia, quando annunciava salvezza al popolo sofferente, sconsolato per l’esilio e per la schiavitù.
L’angelo Gabriele, quando apparve a Zaccaria, aveva conosciuto la bellezza del tempio di Gerusalemme e delle cerimonie ivi compiute dagli uomini. Ora conosce il silenzio e la povertà di una stanza ricavata nella roccia: qui ripete ad una ragazza la profezia attesa con impaziente desiderio da tutte le donne di Israele!
“Ecco, concepirai un figlio”! Dove sono la meraviglia e la grazia? Quante donne concepiscono non uno, ma molti figli! La meraviglia sta nel fatto che queste parole sono proprio quelle del profeta: “Ecco, la vergine concepirà” (7,14). Al posto de “la vergine” l’angelo dice “tu”. Tu, Maria, sei la vergine attesa da secoli per concepire quel figlio che sarà chiamato Emmanuele: rallegrati!
“Concepirai”, un termine per esprimere comunione profonda: accoglierai “con” te! E l’angelo ripete anche la prima parola con cui il profeta annunciava questo evento come un segno di Dio: “Ecco”! È un richiamo all’attenzione: non lasciarti sfuggire nulla, nessun particolare, nessuna sfumatura, nessun aspetto sfiorato dalle parole! Accoglierai con te, nel tuo ventre, che è vergine, un figlio. Figlio: di chi? L’angelo non lo dice, lo dirà dopo. Per ora Maria considera come “grazia”, di cui è stata arricchita, il poter accogliere dentro di sè un’altra vita. Quest’accoglienza è un fatto che le cambia l’esistenza. Quel “figlio”, che sarà in lei, le apparterrà, senza però che ella lo possa possedere: ella invece apparterrà a lui. Egli le assorbirà tutta l’attenzione, tutti i pensieri, tutte le energie, ogni respiro, anzi, ogni battito del cuore. Concepire un figlio significa non avere più tempo nè desiderio di pensare a se stessa. Ella, vergine, diventerà madre! La sua vita, che non è mai appartenuta a nessun uomo, apparterrà tutta a quel figlio che prenderà posto nel suo corpo, facendolo suo.
Ella vivrà ogni istante con lui e per lui. È una presenza, quella del Figlio, che le darà preoccupazioni e gioie: è su quella presenza nascosta che ella misurerà le proprie forze e i propri passi. È in vista di lui che ella attingerà ancora l’acqua al pozzo di Nazareth, per lui tesserà il lino e la lana, per preparargli una veste purpurea che manifesti la sua dignità. Maria ode la parola dell’angelo, e si rallegra che la salvezza, profetizzata da Isaia, risplenda ora e cominci da lei a portare nel mondo la gioia!

   

Rallegrati, Maria!
A nessuna vergine
è mai stato detto
quanto ora tu ascolti.
Dimenticherai te stessa,
per accogliere in te
una vita nuova,
e per essa muovere
occhi, mani e piedi.
Tu diventi il vaso prezioso
che racchiude in sè
la ricchezza del mondo,
ricchezza che salva l’uomo
dall’essere solo uomo
diventando figlio!

 

Rallegrati, Maria,


sei stata scelta a realizzare la profezia più bella!
diventi grande rinunciando a te stessa!
non vivi più per te, ma per lui, per Gesù, che viene con te!

 

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10.    Rallegrati, Maria, Datrice di vita

 

Lo darai alla luce” Lc 1,31

  

Lo darai alla luce”! L’angelo deve provare meraviglia per le parole che egli stesso ripete con gioia e trepidazione, parole che prevedono tempi lunghi e sofferenze grandi. Egli fa presto a ripetere a Maria la profezia, che per compiersi le chiederà nove mesi di pensieri, di fatiche e di attesa, cambiando del tutto la sua vita. Ella ha nove mesi di tempo per prepararsi e adattarsi alla nascita del figlio che gli viene annunciato. Nove mesi, all’incirca quaranta settimane: un numero che stupisce e fa meditare. Ogni uomo dispone di queste quaranta settimane prima di uscire dal nascondiglio che lo prepara a godere la luce. Una dopo l’altra queste settimane passeranno, e arricchiranno Maria di comunione con quel Figlio che, lentamente, diviene suo. Durante quelle settimane il Figlio sarà suo, tutto suo, sentito solo da lei, goduto solo da lei, voluto solo da lei. Ella poi soffrirà quando dovrà consegnarlo per metterlo a disposizione di tutti. Allora chiunque sceglierà di amarlo o di ignorarlo, se non addirittura di odiarlo. Da quando ella lo avrà dato alla luce, il figlio non sarà più soltanto suo: lo potranno vedere molti, ed egli potrà servire o essere servito da molti.

Lo darai alla luce, lo consegnerai al mondo: e il mondo cosa farà di lui? Non sarà più soltanto lei a proteggerlo, a intuirne i bisogni, a donargli affetto, a procurargli gioia. Ella potrà senz’altro continuare a vivere con lui e per lui, ma in un modo diverso, che dovrà imparare. Egli stesso le insegnerà ad amarlo: ella imparerà, prima dai suoi vagiti, poi dai suoi sorrisi e, finalmente, dalle sue parole, che la stupiranno. Per ora lo stupore di Maria è ancora rivolto a queste poche frasi che l’angelo pronuncia senza esitazione. Darai alla luce un figlio! Un figlio! Colui che Maria darà alla luce sarà sempre un figlio, porterà sempre e soltanto questo titolo. Egli si farà conoscere come Figlio dell’uomo, e sarà pure chiamato Figlio di Dio. Egli non cercherà mai null’altro che di essere figlio. Persino ora, nella sua eternità, egli continua ad essere, e ad essere chiamato, figlio. Figlio è colui che ha ricevuto e riceve la vita, colui che vive dipendendo dalla volontà di chi gli dà l’esistenza. Non sarà lei, Maria, a continuare a dargli vita. Ella semmai gli consegnerà la propria, perché lui ne disponga. Egli la vita la riceve da colui che ha mandato l’angelo per riferire a lei le parole del profeta e per attendere il segno della sua disponibilità ad essere tutta per lui. Maria risponderà: gli offrirà se stessa, in modo che egli possa farci vedere quella vita che l’eternità gli impedisce di rendere visibile! Maria dà vita d’uomo al Figlio di Dio. Il figlio è figlio per sempre: la sua grandezza e la sua gioia, la sua realizzazione e la sua gloria stanno nell’essere figlio. Colui che Maria concepirà verrà dato alla luce come figlio. Dio lo vedrà sempre così: Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, uomo che non cerca e non vuole per sè altra libertà che di poter essere figlio, di ubbidire a Dio come a un padre, e agli uomini come a persone degne d’essere onorate, servite e ascoltate quali possibili messaggeri della volontà di Dio.

Maria darà alla luce un Figlio! Questo sarà il suo vanto e la sua gioia, davanti a Dio e davanti agli uomini!

    

Rallegrati, Maria!

Offrirai a tutti

la grazia che tu ricevi,

e sarai così di tutti

la benefattrice!

Da te tutti riceviamo

colui che tu hai accolto.

Tu l’hai accolto come figlio,

e a noi lo presenti

come figlio, figlio che non vuole

chiamarsi mai con altro nome.

Il figlio sa d’aver ricevuto tutto,

anzitutto la propria esistenza,

e gioisce di dare se stesso

per imitare in tal modo il Padre!

 

Rallegrati, Maria,

tu non trattieni per te colui che hai ricevuto!

offri a tutti colui che è la tua vita!

datrice di vita, sei Madre per colui che dona se stesso!

 

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11.      Rallegrati, Maria, Testimone di Gesù      

 

“E lo chiamerai Gesù” Lc 1,31

  

Le parole pronunciate dall’angelo ricevono ora una concretezza quasi palpabile. Quel figlio ha già un volto, che Maria cerca di immaginare, ha già un nome: “Lo chiamerai Gesù”! Perché un nome tanto dolce e forte? È un nome che contiene un evidente richiamo a Dio, il Dio dell’alleanza che ha parlato a Mosè e ha camminato nel deserto con il suo popolo; un nome che fa ricordare le promesse della fedeltà di Dio e le sconcertanti infedeltà dell’uomo.

Gesù, il nome che unisce l’immensa grandezza di Dio alla più misera condizione degli uomini: «Dio salva», salva i peccatori! Gesù, il nome che traduce nel modo più vero e più bello l’espressione «Emmanuel», “Dio con noi”: Dio altissimo con noi peccatori, Dio amore con noi vinti dall’egoismo, Dio luce con noi immersi nella tenebra, Dio vita con noi preda della morte!

Lo chiamerai Gesù”! Maria ode questo nome, che ella pronuncerà per prima. Questo nome resterà per molti mesi il suo segreto, nascosto nel cuore come un seme, un seme vivo che continua a muovere quella terra che lo ospita. Esso muoverà le sue labbra mentre le sue mani lo accarezzeranno e le sue braccia si muoveranno per lui. E come il seme a suo tempo spunterà, così questo nome risuonerà, e molti lo udranno, e lo conserveranno nel proprio cuore. Fortunate, anzi, beate quelle orecchie che udranno questo nome pronunciato dalle labbra di Maria!

Nessuno mai potrà ripetere quel nome, grande, potente, dolce e misterioso, con lo stesso amore, la stessa tenerezza e sicurezza con cui lo ha pronunciato Maria. Tutte le nazioni e tutte le lingue conoscono ora questo nome: quanti lo hanno mormorato, chiamato, detto, balbettato, gridato, sussurrato, ripetuto, cantato, eppure nessuno è mai riuscito a eguagliare Maria!

Lo chiamerai Gesù”! La Madre pronuncerà ad alta voce questo nome. Ella farà sapere al mondo intero che lui, quel Bambino, è il Dio con noi, il Dio che salva noi peccatori, il Dio altissimo che si è abbassato fino a odorare il nostro peccato lasciando su di noi il profumo del suo amore. Pronunciando ad alta voce quel nome ella dirà che quel figlio è più grande e più degno di tutti gli uomini grandi.

Tutti gli uomini ascolteranno il nome, ma non tutti accoglieranno quel Figlio. Quando Maria lo chiamerà “Gesù”, ci sarà chi l’ascolterà e la ringrazierà, ma anche chi la accuserà di falsità, chi la disprezzerà e riverserà su di lei la propria bestemmia e l’odio di Satana. Maria continuerà a chiamarlo “Gesù”, e porterà la sofferenza della sua croce. Chiamare il Bambino che nascerà col nome “Gesù” è diventare testimone della salvezza che Dio opera attraverso di lui. Maria, testimone di Gesù, dovrà soffrire, perché molti uomini rifiuteranno quel nome per rifiutare la salvezza, presuntuosi di quella che ritengono di meritarsi da sè, oppure sicuri di non averne bisogno.

Maria sarà martire di Gesù, martire gioiosa di quel Bambino che ha reso la sua vita un dono per tutto il mondo. Che sarebbe il mondo se non risuonasse il nome di Gesù? Che sarebbe il mondo se tacesse la voce di Maria?

   

Rallegrati, Maria!

Tu potrai chiamare Gesù,

e insegnerai a tutto il mondo

a pronunciarne il nome!

Quando anch’io

imparerò da te,

egli stesso sarà in me,

e mi salverà. Mi salverà

dagli idoli vani,

dalle false bellezze

e dalle false verità

che non conoscono

l’amore puro ed eterno.

Testimone e martire di Gesù,

Maria, spargi la tua gioia!

 

Rallegrati, Maria,

sei dono prezioso nel mondo quando chiami Gesù!

sei testimone che il tuo Bambino è il perdono di Dio!

insegni a tutti a pronunciare il nome “Gesù”!

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12.       Rallegrati, Maria, Vergine vera

 

“Come avverrà questo? Io non conosco uomo” Lc 1,34

  

L’angelo mandato da Dio sta attendendo una risposta da Maria. E Maria ha bisogno di riflettere per poter decidere. La parola di Dio era già arrivata agli uomini in passato con grandi promesse e con grandi richieste, e gli uomini o hanno riso delle promesse con incredulità, o hanno cercato di rifiutare le richieste sicuri della propria incapacità e indegnità. Persino Abramo, prima di accettare incondizionatamente la parola che gli prometteva la discendenza, fu tentato, e rise (Gen 17,17). E così Sara: le promesse di Dio superavano troppo le possibilità umane (18,12). Superavano le capacità dell’uomo anche le richieste indirizzate a Mosè, che rispose: “Chi sono io per andare dal Faraone?” (Es 3,11). E le stesse richieste rivolte a lui sembravano non poter essere comprese nè accolte dal popolo: “Ecco, non mi crederanno…” (4,1). Anche i grandi profeti hanno cercato di resistere alla Parola di Dio che li invitava a mettersi a sua disposizione: Isaia diede importanza al peso del proprio peccato (6,5), Geremia alla mancanza di eloquenza e alla giovane età (1,6), Giona all’impossibilità della conversione per i pagani di Ninive (1,3). Non è facile dare la propria adesione, il proprio «amen» convinto e fedele alle richieste di Dio: cercheranno di resistervi Saulo di Tarso sulla via di Damasco (Atti 26,14) e Pietro a Giaffa (10,14).

