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OMELIE / Omelie IT

14 gen 2018
14/01/2018  2ª Domenica del T.O. - B 

14/01/2018  2ª Domenica del T.O. - B 

Iª lettura 1Sam 3,3-10.19   dal Salmo 39  IIª lettura 1Cor 6,13-15.17-20  Vangelo Gv 1,35-42

 

La prima lettura, molto conosciuta dai cristiani, che desiderano imitare il ragazzo Samuele, ci prepara ad incontrare Gesù nel modo più vero, più degno di lui e più fruttuoso per noi. Di questo incontro parla il vangelo in modo semplice e sereno, e la seconda lettura ci apre una pista perché ci accorgiamo che incontrare Gesù lascia segni concreti nella nostra vita!

Samuele è soltanto un ragazzino: benché così giovane, Dio lo ritiene “capace” di ascoltare, e gli rivolge la parola. Anche se è un ragazzo, però, Dio vuole rispettare la sua libertà! Lo chiama infatti senza che egli sappia chi è colui che lo chiama, mettendo alla prova la sua obbedienza! Lo chiama di notte, mettendo alla prova la sua generosità e disponibilità! Lo chiama a varie riprese, mettendo alla prova la sua costanza e fedeltà. Lo chiama con voce d’uomo, mettendo alla prova la sua umiltà. Il ragazzo è pronto, disponibile, e dimostra così di essere “capace” di ascoltare la voce di Dio!

Perché Dio parla a chi è “capace” di ascoltare? Dio ha cose da dire a tutti, indubbiamente, ma le sue parole devono essere dette da uomini che le abbiano ascoltate, fatte proprie, quasi “incarnate”! Questi uomini possono essere anche solo dei ragazzi, persone deboli o fragili, senza qualifiche particolari che possano dare gloria all’uomo, ma devono essere capaci di ascolto: Dio non vuole buttare al vento messaggi importanti per il suo popolo.

Gesù prende a modello l’agire di Dio. Egli vede i due discepoli di Giovanni che lo seguono. Egli chiede loro: “Che cercate?”, come per rendersi conto se essi cercano qualche cosa, per esempio ricchezze o ambizioni o soddisfazioni per sé, oppure se cercano lui come persona da amare e da servire anche a costo di soffrire! Vuole vedere se essi si fanno guidare dall’egoismo o dall’amore a lui. Non li considera ancora propri discepoli: prima devono “vedere” dove egli abita, devono rendersi conto della sua povertà, del suo distacco da tutto, della sua decisione a vivere solo di Dio e solo per lui!

I due discepoli sono ubbidienti a Giovanni, loro primo maestro, che ha indicato Gesù come l’Agnello di Dio, e perciò restano con Gesù, senza esprimere esigenze o vantare diritti. Noi li possiamo prendere ad esempio. Possiamo prendere ad esempio il loro modo deciso di affidarsi a Gesù, e il loro modo generoso di aiutare altri a farlo. Andrea infatti “condusse da Gesù” suo fratello Simone, mostrandogli quella fede che nel frattempo era maturata nel suo cuore.

Gesù apprezza quanto ha fatto Andrea, e apprezza la docilità di Simone, tanto che gli dà un nome nuovo. Un nome nuovo significa un nuovo modo di essere, una vita nuova. Stando con Gesù Simone dovrà sentirsi come un bambino appena venuto al mondo, che deve imparare tutto, a camminare, a parlare, a mangiare, a pregare! Il nome che Gesù dà a Simone è un nome pesante, fermo, solido: «Pietro»! Egli dovrà stare molto con Gesù per diventare ciò che Gesù ha inteso dandogli quel nome!

Noi pure, che abbiamo adorato Gesù nel suo venire tra noi, che abbiamo gioito vedendolo bambino in braccio alla Madre, ora dobbiamo e vogliamo seguirlo. Ciò comporta anche per noi considerarci bisognosi di apprendere una vita nuova. Sono anni che cerchiamo di imparare da Gesù, ma sempre cominciamo da capo. Egli stesso vuole che ridiventiamo continuamente come bambini, così umili da accettare ancora continui insegnamenti, correzioni, orientamenti. Oggi ne riceviamo qualcuno dalla attenzione di San Paolo.

L’apostolo ci suggerisce il modo di considerare la nostra vita cominciando dal nostro corpo stesso. Esso non è né da disprezzare né da sopravvalutare: non deve fare da padrone né da schiavo. Esso è destinato a dar gloria a Dio! Il nostro corpo è luogo adatto allo Spirito Santo, luogo dove l’amore e la luce del Padre possono dimorare e tramite esso manifestarsi. San Paolo ci suggerisce quindi di non usare il corpo per la fornicazione, cioè per le impurità sessuali, per il piacere egoistico, e quindi per danneggiare se stessi e gli altri. Il nostro corpo è stato acquistato da Gesù, quando egli è morto per la nostra salvezza. Faremo il possibile perché la nostra vita fisica, le nostre energie e il nostro tempo servano alla sua gloria, potremmo dire a fargli far bella figura, servano al suo regno, siano strumento del suo amore, del suo desiderio di raggiungere tutti e di farsi conoscere da tutti, perché tutti ricevano pace e salvezza! Il nostro corpo servirà a dire con prontezza e concretezza: “Eccomi, sono pronto a fare la tua volontà!”.

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