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Detti dei Padri del nuovo deserto 3 - (307 - 459)

EremoKzib

  

Grotta di un anacoreta della Lavra “San Giorgio di Koziba”, Uadi-al-Kelt  (da Gerusalemme a Gerico), foto 2017

Detti dei Padri del nuovo deserto

3

(307 - 459)
 

Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, là io sono.

2022

Detti 01 - 02 - 03

Introduzione

Nei nostri tempi le città paiono deserto: in esse talora non risuona la sapienza celeste. Si possono vedere sì gli uomini, ma il loro muoversi non è indizio di vita, e il loro vociare non li aiuta, dal momento che non sono stimolati né dalla Sapienza né dalla Scienza provenienti dall’alto, ma solo da qualche istinto di sopravvivenza.
Questi Detti hanno qualche somiglianza con quelli dell’antico deserto. Ti potranno aiutare a riflettere e ad amare. Alcuni raccontano dialoghi avvenuti nelle celle dei monaci, rispecchiando la loro vita, quasi di un altro mondo, tendente alla santità con le difficoltà tipiche di ogni convivenza. Altri invece riferiscono dialoghi di monaci con uomini o donne del mondo, cristiani, sedicenti cristiani e non cristiani, tutti alla ricerca di qualcosa di più che il mondo non ha.
Leggendoli, potrai di volta in volta rimpiazzare le parole ‘deserto’ con appartamento, ‘cella’ con stanza o soggiorno, ‘abba’ con fratello o prete, ‘amma’ con sorella credente, ‘discepolo’ con cristiano o giovane, ‘monastero’ con famiglia o parrocchia, a seconda dei casi. Per te la sostituzione non sarà faticosa. Se non comprendi un Detto, lo rileggerai il giorno dopo. Se sai pregare, condirai la lettura con bricioli di preghiera semplice.
Avrei voluto raccogliere questi Detti in gruppi titolati con i nomi dei Frutti o dei Doni dello Spirito Santo o delle Beatitudini: potresti farlo tu durante la lettura. Le Beatitudini sono rivolte ai poveri in spirito, agli afflitti, ai miti, agli affamati di giustizia divina, ai misericordiosi, ai puri di cuore, agli operatori di pace, ai perseguitati per causa di Gesù. I sette Doni sono Consiglio, Sapienza, Fortezza, Intelletto, Pietà, Timor di Dio, Scienza, mentre i Frutti, eccoli: amore, gioia, pace, pazienza, bontà, benevolenza, fedeltà, mitezza, dominio di sé. Perlomeno terrai presenti queste parole: saranno d’aiuto comunque. Buona lettura!

Gregorio II di Gesù    

01 - 02

307 L’umiltà

La signora che offriva il caffè alle donne che passavano davanti alla sua porta, e passavano volentieri, venne da amma Maria Rosa. Tra le altre confidenze, le fece questa: “La mia vicina di casa pare abbia invidia perché le donne vengono volentieri a parlare con me. Sai, è sempre la prima ad entrare in chiesa alla domenica. È lei che inizia i canti, che legge le letture, che si propone a porgere la Santa Comunione”. Vorrebbe anche sostituire l’abba nel predicare?”, chiese l’amma. “No, questo non credo”. Allora l’amma fece sottovoce una considerazione: “Di certo una persona così darà anche esempio di umiltà. È il minimo che ci si può aspettare da chi sta vicino a Gesù e lo serve con amore”. Alzò gli occhi al cielo quella donna, e non rispose. Voleva astenersi dal parlar male. L’amma lo comprese, e l’ammirò.

308 Il diploma

Una gentile signora si avvicinò ad amma Annamaria per dirle: “Amma, la cognata di mio fratello ha conseguito un Diploma per Operatore Ecologico dei locali destinati a chi si ritira per sedersi un momento da solo. È un traguardo per un nuovo lavoro. Adesso si sente così importante… come fosse una dottoressa. Quando mi avvicina, sento fastidio. Come posso comportarmi con lei?”. L’amma non si meravigliò. Le chiese: “Suo marito è soddisfatto?”. “La mia impressione è che egli non valga più nulla ai suoi occhi”, rispose la donna addolorata. L’amma si fece seria e tacque. Dopo un po’ di silenzio: “Tu ti comporterai in modo che questa tua conoscente possa imparare semplicità e umiltà. Informati pure da lei del suo nuovo lavoro, ma portando l’interesse sulle persone che incontra, sulla loro pace, oppure sulla loro necessità di trovarla. Chiedile se il diploma l’aiuta a comprendere, ad amare, ad avvicinare le persone. In tal modo sarà aiutata a non guardarsi continuamente allo specchio e a non dare importanza alle sue competenze”. Questo consiglio servì anche per lei, per orientare i propri pensieri a ciò che è importante, a ciò che dà gloria a Gesù.

309 Seriamente

Abba Felice si recò da abba Gregorio per dirgli: “Che cosa ti dice la parola del salmo: «Punirò con la verga la loro ribellione e con flagelli la loro colpa. Ma non annullerò il mio amore e alla mia fedeltà non verrò mai meno»? (Sal 89,33-35). Gregorio rispose: “La parola di Dio nasconde e rivela il suo amore. Qui, prima di rivelarlo, lo nasconde parlando di punizione. Le nostre ribellioni e i nostri peccati devono essere puniti, altrimenti noi non ci convertiremmo. Durante la punizione l’amore di Dio rimane nascosto, ma non è assente”. Allora abba Felice: “Dio rimane fedele. Dice infatti anche: «Non profanerò la mia alleanza, non muterò la mia promessa», e la promessa di Dio è la salvezza: chi ne ha bisogno è il ribelle”. I due abba iniziarono a cercare le indulgenze. Infatti il peccato merita la punizione della verga e dei flagelli, benché il perdono sia già a disposizione. “Per evitare la verga e i flagelli dimostreremo a Dio di non averne bisogno, perché ci siamo già seriamente convertiti ad amare Gesù”, concluse abba Gregorio.

310 Decenza

Alcuni discepoli si avvicinavano per la prima volta ai testi sacri. Lessero: «Le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza» (1Cor 12,23). Uno domandò: “Che cosa vorrà dire l’apostolo?”. Quello seduto vicino rispose: “Mi pare ovvio: vuol dire che, sia per pudore che per non disgustare, teniamo rigorosamente coperte certe parti del nostro corpo. Paiono meno onorevoli perché ciò che esce da esse è considerato sozzura”. “Chi è senza pudore mette in mostra queste parti del corpo, suscitando reazioni impudiche e pensieri e sentimenti che il nostro Signore non gradisce”, sentenziò un altro. Infine un terzo, timidamente: “San Paolo potrebbe intendere anche parti del Corpo di Cristo, che è la Chiesa. Chi nella Chiesa è povero, debole, non considerato, noi lo vogliamo circondare di onore. Anch’egli fa parte del regno dei cieli, anch’egli è amato, anzi, preferito, dal nostro Signore e Maestro”. Prese coraggio l’ultimo per dire: “Io vi ringrazio: voi avete amore per me, peccatore. Io non sono nulla, ma voi mi calcolate uno di voi, e date anche a me gli stessi Sacramenti della Chiesa che ricevono i santi. Io sono la parte «meno onorevole» che voi circondate di rispetto e di onore”. Lo guardarono stupiti, lo ringraziarono e lodarono Gesù.

311 Le autorità

I discepoli di abba Giuseppe ragionavano sulle lettere dell’apostolo. Uno chiese all’abba: “Perché San Paolo raccomanda di ubbidire alle autorità? (Rom 13,1) Sapeva che esse erano pagane, che spesso davano informazioni menzognere e comandi a capriccio, e che usavano violenza. E sapeva che s’incaponivano a perseguitare i cristiani”. Abba Giuseppe per la fede aveva sofferto molto da parte delle autorità, perciò poté rispondere con autorevolezza: “San Paolo conosceva il valore dell’obbedienza, e sapeva che, se la legge umana non è contraria a quella di Dio, si compie la sua volontà ubbidendo anche ad autorità pagane. Egli poi desiderava recarsi a Roma per incontrare i cristiani di quella città. Aveva già sofferto denunce e flagelli da parte delle autorità, tanto che il suo nome avrebbe destato sospetto. Scrivere ai cristiani di obbedire alle autorità, avrebbe potuto essere una sorta di lasciapassare, e poteva anche alleggerire i sospetti contro i fedeli. Ai fratelli poi non occorreva dire che, come Pietro e Giovanni affermarono davanti al Sinedrio: «Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi» (At 4,19-20). Allora, ubbidire o disubbidire? Sta a noi discernere di volta in volta la volontà di Dio”. I discepoli si fecero seri. Compresero che nessuno è mai esonerato dal discernere con prudenza e sapienza. Uscirono facendo il segno di croce e invocando il nome santo di Gesù.

312 Tempo per mangiare

L’amma, uscendo la domenica per recarsi alla santa liturgia del popolo di Dio, passò davanti alla porta di un’amica. “Vieni anche tu ad ascoltare e mangiare il nostro Signore Gesù?”, le chiese con dolcezza. E quella, mentre stendeva i panni appena lavati: “No, amma, non ho tempo da perdere. Oggi vengono i miei figli a mangiare e anche due nipoti. Devo preparare il pranzo per loro. Proprio non posso venire”. Amma Mariarosa rimase senza parole. Non si sarebbe mai aspettata una risposta del genere da una che riteneva e si riteneva buona cristiana. “Se non riempi il tempo con la Parola di Dio e con il suo Figlio Gesù, il tuo tempo non andrà tutto perso? E ai tuoi figli e nipoti quale testimonianza donerai? Il cibo che prepari potrà nutrire la fedeltà dei genitori, la loro gioia, il loro amore reciproco, e far crescere in sapienza i bambini?”. Quella signora ormai era decisa, ma le parole di Mariarosa le rimasero come pulci nell’orecchio. Non riusciva più a togliersele. Per la domenica seguente programmò tutto diversamente, e il giovedì chiese all’amma: “Quando andrai alla liturgia, mi chiameresti? Verrò con te”.

313 Biciclette

Un sabato pomeriggio due ragazzi stavano lucidando e lubrificando le loro biciclette. Passando, li vide abba Silvano: “Cosa fate, ragazzi? Preparate le vostre macchine per andare in pellegrinaggio al santuario della Madre di Dio, dove domani si celebra la sua festa?”. Sorrisero i due giovinetti, e con semplicità risposero: “No, abba, domani parteciperemo ad una gara in bicicletta. Potresti pregare per la nostra vittoria?”. L’abba rimase senza parole. Chiese a Gesù: “Che cosa dirò loro? Tu domani non li vedrai tra quelli che ti ascoltano. Dammi una parola per loro”. I ragazzi attendevano la promessa della preghiera per vincere la gara impegnativa. “Io pregherò sicuramente per voi, perché vinciate la gara finale”, rispose sicuro. Ed essi: “Ma se non vinciamo domani, non potremo partecipare a quella”. Allora l’abba: “La gara finale è quella che vi farà stare sul podio del Paradiso. State già partecipando, ma se non ascolterete la voce di Gesù e non mangerete il suo Pane, le vostre gambe saranno senza forze, e non arriverete al traguardo”. Ascoltarono e... chissà!

314 Aggiornamento

Il giorno del Signore non è come gli altri giorni. Lo sapevano gli abba e le amma del deserto, e per questo la domenica correvano al luogo dell’adunanza, dove il Signore Gesù sarebbe stato presente con tutti i suoi santi. Amma Matilde, non vedendo i suoi genitori, pensò: “Saranno malati? Vado a vedere”. Dopo la benedizione si diresse verso la loro dimora insieme ad amma Giuseppa. Li trovarono indaffarati a preparare il pranzo e a pulire il giardino. “Come mai non siete venuti oggi a incontrare il nostro Pastore?”, disse la figlia Matilde. “Abbiamo da fare. E poi siamo venuti molte volte nella vita”, risposero. Amma Giuseppa si permise di aiutarli: “I miei nonni dicevano che è peccato mortale. Lasciar perdere Gesù, ritenere la sua presenza meno importante, rinunciare al frutto della sua morte e risurrezione, infatti, è privarsi del necessario per vivere”. Ed essi: “I tuoi nonni? Bisogna aggiornarsi!”. Per amma Matilde fu una coltellata. Giuseppa soggiunse: “Sì, è necessario aggiornarsi con le notizie che vengono dal Cielo. La nostra Madre santissima e tutti i santi ci aggiornano. Perché la nostra vita qui in terra sia sana e serena, è necessario nutrirsi del Pane e della Parola del Cielo”. E poi, tornando alla cella, a Matilde disse: “Pregheremo per i tuoi genitori: li rivedremo presto a far festa con noi per il nostro Sposo celeste!”.

315 Le carezze

Da molto tempo soffriva per le incomprensioni del marito. Aveva persino il sospetto che la tradisse con qualche altra donna. Cominciava a far fatica a preparargli il pranzo e a lavargli calzetti e camicie. Pensò: “Vado a trovare amma Lucia. Mi darà qualche buon consiglio. Forse mi aiuterà a scappare di casa e a trovare un altro uomo che mi accarezzi”. E si recò nel deserto. Le faceva impressione il silenzio e anche la pace che vi si poteva gustare. Lucia l’ascoltò con attenzione, pregando. Le sorrise e disse: “Cara sorella, sei figlia di Dio. Sei sorella di Gesù, e lo aiuti a portare una delle tante croci che gli pesano sulle spalle”. Quella invece continuò il suo lamento: “Vorrei trovare un uomo che mi faccia una carezza, almeno qualche volta”. Allora l’amma disse: “Chi si toglie di dosso una croce, ne compra un’altra. C’è chi le vende a buon mercato: te le fa vedere leggere come le foglie secche, ma quando le avrai sulle spalle ti pentirai, e rimpiangerai quella che non avrai più. Anzi, quella ti peserà ancora addosso in modo segreto”. La donna iniziò a comprendere. Chiese all’amma la benedizione della sua preghiera, poi insieme andarono da abba Fiorenzo, che pareva le aspettasse.

316 Scuotere

Amma Genoveffa era alla porta per salutare chi entrava. Stupita, notava come molti fedeli avevano paura: si tenevano distanti gli uni dagli altri come avessero il broncio, o il colera. L’amma, tra sé e sé pensava: “Poveretti! Come posso aiutarli a sorridere? Come aiutarli a non aver paura?”. Li guardò, e poi si fece coraggio. Andò vicino e disse: “Avete paura nella casa del Signore? Tra un po’ Gesù si sveglierà da solo, non occorrerà che andiate voi a svegliarlo”. La guardarono sbalorditi, con stupore. Lei continuò: “Sulla barca hanno dovuto scuoterlo. Là la paura era giustificabile, perché egli non era ancora risorto dai morti. Ma qui, nella sua casa, lui non sopporta che qualcuno abbia paura: se alla sua presenza non gioite, verrà lui a scuotervi!”. Iniziarono a sorridere all’amma, e poi anche gli uni agli altri, e lasciarono fuggire dalla porta ogni apprensione e ogni residuo di paura: s’avvidero che era ingiustificata, perché Gesù è risorto dai morti. Uno di loro disse a voce alta: “È vero: «La tua grazia vale più della vita»!”. Anche per essi Gesù è tornato ad essere vivo e forte, un vero alleato della loro vita.

317 Chi ha la carità?

Abba Camillo era impegnato nell’alleviare povertà e fame di persone che da sole non riuscivano a cavarsela. Leggendo le Scritture, la sua voce si fermò improvvisamente. Nei suoi orecchi risuonò la frase appena letta: “E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe”. La rilesse, e la rilesse ancora. “È per me questa parola?, si interrogò: “La risposta arriverà quando capirò cosa significa: «avere la carità»”, e cercò abba Federico per avere luce. Questi con gioia rivelò: “Gesù ha la carità, anzi, Gesù è la carità del Padre. Sai perché? Egli ama il Padre e rivela il suo amore. Tu hai la carità quando le tue parole e le tue azioni rivelano il Padre e il Figlio. Quando hai la carità, i poveri, che tu servi con fatica, riceveranno cibo e vestito conditi e impregnati del tuo amore a Gesù e al Padre suo. Sarà un amore del tutto gratuito, che non desidera gratificazione”. Abba Camillo cominciò a comprendere, ma aveva bisogno ancora di preghiera e di silenzio. Iniziò a dedicare maggior tempo a questi esercizi.

318 Vero e sincero

Il discepolo, prima di partire per la città, chiese: “Dimmi una parola, abba”. Abba Antonio, prima di benedirlo, disse: “Ora che vai a far visita ad una famiglia, vedi di essere vero e sincero”. E quello: “Cosa mi dici, abba? Non è la stessa cosa essere vero ed essere sincero?”.No, figlio mio”. Prese una noce dal vassoio: “Vedi questa noce? È sincera ed è vera”. Il discepolo guardò l’abba attendendo spiegazione: infatti non aveva capito. “Il guscio è la sincerità. Ti dice che questa è davvero una noce, ma tu non mangi il guscio. Non saresti capace di masticarlo e non ti nutrirebbe, anzi, potresti spezzarti i denti. Il gheriglio nascosto è la verità. Quello lo puoi mangiare e ti nutrirà”. Il giovane non capiva ancora. “Essere sincero giova poco, o giova nulla, se non doni l’amore di Dio. Questo è verità: l’amore del Padre nostro e del Signore Gesù. Cosa ne faresti di un guscio vuoto? Farai attenzione che la tua sincerità porti verità. Il guscio puoi anche tenerlo, o tutto o una parte, e porgere solo il gheriglio: è questo che nutre. Di certi fatti puoi raccontare solo una parte, non occorre dire tutto. Ma l’amore per Gesù dev’esserci tutto!”. Ora il discepolo fu soddisfatto, e chinando il capo disse: “Benedici, abba”, e andò per il suo compito.

319 Dalla veggente?

Sai, amma, che la Madre di Dio Consolatrice, apparendo alla veggente fece molte promesse? Disse che chi recita delle speciali preghiere e partecipa ad altre opere potrebbe godere salute e andrebbe in paradiso. Non ti pare bello e importante? Vorrei andare ad ascoltare quella veggente!”. Era una conoscente devota. Amma Paolina tendeva l’orecchio, contenta, ma non troppo. Dovendo rispondere, prese in mano la Bibbia, l’aprì e lesse: “«Se seguirete le mie leggi, se osserverete i miei comandi e li metterete in pratica, io vi darò le piogge al loro tempo, la terra darà prodotti e gli alberi della campagna daranno frutti» (Lev 26,3ss). E il Signore continua ancora con molte altre promesse. Quando ci vede molto distratti, il Signore affida alla Madre il compito di ricordarci ciò che lui ha già pronunciato. Chi lo ascolta, come un figlio amato, gode già la salvezza”. Così si accordarono tutt’e due di ubbidire a Dio, di intensificare la partecipazione agli incontri dei credenti, di rendere continua la propria preghiera, senza correre di qua o di là. Nel paradiso di Gesù, in cui già ci troviamo, ci sono molti santi da visitare: anch’essi ci aiutano.

320 L’uomo è bello

Un abba, Martino, soleva dire a chi si fermava a parlare: “L’uomo è bello quando chiede perdono”, e sopportava che lo guardassero stralunati. Lo udì una signora, che sbottò: “Allora, abba, mio marito è sempre brutto. Non mi chiede mai perdono, e vuole avere sempre ragione”. Non si arrese abba Martino, la fissò con i suoi occhi semplici e sereni, e disse: “La donna è bella quando chiede perdono!”. Egli sapeva che siamo tutti peccatori, e non voleva illudere nessuno.

321 Accarezzare il diavolo

Un uomo cercava il diavolo per accarezzarlo e dirgli: “Nonostante tutto, almeno io ti voglio bene”; riteneva così d’esser migliore di tutti gli altri, perché non escludeva nessuno dal suo amore, nemmeno il diavolo. Abba Cristoforo, quando lo ha saputo, volle difendere gli abba da un errore così pericoloso, e disse loro: “Cari fratelli, ricorderete il salmo che la Chiesa santa prega senza vergognarsi: «Beato chi afferrerà i tuoi piccoli e li sbatterà contro la pietra» (136,9). Voi sapete che con queste parole ci impegniamo a riconoscere e rifiutare anche i diavoli più piccoli, benché vogliano sembrare innocui”. Gli abba rimasero senza parole. Erano abituati a lasciar perdere alcune cose, a passare sotto silenzio delle abitudini, chiamandole sì peccati, ma veniali, piccoli, indifferenti. Abba Cristoforo sapeva che la Parola di Dio non mente e non ci fa ripetere nulla di inutile. “Chi considera piccoli certi peccati, rischia di collezionarne un’infinità, fino a bloccare l’accesso sulla strada della santità. Sarete sempre ferventi nell’amare Gesù come sposo, amico, unico consigliere. Anche i suoi desideri più semplici sono degni di guidare i nostri pensieri e le nostre azioni. Tutto ciò che si oppone a lui, anche se pare insignificante, va eliminato con decisione, senza rimpianto”. Da quel giorno l’aria del deserto divenne più limpida.

322 I gusti dell’eternità

Erano molto amici e si confidavano i propri progetti. “Andrò a convivere con la mia ragazza”, disse uno dei due. Stupito, l’altro chiese: “Come mai così in fretta? Vi conoscete da appena sei mesi!”. Il primo spiegò: “Sai, abbiamo gli stessi gusti. Ci piace andare a correre, e lo facciamo insieme. Ci piace la stessa musica, abbiamo tutt’e due la passione per la fotografia, tifiamo per la stessa squadra di calcio, e persino ci piace la stessa pizza!”.E avete dedotto che starete bene assieme?”, chiese l’amico. “Proprio così: perché aspettare?”, rispose. E l’amico: “Ti proporrei di chiedere il parere ad un abba”. Trovarono abba Federico, che li ascoltò con simpatia. Dopo un attimo di silenzio sussurrò: “I medesimi gusti bastano per stare assieme un giorno in settimana, o due al mese. Ma per vivere insieme servono i gusti dell’eternità”. I due spalancarono gli occhi per la risposta enigmatica. L’abba allora, a colui che aveva maturato il progetto, disse: “Per vivere sempre insieme, senza strapparvi i capelli, dovreste avere i gusti di Gesù, o meglio, il gusto di Gesù. Se non vi unisce la sua gioia, l’illusione del convivere svanirà in fretta. Potreste anche cominciare col suono dell’organo e con gli anelli benedetti, ma se non ci sarà lui in mezzo a voi, si riveleranno abbaglio e delusione i vostri gusti”. Tornarono in città in silenzio, pensando cosa dire alla ragazza che era andata ad acquistare scope e spazzoloni per la nuova casa.

