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OMELIE / Omelie IT

09 apr 2017
09/04/2017 - Domenica delle Palme - A

09/04/2017 -  Domenica delle Palme - A

processione: Mt 21,1-11

1ª lettura Is 50,4-7 dal Salmo 21 2ª lettura Fil 2,6-11 Vangelo Mt 26,14 - 27,66


Perché Gesù manda a prendere un’asina col suo puledro? Sappiamo che egli non fa nulla di inutile, anzi, sappiamo che tutto quello che fa, lo fa come un atto di amore per noi. I discepoli non hanno più dimenticato questo momento per loro tanto strano: infatti non erano abituati a vedere che il Signore Gesù chiedesse qualcosa per sé. Devono essere rimasti molto colpiti. Sono rimasti molto colpiti anche dall’accoglienza festosa della folla numerosissima che gridava e che stendeva mantelli come tappeto per il loro Maestro.

Gesù intendeva realizzare una profezia. Era consapevole di essere lui, colui di cui avevano parlato i profeti lungo i secoli. Ed era consapevole che proprio in quei giorni tutte le profezie sarebbero arrivate a compimento. Persino sulla croce egli è attento a tutte quelle parole, non le dimentica. Ne abbiamo una prova quando lo sentiamo gridare: “Elì, Elì, lemà sabactàni?”. Queste parole che i soldati romani non compresero, e interpretarono come un grido rivolto ad Elia, sono l’inizio di un salmo. Gesù ha cominciato a pregare, e a pregare proprio quel salmo, profezia di questo momento. Agli occhi degli uomini pare che Dio abbia abbandonato Gesù tra i malfattori, tanto da ricevere la loro pena. Egli sa che quel salmo, sgorgato dal cuore di un grande sofferente, è profezia per lui, che manifesta, continuando a recitarlo sottovoce, immensa fiducia in Dio, cui consegna il suo spirito. Grazie alle profezie egli sapeva che la croce, su cui stava appeso, rientrava nei disegni di Dio, e per questo non la rifiutò, ma l’abbracciò, pur col cuore lacrimante. Le sue lacrime manifestavano più la sofferenza per il peccato degli uomini, che per il dolore che le sue membra sentivano.

La sua morte realizza le profezie, cioè il progetto che il Padre ha dovuto realizzare per salvare noi, uomini, dal peccato. Noi non ci vergogniamo perciò della sua morte, nemmeno dell’essere confuso con i malfattori, né delle derisioni di cui è stato fatto oggetto. Sappiamo che in questi particolari si nasconde l’amore di Dio. E con Gesù morto ora viviamo nell’attesa del compimento dell’amore del Padre, che esalterà il Figlio con la risurrezione.

Questa settimana la trascorreremo proprio come un’attesa del giorno fulgido di Pasqua. Mediteremo sulle sofferenze del nostro Signore e Maestro, cercheremo di vedere come lui le ha vissute, e cercheremo pure di assumere anche noi i suoi atteggiamenti di pazienza, misericordia, abbandono fiducioso alle mani del Padre. Faremo il possibile per non essere avari nell’uso del nostro tempo: ne dedicheremo più del solito all’ascolto della Parola e alla sua meditazione, alla partecipazione alla preghiera comune della Chiesa nella parrocchia, al dono di noi stessi per consolare le persone sofferenti. Le aiuteremo a portare la croce unendosi a Gesù, come Simone di Cirene. E ringrazieremo il Padre se ci concederà di farlo anche noi perché si realizzino ancora le profezie del suo amore.

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