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Lettera amici da Konya - novembre 2015

Lettera agli amici - novembre 2015

da KONYA

  

Ritornando a Konya, - Lidia e Serena -, per prima cosa abbiamo accolto con gratitudine le tante sorprese preparateci dal Padre. Servendosi del cuore e delle mani dei due fratelli di Uçhisar che ci hanno sostituito, egli ci ha fatto trovare una cucina - mobili, frigorifero, forno, gas - del tutto rinnovata. I fratelli avevano lavorato anche in giardino: coprendo con una rete di ferro l’apertura del pozzo e mettendoci intorno un rialzo perché dicono che in tal modo si riduce l’umidità alle pietre dei muri della chiesa. Dopo una giornata di fraternità - con noi avevano fatto il viaggio anche due giovani che sarebbero poi stati ospiti dei fratelli in Cappadocia - e ricevute le consegne, Lidia e io abbiamo cominciato il nostro normale servizio. Lidia si è dedicata con amore ai lavori di casa, come una mamma, io invece agli altri servizi “di relazione” - telefono, campanello, e-mail, giardino - e alla traduzione settimanale dell’omelia di don Vigilio. Questo lavoro veniva poi rivisto e sistemato da alcune nostre care amiche, fra cui una di fede musulmana. Il primo mese è stato impreziosito da una croce inaspettata: una malattia degli occhi di Lidia, che la faceva soffrire e le rendeva difficile il servizio, e richiedeva a me una cura particolare. Ringraziamo Gesù che ci ha aiutato, anche attraverso la premura fedele dei fratelli a Tavodo. Quando è piaciuto al Padre, siamo state sollevate da questo peso, grazie ad una buona cura suggerita dal dottore in Italia. Durante le giornate ci sembrava proprio che la mano del Signore ci accompagnasse. In particolare abbiamo potuto, di tanto in tanto, offrire ai nostri profughi una celebrazione eucaristica tutta per loro: una volta attraverso due fratelli polacchi, pellegrini, di cui uno sacerdote, un’altra volta attraverso un parroco del Piemonte, che aveva scelto di trascorrere le sue vacanze qui in Turchia, rendendosi utile per qualche servizio. Due belle celebrazioni ce le hanno offerte la Comunità di Ankara: per l’Assunta è venuto uno dei sacerdoti; in occasione della Festa islamica del Sacrificio, invece, l’altro sacerdote, che, insieme a una giovane dell’Ordo Virginum milanese, che lavora in quella comunità, ha accompagnato una ventina di parrocchiani turchi. Qualcuno di loro lo conoscevamo da tempo, perché con la Comunità di Ankara, la più vicina a noi, anche se appartenente ad un’altra Diocesi, abbiamo un bel rapporto e ogni tanto vi ci rechiamo. Dopo la celebrazione abbiamo condiviso il pranzo, nel giardino, insieme ai nostri profughi africani e iracheni, tutti invitati.
Abbiamo beneficato, naturalmente, come sempre, anche dei gruppi dei pellegrini, partecipando alle loro celebrazioni. Pur essendo i gruppi stessi diminuiti, a causa della situazione particolare che vive la Turchia, il Padre non ci ha fatto mancare per tanto tempo la messa.
Abbiamo avuto alcuni momenti sereni con i vicini: ora godendo del loro aiuto per piccole difficoltà, ora cercando di ricambiare con semplici segni di amicizia. Dopo la Festa dell’Assunta, ad esempio, ritrovandoci in casa tanti dolci, portati dai “nostri”, li abbiamo offerti ai giovani che lavorano nei negozi qui attorno; questi hanno accolto con gioia, interessandosi alla Festa che avevamo celebrato: Maria è cara anche a loro! All’offerta di una bella pianta per la chiesa, da parte di uno dei fiorai vicini, abbiamo risposto offrendo il caffè italiano e i cioccolatini a lui e agli altri fiorai e loro aiutanti, - una decina di persone – che stavano conversando insieme. Volendo offrire