Maria non vuole dubitare di Dio nè vuole resistere al suo volere, non vuole imitare gli uomini incapaci di acconsentire subito al progetto di Dio. Ella semplicemente non sa cosa deve fare, come deve comportarsi, quali passi intraprendere perché si realizzi ciò che le viene annunciato e proposto, e perciò chiede: “Com’è possibile?” oppure “Come avverrà questo?”, cioè «Cosa devo fare perché ciò avvenga?». Maria sa che i figli nascono dalla donna, sì, ma solo dopo il suo incontro con l’uomo. Ella sa pure che, per volontà di Dio, ciò deve avvenire in una unione da lui benedetta. Ella è donna, ma nessun uomo è con lei. Nessun uomo è venuto a prenderla con sè. Uno le è stato promesso, ma chissà quando deciderà di venire! “Io non conosco uomo”. Quale trepidazione in queste parole! Maria ha udito più volte nella sinagoga il profeta dire: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, che pone nella carne il suo sostegno” (Ger 17,5): quell’uomo è tentato infatti di allontanare la propria fiducia da Dio. E questo lei non lo vuole, assolutamente! Quante volte le preghiere dei salmi glielo hanno fatto ripetere! Non si può contare sull’aiuto dell’uomo per realizzare i disegni di Dio, non si può pensare: «Dio non è capace… se io non sono capace». “C’è forse qualcosa impossibile per il Signore?” (Gen 18,14), disse Dio ad Abramo per fugare i suoi dubbi e per trasformare in stupore il riso di Sara. E Geremia si sentì dire: “Io sono con te per proteggerti” (1,8b), mentre Isaia vide un serafino che col fuoco gli purificava le labbra dai peccati d’incredulità (6,6s). Maria non può appoggiarsi all’uomo per realizzare i progetti di Dio, e nemmeno lo vuole. Ella si offre a Dio così com’è, nella propria incapacità, nella propria solitudine verginale.

L’angelo le aveva rivolto appunto la parola che il profeta vedeva compiersi nella vergine: “La vergine concepirà”! Maria non si vergogna di essere la vergine, di essere senza appoggio umano, anzi, ella pone davanti a Dio questo suo modo di essere come situazione sicura, definitiva, situazione nella quale Dio stesso farà conoscere il proprio amore onnipotente. Maria è la vergine vera, poiché in lei la verginità è il luogo che Dio viene ad occupare. Nel cuore e nella mente di Maria non è l’uomo che tiene in mano il futuro, che risolve le situazioni, che realizza i progetti. Ella è la vergine vera: si offre perché sia Dio a compiere in lei i suoi disegni. Ella sa che “l’uomo è come un soffio” (Sal 144,4) e perciò nel suo intimo, segretamente, dice: “Signore, piega il tuo cielo e scendi!” (Sal 144,5).

   

Rallegrati, Maria!

Tu non devi fare nulla,

Dio verrà da te:

tu gli hai fatto spazio,

non hai messo davanti a lui

l’intelligenza degli uomini,

e nemmeno le loro capacità.

Tu hai posto la fiducia

nell’invincibile potenza

del tuo Dio e Signore,

ti sei lasciata plasmare

come creta dal vasaio,

ed ecco, puoi accogliere

in te il tesoro

che arricchisce il mondo!

 

Rallegrati, Maria,

Dio ha chiesto a te di accogliere il suo amore!

non hai opposto resistenza alla chiamata incomprensibile!

sei la vergine vera, gioiosa nella tua solitudine!

 

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13.           Rallegrati, Maria, Cetra di David

 

Ecco la serva del Signore: avvenga per me come tu hai detto” Lc 1,38

  

Maria ha dialogato con l’angelo di Dio. Ella ha sollecitato una parola che fosse luce ai propri passi, lampada per la propria strada. E la luce è venuta, una luce ricca di gioia, di ristoro, di pace. Così ella ha compreso che Dio stesso, con la propria potenza, avrebbe fatto irruzione nella sua vita senza intervento alcuno dell’uomo. La nube, che Mosè aveva visto scendere sull’arca dell’alleanza per indicare la presenza di Dio (Es 33,7), verrà qui, a Nazareth, su di lei, e lo stesso Spirito di Dio, che aveva aperto la bocca ai profeti e consacrato i re, realizzerà in lei ciò che l’uomo non potrebbe nemmeno immaginare. Il Figlio di Dio, colui che contiene in sè tutto l’amore del Padre, nascerà da lei. Il Figlio di Dio! Il Figlio, di cui ella, ancora segretamente, trattiene il nome nel cuore, Gesù!

L’angelo rimane in silenzio, avendo concluso il suo discorrere con le parole che Dio rivolse ad Abramo sotto la Quercia di Mamre: “C’è forse qualcosa d’impossibile per il Signore?” (Gen 18,14). Ora non solo l’angelo, ma tutto il cielo e tutta la terra rimangono in attesa. Dio stesso rimane in attesa. Questo attimo tiene sospeso tutto il creato, la cui sorte dipenderà dalla parola con cui Maria romperà questo silenzio.

Noi tutti oggi diciamo grazie a Maria: il silenzio dell’attesa è seguito dal canto degli angeli, canto che l’universo intero lungo i secoli ripeterà facendo risuonare inni di gioia ed esultanza, perché ella ha sussurrato: “Ecco la serva del Signore, avvenga per me come tu hai detto”!

Da chi ha imparato Maria a rispondere così all’angelo di Dio? Ha imparato dal profeta Isaia (6,8)? Oppure la sua risposta era quella che già risuonava da secoli, ripetuta da tutto il popolo che cantava il salmo: “Allora ho detto: ecco io vengo. Sul rotolo del libro di me è scritto, che io faccia il tuo volere” (40,8)? Maria pronuncia in modo nuovo, tutto suo, questa obbedienza del grande re Davide, che continuava: “Non ho nascosto la tua grazia e la tua fedeltà alla grande assemblea”. Maria intuisce che, con il suo “eccomi”, la fedeltà di Dio rivestirà di amore tutto il mondo. Ella sa pure che la sua risposta è un servizio: un servizio a Dio, che può così realizzare attraverso di lei il grande progetto dell’Incarnazione del Figlio in modo umile e povero. Perciò Maria si attribuisce il titolo di “serva del Signore”, un titolo umile e allo stesso tempo il più bello e il più ambito che una persona umana possa desiderare. Il servo del Signore è servo del suo amore, amore di cui vivono tutti gli uomini, amore da cui è sostenuto tutto l’universo. Il servo del Signore è fondamento, è colonna, è sostegno di tutto il popolo. Il servo del Signore è perciò anche servo di tutti, perché tutti ricevono da lui ogni dono di Dio. Dio consegna al suo servo fedele il cibo da distribuire ai suoi figli (cf Mt 24,45) e la stoffa per confezionare le loro vesti (cf Pro 31,13). Titolo umile e grande, umile per chi lo porta, grande per chi riceve il frutto del servizio. Maria è umile, e nella sua umiltà di serva gode le gioie delle persone più grandi, perché la sua vita realizza la parola di Dio. Questo ella vuole: “Avvenga per me come tu hai detto”. Sono parole che suonano dolci e belle ai nostri orecchi come l’arpeggiare della cetra, rasserenanti come gli accordi melodiosi della cetra di David agli orecchi e al cuore oppresso e tentato di Saul (1Sam 16,23). Esse allontanano ogni spirito cattivo dai nostri cuori: “Avvenga per me come tu hai detto”!

   

Rallegrati, Maria,

vera serva del mio Dio.

Ti invidiano gli angeli,

pronti esecutori della parola

di Dio onnipotente:

quella parola tu

l’accogli in te,

ed essa occupa

tutta la tua vita.

Tu diventi il dono

che nutre la speranza

e aumenta la carità

di coloro che ti guardano!

Maria, serva del mio Dio,

io godo del tuo servizio!

 

Rallegrati, Maria,

sei illuminata dall’ombra dell’Onnipotente!

la tua parola è più dolce della melodia della cetra di David!

sei pronta a donarti con un “eccomi” eterno, perenne!

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14.      Rallegrati, Maria, Arca dell’alleanza

 

“A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?” Lc 1,43

  

A che debbo…”, così grida a gran voce una donna che da mesi se ne sta chiusa in casa, sbalordita dalla sorpresa di non portare più la vergogna della sterilità: ella si sente tanto diversa dalle altre donne, perché diventa madre oltre i limiti dell’umanamente possibile. È Elisabetta: ella non riesce più a trattenere la gioia, la grande gioia, e ora la doppia gioia di sapersi benedetta da Dio e di incontrare la fonte di ogni benedizione. Elisabetta è colma di stupore: non sa perché Dio abbia ascoltato le preghiere sue e del suo sposo, perché le abbia ascoltate così fuori tempo, quando ormai ella riposava sulla certezza che mai più sarebbero state esaudite: perché dare alla luce un figlio alla sua età? E perché questo figlio ora le trasmette tanta gioia all’udire il saluto di Maria?

Suo figlio è come Davide, che danzava attorno all’arca dell’alleanza, quando questa stava arrivando nella sua città. Pieno di timore egli si chiedeva: “Come potrà venire da me l’arca del Signore?” (2Sam 6,9). Gioia troppo grande, come si può meritarla? Nel grembo di Elisabetta Giovanni danza di gioia: la madre sua ha udito la voce di Maria che, come l’arca, porta in sè la Parola di Dio, Parola di Dio divenuta uomo!

L’arca, che Davide voleva nella propria città, racchiudeva le parole scolpite da Dio sulla pietra, i Dieci comandi che rendono intelligente e sapiente il popolo che li vive, invidiato per questo dagli altri popoli (Dt 4,8): quell’arca è solo prefigurazione di quella che ora sta davanti a Elisabetta. Maria nasconde in sè tutta la Parola di Dio, tutto l’amore che il Padre vuole comunicare e donare agli uomini: Parola non incisa sulla pietra, ma divenuta vita umana!

L’arca antica, quella che conservava le pagine di pietra, nessuno più la trova: è stata nascosta da Geremia nella grotta segreta che solo Dio potrà riaprire (2Mac 2,5)! Ecco ora Dio all’opera: la sua Presenza in mezzo al popolo, incaricato di consegnarla a tutti i popoli, è qui, sulle montagne di Giuda, nascosto nel grembo di Maria. È lei la «Grotta» che Dio sta aprendo per ridonare al mondo la sua Parola, scritta in modo che nessuno di fronte ad essa sia, o possa sentirsi, analfabeta!

Chi è degno di ospitare quella Presenza? “A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?”. Quali meriti può vantare Elisabetta? Ella ragiona come tutti gli uomini, non abituati alla gratuità. Dio invece sa che, se vuole amare gli uomini, deve farlo gratuitamente. Essi non hanno nulla che meriti la sua attenzione e i suoi favori, sono ricchi solo di miseria e di peccato. Egli si è avvicinato ad Adamo per amarlo proprio quando questi si nascondeva, spaventato dal proprio peccato e dalla propria incapacità ad essere uomo (Gen 3,8s).

Il bambino in grembo ad Elisabetta esulta, come Davide divenuto fanciullo, “un uomo da nulla” (2Sam 6,20). Come Davide non meritava la presenza dell’Arca dell’alleanza nella sua città, così Elisabetta non merita l’arrivo di Maria, carica lei pure di una immeritata maternità. Allo stesso modo il centurione saprà di non meritare che Gesù entri in casa sua, e neppure Zaccheo riterrà pensabile una grazia tanto grande. E invece tutto è possibile a Dio, perché egli è un amore che gli uomini non conoscono, ma che devono ricevere per essere uomini realizzati. Ad Elisabetta perciò diciamo: «la madre del tuo Signore viene a te perché tu hai bisogno di lui. Ella viene a te per portarti la Presenza nascosta in lei. Tu e tuo figlio avete bisogno di suo Figlio: per questo ella viene a te. Se tu l’accogli, avrai accolto lui, e la gioia della sua salvezza ti possiederà! E noi ti ringraziamo di averla accolta anche a nome nostro, e di averle detto, prima di noi e per noi, la parola di benedizione e di riconoscenza»!

    

Rallegrati, Maria!

Rallegrati, perché ora

noi sappiamo che tu

porti nascosta in te

la Parola che sostiene il mondo!

La tua gioia

diventa la nostra gioia,

e il dono che tu hai ricevuto

è ora accolto anche da noi.

Noi non «meritiamo»

che tu venga a noi:

nessuno «merita» d’essere amato da Dio!

Quando tu sei con noi, peccatori,

noi godiamo di essere, tramite te,

amati dal Padre!

 

Rallegrati, Maria,

porti in te il grande peso della Parola che solleva il mondo!

vieni come garanzia che Dio mantiene con noi la sua alleanza!

semini sul tuo cammino la gioia della grande benedizione! 

