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OMELIE / Omelie IT

19 giu 2016
19/06/2016 - 12ª domenica del T.O. - C

19/06/2016 - 12ª domenica del T.O. - C

1ª lettura Zc 12,10-11 * dal Salmo 62 * 2ª lettura Gal 3,26-29 * Vangelo Lc 9,18-24


San Paolo ricorda e sottolinea la centralità di Gesù. È la fede in lui che ci rende figli di Dio. Ingannati dal nostro voler essere buoni con tutti, spesso lo facciamo in modo errato ignorando questa rivelazione, e facilmente attribuiamo la qualifica di figli di Dio a tutti gli uomini solo per il fatto che sono uomini. In tal modo però ne scapita la chiarezza dei nostri pensieri, ma anche il contenuto dell’espressione stessa “figlio di Dio”. Dire figlio è più che dire creatura. Figlio è uno che porta non solo somiglianza a Dio, ma la stessa sostanza, cioè lo stesso amore. Chi conosce l’amore di Dio Padre sa che esso non è stato vissuto da nessun altro che da Gesù. Gesù è davvero l’unigenito, l’unico vero figlio di Dio. Può dirsi perciò, timidamente, “figlio di Dio”, chi si è “rivestito di Cristo”. E chi si è rivestito di Cristo? L’apostolo lo dice chiaramente, in comunione con ciò che ha scritto san Giovanni nel vangelo e nelle lettere: “Quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo”. Appartenere a Gesù Cristo è la condizione per poterci dire “figli di Dio”. Che significa appartenergli? Non è semplice rispondere a questa domanda. In teoria è facile, ma nella concretezza della vita vediamo che è alquanto laborioso. Io appartengo a Cristo quando gli dico che sono suo, ma soprattutto quando vivo i suoi stessi sentimenti, l’obbedienza al Padre come lui, la dipendenza dallo Spirito Santo in tutte le relazioni con gli uomini. L’essere figli di Dio ci conferisce una dignità tale, che non vediamo più alcuna differenza tra noi. San Paolo dice addirittura che non hanno alcun valore le differenze sociali, né quelle di razza e nemmeno quelle naturali. Le differenze ci sono, ma non c’è più necessità di tenerne conto. Sei Giudeo o Greco? Se sei ‘figlio di Dio’, Dio ti può adoperare allo stesso modo. Sei schiavo o libero? La dignità di figlio di Dio cancella questa differenza, potendo vivere la stessa Parola di vita. Sei uomo o sei donna? Lo Spirito Santo può animare l’uno e l’altra, e nell’uno e nell’altra portare il suo frutto di gioia, di pace, di bontà, di fedeltà e comunione.

Per tutti i “figli di Dio” si avverano le profezie. Zaccaria dice: “Riverserò… uno spirito di grazia e consolazione: guarderanno a me, colui che hanno trafitto”. Lo sguardo rivolto a Gesù in croce unisce e rende uguali tutti. Guardare a Gesù è un atto di amore prima di tutto, un atto di amore che viene da una fede iniziale; quest’amore poi purifica la fede stessa e la fa crescere fino a immedesimarci nell’offerta sacrificale di Gesù. Questo egli stesso vuole rivelarlo ai discepoli, che hanno iniziato a guardarlo con occhi diversi da quelli del mondo. Il mondo guarda Gesù con ammirazione, con sorpresa. Per il mondo Gesù è un personaggio straordinario e misterioso: non sanno riconoscerlo se non come un profeta ormai scomparso da mesi o da secoli. Il mondo lo vede così, una personalità di cui si è già sentito parlare, che però ha finito la sua missione e non ha nulla di nuovo da aggiungere a quanto già sappiamo. I discepoli no, i discepoli lo vedono come un unico, “il Cristo di Dio”. Nemmeno essi però comprendono il significato di questa espressione, mai usata per nessun altro. È l’inizio di una fede nuova. Gesù stesso l’apprezza, e perciò vuole che venga compresa nel vero significato. L’espressione usata da Pietro, è un’espressione che proviene dai profeti. E questi cosa rivelano? Appunto che il Cristo sarà rifiutato dalle persone autorevoli, soffrirà, sarà ucciso dagli uomini, ma poi verrà esaltato da Dio. Il percorso terreno del Cristo è del tutto diverso da quello che s’aspettano gli uomini del mondo, che inseguono fama e potere, denaro e ambizione. Lui no, nulla di questo. Lui viene a cambiare il mondo, ma prima lo deve attraversare portando le conseguenze della sua malvagità. Dentro di sè lo vince, infatti non si lascia influenzare dalla sua cattiveria e perversità.

E coloro che camminano con lui? Coloro che lo amano, coloro che vogliono essere già subito insieme con lui dalla parte di Dio, che cosa faranno? Gesù con coraggio e determinazione lo dice proprio a Pietro e a tutti gli altri. La loro fede si deve sviluppare unendosi a lui nel suo cammino di sofferenza procurata dal rifiuto degli uomini: essi stessi devono rifiutare se stessi, cioè rinnegare ciò che il mondo ha già posto dentro di loro. Rinnegare se stessi e prendere la propria croce: una strada nuova, ripida e stretta, incompresa, che tutti rifiuterebbero in partenza, se non avessero un amore vero e profondo per iniziarla. Solo per amore può essere intrapresa. Amore forte a Gesù, trafitto per noi.

Gli diremo: “Il tuo amore vale più della vita, le mie labbra canteranno la tua lode. Ti benedirò per tutta la vita: nel tuo nome alzerò le mie mani”. “A te si stringe l’anima mia, la tua destra mi sostiene”. Gesù rimarrà al centro dei nostri desideri e dei nostri pensieri, il principio e il traguardo di ogni nostro passo.

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