323 Interrogativi

I due fidanzatini erano indecisi. Sposarci o aspettare? Ci conosciamo abbastanza? Sarà fedele lui? Sarà fedele lei? E tra dieci anni? E se ne incontrassi una più bella? Non sapevano districarsi tra queste e altre domande. A lei venne l’idea di provare a sentire un abba del deserto: forse, non essendosi mai maritato, poteva avere qualche idea disinteressata. Abba Cristoforo regalò loro altre domande. Alla ragazza: “Ti pare che lui sia un buon papà per i tuoi bambini?”. E al ragazzo: “Ti pare che lei sia per te un dono dall’Alto? E tu per lei sei un dono di Dio? Lei sarà una vera madre per i tuoi figli? Li saprà amare o solo accontentare?”. A tutt’e due: “Sapete rinnegare qualche desiderio dell’altro, o vi accontentate reciprocamente in tutto? Il tuo amore per lui, e il tuo per lei, è solo sentimento o è un atto di fede?”. Non sapevano rispondere a queste ultime domande. E l’abba: “Per decidere una vita che duri a lungo, spostate gli interrogativi dalla terra al cielo, e avrete più in fretta la risposta con una gioia nuova”. Li lasciò, raccomandando di osservare spesso la croce di Gesù.

324 Paura dei miracoli

“Riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare”: così lesse il diacono, calcando le parole. L’abba, commentando il vangelo, tra le altre cose disse: “I miracoli di Gesù fanno paura. Prima quasi si rompevano le reti per il peso dei pesci. Che rischio, che perdita: sia i pesci che le reti! E adesso c’è il rischio che le barche stesse vadano a fondo, con i pesci pescati e con i pescatori. Cosa avreste detto voi? Tu, avresti detto che era meglio se Pietro avesse disobbedito e non avesse gettato le reti?”. Nel breve silenzio che abba Paolo volle donare per aiutare a riflettere, alzò la voce abba Simplicio: “Ma sulla barca c’era Gesù! È sempre meglio obbedire a Gesù: lui provvede a tutto quel che succede a coloro che gli ubbidiscono. Io non avrei paura”. Tutti tirarono un sospiro di sollievo. E alcuni si rallegrarono, come avessero avuto alcuni pesci da portarsi a casa quel giorno!

325 La pecora sola

La pecora voleva starsene da sola. Ad amma Federica pareva di capir bene quella parabola, benché Gesù per le donne ne avesse raccontata un’altra, quella della moneta finita nella spazzatura. Tra sé e sé borbottò: “La pecora non c’è più. Dove sarà? Sarà ancora affamata e avrà sete. Le altre sono tutte qui insieme, sazie. Se la trovano i lupi la sbranano. Il pastore, accortosi del suo posto vuoto, torna sui suoi passi per cercarla”. Fin qui l’amma comprese. Ma poi lesse quest’altra parola di Gesù: «Se riesce a trovarla» (Mt 18,13). L’amma s’interruppe: “«Se riesce…»? forse che il pastore non riesce a trovarla? Che significa? Se fossi io quella pecora, e il mio pastore Gesù non riuscisse a trovarmi?”. Confidò il suo stupore preoccupato ad amma Mariarosa, che l’aiutò: “Tu cercherai di non abbandonare le altre pecore per non perdere il pastore. Anche non ti andasse a genio il pascolo da lui scelto, se il suo aiutante usasse il bastone con te, rimarrai unita alle altre pecore, benché ce ne sia qualcuna antipatica. Allora Gesù ti troverà sempre”. Federica si tranquillizzò e iniziò a cantare: «Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla» (Sal 23).

326 Andarsene

“Perché Gesù dormiva sulla barca in mezzo al lago mentre imperversava la tempesta? (Mt 8,24; Mc 4,38)”: è il grande dubbio che un uomo venuto dalla città espose ad abba Cristoforo. Questi parve divertirsi a rispondere: “Gesù dormiva perché voleva che tu imparassi qualcosa di importante”. “Che cosa?”, disse quello incuriosito. E Cristoforo: “Quando l’acqua entrava nella barca, e c’era per tutti il pericolo di affondare, tre discepoli si dissero: «Noi non restiamo qui. Gesù dorme. Il timoniere fa movimenti bruschi e pare non sappia cavarsela. Il vento continua ad alzare le onde. Siamo già bagnati». E si allontanarono dalla barca. Eccoli là che annaspano”. Quell’uomo allora, stupito: “Ma, abba, non ho mai udito questo nel vangelo”. “No, non è scritto nel vangelo, ma è quello che stai vedendo. Tre persone ti hanno detto: «Ce ne andiamo da questa Chiesa. Vi sono abba immorali e vescovi che non insegnano la verità del Vangelo». Quei tre non hanno pazienza, né amore per i loro fratelli in pericolo, non pregano per chi è errabondo. Li vedi? Eccoli, annaspano fuori della barca, agitati dal vento del mondo, respirano rabbia, infuriati contro l’acqua che ingoiano. Il mondo li ha ormai in suo potere”. Allora l’uomo: “Abba, perdonami. Anch’io avevo la tentazione di lasciare la Chiesa”. E Cristoforo: “Amerai la Chiesa, il Corpo di Cristo. Gesù vorrà vederti quando si sveglierà. Ti sgriderà, sì, ma tu sarai con lui e sarai salvo”. Fecero il segno di croce come benedizione e promessa.

327 Maria sa

Amma Paola cantava il cantico che Maria fece udire a Elisabetta. Lo meditava per scoprirne i segreti. Disse alla discepola: “Maria anzitutto loda Dio, dichiarando che lui è più grande di tutti, soprattutto dei grandi della terra. Non temerà più nessuno degli uomini e delle donne che incontrerà”. Amma Paola continuò: “Maria sa che ci sono i superbi e i potenti. Ella vede che Dio non elogia tutto quel che vien fatto dagli uomini, anzi, osserva i cuori e sa quali sono quelli che fanno soffrire i piccoli, i poveri e gli umili. Egli è Padre che dà il pane agli affamati, come lo procura ai passeri e anche ai corvi. Perché i ricchi li rimanda a mani vuote? E i superbi li abbatte dai troni? Maria cantando risponde anche a queste domande difficili: Dio vuole mettere anche i superbi e i ricchi nella condizione di chiedere aiuto, di umiliarsi, di piegarsi, di diventare piccoli per conoscere e invocare la sua grandezza e la sua provvidenza. In tal modo ha misericordia di loro”. E l’amma disse che cantare questo canto ci matura, ci rende realisti, liberi e fiduciosi. E si commosse pensando che Maria lo cantava con il Bambino nascosto nel grembo. Diceva: “Gesù per primo lo udiva e ne godeva il frutto”.

328 Le asine

Abba Cristoforo ascoltava un discepolo preoccupato e triste: aveva ricevuto una notizia che gli avrebbe cambiato il programma per tutta la settimana, anzi, forse per tutto l’anno. Per tranquillizzarlo l’abba chiese e ottenne luce dal Signore: “Figlio mio, sai perché le asine di Kis si smarrirono?” (1Sam 9,3). Il discepolo, sconcertato: “Le asine di chi?”. “Le asine di Kis, padre di Saul, si smarrirono, ed egli mandò il figlio a cercarle. Saul percorse intere regioni senza trovarle. Arrivò dove abitava il profeta Samuele. Chiese aiuto a lui. Al profeta non premevano le asine smarrite da tre giorni ormai, ma consacrò lui re del popolo di Dio. In tal modo Saul seppe per qual motivo le asine di suo padre si erano smarrite. L’incontro con il profeta cambiò totalmente la sua vita”. Il discepolo era ancora confuso. Allora l’abba lo aiutò: “Quando la tua vita viene sconvolta da un contrattempo, ringrazia la provvidenza e la previdenza del nostro Signore e Dio, che adopera tutto per il nostro bene (Rom 8,28): siamo o non siamo suoi figli?”. Il discepolo ringraziò, e qualche settimana dopo seppe quale grande dono fu quell’imprevisto. Trascorse un’ora intera davanti al Pane che è il Corpo di Cristo, lodando, benedicendo e ringraziando il suo Signore Gesù per quel fatto.

329 Adeguarsi

Nel mondo si susseguivano notizie su notizie, alcune allarmanti, tanto che cresceva lo scoraggiamento tra i figli di Dio. Abba Felice era preoccupato: temeva che i suoi discepoli si lasciassero influenzare. Perciò chiese: “Che dite, figli miei? Dobbiamo adeguarci al mondo o al Vangelo?”. Uno di quelli esordì: “Abba, noi siamo discepoli di Gesù. È il Vangelo che ci guida”. Allora l’abba: “Se è il Vangelo di Gesù che vi guida, sarete sereni. Le notizie allarmanti le lascerete al mondo. Nel vostro cuore rimarrà la notizia buona, bella e vera che chiamiamo Vangelo, cioè: Gesù è con noi ogni giorno, proprio lo stesso Gesù che placò la tempesta, che camminò sulle acque, che permise all’amico Lazzaro di morire e alle sue sorelle di piangere, che con decisione salì sul Calvario. Gesù risorto dai morti non muore, è vivo in noi”. Uno dei discepoli iniziò a cantare: “Alleluia, alleluia, tesoro del mio cuore…!”, e gli altri continuarono con gioia, tanto che dalla strada entrarono alcune persone tristi, subito contagiate dalla gioia di Gesù.

330 Padrino

Un giovane chiese di incontrare abba Felice nella sua cella: “Abba, sono contento, perché un ragazzo mi ha chiesto di essergli padrino al sacramento dell’olio profumato, del crisma. Sono contento, ma non so cosa dovrò fare quando sarò davanti al Vescovo”. “Allora”, disse l’abba “terrai la tua mano destra sulla spalla destra del ragazzo. Parteciperai così all’effusione dello Spirito Santo che il vescovo invoca perché scenda in lui, anche attraverso le tue mani”. L’abba lo fissò pregando per lui. Quello chiese ancora: “E per prepararmi, e dopo, nei prossimi anni, cosa dovrò fare?”. Felice disse: “Sarai attento a farti guidare dallo Spirito Santo. Sarai sempre presente nel regno dei cieli per custodire in te lo Spirito di Dio affinché si effonda da te sul tuo figlioccio. Così non gli comunicherai altri spiriti dannosi. Sarai lieto per la fiducia che Dio ripone in te.”. Lo guardò il giovane con sguardo interrogativo. L’abba spiegò: “Vivrai l’obbedienza al Signore, ascolterai la sua Parola, sarai presente agli incontri dei fedeli, pregherai con fiducia e costanza. In tal modo sarai sostegno alla fede del giovinetto”. Rispose: “Grazie, abba. Mi dai la benedizione?”. Parole leggere e sante fluirono dalla bocca dell’abba: e il giovane fu fortificato dalla grazia del Signore Gesù.

331 Maledetto

«Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, e pone nella carne il suo sostegno» (Ger 17,5). Questa parola rimase nell’aria. Nessuno s’aspettava di udire «maledetto» tra le parole di Dio. Eppure c’era. Abba Cristoforo intuì la difficoltà dei giovani. Lasciò scorrere un po’ di silenzio, poi disse: “Non meravigliatevi della parola del profeta. Egli usa parole forti per tenerci svegli. Quando tu speri che gli uomini riescano a farti felice, resterai deluso. Né uomini né donne potranno sostituire l’amore e la sapienza del nostro Padre che è nei cieli e di Gesù suo Figlio. Se gli uomini sono illuminati e guidati dal Signore, potranno soddisfare qualche tuo desiderio. Tu ti aspetterai tutto da lui, e ringrazierai solo lui”. Intervenne abba Federico per dire: “Hai ragione, abba. Quando m’aspettavo da te una consolazione, sono rimasto deluso. Avrei dovuto aspettarla dal Signore, allora la tua parola sarebbe stata per me un dono”. Rimasero in silenzio, e nel cuore di tutti crebbe l’umiltà, quella che ci fa somigliare al Signore Gesù.

332 Sepoltura

Amma Clementina pregando pensava alle anime del Purgatorio. La distolse una donna, che le disse: “Durante il pellegrinaggio, nelle catacombe, vidi come è stata sepolta Santa Cecilia, la vergine che cantava nel cuore la bellezza di Gesù”. L’amma gioì e disse: “Hai visto com’è stata sepolta?”. Rispose la donna: “Dicevano che i ricchi romani venivano bruciati e le loro ceneri deposte in un ossario. Lei invece no. Come mai?”. L’amma sorrise: “Lei sapeva che Gesù è risorto dai morti. Chi gode della risurrezione del nostro Signore desidera e vuole anche essere sepolto come lui: non trova nulla di meglio!”. La donna si fece pensierosa. “Che cosa ti preoccupa, sorella?”, chiese l’amma. “Pensavo di dare disposizioni perché il mio corpo sia bruciato, come si fa nel mondo, ma le tue parole…”, iniziò a rispondere quella. “Il mondo decide in base alle sue ragioni, che hanno le radici nelle vanità o nelle comodità. Noi, se possibile, decideremo in base all’agire del Signore: le sue motivazioni, per noi spesso nascoste e misteriose, sono senz’altro migliori delle nostre”. Dissero insieme una preghiera per le anime del Purgatorio e si salutarono.

333 Mangiare

Alcune persone visitarono a sorpresa abba Samuele. Dopo aver parlato qualche minuto con lui volevano ripartire. L’abba le trattenne: “Siete venuti qui: non dovete andar via senza aver mangiato”. “Non disturbarti, abba. Abbiamo già mangiato prima di venire”. L’abba deciso: “Sedetevi, vi dico. Il pane che vi do io non lo avete ancora assaporato”. E continuò: “Che faceva Gesù quando la folla veniva da lui? Li ammaestrava, donava loro la Parola. Ecco il Pane vero, la Parola ascoltata dalla sua voce” (Mc 2,13). Sedettero incuriositi. “Gesù ammaestrava trasmettendo conoscenza di Dio, ma Dio non lo si conosce solo con le parole. Quando parlò a Matteo, lo invitò a seguirlo. Anche questo fu conoscenza di Dio. Comprendete? L’insegnamento avviene cambiando la vita, altrimenti rimane fiato sprecato”. Lo guardavano. “Voi siete venuti qui per ricevere un invito”, disse l’abba. Risposero: “No, a dire il vero siamo venuti solo per vederti”. “No”, insistette abba Samuele, “il Signore Gesù vi ha mandati qui perché riceviate il suo invito: cambierete vita impegnandovi nella preghiera di lode e nella carità”. Rimasero allibiti. “Adesso avete mangiato. Andate pure”. In silenzio, con trepidazione, si allontanarono. E l’abba continuò la supplica a Gesù, perché lui stesso sia il loro maestro interiore.

334 Cuore puro

Il ragazzo di dodici anni compiva i tredici. Come regalo di compleanno desiderò incontrare ancora l’abba per confidargli una cosa che non si sentiva di condividere con nessuno: “Abba, posso dirti tutto?”. “Ma certo, ragazzo mio”, rispose l’abba, “tu sai che quello che dici qui, qui rimane come in una tomba”. Allora il ragazzo prese coraggio: “Quando vedo qualche figura o qualche persona mezzo nuda, ho delle reazioni nel mio corpo e anche la mia fantasia vola. E dopo non sono più tranquillo, come mi piacerebbe”. L’abba lo guardò con tenerezza e disse: “Amico mio, quello che ti succede è normale, non spaventarti. Sapendo che è così, eviterai di guardare quelle figure e starai lontano dai luoghi dove potresti imbatterti in quegli inconvenienti. Custodire occhi e pensieri e desideri è un lavoro necessario”. Il ragazzo provò a dire: “Come posso fare?”. E l’abba: “Come pensi abbia fatto Gesù? Anche per lui era così. Ma era deciso nel considerare uomini e donne come creature di Dio. Vedeva tutti come dono dell’amore del Padre. Sapeva che doveva amarli tutti, soffrire e dare la vita per loro. Così il suo cuore rimaneva puro, e la purezza illuminava il suo corpo”. Il ragazzo si rasserenò: “Proverò, abba, ad imitare Gesù. Le tue parole mi aiutano. Posso tornare ancora a disturbarti?”. “Come no!”, disse con un sorriso l’abba, mentre già lo benediceva alzando la mano destra.

335 Ha parlato di me

Amma Serena stava sferruzzando. Venne da lei una ragazza: lasciava intravedere inquietudine e pena. Disse: “Amma, ormai tu mi conosci: so che è venuta mia mamma a parlarti di me. Ti ha certamente detto i miei problemi e le mie sofferenze. Puoi dirmi qualcosa?”. L’amma la guardò con fiducia, e disse: “No, quello che mi ha detto tua mamma può essere importante, ma la mamma vede le tue cose dall’esterno. Raccontami tutto tu, tu vedi le cose dall’interno. Hai mai visto il rosone di una chiesa? L’hai visto dall’esterno o dall’interno? È lo stesso rosone, ma che differenza!”. La ragazza si risollevò. Era fatica per lei raccontare, ma man mano procedeva prendeva coraggio. Si sentiva ascoltata, e amata. Quando sembrò che avesse terminato, l’amma le disse: “Vedi, il tuo rosone ha sì qualche vetro rotto, ma il disegno con i colori illuminati dalla luce del sole è ancora molto bello, visto dall’interno. Questo la mamma dall’esterno non lo vede. Ti affiderai e ubbidirai al Signore, e tornerà completo”. Fu consolata la ragazza, ringraziò e chiese ancora qualche prezioso consiglio. E l’amma, continuando la sua maglia diceva a Gesù: “Grazie che mi hai messo in bocca le parole”.

336 Le regole

Abba Fortunato dopo la preghiera s’intrattenne con abba Celestino. Chiese: “I discepoli di Giovanni Battista e i farisei digiunavano e non capivano come mai i discepoli del Signore non lo facessero. Anche a me pare strano” (Mc 2,18). Abba Celestino gli rispose: “Quelli digiunavano per osservare delle regole e sentirsi così a posto. I discepoli di Gesù invece guardavano al loro Maestro per dipendere da lui. Egli era la loro gioia, e fin che c’era non erano tristi e non potevano digiunare: se l’avessero fatto l’avrebbero ritenuto meno importante delle regole di Mosè. Non arrivavano mai a sentirsi a posto, però si sentivano sempre amati.”. Fortunato comprese: “Riuscirò io a dimenticare le regole ed essere invece attento a Gesù? Ho l’impressione che questo sia più impegnativo, ma anche molto più bello. Essere in relazione con lui è gioia grande, mentre osservare regole non mi mette in relazione con nessuno e può diventare schiavitù”. Rispose Celestino: “Il Regno dei cieli è novità, e merita essere vissuto con amore”. Tutt’e due, con serietà si guardarono, fecero un segno di croce e tornarono alle loro celle.

337 Ancora le regole

Abba Celestino visitò abba Fortunato. Gli disse: “Quando abbiamo parlato di regole non tenevo presente che Gesù stesso ce ne suggerisce alcune, e altre ce le propone lo Spirito Santo per aiutarci ad amare il Signore”. Fortunato rispose: “Grazie, abba. So che le nostre regole di offrire ogni giorno mortificazioni e digiuni al Signore e di mangiare ogni domenica il Pane della benedizione, quelle di perdonarci e chiedere perdono, di radunarci a pregare ad ore prestabilite, e molte altre ancora, fanno parte del nostro cammino per seguire Gesù. Le chiamiamo regole, benché siano i modi concreti con cui egli stesso ci ama e noi lo riamiamo, e con cui ascoltiamo i consigli di sua Madre e dei suoi santi”. Facevano a gara gli abba ad ascoltare stimando l’altro più di se stesso, per amore di Dio. Celestino aggiunse: “Vivendo con Gesù vediamo tutto nella sua luce. Per noi non c’è più nulla al di fuori di lui, nulla senza di lui, nulla che facciamo tanto per fare. Viviamo tutto come atti di amore puro e santo, tanto che non li chiamiamo nemmeno regole. Gesù ci ha liberati e continua a darci ali di aquila per volare nelle sue altezze”. Il grazie sgorgò dal cuore di ambedue: si ringraziarono l’un l’altro e benedissero il Signore.

338 Il consacrato

«Chi mai ha messo la mano sul consacrato del Signore ed è rimasto impunito?» (1Sam 26). I discepoli furono attenti alla lettura. L’abba spiegava: “Saul trattava Davide come nemico, e invece Davide ebbe rispetto, anzi venerazione per lui. Il re, pur portando su di sé una dignità datagli da Dio, l’avrebbe ucciso,”. Un discepolo, che non si distraeva facilmente, osservò: “Davide non badava ai propri sentimenti, bensì alla realtà com’è vista e rispettata da Dio. È questo che Gesù vuole anche da noi quando ci dice di porgere l’altra guancia? O di non giudicare? O di pregare per i nostri nemici?”. L’abba rispose: “Hai inteso bene. Il comportamento di Davide ci viene raccontato come profezia che anticipa le parole e la vita del suo Figlio, il Figlio di Davide, che sarebbe venuto a rivelare l’amore del Padre nostro”. Qualcuno fece il segno della croce sul proprio corpo.

339 Chi volete diventare?

Due ragazzi di famiglia povera avevano molti amici. Alcuni di questi avevano denaro in abbondanza: i genitori accontentavano ogni loro capriccio. I due fratelli cominciavano a invidiarli e a disprezzare i propri genitori. Questi, non sapendo come aiutarli, li accompagnarono da abba Gregorio. “Lasciatemeli qui da soli”, disse; li trattenne e congedò i genitori. Offrì ai due una caramella, poi chiese loro: “Chi volete diventare? Vorrete essere uomini o banderuole?”. I due si guardarono: “Vogliamo diventare buoni cristiani, abba”.Questo è un bel progetto. Allora comincerete subito a vedere i vostri amici come persone da aiutare. Aiuterete quelli che hanno soldi ad adoperarli per amare, per donare gioia a qualcun altro. Se non li aiuterete in questo non sarete loro amici, ma loro schiavi, e diventerete dei delinquenti”. La voce di abba Gregorio non lasciava adito a dubbi di sorta. Li invitò a pregare con lui, e a continuare la preghiera anche ai piedi del loro letto, come fosse un banco della chiesa, di quella chiesa dove Gesù vede tutto con amore.

340 In Paradiso

Il deserto non sapeva se esultare di gioia o se piangere di dolore: era volata in Paradiso amma Mariastella! La notizia era gioia per i santi, lutto e lacrime per i meno santi, che in lei avevano avuto consolazione nelle pene e aiuto nelle tribolazioni. Vennero i parenti: “La portiamo alla cremazione e poi disperderemo le sue ceneri sulle colline del deserto”. Così dissero. Gli abba e le amma erano costernati. Chiesero ad abba Cristoforo: “Abba, parla tu ai parenti. Di’ loro che l’amma non è loro proprietà. L’amma è anche nostra, nostra sorella e madre, e per le più anziane loro figlia. Ed è dono di Dio per molte persone del mondo. Il suo corpo resti vicino a noi”. Abba Cristoforo accettò. Si rivolse al parente più intraprendente: “L’amma si è offerta a Gesù. Avete ricevuto da Gesù il compito di bruciarla e di far sparire le sue ceneri?”. Il parente disse: “Noi abbiamo ragionato e calcolato. Seppellirla ci costa, e ogni anno la tomba richiede tempo e denaro”. Abba Cristoforo: “Anche noi abbiamo ragionato, non con il borsello, bensì col cuore nostro e con quello del Signore Gesù Cristo”. La discussione continuò. Cristoforo aggiunse: “Molti figli di Dio hanno bisogno del ricordo concreto dell’amma e della presenza del suo corpo per essere ancora aiutati da lei”. Le amma pregavano Gesù, che è stato sepolto e ci ha lasciato il suo Corpo, perché rimanesse tra loro il corpo della loro sorella. Il Signore le esaudì.