un piccolo dono ai nostri ragazzi, la cartoleria vicina ha voluto collaborare, facendoci un notevole sconto… Siamo riconoscenti al Padre anche per la famigliola turca che ormai da qualche anno ci sta accompagnando con la sua amicizia: pur abitando a mezz’ora di macchina, sono venuti a condividere nel nostro giardino i “pidè” (pizze lunghe e strette con carne macinata), un’altra volta ci hanno portato a cena a casa loro: ascoltavano le nostre piccole disavventure, ci incoraggiavano, ci hanno fatto sentire che non eravamo sole. Alla Festa del Sacrificio ci hanno fatto dono di un bel pezzo di carne: una parte dell’animale ucciso, infatti, viene donata ai poveri, e noi, come straniere, siamo tali ai loro occhi.
Tutta l’estate un paio di volte alla settimana, attraverso momenti di gioco, semplici lavoretti, catechesi, abbiamo cercato di tener vicini alcuni bambini iracheni, cui si è aggiunta una bambina siriana ortodossa.
Come al solito, giovedì e venerdì pomeriggio, eravamo in chiesa per i musulmani che volevano visitarla o chiedere qualcosa: durante l’estate non ci sono state grandi folle; qualcuno però veniva e ci sono stati anche alcuni bei momenti di dialogo. Ora con l’apertura dell’università i visitatori ci impegnano di più: in un’ora ne passano anche una cinquantina.
Una perdita della conduttura dell’acqua potabile nel nostro giardino ci ha costrette, per un paio di settimane, a usare l’acqua solo per l’indispensabile; sono poi intervenuti i fratelli dalla Cappadocia, per una soluzione provvisoria, fino al momento in cui potranno venire a fare il lavoro definitivo.
Verso la fine di ottobre, la consueta, attesa visita di don Vigilio e il ritorno qui di Isabella: dieci giorni, volati, sia per i vari impegni, sia per come ci riscaldavano il cuore. Uno dei primi servizi di don Vigilio: una celebrazione e benedizione per uno dei profughi africani, che il giorno dopo sarebbe partito per Izmir, e di qui, su un barcone, per la Grecia; nei giorni seguenti, poi, c’è stato un momento analogo per altri due profughi, uno africano e uno siriano. Che il Signore li accompagni! La domenica abbiamo offerto una bella celebrazione per tutti, poi, lungo la settimana, una per i profughi di lingua araba, iracheni e siriani, che sono la maggioranza (una quindicina di persone) e una famigliola turca. Dopo la celebrazione ci hanno donato di gustare, nel giardino, i piatti più buoni della loro cucina. I bambini, come premio alla fedeltà al loro impegno durante l’estate, hanno avuto la gioia di giocare a tombola con don Vigilio, che pronunciava bene i numeri in turco.
Avendo due giorni liberi da pellegrini, ci siamo recati tutti in Cappadocia a visitare i fratelli: sono lontani da qui tre ore e più di pullman; è sempre una gioia poter celebrare e pregare insieme e godere anche qualche momento di fraternità.
Don Vigilio ha avuto poi la possibilità di due incontri con dei giovani, contenti di poter conoscere e ascoltare la testimonianza di fede di un sacerdote cattolico.
Per l’ultimo tratto dell’anno, Isabella e io, fino ai Santi saremo occupate dalla preparazione della stampa del calendario in turco, ormai atteso dalle varie Parrocchie della Turchia: vi si dedica Isabella, godendo anche dell’aiuto di vari amici; la loro generosità, ne siamo certe, non sarà dimenticata dal Signore!
Grazie che ci ricordate a Gesù, insieme a questa Terra e a questo Popolo che sta vivendo un periodo difficile, e ai cristiani che stanno cercando qui un rifugio provvisorio. Sappiamo che anche voi li amate e, insieme a noi, vi commuovete al loro gemito, che a volte diventa grido, sempre fiducioso, verso il Padre.
Con riconoscenza, 

Isabella e Serena