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15.      Rallegrati, Maria, Bella Colomba

 

“L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore” Lc 2,46

  

Le parole grandi di Elisabetta non stupiscono Maria. Ella aveva voluto affrontare le fatiche e le paure del lungo viaggio per incontrare l’anziana moglie del sacerdote Zaccaria, che ora è muto. Da lui Maria non può attendersi parole che le narrino l’incontro con lo stesso angelo che è venuto da lei. Ma tutto in quella casa ora ha il sapore e lo stupore che la presenza degli angeli suscitano. Risuonano a gran voce parole di benedizione e di beatitudine, parole semplici che rivelano misteri grandi, parole umane che mettono in luce ineffabili disegni divini. Elisabetta sa che Maria ha creduto alla Parola di Dio e che questa Parola la sta rendendo madre. E Maria non si meraviglia di ciò di cui noi ci stupiamo: come può Elisabetta sapere? Chi le ha rivelato i segreti che nessuno, nemmeno il suo promesso sposo, conosce? È grande la gioia di Maria! Dio può rivelare agli uomini i segreti di altri uomini: ha rivelato i suoi alla sua parente! Dio è davvero grande! Inoltre qui nessuno sospetta di lei, della sua purezza, della sua fede, nessuno l’accusa di aver tradito la promessa che Giuseppe ha dato e ricevuto.

Ora Maria può finalmente aprire il proprio cuore e le proprie labbra: dalla sua bocca esce la pienezza del suo cuore! Ella ha compreso d’essere amata come la Bella Colomba cercata senza posa dal Diletto che vuole udire la sua voce soave (Ct 2,14; 5,2)! Ecco ora la voce della Colomba, una voce che manifesta ciò che si muove nell’intimo: “L’anima mia magnifica il Signore”!

Maria non fa quello che vede fare da tutti. Noi tutti siamo abbagliati da ciò che gli uomini realizzano, dalle parole che essi pronunciano, dai progetti che riescono a ideare. E tutti, o ci inorgogliamo, oppure ci abbassiamo nella soggezione di fronte agli altri. Per Maria gli uomini sono tutti muti, sono in attesa di una parola che ancora non conoscono, una parola che doni loro Vita nuova e piena. Per Maria gli uomini sono tutti com’era lei, recipienti vuoti che devono essere riempiti dall’alto. Ella è stata riempita di grazia: ora canta con gioia le lodi del suo Benefattore: “L’anima mia magnifica il Signore”! Maria non conosce uomini grandi: ella conosce la grandezza di Dio. Egli sì è grande, e, se potesse, ella vorrebbe fosse ancora più grande! Sì, egli può essere più grande agli occhi di coloro che la circondano, di coloro che non lo ritengono capace di sorprenderci con la bellezza e la forza del suo amore. Maria è davvero la Bella Colomba innamorata di Dio, che l’ha fatta sua sposa e l’ha resa madre, e ora le concede che qualcuno ascolti il suo canto d’amore.

E il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore”! Il bambino di Elisabetta esulta, ma anche lei, Maria, esulta. Non può e non vuole più nascondere la sua gioia: Dio è troppo grande! Egli è tanto grande che ha visto la sua piccolezza, è così grande che ha scelto lei come “unica” e “perfetta” per far giungere il Figlio al mondo che ama e vuole salvare. Ella è la prima ad assaporare la salvezza, la prima a godere del Salvatore. Ella è stata salvata per prima, ed è stata salvata prima di cadere là dove noi siamo caduti; nel mondo ha incontrato il Salvatore prima d’incontrare il peccato, ha ricevuto il Figlio prima di abbandonare il Padre, è stata coperta dalla fiamma dello Spirito prima di sentire il gelo del male! “Bella colomba dalle ali d’argento con riflessi d’oro” (cf Sal 68,14)!

   

Rallegrati, Maria!

Il tuo canto d’amore

fa grande il Signore, più grande

di quanto noi pensiamo.

Ci uniamo al tuo canto:

la nostra voce dissonante

riceve armonia dalla tua!

Da te anche il Figlio,

tuo Maestro e Signore,

ha imparato ad esultare nello Spirito

e a magnificare il Padre,

che sceglie i piccoli e i poveri

come confidenti dei suoi

grandi e mirabili misteri

stabiliti per salvare il mondo!

 

Rallegrati, Maria,

bella Colomba, tu accogli il tuo Diletto e lo inondi di gioia!

tu contempli la grandezza di Dio senza invidiarla!

esulti della salvezza con cui Dio solleva il mondo! 

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16.           Rallegrati, Maria, Pietra preziosa

  

…Perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata” Lc 2,48

   

È sorprendente la schiettezza di Maria. Chi mai ha potuto dire di essere umile? Se qualcuno afferma d’essere umile, io lo guardo con diffidenza, perché percepisco orgoglio nelle sue parole. Non è così per Maria. Ella mi dice che Dio ha visto e osservato la sua umiltà, la sua piccolezza: io le credo, e scopro in queste sue parole una bella purezza, amore alla verità, una lode a quel Dio che ella ha magnificato. Maria mi presenta la sua umiltà nella verità, perché in lei non ha avuto mai sopravvento la superbia, in lei non sono apparsi i danni del peccato. Se io affermassi d’essere umile, tu mi guarderesti con sospetto: sapresti che in me regna la menzogna della vanagloria. Maria può parlare della propria umiltà, perché questa non è mai colorata di vanità. La sua umiltà vuole solo glorificare Dio, mai se stessa.

Da chi può aver imparato Maria a parlare così? Certamente da suo Figlio, quel Figlio che, con umiltà inimmaginabile, ha nascosto nel grembo di lei la propria eternità e la propria grandezza. Egli è umile, e potrà e dovrà dircelo: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore” (Mt 11,29). Maria sta già imparando da lui, e non ce lo nasconde. Ella ci dice ciò che Dio vede in lei: in lei Dio non vede cose grandi! In lei Dio vede una piccola ragazza di Nazareth, capace solo di attingere acqua al pozzo e di filare e tessere la lana e il lino per colui che nascerà: queste cose le fa umilmente, senza attendere ricompensa. Chi le dirà grazie per la sua fatica? Quanti anni passeranno prima che colui che nascerà impari a ringraziare? E dovrà essere lei a insegnarglielo! Ma lei non gli insegnerà a dir grazie a sè: gli insegnerà a dire sempre grazie al Padre. È da lui che viene ogni dono perfetto (Gc 1,17), è da lui che riceviamo la vita ed è lui che provvede il pane ed il vestito ai figli dell’uomo, come agli uccelli del cielo e ai gigli del campo (Mt 6,26).

È Dio che “si china a guardare nei cieli e sulla terra”, “e solleva l’indigente dalla polvere, dall’immondizia rialza il povero per farlo sedere tra i principi” (Sal 113,5-6). È lo stile di Dio, è lui che agisce: possiamo affermarlo senza falsi pudori! “D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata!”: sì, Maria è contenta del suo Dio, e perciò è contenta d’essere povera, d’essere un nulla, d’essere serva, per essere adoperata da lui, che sempre sceglie chi è scartato dagli uomini. Non ha egli scelto Davide, il più piccolo, tra i suoi fratelli (1Sam 17,14)? Non è stato lui a scegliere Anna, disprezzata e offesa perché sterile, affinché fosse la madre del grande profeta Samuele (1Sam 1,2)? È lui che “sceglie ciò che nel mondo è stolto, ciò che nel mondo è debole, ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla” (1Cor 1,27s). Così agisce Dio. Maria lo sa, e allora può dirci con gioia e verità: “D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata”! L’aveva detto anche Lia, moglie di Giacobbe, alla nascita del figlio Aser: “Le donne mi chiameranno felice” (Gen 30,13), ed era poca cosa a confronto della nascita del figlio di Maria!

Un giorno una donna ha voluto far udire a Gesù un elogio per sua madre (Lc 11,25). Egli, che la conosceva meglio di chiunque altro, e che da lei aveva imparato, attribuisce l’elogio a chi osserva la Parola di Dio. Beato e veramente felice è chi si fa servo di quella Parola, ascoltandola, accogliendola, permettendole di diventare vita! Maria gode di questa beatitudine, essendone esempio per tutte le generazioni! Ella è pietra preziosa dell’anello di Dio e della sua corona regale, pietra preziosa che attira l’attenzione alla mano che ci salva e al volto che ci sorride!

   

Rallegrati, Maria!

Io guardo stupito

la tua bella umiltà

ammirata dal Padre!

Cerco di vedere in te

tutto ciò che Dio osserva,

e godo che la madre del mio Gesù

sia la più bella di tutte le mamme!

Sei la più bella perché

nè invidia nè vanagloria

rovinano il tuo sguardo:

tu sei serva del Padre,

pietra veramente preziosa

al dito della sua mano

e sulla corona del suo capo!

 

Rallegrati, Maria,

tu sei osservata dallo sguardo compiacente del Padre!

godi di essere serva, attenta ai cenni della mano del tuo Signore!

accogli le croci come pietre preziose che ornano la tua bellezza!

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17.     Rallegrati, Maria, Incenso gradito a Dio

 

“Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo nome”  Lc 2,49

  

È bello dar lode al Signore e cantare al tuo nome, o Altissimo, … poiché mi rallegri, Signore, con le tue meraviglie, esulto per l’opera delle tue mani” (Sal 92,2.5). Lo stupore di Maria è lo stesso stupore del salmista e di quanti hanno ripetuto nei secoli questa acclamazione. Maria non guarda lontano per scorgere l’opera di Dio; ella trova nella propria vita il frutto del suo agire, le “grandi cose” che, con l’onnipotenza dell’amore, manifestano la divinità di Dio.

Grandi cose… in me”: riusciamo a vederle anche in noi? Per imparare ad osservare le opere di Dio realizzate in noi, per goderne e metterci a loro servizio, dobbiamo vedere quelle operate in Maria. In Maria è avvenuto un prodigio: la Parola di Dio si è fatta carne, è diventata uomo. In tal modo la vita di lei è divenuta vaso prezioso, vaso che lascia trasparire all’esterno la bellezza e la bontà e la preziosità di ciò che contiene. Le “grandi cose” operate da Dio in Maria sono una sola! Questa però ha poi trasformato tutto, tutte le membra del corpo di Maria, tutte le facoltà della sua anima, tutte le capacità delle sue energie, tutti i significati del suo tempo. Tutto è nuovo in lei, tutto è diventato grande, tutto prezioso. In lei tutto è diventato amore che sale a Dio in ogni istante come profumo a lui accetto. Tutta la vita di Maria è diventata dono gratuito, sacrificio, incenso gradito al Padre.

Grandi cose ha fatto in me”: Maria dice questo anche per me. Sì, da quando è venuto Gesù vicino a me e dentro di me, tutto in me è diverso, nuovo: da allora tutto risplende come grande opera dell’amore del Padre.

Maria è certamente contenta che anch’io riconosca e ripeta queste sue parole. Le ha pronunciate per me, per aiutarmi a contemplare, per avviarmi alla preghiera gradita a Dio, per rinnovare il mio rapporto con lui. Ella lo chiama “l’Onnipotente”, per dirmi che lei crede alla parola dell’angelo: nessuna parola è impossibile a lui. Egli è onnipotente perché riesce a compiere sempre quanto ha stabilito e promesso. Gli uomini cosiddetti grandi non lo fermano, non lo possono precedere, nè i ricchi riescono, con il loro denaro, a deviare i suoi progetti e i suoi giudizi; non saranno al sicuro nemmeno i superbi con i loro disegni (1,51-53). Egli osserva gli uomini e manda a vuoto i loro programmi, se non sono lievitati con l’amore. Maria è piccola, ma sa e dice queste grandi cose: la storia del suo tempo e del suo popolo le raccontava, come le racconta la nostra storia. Di Dio ci possiamo sempre fidare, e a lui ci possiamo affidare: “Tu che abiti al riparo dell’Altissimo e dimori all’ombra dell’Onnipotente di’ al Signore: mio rifugio e mia fortezza, mio Dio in cui confido” (Sal 91,1s).

E santo è il suo nome”. Maria non può tacere questa qualifica di Dio, quel Dio che ha fissato su di lei il proprio sguardo. Il nome di Dio è santo! Innumerevoli episodi sono evocati da quest’espressione, che riassume e ripete la preghiera del popolo. I serafini ripetevano “santo santo santo” (Is 6,3) ed Ezechiele ha annunciato grandi interventi da parte di Dio stesso per far risplendere la santità del suo nome. La cosa più bella è che Dio dice: “Mostrerò la mia santità in voi” e per questo “vi radunerò”, “vi purificherò”, “vi darò un cuore nuovo… porrò il mio spirito dentro di voi” (36,23-27). Dobbiamo continuare a scrutare e godere le sorprese di Dio, per dire senza stancarci: “Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente, e santo è il suo nome”!

    

Rallegrati, Maria!

La tua preghiera

è lode gradita al Padre.