341 Tentazione

Abba Sebastiano spiegava una pagina della Bibbia ad un uomo, che sapeva usare l’astuzia per farsi dar ragione. Quell’uomo aveva chiesto: “Come mai il popolo di Dio aveva un re? Non gli bastava l’autorità del suo Dio?” (1Sam 8). L’abba non ebbe difficoltà. La risposta era già nelle parole che Samuele diede alle pretese del popolo: “Avrebbe dovuto bastare la presenza di Dio, ma il popolo era tentato come lo sei tu ora. Dio stesso disse al profeta: - Vogliono il re: daglielo, non hanno più fiducia in me. Sperimenteranno la dura schiavitù. Manderò poi mio Figlio per far conoscere la vera libertà e far godere la vera vita, quando accoglieranno lui come loro Re -”. Abba, perché hai detto che io sono tentato?”, rispose stupito e pretenzioso quell’uomo. L’abba si fece serio: “Il tono della tua voce mi ha rivelato che tu hai solo curiosità intellettuale e non ancora il desiderio di essere nel cuore del Padre e nel Regno del Figlio”. Tacquero ambedue. Il silenzio del deserto fece eco al canto degli angeli, che lasciavano percepire il loro innamoramento per il nostro re, il Signore Gesù!

342 Spirito santo

Alcuni discepoli tornando dalla grande assemblea commentavano il sermone di un abba molto istruito: “Hai sentito come parla bene quell’abba? E come spiega ogni cosa con profonda intelligenza! Ha saputo mettere a confronto Antico e Nuovo Testamento ed è riuscito a spiegare l’uno con l’altro in modo convincente!”. Li udì abba Salvino, attento a quanto dicevano. Li interrogò: “Quello che avete udito vi ha anche trasmesso Spirito Santo?”. I discepoli rimasero zitti. Uno rispose: “Che significa questo che hai detto, abba?”. Salvino rispose: “La Parola di Dio ci è consegnata perché ci unisca a Gesù, il Figlio, e ci renda portatori dell’amore del Padre. Questa è azione dello Spirito Santo. Se questo non avviene significa che chi ha parlato, o chi ha ascoltato, è ancora nello spirito del mondo, cioè in quello spirito immondo cui Gesù impose di tacere quando voleva parlare di lui”. I discepoli rientrarono in sé, e, ai sermoni successivi, erano più attenti a Gesù che agli argomenti e alla voce dell’oratore.

343 Regola antica

Quando abba Fiorenzo si accingeva a fare qualcosa, si raccoglieva un attimo in silenzio, poi iniziava. Se ne accorse il discepolo, che un giorno gli domandò: “Abba, perché quando fai qualcosa, prima ti raccogli in preghiera silenziosa? Ho visto che lo fai prima di preparare il pranzo, prima di mangiare, prima di lavare i piatti, quando sali sul carro, quando ti siedi a scrivere, quando prendi la zappa nell’orto”. L’abba lo fece anche prima di rispondergli, poi disse: “Quel che faccio, anche la cosa più semplice, non voglio che sia animata dallo spirito del mondo, ma dallo Spirito Santo, e sia così impregnata della sapienza e della dolcezza di Gesù, mio vero Signore”. Iniziò ad imitarlo anche il discepolo, come fosse una regola antica, sana e santa.

344 Ascoltare… se stessi

Un discepolo ascoltava sempre volentieri le istruzioni degli abba. Non si addormentava, nemmeno quando la loro voce pareva favorire il sonno. Per di più scriveva tutto, per ripassare gli insegnamenti preziosi. Questo gli bastava. Di quanto udiva non faceva nulla. Reagiva alle umiliazioni, interveniva come fosse stato la persona più importante del deserto, non sopportava i difetti degli altri, faceva quel che gli pareva perché, diceva, era meglio di quanto gli veniva chiesto. Abba Felice un giorno gli disse: “Comincerai a vivere? Inizierai ad amare Gesù?”. Rimase quasi offeso quel discepolo e rispose: “Non è la prima volta che mi vedi, abba”. È vero, ti ho visto ancora, ma non rivestito dell’umiltà di Gesù. Ti presenti nudo, come uno del mondo”, gli rivelò Felice. Allora quello iniziò a guardare dentro di sé e, dopo tre giorni, cercò l’abba per dirgli: “Benedicimi, abba”. Questi lo amò e gli disse: “Fa’ tesoro delle parole di San Giacomo: «Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi» (Gc 1,22). E lo benedisse nel nome di Gesù.

345 Il setaccio

Il lettore lesse: «Quando si scuote un setaccio restano i rifiuti; così quando un uomo discute, ne appaiono i difetti» (Sir 27,4). Un uomo ascoltava con attenzione. Rimase scosso da queste parole. Egli infatti facilmente discuteva, fino a farsi dare ragione persino dagli abba. Quelle parole gli restarono conficcate, e non ebbe pace finchè non avvicinò abba Fiorenzo per chiedergli: “Abba, sono vere per me queste parole? Tu vedi in me dei difetti quando discuto?”. L’abba interpellato era molto delicato e restìo a parlare. Non avrebbe voluto cadere nel rischio di giudicare. Ora però doveva aiutare quell’uomo; perciò, alzato lo sguardo in preghiera, disse: “Quando discuti, fratello, nel tuo cuore non appare Gesù. Difatti non si vede la sua umiltà, né la sua mitezza, né il suo ascolto e nemmeno la sua dolcezza. La domanda che mi hai fatto è però una medicina, una medicina che potresti usare tre volte in settimana!”. Quello ringraziò, stette in silenzio e chiese benedizione.

346 Il tesoro

Un abba era fiero di sé. Si riteneva importante, perché molti lo cercavano: parlavano con lui del più e del meno, di cose utili e di cose inutili; a lui infatti piaceva curiosare sui fatti di cui il mondo traboccava. Abba Silvestro gli disse: “Non ti accorgi che le persone che desiderano crescere nella fede e nell’amore a Gesù, o hanno qualche sofferenza, cercano un uomo amante del nascondimento e del silenzio? Chi ha bisogno di ricevere rifornimento spirituale, non lo riceve da chi manifesta un vuoto interiore”. Quello, se nessuno lo cercava, macinava tristezza. Abba Cristoforo un giorno gli chiese: “La tua casa è in pace? Il tuo coraggio è finito? Farai in modo che il tuo scrigno non sia vuoto, privo del tesoro!”, e se ne andò lasciandogli queste domande. Finalmente quegli s’accorse di non avere un’anima, di essere senza tesoro, di mancare di motivazioni profonde. Gesù, il tesoro che alimenta la pace e dona coraggio, desiderava entrare in lui.

347 La bambola

Era carnevale. Una bimbetta alla porta della chiesa fermò l’amma: “Amma, ti piace la mia bambola? Guarda, ha il vestito vero, i capelli veri, il succhiotto vero, le scarpette vere, i calzini veri, e piange se le tolgo il ciuccio”. La mamma, che aveva appena pulito il fratellino, manifestò un po’ di stanchezza: “Meno male che questa bambola non sporca i pannolini veri!”. L’amma volle sostenerla manifestando gioia alla bimba: “Adesso la tua bambola vera viene in chiesa con te. La sua sarà una preghiera vera! E canterà anche lei le lodi di Gesù!”. E poi aggiunse: “Tu sei una bambina vera, e la tua mamma una mamma vera, il tuo fratellino un fratellino vero, il tuo sorriso un sorriso vero. Entriamo: a Gesù piace la tua bambola, e gli piaci anche tu quando gliela fai vedere. Gesù poi è contento quando tu con la bambola dici la preghiera vera alla sua Mamma”. Entrarono: la bambola vera pregò insieme alla bambina vera.

348 Convertirsi?

Quando cominciava la santa Quaresima tutti gli abba sapevano di doversi impegnare a convertirsi, cioè da peccatori accogliere la santità di Dio nella vita quotidiana. Se vedevano l’uno nell’altro anche solo l’ombra di un peccato, dicevano: “«Chi pecca contro di me, danneggia se stesso» dice il Signore nostro” (Pro 8,26). Quando qualche persona del mondo cercava di giustificare anche una minima disobbedienza a Dio Padre e a Gesù, dicevano: “«Quanti mi odiano amano la morte» (Pro 8,26)”. In tal modo aiutavano tutti a tenere il cuore aperto al Signore.

349 Benedire

Amma, aiutami: la mia vicina mi ha guardato con cattiveria, pareva mi maledicesse. Sono terrorizzata. Mi pare che comincino ad andarmi male molte cose”, disse una signora ad amma Celestina. Questa le chiese: “E tu come ti sei comportata?”. Rispose: “Ho avuto paura. Mi sono spaventata e sono andata via”. Riprese l’amma: “Tu avresti dovuto guardarla, benedicendola. Allora avresti ubbidito al Signore, che insegna a benedire sempre. Non ti sarebbe venuta la paura. Fa’ così: va’ dal primo abba che incontri e chiedi una benedizione. E chiedi benedizione anche per quella vicina”. La signora ubbidì, e il giorno dopo tornò da amma Celestina: “Grazie, amma. Ho fatto come mi hai detto. Mi è passata tutta la paura e mi riesce di pregare per quella donna. Davvero la benedizione è più forte di ogni maledizione!”. L’amma propose di lodare e benedire Dio nostro Padre e suo Figlio Gesù Cristo, che ha insegnamenti di salvezza.

350 Uomini e donne

Quando abba Alessandro pronunciava sermoni al popolo di Dio, iniziava le varie esortazioni così: “Sorelle e fratelli”, oppure “Figlie e figli di Dio”, e persino “Tutte e tutti”! Desiderava l’attenzione di uomini e donne, e riteneva di dar gloria a Dio, che ad Adamo ha donato Eva, creata con qualche diversità. Uno dei discepoli era vicino ad alcune signore che parlottavano tra loro, e si distrasse per ascoltarle. Dicevano: “Quest’abba mi piace: finalmente uno che considera noi donne”. L’altra ribatteva: “A me proprio no: tratta noi donne come fossimo del tutto diverse. Non siamo forse uguali agli uomini agli occhi di Dio?”. E la terza: “È vero: Gesù non diceva «Beati e beate», ma solo «Beati», e io ho sempre capito che la sua parola era anche per me”. E un’altra: “Eva è della stessa carne dell’uomo. Fu fatta con la sua costola. Io mi sento uomo quando Dio parla: egli non evidenzia le differenze che lui stesso ha donato”. Il discepolo riferì all’abba queste distrazioni. L’abba ricordò che persino gli apostoli, il giorno di Pentecoste, esclamarono: “Uomini d’Israele”, e vedevano uomini e donne davanti a loro! Allora ringraziò il discepolo e ringraziò Gesù, che rispetta e ama le differenze tenendone conto, ma senza farle pesare.  

354 Ruderi

Abba Pacifico rispondeva con semplicità ai giovani che lo provocavano, alcuni dominati dall’alcol, altri dal fumo. Non lo dicevano, ma l’abba sospettava pure che fossero condizionati dal piacere sessuale e vizi connessi. Gli dicevano: “Abba, non fumi tu? E quando bevi, quanto ne bevi? Solo due o anche quattro bicchieri? Quante ragazze hai?”. L’abba ogni volta lasciava che dicessero, finchè un giorno gli lasciarono il tempo di rispondere: “«Città smantellata e senza mura, tale è l’uomo che non sa dominare se stesso» (Pro 25,28)”. Non compresero: “Che vuoi dire? Che c’entrano le mura?”. E lui: “Volete diventare dei ruderi? Se non dominate le voglie, i vizi, gli istinti, nessuno potrà trovar gioia alla vostra presenza, nessuno sarà aiutato da voi, tutti vi eviteranno”. “Ce la metti brutta, abba!”, ribatterono. “Molto brutta. Non sono io che ve la metto, siete voi che ve la cercate. C’è una possibilità: cominciate a guardare Gesù. Egli ha detto: «Senza di me non potete far nulla» e anche «Chi rimane in me porta molto frutto» (Gv 15,5). Egli darà forza a ciascuno di voi per dominare se stesso e iniziare una vita bella e santa”. Li lasciò così, pregando l’unico Salvatore che li aiutasse a riflettere e decidere.

  

355 Somiglianza

Abba Fabiano, seduto su un banco della chiesa, ebbe un sussulto: il meditare e contemplare l’amore di Gesù gli aveva donato il riposo, e con esso il sonno. Risvegliandosi, ecco una domanda imprevista dentro di sé: “Che cosa ti fa somigliare a Gesù?”. Una domanda potente. Si mise a cercare: “La preghiera? La devozione? Il digiuno? Le veglie? Le attenzioni ai poveri? Il lavoro? La pazienza? La fedeltà? La recita dei salmi? La predicazione? Il ricordare la Parola di Dio a chi ti parla?”. Nulla, la voce interiore era sempre un ‘no’ preciso. “Che cosa mi rende simile a Gesù?”. “L’umiltà!”. Ecco, si, questa sì. Proprio l’umiltà: “Non quella che cerchi tu”, gli disse la voce interiore, “ma quella che ti vien fornita dalle umiliazioni”. Abba Fabiano rimase in silenzio, e si mise a ringraziare dentro di sé per ogni umiliazione subita: d’ora in poi anche ogni altra sarà accettata e benedetta.

  

356 Vedere la fede

Amma Benedetta aveva udito la lettura del vangelo. Mentre preparava la tavola per il pranzo delle sorelle ricordò una parola, questa: «Vedendo la loro fede» (Mc 2,5). La ripeté varie volte, e intanto le vennero alcune domande: “Come ha fatto Gesù a vedere la fede? Che tipo di fede è quella che si può vedere? Chi è che aveva la fede?”. Interruppe il lavoro, chiuse gli occhi e disse: “Gesù, hai visto anche la mia fede?”. Nessuna risposta. Tornò nella casa di Cafarnao. Guardò il buco nel soffitto della stanza. Ecco, la fede era lassù: “Quei quattro amici del paralitico hanno inventato un metodo nuovo, strano, inusitato, per far arrivare il loro amico davanti a Gesù. Questo è ciò che vedeva Gesù, un lavoro faticoso, ben mirato, e da qualcuno criticato. Non potevano aspettare che il Maestro finisse la conferenza e uscisse fuori? No, il loro amore non aspettava. Questo è fede che si può vedere.”. Continuò il lavoro con maggior attenzione ad ogni piatto e ad ogni bicchiere e alle posate, che siano ordinate, meglio di ieri: “Gesù guarda e vede un po’ di fede anche sul tavolo?”.

  

357 Fratelli veri

Aprendo la Bibbia trovò questo salmo: «Ecco com’è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme» (Sal 133,1). Venne da abba Cristoforo a lamentarsi: “Vengo dalla città. E voglio dirti che questa Parola di Dio non è vera. È menzogna. I miei fratelli e mia sorella litigano di brutto tra di loro e anche a me hanno fatto pesanti ingiustizie. Me ne hanno fatta una grave per quanto riguarda l’eredità”. “La Parola non mente. Il problema è che quelli che tu chiami fratelli non lo sono. Puoi chiamare fratelli solo i figli di Dio, quelli che hanno Gesù nel cuore”, rispose l’abba, e poi: “Tu vivrai con Gesù nel cuore, e con Gesù ti lascerai mettere in croce. Vedrai che un po’ alla volta i tuoi fratelli e tua sorella scopriranno che vivere con te è bello e dolce, perché tu sarai vero fratello di Gesù”. Non ribatté quell’uomo, e invece chiese una forte benedizione. Per vivere come gli ha suggerito l’abba dovrà chiedere ancora benedizioni…!

  

358 Mangiare l’amore

Quando il discepolo aprì, ecco, sul gradino davanti alla porta vide una grande pentola e un cesto coperto con un tovagliolo. “Abba, guarda. Qualcuno ha cucinato per noi. Qui c’è il pranzo già pronto per oggi”, esclamò. L’abba sorrise e ringraziò il Padre che, pur stando nei cieli, si diverte a intervenire sulla terra nelle cose pratiche, anche piccole, per i suoi figli. Durante il pranzo abba Felice disse: “Com’è bello mangiare l’amore di Dio!”. Gli rispose abba Fedele: “È un amore che viene dalla città. Là amano il Signore più di noi”. E il discepolo aggiunse: “Ci nutre doppiamente questo cibo. Nutre il corpo, ma anche la nostra fede, perché non vacilli”. E insieme cantarono il salmo del pastore che prepara la mensa per rinfrancare il cammino.

  

359 Svegliarsi

«Quando si svegliarono, videro la sua gloria» (Lc 9,32). Si svegliò anche abba Martino. S’era assopito, perché la voce del lettore favoriva il sonno. Cercò subito di ricuperare il resto dalla pagina del Vangelo che teneva tra le mani, ed ecco, le vesti di Gesù erano sfolgoranti, e Mosè ed Elia s’inchinavano davanti a lui. La scena, attraente, lo incuriosì. “Che ci fate qui voi due?”, chiese Martino, che quasi quasi si riappisolava. Lo diresti? Gli risposero: “Siamo qui per dirti che la nostra vita e le nostre parole si stanno compiendo. Le sofferenze che abbiamo patito per il popolo e per il mondo intero ora le vive e le porta a compimento lui, Gesù. Fissalo bene, lasciati abbagliare da lui. E se aprirà la bocca, non ti farai sfuggire nessuna delle sue parole. E se ti chiederà di soffrire con lui, gli aprirai il cuore, glielo aprirai tutto”. Non si appisolò più, anzi, rimase sedotto e conquistato da quella bellezza e dalla sapienza che gli pareva entrasse nella mente e nelle falde della sua vita. Era una sapienza che non escludeva la croce. Davvero rimase «Gesù solo».

  

360 I mali servono

«Ti sono perdonati i tuoi peccati» (Lc 5,20). La voce di Gesù risuonò nella stanza a Cafarnao, e nei cuori di tutti i presenti. “Sapeva quell’uomo di avere peccati? Adesso lo sa e ringrazia. L’uomo scopre di essere peccatore soltanto davanti a Gesù. Lontano da lui tutti si ritengono a posto, giusti, in diritto di essere aiutati e amati dagli altri”, disse un abba. “Perché Gesù gli parlò così?”, chiese il discepolo. Un altro abba rispose: “Ha visto che c’era fede attorno al suo lettuccio. Gli amici di quel paralizzato infatti credevano che Gesù aveva l’autorità di Dio sui mali dell’uomo. Anche a loro egli rivelò che i guai peggiori sono nell’anima, e che quelli del corpo servono a curarli”. Si fece silenzio. I discepoli e gli abba scoprivano qualche peccato dentro di sé.

  

361 Amicizia

Abba Giuseppe si preoccupava per i giovani. Li vedeva disorientati, sfiduciati, come delusi. Ne incontrò due che ridacchiavano e nascondevano le loro delusioni con continui scherzi e provocazioni. “Siete amici per la pelle, voi due?”, chiese l’abba. Uno dei due rispose: “Siamo amici. Se lo siamo per la pelle, come si fa a saperlo?”. Giuseppe di nuovo: “L’amicizia è una gran bella cosa. È un grande aiuto nei momenti difficili, quando arrivano i motivi di pianto o di dubbio”. il secondo sbottò: “Un amico mi ha tradito proprio ieri. Oggi devo ridere per non piangere”. Allora l’abba confermò: “Sì, è vero. Anche le Scritture sante dicono: «C’è anche l’amico che si cambia in nemico» (Sir 6,9); per questo è necessario essere vigilanti per discernere i veri dai falsi amici”. “E come si fa?”, chiese senza convinzione il giovane. L’anziano si fece serio pur nella sua tenerezza, e mormorò: “Quello che ti aiuta a peccare, che amico è? Per valutare le amicizie terrai presente Gesù. È lui il segno di contraddizione”. Gesù lo conoscevano poco. Si fermarono a parlare a lungo con abba Giuseppe.

   

362 Gregorio

Lo fermarono, mentre camminava spedito. Egli non riuscì a negare loro un po’ del suo tempo prezioso, proprio perché erano bambini. Gli chiesero: “Come ti chiami?”. Sorrise compiaciuto, e rispose: “Il nome con cui mi chiama Gesù è sempre Gregorio”. “Gesù ti chiama così? E gli altri?”, dissero incuriositi i due bambini. “Gli altri hanno imparato da lui”, rispose. E i due ci presero gusto a fare domande: “E cosa vuol dire Gregorio?”. Disse: “Vuol dire che sono sveglio, come adesso. Sto attento a cosa mi chiedete e vi rispondo. Cerco di essere sveglio anche quando Gesù mi chiede qualcosa, o quando mi dice che mi vuol bene”. E quelli: “Vuol bene solo a te, Gesù?”. No, vuol bene anche a voi, non vi accorgete? Dovreste accorgervi anche voi, se siete svegli”. Con un po’ di tristezza: “Ma noi non ci chiamiamo Gregorio…”. Allora l’abba sorrise: “Potete accorgervi lo stesso. Altrimenti ve lo assicuro io: Gesù vi vuol bene, e per lui siete preziosi”. Li lasciò per recarsi dov’era atteso, ed essi ebbero grande gioia, tanto che si impegnarono meglio nel loro gioco.

  

363 Ananda

Alcune signore facevano sfoggio di parole nuove. Avevano frequentato lezioni affascinanti e si vantavano di sapere. Come fosse la cosa più ovvia, parlavano di mantra e prana, di yoga e aure, di deva e veda, di Shiva e ananda, e altro ancora. Le udì amma Teresa. Incuriosita, chiese ad una di loro: “Che significano queste parole che pronunciate con disinvoltura?”. Una di esse: “Amma, non lo sai? Sono parole delle grandi filosofie indiane. Ci aiutano a vivere una vita più consapevole”. L’amma non si rallegrò: “Ah! Vengono dall’India? Portano con sé qualcosa del panteismo delle religioni indiane?”. Una di esse: “Amma, adesso sei tu che parli difficile”. Teresa le istruì: “Quelle religioni insegnano che non esiste un Dio, come quello che noi chiamiamo Padre. Dicono che tutto è dio, anche tu, anche le tue scarpe. Se entrate in quei modi di pensare non avrete più esperienza di comunione con nessuno, vi ritroverete nella solitudine più angosciosa, come chi è senza padre, senza fratelli e senza sorelle”. Capirono che è necessario istruirsi di più e con meno superficialità. Ringraziarono l’amma e non usarono più parole di cui non conoscevano né il significato esistenziale né gli effetti che producono. L’amma le invitò a riavvicinarsi a Gesù, via, verità e vita vera!

    

364 L’invito

Una signora incontrò amma Filomena. Le chiese: “Dove vai così in fretta?”. L’amma si fermò: “Sono stata invitata ad una riunione importante. Desidero arrivare in tempo, per non mancare di rispetto alla persona principale”. Incuriosita, quella disse: “Strano che io non sia stata invitata. Sono diversa da te?”. Non hai ricevuto l’invito? A me è arrivato tramite le campane. Quelle le hai udite anche tu”, rispose l’amma. A questo punto la signora: “Ma chi è la persona importante che si fa annunciare dalle campane?”. È il re dei re. E viene con un lungo corteo di persone meravigliose. Parlerà lui stesso, e poi darà anche un cibo che ci sostiene per molti giorni. Affrettati, vieni!”, concluse l’amma. Quella andò, e si ritrovò coinvolta a cantare, a innalzare il cuore nei cieli, ad ascoltare parole che a casa sua non udiva mai, a godere di silenzi in cui poteva entrare in se stessa così in profondità come mai in vita sua. Cominciò persino ad avere un nuovo amico, Gesù! Tornando a casa disse all’amma: “D’ora in poi ascolterò anch’io le campane!”.

  

365 L’asino

“I miei genitori non sapevano d’avermi dato un nome speciale”, disse l’abba ad un uomo istruito. “Come ti hanno chiamato?”, chiese quello incuriosito. “Mi hanno chiamato Cristoforo”, rispose. “Beh, cosa c’è di speciale in questo nome?”, disse quell’uomo. “La specialità è che si potrebbe tradurre ‘asino’!”, rispose l’abba. Quel signore replicò: “Mi prendi in giro? Per quanto ne so io questa è una barzelletta”. Con calma l’abba concluse: “Cristoforo significa ‘portatore di Cristo’, ma noi sappiamo che Cristo, sia quando era in grembo a sua madre, sia quando poi è fuggito in Egitto, e soprattutto quando è entrato in Gerusalemme accompagnato dagli Osanna della folla, l’ha portato un asino. Io… dovrei essere come quello, per riuscire a portarlo vicino a te, in modo che tu lo possa incontrare!”. L’uomo guardò con simpatia abba Cristoforo, e gli chiese la benedizione.

  

366 Domande

Abba Fedele si chiedeva: “Come mai Dio ama tutti gli uomini, anche quelli che parlano male di lui? Anche quelli che fanno soffrire gli altri uomini? E come mai Dio permette che i suoi figli soffrano?”. Queste domande, e altre, continuavano a ronzare, rischiando di disturbare la fede semplice che gli aveva dato coraggio e amore fino a quel giorno. Aprì la Bibbia e trovò Mosè pastore di pecore, lui che era cresciuto nella casa, anzi reggia, del faraone. Ebbene, proprio allora gli toccò vedere una cosa strana: si avvicinò, ed «Ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava» (Es 3,2). Succedeva una cosa che non avrebbe dovuto essere così. Lui non poteva capire, eppure… “Dev’essere così anche per le mie domande”, si disse abba Fedele, “Dio fa cose che non potrebbero accadere, ma le fa lui. Egli le tiene nelle sue mani, e diventeranno dono del suo amore lungimirante e sapiente. Alle mie domande perciò risponderò: ‘Signore, tu sai tutto, io non so nulla. Quel che arde non si consuma, quel che a me pare strano, è grazia nelle tue mani sante. Tu mi dirai cose che non mi aspetto.’ Amen”. Si tranquillizzò, come Gesù in braccio a Maria.

  

367 La guerra

Che cosa possiamo dire della guerra che si combatte vicino a noi?”, chiese abba Patrizio. Abba Sergio disse: “Le guerre nei regni del mondo sono fomentate e realizzate dall’invidia del diavolo. È lui che semina zizzania nelle menti e nelle mani degli uomini lontani dal nostro Padre e da Gesù, re del regno dei cieli”. Abba Fedele aggiunse: “Il Signore Gesù disse: «Se non vi convertite perirete tutti allo stesso modo» (Lc 13,3.5)”. E Patrizio: “Che cosa vuoi dire?”. Abba Cristoforo alzò gli occhi: “È il peccato che fa posto a Satana. Per convertirci chiederemo perdono a Dio per i peccati nostri e per quelli di chi ha progettato e sta realizzando guerre. Se ci convertiamo non periremo, non entreremo nel vortice dell’odio”. Abba Pietro aggiunse: “Supplichiamo il Padre che allontani dagli uomini Satana, che li spinge alla violenza, procurando sofferenze e occasioni di odio e vendetta. Queste creano discordie tra i figli di Dio”. Patrizio aggiunse: “Anche gli abba che guidano la nostra Chiesa ci esortano a pregare digiunando”. Non dimenticheremo che siamo peccatori”, continuò Cristoforo, “e che non possiamo giudicare nessun uomo, ma solo il Nemico di tutti. Per sconfiggerlo, Gesù è salito sulla croce”. Gli abba e i discepoli si impegnarono a offrire preghiere e digiuni, e a vivere ogni azione come atto di amore al Signore Gesù.

  

368 Divinazione

Che cos’è il «peccato di divinazione»? (1Sam 15,23)”, chiese il discepolo ad abba Gregorio. “Perché me lo chiedi?”, disse l’abba. “Ho trovato questa parola nella lettura”, rispose. L’abba si raccolse chiudendo gli occhi, poi disse: “Divinazione è voler indovinare il futuro o le cose altrui. È ciò che dicono di saper fare maghi e cartomanti. Essi ignorano Dio e il suo amore, non lasciano la propria vita nelle sue mani. Il profeta Samuele usò questa parola per descrivere la disobbedienza del re Saul. Disubbidendo a Dio egli ha dato importanza alle proprie opinioni e inclinazioni e al proprio ragionare più che alla Parola che gli era stata consegnata”. Il discepolo comprese. Chiese umilmente benedizione per riuscire a dar peso alla Parola di Dio, o di chi da lui è mandato, senza cercare qualcosa di meglio. Prese così sul serio la risposta che Gesù diede al tentatore: «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4).

  

369 La rovina

Abba Cristoforo incontrò un conoscente. Gli disse: “È molto tempo che non porti i tuoi bambini in chiesa. Temi che il Signore li rovini?”. Quello rispose: “No, Gesù Cristo non rovina i miei figli, ma tu con i tuoi sermoni potresti rovinarmeli”. “Come mai, che cosa dico di male?”, rispose l’abba. E quello: “Se ti ascoltano, potrebbero scoprire che io sono peccatore, e non avrebbero più stima di me”. “Non temere, se questo lo scopriranno da soli, sarà ancora peggio. Se invece li porti impareranno la misericordia, e ti saranno d’aiuto per la tua conversione. E ti daranno qualche grattacapo in meno. Non ha detto Gesù stesso: «Lasciate che i bambini vengano a me» (Mc 10,14)? Portali, portali spesso, non te ne pentirai”. Quello ascoltò in silenzio e iniziò a meditare.

  

370 Conoscere Gesù

Ascoltavano con attenzione abba Giorgio, che parlava loro con amore, desiderando sollevarli dalla sofferenza e dalla confusione. “Ho sentito un santo abba, Andrea, che è già arrivato al traguardo di tutti i viventi. Quando gli raccontavano di qualche giovane che manifestava tendenze omosessuali, non si meravigliava. Diceva: «Se i giovani conoscessero Gesù, molti consacrerebbero la propria vita a lui! Spesso chi non ha vocazione al matrimonio ritiene d’avere questo orientamento. Potrebbe trovare pienezza e gioia nel donarsi al Signore nella verginità e nel celibato». E l’abba aggiunse: “Quanto poco è conosciuto Gesù! Quanti talenti di benedizione restano da sfruttare! Quante persone diventano tristi perché la loro esistenza rimane priva del vero pane e della vera luce! I nostri fratelli hanno bisogno di Gesù!”. Il silenzio permise di pregare, e il pregare è il terreno in cui si possono seminare e in cui crescono i semi e i desideri santi.

  

371 Un corpo

Abba Simplicio poneva attenzione alla parola di un salmo ripresa da chi ha scritto la lettera agli Ebrei: «Un corpo mi hai preparato» (Eb 10,5). Diceva tra sé: “Certamente è Gesù che dice così. Ma perché l’avrà detto? Anch’io ho un corpo, e anche il mio è stato preparato dal mio Dio e Padre. Cosa significherebbe se lo dicessi io?”. Gli è venuto in mente che, invece di riflettere e meditare avrebbe potuto pregare. Cominciò: “O Padre, grazie che mi hai dato un corpo, di cui non posso fare a meno. Perché me l’hai dato? Forse perché somigli a tuo Figlio Gesù?”. A questo punto la sua preghiera ebbe un sussulto: “Se è così, anch’io dovrò patire e morire, portare la croce e salirvi?”. Dopo un attimo di silenzio: “Gesù, eccomi. Non voglio essere diverso da te. Offrirò il mio corpo a compiere il volere del Padre, quel volere che il mio dovere quotidiano propone, anche con fatica. Sarà quello l’amore con cui sarò unito a te”. Abba Simplicio sprofondò nel silenzio, ebbe una pace tale da far meravigliare chi lo conosceva. Non ebbe più nemmeno la paura che ogni giorno lo turbava.

  

372 Fiducia diversa

Amma Santina aprì il santo Vangelo. Sapeva che ogni parola era una miniera di sapienza, una fonte di luce, un tesoro, un pane nutriente. Quando lesse le parole che un pagano, un centurione, rivolse a Gesù, si chiedeva: “Queste parole sono di un uomo pagano, non sono di Gesù. Mi possono giovare? Potrei fare a meno di meditarle, anche se sono scritte qui”. Erano queste: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente» (Mt 8,8). Tuttavia il suono di queste parole le rimase confitto nella memoria. Non ripensò nulla, ma improvvisamente le balenò una luce: “Quel servo paralizzato che soffre potrei essere io. Che bello se qualcuno si rivolgesse a Gesù per me! Oggi un’amica di mia madre mi ha parlato di una figlia che soffre. Parlo io a Gesù di lei e per lei, con fiducia, come quell’uomo che non poteva far nulla per il suo servo”. Amma Santina imparò a pregare in modo nuovo, con una fiducia diversa, con una gioia splendente.

  

373 Cuore riaperto

Per parlare della misericordia di Dio nostro Padre abba Daniele non trovò di meglio che farsi aiutare dalla parabola dell’uomo che aveva due figli. Proprio come fece Gesù: “Quell’uomo si sentiva sempre padre per il figlio, anche quando questi si è allontanato in malo modo. Un figlio che rinfaccia al padre che il suo amore non gli basta, e che perciò vuol cercare chi lo ama meglio di lui, lo fa soffrire tremendamente. Eppure quel padre non rinnegò il figlio, che, per di più, pretese in anticipo l’eredità.. Lo accolse di nuovo, quando il cuore di quel figlio si riaprì”. Un discepolo attento domandò: “Che vuol dire: il cuore si riaprì?”. L’abba si spiegò: “Il figlio rientrando in se stesso decise di rivolgere la parola al padre. La preparò con accuratezza e disse: «Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te». Allora divenne capace di guardare negli occhi suo padre e gli altri uomini. Il suo cuore da allora si aprì e fu in grado di ricevere il bacio, l’abbraccio, il perdono del Padre. Quel figlio riuscì ad accogliere il perdono dopo aver riconosciuto il proprio peccato sia verso Dio che verso suo padre”. Il discepolo, che ne aveva avuto esperienza, comprese e ringraziò.

  

374 Le dimenticanze

Abba Daniele raccontava ad alcune donne riunite: “La barca era nel lago e teneva vicini e uniti i discepoli di Gesù. C’era anche lui con loro. Come spesso succede, qualcuno s’accorse di aver fame e cominciò a guardare nelle bisacce. Trovando un solo pane si lamentò della dimenticanza: come mai un solo pane per una dozzina di uomini?” (Mc 8,14). Le donne annuirono: “Proprio vero. Quando mi metto in viaggio devo far attenzione, altrimenti i miei figli e mio marito mi sgridano per bene”, disse la più giovane. Daniele continuò: “Gesù ricevette una delusione terribile. Quegli uomini avevano distribuito i pezzi di cinque pani a cinquemila uomini, come mai adesso si preoccupano? Si sono dimenticati tutto? Hanno ripetuto la distribuzione a quattromila, han dimenticato anche quello?”. L’anziana scosse il capo: “È vero, abba. Gesù era con loro, lui che aveva moltiplicato i pani: non avrebbero dovuto preoccuparsi”. Allora l’abba prese coraggio: “E voi, vi lamentate mai di nulla? Se pensate alle vostre lamentele, dovreste arrossire di vergogna”. Ringraziarono e chiesero tutte benedizione per non perdere la memoria principale, quella di Gesù con noi.

  

375 Sette domande

Sette domande di Gesù ai discepoli, (Mc 8,17-21): di questo abba Cristoforo volle parlare agli uomini che vennero a cercarlo. “Se Gesù fa sette domande, una dopo l’altra, con insistenza, come una mitragliata, è segno che sono importanti e che non possiamo lasciarle cadere nel vuoto. Del resto non siamo molto diversi né più maturi di quei discepoli”. Così esordì l’abba. Continuò: “La domanda centrale potrebbe essere questa: «Avete il cuore indurito?». Il cuore! Il cuore ce l’abbiamo tutti, ma com’è? Potrebbe essere come pietra, impenetrabile, duro”. Gli uomini stavano zitti. “Servono occhi, orecchi e memoria”, disse l’abba. E li aiutò ancora: “Per far palpitare il cuore occorre che gli occhi vedano quel che succede, gli orecchi ascoltino le parole sapienti e sante, la memoria ricordi quanto è successo prima. Voi avete visto quel che ha fatto Gesù? Avete ascoltato le sue Parole e quelle dei profeti? Ricordate di essere stati beneficati in passato?”. Risposero quasi in coro: “Sì, abba. Ricordiamo molti benefici. Ma il cuore propende al dubbio e alla durezza. Puoi darci benedizione? Ci aiuterà sicuramente”. Abba Cristoforo alzò le mani con un semplice segno di croce e con parole sante e rassicuranti invocò misericordia e coraggio come li ebbero i santi.

  

376 Alberi che camminano

Quando amma Lucia lesse il Vangelo del cieco preso per mano da Gesù e condotto fuori del villaggio, si fermò alle parole: «Vedo gli uomini, poiché vedo come degli alberi che camminano» (Mc 8,). Lucia ricordò che la sua santa aveva offerto gli occhi a Gesù. Gli venne da dire: “Gesù, grazie che mi hai aperto gli occhi. Anch’io prima di vedere gli uomini come figli del Padre e tuoi fratelli, li guardavo come fossero alberi che mi venivano incontro, alberi da cui speravo cogliere dei frutti per il mio egoismo, per la mia soddisfazione, favori, approvazioni, servizi… Tu mi hai aperto gli occhi un po’ alla volta. Adesso guardo gli uomini, grandi e piccoli, per vedere come io mi posso offrire per donare loro qualcosa del tuo amore”. E così non si meravigliò che a quel cieco Gesù abbia imposto le mani due volte.

  

377 Al bando

Una bambina interrogava con piacere amma Caterina, che sorrideva e rispondeva volentieri. Le disse: “Amma, ho ascoltato chi leggeva il libro in chiesa. Ha detto: «Beati voi quando gli uomini vi metteranno al bando». Che cosa vuol dire?”. L’amma ebbe difficoltà a trovare le parole, ma si sforzò: “Sai che quelli che amano Gesù qualche volta vengono presi in giro? Forse qualcuno ha preso in giro anche te”. “Sì, amma. Una mia amica non voleva farmi compagnia a pregare, e se n’è andata”, disse la fanciulla. Allora l’amma: “Ecco, ci sono uomini o donne che non vogliono l’amicizia con chi ubbidisce a Gesù. Questi sono quelli che mettono al bando i credenti”. E la bambina: “Allora è come il bullismo contro chi è cristiano?”. “Si”, rispose l’amma “ma noi non ci vergogniamo, perché Gesù ha detto che chi è messo al bando per lui è beato. Noi vogliamo bene anche a quelli che ci rifiutano. Ci rallegriamo di soffrire per Gesù e con lui”. La piccola, saltellando, tornò dalla mamma.

  

378 Voi che ascoltate

Uscita dalla chiesa, la bimba col nastrino rosso lasciò di corsa sua madre e si accostò ad amma Caterina. Questa era contenta che i bambini le rivolgessero domande, anzi, era riconoscente perché l’aiutavano a ripensare con semplicità alle cose di Dio: “Amma, perché Gesù ha detto: «A voi che ascoltate io dico» (Lc 6,27)? Sono stata attenta, sai, alla lettura!”. L’amma non aveva mai pensato a quel particolare, e così fu costretta a farlo. Le rispose: “Gesù vedeva che non tutti erano attenti. Le sue parole sono per chi lo ama e per chi gli vuole ubbidire. Lo ascolta chi sa che lui ci vuol bene e ci fa crescere. Quando ha detto «A voi che ascoltate» voleva dire: a voi che mi volete bene, a voi che volete uscire dai regni del mondo per entrare nel regno dei cieli, a voi che non fate finta di seguirmi”. La bambina ne aveva già abbastanza, ma ciò che le premeva sentire non era stato detto. “Amma, sono anch’io una di quelli che lo ascoltano?”. “Certo, figliola, tu comincerai ad amare i nemici e a pregare per chi ti vuol male, perché questo continuava a dire Gesù”, disse Caterina con una gioia nuova e profonda, perché la bambina le insegnò a far attenzione a tutte le parole di Gesù.

  

379 Diavolo e acqua santa

Quando abba Cristoforo fece visita alle amma, una di esse manifestò ciò che occupava i suoi pensieri: “Abba, hanno sempre detto che il diavolo è nemico dell’acqua santa. Sai dirci perché? E cosa significa per noi?”. Cristoforo non aveva timore a parlare del diavolo perché aveva visto e vedeva quanti danni fa alle anime, alle comunità dei fedeli, alla Chiesa santa di Dio. Le rispose: “L’acqua santa è acqua che è stata benedetta, di solito durante la Liturgia. Si potrebbe dire che quell’acqua raccoglie la fede e la preghiera di tutta la Chiesa, anzi, porta in sé la benedizione e la forza di santità del Padre e di Gesù per i singoli fedeli e per la loro unità”. L’amma ringraziò, ma l’abba completò: “Il diavolo non può resistere alla grazia e all’amore forte che Dio ha per i suoi figli. Quando c’è il segno concreto di questi doni, quello fugge. Chi vuol far piacere al diavolo, che suscita discordie e divisioni, elimina dalla casa l’acqua santa. L’acqua ovviamente non è tutto, ma è un elemento materiale usato da Dio per aiutare la nostra fede. È questa che spaventa il nemico”. Le amma ringraziarono Cristoforo, e con lui Gesù, che ci arricchisce di segni concreti per poterci salvare.

  

380 Scrivere per terra

La bambina col nastrino rosso attese amma Caterina. Con un bel sorriso le rivelò: “Anche oggi sono stata attenta alla lettura. Diceva: «Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra» (Gv 8,6). Era capace di scrivere Gesù? E cosa scriveva? Gli apostoli hanno letto quello che Gesù ha scritto per terra?”. L’amma rimase sorpresa: le domande dei bambini sono preziose. Non volle deludere la piccola: “Certo, Gesù era andato a scuola e aveva imparato bene a leggere e a scrivere, proprio come te. Gli apostoli erano curiosi e hanno letto quel che Gesù scriveva, prima che i loro passi avessero cancellato tutto. Ha scritto che Dio Padre ama gli uomini, anche se tutti, proprio tutti, sono peccatori”. La piccola chiese ancora: “Ha scritto che Dio ama anche me?”. Caterina sorrise: “Certo, ha scritto che ama te e che adopera anche il tuo cuore per amare i peccatori, che sono davvero peccatori, ma diventano santi quando ricevono il tuo amore”. La bambina, saltellando, raggiunse la sorella che era già avanti sulla strada.

  

381 Rumori strani

Nessuno degli abba aveva paura del diavolo. Non ne parlavano, per non dargli peso e nemmeno la soddisfazione di essere al centro dei loro pensieri e discorsi. Neppure l’abba che aveva l’incarico di scacciare i demoni ne parlava. Era più contento di parlare di Gesù, davanti a cui nessun demonio può resistere. Un giorno un uomo cercò abba Cristoforo: “Vieni a casa mia, abba. Di notte ci sono rumori nell’appartamento disabitato sotto al mio. Si sentono dei colpi, dei passi, e persino come se ci fosse del vento dentro la casa”. L’abba non si scompose. Sapeva che queste cose succedono quando muore qualcuno che non conosce Gesù e non è preparato a incontrare il Padre. Disse: “È morto qualcuno là dentro? La sua anima inquieta potrebbe aggirarsi là dove ha lasciato il mondo senza staccarsene, oppure sono demoni che vantano qualche diritto su di lei o sulle sue cose”. Quell’uomo intervenne preoccupato: “Non puoi fare nulla, abba? Ogni notte sono disturbato. E io, cosa devo fare?”. Cristoforo lo tranquillizzò: “Non temere, buon uomo. Preghiamo che intervenga il Signore Gesù. Anche tu pregherai e userai l’acqua benedetta. Chiediamo a Dio Padre di perdonare tutti i peccati di quella persona, che trovi pace. E tu chiederai che venga celebrata la santa Eucaristia per lei. Vi parteciperai anche tu con fede”. Quell’uomo ebbe pace e iniziò ad invocare spesso il nome santo di Gesù nella sua casa.

  

382 Parlare col diavolo

Il ragazzo di tredici anni tornò dall’abba con dei dubbi lo inquietavano. Ormai aveva confidenza e disse: “Abba, sono contento di parlare con te. Ho degli amici che dicono di riuscire a parlare col diavolo, e che il diavolo rivela loro cose del passato e cose del futuro. A me fa paura. Cosa dici tu? Mio zio ha detto che il diavolo non esiste, che è stato inventato per far paura alla gente, in modo che la gente ubbidisca a voi, abba”. Abba Gregorio non si scompose: queste cose le sapeva tutte. “Noi siamo di Gesù, amati da lui. Per questo non ci interessa cosa può dire il diavolo, perché odia gli uomini e tenta di ingannarci sempre, e perciò mente anche quando pare dica fatti passati o fatti futuri. Tuo zio poi non sa cosa ha detto Gesù. Alla donna che lo supplicava per sua figlia disse: «Il demonio è uscito da tua figlia» (Mc 7,29). E poi, pensi che se il demonio non esistesse, Gesù avrebbe detto ai suoi discepoli: «Io vedevo Satana cadere dal cielo come la folgore» (Lc 10,18)?”. Il ragazzo fu convinto, ma l’abba non lo lasciò andare senza avergli dato una bella benedizione, perché non rimanga in lui il ricordo di Satana, bensì quello dell’amore di Gesù, che vince anche questo nemico.