Tu vedi in te stessa la sua opera:

ovunque posi lo sguardo

vedi l’agire di Dio

che santifica il suo nome,

che innalza l’uomo

fino alle sue labbra

per baciarlo,

dopo aver fatto di lui

il campo del suo lavoro,

l’oggetto della sua fatica.

Nulla ti spaventa, Maria:

hai visto in te l’onnipotenza di Dio!

 

Rallegrati, Maria,

sei il campo dove lavora Dio, dove egli semina, irriga e miete!

sei lode continua al nome di Dio!

sei il profumo dell’incenso a Dio gradito!

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18.    Rallegrati, Maria, Esaltazione del giusto Giuseppe

 

Prese con sé la sua sposa; senza che egli la conoscesse, essa diede alla luce un figlio.  Mt 1,24s

  

È grande il mistero della vita! È grande dall’inizio alla fine. Dicendo che il mistero è “grande” dichiariamo la nostra ignoranza e manifestiamo il nostro stupore. Come inizia la vita dell’uomo? Le risposte moltiplicano i nostri interrogativi. Ora stiamo osservando Maria, la vergine cui è stato annunciato un figlio, il Figlio di Dio. L’angelo le ha rivelato che lo Spirito Santo sarebbe sceso su di lei, ed ella ha creduto e accettato. Ora il figlio cresce nel suo grembo. Ella è la sposa che rimane vergine nella casa di Giuseppe. È divenuta madre prima che lo sposo l’accogliesse e senza che egli intervenisse. Anch’egli ha creduto all’angelo di Dio, che gli ha rivelato il mistero: Dio vuole che Maria abbia il Figlio come tutte le madri del mondo; ma, come nessuna donna al mondo, ella diverrà madre senza conoscere uomo. Tutto il mondo stupisce, tutti i sapienti restano muti, tutti i poveri sono in attesa. Di fronte ad ogni madre rimane il mistero, di fronte a Maria lo stesso mistero diventa domanda: credi tu? Credi che Dio può ciò che l’uomo non sa e non può? Credi che Dio dà la vita, e che la può dare anche per vie a te sconosciute? Giuseppe ha creduto ed ha adorato. Egli ha adorato il mistero di Dio e ha adorato il frutto del mistero, il Figlio del grembo di Maria.

Abramo credette quando gli angeli gli hanno annunciato che Sara, a novant’anni, avrebbe partorito. Isacco pure ebbe una moglie sterile: la sua preghiera raggiunse il cuore di Dio e Rebecca partorì due gemelli (Gen 25,21). La preghiera s’inserì potente tra Isacco e sua moglie: nessun altro metodo vinse la sterilità. Giacobbe s’arrabbiò quando Rachele gli disse: “Dammi dei figli, se no io muoio!”. Le rispose: “Tengo forse il posto di Dio?” (Gen 30,1-2). E così i patriarchi hanno visto e gustato il mistero della vita come luce del mistero di Dio. La storia del popolo di Maria inizia con la maternità di spose sterili.

Gli uomini devono accorgersi che Dio opera per loro e in loro. Senza l’intervento di Dio il popolo non esisterebbe. Altre volte Dio ha reso cosciente il popolo che è lui il Signore della vita: la moglie di Manoach, padre di Sansone, era sterile. L’angelo del Signore le annunciò la maternità (Giud 13,3). Anna, angosciata per la propria sterilità, diede alla luce Samuele, il profeta scelto per consacrare il primo re, Saul, e il grande re Davide (1Sam 1,17). Finalmente, anche Elisabetta, moglie di Zaccaria, deve attendere la vecchiaia per vedere esaudite le loro preghiere. Dio può dare la vita tramite una donna sterile e anziana. Sembra che a Dio piaccia stupire gli uomini, farli restare a bocca aperta, renderli umili con i suoi grandi doni, consapevoli di essere sempre nelle sue mani, fiduciosi e senza paura: le sue mani non sono mai impotenti! Ora Maria sa che l’intervento di Dio in lei supera ogni altro suo intervento a favore degli uomini. E Giuseppe, con la sua presenza casta e mite, conferma la novità voluta da Dio. Siamo certamente ad un nuovo inizio che sorprende i Patriarchi, che stupisce il profeta Samuele e il forte Sansone. Siamo all’inizio degli inizi: non una nuova nascita attendiamo, ma la nascita d’un Uomo nuovo. E Maria, portatrice di questa novità, è l’esaltazione di Giuseppe, che l’ha amata con amore libero e puro, l’ha accolta proteggendone la verginità, l’ha accompagnata distogliendo da lei gli sguardi di uomini maliziosi.

    

Rallegrati, Maria!

Da te ha inizio il mondo nuovo!

Tu generi il nuovo Adamo

senza seme d’uomo.

Siamo colmi di stupore:

tu rimani in silenzio,

sorvegli la porta delle tue labbra,

mentre Dio compie in te

il grande mistero.

L’uomo non ti impedisce

d’essere il luogo del prodigio di Dio!

Con la tua purezza sei

l’esaltazione del giusto Giuseppe

che, proprio perché non interviene,

collabora con Dio!

 

Rallegrati, Maria,

sei l’unica madre che può dir grazie solo a Dio!

in te vediamo l’onnipotenza del Padre!

sei testimone di un amore più grande dell’amore!

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19.       Rallegrati, Maria, Obbedienza di Geremia

 

Giuseppe,… salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, … doveva dare il proprio nome insieme a Maria sua promessa sposa, la quale era incinta. Lc 2,4-5

  

Giuseppe è di stirpe regale, ma vive la semplice condizione di chi si guadagna il pane con il sudore della propria fronte. Ora egli cammina al fianco di Maria. Dio gli ha parlato durante un sogno, e gli ha parlato di lei. In questo modo è venuto a sapere che il figlio di Maria è di Dio, e che Dio gli concede il segreto onore di essergli padre. Da questo momento vediamo lei, la madre, accompagnata da quest’uomo. Egli è giusto, attento, e intento a discernere e compiere i voleri divini. Egli non potrà garantire alla sposa una vita tranquilla, senza preoccupazioni. È attento ad ubbidire a Dio, e Dio gli fa conoscere i suoi voleri attraverso le situazioni concrete della vita, anche quelle decise dagli uomini noncuranti di lui. Come i profeti di Dio, anche Giuseppe scorge negli avvenimenti le chiamate cui si deve ubbidire. Dio lo chiama perché vada a Betlemme, la città dei suoi padri. Là egli deve andare perché così vogliono i potenti, ma Giuseppe vi si reca perché così vuole Dio. Maria è con lui. Ella accompagna lo sposo, che la vuole con sè, perché incinta. Egli deve essere presente quando nasce il bambino, per accoglierlo come proprio figlio! Egli ha stima di lei: sa di chi è il Figlio che nascerà.

Maria e Giuseppe obbediscono volentieri alla nuova legge degli uomini potenti e assetati di denaro. Questa legge è una provvidenza per loro, una delicatezza di Dio che vuol preparare alla Madre e al Bambino un ambiente sereno. A Betlemme, dove devono andare, nessuno sospetterà, nessuno sparlerà, nessuno potrà creare per Maria un ambiente ostile. Là il bambino non sarà additato come figlio d’uno sconosciuto.

Maria cammina a fianco di Giuseppe. È fatica per lei continuare il viaggio. La strada è quella dei pellegrini: il suo camminare è il pellegrinaggio più vero, l’unico della storia degli uomini! Maria cammina insieme a Gesù, e quando arriverà, là dove arriverà, vedrà Gesù! L’uomo giusto è con lei, e con lei fatica e soffre, con lei gioisce per il nome che continua a tener desta la loro mente, trepidante il loro cuore e viva la loro comunione.

Maria e Giuseppe si allontanano da Nazareth: essi obbediscono a Dio, che disse tramite il profeta Geremia: “Per la vita del Signore che ha fatto uscire gli Israeliti dal paese del settentrione… nel loro paese che avevo concesso ai loro padri” (16,15). Come Geremia, sempre obbediente nell’annunciare sia i castighi che le grazie di Dio, così Maria ubbidisce a Dio anche nell’intraprendere e nel compiere il viaggio che la rende povera delle cose del mondo, ma ricca del Dono di Dio. Questo Dono lo avrà tra le braccia quando non potrà più godere la casa, le cose, la patria, e quando a lui non potrà dare altro che se stessa. Ora Maria è come colui che “nell’andare, se ne va e piange, portando la semente da gettare, ma nel tornare, viene con giubilo, portando i suoi covoni” (Sal 125,6). Il suo camminare è fatica, è preoccupazione, è pianto; ella è però rallegrata dalla speranza: tornerà con il frutto della sua fede, frutto che riempirà di gioia la terra. Maria cammina verso la città di Davide, perché là deve nascere colui che regnerà per sempre. Questo soltanto lei lo sa, ma per ubbidire a Dio non occorre che altri lo sappiano! 

   

Rallegrati, Maria!

ciò che tu non comprendi

è compreso da Dio,

che vede oltre i disegni

dell’egoismo dei potenti.

Tu segui Giuseppe,

che con te alza gli occhi

al Dio sapiente e provvidente.

E Giuseppe segue te

che percorri la via dell’ubbidienza,

dove trovi pace e riposo

dalle maldicenze e calunnie

di chi non conosce i disegni di Dio.

Maria, i profeti ti attendono

al termine del tuo cammino!

 

Rallegrati, Maria,

tu porti il Re nella sua città!

godi la tenerezza di Dio che ti toglie da situazione penosa!

obbedendo, vai a preparare il campo della gioia!

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20.      Rallegrati, Maria, Confidenza dei poveri

  

Lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia.  Lc 2,7
 

Riesci a immaginare i sentimenti di una madre che non ha altro posto ove porre il suo bambino che una mangiatoia? Quando osserviamo questa scena ognuno di noi attribuisce a Maria i propri sentimenti, le proprie reazioni alla povertà e alla solitudine. Saremo capaci di entrare nel suo cuore puro, libero dagli egoismi e quindi dalle invidie, dai confronti, totalmente abbandonato ai disegni del Padre? Ella ha meditato e conserva nel cuore le parole sante della preghiera che dice: “Io sono povero e infelice, di me ha cura il Signore” (Sal 40,18), perché il Signore stesso ha promesso: “Il povero non sarà dimenticato” (Sal 9,19) e ancora “Insegna ai poveri le sue vie” (Sal 24,9). Il cuore di Maria trabocca di queste promesse e perciò ella gode di offrire al Figlio di Dio la povertà, certa di metterlo nella condizione di ricevere le gioie più grandi, secondo il detto del profeta: “I più poveri fra gli uomini esulteranno nel santo d’Israele” (Is 29,19).

Gesù mai rimprovererà a Maria e a Giuseppe di non avergli dato quanto più o meno tutti gli uomini possono aver avuto. Anzi, Gesù farà loro l’elogio più bello quando inizierà il suo insegnamento solenne dicendo: “Beati i poveri in spirito, di essi è il regno dei cieli” (Mt 5,3). Ed egli stesso ai discepoli in procinto di disperdersi nel mondo, anche nel mondo ricco, dirà: “Non procuratevi oro nè argento nè moneta di rame” (Mt 10,9) perché “il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Lc 9,58). Quei discepoli hanno imparato bene, tanto che Pietro allo storpio, che scrutava le sue mani, sicuro di vedere qualche moneta, dirà con gioia: “Non possiedo nè argento nè oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina” (Atti 3,6). Godrà anche San Paolo della propria povertà e di quella di tutti i cristiani, che possono dire: “Siamo poveri, ma facciamo ricchi molti” (2Cor 6,10), perché la vera ricchezza dell’uomo può essere solo il dono di Dio. E Maria tiene sulle sue braccia il Dono di Dio che arricchisce l’umanità di quell’amore che fa esultare i popoli di tutta la terra!

Le fasce che Maria avvolge attorno al bambino sono più preziose della porpora e del bisso che inorgoglisce i re! Sono fasce arricchite dalla fatica delle sue mani e dall’amore di Giuseppe! Quelle fasce non sono di porpora: la porpora non serve forse spesso a nascondere macchie di sangue? Per vestire la porpora i re versano il sangue dei poveri! Le fasce di Maria prefigurano quelle che saranno impreziosite e imporporate del sangue del Bambino stesso, quando, deposto dalla croce, sarà rinchiuso nel sepolcro. Quello è il sangue dell’Agnello che salva il popolo dallo sterminatore (Es 17,7), il sangue con cui egli si acquista la Chiesa di Dio (Atti 20,28) e con cui “ci ha liberati dai nostri peccati” (Ap 1,5).

E la mangiatoia non appare a Maria rivestita d’oro e d’argento? Quella mangiatoia, ora che accoglie “il Figlio dell’Altissimo”, non è più preziosa dell’Arca del Tempio di Salomone? Non è forse adorna di gioielli e di pietre preziose come l’aula del Santo dei Santi (2Cr 3,6)? Da quella mangiatoia egli sorgerà, come si alzerà dal sepolcro per giudicare il mondo! Mentre le mani di Maria girano le fasce attorno al Bambino per deporlo nella mangiatoia, il suo cuore e la sua mente vedono più lontano, e godono di quel Re, che regna senza mettere nessuno in soggezione, nè chi è povero nè chi è sudicio. Benedette fasce e benedetta mangiatoia!