 

383 Satana o altro?

Abba Cristoforo fu cercato da un uomo intelligente e studiato. Chissà cos’aveva studiato: filosofia? Sociologia? Psicologia? O addirittura teologia? Gliel’aveva detto, ma non lo ricordava più. Fatto sta che disse: “Mia moglie teme di essere oppressa da satana. Puoi dirglielo tu che satana è solo un riflesso dei nostri pensieri, una personificazione del male, e che il male va combattuto con le medicine o terapie adeguate?”. L’abba comprese di dover essere prudente. Disse: “Certamente ciò che fa soffrire tua moglie va affrontato con la scienza che Dio ci ha dato. Ma c’è un male anche in te: tu neghi l’esistenza di Satana, e così arriverai, se non lo fai già, a negare l’esistenza del nostro Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo. Gesù è il re del regno dei cieli, combattuto costantemente dal principe di questo mondo. Sulla terra si combatte una battaglia continua. Gesù è il vincitore finale, quando nella lotta soffre passione e morte. Satana ritiene di vincere facendolo ingoiare dalla morte, ma viene sconfitto, perché Gesù, risorgendo, lacera e distrugge proprio quella morte. Comincia a pregare per stare anche tu dalla parte di Gesù: tua moglie ne avrà certamente vantaggio”. Aveva detto tutto l’abba, ma dovette spiegarsi anche con altre parole con quell’uomo, il cui orgoglio lo rendeva ottuso e cieco ai doni di Dio.

  

384 Beati voi

I discepoli ragionavano volentieri sulle letture, e ne parlavano con gli abba che riposavano all’ombra di quelle parole, come all’ombra di una pianta ricca di fichi maturi e dolcissimi. Chiesero ad abba Felice: “Perché Matteo nel vangelo riferisce la Parola di Gesù: «Beati i poveri in spirito», mentre Luca ce la dona così: «Beati voi poveri»? Felice pregò per dare una spiegazione comprensibile per quei giovani. Disse: “Matteo scriveva per credenti ebrei, che conoscevano le Sacre Scritture e avevano buon discernimento. Con l’espressione «poveri in spirito» intendevano chi sceglie di essere povero per porre piena fiducia nel Padre, che ha promesso di curarsi dell’orfano e della vedova, dell’oppresso e del forestiero. Luca invece scriveva per gente cresciuta nel paganesimo senza alcuna conoscenza delle Scritture. Ad essi riferisce le Parole di Gesù con immediatezza. «Beati voi poveri» significa che proprio quelli che lo stanno ascoltando sono beati, cioè vicini a Dio, nel cuore del Padre, perché ascoltano lui, e anche se poveri sono amati da Dio. Chi è povero, come quelli che lo ascoltavano, è beato perché già figli nel cuore del Padre!”. I discepoli compresero che non dovevano lamentarsi più quando mancava loro qualcosa, e che l’essere beati è dono di Gesù.

 

385 Spiriti immondi

Abba Simone lesse che agli apostoli, come primo compito, Gesù «Diede il potere di scacciare gli spiriti immondi» (Mt 10,1). Divenne pensoso. Disse a se stesso: “Dove li troverò per scacciarli? Come farò? E se non se ne vanno? E se mi assalgono?”. Interrogò l’abba più tranquillo del deserto. Lo trovò che bolliva le verdure raccolte nell’orto. Gli espose le sue domande con trepidazione. Abba Simplicio lo guardò sorpreso, e rispose con tranquillità: “Non capisco che problema ci sia. Gli spiriti immondi da scacciare non li devi cercare: sono già dentro di te. Ti fanno compagnia. E se pensi di scacciarli con le tue parole, torneranno subito in maggior numero. Ti occuperai di dialogare con Gesù, anche quando cuoci la verdura, e anche quando la mangerai. Se quelli ci fossero, se ne andrebbero mortificati. Continua a invocare il nome di Gesù, e se ne andranno anche quelli delle persone che incroci per strada. Aggrappati ancora al nome di Gesù, e anche quelli che ti assaliranno a bastonate resteranno sconfitti”. Tolse la pentola dal fuoco e ne mise un’altra, mentre invocava il nome di Gesù, senza che nessuno se ne accorgesse. E gli spiriti di agitazione e preoccupazione che agitavano abba Simone, svanirono come la nebbia. Abba Simplicio ne approfittò per chiedergli di cantare con lui il cantico della Vergine: se fosse rimasto qualche altro spirito immondo, all’udire quelle parole se la sarebbe svignata.

  

386 Mestizia e riso

Ho letto la Scrittura. Una frase mi parve insolita: non la capisco”, disse amma Francesca ad amma Serena. Questa, incuriosita, chiese: “E quale è questa frase?”. Titubante Francesca citò a memoria: “«È preferibile la mestizia al riso, perché sotto un triste aspetto il cuore è felice»” (Q 7,3). Serena si fece seria, e disse: “È davvero un rebus. Preferire la mestizia al riso! Chissà! Rimaniamo un po’ in preghiera, e lo Spirito Santo ci farà capire”. Stettero alcuni minuti in silenzio, e poi: “Il ridere può manifestare superficialità, e talora può nascondere i problemi reali delle persone. Nessuno è del tutto privo di croci. Chi vive in Gesù, lo aiuta a portare quelle che pesano su di lui, come fece il cireneo. L’aspetto triste manifesta la serietà del vivere. Chi vive saggiamente sta unito al Signore Gesù sostenuto dalla gioia della sua presenza”. Così si espresse amma Serena, e Francesca aggiunse: “Mentre tu parlavi, ricordai che quando sono unita a Gesù non manca la gioia, anche se qualche problema mi affligge”. Benedirono il Signore, sia per la gioia che per la possibilità di portare con lui le croci che affliggono gli uomini.

  

387 I mantelli

Due bambini alla celebrazione avevano ricevuto dei rametti di ulivo, e non sapevano perché. Avevano poi udito la lettura che parlava di mantelli e rami che finivano sotto i piedi di un asino. Incontrando abba Felice, gli dissero: “Perché la gente stendeva i mantelli sulla strada?”. Felice fu felice di rispondere: “Su quell’asino era seduto Gesù. Lo portava fino al luogo della preghiera, mentre tutti gridavano con gioia che lui era il loro re”. E i ragazzini: “Ma quei mantelli non si rovinavano, calpestati dall’asino?”. L’abba non s’aspettava questa domanda, ma rispose subito: “Quella gente era contenta di onorare Gesù. E se il mantello si fosse rotto o sporcato, erano contenti lo stesso. Anche voi siete contenti quando fate qualche sacrificio per amore di Gesù, non è vero?”. I due si guardarono: era proprio vero. L’abba aggiunse: “Il rametto tenetelo, portatelo a casa. Lo metterete in un posto dove lo vedrete tutti i giorni. Vi ricorderà di far fare bella figura a Gesù con le parole e con le azioni”. Custodirono con cura il rametto di ulivo fino a casa.

  

388 Giocare con Gesù

Un abba ogni domenica spiegava il vangelo per avvicinare quella Parola alla vita di ogni persona. Ma notava che, dopo un po’, qualcuno s’appisolava, altri li vedeva immersi nei loro pensieri; i pochi bambini erano impegnati con il giocattolo e le bambine con la bambola. Confidò queste sue deludenti osservazioni ad abba Gregorio, che gli disse: “Sia la gioia in te, perché tutti questi amano Gesù. È lui che a qualcuno dona il riposo, ad altri le ispirazioni per affrontare i loro problemi quotidiani, ai piccoli la grazia di giocare con lui. È lui che adopera il tuo parlare e annunciare la Parola in maniera disinteressata per donare Spirito Santo a tutti. Infatti torneranno, perché tutti ricevono il ristoro, la grazia divina e quel non so che di ineffabile che li rende fratelli e figli fiduciosi”. L’abba fu consolato e continuò il suo compito con una gioia nuova, liberato dal desiderio di vedere frutti e da quello di essere ascoltato. Ebbe l’impressione che il suo servizio spirituale somigliasse al profumo sprecato sui piedi di Gesù. Da allora anche a lui pareva di giocare quando celebrava i misteri di Gesù con i fedeli.

  

389 Dio degli eserciti

Un giovane, sensibile alle vicende del mondo, pregava ardentemente che la pace avvolgesse tutta la terra. Incontrò alcuni abba; si fermò, e disse: “Mi trovo a disagio quando prego il Salmo che mi fa dire ben quattro volte «Signore, Dio degli eserciti» (Sal 80), come fosse un bel titolo per il nostro Dio e Padre. A me pare quasi una bestemmia. Non si può cancellare quell’espressione?”. Gli abba si guardarono l’un l’altro. Uno di loro rispose: “Io penso agli eserciti degli angeli che cantano ben ordinati le lodi di Dio mentre combattono per difendere gli eletti”.  Abba Felice sospirò: “Magari gli eserciti facessero quel che Dio vuole: la pace regnerebbe davvero!”. Abba Silvestro disse: “Con quelle parole ho sempre pensato che Dio è forte e nessuno può resistere ai suoi progetti d’amore”. Abba Cristoforo aggiunse: “Non temere, caro giovane. Noi non comprendiamo mai del tutto la Parola di Dio. Essa però ci riempie il cuore del suo Santo Spirito. A suo tempo egli ti farà comprendere la bellezza e la pienezza di ogni espressione”. Gli abba tacquero, il giovane ringraziò, e gli angeli cantarono, come quando servivano Gesù nel deserto dopo la sua lotta con il tentatore.

  

390 Il divisore

Un uomo mandò a dire ad abba Cristoforo: “Domani passerò da te”. Arrivò all’ora stabilita, chiese benedizione e confidò: “Abba, vedo attorno a me tanta ipocrisia, e se manifesto i miei dubbi a qualcuno, questi mi assale con parole violente. Soffro molto, perché nel mio cuore sorgono continui giudizi, sia verso chi non sa ascoltare, sia verso chi diffonde un clima d’inimicizia. Come posso vivere? Come posso stare in pace con il Signore Gesù?”. L’abba ascoltò in silenzio. Non poteva contraddirlo, perché percepiva che nel mondo tirava davvero vento di guerra, fatto di sfiducia, di incomprensione e di odio. Lo Spirito Santo gli mise queste parole sulle labbra: “Figliolo, possiamo giudicare solo il nemico di tutti, che sta all’inizio di ogni conflitto e di ogni inimicizia. È lui, Satana, il divisore, che va in giro in cerca di chi sbranare. Da Dio è già giudicato. Se giudichi lui, sei dalla parte di Dio, e riuscirai a desiderare salvezza per chi da lui è ferito, o adoperato. Odiamo il Nemico, ma amiamo le sue vittime, oppressi e oppressori, e per loro ci offriamo a portare anche questa croce del Signore Gesù Cristo”. La pace tornava lentamente nel cuore di quell’uomo e Cristoforo lo invitò ad unirsi alla sua preghiera per la pace nel mondo.

  

391 Piedi sporchi

“Mamma, quando Gesù ha lavato i piedi agli apostoli, erano sporchi? Non se li erano lavati prima, come tu hai insegnato a me?”, chiese il bambino alla mamma. Era stato attento alla lettura e voleva capire. La mamma si sentì presa alla sprovvista. Cosa rispondere? “Non lo so, lo chiederemo ad amma Rosangela quando la incontreremo”. Difatti il giorno seguente l’amma non ebbe difficoltà: “Che bella domanda! Certo, i loro piedi erano sporchi davvero. Infatti, camminavano scalzi o con sandali senza calzetti, e le strade di Gerusalemme erano molto sporche perché in quel giorno passavano tanti agnelli. Li portavano al tempio per offrirli in sacrificio e poi cuocerli e mangiarli la sera. Gesù si era accorto che i piedi di tutti erano luridi. Volle fare come tua mamma con te quando hai camminato nel fango”. Allora il piccolo: “E perché Pietro non voleva?”. L’amma, guardando la mamma, disse: “Pietro non sapeva ancora che l’amore di Gesù era come quello della mamma. E non era capace di lasciarsi amare come un bambino, come fai tu”. La mamma ringraziò doppiamente: anche lei imparò qualcosa.

  

392 Mani alzate

Alcuni discepoli chiesero: “Perché, abba, alzi le mani quando preghi?”. Gregorio rispose: “Faccio quel che ha fatto Mosè. Mentre il popolo combatteva, egli sul colle alzava le mani. Quel gesto era già preghiera, a prescindere dalle parole. Non ne diceva nessuna. La preghiera gradita a Dio erano le mani alzate”. Quei giovani chiesero ancora: “E per Mosè, che significato aveva alzare le mani?”. Disse: “Stasera, quando sarete soli nella vostra cella, alzatele, e domani voi stessi mi riferirete cosa succede”. Il giorno seguente si ritrovarono. Uno cominciò: “Mi pareva di avere le mani vuote. Mi sono sentito piccolo piccolo, come Noè sotto l’arcobaleno. Credo di aver fatto esperienza di umiltà”. Il secondo si fece coraggio: “A me pareva di essere Pietro che stava affondando nel lago e tendeva le braccia gridando perché Gesù le afferrasse”. Il terzo era commosso: “Era come se qualcuno tenesse ferme le mie mani per inchiodarle sulla croce, come Gesù. Non servivano parole”. Abba Gregorio concluse: “Lo Spirito Santo vi ha illuminati, anzi, ha adoperato le vostre mani per presentare al Padre la preghiera di tutta la Chiesa e di tutto il mondo. Le parole da sole pesano poco nel cuore di Dio”. Rimasero muti: un nuovo mistero si era affacciato alle loro menti.

  

393 Lenzuolo nuovo

Udito il racconto della sepoltura di Gesù, la bambina dai riccioli tondi chiese alla mamma: “Mamma, perché Giuseppe adoperò un lenzuolo nuovo per avvolgere il corpo di Gesù?”. La mamma fu pronta a rispondere: “Te lo dirò dopo”, e si premurò di incontrare amma Maria Rosa, con cui aveva confidenza, per sentire una parola al riguardo. Disse poi alla bimba: “Quando tu sei nata, il papà ha comprato il tuo lettino nuovo, le tue lenzuola e coperte del tutto nuove: anche tu eri nuova. Eravamo molto contenti del tuo arrivo nella nostra casa! Quando Gesù è arrivato in cielo, gli angeli erano così contenti, che hanno suggerito a Giuseppe di Arimatea di avvolgere il suo corpo in un lenzuolo nuovo con tanti profumi e di porlo in una stanza tutta nuova scavata nel giardino pieno di fiori”. La bambina soddisfatta disse ancora: “Voglio preparare anch’io a Gesù nel mio cuore un posto nuovo, così non solo gli angeli, ma anche lui sarà contento!”. La mamma baciò in fronte la figliola.

  

394 Maria Maddalena

Bambina e mamma facevano festa con le amma del deserto. Ascoltarono anch’esse la lettura. Dopo un po’ la bambina chiese: “Quando tu piangi, mamma, sei come Maria Maddalena?”. Sapendo che le lacrime sono tutte uguali, la mamma, che aveva qualche motivo serio di tristezza, rispose: “Sì, bambina mia. Lei piangeva perché non vedeva Gesù, e anch’io, quando piango, è perché mi pare che lui sia lontano. Se lui è lontano si avvicina il diavolo per farmi del male. Ma ci sei tu: quando Gesù sente la tua preghiera viene di nuovo vicino a me, e allora le lacrime si fermano”. Poi le spiegò che anche Maria Maddalena smise di piangere appena sentì che uno la chiamava per nome. Prima non lo aveva riconosciuto, ma la voce l’ha riconosciuta: era quella di Gesù. “Allora Gesù chiama per nome anche te, mamma!”, le suggerì la piccola. Amma Maria Rosa udì questo dialogo e intervenne con quella mamma: “Gesù è risorto anche per te, e ti fa godere la sua presenza grazie alla tua piccola”. E riuscirono a cantare insieme un bell’«alleluia»!

  

395 L’alleluia

Un uomo, Adamo, si immaginava di essere quell’Adamo di cui portava il nome. Si rivolse ad un abba dicendo: “Abba, perché Gesù è risorto dai morti?”. Abba Giacomo lo guardò e disse: “Gesù è risorto perché sulla terra risuoni ovunque l’alleluia che rallegra tutti i cieli. Quando il primo Adamo ha dato retta alle parole che il serpente ha insinuato ad Eva, la gioia è scomparsa da questo mondo. Nessuno l’ha più trovata. Appena Gesù è risorto essa entrò nei cuori e allietò la terra cambiando in danza i passi degli uomini. Gesù è risorto, alleluia!”. Anche Adamo iniziò a canticchiare: “Alleluia!”.

  

396 Terra vuota

Un uomo, Adamo, si rivolse ad abba Filippo: “Abba, perché Gesù è risorto dai morti?”. L’abba gioì a questa domanda. Egli aveva già avuto risposta quando la stessa domanda si era presentata al suo pensiero, e perciò con letizia disse: “La vita di Gesù è così utile e preziosa, che non può mancare sulla terra. Se Gesù non ci fosse, tutto sarebbe vuoto, anzi, tenebroso. Tutto il mondo creato da Dio sarebbe nelle mani del nemico, e noi saremmo delusi, disperati. Gesù è risorto perché la nostra vita sia vera vita e perché in ogni cosa possiamo trovare i segni della sua presenza gioiosa. Gesù è davvero risorto, alleluia!”. Adamo ripeté l’alleluia imitando gli angeli.

  

397 Unione

Un uomo, Adamo, interrogò abba Bartolomeo: “Abba, perché Gesù è risorto?”. L’abba non ci fece caso, ma siccome quello insisteva, alzò lo sguardo al cielo ed esclamò: “Esulta anche tu, Adamo. Gesù è risorto perché tu ti possa unire a lui, anzi, perché lui si possa unire a te. Così tu non sarai per lui estraneo, né lui per te un altro. Egli può entrare in te e tu in lui: il corpo materiale non è più impedimento, né il suo né il tuo. E tu, quando pensi a te stesso, farai i conti con la sua presenza, e quando pensi a lui, tu gli sarai mescolato come l’argento nel bronzo, così da diventare tintinnante”. Questa volta l’alleluia di Adamo sembrò il suono di un’armoniosa campana!

  

398 Cinguettii

Risuonò ancora la domanda sempre nuova di un uomo, Adamo: “Abba, perché Gesù è risorto?”. Abba Matteo aveva nel cuore tutta la gioia di Pasqua, quella gioia che vedeva ovunque. Gli rispose: “Sappi, Adamo, che tutto il mondo si fece cupo quando il primo uomo cancellò dal suo cuore la parola di Dio: egli stesso divenne come morto, e prigionieri della morte rimasero i suoi discendenti. Adesso la Parola divina divenuta carne è uscita da quella morte, e porta di nuovo vita a tutti i viventi. Guarda gli uccelli: sai perché cinguettano? Perché Gesù è risorto! Guarda i pesci: sai perché schizzano fuori dall’acqua? E perché i caprioli saltano e le farfalle si posano sui fiori? Non vedi che tutto il creato è un canto, tutto è diventato paradiso da quando si sono spezzati i sigilli della sua tomba? Osserva anche il sorriso dei bambini e quello di chi muore con Gesù nel cuore!”. Quell’uomo tentò di rimediare al disastro avvenuto per colpa di colui di cui portava il nome, Adamo, e danzò come le farfalle cinguettando come i fringuelli: “Gesù, sei risorto, alleluia!”.

  

399 Speranza

Un uomo, Adamo, rivolse ad un abba la sua domanda: “Abba, perché Gesù è risorto?”. Abba Giovanni non si meravigliò. Quella è la domanda più bella per lui, quella che ha molte risposte. Esclamò: “Gesù è risorto dai morti perché gli uomini abbiano speranza. Tu vedi come gli uomini che non sanno nulla di Gesù vivono spenti, pensano solo alla morte come unico traguardo del loro faticare e soffrire, come motivo che smorza dai loro occhi ogni sorriso e rende la loro voce rauca, incapace di cantare. Gesù risorto offre speranza a tutti: tutti infatti portano una croce. Ora sanno che dopo la morte egli è uscito dal buio illuminando ogni volto, ogni strada, ogni uscio, ogni fontana. Speranza, speranza!”. Adamo si rallegrò. Provò persino a predicare, anche se nessuno era presente, per invitare tutto il mondo a cantare “alleluia!”. Egli lo cantava con volto disteso, in modo da non lasciar vedere nessuna ruga dei numerosi anni vissuti.

  

400 La fede

Un uomo, Adamo, stupì un abba con l’interrogativo: “Abba, perché Gesù è risorto?”. Abba Simone, noto per la fede granitica che lo rendeva fiducioso anche quando vedeva guerre e litigi, gridò: “Adamo, non lo sai? Gesù è risorto dai morti perché la tua fede diventi potente di potenza divina. Quando Gesù risorto entra nella tua fede, tu farai entrare nei regni del mondo le armi del regno dei cieli. I regni del mondo si sgretolano all’arrivo del canto della tua fede. Essa renderà ogni luogo, frequentato da te, un luogo santo. Credi, credi senza dubitare, e Gesù risorto illuminerà tutto”. Adamo rimase muto, e quando entrò in chiesa salì i gradini per avvicinarsi all’altare e baciarlo. Nessuno lo vide, anzi no, lo videro i santi, che si rallegrarono cantando, accompagnati dalle arpe degli angeli, una lunga litania di “alleluia!”.

  

401 Misericordia

Un uomo, Adamo, al primo abba che incontrò, senza preamboli chiese: “Abba, perché Gesù è risorto?”. Abba Pietro, senza scomporsi, disse; “Gesù è risorto per donare la misericordia del Padre cambiando la vita a chi è come era Tommaso. Quand’è apparso ai discepoli, ha mangiato il pesce arrostito: gli è stata offerta la porzione del discepolo assente, così hanno visto che non era un fantasma, ma proprio lui con il suo vero corpo. Otto giorni dopo Tommaso con la certezza dei suoi dubbi diffondeva un’atmosfera strana in tutta la casa. Era pronto alla sfida: toccare le ferite con le dita. Gesù lo vide cupo e duro di cuore, come gli orgogliosi. Gli offrì di compiere quanto pretendeva fare per giustificare la sua incredulità. La misericordia di Gesù liberò così lui dalla caparbietà e tutto l’ambiente dal clima di diffidenza”. Le parole «Mio Signore e mio Dio», sussurrate da Tommaso, toccarono le orecchie di Adamo, tanto che i suoi occhi si abbassarono. Gesù continua ancora a donare la sua misericordia, che fa risuonare un gioioso alleluia!

 

402 Coprire il mondo

Un uomo, Adamo, incontrò abba Paolo. Lo fermò: “Abba, perché Gesù è risorto?”. Abba Paolo sapeva perché il suo Signore era risorto, e non tentennò a rispondere: “Dio Padre fece uscire Gesù dalla morte per coprire il mondo con il suo amore. Gesù infatti, vinta la morte, ha fatto sì che la carità abbia il primo posto, dovunque. La sua presenza trasforma i regni della terra, stretti negli artigli del guerrafondaio, cosicché diventino terreno fertile di atti di amore. In questi regni il Risorto semina la vita eterna. Dove infuria la guerra, si compiono gli atti d’amore più grandi. Dove la condanna a morte terrorizza gli uomini, l’amore fa sì che qualcuno si offra a sostituire il condannato. Proprio là sentirai cantare: alleluia”. Adamo quel giorno smise di interrogare gli abba e cominciò a chiedere a Gesù stesso perché è risorto. La risposta fece sì che egli continuasse anche oggi a cantare “alleluia, alleluia, alleluia!”.

 

403 Giona

Adamo non riusciva a fermare le proprie labbra: “Perché Gesù è risorto dai morti?”. Abba Taddeo gli fece segno col dito alla bocca, per dirgli che il silenzio contiene il segreto. Poi disse: “Il pesce del mare in tempesta ingoiò Giona e lo trattenne tre giorni e tre notti. Ma quando Giona decise di ubbidire a Dio, il pesce non lo sopportò più e lo rigettò subito. Allo stesso modo la morte non riuscì a trattenere colui che fu sempre il sottomesso a Dio e agli uomini. La morte trattiene solo i disubbidienti, infatti essa è il salario del peccato. Gesù non le appartiene”. Adamo si curvò ad osservare la propria anima, chiuse gli occhi come fosse nel buio del ventre del pesce, ripetendo: «Eccomi, o Dio per fare la tua volontà», e cantò: “Alleluia!”.

   

404 Vita piena

Un uomo, Adamo, ancora una volta fece risuonare, stavolta nella foresta, la sua domanda, senza accorgersi che l’orecchio di abba Mattia lo udiva: “Perché Gesù è risorto dai morti?”. L’abba, credendo di sognare, perché non vedeva nessuno, gridò: “Sei Adamo tu? Tu hai portato nel mondo la morte che ha privato della Vita gli uomini. La vita che tu hai lasciato sulla terra è logorata, malata, incompiuta, vuota, fredda, muta; è castigo. Gesù dovette risorgere per riempirla, completarla, illuminarla, risanarla, riscaldarla, darle ali splendenti e voce armoniosa”. Adamo si mise a volare cantando: “Risorgi, tu che dormi, risplendi di luce tu che diffondi l’amore. Alleluia!”.

 

405 La scala

Un uomo, Adamo, con il suo dubbio salutò abba Tommaso: “Perché Gesù è risorto dai morti?”. L’abba rimase muto. Mai nessuno l’aveva salutato con quella domanda. Non volle però lasciare quell’uomo all’oscuro, come era rimasto per otto giorni il suo protettore: “Gesù è risorto per portarci lassù”, e indicò il cielo. E aggiunse: “È lassù la sorgente della luce e della vita, proprio lassù. Tra qui e lassù, in mezzo, come scala, c’è la croce, quella di Gesù. Gesù risorto dai morti ci mostra quella croce non come supplizio, ma luogo di amore. Anche tu potrai stare su quella scala faticosa con letizia, senza lamento”. Adamo tenne a lungo lo sguardo rivolto in alto, poi iniziò il suo cammino senza più lamentarsi di nulla, anzi, aprendo la bocca perché il cuore esprimesse l’alleluia dei santi!

406 Profezie

Un uomo, Adamo, in mezzo alla folla esclamò: “Perché Gesù è risorto dai morti?”. Chi gli poteva rispondere? Con gioia lo avvicinò abba Andrea, che rivelò: “Sai perché? Gesù doveva compiere tutte le profezie, anche quelle che lui stesso aveva pronunciato. A Giuda, l’Iscariota, aveva detto: «Amico». Parola profetica. La pronunciò con verità, e poi, per amarlo come si ama un amico, salì sulla croce per lui, e il Padre lo trasse dalla morte ancora per lui, e per lui scese agli inferi. Adamo, te lo ricorderai quando t’accorgerai di essere traditore più di tutti gli altri. Allora dirai: Gesù è risorto per me. Non potrai più deprimerti: starai agli inferi con grande speranza, senza mai disperare!”. Adamo segnò con la croce le proprie labbra, segnò con la croce la propria fronte, e infine anche il petto. E, senza pensarci, cantò: Alleluia!

  

407 Il tesoro della croce

Un uomo, Adamo, incontrò provvidenzialmente abba Stefano. “Perché Gesù è risorto dai morti?”. L’abba aveva riflettuto a lungo sul fatto che Gesù era uscito dal sepolcro dove era avvolto in bende profumate e alla cui pietra le guardie avevano apposto i sigilli. L’abba rispose: “Perché? Sai perché Gesù non è più tra i morti? È uscito per farci gustare e comprendere il valore della croce. Essa è un tesoro, il passaggio necessario per arrivare alla gloria. Essa avvera la profezia: «Prima della gloria c’è l’umiltà» (Pro 15,33; 18,12). Ricordi? Giuseppe fu venduto dai suoi fratelli per arrivare alla destra del trono e così salvare proprio quei fratelli dalla fame e dalla morte. Mosè fu consegnato alle acque del fiume per venir adottato dalla principessa, e fuggì nel deserto a fare il pastore di pecore per essere chiamato da Dio a guidare come pastore il suo popolo. Davide fu perseguitato da Saul per imparare a regnare con umiltà. Non disprezzeremo le croci, non le rifiuteremo: sono tesoro di salvezza e di gloria davanti a Dio. La croce dà gloria alla risurrezione di Gesù”. Adamo stupito chiese benedizione: iniziò a portare la sua croce quotidiana cantando sempre: Alleluia!

 

408 Ricupero

Un uomo, Adamo, stava per chiedere: “Perché Gesù è risorto?”, quando venne a sapere che un nuovo abba era stato scelto da alcuni giorni come guida a tutti gli abba, per confermarli nella fede e stimolarli nella comunione. Avrebbe voluto incontrarlo per baciargli la mano, ma abba Cleofa lo frenò: “L’abba scelto non mi piace. Una volta si comportò in modo indegno, fu di scandalo anche agli uomini e alle donne del mondo”. Abba Barnaba udì e, con pace, ribatté: “Nessuno di noi è perfetto. Gesù è risorto per ordinare a colui che l’aveva rinnegato per ben tre volte: «Pascola le mie pecore» (Gv 21,16). Pietro, nonostante tutto, ricevette l’incarico, divenne esemplare e sicuro, non di sé, ma di colui che l’aveva scelto, amato e confermato. Con la grazia di Dio tutti possiamo servire il Signore”. Così Adamo ebbe una risposta inattesa al suo interrogativo. Pregò insieme a Cleofa e a Barnaba perché l’abba eletto ricevesse sapienza, e tutti gli abba ubbidissero con gioia, come ubbidivano le pecore di Gesù risorto che Pietro tenne unite, condusse al pascolo e alla fonte, e difese dai lupi.

  

409 Preghiere

Un uomo, Adamo, cercava un abba, e invece trovò amma Maria Maddalena. Rivolse a lei la sua domanda: “Perché Gesù è risorto dai morti?”. L’amma alzò gli occhi al cielo e disse: “Gesù è risorto per dirci: «Salgo al Padre mio e Padre vostro» (Gv 20,17). Là egli ascolta le nostre preghiere, le fa sue perché noi siamo suoi, e le esaudisce perché lui è unito al Padre. Tu lo puoi contemplare come santo Stefano, che lo vide seduto alla destra del Padre come Figlio dell’uomo, potente nella gloria, spendente della santità di Dio. Rivolgi al Padre le tue preghiere con fiducia, con insistenza, con gioia: Gesù le accoglierà, le impreziosirà col suo sangue versato e le profumerà con la mirra e l’aloe impregnati nelle bende con cui lo avvolsero Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo”. Rimase senza parole quel buon uomo, e per il momento parve soddisfatto della risposta, tanto che poté cantare: Alleluia!

  

410 Spirito Santo

Un uomo, Adamo, aveva ancora una domanda, e la rivolse ad abba Nicodemo: “Perché Gesù è risorto dai morti?”. L’abba gioì al vedere che un uomo cerca il suo Signore e Maestro, suo Pane e sua gioia. Disse: “Gesù è uscito dalla morte per aprire la strada allo Spirito Santo, il vento divino che non sai da dove venga e dove vada, ma quando arriva ti fa rinascere dall’alto (Gv 3,7-8). Gesù risorto spalanca le porte perché lo Spirito di Dio arrivi per infiammarti e tu possa incendiare il mondo, perché sia purificato e riscaldato, e per donarti il pane della benedizione che nutre e dà vita. Gesù risorto fa sgorgare dal tuo grembo fiumi di acqua viva per dissetare chi ha sete di lui” (Gv 7,37-39). L’abba cominciò a battere le mani come un bambino, e Adamo iniziò a comprendere lo scopo della vita, del lavorare e del soffrire: ricevere e donare lo Spirito di Dio! E iniziò ad aver gioia nel cuore, quella che ogni momento canta: Alleluia!

  

411 Il silenzio

Abba Gregorio era abituato a tacere. “Perché sei così silenzioso, abba? Non hai nulla da dire?”, gli chiese uno dei discepoli. “Fratello, quando Gesù scende agli inferi (1Pt 3,19), sulla terra non c’è più la Parola. Le parole degli uomini sono mute e vuote, fiato sprecato, quando è assente la Parola. Il silenzio è attesa, desiderio di lui, amore per lui”, rispose. E il discepolo: “Ma Gesù è già risalito dagli inferi, è risorto. Non c’è bisogno di attendere la sua risurrezione”. Allora l’abba alzò il capo, e con un sorriso dolce aggiunse: “Ogni gesto del Signore è eterno, ancora presente, sempre attuale. Adamo attende ancora e ancora gioisce per il suo arrivo nel regno dei morti peccatori. Il mio silenzio è annuncio a me stesso di questo mistero”. Tacquero ambedue. Il discepolo capì che la nostra vita può essere edificata su ciascuno dei misteri vissuti e donati dal nostro Signore Gesù Cristo.

  

412 Mezz’ora

Un uomo si avvicinò ad abba Gregorio, che non si scompose e continuò il suo silenzio. “Quando tu continui a tacere, io mi sento a disagio”, gli confidò quell’uomo. E l’abba a lui: “Non hai ancora tolto il velo. Toglilo dai tuoi occhi, e vedrai e godrai anche tu della profonda e meravigliosa mezz’ora di silenzio che si vive in cielo alla presenza dell’Agnello che sta in mezzo al Trono santissimo” (Ap 8,1). Stupito l’uomo chiese: “Come posso fare, abba, a togliere il velo dai miei occhi?”. Gregorio lo fissò, poi alzò lo sguardo al cielo: “Non guardare più le cose della terra. Esse ti incantano, e ti ingannano. Fissa l’attenzione sulle cose di lassù. Vedrai innanzitutto Gesù in croce. Egli ti attirerà. Vedrai poi Gesù alla destra del Padre: non avrai più parole, perché t’accorgerai che è lui la Parola che dà all’uomo vita eterna”. “Abba, mi aiuterai tu?”, disse timidamente. E l’abba, sottovoce: “Con la mia preghiera e benedizione”.

  

413 La reazione

Uno dei discepoli disse a Gregorio: “Abba, ho provato a seguire il tuo esempio. Ho cercato il silenzio, ma dopo un po’ mi diventa pesante, quasi insopportabile”. L’abba rispose sicuro: “È segno che Dio ha cominciato la sua opera in te. Il nemico la vuole impedire. Se persevererai, ne godrai il frutto”. Con occhi interrogativi il discepolo mormorò: “Anche il nemico…?”. “Certamente. Si è fatto presente nel silenzio di Gesù, quand’egli si rifugiò nel deserto attirato dall’amore del Padre”, rispose. E il giovane: “Che cosa avvenne?”. “Quello si presentò con un facile e ovvio ragionamento: ‘Dal momento che sei figlio di Dio, usa la parola come fece lui alla creazione del mondo. Di’ a questa pietra che si lasci mangiare’”. Il giovane chiese ancora: “E Gesù come reagì?”. “Gesù rispose: ‘Se io sono Figlio di Dio, voglio ascoltare il Padre mio e ubbidirgli’. E si immerse in un silenzio più profondo per udire la voce dell’amore del Padre suo”. L’abba benedisse il discepolo, che iniziò a tacere persino dentro di sé, e gli disse: “Verrà anche da te il nemico. Tieniti pronto” (Sir 2,1).

  

414 La parola

Un assiduo frequentatore del deserto confidò ad abba Gregorio: “Abba, mi sono accorto che la tua parola mi dà vita e mi salva”. L’abba alzò il capo ed esclamò: “Quando la Parola esce dalla bocca di Dio, è preziosa, è pane, è roccia sicura”. Quell’uomo allora: “Riconosco che tu ricevi le parole da Dio nel silenzio. Comincio anch’io ad apprezzare il silenzio. Lo cerco”. L’abba stette un attimo raccolto, poi disse lentamente: “Conoscerai anche il silenzio di Dio. Per lunghi tempi non ti dirà nulla, potrai avere l’impressione di essere abbandonato da lui, come Gesù sulla croce (Mt 27,46), oppure arriverai persino a dubitare della sua esistenza”. Quell’uomo era attento: “Sarà difficile sopportare quel silenzio”. L’abba rivelò: “Sarà tempo prezioso: maturerà in te un amore libero da te stesso, e sarà purificata l’immagine di Dio che hai dentro di te. Scoprirai la sua paternità, che vuole formare figli maturi, sicuri non di sé, ma della propria obbedienza a lui. Amerai anche quel silenzio, che ti renderà conforme a Gesù, il Figlio”. “Benedicimi, abba”, e si inginocchiò. Questa volta l’abba gli toccò la fronte segnandola con una piccola croce.

  

416 Più dell’oro

Vennero dei discepoli ad ascoltare abba Gregorio. Aveva sempre qualche luce nuova da trasmettere o da accendere dentro di loro. Questa volta chiese: “Sapete dirmi qual è il silenzio pregiato, quello veramente gradito a Dio?”. Attese a lungo inutilmente: quelli infatti non conoscevano il silenzio e non lo amavano. Essi stessi chiesero: “Diccelo tu, abba. Lo sai che noi abbiamo tutto da imparare”. Allora l’abba tenendo il vangelo aperto davanti a sé: “Il silenzio sublime, che vale più dell’oro e dei diamanti, quello che sostiene il trono di Dio, è quello che Gesù visse e soffrì davanti ad Erode, davanti a Pilato, davanti ai capi e al popolo quando gridavano: ‘Crocifiggilo’. Quello è il silenzio di chi non si difende, perché affidandosi al Padre lascia a lui la propria difesa. Quel silenzio manifesta chi è Dio. E quel silenzio rivela che Gesù è Dio. Così anche quando lo vivrete voi”. Chinarono il capo, con serietà.

  

417 La Parola si fa carne

C’erano degli abba amanti del silenzio. I loro discepoli conoscevano la loro voce perché la udivano quando recitavano o cantavano i salmi e gli inni. Che cosa imparavano quei discepoli? Molto di più di quelli degli abba che continuavano a dare istruzioni: questi non imparavano il silenzio, e non ne conoscevano il valore. Parlando tra di loro questi arrivavano a discutere, persino a polemizzare e litigare. Quelli invece non sapevano di che questionare, e nemmeno di che bisticciare. Conoscevano il valore delle parole, che non devono mai essere vuote. Vuote sono le parole di chi parla sempre. Sapevano che una sola è la Parola, quella che si è fatta carne. Abba Placido un giorno lo disse: “La parola che non si fa carne non è degna di esser chiamata parola. Per farsi carne la parola viene dall’alto, dalla croce di Gesù e dai cieli di Dio. Per venire, la Parola richiede il silenzio, anche interiore”.

  

418 La figlia spirituale

Una signora confidò ad un’amica: “C’è una donna che dice a tutti di essere figlia spirituale di un santo abba morto alcuni anni fa”. L’amica rispose: “È una bella cosa che una persona viva seguendo gli insegnamenti dei santi”. Allora quella donna: “Lei mi dà dei messaggi dal cielo. Mi dice: «Gesù mi ha detto di dirti che tu devi…»”. Come un lampo intervenne amma Caterina, che era presente: “Non sia mai! Di certo il santo abba non le ha insegnato a parlare così. Quella ti crea dipendenza psicologica”. Rimasero allibite tutt’e due le donne, e ascoltarono ancora l’amma: “Chi parla in tal modo creerà divisioni e discordie, opera del maligno. Il vero discepolo di un santo abba è umile e attento a rispettare la libertà degli uomini. Un figlio spirituale poi non si vanta di esserlo, né si arroga l’autorità del suo padre spirituale, ma vive la fede e la carità in modo da attirare a Gesù con la sua vita santa”. La donna chiese: “Che devo fare adesso? Le ho promesso che farò come mi ha detto”. L’amma non esitò: “Dimentica tutto e non cercarla più. Va’ piuttosto da un abba, raccontagli ogni cosa e chiedigli che preghi perché tu sia liberata dal suo influsso, e che ti benedica nel nome di Gesù. Non rimarrai sedotta da quella né da altri simili a lei”. Rivolte all’icona, tutt’e tre recitarono un’Ave Maria per ottenere di essere custodite e difese dagli inganni.

  

419 Scopo del pregare

Un uomo, triste e arrabbiato per aver subito un’ingiustizia, si lamentava con Abba Fortunato. Questi gli disse: “Ti consiglio di pregare, e poi prega ancora”. Quello parve non comprendere, e disse: “Se prego, mi verrà restituito il dovuto? Riceverò il risarcimento?”. Abba Fortunato lo guardò seriamente: “Non sai che significa pregare?”. E quello: “Abba, si, lo so, anzi, no. So che Dio ascolta, ma…”. Fortunato allora: “Se preghi come Gesù ha insegnato, ti convertirai. Chi prega si converte. E chi si converte non avrà bisogno di nulla, perché saprà di avere un Padre che pensa a tutto. Quando preghiamo, non abbiamo altro scopo che tenere il nostro cuore in quello del Padre, e il frutto è la nostra conversione”. Chissà quante volte l’abba aveva spiegato lo scopo del pregare, ma chi l’ha mai ascoltato?

  

420 Paura?

Abba Stefano diceva ai discepoli: “Gesù ha sgridato gli apostoli per la loro paura, o, meglio, per la loro mancanza di fede manifestata dalla paura, nonostante lui fosse con loro!” (Mt 8,26). Poi chiese: “Voi avete paura? Di che cosa?”. Uno, forte e robusto, rispose: “Sì, abba. Io ho paura delle malattie contagiose. Per questo  sto lontano da tutti”. L’abba con tenerezza: “Così i figli di Dio cosa capiscono? Che li ritieni pericolosi e non li ami. E non fai quanto Gesù ha ordinato: «Guarite gli infermi, sanate i lebbrosi» (Mt 10,8). Sai che «Chi vuol salvare la propria vita, la perderà» (Lc 9,24)? Gli apostoli quella notte ebbero paura di morire per un pericolo più immediato del tuo, eppure Gesù li rimproverò. La loro paura non annunciava il regno dei cieli, non comunicava a nessuno la certezza che Dio è Padre, né che il Figlio dona la vita eterna”. Erano stupiti, ma l’abba aggiunse ancora: “La Chiesa di Gesù, quando ha paura, è lievito avariato, sale senza sapore, lampada spenta. Quando la Chiesa non vince la paura, condanna e svilisce la fede e l’amore dei suoi Martiri”. I discepoli tacquero. Uno di loro mormorò: “Gesù, salvami dal fare commedia con la mia fede: che io sia in comunione con te, che hai rischiato tutto per amare”.

  

421 Una menzogna

Amma Federica ascoltava le confidenze di donne semplici che cercavano di aprire il proprio cuore. Una di queste, con difficoltà, le disse: “Amma, non so di chi mi posso fidare. Ho l’impressione che le mie amiche siano diventate pagane. Con loro non posso parlare della fede, di Gesù, dell’amore del Padre: rifiutano tutto. Mi puoi dire una parola?”. L’amma ascoltava in silenzio. Ripeté a voce alta la preghiera che aveva cantato al mattino: “Sì, sono un soffio i figli di Adamo, una menzogna tutti gli uomini” (Sal 62,10). Poi aggiunse: “La Parola di Dio è vera. La tua sofferenza è reale, come quella che visse Gesù quando Giuda tramava azioni senza fede. Anche a te però l’angelo ripete ciò che disse a Maria: «Rallegrati, il Signore è con te». Sarai tu a donare alle tue amiche la gioia che viene dalla presenza di Gesù in te. Non dirai nulla della tua fede, a meno che non ti interroghino con serietà, e invece le meraviglierai con la tua serenità e letizia”. Quella donna comprese la serietà del suo compito, e chiese di pregare insieme per ottenere da Gesù spirito di consiglio e di fortezza, e la benedizione dello spirito di testimonianza.

  

422 Pregare insieme

Una signora del villaggio, incontrando amma Rita, le disse: “Amma, a casa mia non posso pregare con nessuno. Mio marito non vuol sentirne parlare e i miei figli seguono il suo esempio. Per me è grande sofferenza. Che devo pensare?”. L’amma si raccolse in preghiera: “Mi viene in mente ciò che disse San Paolo quando ripassò nelle città da cui era stato scacciato: «Dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni» (At 14,22). Le croci ci accompagnano. È una croce anche la sofferenza che vivi tu ora. Ma non temere: offrendola, prepari la venuta del Regno di Dio nella tua casa, e nel mondo”. La donna ringraziò e chiese: “Amma, posso almeno pregare insieme a te? Mi dà molta consolazione”. Pregarono insieme, e venne pace e forza per continuare a sperare nell’intervento del Signore Gesù, che più di ogni altro desidera entrare nel cuore del marito e dei figli.

  

423 Gesù solo

Aveva molti pensieri e preoccupazioni l’uomo seduto in panchina. Il suo lavoro e la sua famiglia gli procuravano timori e incertezze. Passò abba Fiorenzo. Anch’egli rimuginava i suoi pensieri, che giravano sempre e soltanto attorno a Gesù. Quel giorno si trovava con lui sul monte alto, avvolto dalla nube, mentre Mosè ed Elia partivano, tanto che non s’accorse dell’uomo seduto. Passando, gli scappò di dire a voce alta: “«Gesù solo» (Mt 17,8)”. E lo ripeté. L’uomo disturbato dai timori per il lavoro e la famiglia lo udì, lo guardò, e chiese: “Parli da solo, abba? Che intendi dire ripetendo «Gesù solo»?”. L’abba, come risvegliatosi, profetizzò: “Per i tuoi problemi c’è Gesù solo, per i tuoi timori c’è solo Gesù, per i tuoi familiari c’è Gesù solo che li ama davvero. «Gesù solo» per tutti”. L’uomo sorrise: ebbe molte risposte, tanto che dimenticò di ringraziare. Per questo tornò a cercare abba Fiorenzo un’altra volta.

  

424 Il peso della croce

Cercò abba Martino e lo attese per confidarsi: “Abba Martino, tu sei un padre per me, padre spirituale. A te posso dire tutto. Sai che sono ormai tre anni da quando mia moglie se n’è andata, e non ho più speranza che torni. Ho pensato che devo rifarmi una vita e ho cominciato a sognare qualche possibilità”. L’abba taceva, stava in silenzio con gli occhi chiusi. “Perché tieni gli occhi chiusi, abba?”, chiese l’uomo che si riteneva ormai vedovo. Martino aprì gli occhi fissando il cielo: “Ho chiuso gli occhi per vedere meglio. Vedevo Gesù che portava la croce. È caduto a terra; allora fu aiutato da un uomo che aveva il tuo volto. Alla porta della città s’erano radunate le donne piangenti. Quell’uomo sbuffava per il peso della croce. Improvvisamente la lasciò, abbandonò Gesù, che cadde per la seconda volta sotto il legno. Quello, fino ad allora generoso con Gesù, sorrise ad una di quelle donne, e se ne andò con lei”. Martino chiuse di nuovo gli occhi: “Se guardo te ho compassione, e non trovo parole. Avrai i piaceri del mondo. Guardando Gesù, vedo la strada di Dio, l’unica su cui trovi la gioia del cielo”. Iniziò a pregare, prima sottovoce, poi a voce alta, accompagnato dai sospiri di quell’uomo, che non era più confuso.