   

Rallegrati, Maria!

Il tuo gioiello più bello

è la tua povertà!

Il tuo oro più fino

è la tua umiltà!

Noi da te cerchiamo

ciò che il mondo non può dare:

veniamo da te per vedere

il Bambino ricco delle tue fasce

e grande nella mangiatoia.

Veniamo a dirti grazie

perché tu hai abbellito

col tuo sorriso la povertà,

e con la tua delicatezza

hai colmato la nostra indigenza!

 

Rallegrati, Maria,

a te vengono i poveri con esultante confidenza!

tu arricchisci l’uomo col Dono più grande!

il tuo sguardo fa risplendere di bellezza la nostra povera casa!

 

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21.   Rallegrati, Maria, Campo del tesoro nascosto

 

 Maria, da parte sua, custodiva tutti questi fatti, meditandoli nel suo cuore. Lc 2,19

   

Deposto nella mangiatoia, il Bambino dorme, saziato e cullato da Maria. E Maria si sazia di lui. Il suo cuore è un lago tranquillo, ove galleggiano oggetti provenienti da fiumi e torrenti che li portano da lontano! Il suo cuore è un’acqua limpida, dentro cui si rispecchia lo splendore del cielo. Nel cuore di Maria sono presenti e si intersecano, come in un ordinato congegno, i ricordi di molti eventi accaduti dentro e attorno a lei: la vita tranquilla di ragazza di Nazareth, il pozzo, e l’anfora che scendeva vuota per risalire pesante, la musica forte e quieta delle parole dell’angelo, la sua domanda e la risposta, il nome già stabilito, l’esultanza del bambino di Elisabetta e la benedizione, il turbamento di Giuseppe e la sua improvvisa decisione, il lungo viaggio di sollievo, il bambino fasciato, gli animali che le hanno prestato la mangiatoia, i pastori che parlano di uno e di molti angeli festanti nella notte illuminata! Quanti fatti da collegare, da mettere in ordine, da leggere e comprendere! Maria non dimentica nulla: verrà il giorno in cui comprenderà tutto, verrà il momento in cui qualcuno l’aiuterà. Intanto il suo cuore è un campo in cui è riposto un grande tesoro. Chi lo troverà arricchirà se stesso e renderà felici molti!

Maria ubbidisce a Dio, mentre Gesù dorme tranquillo: e il meditare di Maria dona pace al suo sonno. “Ricorda i giorni del tempo antico, medita gli anni lontani” (Dt 32,7), dice la Parola di Dio, e aggiunge: “Cantate a lui canti di gioia, meditate tutti i suoi prodigi” (Sal 104,2). I prodigi del Signore sono molti, sono quelli di cui tutto il popolo è spettatore, e quelli che rimangono nel cuore come segreti e come piccole luci che si possono confidare solo a pochi. Maria ricorda gli uni e gli altri, e ad essi aggiunge le promesse pronunciate dai profeti (Sal 118,148; Sir 39,1). Anche quelle parlano di un figlio, di un Bambino “nato per noi”, già proclamato “Dio potente, Padre per sempre, principe della pace” (Is 9,5). Queste parole ritornano nella mente di Maria mentre il Bambino dorme.

Anche il bambino, che è stato chiamato Mosè, ha lasciato pensosa sua madre e ha occupato a lungo la sua mente, perché ella non comprese appieno il suo nome. “Salvato dalle acque”, ha detto la figlia del Faraone che l’aveva trovato tra i giunchi del Nilo. Davvero “salvato dalle acque” quando ha passato il Mar Rosso alla testa del popolo (Es 14). Il significato del nome è quello dato da Dio, non quello abbozzato dall’uomo.

Maria medita. Vuole comprendere i perché di Dio, non quelli che gli uomini immaginano o si vantano di scoprire. Le spiegazioni che fioriscono nella mente dell’uomo non sono tesori, non sono semi di vita. Maria attende dall’alto la luce per i suoi grandi tesori. Attende.

Sarà la bocca stessa di Gesù, molti anni dopo, a chiarire, a far vedere la grandezza dei piccoli gesti e la verità delle parole incomprese. Sarà lui stesso a lodare la madre, perché tra le parole umane ella ha cercato quelle divine, dai fatti semplici della vita ha cercato di leggere i voleri eterni, e sempre ha ubbidito. Maria continua a imparare dai profeti, che da un ramo di mandorlo fiorito (Ger 1,11s), da un vaso che si rovescia (Ger 1,13), da una donna fedele e da una infedele (Ger 3), da una cintura che marcisce (Ger 13,1ss) comprendono i disegni di Dio. Maria è attenta, perché tutto ciò che riguarda il Bambino è Parola che non passerà mai!

    

Rallegrati, Maria!

Noi ti osserviamo:

ciò che le tue mani fanno

è dono per Gesù, profezia per noi.

Tu sei un campo

che nasconde il grande tesoro:

nulla ci sfugge,

tutto è prezioso.

Le fasce dei poveri

sono lino pregiato,

la mangiatoia che trovi

è messaggio di gioia:

il Bambino è cibo per noi,

ci nutriamo di lui

per diventar figli di Dio!

 

Rallegrati, Maria,

tu riempi il tuo silenzio di Parola di Dio!

tu avvolgi il Bambino che col suo sangue ci salva!

guardi e riguardi ogni fatto e ne cogli il mistero!

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22.    Rallegrati, Maria, Sapienza di Salomone

 

Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre,

si prostrarono e lo adorarono.  Mt 2,11

  

Hanno cercato di leggere il libro, il cui alfabeto nessuno conosce: osservavano le stelle, ma nessuno e nulla è più muto delle stelle! Tra le miriadi una sola disse loro qualcosa, e si misero in viaggio. Poi anche quella ammutolì e scomparve. Riapparve più bella ed eloquente dopo che ebbero aperto un altro libro, quello dei profeti degli Ebrei. Anche questo libro è difficile da comprendere. Erode lo lesse, ma non capì. O meglio, capì quello che il suo cuore temeva: e la paura generata dall’egoismo superbo costruì disegni iniqui nella menzogna. Nonostante questo, quelli della stella lo ascoltarono, e si mossero.

Nel lontano passato molti altri avevano percorso una lunga strada per venire ad ascoltare la sapienza di Salomone, una sapienza tale da stupire re e regine. Ma poi tutto svanì, quando Salomone stesso disubbidì alla sapienza del suo Dio per soddisfare le superstizioni delle donne volute dalle sue passioni.

Ora è venuta sulla terra la vera Sapienza, quella che Salomone nè vide nè udì. Si trova nella casa indicata e raggiunta dalla stella. Qui i ricercatori pellegrini incontrano Maria: è lei la sapienza di Salomone, è la sapienza che tiene in braccio Gesù, Parola di Dio, la sapienza che vive per Gesù, che si nutre di Gesù, che indica Gesù a tutti perché lo riconoscano Re e lo adorino. Ecco la vera sapienza di Salomone, una sapienza che non inganna mai, nè si lascia ingannare. Maria mostra il Bambino a quelli che guardano le stelle e obbediscono alle Scritture. Ed essi scoprono la verità della loro vita e della vita dell’universo.

Essi sono gli unici ad entrare nella casa ed essere ospiti di Maria, e di Gesù. Tutti gli altri troveranno Gesù o in una sinagoga o nel tempio di Gerusalemme, o sulle strade o sulle piazze o sul monte. Nel riserbo della casa, certi di aver concluso il loro cammino, quei ricercatori si prostrano, e adorano. Adorano il Bambino presentato da Maria. Ella medita, ripetendo nel suo cuore i canti degli angeli, e non si fa illusioni, perché il sogno dei suoi ospiti lascia intravedere la presenza della croce.

Maria rimane sola col Bambino, nella casa profumata dall’incenso che quei ricercatori del vero Re, venuto per tutti gli uomini, hanno lasciato. Perché hanno lasciato nella sua casa oro, incenso e mirra? Qual è il messaggio che Dio vuol comunicare a lei e a Giuseppe e al Bambino? Molte sono le risposte alle domande di Maria, ma una le dà maggior gioia. Quando l’uomo trova Gesù non ha più bisogno delle ricchezze del mondo. È lui la vera ricchezza della vita dell’uomo, è lui che lo realizza pienamente. Sarà ancora così quando Gesù incontrerà il ricco Zaccheo. Anch’egli allora porrà il suo oro nella banca indicata da Gesù!

Quando l’uomo trova Gesù non ha più bisogno d’essere incensato, non cerca più la propria gloria, la fama, la pubblicità del proprio nome. Chi incontra Gesù dona con gioia il proprio incenso a lui, vuole che egli sia conosciuto, stimato e amato da tutti!

E quando l’uomo incontra Gesù non ha più paura della morte, non cerca più di fuggirla per vivere a lungo, nè di lasciare il proprio nome alla terra: anche la mirra appartiene a Gesù. Lui sì deve rimanere sempre sulla terra, lui sì deve dare il proprio nome a tutti, perché tutti vivano di lui.

Le mani di Maria sono pronte ad accettare anche il mio oro, il mio incenso e la mia mirra, per darli a Gesù! Ma non sono questi doni che le danno gioia: la sua gioia è sempre Gesù!

   

Rallegrati, Maria!

Tu tieni in braccio Gesù!

Tu non gioisci per l’oro

nè per l’incenso, nè per la mirra

che gli uomini saggi

depongono davanti a te.

Tu sai che tutto

è destinato a Gesù:

è lui la tua gioia,

è lui la gioia di tutto il mondo.

Tu sei davvero sapiente,

perché a tutti coloro che cercano

doni il Figlio tuo, Figlio di Dio.

È lui la ricchezza, il vanto,

il futuro dell’uomo!

 

Rallegrati, Maria,

tu orienti a Gesù ogni onore, ogni lode, ogni attesa dell’uomo!

porgi agli uomini il Dono più grande!

sei vera sapienza, unita sempre a Gesù! 

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23. Rallegrati, Maria, Madre del nostro rifugio    

 
“Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò”  Mt 2,13

 

Giuseppe riceve questo messaggio che lo obbliga ad un lungo inatteso viaggio segnato dalla sofferenza! Egli deve interrompere il sonno e lasciare quella parvenza di sicurezza e quell’inizio di tranquillità in cui sta riposando. Per amore del Bambino egli deve svegliare anche Maria, e con lei fuggire. Era tornato alla terra dei suoi padri, ove è nato il figlio alla sua sposa benedetta. Questa terra, ora che il Bambino è nato, è diventata luogo pericoloso, luogo di morte. Gli uomini danno la morte là dove Dio ha dato la vita, là dove Dio ha manifestato la sua luce e la sua gloria. Ma chi è l’uomo che si permette di far fuggire Dio?
Noi rimaniamo incapaci di formulare parole in seguito a questa notizia e a questo comando che giunge per vie misteriose. E siamo capaci di chiederci: perché l’angelo non ha disturbato invece il sonno di Erode per dirgli di sospendere le sue ingiuste decisioni? Le nostre domande sono inutili, perché i pensieri di Dio e i suoi disegni sono decisamente più sapienti dei nostri.
Maria si alza, ubbidiente a Giuseppe, senza interrogativi, senza indugi, senza rimpianti. Maria ha sempre saputo che Dio si rivolge ai piccoli, agli umili e ai poveri: sono questi che lo ascoltano e gli ubbidiscono. I potenti non sono capaci di ubbidire a Dio, che perciò deve lasciarli in balia della loro stoltezza. Sarà proprio questa stoltezza a farli cadere dalle loro sicurezze. Maria sa che Dio non perde di vista coloro che lo temono, coloro che si affidano a lui. Eccola in cammino, un cammino durante il quale non si volge indietro come la moglie di Lot (Gen 19,17.26). Ella sa che il suo Bambino è il Dio con noi, l’Emmanuele, la meta di tutti i desideri e i sogni degli uomini. Fuggire con il Bambino non è fuggire, perché è lui la Salvezza di Dio, è lui “Gesù”! Fuggire con il Bambino è andare a conquistare tutta la terra, è godere di tutto ciò che egli possiede, perché “è sua tutta la terra e quanto contiene” (Sal 24,1). Maria col Bambino non fugge: con lui ella non ha timore alcuno, perché è lui il Re “il cui regno non avrà fine” (Lc 1,33).
Giuseppe si allontana da Erode: Maria lo rassicura con la sua pace e la sua sicurezza. Il Bambino può dormire e santificare il sonno di tutti i poveri della terra. Gesù impara ora quel sonno che potrà continuare sulla barca per mostrare la fede ai discepoli. In braccio a Maria Gesù non deve aver paura, non può aver paura: ella è sicura che l’odio dell’uomo non arriverà dove Dio non lo permette. Ella continua la sua adorazione notturna. Il viaggio verso l’Egitto diventa per lei continuazione dei viaggi di Abramo: viaggi di fede che dimostrano amore a Dio e gli permettono di manifestare il suo amore, la sua compassione, la sua fortezza, la sua presenza.
La città di Dio, Gerusalemme, costringe il Figlio a porre la tenda in Egitto, paese nemico, ora indicato come rifugio a Giuseppe. La pace che scaturisce dalla fede di Maria illumina la notte della fuga e rende ospitale il paese ostile. Qui la Madre diventa madre per tutti: tutti possono trovare rifugio nella sua fede e nella sua pace!