  

425 Il sermone

Una donna passò vicino alla cella di amma Federica. Bussò ed entrò. L’amma interruppe il lavoro, con gioia. La donna cominciò a raccontare. Aveva ascoltato il sermone di un abba che parlava con forza, anzi, con violenza. Condannava l’abba principale della città, che avrebbe dovuto invece onorare. Pareva dicesse cose tali da dovergli dar ragione. Ella era incerta, interiormente combattuta, persino agitata. Amma Federica non si scompose; ascoltò tutto con pace. Vide che il sermone di quell’abba non dava frutto di Spirito Santo: né gioia per Gesù, né misericordia per tutti, né mitezza e serenità. Sapeva che la ragione si aggancia alla terra, mentre noi siamo fatti per essere agganciati al cielo. Disse: “Amica mia, chi usa violenza, anche solo con la bocca, chi ha parole di condanna, chi manifesta ostilità, non va in Paradiso, nemmeno se è un abba, nemmeno se ha ragione. Non vi arriveranno nemmeno coloro che lo seguono. Va ad ascoltare un altro abba mite e pacifico, colmo di Spirito Santo, che ti parli di Gesù”. Pregarono insieme, rivolgendosi alla Madre di Dio, che è anche Madre della Chiesa. Tornò la pace in tutte le membra di quella donna. Che grazia aprire il cuore ad un’amma sapiente e sicura di Gesù!

  

426 Un marito eccezionale

“Amma, ho una gioia grande. Ascoltando le sofferenze di un’amica, incompresa e maltrattata dal marito, mi sono resa conto che a me Dio ha fatto un grande dono”, confidò una signora ad amma Rosetta. Questa, incuriosita, come si incuriosisce uno quando percepisce l’arrivo di una bella notizia, disse: “Dimmi, quale dono hai scoperto da parte di Dio? Così posso anch’io ringraziare il Padre con te!”. La signora attese un attimo, e poi: “Dio mi ha fatto il dono di un marito eccezionale. Mi apprezza, spegne il televisore per ascoltarmi con attenzione. Mi chiede il parere per ogni sua iniziativa, non fa alcuna spesa se prima non si è confrontato con me. E i bambini imparano da lui. Essi crescono in pace, aprono il loro cuore sia a me che a lui”. L’amma alzò lo sguardo al cielo: “È proprio un dono grande. Immagino che questo dono lo avete coltivato con la preghiera”. La donna rispose: “Anche questo volevo dirti: lui stesso mi propone di pregare. Invochiamo il Nome di Gesù, leggiamo i salmi, ascoltiamo la sua Parola, cosicché la casa si riempie della sua presenza. Quando è possibile partecipiamo all’assemblea e mangiamo insieme il Corpo di Cristo. Tornando a casa, percepiamo la nostra tavola come prolungamento della Mensa Eucaristica”. Venne spontaneo alle due donne dire ad alta voce grazie a Gesù, “Questo sì” disse Rosetta “è un dono magnifico, anticipo del Paradiso!”.

  

427 La musica

Abba Romeo, mentre stava rimuginando tra sé e sé, incontrò un gruppetto di giovani che ascoltavano della musica. “Com’è aspra questa musica!” esclamò. Ed essi: “Abba, a noi piace più della musica dolce”. E l’abba: “Stavo proprio riflettendo sui messaggi subliminali”. Uno dei giovani esclamò: “Che cos’hai detto, abba? Una parola mai sentita. Che c’entra con la nostra musica?”. L’abba divenne serio: “In queste musiche talora sono nascosti dei messaggi che incitano alla ribellione o persino al suicidio. Non sono espliciti, non li comprende il nostro intelletto, ma modificano il nostro subconscio. Prima stavo proprio pensando che varie cose trasmettono messaggi subliminali al nostro cervello”. I giovani si incuriosirono e si misero ad ascoltare con attenzione: “Per esempio, i pantaloni bucati di qualcuno di voi lanciano il messaggio che il vestito è importante: i buchi dichiarano ribellione a ciò che da tutti è ritenuto ordine. E ancora, chi li indossa vuole che la sua vita sia riconosciuta originale. Chi tiene sempre sugli occhi gli occhiali scuri, fa capire che vuol vedere senza essere visto, e quindi rifiuta l’incontro, non si fida di nessuno, e non permette a nessuno di entrare nel suo cuore”. Uno di essi replicò: “Abba, ci dà qualche messaggio di questo tipo anche la tua tonaca?”. “Certo”, rispose, “questo: se vuoi la gioia, lascia tutto, e segui Gesù!”.

   

428 Chiedere perdono?

Abba Felice incontrò un giovane che faticava a camminare con le sue stampelle. Gli chiese: “Che cosa ti è successo, buon giovane?”. E lui: “Nulla di speciale, abba. Mi sono buttato dal tetto perché volevo farla finita”. L’abba si fermò: “Avevi grandi sofferenze di certo, per fare una cosa tanto grave”. E quello rivelò: “Non so nemmeno io perché l’ho fatto. Avevo sì qualche delusione e una situazione difficile”. L’abba pensò di aiutarlo: “Immagino che hai chiesto perdono a Dio, nostro Padre”. Il giovane, sorpreso: “Perché chiedergli perdono? Non ho fatto niente di male. Non credo d’aver peccato”. L’abba si stupì più di lui: “Hai chiesto consiglio a Dio prima di buttarti? L’hai fatto senza il suo permesso: come puoi non chiamarlo peccato? Tutto quel che facciamo al di fuori della volontà del Padre è peccato. E non pensi quante persone hai addolorato e quanti hai obbligato a far fatica per te?”. Rimase in silenzio quel giovane. “Il perdono, Dio te lo darà, appena tu lo chiederai a lui e alle persone che hai coinvolto nella sofferenza. Gesù lo ha promesso. Se desideri ti aiuto a chiederglielo”. Quello accettò, l’abba lo aiutò. Il giovane sorrise, e d’allora le sue stampelle a momenti parevano persino inutili.

  

429 Le mura della città

Il lettore pronunciò a voce molto alta queste parole: «È cinta da grandi e alte mura con dodici porte». Tutti ascoltavano, ma cosa capivano? Se lo chiese abba Giacomo. Provò a formulare dentro di sé una spiegazione per essere pronto, qualora qualcuno lo avesse interrogato. “Qui si parla della città che scende dal cielo, cioè del modo di vivere degli uomini che sono stati conquistati da Cristo Gesù. Essi formano un insieme organizzato: formano una città, custodita da regole paragonabili alle mura. Queste sono alte, cioè sicure, insormontabili”. Giacomo sospirò immaginando come spiegare il perché di quelle mura. “Quegli uomini formati dall’amore che, come le mura, custodisce presentando dei limiti, non hanno chiusure. Sono pronti ad accogliere altri, da tutte le parti. Ci sono infatti molte porte aperte per chi, accettando la protezione e i limiti delle mura, vuole entrare per godere le sicurezze e i beni e la pace di quella città. Dentro di essa nessuno è superiore agli altri, perché tutti sono occupati a guardare e adorare il Trono e l’Agnello, il Padre e Gesù. Essi sono lampada che diffonde la luce della gloria di Dio. Ognuno vede l’altro illuminato da quella luce fatta solo di amore!”. Abba Giacomo era pronto per essere interrogato. Con pace si mise ad adorare Gesù.

  

430 Normale?

Abba, ti ricordi di me?”, disse un uomo sulla piazza. Abba Gregorio, sorpreso, pensò di aver perduto la memoria, lui che ricordava sempre i minimi particolari: “No, proprio non ricordo di averti mai visto”. Quello rivelò: “Non mi stupisco, abba. Ci siamo incontrati vent’anni fa: avevo i capelli molto lunghi e anche i miei occhi erano diversi. Allora non conoscevo Gesù”. Gregorio attese che dicesse ancora qualcosa. “Allora stavo male, molto male. Non avevo motivi per vivere. Non avevo sperimentato di essere amato da qualcuno. L’amore dei genitori era interesse a far bella figura di fronte alla gente. Tu mi hai ascoltato. Tu non mi hai giudicato nemmeno per la capigliatura, che era come quella di Sansone (Gd 16,17). Tu mi hai sorriso, mi hai detto poche parole, ma ricche di speranza e di amore. Oggi puoi vedere il frutto del tempo che hai speso per me e della tua benedizione: conduco una vita normale, ma non è normale, perché nei miei giorni e nel mio cuore da allora è entrato Gesù”. Abba Gregorio ringraziò il suo Signore e lo ringraziarono insieme, con gioia.

  

431 Morire e nascere

I giovani che si recarono da abba Benedetto conoscevano poco le Scritture ed erano poco forniti di catechesi. Ricevettero l’obbedienza, anzi, la benedizione per iniziare a ruminare un passo biblico e poi di riferire all’abba quanto sorgeva nel loro cuore. Lessero dalla prima pagina del vangelo secondo Giovanni: «Il Verbo si fece carne, e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). Dopo un discreto tempo di silenzio riferirono i loro pensieri. Uno azzardò: “Ho sentito dire che il ‘Verbo’ starebbe ad indicare l’amore che Dio Padre comunica a noi uomini, per riempire la nostra vita, che altrimenti raccoglierebbe cianfrusaglie”. Il ragazzo biondo aggiunse: “Se il Verbo è l’amore del Padre, è anch’egli Dio. Se si fa carne vuol dire che Dio diventa uomo”. Il terzo sospirò: “Se è diventato uomo significa che dovrà morire. Non vi pare sia inutile che venga per morire?”. Attesero l’abba. Dopo averli ascoltati, Benedetto rivelò: “Gesù è diventato uomo per morire. Ed è morto per nascere”. Tutti e tre si stupirono. Allora l’abba continuò: “Sì, è morto per nascere nel tuo cuore. Se non fosse morto non sarebbe risorto, ma ora che è risorto può nascere nei cuori degli uomini, riempiendoli di vita”. I giovani si meravigliarono, gioirono, e chiesero di continuare a leggere il vangelo.

  

432 Che pane?

Avevano appena pranzato, quando abba Cristoforo cercò di mettere alla prova i discepoli. Chiese loro: “Che pane avete mangiato? Qual è il pane che vi sazia?”. I giovani si guardarono l’un l’altro. “Abba, hai mangiato anche tu con noi. Lo sai che pane abbiamo mangiato”. Allora l’abba svelò la sua vera domanda: “Avete mangiato il lievito dei farisei o quello di Erode?” (Mc 8,15). Sei ancora più misterioso”, disse uno di quelli. Ma un altro: “Ho capito, abba. Il lievito, che fa alzare la pasta del pane, è per dire da quale spirito siamo animati, per quale motivo e con che tipo di amore facciamo le nostre cose. I farisei facevano tutto per ambizione, per farsi lodare. Vuoi sapere se noi abbiamo questa tendenza?”. E il terzo continuò: “Erode invece faceva tutto in vista del potere e del piacere. Hai visto questa inclinazione in noi?”. L’abba allora: “I discepoli di Gesù furono messi in guardia dal Signore. Anch’essi erano tentati. La stessa tentazione si insinua anche in noi, soprattutto dopo aver mangiato, quando siamo meno attenti ad un discernimento spirituale”. Ringraziarono quei giovani, e in seguito furono persino più attenti a non saziarsi troppo, ma soprattutto a fare tutto con gioia, pace e Spirito Santo in modo da dare testimonianza a Gesù.

  

433 Fonte di salvezza

Un uomo si lamentava con abba Fiorenzo: “Io ho da sopportare mia moglie. Si comporta come io non ci fossi e talvolta mi accorgo che fa delle spese, anche grosse, senza dirmelo”. L’abba rimase in silenzio, comprendendo la croce che quello aveva da portare. Poi gli disse: “Anche a te una parte della croce di Gesù! Tuttavia non rattristarti, perché è vera la parola che diciamo nella grande preghiera: «Render grazie è fonte di salvezza». Rimarrai in rendimento di grazie, e il Signore ti aprirà la porta del cuore, anche di quello di tua moglie”. E quello: “Come posso ringraziare, abba, nella mia situazione?”. L’abba allora suggerì: “Il Signore va sempre ringraziato: egli continua ad amare anche lei. Ringrazialo perché lei non si droga, ringrazialo che non è scappata di casa, che non ti accoglie col bastone. Ti prepara la cena alla sera?”. Sì, certo, almeno questo!”, rispose. “Vedi che hai motivi per ringraziare, ma soprattutto ringrazia Gesù perché perdona e accoglie anche te. Il dire grazie ti tiene il cuore aperto, e Gesù farà il resto”. Quell’uomo se ne andò ringraziando, e accogliendo la benedizione dell’abba.

  

434 Davide e Golia

Non aveva mai sentito parlare di Davide e di Golia (1Sam 17). Quando abba Cristoforo ne fece cenno, quell’uomo lo interruppe: “Chi sono questi due?”. L’abba allora rispose: “Sono i rappresentanti di due mondi opposti, il mondo di Dio e quello degli uomini, quindi nemici l’uno dell’altro. Il regno degli uomini sfida il regno di Dio a duello: Golia, un gigante, sfida Davide, un ragazzo”. Era attento il gentile signore, ma non capiva ancora. L’abba continuò: “Davide ha fiducia nel suo Dio, lo ritiene suo sicuro alleato, tanto che non vuole il giubbotto antiproiettile e nemmeno fucili. Golia conta sui propri muscoli, sulla propria statura, sulla propria armatura aggiornata. Davide raccoglie cinque ciottoli dal torrente, come rappresentassero i cinque libri di Parola di Dio scritti da Mosè: ne afferra uno, si mette davanti al gigante e glielo fa pervenire in fronte. Tanto basta perché quello stramazzi a terra”. Allora l’uomo, riflettendo: “Per noi, che significa?”. L’abba con sicurezza disse: “Oggi Golia è il mondo armato di armi atomiche e biologiche paurose. Davide siamo noi, armati dei Vangeli di Gesù e della preghiera”.

  

435 I venti del mondo

Amma, io non sono battezzata. I miei genitori non sono credenti. E io molte volte non so cosa significa quello che voi dite quando parlate della vostra fede”, disse una giovane ventenne ad amma Francesca. Questa le rispose: “Sai cos’è il Vangelo? Sai chi è Gesù?”. La giovane rispose: “Il vangelo non l’ho mai avuto in mano, e di Gesù ho sentito qualcosa, ma non posso dire di conoscerlo. Ho visto che chi crede in lui ha un volto gioioso ed è capace di sopportare difficoltà e di amare anche persone antipatiche. Da loro ho conosciuto il perdono. Qualche volta ho desiderato essere anch’io così”. L’amma la fissò con gioia e disse: “È una grande grazia che tu non sia stata portata via dai venti di questo mondo, né da quello buddista, né da quello della Torre di Guardia, né da quello islamico e nemmeno da quello satanista. Il tuo cuore è pronto per il vento dello Spirito Santo. Cominciamo ad invocare il nome di Gesù: porterà la gioia, la pace, la luce e la salvezza nella tua vita”. E iniziarono insieme a chiamare il Signore Gesù!

  

436 La nube

“Mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi” (At 1,9): queste parole sono rimaste impresse al giovane attento, ma gli parvero strane e senza valore, parole che alla mente moderna sembrano favola. Tuttavia chiese ad abba Gregorio di dirgli qualcosa. “Le parole servono a noi”, disse Gregorio, “e tengono conto della nostra immediatezza e delle nostre capacità. Noi guardiamo in alto per pensare a Dio. E ci aiuta una nube: vedi la nube, ma non vedi ciò che essa racchiude. Gesù adesso è dentro la nube: sai dov’è, sai che è presente anche se non lo vedi. Gli occhi non lo possono possedere. Ti rimane la sua Parola: quella la potrai sempre ascoltare”. Il giovane sembrava capisse. Gregorio concluse: “Gesù ora è «in alto», dentro l’amore di Dio. Ogni cosa che riguarda Dio è a noi rivelata e da noi conosciuta grazie a Gesù. È lui che riempie e svela la nostra fede, sostiene la speranza e fa da fondamento alla carità”. E il giovane: “Adesso comincio a capire la Parola che ha detto Gesù: «Io e il Padre siamo uno»”.

  

437 Cinque figli

Aveva il volto triste. Si rivolse con umiltà ad abba Gregorio: “Abba, ho cinque figli”. L’abba stava per complimentarsi con lui con gioia, ma quello confidò: “I miei figli abitano lontani l’uno dall’altro e nemmeno si conoscono, perché sono nati da cinque madri diverse”. L’abba spalancò gli occhi e rimase muto. Poi pensò alla responsabilità del peccato del mondo che genera sofferenze e disordine. Quindi disse: “Devi essere liberato dall’influsso del peccato del mondo che ti ha usato per far soffrire te e per procurare sofferenza a molti”. “Come posso fare, abba?”, chiese. Gregorio disse: “Cominciamo col pregare invocando il nome santo di Gesù. Egli interverrà in te e in loro”. Lo invocarono insieme finchè arrivò la serenità su quel volto. L’abba lo benedisse e lo invitò ad aprire il cuore e poi a ritornare ancora, dicendo: “Non tutti i problemi hanno una soluzione, ma per tutte le persone c’è un Salvatore”.

  

438 Una guida?

La nipote di amma Margherita le confidò il desiderio di iniziare ad imparare la vita cristiana. L’amma le disse: “Per questo ci lasceremo guidare dallo Spirito Santo”. La ragazza chiese: “Come posso fare? Io so proprio poco”. Allora l’amma: “Ti farai prendere per mano come una bambina da qualcuno che vive già come amico di Gesù. Chiederai spesso consiglio e racconterai i pensieri che ti vengono e le reazioni più frequenti. Così apprendi pian piano la vita di comunione, cioè la vita del nostro Dio, che vive nell’unità: Padre e Figlio e Spirito Santo non vivono ognuno per sé, ma ciò che è dell’uno è degli altri due. E comincerai subito a desiderare che lo Spirito Santo venga ad abitare e a pregare in te!”. Recitarono insieme la preghiera “Vieni, Santo Spirito”; la nipote desiderò impararla a memoria.

  

439 Gioielli

Amma Giuditta era fiera di aver ricevuto il nome di quella donna che ha saputo farsi tanto bella da attirare la simpatia, e anche più che simpatia, nientemeno che del generale dell’esercito nemico, Oloferne. Le servì per staccargli la testa sbaragliando il suo esercito. Ebbene, proprio a lei toccò incontrare un giovane che cercava un abba: “Amma, desidero vedere un abba per ricevere una parola”. L’amma lo guardò, e notò dei pendenti ai suoi orecchi e sul sopracciglio. Le venne da dire: “Gioielli fuori, dentro il vuoto”. Rimase stupito il giovane e disse: “Vorresti dirmi che li devo togliere?”. L’amma lo fissò negli occhi: “No. Voglio dirti che devi riempire l’anima: nella tua non è ancora entrato Gesù. Egli è pienezza, è vita eterna, è quel tutto che non può essere sostituito e nemmeno completato con le bellezze vane”. Il giovane non comprese tutto, ma intuì qualcosa, e quando, alcune settimane dopo, ritornò, non c’erano più i gioielli; era la luce dei suoi occhi ad attirare l’attenzione.

  

440 Quale bene?

Due giovani sposi portavano in braccio la loro bambina con molto affetto. Incontrando abba Giovanni furono felici di presentargliela: “È la nostra piccola, un tesoro, un mistero, una meraviglia!”. L’abba sorrise, e disse: “Un dono di Dio! Voi le volete molto bene, mi par di vedere”. “Certo, abba, lei attira il nostro amore!”. L’abba la benedisse, e chiese: “Che tipo di bene le volete?”. Essi, stupiti: “Che vuoi dire, abba?”. Giovanni spiegò: “C’è un bene materiale e c’è un bene spirituale. Quale dei due vi impegna di più?”. La mamma, meravigliata, disse: “Spiegati meglio, abba”. Allora lui: “Il bene materiale si occupa della salute, del vestito, della crescita e dell’istruzione. È un bene necessario. Il bene spirituale mira a far sì che le relazioni, che la piccola instaura e instaurerà con voi e con gli altri, siano fondate nell’amore del Padre, nel suo Spirito. Per volerle questo bene la introdurrete gradualmente, ma decisamente, in questo tipo di vita. Lo farete grazie al rapporto che vivete voi stessi, tra di voi, con Gesù e in Gesù, Figlio di Dio e capo della Chiesa”. Rimasero pensierosi, si guardarono, e ottennero dall’abba la benedizione e la promessa di poter godere ancora della sua parola.

  

441 L’innesto

Prega per me, abba. Ne ho molto bisogno!”, disse un uomo che prima d’allora mai si era visto passare le porte della chiesa. Abba Serafino, che era seduto in un banco, gli sorrise e disse: “Sono contento di questa tua richiesta, e vedrò di esaudirla. Vorrei però dirti una cosa importante, se gradisci”. Quell’uomo, incuriosito, rispose: “Certo abba, ti ascolto”. Allora l’abba, ancora sorridendo, aggiunse: “Devo dirti che la mia preghiera s’innesterà sulla tua”. E quello: “Che vuol dire?”. Serafino continuò: “Se preghi anche tu, la mia preghiera per te andrà a buon fine: Dio l’ascolterà e la esaudirà. Se tu non preghi, se non stai vicino al Signore Gesù e non desideri entrare nel suo cuore, il mio pregare per te avrà poco frutto”.

  

442 La memoria

Vedendo una signora molto devota, varie persone le confidavano le loro sofferenze e le necessità dei loro parenti chiedendole di pregare. Lei, premurosa, prometteva a tutti il suo ricordo. Venne presa poi dallo scrupolo: “Non ricordo più a chi ho promesso. Come faccio ora, che i nomi delle persone a cui ho promesso di pregare sono molti, e ne ricordo solo qualcuno?”. Uscendo dalla chiesa vide amma Teresa. Confidò a lei questo turbamento. L’amma l’ascoltò, le sorrise e le disse: “Buona donna, tu hai promesso di pregare anche per me, e io ti ringrazio. Ma non occorre che ricordi il mio nome quando preghi. Sono felice che tu, pregando, occupi la tua memoria con la parola, la tenerezza, la bontà del Signore Gesù. Lui ricorda a chi tu hai promesso la preghiera, e lui adopera la tua obbedienza, la tua fedeltà, la tua misericordia per coloro che hai dimenticato. La sua memoria è formidabile”. La signora fu riconoscente e salutò l’amma con gioia, una gioia libera dal peso di una memoria divenuta inutile.

  

443 Il dominio

«Voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito» (Rom 8,8), lesse a voce alta il discepolo di abba Fortunato. E poi aggiunse: “Abba, mi spieghi cosa significa questa affermazione?”. L’abba rimase in silenzio. Quando s’accorse che il giovane non insisteva e attendeva con pazienza, pronto persino a non ricevere alcuna risposta, gli disse: “Vedi, tu ora sei guidato dallo Spirito santo: sai attendere con pazienza e mitezza. Quando non sai aspettare, o quando cerchi cibo con voracità, quando con la tua voce vuoi far bella figura nel canto, quando non ubbidisci con prontezza, quando preghi quasi per forza, allora sei sotto il dominio della carne. Il dominio della carne è la forza della comodità o della vanagloria, del piacere dei sensi o dell’orgoglio. Sotto il dominio dello Spirito diventi mite e gioioso, fedele e misericordioso, forte e generoso, conforme a Gesù”. E il giovane rispose: “Ti ringrazio. Mio desiderio è proprio questo: essere obbediente allo Spirito di Dio. Grazie alla tua preghiera, riuscirò”.

  

444 La scritta

La ragazzina non era capace solo di fare capricci. Osservò la grande croce in chiesa, e domandò alla mamma: “Che cosa c’è scritto in alto, sopra la testa di Gesù?”. In quel momento passava amma Paola. La mamma ripeté a lei la domanda. L’amma disse: “Ci sono le iniziali delle parole fatte scrivere da Pilato perché tutti sapessero per qual motivo Gesù è stato inchiodato sulla croce. Le ha fatte scrivere in tre lingue, perché in quei giorni passava molta gente che sapeva solo il latino, altri il greco, e gli abitanti di Gerusalemme l’ebraico”. La ragazzina era attenta, e l’amma continuò: “Quelle iniziali sono quelle del latino, la lingua dei politici di allora: chi comanda è bene conosca Gesù, altrimenti diventa oppressore e fa soffrire tutti. Il greco era la lingua di chi si riteneva sapiente, ma se non ascolta Gesù, la sua sapienza è vuota e non serve che a far confusione. Gli ebrei erano gli unici che conoscevano Dio, il vero Dio che ama gli uomini. Anch’essi hanno bisogno di incontrare e amare Gesù, altrimenti la loro religione li rende superbi, e chi è superbo è del diavolo”. La ragazzina commentò: “Allora Pilato ha scritto proprio bene. Anch’io ho bisogno di Gesù, altrimenti divento capricciosa”. La mamma si stupì, sorrise e ringraziò l’amma.

  

445 Consiglio

Giuda Iscariota, perché hai tradito Gesù? Era stato tuo maestro, e avevi visto tanti miracoli operati da lui!”, così un abba ragionava a voce alta. Lo udì abba Pietro, che, per aiutarlo, ripeté la domanda al proprio cuore in segreto: ‘Perché Giuda andò dai sommi sacerdoti? Perché?’. Gli venne la risposta: “Giuda andò a farsi dare le trenta monete d’argento perché non aveva chiesto consiglio a nessuno. Non ha condiviso la sua decisione né con Filippo né con Matteo e nemmeno con Taddeo. Ha fatto tutto da solo, non ha ritenuto nessuno così fratello da chiedergli discernimento per i propri pensieri. Di certo sarebbe stato aiutato. L’orgoglio lo ha reso superbo, e la superbia lo ha fatto cadere nella trappola di Satana, il superbo”. Abba Pietro consegnò questa risposta all’abba che parlava da solo. E lui stesso si ripromise di approfittare di coloro che sono fratelli di Gesù, per chiedere consiglio spesso, anzi, sempre, per ogni seria decisione.

  

446 Quello che non hai

Si lamentava elencando i suoi mali davanti ad abba Daniel: “Abba, di notte non dormo. Passano le ore ed io sono là con dolori alla schiena a volte insopportabili. I dottori mi diagnosticano malattie senza rimedi. A questo s’aggiunge il fatto che mia moglie e i miei figli si sono stancati e non hanno pazienza con me”. Abba Daniel ascoltava con calma ed era pronto ad ascoltare ancora. Vedeva la sofferenza di quell’uomo, ma si accorgeva pure che quello non riusciva ad accettarla, perché per lui non aveva significato, e quindi senza valore. Dopo una tregua di silenzio prese coraggio e disse: “Tu vedi quello che hai. Sei attento ai tuoi dolori, ma non vedi ciò che non hai: non hai attenzione agli altri, ai loro bisogni, non hai la volontà di occuparti di chi soffre più di te… Se i tuoi occhi si aprissero a vedere le sofferenze degli altri per amarli, per donare loro un segno dell’amore con cui Dio li avvolge, anche tu cominceresti a ringraziare”. L’uomo rimase muto: non sapeva se arrabbiarsi o se accettare. “Vedi”, aggiunse l’abba, “il nostro Dio e Padre sa il motivo del tuo soffrire, conosce il perché della tua croce. Affidati a lui e non temere. Unisciti a Gesù mentre, senza motivo, riceve i colpi di flagello. Potrai offrire, e vincerai la tristezza”. L’uomo chinò il capo dicendo: “Aiutami, abba, con la tua preghiera e la tua benedizione”.

  

447 Conversione

Volle incontrare abba Cristoforo, perché si diceva che il diavolo scappava al solo vederlo. Gli disse: “Sono contento di vederti, abba. Per questioni di eredità quel mio parente mi odia, mi maledice, mi augura il male. Lo hanno visto da un mago: probabilmente ha fatto fare un maleficio contro di me. È per questo che sto male: i dottori non capiscono che malattia sia. Puoi fare qualcosa per me?”. L’abba gli chiese: “Hai iniziato a convertirti?”. Stupito, quell’uomo ribatté: “È lui semmai che deve convertirsi, non io!”. Con pazienza Cristoforo sussurrò: “Se le maledizioni ti fanno male, è perché in te trovano il terreno pronto a riceverle, preparato dai tuoi errori o dai tuoi peccati. Comincia a convertirti, e inizierà la prima fase della tua guarigione. Dopo, il Signore Gesù potrà ascoltarmi, e la mia preghiera per te potrà avere efficacia!”. Gli suggerì una regola di preghiera quotidiana e lo invitò a ritornare dopo qualche settimana.

  

448 Verso la croce

Abba Celestino, quando celebrava i santi misteri per nutrire se stesso e i fedeli con il Pane del cielo, aveva una preoccupazione che lo disturbava sul più bello, quando pronunciava le parole del Signore. La confidò ad abba Metodio: “Abba, quando sto all’altare e compio i gesti di Gesù e dico le parole sante e santificanti, mi vedo davanti gli occhi di tutti, mi sento addosso i loro pensieri e il loro giudizio. Invidio i santi abba che cent’anni fa stavano girati verso la croce. La gente vedeva le loro spalle, ma nessuno scrutava i loro volti. Si sentivano alla presenza del Santo dei Santi con tutta libertà”. Abba Metodio comprese. Anche lui aveva percepito qualcosa di simile. Pregò, e rispose: “Gesù a noi chiede una libertà più grande, un’attenzione più profonda di quella degli antichi. Ci darà la grazia e la gioia di testimoniare che lui è in mezzo, tra noi e i fedeli. Io cerco di vedere solo lui, e lascio che tutti pensino di me ciò che il Signore permetterà o darà loro di pensare”. I due abba si scambiarono il bacio santo, come alla liturgia, con qualche lacrima.

  

449 La battaglia

Il giovane venuto per confidarsi con abba Felice, lo salutò con trepidazione, poi disse: “Abba, sapessi che forti tentazioni provo! Mi pare persino che un demonio, se non più di uno, siano dentro di me e mi incitino a bestemmiare Dio, a offendere quelli che mi amano, a lanciare sassi per rompere qualcosa. Come posso comportarmi? Puoi tu scacciare da me questa bestia che mi rovina?”. L’abba si fece serio, ma sereno, e rispose: “Gesù ci ha rivelato che questa battaglia la si può vincere con la preghiera. È necessaria la preghiera tua e forse anche quella dell’abba esorcista Preparati ad incontrarlo per chiedergli discernimento. Ti aiuterò anch’io col mio pregare. Gli dirai quali situazioni possono aver offerto occasione ad un diavolo di venire da te, o quali tuoi peccati gli possono aver dato diritto di avvalersi di te, o se possiedi cose o denaro per cui sei in debito con lui: dirai tutto all’abba, perché sappia cosa dire a Gesù”. Rimase pensoso il giovane, e ringraziò, chiedendosi quanto debba ancora convertirsi.

  

450 Spirito della verità

Abba Fedele aveva nella memoria, chissà perché, la domanda di Pilato a Gesù: «Cos’è la verità?», e pensava di rispondergli. Ma come cominciare? Ad un tratto gli venne una risposta, ma si accorse che questa serviva a lui e non a Pilato. Ecco: «Lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità». È di Gesù stesso questa rivelazione. Per arrivare alla verità è necessario farsi guidare dallo Spirito della verità. Lo Spirito della verità lo dà Gesù a chi sta con lui. Allora Fedele rinunciò a rispondere a Pilato, e invece iniziò a chiarire a se stesso: “Tutta la verità è nel cuore del Padre. Gesù è la via per giungere al Padre. Ed è lo stesso Spirito della verità che fa da guida. È il mistero della Trinità, della vita del nostro Dio. Ognuno dei tre serve gli altri due: questo è vero amore, amore che unisce, amore che ubbidisce, amore che dà fiducia”. Abba Fedele continuò a meditare aggrappandosi al silenzio. Le parole divennero inutili anche per la sua anima. Si limitò a ripetere il nome «Gesù», “Perché”, disse a se stesso, “questa è l’unica Parola vera che è divenuta carne: la posso dire grazie all’intervento dello Spirito, e mi immerge nel cuore del Padre!”.

  

451 Il peccato

Abba, nel mondo molte persone soffrono, tanto da non conoscere più la gioia. Famiglie si dividono, sposi e spose separati dopo esperienze devastanti, si uniscono con altri, sicuri che il nuovo tentativo andrà meglio. Dicono di rifarsi una vita. Spesso si ritrovano ingannati, perché non si sono esercitati ad amare con il vero amore. Al di fuori dell’obbedienza a Dio e senza benedizione, che vita sarà?”, disse il discepolo ad abba Felice. E l’abba, confermando, aggiunse: “Se guardi bene, vedrai che molte sofferenze procedono dal peccato. Salario del peccato è la morte: quelle sofferenze anticipano qualcosa della morte. La perdita della gioia, dell’amore, della sincerità, della concordia e della pace hanno una radice: il peccato”. E il discepolo: “Dici davvero, abba?”. Felice, con tristezza, ma con sicurezza: “Scruta, e troverai disobbedienze a Dio e ai suoi comandamenti, allontanamento dalla Chiesa, la Madre che ha dato loro la vita spirituale con lo Spirito Santo. La preghiera è rimasta fuori da quelle case. Invocheremo su di loro il nome santo di Gesù e parleremo a lui di loro e a loro soltanto di lui”.

  

452 Garanzia

Gli dissero: “Abba, abbiamo cominciato a convivere. Io so cucinare e lui lava i piatti, lui pulisce il giardino e io scopo le scale. Così ci aiutiamo”. Qualcuno garantisce per voi?”, abba Stefano rispose così ai due giovani. Essi si guardarono, e il ragazzo rispose: “Abba, noi ci vogliamo bene, sentiamo amore l’uno per l’altro, l’uno fa quello che piace all’altro”. L’abba rimase impassibile: “Sì, sì, per qualche mese è così. E dopo? Chi garantisce per voi?”. Risposero all’unisono: “Non abbiamo bisogno di nessuno, noi. Siamo maggiorenni”. E l’abba: “Se nessuno garantisce per voi, i vostri sentimenti sono bolle di sapone. Il fatto che date importanza solo a quelli è segno di debolezza. Basta che uno di voi provi un sentimento per un altro ora sconosciuto, e sarete sul lastrico. Il vostro amore sul lastrico”. Non risposero, e l’abba continuò: “La bicicletta ha due ruote, ma non basta il telaio perché stia in piedi. Se è ferma, ha bisogno di un appoggio, e, se si muove, di uno che la cavalchi. Voi dovrete avere un appoggio, un terzo, per stare in piedi. Se non c’è Dio con voi, se non vi accompagna la sua benedizione concreta, non avrete pace sicura”. “Abba, che vuoi dire con benedizione concreta?” chiesero. E l’abba: “La benedizione concreta di Dio vi arriva dalla voce di un uomo in carne ed ossa, un uomo che rappresenti il Corpo di Cristo sulla terra”. Cominciarono a intuire che la Chiesa di Gesù è necessaria anche per l’amore della loro vita.

  

453 Posti nella Chiesa

Due abba dialogavano tra loro: “Che significa: ‘nella Chiesa c’è posto per tutti’? In essa esige un posto anche chi, pur avendo barba e voce da basso, dice di essere donna, o chi, dopo aver partorito un figlio, si fa trattare da uomo, oppure sia l’uno che l’altro, magari a giorni alterni”. L’altro abba rispose: “È necessario il parere di Gesù, capo della Chiesa. Non mi pare che per lui queste siano condizioni per accogliere o per rifiutare una persona. I santi abba dicevano che nella Chiesa sta solo chi ama Gesù e lo vuol seguire portando una croce. Consideravano l’orientamento sessuale uno degli ambiti di quel dominio di sé che è frutto dello Spirito Santo”. Il primo riprese: “Nella Chiesa di certo c’è posto per tutti quelli che chiedono perdono e per chi da Gesù impara l’umiltà; c’è per chi, per non imitare Giuda, chiede consiglio, e non c’è invece per chi fonda la vita su se stesso, sul cosiddetto amor proprio”. L’altro riferì: “So che rovina o divide la Chiesa chi decide d’essere egoista, anche se il suo egoismo è sessuale. Nella frase «c’è posto per tutti» la parola «tutti» è perciò condizionata”. Conclusero che “nella Chiesa entra o resta senza recar danno, chi ha un deciso e costante riferimento a Gesù, proprio a quel Gesù, capo della Chiesa, che è vissuto lontano da ogni impudicizia, è morto, risorto, salito al cielo per mandarci lo Spirito suo, non un altro. Fu lui stesso a chiedere, nientemeno che ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?», disposto a rimanere solo piuttosto che cedere alle pressioni dell’opinione generale”. Chiesero al Padre Spirito Santo per i Pastori della Chiesa di Gesù.

  

454 Correzione

Il discepolo di abba Stefano si avvicinò al suo abba per sussurrare: “Hai fatto un’osservazione a mio fratello, abba. Sai che si è sentito offeso?”. E l’abba: “Pensi allora che la mia osservazione sia stata sbagliata?”. “No, ma non dovevi fargliela”, rispose il giovane. Allora l’abba, senza dubitare: “Se si è sentito offeso significa che ha bisogno di un’altra correzione ancora più forte della prima. Egli rischia di rimanere nell’errore, per ambizione o orgoglio. Quando tu riceverai un’osservazione, prima di tutto ringrazia e benedici: la correzione è segno che Dio ti ama e ti considera amico”. Il discepolo ascoltava seriamente, e allora l’abba continuò: “Per vivere la vita santa che Gesù ci offre è necessario arrivare all’umiltà passando attraverso la porta delle umiliazioni. Anche Gesù vi è passato, non perché lui ne avesse avuto bisogno, ma perché noi potessimo imparare da lui, unico Maestro”. Il discepolo, timidamente, disse: “Abba, quando il Signore te lo suggerisce, umiliami, per favore. Ti ringrazio se lo farai”.

  

455 Gesù

Un giovane, abituato ad ascoltare e pregare nelle chiese, un giorno avvicinò abba Giuseppe e gli disse: “Perché alcuni abba evitano di chiamare Gesù per nome? Lasciano intuire che stanno alludendo a lui, ma pare abbiano vergogna a pronunciare il suo nome”. L’abba, stupito da questa osservazione, rispose: “È vero, qualche abba non ha ancora imparato dal ladrone. Questi si era accorto che Gesù amava, e anche lui lo volle amare. Non aveva nulla da perdere, né ambizione né considerazione. Lo chiamò semplicemente per nome: «Gesù». Chi ama una persona e si sente amato da lei, non la chiama direttore, dottore, ingegnere, segretaria, operaio, casalinga, professore, ma la chiama per nome. Il tuo discernimento è prezioso: pregheremo per quell’abba che sostituisce l’amore a Gesù con l’ambizione e la considerazione di sé ritenendo di essere così stimato dal mondo”. Il discepolo ringraziò e intensificò il suo amore al Signore Gesù.

  

456 Prevenire

Abba Silvano si accorse che alcune persone erano influenzate da modi di pensare che distraggono dalla fede nel Signore Gesù, e quindi anche dall’amore disinteressato, tipico di chi ama il Padre. Diceva ad un altro abba: “Se qualcuno avesse detto loro dove conducono quelle dottrine, non si sarebbero lasciati raggirare. Ora non ti parlano, non ti ascoltano e si ritengono arrivati ad una conoscenza superiore a quella insegnata dalla Chiesa santa di Dio”. Abba Firmino rispose: “Prevenire. Prevenire è meglio che curare. Questo principio non vale solo per le malattie del corpo. I santi abba dei secoli passati rivelavano con forza e precisione gli errori che minavano la vita spirituale. Non si vergognavano di essere ritenuti apologeti o polemisti. Anche Gesù aiutò i discepoli a prevenire gli errori diffusi dal comportamento dei farisei; rispondeva lui al loro posto (Mt 9,12). Gli apostoli Giacomo e Giovanni poi, con le loro lettere, ci danno un esempio deciso”. Silvano continuò: “Temo che le chiese si svuotino”. E Firmino: “In alcuni villaggi è avvenuto, in quelli dove la gente è stata invitata a imparare ginnastiche rilassanti. Parevano utili e innocue, ma erano accompagnate da poche frasi dette in modo da far dimenticare la croce di Gesù, nostro Signore e Salvatore. Nessuno aveva preavvertito quelle persone”. I due abba iniziarono a pensare seriamente di diventare missionari per una nuova evangelizzazione.

  

457 Il mistero

Un giovane riflessivo volle parlare con un abba sul mistero che gli parve interessante e maggiormente incisivo. Disse all’abba: “Vorrei capire il mistero che Gesù ha espresso con le parole: «Questo è il mio corpo, che è per voi»”. Abba Felice lo fissò con serenità, e con decisione disse: “Questo mistero la capirai quando lo vivrai. Farai del tuo corpo un dono, un dono per onorare Gesù e per ubbidirgli. Il tuo corpo lo donerai in molti modi: non avrai più energie per te, né tempo da buttare o da spendere nel vuoto o nei divertimenti. Comprenderai qualcosa di ciò che significava per Gesù dare il suo corpo per essere mangiato”. Con serietà il giovane disse: “Non mi spieghi null’altro, abba?”. Allora Felice: “Gesù aveva in mano del pane. Lo dava a quelli che lui aveva scelto. Essi avevano visto che i ciechi, i sordi, i muti e altri malati toccati dalle dita di Gesù erano guariti. Che succederà se al posto di toccare il suo Corpo lo mangiano addirittura? Potrà guarire il loro corpo, se è malato, e potrà risanare la loro anima, se inferma, rovinata dal peccato. Per questo quel Pane è stato chiamato anche Farmaco, medicina! E non avevano il coraggio di pensare che sarebbero addirittura diventati un tutt’uno con lui”. Il giovane s’illuminò, e disse: “Abba, grazie. Preparami a mangiarlo almeno con la fede della donna che ha toccato solo il suo mantello. Perdona i miei peccati, che di certo frenano l’efficacia del Farmaco”. E si confessò per partecipare alla santa Liturgia.

  

458 Mescolanze

Il discepolo interrogò abba Cristoforo: “Abba, ho notato che alcune persone usano parole strane, legate a credenze di qualche religione che non conosce il nostro Dio. Ritengono che quelle parole siano innocue e vere perché si riferiscono a movimenti del corpo, ma non si accorgono che legano l’anima a dottrine estranee. A queste persone non si riesce a parlare di preghiera e di fedeltà alle nostre pratiche spirituali. Pare siano entrate in un altro mondo, un mondo senza Dio Padre, un mondo dove Gesù è superfluo”. L’abba annuì col capo e poi disse sommessamente: “Quando pregavano il salmo non facevano attenzione, oppure lo ritenevano esagerato e anacronistico, eppure è Parola di Dio”. E il discepolo, incuriosito: “Che cosa dice il salmo?”. L’abba si raccolse in preghiera e recitò: “«Si mescolarono con le genti e impararono ad agire come loro. Servirono i loro idoli e questi furono per loro un tranello. Immolarono i loro figli e le loro figlie ai falsi dèi» (106,35-37). Vieni, Signore Gesù! Vieni”.

  

459 Chiedere consiglio

Abba Pietro aveva ascoltato molte persone. Un discepolo pregava per lui: “Abba, oggi pregavo per te, quando ti vedevo impegnato ad ascoltare e a rispondere a tutta la gente che aveva bisogno di Gesù”. L’abba lo guardò sorridendo: “Ti ringrazio. Sapessi quanta sofferenza c’è nel cuore degli uomini!”. Il discepolo si azzardò a chiedere: “Abba, da cosa dipende la sofferenza che vedi e che ti addolora?”. L’abba, cercando di nascondere ai discepoli la stanchezza, disse: “Molte sofferenze pare vengano cercate. Uomini e donne prendono decisioni senza consigliarsi con nessuno. Le scelte sono affrettate, senza discernimento, prese in base a sentimenti passeggeri, senza tener conto dei comandamenti di Dio e degli insegnamenti del nostro Signore Gesù. Vengono da me a chiedere consiglio dopo, quando si accorgono di aver commesso un errore. Ed è tardi. Un’azione intrapresa senza consigliarsi diventa come una bomba a grappolo: sprigiona altre scelte sbagliate. Dopo, è difficile rimediare, se non impossibile”. Il discepolo trovò nel proprio cuore amore per il suo abba: “Continuerò a pregare per te. Il Signore Gesù ti doni la sua sapienza, il suo consiglio e anche il suo ristoro, promesso a chi sta con lui”. Recitarono insieme la preghiera del Signore, con fede e compassione per tutti, che imparino a chiedere consiglio agli uomini di Dio prima di operare le scelte della vita.

  

Centocinquantatré

Gli interventi degli abba hanno raggiunto tre volte il gran numero dei «grossi pesci» della rete tirata a riva da Simon Pietro e dagli altri apostoli. Quando gli abba se ne sono accorti, sono rimasti meravigliati e contenti. Hanno deciso di sospendere, per accogliere dal Signore nuovo alimento come gli apostoli, che avevano fatto colazione. Risponderanno anch’essi alle tre domande che Gesù ha rivolto a Simone, figlio di Giovanni, dicendo: «Signore, tu sai che ti voglio bene». Come Pietro, continueranno ad ubbidire a Gesù. Si prepareranno a condurre i suoi agnelli e le sue pecore su pascoli nutrienti e ad acque limpide, a difenderle dalle seduzioni e dagli inganni dei lupi, e cercheranno di tenerle unite e vicine a Gesù.

  

  

Sentinella vigile  -  Messa - Credo  -  Sono credente?Abba, benedici!