  

Rallegrati, Maria!
Dove vai tu con il Bambino,
là è la gioia, là è la vita,
là è la patria sicura.
Il tuo viaggio sofferto
a noi sembra una fuga,
ma tu lo vivi
come ricerca,
ricerca di quei poveri
che attendono tuo Figlio.
L’Egitto nemico diventa amico
quando arrivi tu:
sul tuo braccio il Bambino,
sul tuo volto il sorriso
e la pace di Dio!

Rallegrati, Maria,

tu ubbidisci a Giuseppe con pace e fiducia!
trasformi la fuga in viaggio di speranza per tutti!
abitui Gesù ad abbandonarsi al Padre nelle difficoltà e nella tempesta!

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24. Rallegrati, Maria, Predizione di Mosè        

 
Egli si alzò, prese il bambino e sua madre, ed entrò nella terra d'Israele. Mt 2,21

 

Giuseppe si trova al sicuro, in Egitto. La sicurezza umana non è però il criterio principale delle scelte di Dio. Dio infatti non ha mandato il Figlio per cercare sicurezza, salute, benessere. Egli lo ha mandato perché abiti in mezzo al suo popolo e possa essere riconosciuto come l’Emmanuele, il Dio con noi! La sicurezza umana non è sicura: può difendere da un pericolo, ma non dalle tentazioni. Nemmeno Abramo poté fermarsi a lungo in Egitto, il paese del benessere materiale (Gen 12,20). E Dio volle che nemmeno tutto il popolo vi rimanesse (Es 3,8). L’Egitto, il luogo della ricchezza, a lungo andare fa dimenticare Dio, e gli uomini allora perdono la propria identità e la propria dignità.
L’angelo di Dio entra di nuovo nel sogno di Giuseppe per dirgli che anche i potenti hanno i giorni contati: infatti Erode è arrivato al termine dei suoi. Non c’è più motivo di abitare l’Egitto. Giuseppe riprende il cammino accanto a Maria e al Bambino. È terminata per essi l’obbedienza che liberava da un incubo, non termina però la loro vigilanza. Noi siamo al sicuro solo nelle mani del Padre, e non possiamo perciò fidarci dei pensieri degli uomini, soprattutto quando essi non conoscono il santo timore di Dio.
Giuseppe ha imparato dall’esperienza e dalla preghiera della sua sposa che l’uomo sapiente deve star lontano dai superbi, dai potenti, dai ricchi. L’angelo lo aiuta a trovare un luogo nascosto, umile, povero. Così Giuseppe con Maria e il Bambino riprendono la croce che avevano lasciato quando si recarono al censimento. Anche Mosè dovette tornare al luogo da cui era fuggito (Es 3,10ss), luogo di incomprensione e fatica. A Nazaret Maria e Giuseppe condivideranno la povertà del popolo e porteranno la croce dell’incomprensione e dell’essere guardati con sospetto. In questo luogo saranno aiutati dalle umiliazioni a fortificare e rassodare l’umiltà, che ha già prodotto in loro tanta pazienza e tanta gioia, quell’umiltà che li ha resi capaci di comunione profonda, stabile e serena.
Nessun rimpianto a lasciare la sicurezza dell’Egitto. Maria sa che sta scritto: “Dall’Egitto ho chiamato mio Figlio” (Os 11,1; Mt 2,15), e si dispone a ripercorrere tutto il cammino percorso da Mosè: un cammino spirituale, interiore, nascosto agli uomini, guidato dal Padre. A Nazaret Maria vive la solitudine del deserto, il silenzio, l’abbandono alle decisioni di Dio e alla sua provvidenza.
Tutto quello che Mosè ha fatto e tutto quello che ha detto obbedendo a Dio si avvia ora a compimento. È la vita del Bambino che occupa incessantemente gli occhi e le mani di Maria, che dà vigore ai suoi piedi, che fa attento il suo orecchio, che possiede i suoi pensieri; è la vita del Bambino, che cresce sotto il suo sguardo, a saziare la fame e dissetare l’arsura sofferte da Mosè. Quando questi, col bastone di Dio in mano, camminava come un pastore alla testa del popolo, lo faceva per preannunciare il vero Pastore, che avrebbe portato tutti i popoli a vivere la pace della tenda di Dio! Tutto ciò che Maria ora pensa e dice e fa, immersa nell’amore del Figlio suo, avvia al compiersi della profezia della vita di Mosè.
Accompagnata da Giuseppe, Maria torna dall’Egitto, rimane a Nazaret portando la sua croce, quella che il villaggio ogni giorno le mette sulle spalle, come Mosè ha portato la croce delle mormorazioni e delle ribellioni del popolo. Il Bambino cresce, nutrito dall’amore paziente e fedele di Maria.

  

Rallegrati, Maria!
Il Padre ti riconduce
nel luogo del tuo dolore:
Giuseppe ti accompagna
e il Bambino è la tua forza!
Tu sai che è volere di Dio
non rifiutare la croce:
la tua è Nazaret,
in mezzo agli uomini
che verso te volgono
sguardi sospettosi.
Tu obbedisci al Padre,
e la tua ubbidienza umile
prepara quella efficace del Figlio,
quella che ci salva tutti!

Rallegrati, Maria,

ti lasci guidare dall’obbedienza di Giuseppe al Padre!
ripercorri il cammino di Mosè insieme al Figlio tuo, Gesù!
ritorni là dove per te è innalzata la croce del giudizio degli uomini!

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25. Rallegrati, Maria, Forza di Elia        

 
“E anche a te una spada trafiggerà l'anima” Lc 2,35

 

Davanti a Maria e a Giuseppe sta Simeone, l’anziano che tiene in braccio con tanta gioia, con l’entusiasmo di un bambino, il loro Gesù. Egli parla, rivolgendosi prima di tutto a Dio, come un vero sapiente. Quando si rivolge a loro, le sue parole sono di Dio, luminose come un faro che getta il suo raggio di luce su tutta la vita. Mentre egli parla, un’altra voce, quella di una donna anziana, attira l’attenzione e suscita meraviglia: tutti vengano a sentire, e, soprattutto, a vedere.
Simeone riconosce il Bambino, come l’avesse già veduto molti anni prima. Sì, l’aveva visto nei suoi desideri di incontrare Dio, di vedere realizzata la grande promessa di scendere in mezzo al suo popolo per guidarlo e istruirlo, per perdonarlo e salvarlo. Lo aveva già visto presente nel cuore di Dio, di quel Dio che egli aveva imparato ad amare, ad ascoltare, a servire.
Ora il Bambino è tra le sue mani, che si trovano quindi inabissate nel cielo: puoi immaginare la sua gioia? Una gioia che non vorrebbe svanisse, e perciò è necessario che sia resa stabile: lo può fare solo la morte. Simeone vorrebbe morire subito, mentre il Bambino è ancora tra le sue braccia, e queste nel cuore di Dio. Maria è al colmo dello stupore, e Giuseppe a fatica trattiene le due colombe destinate al sacrificio: essi sono poveri, come mai il Figlio è così ricco da distribuire una gioia tanto grande?
Ma ecco che le labbra di Simeone pronunciano parole difficili da comprendere. Egli parla ancora del Bambino: il suo sguardo vede lontano, nei secoli. Egli gode di lui, ma nel mondo di tutti i secoli ci sono davvero quei potenti, quei superbi, quei ricchi che hanno tentato di smorzare il sorriso dalla preghiera di Maria. Essi ignoreranno il Bambino, e lo vorranno ignorato ed emarginato da tutti. Il Bambino sarà un segno contraddetto ovunque verrà annunciata la sua presenza. I poveri che lo accoglieranno saranno ignorati ed emarginati, persino perseguitati, come lui. Davanti a lui si porranno bontà e cattiveria, si manifesteranno la vera bontà e la cattiveria mascherata di bontà. Alla sua presenza i cuori degli uomini non riusciranno più a nascondere i propri segreti. E la Madre, proprio lei, Maria, soffrirà nel vedere il Figlio rifiutato, soffrirà nel vedere che gli uomini, rifiutando il Figlio, si priveranno della vita, della salvezza, della gioia, della pace. Il dolore sarà per lei una spada che penetra nella sua vita. Eppure Maria deve continuare il servizio del suo amore al Figlio con gioia e con forza. Ella deve essere forte, perché dovrà comunicare forza a molti, a tutti coloro che seguiranno Gesù. Maria sarà forte della forza di Elia, il grande profeta che ha superato ogni opposizione. Re e regine, profeti e dignitari, tutti schierati contro la fede di Elia, dovettero riconoscere la verità della sua fede. Maria soffrirà come Elia, ma non si ritirerà. Ella è pronta ad affrontare quella spada, perché il suo amore a Gesù continua a crescere fino a condividere la sua missione. Le parole di Simeone fanno maturare quell’amore, perché sia sempre più provato, pronto a sopportare la sofferenza del rifiuto degli uomini influenti, di quelli che esercitano autorità nel Tempio, dove ora Giuseppe consegnerà le colombe per il sacrificio. Quel sacrificio sarà impreziosito dall’offerta del loro dolore. La fede di Maria raggiunge e supera la consistenza della fede dei grandi profeti!

  

Rallegrati, Maria!
Mentre porti il Bambino
per compiere la Legge,
rimani stupita:
al di là della Legge
è viva l’attesa gioiosa!
Il Padre ha suscitato
nel cuore dei semplici
l’amore per il tuo Figlio,
amore forte, che supera
la violenza del rifiuto.
Tu vivi l’amore più grande
con la tua fede che soffre
al veder schierati i figli
contro il Figlio, loro Salvatore!

Rallegrati, Maria,

tu ascolti, e ti rallegri per quanto vien detto del tuo Figlio!
la spada del rifiuto non ti fa indietreggiare!
la tua fede è forte come quella di Elia!

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26. Rallegrati, Maria, Madre del Figlio di Dio       

 
Sua madre gli disse: “Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo” Lc 2,48

 

Maria e Giuseppe sono affranti. La loro afflizione non proviene dalla stanchezza del lungo camminare, bensì dalla preoccupazione per il Figlio, di cui ormai da tre giorni hanno perso le tracce. Chi si meraviglia della loro angoscia? Essi sanno che non tutti gli abitanti di una santa città sono santi; non può forse approfittare della bontà e inesperienza del loro figlio qualcuno che, con intenzioni malvagie, si mescola tra la folla di pellegrini arrivati a Gerusalemme per la Pasqua?
Vedendo Gesù, i genitori possono tirare un gran sospiro di sollievo, ma non possono non rendere il Figlio stesso partecipe della loro angoscia. Quel loro Figlio è per loro un grande mistero. Lo stanno amando da dodici anni. Ogni giorno egli è al centro e al di sopra di tutti i loro pensieri, perché sanno che egli è al centro del cuore di Dio ed è al di sopra delle attese di tutto il popolo. Ora, questa festa di Pasqua ha reso quel mistero ancora più grande e incomprensibile. Può mai la Pasqua diventare angoscia insopportabile? Le parole pronunciate da Maria ci lasciano intuire la sofferenza di chi, volendo comprendere i disegni di Dio per adeguarsi ad essi, non vi riesce, perché essi superano le capacità umane. Per comprendere e accogliere i disegni di Dio l’uomo deve “camminare nella valle oscura” (Sal 23,4) “per vie tortuose” (Sir 4,17), dove possa sperimentare concretamente la presenza del Padre che lo tiene per mano o lo porta in braccio.
Di quante angosce e di quanti dolori sofferti gli uomini di Dio ringraziano il Padre, perché sono stati strumento della purificazione e della preparazione alle esperienze più belle, sono stati i momenti che hanno maturato la figliolanza a Dio e la somiglianza a lui! Abramo aveva camminato col figlio tre giorni prima di posarlo sulla legna dell’altare: tre giorni di amore angoscioso, durante i quali crebbe l’unione prima del distacco (Gen 22,1ss). L’obbedienza a Dio risplendette come fede colmata e sostenuta da amore puro.
Maria ha condiviso con Giuseppe tre giorni di angosciosa attesa, di ricerca sofferta del figlio: in tal modo è stata messa alla prova la qualità del loro amore per lui e la fedeltà del loro servizio. La sofferenza di tre giorni è ancora presente mentre sperimentano la gioia del ritrovamento, una gioia grande, come quella vissuta dodici anni prima a Betlemme.
La risposta con cui il Figlio interroga i genitori: “Perché mi cercavate? Non sapevate…?” accresce la sofferenza e accresce la gioia! Accresce la sofferenza, perché quella risposta lascia intuire che il distacco deve allargarsi, è destinato a compiersi del tutto. Accresce la gioia, perché essi cominciano a vedere che il figlio orienta decisamente la propria vita verso il Padre, al compimento di ciò per cui è stato mandato nel mondo. I loro occhi, le loro mani, il loro cuore devono cominciare a lasciarlo, a staccarsi da lui per poterlo ritrovare nel cuore di Dio. Abramo è il loro maestro.
Maria vede cosa vuol dire essere madre non solo di un uomo, ma madre del Figlio di Dio. Quando ella ha detto “eccomi” all’angelo, ha dato la propria vita al Padre, che l’ha resa madre della sua Parola, del suo Verbo eterno. Ora che il figlio manifesta volontà decisa di occuparsi delle cose del Padre, Maria comprende d’essere madre di colui che compie divinamente l’opera di Dio. E così intuisce che la sofferenza di quei tre giorni, in cui il figlio pareva perduto, è solo un preludio: preludio alla sofferenza per il compiersi del mistero di cui la vicenda di Abramo fu soltanto profezia. Ella intuisce che anche la gioia del ritrovamento è solo un preludio di quella insuperabile del giorno della risurrezione dai morti.

  

Rallegrati, Maria!
Il tuo Figlio soffre
il distacco da te
per donarsi al Padre.
Egli offre se stesso a compiere
i misteri dell’amore che Dio
vuol riversare sul mondo!
Egli ti concede di parteciparvi
con la tua sofferenza
e con la tua gioia,
sofferenza e gioia profetiche:
s’innestano su quelle di Abramo,
per tenerci pronti
al loro compiersi
nella vera Pasqua!

Rallegrati, Maria,

sei nell’attesa trepidante della vera Pasqua!
soffri con amore fedele l’assenza del Figlio!
ti unisci a Gesù che si affida alle mani del Padre!

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27. Rallegrati, Maria, Stupore di Eliseo         

 
La madre di Gesù gli disse: “Non hanno più vino”. …
Sua madre dice ai servitori: “Qualsiasi cosa vi dirà, fatela”   Gv 2,3.5

 

È la prima volta che Maria vede il Figlio accompagnato da alcuni discepoli. Egli non è più il falegname-carpentiere di Nazaret, bensì un rabbi, stimato e seguito. Ella intuisce che sta compiendosi quanto trent’anni prima le aveva rivelato l’angelo.
Gesù è venuto a Cana per una festa di nozze. La festa di nozze ci fa pensare ad un’alleanza più grande di quella tra un uomo e una donna. Anzi, questa è solo profezia e figura di quella, l’alleanza tra Dio e il suo popolo, che sarà compiuta del tutto soltanto quando si manifesterà il Messia, Figlio di Dio. Maria comprende che questa festa di nozze è occasione perché Gesù possa dire al mondo chi egli è! Ed è provvidenziale, perciò, che venga a mancare il vino.
Maria s’accorge, e capisce che la festa non potrebbe continuare. Chi può por rimedio, chi può riempire ancora i calici vuoti? Chi può assicurare la gioia agli sposi e agli invitati? Che Maria presagisca ciò che pensa Gesù? Egli sa, come i rabbi insegnano, che, tra i tesori che Dio fin dalla fondazione del mondo conserva nascosti sotto il suo Trono per i tempi del Messia, c’è anche il vino nuovo, vino buono che nessuno ha mai gustato. Può Maria sollecitare il Figlio dell’Altissimo ad attingere a quelle anfore misteriose? Nessun altro potrebbe farlo! Il vino buono, cioè la gioia semplice e pura, profonda e duratura, quella che nessuno può togliere, la gioia di chi sa d’essere amato da Dio come la sposa dallo sposo fedele, può venire solo dal Messia, la può dare soltanto lui! Ma può egli darla così facilmente, ad una festa di nozze degli uomini? Il compiere le Scritture non deve forse costargli fino a tingere di rosso le sue vesti pigiando da solo nel tino (Is 63), fino ad essere disprezzato, trafitto, percosso e schiacciato, fino ad essere come un agnello condotto al macello (Is 53)? No, non è ancora l’Ora di bere quel vino che Dio conserva; però un segno, un primo assaggio egli potrebbe anticiparlo!
Maria sa che la risposta del Figlio è vera: “Non è giunta l’Ora” del compimento delle Scritture; ma è pur vero che ogni compimento procede gradualmente: non è forse già iniziato quando lei ha ubbidito all’angelo? E allora ella raccomanda l’obbedienza anche ai servitori delle nozze, le persone umili, quelle che le somigliano maggiormente. Il Padre non ha scelto lei proprio perché umile e piccola? Il Figlio, vedendo i servi pronti ai suoi cenni, darà la gioia alle nozze!
Come non ricordare il profeta Eliseo? Eliseo era stato chiamato nella città di Gerico per purificarne la sorgente dell’acqua, cattiva e causa di sterilità. Egli la risanò versandovi del sale (2Re 2,19): l’acqua divenne buona, ma rimase acqua. Gesù ordina ai servi di riempire le sei idrie di pietra destinate all’acqua che serviva a purificare mani e piedi. Quelle idrie sono segno della nostra incapacità ad ubbidire sempre, del tutto alle leggi di Dio, del nostro essere disobbedienti e peccatori. Tutti sono sfiduciati, perché le abluzioni non rendono giusti né danno la forza per non peccare: per questo i pesanti recipienti di pietra, fonte di tristezza e di paura, sono vuoti.
Gesù fa attingere l’acqua dalle idrie riempite dai servi ubbidienti a lui; propone così una cosa nuova: al posto di purificare mani e piedi, poniamo la legge di Dio nel nostro cuore, cosicché la nostra obbedienza sia frutto di amore! E l’amore è gioia, vino che rallegra. L’acqua che Gesù fa attingere dalle idrie di pietra non è più acqua, ma ha un sapore nuovo, finora sconosciuto, il sapore del vino buono, il sapore della gioia.
Le nozze acquistano nuovo vigore. L’alleanza di Dio con l’uomo viene vissuta nella gioia, perché ora l’uomo, grazie a Gesù, inizia un rapporto d’amore con Dio. Per questa grande novità è stato necessario l’intervento di Maria. Ella, che ama Dio, non conosce mestizia, però si accorge della nostra, e fa intervenire Gesù: ci esorta ad obbedire a lui, che si manifesta il Messia che dona il Vino nascosto, per la gioia di tutti!

  

Rallegrati, Maria!
Tu conosci la fonte
della gioia. Il Figlio tuo,
obbediente a Dio,
ascolta te, e compie il mistero
atteso da noi tutti.
Egli ha dato a noi la gioia
che il tuo cuore contiene
fin da quando
ti sei offerta a lui
con generoso amore.
Anche noi, tuoi figli,
beviamo il vino nuovo,
mettiamo nel cuore l’amore
che tu hai per Gesù!

Rallegrati, Maria,

Donna che conosci i tesori nascosti di Dio!
Sposa che rallegri il Padre con il tuo generoso amore!
Madre che proponi al Figlio di stupire il mondo!

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28. Rallegrati, Maria, Madre di Dio               

 
Sua Madre e i suoi fratelli stavano fuori e cercavano di parlargli. Mt 12,46

 

Gesù si è trasferito a Cafarnao. In questa cittadina sul lago nessuno ha pregiudizi verso di lui. Egli può così parlare dell’amore del Padre senza imbattersi nel muro di indifferenza che lo circonda a Nazaret. Anche i suoi parenti, insieme alla Madre, sono venuti con lui. Noi pensiamo che questo trasferimento possa essere avvenuto in vista di una maggior possibilità di lavoro: è una motivazione plausibile, ma lo sguardo di Dio vede certamente di più.
I parenti, chiamati “i suoi fratelli”, non sanno ancora chi sia Gesù e non condividono tutto quello che egli fa. Anzi, benché molta gente lo ascolti volentieri, si vergognano di lui e si schermiscono col dire che è fuori di sè (Mc 3,20). I pregiudizi feriscono Gesù anche qui, attraverso di loro. Essi sono convinti di amarlo, ma in realtà vorrebbero ostacolarlo nel compiere l’obbedienza al Padre. Nessuno si meravigli: essi non hanno ascoltato Dio e non sanno nemmeno che Dio può parlare ad un uomo. Essi sanno che Dio ha parlato solo a Mosè e ai profeti.
Il gruppetto dei parenti si fa annunciare a Gesù, che in una casa sovraffollata sta rispondendo alle accuse di scribi autorevoli. Questi sono venuti nientemeno che da Gerusalemme per convincere il popolo che egli è indemoniato: in lui agirebbe il capo dei demoni.
Tra i parenti, venuti con l’intenzione di portar via Gesù, c’è anche la Madre. Condivide anche lei la loro preoccupazione e la loro decisione? Perché è venuta insieme a loro? L’evangelista non spreca parole a dirci quello che possiamo intuire da soli. La Madre è l’unica persona che conosce Gesù e condivide la sua missione, benché per lei ancora misteriosa. Ella sta insieme a loro con sofferenza: è venuta perché ama Gesù e desidera udirlo. Ci chiediamo: con la sua presenza non corre forse il rischio di avvallare il giudizio di quel gruppetto? Non corre il rischio di lasciar pensare che pure lei ritenga che Gesù sia fuori di sè?
Maria sa quanto è accaduto al fiume Giordano. Là Gesù stesso, entrando nell’acqua insieme ai peccatori per farsi battezzare da Giovanni, non aveva evitato il rischio di lasciarci pensare che egli fosse un peccatore bisognoso di conversione. Dio stesso allora si era incaricato di manifestare a tutti la sua giustizia, sia con la propria voce che con l’invio della Colomba.
Come Gesù si è fatto solidale ai peccatori, così lei rimane insieme ai parenti nel momento in cui si manifesta il loro peccato. Come allora il Padre rivelò chi è il Figlio, così questa volta Gesù rivela chi è sua Madre. Ella non è semplicemente colei che lo ha generato: ella ne è divenuta madre perché ha ascoltato la Parola di Dio, ne ha fatto lo scopo della sua vita. Maria ha detto, senza ripensamenti, il suo “eccomi” alle richieste di Dio che parevano addirittura impossibili. Ella si è preoccupata di conoscere la volontà di Dio, si è resa disponibile a lui e si è rallegrata di essere la serva del Signore. Dio è diventato la sua gioia! Maria per questo è Madre di Gesù, e proprio lei, col suo esempio, mostra a noi tutti la strada per diventare veri parenti di Gesù, suoi fratelli, sue sorelle, sua madre!

  

Rallegrati, Maria!
Mentre i tuoi parenti
si vergognano di Gesù,
Figlio dell’Altissimo,
tu non ti vergogni di loro.
Tu rimani insieme
a chi giudica Gesù,
così egli - grazie a te -
di loro può aver misericordia!
Nella tua obbedienza a Dio
hai accolto la sua Parola
senza resistenza alcuna:
essa è divenuta carne in te.
Per questo noi ti chiamiamo
con gioia: “Madre di Dio”!

Rallegrati, Maria,

sei solidale con i tuoi parenti per condurli a Gesù!
ami Gesù anche quando è criticato e giudicato!
sei la sua vera Madre, perché per lui hai ascoltato Dio!

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29. Rallegrati, Maria, Madre della Chiesa                

   
Disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre!».

E da quell’ora il discepolo la prese con sè. Gv 19,26-27

 

Si stanno compiendo le profezie, quelle delle Scritture e quelle di Gesù. Proprio lui aveva ripetuto più volte che sarebbe avvenuto quanto ora la madre con le donne e il discepolo stanno osservando. Egli lo sapeva perché aveva letto con particolare attenzione la parola dei profeti: “Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire… Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo … fu eliminato dalla terra dei viventi” (Is 53,3.8). Ora queste parole si avverano in tutta la loro crudezza: sembra impossibile che siano state davvero ispirate da Dio! Sembra impossibile che tanta cattiveria degli uomini possa trovar posto nel disegno del Padre per il Figlio. Maria si unisce con tutta la sua sofferenza alla preghiera che Gesù, con estrema fatica, riesce appena ad iniziare: “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?”. Egli l’ha iniziata, ella la continua sottovoce, aiutando le altre donne e il discepolo a mormorare: “Io sono verme, non uomo, infamia degli uomini”. E poi, con sicurezza: “Lodate il Signore, voi che lo temete… perché non ha sdegnato l’afflizione del misero. … E io vivrò per lui!” (Sal 22,1.24s.30). Maria aveva sofferto molto per realizzare la volontà del Padre, volontà di salvezza per tutti: aveva sofferto a Nazaret e a Betlemme, in Egitto e poi ancora a Nazaret e a Cafarnao. Ella certamente non si meraviglia che anche il Figlio soffra e porti così a compimento l’amore di Dio rivelato dalle Scritture. Con queste sofferenze ora egli dà valore e significato anche alle sue.
Lo sguardo di Maria rimane fisso nel compimento delle Scritture. Ora il Figlio l’associa alla propria obbedienza al Padre: per compiere le Scritture Maria deve guardare il discepolo di Gesù in una luce nuova, in una nuova prospettiva. Ella deve essere sua madre: deve metterlo nel proprio cuore al posto del Figlio, che sta tornando al Padre. Gesù guarda Maria con gli occhi di Dio: ella è la Donna che Dio ha tolto dalla costola dell’uomo. Gesù la prende dal proprio fianco per metterla a fianco del discepolo, che la collocherà nel mezzo della Chiesa. Maria è quell’aiuto all’uomo che non deluderà nè Dio nè l’uomo, come invece li ha delusi Eva.
Maria donerà il proprio amore di Madre al discepolo, perché egli rimanga sempre figlio, come Gesù, che non ha mai ceduto alla tentazione di sentirsi esonerato dall’obbedienza.
Ma ecco che Gesù, con le sue labbra sanguinanti, parla di lei al discepolo: “Ecco la tua madre”! Ella deve accettare d’essere amata, ascoltata e obbedita da quel discepolo che sa stare ai piedi della croce. Appena andranno via da quel luogo santo, dopo che Gesù avrà dichiarato: “Tutto è compiuto”, Maria accoglierà la proposta del discepolo e prenderà dimora nella sua casa. La sua vita sarà ancora vita di madre: amerà come figli tutti quelli che entreranno per ascoltare, per pregare, per domandare, per ringraziare. La casa del discepolo non è solo il tetto che lo custodisce dal freddo e dal caldo, bensì tutto quell’ambiente in cui egli vive giorno e notte: è il luogo dove viene proclamata la Parola di Gesù, dove vengono annunciate la sua morte e la sua risurrezione spezzando il pane, è la Chiesa. Quella è “la casa” del discepolo. Là è presente Maria, là ella è madre. Là ella non può mancare, perché così ha voluto e vuole Gesù.

  

Rallegrati, Maria!
La sofferenza di Gesù
è compimento dell’amore
che il Padre ha promesso.
Rallegrati, Gesù non resterà
prigioniero di quella morte
che ora fa soffrire anche te.
Tu continuerai ad essere
vera madre, madre
per il discepolo senza nome.
Sono anch’io quel discepolo
che tu ami come figlio,
ed io sto con te nella Chiesa,
la casa che tu rendi luminosa
con la tua dolce presenza!

Rallegrati, Maria,

da Gesù morente ricevi una moltitudine di figli!
sei l’aiuto di cui i discepoli di Gesù hanno bisogno!
sei Madre della Chiesa, che gioisce per la tua presenza!

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30. Rallegrati, Maria, Maestra di preghiera          

   
Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera,
insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù. At 1,14

 

Apostoli e discepoli stanno ubbidendo a Gesù, che aveva loro detto: “Ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto” (Lc 24,49). Essi rimangono nell’attesa del compimento della promessa del Padre, che, attraverso Gesù, dona il suo Santo Spirito. Sono animati da grande gioia e lodano Dio in continuazione (Lc 24,52-53). Con loro restano anche le donne che si erano impegnate a seguire Gesù servendolo con i loro beni (Lc 8,2-3). Tra esse è degna di particolare menzione “Maria, la Madre di Gesù”! La sua presenza continua ad essere discreta e silenziosa, benché attenta e generosa, come a Cana, durante le nozze. Ella partecipa all’assiduità di tutti e dona il suo contributo alla concordia nell’unica attività in cui sono impegnati in quei giorni, la preghiera. L’assiduità è un contrassegno della fedeltà di Dio. Il nuovo popolo, unito da Gesù attorno ai Dodici, è fedele! Il primo popolo, raccolto attorno a Mosè, dovette essere rimproverato per l’infedeltà all’alleanza con Dio (Ger 3,13; Os 2).
Questo nuovo popolo è la vigna che comincia a dare frutti maturi, uva adatta per il vino nuovo del Regno di Dio (Is 5,7; 27,2). Tra i frutti spicca la concordia: Gesù, prima di morire, aveva pregato a lungo il Padre perché doni ai suoi discepoli di essere una cosa sola (Gv 17)! La sua preghiera viene ora esaudita: essi sono concordi! In questa concordia ha un posto preminente la Madre, richiesta da Gesù stesso di continuare la maternità verso il discepolo fedele. Ella è qui, ubbidiente al Figlio: lo ha ascoltato, e ora prende posto nella casa del discepolo, la Chiesa, che sta per iniziare il suo cammino!
I discepoli, le donne e Maria continuano a pregare. La loro preghiera è il canto dei Salmi, come avevano fatto anche con Gesù. Ora che egli è salito al cielo, come atteggiare il cuore e la mente mentre si recita o si canta? Gesù aveva insegnato a pregare: chi di loro ha imparato davvero? Gesù aveva insegnato a iniziare la preghiera rivolgendosi al Padre. Per incontrare il cuore del Padre è necessario diventare figli, con tutta umiltà. Tutti gli sguardi si posano, spontaneamente, su Maria: ella è esempio di umiltà vera, non falsa, di umiltà profonda. Il modo con cui Maria si rivolge al Padre è preghiera che penetra tutte le nubi (Sir 35,17), anche quelle più oscure della nostra incapacità e quelle del peccato del mondo.
Gli occhi di tutti non si staccano da Maria: fin dall’inizio ella si è dichiarata disponibile al Padre perché si compia la sua Parola, tutta la sua volontà, perché possa venire il Re del suo Regno. Ella ha permesso al Padre di santificare il suo nome: sapeva che il Padre lo vuole santificare riunendo i suoi figli, e si è recata subito a condividere la lode con Elisabetta; per santificare il suo nome Dio vuol purificare i nostri cuori, e Maria, nel suo, non ha mai sostituito al Creatore le creature; Dio vuole donarci il suo Spirito, e Maria lo ha accolto senza resistenze. Tutta la vita di Maria è diventata preghiera: ella può stare al centro della Chiesa che prega, anche quando essa chiede il pane che le serve per vivere unita e per crescere nella santità, quel pane che è la Parola quotidiana e lo Spirito d’amore. Maria può chiedere in modo esemplare il perdono per la Chiesa di Dio, perché ella ama tutti i discepoli senza giudizi e senza pregiudizi. E quando Maria chiede con noi anche la protezione dalle tentazioni e dalle insidie del maligno, la nostra preghiera sarà esaudita dal Padre, che a lei ha concesso di calpestare il serpente.
Maria è maestra di vera preghiera, di quella che fa crescere in noi il desiderio di essere immersi nell’amore del Padre, sia per goderlo che per donarlo, riversandolo sul mondo. Maria prega con noi: è tutta protesa verso il Padre per essere sua, in unione al Figlio, e per effonderne lo Spirito a chiunque le si avvicini.

  

Rallegrati, Maria!
La preghiera assidua
che tu rivolgi al Padre,
concorde con la Chiesa,
ottiene a tutti i discepoli
il dono dello Spirito Santo!
Tu sai protenderti al Padre
con quell’amore
che è solo del Figlio!
Guardiamo perciò a te
che insegni anche a noi
ad essere protesi a Dio
con amore incessante:
la nostra vita diventerà
preghiera continua e concorde!

Rallegrati, Maria:

il Padre ti ascolta perché gli hai donato la vita!
noi siamo rassicurati dalla tua presenza umile e discreta!
la Chiesa tutta può imparare da te la vera preghiera!

 

 


31.      Rallegrati, Maria, Segno grandioso

   

Un segno grandioso apparve nel cielo:

una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi

e sul suo capo una corona di dodici stelle. Ap 12,1

  

Noi siamo sulla terra, e i nostri occhi si aprono già nel cielo. Il cielo è quel luogo che ci copre con la sua luminosità e la sua oscurità, quel luogo ove si nasconde il nostro Padre. La sua presenza nel cielo rende il cielo stesso infinito, e suscita in noi desideri impossibili: vorremmo raggiungere il Padre là, dove nulla ostacola e ottenebra il suo amore. Per noi è impossibile realizzare questo desiderio, ma di là si è mosso a compassione il suo cuore. Questo ci è stato detto, lo sappiamo. E perciò il nostro sguardo continua a fissare il cielo, anche se colui che cerchiamo vi rimane nascosto: è nascosto, ma ci offre i segni che ci assicurano della sua presenza, ci assicurano che egli pensa a noi. Sono segni belli, gioiosi e perfetti.

Il segno che vediamo oggi è “grandioso”! Tutto il creato, con la sua misteriosa bellezza e grandezza, si pone al servizio di una Donna. Il sole la riveste di abbagliante splendore, la luna si pone sotto i suoi piedi che non s’insudicino di buio, le stelle la proclamano regina contornando il suo capo come splendida e scintillante corona!

Noi, stupiti da così insolita visione, cerchiamo di capire. È un segno: segno dell’amore del Padre e di ciò che quell’amore vuol compiere. Con quel segno che cosa ci vuole rivelare Dio del proprio amore nascosto? Chi è quella Donna? Perché è stata eletta al di sopra di ogni creatura?

Ognuno di noi può capire qualcosa, ma nessuno comprende tutto. Non ci occorre capire tutto: quale nutrimento per sostenere la fatica della nostra fedeltà ci è sufficiente ciò che il Padre vuole farci comprendere oggi.

Chi è quella Donna vestita di sole? È la Chiesa? È Maria? A noi non paiono possibili altre risposte. La Chiesa è vestita di sole? Sì, da quando essa è immersa nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, la sua veste è splendente, rivelatrice di Dio. Ma nella Chiesa solo Maria ha conservato intatto il fulgore dell’amore obbediente! Quella Donna è Maria nella Chiesa!

La luna, con i suoi mutamenti che accompagnano l’alternarsi delle vicende sulla terra, è sotto i suoi piedi: la Donna non è succube degli eventi che passano, gli eventi che i potenti, i superbi e i ricchi (cf Lc 1,51-53) s’illudono di volgere a proprio favore. Ella li previene con avvertimenti, li accompagna con consolazioni. Quella Donna è Maria, che copre tutti con l’amore con cui la Chiesa raggiunge i popoli.

Le stelle, nel porsi attorno al suo capo come corona regale, rivelano la sua autorità di regina. Maria, vera regina amata dal Re, ci comanda di obbedire sempre al Figlio suo, di fare quanto egli ci dirà. Ed ora il Figlio suo parla al mondo attraverso la Chiesa, da lui costituita ministra della sua Parola ed erede del suo Spirito. Maria continua ad essere al centro della Chiesa, per insegnare alla Chiesa stessa a dare alla luce il Bambino (Apoc 12,2.5), sua salvezza e salvezza del mondo. Quel Bambino continua ad essere segno contraddetto, e perciò perseguitato da tutti i draghi che emergono lungo la storia degli uomini ribelli a Dio. Per il Bambino anche la Donna vestita di sole deve fuggire e rifugiarsi nel deserto: la Chiesa, come Maria, vive nel nascondimento il suo servizio benedetto, sempre pronta a lasciare ricchezze e abitudini di questo mondo, perché essa è un segno del cielo. L’amore nascosto di Dio ci raggiunge e ci coinvolge tramite Maria presente nella Chiesa!

   

Rallegrati, Maria!

Sei più splendente del sole:

la sua luce è il tuo vestito!

La luna conta i giorni

che tu riempi di amore di madre.

Le stelle abbelliscono

il buio della notte,

ma tu consoli ogni pianto,

dai speranza alle notti

generate dal nostro peccato.

Tu doni al mondo il Bambino,

vita e verità: lo porti al sicuro,

ché a nessuno manchi

la luce della sua Parola

sempre viva nella Chiesa!

 

Rallegrati, Maria,

il Padre ti ha scelta e benedetta con la sua grazia, che risplende in te!

il Figlio ti ha posta nella Chiesa, primizia e garanzia della sua salvezza!

lo Spirito Santo ti fa segno luminoso sul traguardo del nostro cammino!

 

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immagine: Annunciazione di Maria, porte regali poste davanti all'altare negli anni di Giubileo a Tavodo, 2016 (studio iconografico San Giovanni Battista)

Presentazione dell'autore:
Vigilio Covi, sacerdote nel 1970, dal 1977 fa parte della “Fraternità Gesù Risorto”, che nel 1982 è chiamata ad animare la Casa di preghiera S.Maria Assunta in Tavodo. La Fraternità nel 1992 inizia a pubblicare il calendario “Cinque Pani d’orzo” e nel 1995 è chiamata ad animare la Chiesa S.Paolo in Konya (Turchia). È collaboratore pastorale a Tavodo (Trento). Sul web offre  ogni settimana una meditazione suile letture domenicali. Da anni pubblica brevi opuscoli con commenti spirituali o spunti di catechesi. Dal 2017 offre a Telepacetrento le Gocce di Spirito, rubrica quotidiana di cinque minuti.

 

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